Le multinazionali in fuga dal Piemonte ma arrivano i cinesi

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Le multinazionali in fuga dal Piemonte ma arrivano i cinesi
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A SOLUZIONE in chiaro scuro che la Michelin ha proposto al Piemonte - investire sullo stabilimento di Cuneo,
ma chiudere quelli di Fossano,
Torino e Alessandria con 550
operai a rischio - è un segnale
d’allerta sulla salute delle multinazionali in Piemonte.
Prima del colosso dei pneumatici, c’è stata la Dr.Fischer di
Alpignano, l’ex Philips, a rischio chiusura perché l’azienda
non ha più commesse per i 62
dipendenti dello stabilimento
dove da quasi un secolo si produce materiale elettrico. Stesso
copione alla Tnt, che ha annunciato l’intenzione di ridurre il
personale di alcuni uffici, compresi quelli piemontesi, lasciando a piedi 70 lavoratori. Anche
l’americana Whirlpool, dopo
aver rilanciato lo stabilimento
di None per fare ricerca tecnologica, ne ha aveva annunciato lo
smantellamento, salvo poi fare
una marcia indietro che non ha
dissolto le nubi sull’ex polo Indesit. Ha invece già fatto le valige dagli stabilimenti di Garessio e Ceva la Nestlé che lo scorso aprile ha venduto l’acqua
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no Montecristo. Ed è di ieri la notizia che per l’acciaieria Vertek
di Condove non è arrivata nessuna offerta d’acquisto.
Prova però a vedere il bicchiere mezzo pieno Giuseppe Donato, presidente del Ceip, per il
quale «cambiano i soggetti interessati a investire in Piemonte,
che sono sempre meno europei
e sempre più asiatici. E in futuro, anche mediorientali». Meno
macchine e più innovazione, insomma. Meno addetti, ma professionalità più specializzate.
«Sarà difficile tornare ai tempi in cui le multinazionali decidevano di investire creando stabilimenti con centinaia di addetti - prosegue - La nostra regione ha però ancora molto da
dare in termini di innovazione,
come dimostra il caso di General Motors, ma deve essere più
attraente». In che modo? «Le
mosse sono sempre le stesse:
meno burocrazia, meno tasse e
così via». In effetti negli ultimi
anni qualche multinazionale è
arrivata. La scandinava Creditsafe – fornitore on line di rapporti di credito aziendale - è approdata in strada del Drosso un
paio di anni fa e prevede di assumere 300 persone nel 2017.
Anche gli americani di Gene-
ral Electric sono venuti a fare
shopping in Piemonte con l’acquisto, tre anni fa, della divisione aeronautica di Avio. Sono arrivati da lontano anche i cinesi
di Jac, la casa automobilistica
che nel 2005 ha aperto il suo primo ufficio con 4 addetti e ora ne
ha 150. Segno che gli affari si
possono fare anche in una terra
martoriata da anni di crisi. Gli
inglesi di Arriva, ad esempio,
entrati nel consorzio Extra To
dimostrano che anche il trasporto pubblico può essere un
settore appetibile. Nonostante
il trasloco a Milano dei dipendenti di via Garibaldi, ha i piedi
ben piantanti in Piemonte anche l’Oreal che ha fatto dello
stabilimento di Settimo il più
produttivo nella rete internazionale grazie a un alto livello di
innovazione. «Abbiamo le idee,
ma dobbiamo fare in modo che
chi le finanzia scelga di continuare a svilupparle qui, creando le condizioni» sostiene ancora Donato. Pochi giorni fa è arrivata a Environment Park Trovagene, un’azienda americana
leader nella diagnosi oncologica che ha scelto Torino anche
per la vicinanza con il centro di
Candiolo.
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UATTRO ore di sciopero e
presidio davanti allo stabilimento Michelin di Fossano sono la prima risposta dei
400 dipendenti che ieri mattina si sono mobilitati contro la
decisione di chiudere lo stabilimento in frazione Cussanio.
Una protesta a cui i lavoratori
hanno partecipato “con un’adesione superiore al 90 per cento”
secondo i sindacati e che ha interessato anche il traffico della
Statale 28, bloccato per circa
2
un’ora. A sostenere i dipendenti c’erano i colleghi di Cuneo,
che già nel turno di notte avevano aderito iallo sciopero, ma la
solidarietà è arrivata anche da
altre aziende come la Alstom di
Savigliano. E dal segretario nazionale Fiom Maurizio Landini.
Tutti uniti per dire un no secco al piano quinquennale dell’azienda che propone un investimento nel nostro Paese di 180
milioni per il 2016-2020, ma
con costi sociali rilevanti: 578
esuberi di cui 400 a Fossano.
“La mia presenza testimonia
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che questa non è una battaglia
locale” – ha spiegato Landini intervenendo al presidio – “L’unità è il punto di partenza per
chiedere sostegno a politica e
istituzioni, solidarietà vera, per
mantenere produzioni e posti
di lavoro. Non ho mai avuto rapporti diretti con Michelin – prosegue - ma so che i soldi non
mancano e si vuole continuare
a investire. Allora chiediamo di
mantenere in Italia l’integrità
delle produzioni. Ma per far
cambiare idea a una multinazionale serve la mobilitazione in
tutto il gruppo, dobbiamo resistere un minuto in più di loro come ci insegnano le esperienze
di Whirlpool e Thyssen». Poi,
un appello alla politica: “Un governo degno di questo nome
non ha bisogno di aspettare la
nostra richiesta di intervento”.
Serve un tavolo di trattativa
vero che travalichi i confini regionali: è l’appello del sindaco
Davide Sordella ai rappresentanti istituzionali, chiamati a fare visita a una città “ rasa al suolo, all’inizio di un lungo lutto”.
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è un bel nome per un
vino, o meglio per una intera
gamma di vini di qualità, Un gioco di parole che punta su due aspetti importanti nella produzione del “nettare di Bacco”: l’albero della vite appunto , ma anche
le vite e la cultura di chi quell’albero coltiva
e cura, i contadini.
E quel nome ha scelto una delle più importanti aziende del settore in Piemonte,
Terre da Vino, per la sua “rivoluzione” targata 2016. Da gennaio tutta la gamma alta
della casa con sede a Barolo prenderà infat-
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ITE COLTE»
ti la nuova denominazione.
Ci vuole coraggio per cambiare nome e,
sia pure solo in parte, marchio, dopo decenni di presenza importante sui mercati italiani e esteri. Ma , come ha spiegato il presidente di Terre da Vino, Piero Quadrumolo
ieri, durante la presentazione del nuovo
marchio davanti a una centinaio di viticoltori che lo sostengono, «questa decisione è
il frutto di un percorso iniziato ormai venti
anni fa, quando si è deciso di produrre il primo vino con questa filosofia, la Barbera d’Asti superiore La Luna e i Falò».
Già perchè per capire questa “rivoluzione” bisogna ricordare cosa sia Terre da Vino: una “cooperativa di cooperative” (ne raduna una quindicina) nata nel 1980 ma dal
1993 diventata proprietà dei viticoltori
che ne fanno parte. Centinaia di famiglie
contadine in tutte le principali aree vinicole del Piemonte, dalle Langhe al Roero, dal
Monferrato al Tortonese: in totale 5000 mila ettari di vite per 5 milioni di bottiglie prodotte l’anno. Di queste un mliione circa già
risponde ai requisiti di qualità fissati pe ril
nuovo marchio e ne entrerà a fra parte. “Vite colte” infatti sarà il marchio di gamma alta dell’azienda: riguarderà i vini prodotti
su 300 ettari (Barolo, Barbaresco, Barberam Moscato, Roero, Gavi) nelle aree più
vocate,e coltivate nel pieno rispetto
dell’ambiente.
«Sono quelle - ha aggiunto Quadrumolo che rappresentano la punta di diamante
tra i soci di Terre da vino. Centottanta i viticoltori che partecipano al progetto coltivando a questo fine solo 1 o 2 ettari per poter assicurare le cure più assidue». I vini di Vite
Colte saranno destinati solo a enoteche e ristoranti e non entreranno sugli scaffali della grande distribuzione.
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