Bernardino Virchi organaro

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Bernardino Virchi organaro
Ugo Ravasio
BERNARDINO VIRCHI ORGANARO
La ricerca su Bernardino Virchi offre una duplice lettura, il fatto in sé, cioè la conoscenza di un organaro interessante, anche se
poco conosciuto, appartenente ad una eclettica famiglia di artisti, liutai e musicisti e la possibilità di analizzare tramite spunti e
riflessioni il periodo agli inizi del XVII secolo. Un periodo di grande interesse, ma cruciale per Brescia, perché è in quegli anni che si
formano le condizioni per la decadenza dell' organaria rinascimentale bresciana. Decadenza di intelletti, di abilità professionale, di
cultura musicale o semplicemente un evento senza spiegazioni, frutto di un destino infausto? Siffatta domanda non ha ancora una
risposta chiara, soprattutto se si accosta l'evento organaria al parallelo evento liuteria, che con la peste del 1630 e la conseguente
morte del Maggini chiude di fatto il pensiero bresciano in questo campo e archivia i fasti precedenti. Così la domanda si dilata e
nello stesso tempo la risposta diviene più complessa.
Di Bernardino Virchi e della sua attività di organaro poco si sapeva. Dal buio totale degli storici e delle cronache contemporanee si
passa a qualche notizia scovata dal Valentini (1) e ripresa dal Guerrini (2), a sua volta integrata dal Bignami (3) con lettere
relative all'operato di Bernardino sull'organo della Cattedrale di Cremona, tema poi ampliato dal Mischiati (4). Anche il personaggio
vero e proprio, a parte il richiamo per omonimia con artefici noti dell'ambiente musicale bresciano cinquecentesco, è finora sfuggito
ad un inquadramento, sia professionale sia personale.
La bibliografia offre indicazioni controverse: in alcuni testi Bernardino è segnalato come autore egregio, in altri totalmente
ignorato, forse per l'assenza di una qualsivoglia traccia biografica. Senza aver la pretesa della completezza, ma cercando la
puntualità, lo scopo di questo lavoro è di fornire una prima lettura del personaggio restando nell'ambito biografico e comunque
senza entrare nel tema caro agli studiosi di organi, la tecnica organaria.
Esaminando le attività dei componenti la famiglia Virchi si riesce a mettere a fuoco l'elemento caratterizzante del fenomeno
rinascimentale, l'ingegno che sconfina continuamente tra arte e mestiere, e umanamente tra necessità e gloria artistica. É l'humus
nel quale cresce e si forma Bernardino.
Bernardino I (il capostipite conosciuto) è sempre ricordato nei documenti a lui relativi come zoccolaio. Il figlio primogenito,
Benedetto, svolse l'attività di intarsiatore e liutaio (5), non disdegnando il lavoro paterno. Il secondogenito, Battista, fu intarsiatore
e anch'egli zoccolaio. Dell'abilità di Benedetto e Battista resta una pregevole testimonianza, la serie di stupende tarsie della chiesa
di San Francesco (6), lavoro eccellente all'ultimo stadio dell'evoluzione di questo genere di rappresentazione. In quel periodo la
tecnica pittorica stava già superando la possibilità espressiva che la venatura e il cromatismo dei legni, per quanto abilmente
ricercati e trattati, possono dare. Il terzogenito, Girolamo fu eccelso liutaio. Si specializzò nella costruzione della cetera o citara,
uno strumento che risale alla Grecia classica e che in forma diversa è ancora usato alla fine del Quattrocento, primi Cinquecento.
L'operato bresciano in questo campo rilancia nella maniera più prestigiosa e massiccia lo strumento, tant'è che nella seconda metà
del Cinquecento e per buona parte del Seicento lo strumento torna in largo uso soprattutto nell'ambito popolare. Girolamo Virchi
per la costruzione e il figlio Paolo per l'ambito musicale mettono in evidenza lo strumento anche nella sfera nobiliare. Il lavoro più
noto è la famosa cetera costruita per l'Arciduca Ferdinando del Tirolo, un vero capolavoro che contiene lavorazioni difficilmente
riscontrabili in un'unica opera liutaria: l'operato liutario vero e proprio, l'accostamento cromatico dei legni, prerogativa dell'
intarsiatore e la scultura policroma di elevato livello, artistico e tematico. Esistono altre due cetere che possono essergli attribuite,
anche queste di splendida fattura, quella di Oxford e quella di Parigi. Gli elementi storici, stilistici e tecnici comprovanti tale
paternità sono già stati avanzati (7), l'assenza di reazioni negative è segnale positivo ai fini di un definitivo riconoscimento
internazionale. Il quartogenito, Marcantonio seguì le orme del padre (8). Bernardino II, figlio di Benedetto è l'organaro in
questione, così come il figlio Giovanni Battista che probabilmente lavorò col padre. Paolo, figlio di Girolamo, fu eccellente
musicista, organista e virtuoso di cetera, compositore di madrigali e della notissima Tabolatura di Citthara del 1574, attivo anche a
Ferrara e Mantova. Suo figlio Fulvio fu anch'egli organista.
Il recente libro sulla vita musicale in San Giovanni a Brescia (9) riapre l' interesse per Bernardino Virchi. Nella pubblicazione è
illustrato un documento stipulato tra lo stesso Virchi e Don Floriano Canale, stimato musicista brixiano, per il rifacimento e
l'ampliamento dell'organo dell'antica chiesa, organo costruito da Battista Facchetti (10) tra il 1516 e il 1517. Il documento, definito
«intrigante» dallo stesso Oscar Mischiati, a prima vista parrebbe aprire un nuovo capitolo sulla famiglia Virchi poiché il Bernardino
citato, operante secondo la pubblicazione nel 1564, non può essere nessuno dei due Bernardino conosciuti. Il Mischiati non si
accontenta della definizione riportata, ma aggiunge una serie di questioni riassumibili nel fatto che il Canale non sta dove dovrebbe
stare e che la figura dell'organaro diviene ancora più sfocata. In effetti le argomentazioni dello studioso sotto il profilo cronologico
e storico sono ineccepibili. Bernardino I secondo la polizza del 1563 del figlio Girolamo risulta decrepito e infermo e dell'età di 82
anni (11). Bernardino II non era ancora nato poiché il padre Benedetto nella polizza d'estimo del 1568 lo dichiara di 3 anni, cioè
nato nel 1565.
Come spiegare l'enigma? Un errore sull'oggetto di studio sembrava poco probabile dopo l'attenta ricerca documentaria sui Virchi.
Pensare ad un grossolano errore vista la rinomanza e l'esperienza del presentatore del documento pareva altrettanto improbabile.
Solo una scrupolosa verifica poteva quindi risolvere la questione. E infatti, ad una attenta analisi del documento originale (12),
questo va fondatamente spostato al 1604.
La spiegazione è lunga ma doverosa. Il documento fa parte di un registro rilegato manualmente e utilizzato come copia madre dal
convento di San Giovanni. L'errore è stato originato dallo stesso notaio o dallo scrivano del notaio. Anziché scrivere la data nel
modo corretto: millesimo sexcentesimo quarto, cioè 1604, egli ha realizzato: millesimo sexagesimo quarto, che risulta 1064.
Qualcuno posteriormente, probabilmente il massaro che ha archiviato il registro ultimato, notando questa incongruenza ha pensato
bene di correggerla aggiungendovi sopra, arbitrariamente, il quingentesimo, e trasformando così la data in 1564. Ha poi aggiunto
anche un'intestazione al documento: Acordo p[er] refar, et accomodar l'organo. La manipolazione è chiaramente riscontrabile nel
documento originale, sia per la mano che per l'inchiostro diverso. Il registro contiene (tralasciando questo primo documento) atti
notarili dal 1606 al 1671 distanziati per data di un periodo che non supera i due, tre anni. Appare perciò stridente anche un salto di
date così elevato tra il primo e il secondo documento (cioè tra il presunto 1564 e il 1606). A confermare la data del 1604, o meglio
ad escludere definitivamente il 1564, c'è anche la polizza dell'estimo di Bernardino (13). In questo documento Bernardino segnala
il residuo del credito nei confronti dei Rev. Padri di Santo Giovani di Bresia di lire planette 225 de quali me ne pagano ogni anno
lire sinquanta sino che sarò satisfato. Il lungo pagamento, peraltro previsto dal contratto, gravava sulle spalle di Don Floriano, il
quale doveva far fronte con le elemosine et emolumenti quali egli si acquista con li suoi fatiche et virtù. Il Preosto Don Fortunato
Luzago si impegnava a sostituirsi nel pagamento ancho in caso di morte che Iddio non voglia del detto padre Don Floriano o che
fusse levato da questo monasterio. Facendo i dovuti conti rispetto al sistema di pagamento prefigurato nel contratto parrebbe
esistere un ritardo di due rate. La ragione può forse essere cercata nell'avvenuto decesso del canonico organista. Di lui non è
rintracciabile né la data di morte, né un periodo sufficientemente circoscritto. Antonio Fappani fa acutamente osservare che nelle
pubblicazioni del Canale esiste una dedica datata 12 dicembre 1612, che rappresenta l'ultimo elemento provato che era ancora in
vita (14). Per il monastero, che probabilmente aveva magri bilanci, l'assunzione imprevista dell'onere può aver creato problemi e
causato il ritardo. Il pagamento è durato perciò circa 17 - 18 anni. La polizza d'estimo ci fornisce altre notizie assai interessanti.
Innanzi tutto si può stabilire con una certa credibilità l'anno di nascita, sia questa polizza che quella già citata del padre
concordano sul 1565. Normalmente quelle più vicine alla nascita sono le più realistiche, la concordanza è garanzia ulteriore e
positiva in un periodo di scarsa attendibilità della dichiarazione anagrafica come quello. Bernardino segnala con sufficiente
precisione anche il suo indirizzo, la Contrada del Soncin Rotto nella quadra quinta di San Giovanni, una via ancora esistente, e la
sua professione: fabricator de organi. Dal tenore della dichiarazione si arguisce che la casa fosse di sua proprietà, (è per mio uso)
e posizionata nel lato sud della via (à tramontana la strada). Avanza la pretesa di dover ricevere 400 lire planette come eredità
dello zio Battista in possesso dili filioli del quondam Cleme Morando ma la cosa è incerta per la controversia e lite. Dichiara di
possedere Roba da fabricar organi ciove stagno piombo legname per un valore di 265 lire planette e debiti nei confronti di mercanti
di cuoio e legname, debiti legati alla sua professione. La famiglia di Bernardino è composta dalla moglie Barbara, non meglio
identificata, e dai figli: Cecilia di età nubile (15), Giovanbattista di 12 anni e Girolamo di 10 anni. Da una laconica registrazione del
Libro dei Morti della parrocchia di San Nazzaro si apprende che il giorno 8 giugno 1607 Una putina figliola di messer Bernardì di
Verghi organista [è stata] portata [per la sepoltura] in Santo Nazzaro.
Altro particolare interessante è il nomignolo: dito targetta. Che va letto Targhetta. Lo stesso appellativo del cugino Paolo, al quale
Bernardino pare legato in particolar modo.
Ottavio Rossi, uno storico contemporaneo di Bernardino, nel suo Elogi Historici ricorda un personaggio chiamato il Targhetta del
quale dice: Non fu mai toccata la Cetra cò maggior dolcezza quanto fu dal nostro Targhetta, che con celeste armonia le dava
spirito, voce, & affetto angelicamente humano. Ma non tanto era Citaredo perfetto, quanto perfettissimo artefice ancora di questo
istromento. Più avanti segnala Pavolo Virchi che figura come organista, sonatore e costruttore di citare. Il Rossi fu in questo
seguito dal Cozzando, dal Calzavacca, dal Gambara e dal Fenaroli, altri storici bresciani. Oggi si sa che Paolo Virchi e il Targhetta
sono la stessa persona. Quello che interessa è evidenziare come il nomignolo abbia sopravanzato in fama e celebrità il vero nome.
Paolo Virchi fu esiliato dal territorio della Repubblica di Venezia il 28 maggio 1580 per una ragione tuttora sconosciuta. L'originaria
pena di 12 anni di servizio sulle galee venne tramutata in bando perpetuo e nel 1586 fu liberato dalla pena (16). Nel frattempo era
stato assunto come musicista presso il duca di Ferrara e nel 1597 (17) passò al servizio del duca Guglielmo di Mantova. Il Livi (18)
asserisce che i Virchi erano imparentati con i Targhetti o Targetti, casata oriunda di Pralboino, ascritta sin dal 1429 alla
cittadinanza bresciana, e che questo fosse il loro secondo cognome. Tuttavia, contrariamente alle sue affermazioni, io ho trovato
questo soprannome solo per Paolo e Bernardino. Nella documentazione dei padri, degli zii e parenti collaterali non compare mai.
Bernardino che era più giovane di 13 - 14 anni del cugino sicuramente ha vissuto da adolescente in un clima privilegiato e
stimolante da un punto di vista musicale. Anche gli storici sopra citati sottolinearono la sontuosità di quel periodo, mostrandone la
parte più evidente ed esteriore. La moderna ricerca storico-musicale va ben più in profondità a saggiare il corpo di un fenomeno
non ancora totalmente esplorato.
Parrebbe perciò ragionevole trarre la conclusione che la scelta professionale di Bernardino sia anche la logica conseguenza di un
favorevole clima generale e dell'influenza o del fascino, diretto o indiretto, che Paolo esercitò sul più giovane cugino.
La formazione professionale di Bernardino è di prim'ordine. Una annotazione sul Registro delle Custodie Notturne di Brescia (19) lo
indica abitante nel 1598- 1600 nella quadra II di San Giovanni, la stessa dove abitavano gli Antegnati. É questa una traccia che
faceva già presupporre che il Bernardino di anni circa 19 segnalato come collaboratore e vivente nella stessa casa, similmente ad
un più anziano omonimo di anni circa 65, nella polizza d'estimo di Graziadio Antegnati del 1588 (20), fosse riferito a lui. Un altro
documento assai rilevante è un atto notarile rogato in camera da letto dell'abitazione di Graziadio Antegnati in contrata Cozariar
sive pallatis pretoris Brix. (21) dal notaio Tebaldini il 23 dicembre 1590. Difatti nell'atto è registrato come testimone S. Bernardino
de Virgis quondam Benedicti habit.s Brixia.
Si tratta di un momento particolare, Graziadio, sano di mente ma col corpo che langue, ha fatto chiamare il notaio per modificare il
suo testamento redatto alcuni mesi prima (22). La formula adottata è quella tipica di chi riceve le ultime volontà di qualcuno sotto
l' influenza di una malattia grave, se non in punto di morte. Tra le altre disposizioni resta annotato che Graziadio vuole essere
sepolto nella ecclesia Sancti Joseph Brix. in sepulcro sibi assignato seu concessus per Reverendum patres guardiani monasterij
dicta ecclesia. Pertanto anche Graziadio, come il figlio Costanzo, come Gasparo da Salò e Benedetto Marcello, come l'organaro del
Settecento Don Cesare Bolognini, è stato sepolto nella chiesa di San Giuseppe.
Il Bignami ha più volte asserito che tale chiesa è il Pantheon bresciano ed evidentemente non gli si può dare torto (23). Nel suo
lavoro riporta due documenti datati rispettivamente 26 maggio e 19 novembre 1590 relativi alla costruzione dell'organo di
Bagolino. Si tratta probabilmente dell'ultima opera di Graziadio, un'opera iniziata e che forse non vide finita. Lo strumento fu
inaugurato da Costanzo nell'agosto 1591.
Giuseppe Serassi (24), l'organaro definito dai contemporanei il più celebre fabbricatore d'Italia, operante tra Settecento e
Ottocento, dà un giudizio molto lusinghiero sull' abilità del maestro di Bernardino: Graziadio fu il più esatto e perfetto in quest'arte
fra i molti di questa illustre famiglia [...] la solidità, la dolcezza delle canne, e la maestria delle medesime erano inimitabili.
Non sappiamo per quanto tempo dopo la morte di Graziadio (25) Bernardino restò in casa di Costanzo Antegnati, ma
evidentemente non appena si accorse di essere sufficientemente maturo per avviare l'attività in proprio si distaccò. Spesso questi
distacchi non avvenivano bruscamente. Il maestro che teneva in casa dei lavoranti, fornendo vitto e alloggio integrati da una
magra paga, sapeva bene che un allievo di valore, prima o poi, si rendeva autonomo. Una forma di aiuto per l'avviamento era
quella di affidargli lavori di fiducia. Comunque sia nel 1599 Bernardino è attivo in proprio. É già stato ricordato che nel 1597 Paolo
Virchi si era trasferito a Mantova come organista di Santa Barbara. Una carica prestigiosa da svolgere su uno strumento di rilievo
fatto nel 1565 da Graziadio Antegnati. Con la probabile raccomandazione del cugino, caricata positivamente dal fatto che
Bernardino usciva dalla bottega Antegnati, egli assunse dal 1599 al 1611 la manutenzione dell'organo di Santa Barbara. Quasi
annualmente è registrato un suo intervento di accordatura e manutenzione, alle volte limitato alla sola pulitura e sistemazione
(26). Il periodo di questa serie di manutenzioni coincide con la permanenza di Paolo a Mantova. Il Bertolotti (27) ritrovò un
documento in cui si riporta la notizia della morte di Pavulo Virchi organista morto con tale contritione che n'è istupita tutta la città .
Il Cardinale Ferdinando Gonzaga da Roma il 27 maggio 1610, avendo appresa la morte del Virchi, organista di Santa Barbara,
raccomandava il figlio Fulvio come suo successore. Tuttavia dopo il 1611 il rapporto tra Bernardino e Santa Barbara cessa.
Bernardino Virchi nel 1601 costruiva l'organo della Parrocchiale di Colorno (28), nel 1604 realizzava un nuovo somiere a vento per
l'organo positivo costruito nel 1571 da Vincenzo Colombi di proprietà dell' Accademia Filarmonica di Verona (29).
Il somiere a vento è una caratteristica tipica della scuola antegnatiana o meglio di quella bresciana, poiché anche il competitore
cittadino degli Antegnati, l'altrettanto celebre organaro Battista Facchetti, lo adottava. Questo tipo di soluzione offriva maggiori
garanzie come ci ricorda lo stesso Serassi (30), ma richiede maggiori capacità tecniche e notevole abilità costruttiva.
Sempre nel 1604 ampliò l' organo di San Giovanni Evangelista già ricordato, che secondo il contratto doveva essere finito per il
Natale dello stesso anno. Tra il 1604 e il 1611 abbiamo un vuoto documentario sulla sua attività se si escludono le manutenzioni a
Santa Barbara. Tra il 1611 e il 1613 lavorava all'organo della Basilica della Colleggiata dei SS. Michele e Quirino di Correggio. Il
Guerrini riporta che nella canna maggiore del registro principale di quell'organo stavano incise queste parole: Bernardini de Virchis
Brixiensis opus 1613 (31). Contemporaneamente, cioè nel 1613, lavorava all'organo di Rivarolo Fuori nel Mantovano (32). Nel
1616 si accordava con i frati di San Domenico di Cremona per il rifacimento dell'organo del monastero, nel contratto egli esprime
la necessità di doversi appoggiare per la fornitura del materiale a Brescia, nonché di dover agire per la riparazione nel suo
laboratorio casalingo. Lo strumento doveva essere pronto per il Natale del corrente anno. Nello stesso periodo assunse l'incarico di
ricostruire i somieri e aggiungere 7 tasti nell' ambito dei soprani alla tastiera, con relative canne, all'organo della Cattedrale di
Cremona. Secondo il Lunelli (33) quest'organo sopravvisse fino al 1879 quando fu rifatto da Inzoli di Crema. Precedentemente
all'operato di Bernardino l'organo era stato completamente rifatto da Battista Facchetti nel 1547 e giudicato dai contemporanei una
delle rare et più buone opere che si vegga forse in tutta Europa. La scelta di Bernardino da parte dei prefetti della Cattedrale forse
non fu casuale o occasionale. Certamente giocò buon ruolo la rinomanza dell'organaria bresciana, il fatto che lui uscisse da una
bottega importante assieme alla volontà di rinnovare il prestigio dell'organo avuto col Facchetti. Comunque l'operazione ebbe le
sue difficoltà, il Bignami riporta due lettere che evidenziano tale fatto (34). Nella prima, datata 1618, i Signori Prefetti della Chiesa
Cathedrale, che avevano avuto informazioni negative circa lo stato di avanzamento dei lavori, minacciando di impugnare il
contratto invitano Bernardino a rispettare i tempi dell'accordo. Nel frattempo i Prefetti, preoccupati, avevano incaricato Niccolò
Roncadelli di intermediare con il Virchi. La lettera di risposta, indirizzata al Signor Francesco Verdis è del figlio di Bernardino,
Giovanni Battista, che all'epoca doveva avere circa 14 anni, egli asserisce di aver ricevuto le lettere alcuni giorni prima del 16
febbraio 1619 (data dello scrivente) e informa che il padre non è a Brescia, che doveva essere già tornato, ma non conosce la
ragione di questo ritardo, ma non può fare che non venga a casa quanto prima. Dice che il lavoro è a buon punto poiché sono già
stati costruiti i due somieri, la tastiera, la pedaliera, i mantici e i condotti dell'aria. Assicura che non appena il padre tornerà venerà
a voi a darvi satisfazione in parole et in fatti. Nel luglio dello stesso anno difatti Bernardino mette in opera l'organo. Ritorna poi nel
1621 e nel 1622 per ritoccare dettagli e fare messe a punto. Nel contratto si richiedono aggiunte raccomandando che sopra il tutto
sia facile come quella di Santo Sigismondo e che il Fifaro sia buono et suave come quello di San Pietro da Po. I riferimenti
potrebbero intendere che gli strumenti o le parti citate siano state costruite da lui, paragoni che si riscontrano molte volte nei
documenti relativi a contratti d'organo, ma se anche fosse vero il contrario, si nota l'assunzione di impegni in concorrenza con altri,
organari e soluzioni, ritenuti validi e sicuramente avanzati. Nel 1620 Bernardino è a Genova per l'organo di Santa Maria delle Vigne
(35) e un anno dopo con un contratto assume la manutenzione annuale dell'organo di San Domenico a Cremona. Notizia della
morte di Bernardino Virchi ne dà Pietro Maria Passerini da Sestola nel suo Historia del convento di San Domenico di Cremona (36).
Il frate dopo aver ricordato le varie vicende dell'organo dice che l'anno poi 1616 essendo priore il P. Maestro F. Gio. Battista da
Sestola si convenne con mastro Bernardino Verchi bresciano ch'egli facesse un nuovo somero [...]. Et per mantenimento del detto
organo l'anno 1621 si convenne con il detto mastro Bernardino che ogni anno lo visitasse una volta et a lui si dassero ducatoni 5.
Morse poi mastro Bernardino et erano passati molti anni [...] ma l'anno 1640 lo feci accommodare da mastro Vincenzo Faletti. Da
questo resoconto si può dedurre che la morte del Virchi avvenne con ogni probabilità ancora negli anni venti del Seicento. La
vicenda di questo artefice si inserisce degnamente nel grande capitolo dell'organaria bresciana, un capitolo dove prevale
l'ingegnosità, soprattutto se si considera che fino all'avvento della macchina a vapore l'organo era la macchina più sofisticata e
complessa che l'uomo sapesse costruire.
Note
(1) A. VALENTINI, Musicisti bresciani e il Teatro Grande, Brescia, Queriniana, 1894.
(2) P. GUERRINI, La Bottega organaria degli Antegnati, " Boll. Consiglio Econ. Bresciano", n° 9, ( 1930); o "Pagine Sparse" , XIV,
p. 592.
(3) G. BIGNAMI, Storia della Musica a Brescia, ms., Vol. I, Organari, Brescia, Biblioteca della Fondazione Civiltà Bresciana, passim.
(4) O. MISCHIATI, Documenti sull' organaria padana rinascimentale. II. Organari a Cremona, "L'Organo", Anno XXIII, (1985),
Bologna, Pàtron Editore, 1989.
(5) L'attività di liutaio si rileva dalla polizza del 1568. U. RAVASIO, Il fenomeno cetera in area bresciana, in Liuteria e Musica
Strumentale a Brescia tra Cinque e Seicento, vol. I, Atti del Convegno di Salò, p. 143-144.
(6) E. PAPAIT, Le tarsie dei fratelli Virchi nella chiesa di S. Francesco d'Assisi a Brescia, tesi di laurea, Università degli Studi di
Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1990-91.
(7) U. RAVASIO, op. cit., passim.
(8) Infatti risulta abbia svolto l'attività di zoccolaio. Come il figlio Lucrezio.
(9) CROSATTI, MISCHIATI, SALVETTI, La vita musicale in S. Giovanni Evangelista a Brescia, Brescia 1994. In particolare cfr:
Appendice I - Documenti, pp. 77-89: 80-84.
(10) S. GUERRINI, Note e Documenti per la storia dell'Arte bresciana, "Studi in onore di Mons. Paolo Guerrini", Brescia, Fondazione
Civiltà Bresciana 1986, p. 71.
(11) U. RAVASIO, op. cit. , pp. 141-142.
(12) AS Milano, Fondo di Religione, P. Antica 3388, Istromenti novi 1564-1678 [sic], cc. 1-2.
(13) É datata ultimo luglio 1617. AS Brescia, ASC, Polizze estimo, b. 140, VIR 1614-19, c. 69.
(14)A. FAPPANI, Enciclopedia Bresciana, Brescia, La Voce del Popolo 1978 - 199-, Ad vocem.
(15) Questa forma curiosa di riserbo femminile è spesso riportata nelle polizze d'estimo. L'età va dai 15 ai 20 anni circa.
(16) U. RAVASIO, op. cit., p. 146.
(17) D. FABRIS, Il primo libro di Tabolatura di Citthara, di Paolo Virchi e la tradizione degli strumenti a corda a Brescia nel
Cinquecento, in Liuteria e Musica Strumentale a Brescia tra Cinque e Seicento, vol. II, Atti del Convegno di Salò, p. 70.
(18) G. LIVI, I liutai bresciani, Milano, G. Ricordi & C. 1896.
(19) AS Brescia, ASC, RCN, E II 922, (1598-1600), c. 98v.
(20) AS Brescia, ASC, Polizze Estimo, b. 4/a, AN 1588-95, c. 149.
(21) AS Brescia, Notarile, rogiti Giovanni Tebaldini, filza 2011, c. 136 r. e v. La Contrada Cozariar è l'attuale Contrada delle
Cossere nella quale viveva anche Gasparo da Salò. In altri documenti antegnatiani è denominata anche Contrada degli Antegnati.
(22) Questo documento del 3 luglio 1590 è noto. É citato dal Valentini che ha avuto l'informazione dal Livi. Graziadio lascia
disposizioni per essere sepolto nel monumento della S. Concessione nella chiesa di S. Francesco. Una curiosità testamentaria è il
vincolo per l'erede (il figlio Costanzo) a nitidare & incordare gli organi di S. Francesco e di S. Giuseppe per amore Dei.
(23) Già il Pagani aveva messo in evidenza che numerosi membri della famiglia Antegnati erano stati successivamente sepolti in S.
Giuseppe, ritenendo però che la tomba di famiglia fu istituita in S. Giuseppe per Costanzo. G. PAGANI, La famiglia Antegnati nei
registri della Parrocchia di S. Agata, "Brixia Sacra", (1973), p. 170.
(24) G. SERASSI, Sugli organi. Lettere, Bergamo, Stamperia Natali 1816.
(25) Dalla documentazione sugli Antegnati in mio possesso risulta già defunto il 31 ottobre 1591.
(26) Ringrazio il prof. Flavio Dassenno, organologo, Ispettore Onorario del Ministero dei Beni Culturali, per avermi gentilmente
fornito queste interessanti informazioni.
(27) A. BERTOLOTTI, Musici alla Corte dei Gonzaga in Mantova, Milano, Ricordi 1890, ediz. facsim., Bologna, Forni 1969.
(28) P. CIRANI, Musicisti e strumenti nelle chiese di Colorno dal 1600 agli inizi del 900, "Rivista Internazionale di Musica Sacra" IX
(1988) pp. 51-54.
(29) L. ROGNINI, Organi e organari a Verona, in "La musica a Verona" a cura di P.P. Brugnoli, Verona 1976, Banca Mutua
Popolare, pp. 425-486.
(30) G. SERASSI, op. cit. Un ampio trattato di questo argomento si trova in M. A. VENTE, Somiere a tiro o somiere a vento,
"L'Organo", Anno II, n°1 (1961), p. 3.
(31) P. GUERRINI, op. cit.
(32) P. GUERRINI, op. cit.
(33) R. LUNELLI, Arte organica di Costanzo Antegnati, Ristampa con prefazione a cura di Renato Lunelli e Paolo Smets, Magonza
1958.
(34) G. BIGNAMI, op. cit.
(35) G. BERTAGNA, Arte organaria in Liguria, Genova, Sagep 1982, p. 25.
(36) O. MISCHIATI, Documenti cit. Il manoscritto è reperibile in AS Milano, Fondo di Religione, Reg. 284, Libro II, n° 65.
Edizione Ugo Ravasio - Brescia