Paolo Fabbri

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Paolo Fabbri
Wikipedia,
un’enciclopedia politeista*
Paolo Fabbri
L’enciclopedia è una macchina che funzione ad informazione e il computer è la macchina enciclopedica per eccellenza; quella che ci fa entrare nel
circolo (ciclo-) dei segni portatori di sapere (-pedia)
Per questo principio enciclopedico Wikipedia, il quinto tra i websites più
visitati del mondo è il più popolare dei testi di riferimento presenti su Internet:
più di Amazon e eBay, e almeno quanto MySpace, Facebook e YouTube. Ed è
gratuito e senza pubblicità: in inglese free enciclopedia significa “libero e gratis”.
Per i fondatori non è un sito come gli altri, ma la realizzazione utopica d’un
impegno politico e sociale: “imagine a world in which every single person on the planet
is given free access to the sum of all human knowledge.. Il progetto è far crescere “the free
knowledge movement world-wide, by recruiting new volunteers, and building
strategic partnerships with institutions of culture and learningî. Inventato nel
2001 da Jimmy “Jumbo” Wales e Karry Ranger, il progetto dipende economicamente da una Fondazione no-profit del 2003. Per i fondatori – informazioni
date all’occasione di una richiesta di donazioni per migliorare il software – le
spese ammonterebbero a 6 milioni di dollari e i dipendenti sarebbero 23.
Grazie alle nuove tecnologia, Wikipedia è attualmente la più vasta enciclopedia mai realizzata, più di quelle, leggendarie, dell’antica Cina (1). Nel
maggio 2008 contava 11.000,000 di entrate – articoli e box – ed ha per ora
236 edizioni in 265 lingue: solo un quarto sono in inglese e 159 lingue si presentano con almeno 1000 voci. Già dal 2002 esiste una Wikipedia in spagnolo,
l’Enciclopedia libre. Dalla fondazione si contano circa 640 milioni di visite e di
recente, almeno 275 milioni al mese. I collaboratori sono tutti gli interessati;
volontari, sono circa 150,000 e possono partecipare alla redazione proponendo
nuove voci, ampliandone, riducendone o sopprimendone altre.
1,
Quel singolare genere di testi che è l’enciclopedia ha sempre esitato nella
sua sistematica dell’universo scibile tra il modello teologico dell’albero e quello
antropologico della selva: in tensione permanente tra il cladogramma stabile
della conoscenza totale e il rizoma mobile di tutti i saperi.
253 Maurizio Bettini
La rete ha esasperato però la domanda di reperire, accumulare, memorizzare, repertoriare, organizzare, selezionare, esporre le informazioni potenzialmente rilevanti. Che novità presenta Wikipedia in una società cognitiva,
caratterizzata da una continua e inesauribile offerta di testi di riferimento? In
primo luogo la sua forma poi la sua sostanza espressiva. La “neo-”pedia come
alcuni la chiamano, è molto tradizionale nella sua forma. Ha assorbito infatti la
classica Encyclopedia Britannica del 1911 – e ora di dominio pubblico come
altre celebrate enciclopedie del passato – che è organizzata alfabeticamente
e non per metodo. Wikipedia, a differenza di Saturno, ruminatore di figli,
continua ad inghiottire i propri padri. Strettamente collegata a Google, ha
assorbito il Dictionary of Roman and Greek biography di Smith, l’Encyclopedia di Nuttal del 1906, la General Biography di Aikens, il Biographical
dictionary di Rose, il Bible dictionary di Easton. Nel 2001, un blocco di
articoli dello Short account of the History of Mathematics, di W.W. Rouse
Ball, e cosi’ via.
È la ritorsione anglosassone alla Encyclopedie degli illuministi francesi
che aveva ripreso e trasformato quella di Chambers – inclusa in Wikipedia – ,
pur mantenendone l’impostazione baconiana – la divisione delle conoscenze in
memoria, ragione e immaginazione: cioè storia, filosofia e arte.
A partire alla grande impresa intellettuale di Diderot e d’Alambert, dalla
metà del 18 sec., l’enciclopedia ha trovato un suo assetto discorsivo lontano
dal sistema filosofico e dalla cumulazione erudita, dal modello biblioteca e dalla
propedeutica didattica. Un formato intermedio, simile ai lessici culturali o ai
dizionari enciclopedici che rende inapplicabile la distinzione semiotica avanzata da U. Eco tra un’”enciclopedia” dotata di proprietà fattuali, descrivibili ed
illimitate e un “dizionario” composto di proprietà soltanto concettuali limitate
e definibili (2).
È un tratto distintivo che ha grande peso nell’organizzazione dei saperi:
mentre il dizionario alfabetico permette sempre l’introduzione flessibile di
altre voci e nuove conoscenze, le enciclopedie dette metodiche dividono la
conoscenza in campi separati che, fin dal diciannovesimo secolo, si sono trasformate in professioni certificate da dottorati e libere docenze e salvaguardate
da associazioni professionali. Poi,via via, in dipartimenti e campus universitari,
con biblioteche centrali progettate come templi della conoscenza. (Tutti luoghi dove si pratica la specializzazione mentre si invoca l’interdisciplinarità e la
fecondità delle discipline ponte!)
Wikipedia fa parte dunque del dizionario di primo tipo. Con le debite eccezioni: George Church per lanciare nel 2006 il suo Personal Genome
Progect, ha scelto una pagina di Wikipedia dove richiedere volontari per met-
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tere in rete il loro DNA. Lo scopo è permettere agli scienziati di correlare geni
e malattie nel quadro di una “medicina personalizzata”.
Wikipedia mira più alla comunicazione che alla conservazione del conoscere. Ha rafforzato l’intento didattico – rispetto al progetto di Incarta – e
mondializza le conoscenze senza sognare neppure asintoticamente, la totalità
del sapere. Ma non è un inventario senza invenzione. Se esclude esplicitamente
ricerche originali e nuove notizie – concetti fatti come si dice frasi fatte – però
ha ridotto i tempi di registrazione dei nuovi saperi: il suo “aggiornamento” è
letterale.
Non s’esprime nel discorso continuo di trattati, ma non è solo una compilazione erudita. In attesa delle tassonomie e delle “ontologie” che ci promette
un futuro Web semantico (3), Wiki resta una rassegna terminologica di concetti, ma non una nomenclatura, cioè un lessico, il che la rende agevolmente
traducibile. È ordinata alfabeticamente e non per temi; una disposizione empirica e non logica che rende il suo sapere aperto e frammentato ma elastico,
collegato e reso dinamico dalle lacune, dai rinvii e dalle leggende – dove le
figure illustrano i testi e i testi nominano le figure. È multimediale: le vecchie
enciclopedie sono sempre state” iconofore” portatrici di immagini, come le
tavole “teatrali” dell’Encyclopedie (Barthes) e, di diagrammi – a partire dall’invenzione della stampa. Wikipedia invece è l’equivalente un’opera lirica virtuale, anche se questo non basta renderla tanto fun and additive quanto vorrebbero
i suoi libertari fondatori.
C’è però una differenza rilevante con ogni altro dizionario o lessico
culturale che era spesso l’opera o la concezione di una persona – v. la pansophia di Comenio, l’Encyclopedia Metropolitana di Coleridge o il Grand Larousse
illustré. Il carattere rizomatico e metamorfico di Wikipedia è la conseguenza
dell’apertura antiprotezionista a chiunque voglia redigere o modificare, anche
in modo anonimo o sotto pseudonimo, una o più voci. O introdurre immagini, suoni o alterare i rinvii. È del 2001 infatti la prima istruzione d’uso; “ignora
tutte le regole: se le regole ti rendono nervoso e depresso e non desideroso di partecipare
al Wiki, allora ignorale del tutto e vai avanti a modo tuo”. “Liberi tutti” insomma
e con la raccomandazione esplicita di andarci sotto (be bold!). Sono accorsi
infatti autodidatti e gente costosamente educata, vanitosi e altruisti, pedanti,
operatori turistici che hanno trovato modi solitari di farsi interessati, solidali
e sociali. Wikipedia non è più una lodevole “opera pia” istituzionale di una
cultura nazionale, come la Treccani in Italia o Espasa in Spagna, anzi è diventata un modello o un principio regolativi. La Enciclopedia Britannica, ha appena
rinnovato il proprio sito web con l’inserimento di pagine editate direttamente
da contributi volontari. Il sito conterrà però lo stesso autorevole ed intoccabile
255 Maurizio Bettini
contenuto di sempre. La Britannica però non apre le sue “pagine ufficiali” al
pubblico; ha creato un settore distinto dal corpus legittimo dove i lettori possono aggiungere, modificare o sopprimere le voci, ma sempre sotto controllo.
2.
Anche se il gruppo dei collaboratori “regolari ” è assai ridotto – sembra
che l’1% di loro rediga la metà dei testi – le conseguenze sono sorprendenti.
Nonostante vandalismi (ci sono taggers da enciclopedia) e gli interventi interessati (stati e imprese sono intervenuti per orientare o indirizzare o raddrizzare
informazioni sgradite) Wikipedia gode di una affidabilità a cui non pretende.
Wikipedia si vuole rettificabile eppure cè chi parla addirittura di wiki-reality! I
suoi fondatori hanno sempre proclamato che il suo scopo non è la verità e insinuato che giornali, media e le stesse enciclopedie sono infarciti di errori ed per
di più non sono prontamente rimediabili. Lo prova l’insurrezione recente dei
bloggers spagnoli contro i furti perpetrati dalla variante elettronica di Espasa, al
danni di Wikipedia: numerose biografie letterarie, da Boccaccio a Nabokov e
soprattutto quella di Baltazar Graciàn…
E vero che la metà dei danni inferti viene quasi immediatamente riparata,
ma alcuni episodi salienti – biografie satiriche di uomini politici, false identità, inserzioni pubblicitarie, ecc. hanno reso più perigliosa la navigazione.
Il problema non sono soltanto i contenuti, ma le regole di organizzazione e
selezione che venivano esplicitati nelle vecchie enciclopedie e che oggi invece
sempre più difficili da definire e reperire.
Si sono creati all’interno degli amministratori – non decisori – di
Wikipedia due scuole di pensiero. Gli Inclusionisti che applicano il principio epistemologico attribuito a Fayerabend – everything goes (tutto fa brodo)
e i Depennatori che vorrebbero che non si scrivesse in engrish, rifiutano le
notizie da blog, effettuano purghe di web-comics e difendono le buone voci
dalle cancellazioni – hanno persino istituito una deletionpedia, enciclopedia di
indebite scorie informative. Il dibattito investe la libertà di informazione sul
web – la Cina ha parzialmente oscurato il sito – ed occupa oggi un quarto dei
contributi a Wikipedia. Gradualmente o almeno così ci sembra, conduce dalla
stipula consensuale di istruzioni sotto traccia.
L’enciclopedia nella società dell’informazione ha smesso di essere un
“ciclo” di conoscenza per avviarsi verso la forma aperta della spirale: una
Spiro-pedia? O peggio ancora il suo progetto didattico si è smarrito nella
nebulosa entropia del web, una Rizo-pedia o una Caos-pedia? In ogni caso
un esperimento in vivo sulle modalità mal conosciute delle “emergenza” nei
comportamenti collettivi. Un esempio: tra i materiali didattici open source uti-
256 Per Omar Calabrese
lizzati nel paesi “poveri” si trovano libri di testo con marchio Wiki. Come in
Sud Africa ove sono Wikibook dei manuali di matematica e di scienze con
programmi flessibili collegati ai programmi nazionali che gli insegnanti possono scaricare gratuitamente on line.
3.
Wikipedia non è solo un testo di consultazione consegnato agli scaffali
delle biblioteche, ma una parte dell’ambiente reticolare in cui viviamo (8). È
un segno e una componente riflessiva dello stato dell’informazione ai tempi
del web. I suoi fondatori sono lontanissimi dal pathos di “unificare l’infranto”;
credono anarchicamente in un ordine fatto di assestamenti in divenire, in cui
attori “miopi”, con conoscenze locali, tengono conto soltanto dei saperi a loro
prossimi (Fabbri). Eppure nella rinfusa delle scelte e nella ridda continua degli
scarti, questi attori raggiungono condizioni generali ed evolutive non lontane
dall’ equilibrio. Le reti decentrano gli ordinamenti e depongono le gerarchie.
Wikipedia è un’enciclopedia politeista, cioè senza il ricorso trascendente ad
un unico occhio che ne decida il senso e il valore. Che sia la ragione della sua
enorme fortuna presente e delle prevedibili difficoltà a venire?
Per decidere della probabilità di questa profezia non resta che consultare
Wikipedia, la quale è la fonte principale se non unica, di informazioni su se
stessa. Quindi attenti l’effetto Epimenide, il cretese!
* Come un’anafora alla comune
rubrica “Profezie”, Panorama 1989-1991.
1. La Cina ha una folta tradizione enciclopedica, ma è nel xv secolo
che Cheng zu, imperatore Ming ha
fatto redigere lo Yongle Dadien Grande collezione dell’era Yongle
– dell’eterna gioia – la maggior
raccolta enciclopedica della storia,
prima di Wikipedia. Nel 1408, 2100
redattori avevano portato a termine
un mostro onnivoro del sapere totale: 11,000 volumi e 22.817 capitoli,
ciascuno corrispondente a un ideogramma, a loro volta classificati per
chiavi. La disposizione era fonetica,
non sistematica: le entrate erano
disposte secondo 76 sillabe finali .
Questo brontosauro della lessicografia davanti al quale le nostre enciclopedia sono dei tascabili, si disperse
e bruciò definitivamente nel 1901,
durante della guerra dei Boxer.
2. L’ipotesi semiotica di Eco
identifica tuttavia l’enciclopedia, via
la Silva silvarum baconiana, al gran
cespuglio rizomatico di Deleuze e
Guattari
3. Pulsioni e motivazioni dei
Wikipediani sono allo studio della
Oded Nov del Polytechnic Institut
dell’Università di New York in vista
dei futuri contributi ad un Web
semantico. Nella stessa direzione
257 Maurizio Bettini
muove il progetto BDpedia, avviata da Chris Bizer e altri colleghi
della Libera Università di Berlino
e della università di Lipsia. Essi
hanno approntato uno strumento
Riferimenti
rintracciabile in Wikipedia – www.
wikipedia.aksw.org – che rintraccia
sui numerosissimi box della megaenciclopedia, le occorrenze di future
componenti semantiche.
bibliografici
Broughton J., Wikipedia: the Missing Manual, Pogue press/O’Reilly, Sabastopole,
Ca., 2008
Barthes R., Les planches de l’Encyclopédie, Nouveaux essais critiques, sta in Le Degré
zéro de l’écriture, Paris, Seuil, 1972, ( trad it. Einaudi, Torino, 2003)
Calabrese O., Mille di questi anni, Laterza, Roma, 1991
Eco U, Dall’albero al labirinto, Bompiani, Milano, 2007.
Fabbri P. La voce è la matta, in Elogio di Babele, Meltemi, Roma, 2003
Rey A., Miroirs du monde, Une histoire de l’encyclopedisme, Fayard, Paris, 2007
Salsano, A. Enciclopedia sta in Enciclopedia Einaudi, vol. 1, Einaudi, Torino, 1977
Shadbolt N., Berners-Lee T, Una scienza per il Web , Le Scienze, , n. 484, dicembre, 2008.
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