Vogliamo fare sul serio
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Vogliamo fare sul serio
Le prime valutazioni Uil a cura dipartimento politiche economiche, Trasporti e del Pubblico Impiego La proposta del Governo Vogliamo fare sul serio. L'Italia ha potenzialità incredibili. Se finalmente riusciamo a mettere in ordine le regole del gioco (dalla politica alla burocrazia, dal fisco alla giustizia) torniamo rapidamente fra i Paesi leader del mondo. Il tempo della globalizzazione ci lascia inquieti ma è in realtà una gigantesca opportunità per l'Italia e per il suo futuro. Non possiamo perdere questa occasione. Vogliamo fare sul serio, dobbiamo fare sul serio. Il Governo ha scelto di dare segnali concreti. Questioni ferme da decenni si stanno finalmente dipanando. Il superamento del bicameralismo perfetto, la semplificazione del Titolo V della Costituzione e i rapporti tra Stato e Regioni, l'abolizione degli enti inutili, la previsione del ballottaggio per assicurare un vincitore certo alle elezioni, l'investimento sull'edilizia scolastica e sul dissesto idrogeologico, il nuovo piano di spesa dei fondi europei, la restituzione di 80 euro netti mensili a chi guadagna poco, la vendita delle auto blu, i primi provvedimenti per il rilancio del lavoro, la riduzione dell'IRAP per le imprese. Sono tutti tasselli di un mosaico molto chiaro: vogliamo ricostruire un'Italia più semplice e più giusta. Dove ci siano meno politici e più occupazione giovanile, meno burocratese e più trasparenza. In tutti i campi, in tutti i sensi. Fare sul serio richiede dunque un investimento straordinario sulla Pubblica Amministrazione. Diverso dal passato, nel metodo e nel merito. Nel metodo: non si fanno le riforme della Pubblica Amministrazione insultando i lavoratori pubblici. Che nel pubblico ci siano anche i fannulloni è fatto noto. Meno nota è la presenza di tantissime persone di qualità che fino ad oggi non sono mai state coinvolte nei processi di riforma. Persone orgogliose di servire la comunità e che fanno bene il proprio lavoro. Compito di chi governa non è lamentarsi, ma cambiare le cose. Per questo noi, anziché cullarci nella facile denuncia, sfidiamo in positivo le lavoratrici e i lavoratori volenterosi. Siete protagonisti della riforma della Pubblica Amministrazione. Nel merito: abbiamo maturato alcune idee concrete. Prima di portarle in Parlamento le offriamo per un mese alla discussione dei soggetti sociali protagonisti e di chiunque avrà suggerimenti, critiche, proposte e alternative. Abbiamo le idee e siamo pronti a intervenire. Ma non siamo arroganti e quindi ci confronteremo volentieri, dando certezza dei tempi. Le nostre linee guida sono tre. 1. Il cambiamento comincia dalle persone. Abbiamo bisogno di innovazioni strutturali: programmazione strategica dei fabbisogni; ricambio generazionale, maggiore mobilità, mercato del lavoro della dirigenza, misurazione reale dei risultati, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni. 2. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione. Non possiamo più permetterci nuovi tagli orizzontali, senza avere chiari obiettivi di riorganizzazione. Ma dobbiamo cancellare i doppioni, abolendo enti che non servono più e che sono stati pensati più per dare una poltrona agli amici degli amici che per reali esigenze dei cittadini. O che sono semplicemente non più efficienti come nel passato. 3. Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi. Possiamo utilizzare le nuove tecnologie per rendere pubblici e comprensibili i dati di spesa e di processo di tutte le amministrazioni centrali e territoriali, ma anche semplificare la vita del cittadini: mai più code per i certificati, mai più file per pagare una multa, mai più moduli diversi per le diverse amministrazioni. Ciascuna di queste tre linee guida richiede provvedimenti concreti. 1 Ne indichiamo alcuni su cui il Governo intende ascoltare la voce diretta dei protagonisti a cominciare dai dipendenti pubblici e dai loro veri datori di lavoro: i cittadini. Le prime valutazioni Uil a cura dipartimento politiche economiche, Trasporti e del Pubblico Impiego Una osservazione sul metodo: La dichiarazione che Il Governo intende ascoltare la voce diretta dei protagonisti rientra nello slogan liberista del goverment of the people, by the people, and for the people che si propone di sostituire alle normali relazioni sindacali, il consenso del singolo individuo, ritenuto unica condizione di coesione sociale. Secondo questa tesi, che comprende un significato particolare del termine consenso, livelli troppo alti di partecipazione, attenzione e coinvolgimento delle forme di rappresentanza nella politica acuiscono le divisioni e le dispute, insomma il conflitto e il radicamento ideologico con effetti negativi sulle performances dei governi e la perdita di controllo delle spinte sociali. (Bernad Berelson 1, Paul Felix Lazarsfeld 2). In tal modo si pensa anche di risolvere la difficoltà dei partiti di ascoltare e integrare la domanda sociale e di mantenere un contatto diretto con i bisogni della gente. L’inadeguatezza della classe politica dirigente ha investito anche le forze del centro sinistra che, in piena crisi di rappresentanza 3 hanno esplorato diverse vie per ricostruire un’appartenenza comunitaria per il loro elettorato. La nuova via, indicata da Renzi, è quella che sollecita le speranze enunciando problemi, pur sapendo di non poterli portare a soluzione non avendone gli strumenti e le risorse, ma che, in una nuova forma di partecipazione, accendono sterili discussioni fra gli addetti ai lavori e soprattutto speranze nella gente e chi prova a evidenziare le contraddizioni viene accusato di un cieco conservatorismo che impedisce al Governo di compiere la “rivoluzione” annunciata. Frutto di questa strategia è l’Italicum, una legge elettorale che distorce il rapporto fra la volontà degli elettori, espressa attraverso il voto e l’esito delle loro scelte. L’obiettivo è quello di governare senza impedimenti, perché tali sono considerate le necessarie forme di mediazione sociale tipiche di una società democratica. La mediazione sociale, ritenuta solo un freno al governo, viene quindi cancellata pur essendo l’attuazione del concetto di rappresentanza, perno della concezione liberale della politica, il cui esercizio si è trasformato in una (lucrosa) professione, trasmissibile per via familiare, partitica o clientelare, espropriando il popolo delle sue prerogative di legittimazione, confinate a vivere solo nel dominio cartaceo delle proclamazioni costituzionali. Ciò si è reso possibile grazie alla diffusione della mentalità individualistica, alla dissoluzione dei corpi sociali intermedi e all’irrisione dello spirito comunitario che hanno spinto il popolo a frammentarsi in un pulviscolo di atomi indipendenti). 1 Scienziato del comportamentalista noto per il paradosso di Berelson su democrazia sociologo e psicologo sociale 3 secondo Leonardo Morlino, professore di Scienze Politiche alla LUISS e Presidente dell’International Political Science Association, identitaria e del radicamento organizzativo territoriale 2 2 Il Governo sta oggi consolidando questo processo per perfezionare quei meccanismi di cooptazione elitaria e di circolazione chiusa che sono stati studiati già da Pareto, Mosca e Michels e che richiedono la riduzione ai minimi termini, se non l’annullamento dell’influenza delle pressioni dalle diverse forme di rappresentanza sulla sfera governativa. In conclusione la politica ormai stretta nella morsa compiuta da altri cerchie di esercizio del potere – in primo luogo l’economia, in specie quella finanziaria. – ha svuotato di contenuto, passo dopo passo, tutti gli strumenti originari della democrazia, mantenendo, per ovvi motivi funzionali, il richiamo al popolo, offuscandone però il profilo nell’esaltazione delle prerogative dell’individuo per svincolarlo dagli obblighi della sua appartenenza a qualsiasi entità plurale e soprattutto a solide (e quindi pericolose) identità collettive – come il Sindacato -, degradate a inutili e ormai sorpassate utopie dannose all’esercizio di una efficiente attività politica di governo. In nome della “governabilità” si vorrebbe eliminare la rappresentanza istituzionale di cospicui blocchi di popolazione, ma la governabilità non può essere assicurata da nessun marchingegno tecnico, poiché spesso la stabilità degli esecutivi è minacciata molto più dalle fibrillazioni interne ai partiti che li compongono e che ormai sono diventati solo coalizioni provvisorie ed instabili di interessi di gruppo e appetiti individuali, piuttosto che dall’azione delle opposizioni. Il cambiamento comincia dalle persone 1) abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio, sono oltre 10.000 posti in più per giovani nella p.a., a costo zero. L'istituto del trattenimento in servizio previsto dall'art. 16 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 4 riconosceva ai dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici ed ai professori universitari un diritto potestativo a permanere in servizio per il periodo indicato. La norma è stata profondamente modificata dal comma 7 dell'articolo 72 del d.l. 112 del 2008 che comporta un significativo mutamento dell'assetto degli interessi in rilievo in tale delicata materia. Al pubblico dipendente – dopo tali modifiche - non è più riconosciuto un diritto soggettivo alla permanenza in servizio, prevedendo soltanto che l'istanza presentata vada valutata discrezionalmente dall'Amministrazione; la quale ha facoltà di accoglierla solo in concreta presenza degli specifici presupposti individuati dalla disposizione, i primi dei quali sono legati ai profili organizzativi generali dell'amministrazione medesima e poi alla situazione specifica del richiedente ("in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi"). L''istituto del trattenimento in servizio ha quindi di fatto assunto un carattere di eccezionalità in considerazione delle generali esigenze di contenimento della spesa pubblica che hanno ispirato e informato l'intero impianto normativo. Ne consegue che l'ipotesi ordinaria è quella della mancata attivazione dell'istituto del trattenimento, mentre l'ipotesi del trattenimento ha carattere di eccezionalità, con la necessità di esplicitare in modo adeguato le relative ragioni giustificatrici, conferendo rilievo preminente alle esigenze in senso lato dell'amministrazione. L’eccezionalità del trattenimento in servizio deve essere adeguatamente giustificata da oggettivi e concreti fatti organizzativi, tali da imporre il ricorso ad un tale particolare strumento derogando alle esigenze di risparmio perseguite dalla legge. Quando invece l'Amministrazione rigetta l’istanza 4 "è in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio (...) per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo", 3 ricorre la situazione ordinaria di normale estinzione del rapporto di lavoro per raggiungimento dei limiti di età, senza ulteriori esternazioni giustificative 5. La particolare esperienza professionale del lavoratore richiedente la permanenza in servizio in determinati o specifici ambiti, non assume alcuna rilevanza giuridica riguardo alla sussistenza delle primarie esigenze organizzative e funzionali per ammettere il trattenimento in servizio. Ci troviamo quindi in un periodo storico in cui l'attenzione dei Governi è rivolta a limitare la spesa dello Stato, attraverso una riduzione drastica degli apparati della Pubblica Amministrazione. Il trattenimento in servizio costituisce, a tutti gli effetti, una nuova assunzione e, quindi, l'istituto secondo il d.l.112/2008 può operare, dopo l'esperimento delle varie mobilità che hanno la funzione di ricollocare il personale in esubero, e, comunque, all'interno delle disponibilità finanziarie. A giustificare il regime di sfavore riservato dal Legislatore all’istituto, si impone anche un diverso ordine di ragioni, collegato all'urgenza di un ricambio generazionale all'interno degli apparati pubblici. Sembra evidente che al trattenimento in servizio faccia da contraltare il differimento dell'ingresso nel mondo del lavoro di un corrispondente numero di giovani disoccupati e l'invecchiamento dei ruoli del pubblico impiego. Tuttavia il proposito del Governo, proprio in considerazione dello stato di fatto e di diritto, appare del tutto formale, poiché non libera posti di lavoro che sono immobilizzati non dalle richieste della permanenza in servizio ma dal blocco del turn over. L’abolizione dell’istituto, a meno che non si pensi ad una norma applicabile retroattivamente, per le caratteristiche residuali che ha assunto dopo la riforma, non libererà affatto una quantità significativa di posti di lavoro e quindi è poco credibile giustificare l’abolizione di questo istituto con l’immissione di “giovani” – cioè forze lavoro di età inferiore ai trent’anni - per uno svecchiamento della pubblica amministrazione. La proposta prevede di liberare con l’abolizione dell’istituto 10.000 posti di lavoro, ma non chiarisce se questo numero deriva da una previsione sugli anni a seguire oppure è dato dai lavoratori che attualmente ne usufruiscono. Infine è da osservare che 10.000 nuovi posti rappresentano lo 0,33% del personale pubblico che certamente non può incidere in modo significativo a rivoluzionarne l’appartato. Concludendo non è neanche chiaro come verranno assegnati questi posti. L’assunzione nel pubblico prevede il passaggio attraverso un concorso. Il meccanismo concorsuale – a parte le sue lungaggini - non assicura l’assegnazione di questi posti ai giovani visto, che ormai nel pubblico vi sono precari anziani poiché a due generazioni di giovani è stato impedito di entrare nelle pubbliche amministrazioni con il blocco del turn over. 2) modifica dell'istituto della mobilità volontaria e obbligatoria Premettiamo che i dipendenti pubblici non sono troppi: in Italia (14,8% rispetto al totale degli occupati) se raffrontati agli altri Paesi (Francia: 20%, UK 19,2%), in termini assoluti: 3,4 milioni (5,6% della popolazione) in Italia contro i 5,5 milioni in Francia (8,3% pop.) e i 5,7 milioni in UK (10,9% pop.). Sono sicuramente mal distribuiti sul territorio e la mobilità è stata praticamente assente: nel 2011 solo un dipendente su mille ha cambiato amministrazione e uno su cento ha cambiato ufficio, e tutti su richiesta volontaria. La ridotta mobilità volontaria è stata sostituita da quella d’ufficio ma anche questa non è stata del tutto operativa fino a che non ha subito una accelerazione sulla quale il Governo intende insistere 5 Questa interpretazione trova conferma nella sentenza N. 04104/2013 del 06/08/2013 della Sesta Sezione del Consiglio di Stato che ha accolto -il ricorso, proposto dall'Università degli studi de L'Aquila contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 3 giugno 2009 n. 6117il quale aveva accolto il ricorso proposto da G.M., professore ordinario contro il decreto rettorale che revocava la precedente autorizzazione a permanere in servizio, per un ulteriore biennio. Nel provvedimento di revoca dell' Università erano state enunciate le ragioni ostative al rilascio di ulteriori provvedimenti di trattenimento in servizio, facendo riferimento ad insuperabili ragioni di contenimento della spesa. 4 con effetti che incideranno non poco sul futuro delle persone e delle famiglie visto che si sta pensando ad una ulteriore riduzione delle dotazioni organiche (85 mila previsti dalla spendig review.) La nostra preoccupazione per questo processo che si vuole mettere in atto sta nel fatto che il Governo sembra voler tirar dritto senza alcuna negoziazione con le parti sociali che sono accusare di conservatorismo e quindi d’ostacolo ad un Governo che vuole decidere velocemente e senza impedimenti, tali essendo considerati eventuali interventi delle parti sociali. Certamente non è stato il sindacato ad aver messo il nostro Paese in queste difficili condizioni economico finanziarie e non si può pensare di ammannire all’opinione pubblica l’idea che il sindacato sia d’intoppo alle riforme, soprattutto nell’ambito del P.I.. Nel merito. La Corte dei Conti sezione di controllo del Veneto, nella delibera 162/2013 PAR (cfr Allegato) evidenzia i dubbi interpretativi sul "rapporto che si instaura tra l'istituto della mobilità ex articolo 30 del D.Lgs. n. 165/2001 (mobilità volontaria ndr) e l'altro istituto della mobilità "per ricollocazione" previsto dall'articolo 34 bis del medesimo D.Lgs. n. 165/2001, norma che a sua volta va posta in stretta correlazione con la recente disposizione contenuta nell'articolo 2, comma 13 del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135". I motivi dell’insuccesso della mobilità andrebbero ricercati, da una parte nella mancanza di incentivi (dopo aver cercato il posto dove essere mobilitato il dipendente si doveva anche far carico di tutti gli oneri connessi) dall’altra nella riluttanza delle Pubbliche Amministrazioni ad accogliere nei propri organici personale proveniente da altre amministrazioni o enti. E’ da rimarcare che qualora si attivassero procedimenti adeguati e incentivanti che consentano la mobilità volontaria da una parte si potrebbero soddisfare le richieste dei dipendenti e, oltre all'ottimale distribuzione del personale, si otterrebbe una neutralità finanziaria della spesa di personale. Riteniamo quindi utile che, in un contesto di riforma dell’istituto si faciliti innanzitutto la possibilità di accesso alla mobilità volontaria che consenta lo scambio di dipendenti pubblici, con profili professionali simili fra dipartimenti della stessa amministrazione e tra amministrazioni diverse. La mobilità obbligatoria 6 con le sue procedure rimane una misura per risolvere crisi occupazionali dopo aver esplorato tutte le possibilità di ricollocazione del personale in mobilità. Non è da tralasciare la mobilità guidata 7 per la gestione delle situazioni di eccedenze e sovrannumero conseguenti a provvedimenti di rideterminazione delle dotazioni organiche delle amministrazioni centrali e locali a seguito dell'applicazione delle norme sulla spending review. La disciplina di questo tipo di mobilità interessa gli enti locali e, secondo la Funzione Pubblica, si tratta di una disposizione straordinaria 8 ma la Corte dei Conti Sezione Veneto, non ritiene che “…siano da considerarsi norme speciali ma che le stesse concorrano ad integrare la disciplina ordinamentale del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”. Di conseguenza, le procedure del collocamento in pensione da eccedenze, la mobilità collettiva, il prolungamento del periodo di disponibilità e la mobilità per ricollocazione vanno applicate a tutte quelle situazioni nelle quali l'eccedenza del personale sia dichiarata per ragioni funzionali e finanziarie: in pratica le stesse ipotesi contemplate dall'articolo 33 del D.Lgs. n. 165/2001, considerata norma di sistema. Ciò significherebbe che l'art.33 del decreto legislativo 165/2001 viene riscritto, con aggiunte e specificazioni, dalle ulteriori previsioni procedimentali disposte dal comma 13 dell'art. 2 del DL95/2012. Quindi la procedura per la riduzione degli esuberi delineato dal comma 13 dell'art. 2 del DL 95/2012 si integra con il sistema delineato dagli articoli 34 e 34 bis del D.Lgs. n. 165/2001. Quest'ultimo prevede un elenco (nazionale o regionale) di dipendenti collocati in disponibilità, cui 6 articoli 34 e 34 bis del decreto 165/2001 art. 2 comma 11, lettera d) DL 95/2012 come convertito nella legge 135/2012 8 che opera al verificarsi delle condizioni previste dall'art. 2 del DL 95/2012, 7 5 si affianca con la nuova normativa un analogo elenco relativo alle vacanze presenti presso tutte le amministrazioni pubbliche. Questa procedura permette ai dipendenti inseriti nell'elenco di formulare domanda di mobilità per ricollocazione direttamente presso le amministrazioni che dichiarano vacanze in organico. Si crea dunque una sorta di "stanza di compensazione" tra l'elenco dei posti vacanti presso tutte le amministrazioni pubbliche e quello del personale collocato in posizione di disponibilità, compensazione azionabile a domanda da parte di questi ultimi. Appare in conclusione estremamente utile un intervento di ricostruzione coordinata dell'intero sistema procedimentale delle assunzioni nel Pubblico Impiego risultando modificato il rapporto fra i diversi tipi di mobilità contemplati nell'ordinamento vigente ed in particolare il rapporto tra la mobilità volontaria ex articolo 30 e la mobilità per ricollocazione ex art. 2, comma 13, del decreto legge 95/2012. Se non si interviene per coordinare le norme, la Corte dei Conti ritiene che la mobilità per ricollocazione vada esperita prima della mobilità volontaria, che dovrà essere attivata solo successivamente alla mancata presentazione da parte del personale collocato in disponibilità della domanda di ricollocazione presso la o le amministrazioni che presentino vacanze di organico appositamente evidenziate presso il sito web attivato (o da attivarsi) della Funzione Pubblica. Non si può non condividere l'obiettivo del Governo di operare interventi selettivi e strutturali al fine di migliorare la produttività della pubblica amministrazione ma bisogna anche garantire l'effettiva invarianza della quantità dei servizi e, prioritariamente con le procedure di mobilità volontaria, la salvaguardia dei livelli occupazionali, una migliore distribuzione ed un complessivo migliore grado di efficienza delle pubbliche amministrazioni. Concludendo bisogna fugare il timore che incombe sul pubblico impiego, derivante dall’ipotesi di 85 mila esuberi individuati con la spending rewiew da cui deriverebbe una ridistribuzione forzata del personale o il licenziamento. Noi riteniamo che la maggior parte di questi esuberi dovrà essere riassorbita con il prepensionamento in deroga alla riforma Fornero. Per il restante personale si consentirà un passaggio volontario nelle amministrazioni che comunichino alla FP carenze di personale e solo dopo aver esaurita questa ulteriore fase il dipendente in esubero sarà ricollocato o nell’impossibilità resterà in attesa per due anni con l’80% della retribuzione tabellare e pensionabile trascorsi i quali sarà licenziato 3) introduzione dell’esonero dal servizio L’istituto dell’esonero dal servizio del dipendente pubblico è stato a suo tempo introdotto nell’ordinamento giuridico nazionale nel 2008 9, per il triennio 2009-2011 e successivamente è stato confermato anche per il triennio 2012/2014 10 con l’intento di consentire uno scivolo al personale pubblico prossimo alla pensione – con esclusione di quello della Scuola -. Il personale in servizio poteva chiedere di essere esonerato dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione della anzianità massima contributiva di 40 anni e le Amministrazioni potevano accogliere la domanda, garantendo priorità al personale interessato da processi di riorganizzazione della rete centrale e periferica o di razionalizzazione o appartenente a qualifiche per le quali si prevedeva una riduzione di organico. Questo istituto è stato successivamente soppresso dall’art. 24, comma 14, lett. e L. 214/2011, pur continuando ad applicarsi ai dipendenti che l’avevano in corso al 4 dicembre 2011 ovvero che avessero ottenuto un provvedimento autorizzativo alla data del 4 dicembre 2011. A seguito 9 art. 72 commi da 1 a 6 del decreto legge n. 112/2008, convertito in legge n. 133/08 legge n. 10 del 26.2.2011 10 6 dell’abrogazione si è creato un contenzioso. (Corte Costituzionale 70/19; 74/175; 83/70. 70/49) a causa dell’applicazione retroattiva della norma (C. 02/14943). La reintroduzione dell’Istituto sanerebbe anche queste situazioni di conflitto in atto ed è funzionale al disegno di svecchiamento della P.A E’ superfluo precisare che al dipendente esonerato dal servizio devono essere corrisposti tutti gli oneri contributivi (trattamento pensionistico - trattamento di fine servizio - eventuali assicurazioni sociali a vita e prestazioni creditizie e sociali -), quantificati sulla retribuzione virtuale, calcolata per intero, corrispondente a quella di permanenza in servizio. 4) agevolazione del part-time Nel 1996 la legge finanziaria introdusse agevolazioni del part-time così ampie, da configurarlo come un vero e proprio diritto soggettivo. Questa scelta produsse risparmi per lo Stato ma anche una quantità esorbitante di lavoratori a part time, tanto che nel 2010 11 il part-time nella PA è stato riportato nella piena discrezionalità del datore di lavoro arrivando anche a rivedere i part-time nel frattempo concessi. Così si intende ritornare al passato evidentemente per tentare, oggi come allora, di ridurre i costi dell’amministrazione, senza dover ammettere che la riforma in ipotesi ha anche lo scopo di tagliare le spese ed è ispirata alla spending review, sebbene nella conferenza stampa di presentazione lo si sia negato. Ricordiamo che nel Pubblico Impiego non possono costituire rapporti di lavoro part-time le seguenti categorie: • personale tecnico operativo dei Vigili del Fuoco; • personale della polizia municipale ai sensi della legge 65/86; • il personale di ruolo soggetto ad avvicendamento ed a contratto del Ministero degli Esteri e di altre amministrazioni ed enti pubblici che presti servizio all'estero; • i dirigenti preposti alla titolarità degli uffici. C’è anche da evidenziare che il ripristino delle agevolazioni per il part time non può andare a scapito: - del principio di non discriminazione in base al quale, durante l'esecuzione del rapporto di lavoro a part-time, il lavoratore non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno; - del godimento dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno, comparabile. Infine, mettiamo in evidenza la competenza della contrattazione collettiva in materia ed il diritto d’informazione alle RSU. 5) applicazione rigorosa delle norme sui limiti ai compensi che un singolo può percepire dalla pubblica amministrazione, compreso il cumulo con il reddito da pensione L’iniziativa per quanto attiene all’applicazione rigorosa delle norme sui limiti dei compensi non sarebbe neanche da discutere poiché: esistendo la norma questa va applicata senza discussioni; è invece tutta da verificare la parte che riguarda il cumulo con i redditi da pensione. Quanto ai limiti dei compensi ricordiamo che esistono già dal 2011 12 in linea di continuità con il precedente intervento normativo operato con la legge finanziaria per l'anno 2008 (la l. n. 244 11 12 legge 183/2010 art. 23ter del d.l. 201/2011 convertito nella L.214/2011 7 del 2007) che all'art. 3, commi 44 ss., già poneva il tetto retributivo pari a quello del trattamento annuale complessivo spettante per la carica al primo Presidente della Corte di cassazione. Tale limite per l'anno 2011 era pari a € 293.658,95. Riteniamo che il Governo debba semplificare anche il quadro giuridico di riferimento delle società pubbliche che è composto da una congerie di disposizioni speciali che si intrecciano con la disciplina codicistica di carattere generale. Vanno anche previsti ulteriori interventi restrittivi nei confronti delle società partecipate dagli enti locali per ridurne il numero e la possibilità di detenerle da parte dell’ente. In conclusione è positivo l’aver posto un limite al trattamento economico annuo onnicomprensivo che si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2014, a chiunque riceva retribuzioni o emolumenti "comunque denominati", in ragione di rapporti di lavoro intercorrenti con le autorità indipendenti, con le pubbliche amministrazioni anche diverse da quelle statali. Purtroppo, questo nuovo assetto manca di chiarezza e il Governo dovrebbe, secondo le indicazioni della Corte dei conti, individuare una interpretazione generale ed univoca per dipanare una varietà di questioni con riferimento alle aziende di servizi alla persona; soggetti di diritto pubblico, istituiti dalla Regione (derivanti dalla trasformazione delle Ipab), produttori ed erogatori di servizi sociosanitari, fortemente radicati sul territorio 13. Inoltre, successivamente, ha sottoposto “la questione di massima di particolare rilevanza relativa alla facoltà riconosciuta agli enti locali di escludere dal regime limitativo le assunzioni di personale per singole aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l’infanzia, culturali e alla persona (ex Ipab) e le farmacie, fermo restando l’obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale 14. Quanto invece al cumulo con i redditi da pensione ricordiamo che sono esclusi dalla dichiarazione reddituale, per il cumulo con reddito da pensione coloro che hanno un reddito autonomo inferiore a 6.253 euro, i giudici e coloro che hanno cariche pubbliche elettive poiché le indennità e i gettoni di presenza 15 percepiti dagli amministratori locali non costituiscono reddito da lavoro ai fini del cumulo con la pensione. Analogamente, tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive (e, quindi, ad esempio, le indennità per i presidenti e i membri dei consigli regionali, quelle dei parlamentari nazionali ed europei) non costituiscono redditi da lavoro ai fini del cumulo con la pensione. I dipendenti pubblici non possono applicare il cumulo lavoro della pensione a ulteriori redditi. Poiché questo istituto consente di protrarre la propria attività lavorativa anche dopo la pensione, pur continuando a percepire la stessa; vanno aboliti i limiti attualmente previsti alla cumulabilità della pensione con i redditi da lavoro per: • i titolari di assegni di invalidità; • i titolari di pensioni di invalidità e inabilità • i pensionati lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Essi agiscono su queste realtà sociali non certo benestanti Assegni d’invalidità Per i titolari di assegno di invalidità la legge prevede un doppio taglio dell’assegno se il titolare continua a lavorare. La pensione si riduce del 25% se il reddito supera quattro volte il trattamento minimo annuo e del 50% se supera cinque volte. Se l'assegno ridotto resta comunque superiore al trattamento minimo può subire un secondo taglio. Ciò dipende dall’anzianità contributiva sulla base della quale è stato calcolato: 13 La deliberazione n. 95/2014/PAR del 9 aprile 2014 Delibera n. 97/2014/PAR del 9 aprile 2014 15 (di cui all’articolo 82, commi 1 e 2, del Testo Unico degli Enti Locali) 14 8 • con almeno 40 anni di contributi non c'è alcuna trattenuta aggiuntiva, perché in questo caso l'assegno è interamente cumulabile con il reddito da lavoro dipendente o autonomo; • con meno di 40 anni di contributi scatta la seconda trattenuta che varia a seconda che il reddito provenga da lavoro dipendente o autonomo. Nel primo caso è pari al 50% della quota eccedente il trattamento minimo. Nel secondo caso invece è pari al 30% della quota eccedente il trattamento minimo e comunque non può essere superiore al 30% del reddito prodotto. In caso di trasformazione dell’assegno in pensione di vecchiaia la pensione è cumulabile con i redditi da lavoro. Pensioni d’invalidità Se la pensione di invalidità è superiore al trattamento minimo può subire una trattenuta. Ciò dipende dall’anzianità contributiva sulla base della quale è stata calcolata: • con almeno 40 anni di contributi non si effettua la trattenuta, perché in questo caso la pensione di invalidità è cumulabile con il reddito da lavoro dipendente o autonomo; • con meno di 40 anni di contributi si effettua la trattenuta che varia a seconda che il reddito provenga da lavoro dipendente o autonomo. Nel primo caso è pari al 50% della quota eccedente il trattamento minimo. Nel secondo caso invece è pari al 30% della quota eccedente il trattamento minimo e comunque non può essere superiore al 30% del reddito prodotto. In caso di trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia la pensione è cumulabile con i redditi da lavoro. Sono altresì applicabili le norme che prevedono per il pensionato di età inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia: • la sospensione della pensione di invalidità se il reddito derivante da lavoro dipendente, autonomo, professionale o di impresa è superiore a 3 volte l’ammontare del trattamento minimo del fondo pensioni lavoratori dipendenti calcolato in misura pari a 13 volte l’importo mensile in vigore al 1° gennaio di ciascun anno. Pensioni d’inabilità La pensione di inabilità è incompatibile • con qualsiasi attività lavorativa sia dipendente sia autonoma svolta in Italia o all'estero; • con l'iscrizione negli elenchi anagrafici degli operai agricoli, con l'iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori autonomi o in albi professionali e con i trattamenti a carico dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e con ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione. E’ quindi da considerare cosa implica in termini di disparità di trattamento, una rigorosa applicazione delle regole sul cumulo per coloro che ne sono esclusi visto che nei Comparti Privati nessuna norma vieta il cumulo di prestazioni lavorative e la possibilità di svolgere più lavori alle dipendenze di più datori di lavoro. Nel Pubblico Impiego in via generale è fatto divieto per i dipendenti delle PP.AA. di svolgere un secondo lavoro, salvo la possibilità di presentare domanda per una prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno. Se il nulla osta viene concesso, si ha la possibilità di svolgere anche altra attività lavorativa, subordinata o autonoma, purché non vi sia conflitto di interessi con le funzioni ricoperte presso la P.A. e purché il secondo rapporto di lavoro non intercorra con altro datore pubblico, se si eccettua la previsione dell'art. 17, comma 18, 1. n. 127/1997, che consente, ma solo negli enti locali, di affiancare al proprio impiego pubblico part-time una seconda attività lavorativa da svolgersi presso altro ente pubblico. 6) possibilità di affidare mansioni assimilabili quale alternativa opzionale per il lavoratore in esubero Premesso che equivalente significa “che ha valore uguale”; ricordando che per equivalenza (da aeque=ugualmente e valère=valere) si intende “Esatta corrispondenza di valori” (fonte vocabolario Devoto-Oli) e che assimilabile: dal lat. assimilàre, composto da ad+similis, cioè “far simile”, 9 “considerare simile” o anche “rendere simile” risulta chiaro che si mira ad introdurre nell’istituto della mobilità l’alternativa, probabilmente imposta in alternativa al licenziamento, di accettare lo svolgimento di mansioni inferiori. Non si può giudicare in altro modo la proposta visto che la piena esigibilità delle mansioni equivalenti esiste e quindi, la riforma tende ad implementare la normativa sulla mobilità specificando che le mansioni non equivalenti ma assimilabili possono essere utilizzate anche per scongiurare la mobilità. Questa materia deve essere demandata alla negoziazione delle parti soprattutto se si mira anche ad una progressiva abolizione delle mansioni, che potrebbe essere discussa – non imposto – in casi particolari tutti da verificare. 7) semplificazione e maggiore flessibilità delle regole sul turn over fermo restando il vincolo sulle risorse per tutte le amministrazioni Questo istituto presenta problematiche rese difficili dalla crisi del debito sovrano che ha spinto molti paesi ad una reformatio in peius di tutto il settore pubblico adottando misure straordinarie per ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni, contenere la crescita del deficit e del debito. Insomma – come dice Cristian Laval - sembra che la politica abbia mutuato dall’economia la gestione dello Stato. Siamo al vecchio adagio marxiano sullo Stato garante del regime di accumulazione capitalista, mentre finora il ruolo di «garante» implicava che lo Stato affermasse la sua posizione terza preoccupandosi dell’interesse generale a scapito degli interessi particolari e lobbistici. Detto questo appare difficile scendere nel merito della flessibilità del turn over se restano invariate le risorse delle pubbliche amministrazioni a meno che non si intenda per flessibilità del turn over intersecarlo con la mobilità obbligatoria in modo tale da ridistribuire il personale nei posti resisi liberi a seguito di pensionamenti, compresi quelli riservati ai concorsi, e risolvere in tal modo l’inefficienza finora dimostrata dall’istituto della mobilità e coprire i posti resisi vacanti a seguito di pensionamenti. In tal caso qualsiasi disposizione di legge non può prescindere dall’affidarne l’esecuzione alla negoziazione fra le parti. Il quadro internazionale Anche in Grecia gli organici delle PA diminuiscono considerevolmente, in quanto dei dipendenti pubblici che andranno in pensione ne verrà sostituito solo uno su cinque e dal 2013 l’età pensionabile per le donne è passata a 65 anni. In Portogallo oltre al congelamento degli aumenti reali di tutte le retribuzioni del settore pubblico, gli stipendi di funzionari e manager sono stati tagliati del 5%. Si punta inoltre a scoraggiare i pensionamenti precoci, elevando la penalizzazione dall’attuale 4,5 fino al 6% per ogni anno di servizio in meno rispetto all’età pensionabile. La Repubblica Ceca per ridurre entro il 2013 il deficit sotto il 3%, ha diminuito del 10% gli stipendi del settore pubblico. Un taglio del 5% dovrà essere applicato anche alle retribuzioni di giudici, avvocati e vertici politici. In Romania il governo ha previsto il licenziamento di circa 60mila dipendenti pubblici, in particolare delle amministrazioni locali (54mila posti di lavoro in meno). Gli stipendi pubblici hanno subito un taglio del 25% a partire da giugno 2010, mentre le pensioni sono state decurtate del 15%. L’obiettivo di medio termine è ottenere entro il 2015 una riduzione del peso totale delle retribuzioni pubbliche rispetto al Pil, dall’attuale 9,4% al 7%. Si cerca di salvaguardare in qualche modo i livelli retributivi in godimento con una significativa riduzione del personale pubblico. 10 La Gran Bretagna si propone il contenimento della spesa pubblica a 140 miliardi di sterline in 5 anni, con tagli previsti ai budget dei ministeri fino al 40%, Un simile restringimento delle risorse comporterà conseguenze pesanti in termini occupazionali, con oltre 600mila posti di lavoro a rischio (fino a un milione secondo le opposizioni, addirittura 1,3 secondo indiscrezioni della stampa). Chi resterà in servizio e ha uno stipendio superiore a 21mila sterline l’anno avrà la busta paga congelata per due anni, ciò, secondo le analisi del governo sarà necessario per rispettare i tetti di spesa evitando tagli ancora più drastici agli organici nel breve periodo. Secondo il Tesoro, rispetto agli attuali 5,53 milioni di pubblici dipendenti, nel 2015-2016 ce ne saranno 4,92 milioni. Ma la cosa più importante è il progetto di riforma che il premier sintetizza nello slogan “Big Society” e che in pratica, significa passare direttamente ai cittadini e alle loro associazioni la responsabilità di gestione di una serie di servizi pubblici essenziali a livello locale (che già ha presentato gravi problemi di programmazione delle attività a medio lungo termine). In Germania il governo mira a ridurre di circa 60 mld il deficit che attualmente tocca gli 80 miliardi attraverso una massiccia riduzione delle spese connesse al welfare. Per le categorie dei ‘Beamte’, funzionari di carriera il cui rapporto di lavoro non è di tipo privatistico e le cui retribuzioni sono fissate per legge (ultimo adeguamento nel 2009), si prevede un taglio degli organici per 10-15mila posti da ottenere con il blocco del turnover e una riduzione dello stipendio pari al 2,5% più la decurtazione della tredicesima dal 30 al 15% dello stipendio mensile, che inizialmente era stata prevista come misura temporanea e che diventa strutturale. In Francia Il piano adottato dal governo francese prefigura entro il 2013 risparmi di spesa per complessivi 95 miliardi di euro. Il primo passo è iniziato con il congelamento delle spese pubbliche, bloccate in valore assoluto al livello 2010 fino a fine 2012, fatta eccezione per gli interessi sul debito e la spesa pensionistica. Un blocco parziale del turnover nel pubblico impiego faceva già parte della “Revisione generale delle politiche pubbliche”, che includeva anche una nuova articolazione del sistema dei servizi sul territorio e la mobilità dei funzionari pubblici (ovvero possibilità di ricollocazione in nuove mansioni e percorsi di carriera più compositi e differenziati). L’obiettivo per il 2013 è stata la riduzione di 34mila dipendenti pubblici l’anno per tre anni, per un taglio complessivo di 100mila posti. Ogni due dipendenti pubblici che andranno in pensione solo uno verrà sostituito. Quanto alle misure fiscali, l’aliquota massima sul reddito è stata elevata dal 40 al 41%, e salirà anche la tassazione su stipendi d’oro, stock options e plusvalenze. In Spagna le misure che riguardano il settore pubblico iniziano con una riduzione del 5% degli stipendi di tutti i pubblici dipendenti dal 1° giugno 2010 per essere congelate dal 2011. Tutti questi interventi nei Paesi europei, pur nella loro eterogeneità, mostrano molti tratti comuni circa le misure adottate e al contempo la presenza di piani di medio periodo diretti a ridurre stabilmente il peso dell’amministrazione pubblica e della spesa pubblica complessiva. Per concludere, l’insieme degli interventi adottati pur avendo una caratteristica anticiclica e per certi versi congiunturale, collocano gli Stati del continente europeo in una nuova fase storica volta a rivedere il rapporto tra intervento pubblico, economia e società. Non a caso il dibattito in corso sulla “Big society”, lanciato dal premier britannico Cameron e ripreso in molti altri paesi, mira a declinare in maniera nuova il rapporto tra spesa pubblica e spesa privata, per superare l’emergenza derivante dalle speculazioni finanziarie. Se la congiuntura e l’emergenza ha portato molti paesi ad adottare dei tagli lineari, le cause dell’emergenza finanziaria ci dicono che occorre ben altro che un ridisegno della spesa pubblica in rapporto con la spesa privata. Tutto questo rende evidente che non siamo solo di fronte ad una crisi finanziaria, ma di fronte ad una crisi del modello europeo e ad un passaggio epocale che richiede un impegno a trovare misure adeguate da parte dei governi e delle parti sociali in difesa delle proprie realtà sociali. 8) riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego Questa misura ha la caratteristica di un avvertimento alle OOSS. 11 In realtà il Governo riducendo i permessi sindacali, incide negativamente sulla libertà sindacale limitando l’effettività di questo diritto attraverso il taglio drastico dei permessi principali mezzi utili a mantenere il rapporto diretto dell’organizzazione sindacale con la realtà dei posti di lavoro, cioè il rapporto diretto con i lavoratori siano o meno associati alla OS. 9) introduzione del ruolo unico della dirigenza Si reintroduce la “rivoluzione” del 1993 che abolì formalmente il ruolo unico. La ratio della misura sarebbe quella di dare la possibilità a tutte le amministrazioni dello Stato di attingere ad un ruolo non distinto per amministrazione, dal quale prendere i dirigenti e in tal senso consentire una mobilità interna che sarebbe comunque tutta da valutare soprattutto se, come qualcuno insinua, il ruolo unico si configurerebbe come un albo aperto anche a dirigenti esterni non selezionati per concorso. Un forum nato su iniziativa dell’Università Bocconi e dell’EIEF ha illustrato un’ipotesi di riforma della dirigenza pubblica per rilanciare la crescita del nostro Paese 16 che sembra ispirare questo Governo e che prevede l’abolizione della doppia fascia dirigenziale e passaggio a un ruolo dirigenziale unico. Suggerisce tra l’altro: • Incarichi temporanei di durata triennale e rinnovabili una sola volta per garantire un’adeguata rotazione. • Azzeramento di tutti gli incarichi alla loro scadenza e successiva riassegnazione ex-novo dei dirigenti sulla base delle esigenze organizzative e delle performance negli incarichi precedenti, certificate con metodologie accreditate a livello internazionale. • Creazione di tre tipologie di incarico dirigenziale (top, middle e junior) alle quali corrispondono tre livelli retributivi omogenei tra i Ministeri. • Introduzione di un ruolo professional per figure di alta specializzazione attualmente inquadrate nella dirigenza, ma prive di significative responsabilità gestionali. • Assunzione di tutti i futuri dirigenti con un primo contratto a tempo determinato di durata triennale e la possibilità di immissione in ruolo al termine del primo triennio solo a fronte di una valutazione positiva rilasciata da una commissione indipendente. • Eliminazione degli attuali limiti alla percentuale di dirigenti che possono essere assunti con contratto a tempo determinato. • Creazione di un portale web unico della dirigenza dedicato al reclutamento e costruito sul modello utilizzato nei sistemi più avanzati. • Percorsi di reclutamento e carriera accelerati per giovani di talento. • Introduzione di un competency passport, ossia un’abilitazione alla dirigenza, rilasciato a coloro che superino una selezione condotta secondo i medesimi criteri utilizzati da EPSO, l’Ente che seleziona il personale delle istituzioni dell’Unione europea. • Retribuzione variabile dei dirigenti collegata per il 50% alla riduzione della spesa e per il 50% all’andamento di indicatori di outcome. • Equiparazione sostanziale pubblico-privato nelle cause e nelle modalità di risoluzione del rapporto di lavoro. • Ricorso allo strumento della risoluzione consensuale incentivata del rapporto di lavoro per accelerare il turn-over. • Potenziamento dell’istituto della mobilità obbligatoria. • Creazione di un data warehouse della dirigenza ministeriale in grado di incrociare informazioni su curricula, competenze e track-record professionale dei singoli dirigenti. 16 La proposta è stata elaborata da Giovanni Valotti (Prorettore per i rapporti istituzionali dell’Università Bocconi) e Nicola Bellé (assistant professor dell’Università Bocconi). Ne hanno discusso: Franco Bassanini (Presidente di Cassa depositi e prestiti), Mauro Bonaretti (Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri) e Marcella Panucci (Direttore Generale di Confindustria) 12 Quando il Governo si deciderà a mettere in discussione l’intero progetto di riforma al quale si rifanno le frammentarie proposte di cui alla presente lettera si potrà, in maniera più consona ed appropriata fare valutazioni di merito e soprattutto non in via informale ma al tavolo negoziale, visto che si tratta di materia contrattuale. 10) abolizione delle fasce per la dirigenza, carriera basata su incarichi a termine A conferma della riforma a spezzatino si passa dal ruolo unico all’ovvia abolizione delle fasce. Ricordiamo che la qualifica dirigenziale è unica, anche se articolata, nelle amministrazioni dello Stato, in due fasce nella prima i dirigenti cui è attribuita la responsabilità di direzione di un ufficio dirigenziale generale; nella seconda fascia i dirigenti cui è attribuita la responsabilità di direzione di un ufficio dirigenziale non generale. Questi incarichi sono già oggi a tempo determinato e non possono eccedere il termine di cinque anni. La distinzione in fasce deriva solo dall’incarico affidato al dirigente quindi appare inutile la loro abolizione a meno che non sia un segnale per i dirigenti “apicali”, destinatari dei famosi stipendi recentemente ricondotti entro i limiti dell’indennità spettante al Presidente della Repubblica. Sarebbe auspicabile invece la definizione di una norma contrattata con le OOSS che renda la carriera dirigenziale molto più legata ai risultati conseguiti eliminando possibili commistioni tra politica e dirigenza, come si era tentato di fare con il primo contratto nazionale collettivo per la dirigenza dopo la piena contrattualizzazione del lavoro pubblico. Auspichiamo che il ritorno alla vecchia «fascia unica dirigenziale» non si riduca solo ad un sistema di attribuzione degli emolumenti legati al risultato in maniera molto più selettiva. Non è chiaro se la riforma riguarderà solo i nuovi nominati, o possa essere estesa a tutti il che porrebbe il problema che la cosiddetta reformatio in pejus (ovvero un taglio degli stipendi) non è ammessa dal diritto del lavoro e dai contratti, anche se lo stabilisse una legge. 11) possibilità di licenziamento per il dirigente che rimane privo di incarico, oltre un termine Questa possibilità, per le implicazioni ad essa connesse e per capire in che cosa consiste un aggiornamento della normativa vigente. Richiede un approfondimento fra le parti per giungere ad un bilanciamento fra le esigenze del governo e quello dei dirigenti pubblici soprattutto di fronte alla prospettiva di una loro precarizzazione che sembra ignorare l’assetto che del rapporto di lavoro e della funzione dirigenziale ha dato la Corte costituzionale con la giurisprudenza maturata a partire dalla sentenza 103/2007. Attualmente vi è la possibilità di licenziare i dirigenti per cause previste dall’articolo 21 del d.lgs 165/2001 ed il fatto che spesso nelle amministrazioni non si fanno le valutazioni dei dirigenti, non giustifica l’introduzione della loro precarizzazione. Si tratta quindi di dare piena esecuzione all’art. 21 del d.lgs 165/2001. In mancanza di questa effettività della norma, il licenziamento del dirigente è possibile mediante la mancata attribuzione di un incarico, in tal modo assoggettando di fatto ogni dirigente ad essere strumento della politica. A nostro avviso va bene la norma esistente sul licenziamento dei dirigenti ma bisogna evitare che venga connessa al potere soggettivo di non assegnare incarichi e, comunque, senza una fondata giustificazione della mancata assegnazione. 12) valutazione dei risultati fatta seriamente e retribuzione di risultato erogata anche in funzione dell’andamento dell’economia Premesso che la retribuzione media netta mensile di un dirigente si aggira sui 3600 euro che diventano 5000 per un dirigente generale, niente a che vedere con le retribuzioni del presidente della Corte Costituzionale, del Segretario Generale della Camera, del Ragioniere generale dello Stato, del direttore dell’agenzia delle entrate, del direttore generale dell’INPS, etc. Quindi se il 13 punto intende porre principalmente un problema di congruità della valutazione si potrebbero elaborare e contrattare parametri ed indici di valutazione più adeguati e corretti, se invece si intende introdurre ulteriori organismi indipendenti a cui affidare i compiti di valutazione si evidenzia che l’iniziativa contraddice gli obiettivi di questo Governo circa la riduzione della superfetazione di Enti vari. Sicuramente sarà stato valutato il costo di una cospicua quantità di organismi autonomi ovvero Autorità indipendenti, ognuna con il suo presidente, il Consiglio e varie Commissioni, che dovranno coprire tutti gli enti che compongono la Pubblica Amministrazione (9.867, di cui 8.517 sono strutture regionali e locali) e che dovranno dare una valutazione di risultato utile a distribuire ad una parte dei 168 mila dirigenti pubblici la retribuzione di risultato che è parte del costo complessivo della dirigenza pari a 15 miliardi annui. Forse il costo di questi organismi indipendenti supererà quello della retribuzione di risultato. Infine è del tutto risibile ed ingannevole legare il risultato dell'operato della dirigenza all’andamento dell’economia del Paese che dipende dalle scelte di politica economica di cui è responsabile in via esclusiva il Governo. La dirigenza deve assicurare con competenza l’attuazione delle norme che governo e parlamento emanano in materia di politica economica ma non ha alcuna incidenza diretta sull’andamento dell’economia. I politici non possono pensare di associare una parte dei lavoratori alle loro incapacità di elaborare, sostenere e realizzare una politica economica che consenta all’Italia di uscire dalla crisi in atto. 13) abolizione della figura del segretario comunale E' difficile comprendere l’impatto positivo dell’abolizione del segretario comunale per anni cavallo di battaglia della Lega, la quale nella figura di garanzia e del rispetto della legalità del Segretario comunale vedeva solo la longa manu del governo centrale tanto che arrivò a proporre un referendum abrogativo, reso inutile dalla legge 127/1997, che introdusse la figura del “city manager” nominato dai sindaci e un forte spoil system per i segretari comunali. Siccome questo governo non pensa affatto di attuare, dopo 18 anni, la proposta leghista, è evidente che intende eliminare ogni forma di controllo sulla legittimità dell’azione amministrativa locale. E non sono andate a buon fine sia le misure abbozzate dall’ultimo Governo Berlusconi che eliminò la figura del direttore generale nei comuni fino a 100.000 abitanti; sia la riforma dei controlli interni, prevista dal governo Monti, tendente a ridare centralità alla competenza dei segretari comunali, e che con la legge 190/2012, legge “anticorruzione”, il segretario comunale veniva individuato come responsabile anticorruzione e della trasparenza. Questa misura è in totale antitesi con l’impianto avviato dell’anticorruzione, ma in linea con l'idea che la funzione di attuare le linee direttive politiche in modo rispondente alle regole costituisca un inutile peso. 14) rendere più rigoroso il sistema di incompatibilità dei magistrati amministrativi Sarebbe più opportuna un’incompatibilità totale tra la funzione dei magistrati amministrativi e le funzioni di gestione, perché vi è un potenziale conflitto di interessi che va senz'altro eliminato garantendo la terzietà ed estraneità assoluta della magistratura amministrativa dalle funzioni gestionali. Il regime delle incompatibilità è intimamente connessa con l'autonomia ed indipendenza della magistratura ed all'unità funzionale della giurisdizione (e, più in generale, con quella della divisione dei poteri) per cui è da rendere assoluta, inserendo in Costituzione solo alcune limitate attività che il parlamento giudicherà compatibili, limitate perché a nostro avviso poche sono le attività compatibili con lo svolgimento delle funzioni magistratuali. Per quanto riguarda le norme sulle incompatibilità (esaminate in modo particolarmente approfondito), la Commissione, dopo aver ampiamente concordato sull'opportunità di inserire nel 14 testo costituzionale norme rivolte in modo espresso ad indicare nominativamente talune incompatibilità assolute, ha ritenuto di dover rinviare alla legge ordinaria la definizione delle altre attività compatibili con lo svolgimento delle funzioni. 15) conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni Si attendono le norme attuative, visto che ciò avrà dei costi di impianto e gestione, non indifferenti. Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione 16) riorganizzazione strategica della ricerca pubblica, aggregando gli oltre 20 enti che svolgono funzioni simili, per dare vita a centri di eccellenza L’aggregazione degli enti consente sicuramente razionalizzazioni e risparmi, ma unire debolezze non crea forza, moltiplica la debolezza. In sostanza prevedere la nascita di centri di eccellenza richiede investimenti e quindi alla razionalizzazione bisogna accompagnare risorse perché il tutto non rimanga una vuota enunciazione. Riteniamo positive le misure previste dalla legge di Stabilità 2014 a sostegno della ricerca industriale e innovazione, soprattutto oggi che il nostro Paese si sta deindustrializzanzo. Ci auguriamo che il CEPR (Comitato di esperti per la politica della ricerca) riesca a dare impulso alla ricerca italiana innanzitutto portando dentro agli Enti eccellenze riconosciute anche all'estero o richiamando in Italia studiosi che si sono trasferiti ed infine individuando interventi strutturali, definendo linee programmatiche strategiche e innovative; determinando criteri e parametri di supporto alla verifica dell'efficienza della ricerca ed infine suggerendo le azioni più idonee per promuovere l'eccellenza nella ricerca italiana al fine di renderla più competitiva nel contesto europeo ed internazionale. 17) gestione associata dei servizi di supporto per le amministrazioni centrali e locali (ufficio per il personale, per la contabilità, per gli acquisti, ecc.) In linea di principio, l'informatica consente una razionalizzazione dell’attività amministrativa, seppure con certi limiti, poiché la centralizzazione rischia di creare delle strettoie che procurano l'effetto contrario all'intento. Nel merito una meno laconica proposta consentirebbe più adeguate considerazioni. Circa gli acquisti, la prassi è quella prevista dal d.l. 66/2014. 18) riorganizzazione del sistema delle autorità indipendenti In Italia vi è stata una proliferazione di autorità indipendenti che costano ma non dispongono di veri poteri di regolazione e soprattutto sanzione. Una riorganizzazione delle authority dovrebbe innanzitutto assicurare una vera “indipendenza” dei loro vertici, oggi invece, nominati dalla politica ed a questa legati 19) soppressione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e attribuzione delle funzioni alla Banca d'Italia 15 Del tutto da avversare. Si passerebbe dalla COVIP l’autorità amministrativa indipendente che ha il compito di vigilare sul buon funzionamento del sistema dei fondi pensione, a tutela degli aderenti e dei loro risparmi destinati a previdenza complementare al controllo da parte di banche ed assicurazioni private attualmente azionisti della Banca d'Italia e che sicuramente sono più interessate al loro tornaconto che a quello dei fondi. 20) centrale unica per gli acquisti per tutte le forze di polizia Associamo questo punto al precedente punto 17. Noi siamo d’accordo per l’abolizione di tante centrali di spese. 21) abolizione del concerto e dei pareri tra ministeri, un solo rappresentante dello Stato nelle conferenze di servizi, con tempi certi Questo punto riguarda più propriamente l'esercizio del potere legislativo che deve eliminare alcune incrostazioni della prassi consolidata da leggi dello stato che prevedono il concerto tra vari ministeri o il previo parere di vari organismi. L’abolizione del concerto tra ministeri impedisce ai dirigenti statali apicali di intervenire sui disegni di legge di altre amministrazioni per correggerli o modificarli mettendo fine alle riunioni di preconsiglio e quindi rendendo meno defatigante l’attività di governo. 22) leggi auto-applicative; decreti attuativi, da emanare entro tempi certi, solo se strettamente necessari Anche questo caso è di competenza del potere legislativo 23) controllo della Ragioneria generale dello Stato solo sui profili di spesa Prende sempre più corpo l'idea, in cui si inquadra l'eliminazione dei segretari comunali, che i controlli siano un rallentamento delle decisioni politiche che incide negativamente sulle performances del governo a tutti i livelli. Il cittadino ha diritto a servizi rilasciati in modo efficiente, economico, eliminando i costi della corruzione e le clientele, rendendo anche più accessibile la possibilità di conoscere i flussi procedimentali e i tempi e prevedendo la possibilità di chiedere conto di ritardi. Ma, per evitare corruzioni, ritardi, inefficienze e disparità, è necessario attuare strumenti di selezione finalizzate ad assicurare la qualità dell’azione amministrativa, che, tra l'altro è fondata sul rispetto delle leggi. Limitare l'operato della Ragioneria solo ai profili di spesa significa annullare il controllo di regolarità amministrativa nonostante che la continua soppressione dei controlli preventivi abbia dato solo risultati negativi. 24) divieto di sospendere il procedimento amministrativo e di chiedere pareri facoltativi salvo casi gravi, sanzioni per i funzionari che lo violano. E’ quanto prevede già la legge 241/1990 basterebbe applicarla. 25) censimento di tutti gli enti pubblici E' paradossale che le PPAA non sappiano quanti siano gli enti pubblici. 16 26) una sola scuola nazionale dell’Amministrazione Sulle orme dell'Ena francese oltre al contenimento della spesa si potrebbe ottenere un miglioramento della capacità formativa dei dirigenti pubblici. Varie regioni in collaborazione con le rispettive province hanno creato Scuole di PA pur esistendo la Sspal (Scuola Superiore della pubblica a amministrazione locale. Noi riteniamo utile accentrare ma esistono giustificate ed obiettive eccezioni come l’Istituto Diplomatica Marco Toscano; la Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze; la Scuola Superiore Amministrazione Interno. 27) accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile Potrebbe essere positivo se mira a unificare la certificazione di proprietà a cura dell’Aci e il libretto di circolazione a cura della Motorizzazione con una nuova carta del veicolo, gestita attraverso un’unica banca dati del parco auto. La Motorizzazione è una direzione generale del Ministero dei Trasporti con uffici provinciali, quindi non pensiamo possa essere accorpata. Quanto agli accorpamenti attendiamo le risultanze delle manovre in atto sperando che oltre ai risparmi per la spending review ne conseguano benefici per gli utenti e si convochino le OOSS per la gestione del personale. 28) riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40 (nei capoluoghi di regione e nelle zone più strategiche per la criminalità organizzata). Siamo curiosi di sapere come verrà concretamente attuata. Tempo fa si affermava che la riduzione del numero delle province era fondamentale per poter, poi, simmetricamente riorganizzare la presenza dello Stato in periferia. Evidentemente non è così perché lo Stato può riorganizzare il proprio assetto a prescindere dalla sua presenza in ciascuna provincia e la presente proposta, che persegue appunto la riduzione degli uffici periferici statali, nonostante le province non siano state né abolite, né ridotte di numero dalla legge 56/2014 ne è la conferma. E’ comunque da evidenziare che alla motivazione di una riorganizzazione strutturale dello Stato più economica ed efficace sottende quella visione ideologica radicalmente individualistica della vita, che ha comportato la drastica riduzione della sfera di intervento dello Stato negli affari dei cittadini tipica dei programmi della destra neo-liberista e che è stata aspramente critica nei confronti delle Politiche del Welfare State. Soltanto uno stato minimo, ridotto strettamente alle funzioni di protezione contro la forza, il furto, la frode, di esecuzione dei contratti, e così via, è giustificato. Al di fuori di questi compiti lo Stato non può e non deve andare, altrimenti lede i diritti degli individui quindi non serve la pesantezza della sua burocrazia. La nostra idea è completamente divergente da questa linea ideologica. 29) eliminazione dell'obbligo di iscrizione alle camere di commercio Non è chiara la portata dell’eliminazione, se si tratta di abolire i costi connessi all’iscrizione o l’iscrizione stessa al registro delle imprese che riteniamo fondamentale per la pubblicità dell’attività delle imprese e la regolazione dei rapporti di diritto comune tra privati. 30) accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali 17 Il tema della gestione dei poli museali andrebbe meglio specificato soprattutto i’aspetto della gestione manageriale, concetto abusato che finora non ha prodotto apprezzabili risultati. Considerando che l’Italia è un paese disseminato di beni culturali avanziamo seri dubbi sull’accorpamento delle sovrintendenze, proprio le caratteristiche culturali del nostro paese dovrebbero spingere ad investire sui beni, potenziando le sovrintendenze con uomini, risorse e tecnici. In generale vi sono quattro tipi di soprintendenze le soprintendenze per i beni archeologici; le soprintendenze per i beni architettonici e paesaggistici; le soprintendenze per i beni storici, artistici ed etnoantropologici; le soprintendenze archivistiche. Alcune soprintendenze uniscono le funzioni di due o più settori d'interesse relative ad un territorio. Altre indirizzate alla tutela di un particolare e specifico oggetto possono essere sicuramente accorpate ad una delle sopraelencate. Dove l'organizzazione degli istituti periferici del Ministero per il territorio nazionale esula dai quattro tipi sopra elencati si può procedere ad un accorpamento. Ad esempio in Lombardia vi sono due Soprintendenze per i beni architettonici e due per i beni storici, artistici e etnoantropologici, sovrintendenza archivistica, archivi di Stato e biblioteca nazionale Braidense. In Veneto 3 Soprintendenze per i beni architettonici e paesaggistici, due Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici. In Emilia-Romagna 3 Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, 3 Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, 2 Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici; in Toscana 5 Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici, etc. 31) razionalizzazione delle autorità portuali Le autorità portuali sono 23 e piuttosto che razionalizzarle sarebbe da intervenire sugli stipendi dei loro dirigenti. Quelli meno retribuiti stanno sopra ai centomila euro all’anno (lordi) e quelli più anziani o carichi di indennità accessorie veleggiano verso i 180mila euro, si scopre anche che la trasparenza obbligatoria per legge in alcuni casi è stata aggirata. Spesso l’assegnazione delle presidenze è stata sospettata di essere un dorato ospizio per qualche politico a spasso e a volte nomine prive di requisiti hanno dato il via a battaglie legali fatte di ricorsi e commissariamenti (molti sono ancora in atto) Il Caso di Napoli docet e dolet al ministro Lupi. I presidenti incassano cifre intorno ai 250mila euro lordi all’anno e i dirigenti 12-13mila euro al mese. Fatti i conti delle 23 autorità portuali, solo gli stipendi dei presidenti costano quasi sei milioni di euro, a cui si aggiungono 20-21 milioni di euro per i dirigenti, oltre ai costi per tutti gli organismi di controllo. La Corte dei Conti ha rilevato che nel 2010 il costo globale del personale (110 dipendenti) ammontava a 8.093.821 euro. L’anno seguente, con i lavoratori ridotti a 104, il costo è aumentato a 8.256.511 euro. Quindi lo stipendio medio unitario dei dipendenti è passato da 73.580 a 79.390 euro. Il tutto a fronte di un calo dei traffici dell’8,5% nello stesso periodo Accorpare le autorità portuali potrebbe portare un drastico taglio alle spese, evitando però di ottenere il risultato opposto. 32) modifica del codice degli appalti pubblici Il codice degli appalti pubblici da quando è stato emanato nel 2006 ha subito centinaia di modifiche. Ed altre modifiche saranno necessarie entro pochi mesi, per adeguarlo alle recenti direttive europee sugli appalti. Ci auguriamo che venga definita e resa stabile una disciplina in merito agli appalti pubblici per dare un minimo di certezze alle aziende ed alle amministrazioni appaltanti. 33) inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie 18 Non siamo minimamente d’accordo, la norma è giustificata dal tentativo di ridurre il volume delle controversie, ma in effetti riduce il diritto di avere giustizia ai meno abbienti e addirittura scoraggia gli avvocati. In alternativa si potrebbe stabilire per le cause minori una risoluzione negoziale delle controversie senza comprimere il diritto a tutelare i propri interessi. 34) modifica alla disciplina della sospensione cautelare nel processo amministrativo, udienza di merito entro 30 giorni in caso di sospensione cautelare negli appalti pubblici, condanna automatica alle spese nel giudizio cautelare se il ricorso non è accolto La normativa sul processo amministrativo non sembra dover rientrare nella riforma della PA? Comunque osserviamo che per ridurre tempi e margini di incertezza nel caso di sospensione recentemente sono state introdotte nel codice del processo amministrativo apposite regole. 35) riforma delle funzioni e degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato E’ una funzione estremamente importante e delicata, da una parte rappresenta e difende in giudizio l'amministrazione statale in tutte le sue articolazioni, dall'altra presta la propria consulenza senza limiti di materia all'amministrazione dello Stato e agli altri enti ammessi al patrocinio. In via generale non vediamo cosa ci sia da riformare mentre riteniamo che allo stato attuale ridurre gli onorari entro limiti sembra doveroso. 36) riduzione delle aziende municipalizzate L’indicazione è già contenuta nel d.l. 66/2014. Il tema è verificare come si giunge a questo risultato. L’idea della privatizzazione mediante cessione al mercato è imperante. Può rivelarsi corretta ed auspicabile, ma funziona almeno a due condizioni. Che il privato assicuri comunque i livelli minimi essenziali di servizio; che il ramo di attività delle municipalizzate sia effettivamente appetibile per il mercato. Molte delle aziende e società locali, invece, svolgono attività che non hanno particolare attrattività nel mercato. Il problema, dunque, consisterà nel capire come eventualmente svolgere le funzioni ed i servizi che non saranno effettivamente privatizzabili. E’ un tema così intricato, che si trascina da almeno un decennio. Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi 37) introduzione del Pin del cittadino: dobbiamo garantire a tutti l’accesso a qualsiasi servizio pubblico attraverso un'unica identità digitale Idea, che risale a Bassanini, con la carta di identità elettronica, pensata già nel 2000. 38) trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche: il sistema Siope diventa “open data” La focalizzazione della trasparenza è un’idea da sostenere e difendere e lo strumento di trasparenza individuato il SIOPE il quale rileva in via telematica gli incassi e i pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche, probabilmente è lo strumento più adatto ed anche di pronto impiego sempre tenendo conto che nasce dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d'Italia e l'ISTA. 19 Il Siope contiene informazioni preziosissime anche per le categorie di spesa e della loro efficacia. 39) unificazione e standardizzazione della modulistica in materia di edilizia ed ambiente Altro elemento estraneo alla riforma, comunque è un richiamo alle amministrazioni locali ma soprattutto è un segno ulteriore della tendenza alla ricentralizzazione dell’attività amministrativa, segno che il “federalismo” all’italiana ha funzionato poco e male. 40) concreta attuazione del sistema della fatturazione elettronica per tutte le amministrazioni Si tratta di effettuare uno sforzo finanziario notevole per un investimento importante nelle risorse informatiche e soprattutto acquisendo piattaforme informatiche di ultima generazione capaci di dialogare con i sistemi di protocollo e documentali delle PA. 41) unificazione e interoperabilità delle banche dati (es. società partecipate) Consequenziale al precedente punto 42) dematerializzazione dei documenti amministrativi e loro pubblicazione in formato aperto La dematerializzazione dei documenti è molto vicina. Tante amministrazioni sono dotate degli strumenti per la piena digitalizzazione. Questa voce della riforma non deve riguardare tanto la PA, quanto i cittadini. Se non si portano tutti verso il pieno utilizzo della Pec o della firma digitale, oppure se non si trovano altri modi semplici per l’interscambio solo informatico di documenti e informazioni, insomma se solo uno dei due soggetti da mettere in comunicazione usa appieno il sistema telematico, l’intento non potrà essere ottenuto. 43) accelerazione della riforma fiscale e delle relative misure di semplificazione Bozza di decreto in esame 44) obbligo di trasparenza da parte dei sindacati: ogni spesa online Viene spontaneo chiedersi cosa c’entrano i sindacati con la riforma della PA. Ma soprattutto come si pensa di trasformare con legge ordinaria – quale sarebbe la riforma della PA – norme costituzionali. Ricordiamo che nell’ordinamento italiano non esiste una definizione legislativa di sindacato e che solo in base alla dottrina ed alla giurisprudenza il sindacato professionale è definito come l’associazione libera e spontanea di singoli individui, in quanto lavoratori subordinati al fine di tutelare i loro interessi comuni. La natura giuridica dell’Organizzazione sindacale è di associazione volontaria e trova fondamento nel generale principio di libertà di associazionismo sancito nell’art.18 della Costituzione. Ricordiamo infine che l’art. 39 Cost assicura all’organizzazione sindacale la più ampia libertà, garantendole l’immunità da controlli e riconoscendole l’importante funzione di protezione degli interessi collettivi legati all’attività lavorativa. L’art.39 sancisce al comma 1 il principio della libertà di organizzazione sindacale e stabilisce che: a) le organizzazioni sindacali sono soggette esclusivamente all’obbligo della registrazione presso appositi uffici, centrali o periferici (2°c.) 20 b) per ottenere la registrazione è necessario che gli statuti dei sindacati prevedano un ordinamento interno a base democratica (3° c.) c) a seguito della registrazione il sindacato acquista personalità giuridica e la capacità di stipulare contratti collettivi con efficacia erga omnes (4° c.) La mancata attuazione dei commi 2,3 e 4 art.39 Cost. porta come conseguenza sulla disciplina delle organizzazioni sindacali: - uno marcato carattere privatistico - l’inserimento nell’ambito delle associazioni non risconosciute. Ciò significa che i sindacati sono associazioni di fatto e la disciplina ad essi applicabile è quella degli artt. 36-38 c.c. per cui l’ordinamento interno e l’amministrazione sono regolati dagli associati; 21