David: «Ryanair e Airbnb? I migliori promotori d`Italia
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David: «Ryanair e Airbnb? I migliori promotori d`Italia
009_TT_007-C1.qxp 16/02/16 16:04 Pagina 1 Primo Piano 22 FEBBRAIO 2016 9 INTERVISTA David: «Ryanair e Airbnb? I migliori promotori d’Italia» L’amministratore delegato di Una Hotels & Resorts racconta la Penisola del ‘turismo insostenibile’ Come dire: siamo nelle mani di Ryanair. L’incognita che ad oggi pesa sul mondo del turismo italiano, secondo l’amministratore delegato di Una Hotels & Resorts Elena David, prima ancora che l’avanzata della sharing economy o la tassa di soggiorno, è la cancellazione dei voli da parte della low cost guidata da Michael O’Leary.“Ci spaventa. La promozione dell’Italia la fanno praticamente solo loro...”. Insomma, se i turisti in Italia non li porta Ryanair, non li porta nessuno, sembra essere il concetto di Elena David. Quindi, meglio che resti dov’è... Qualcuno potrebbe obbiettare che Ryanair è uno dei soggetti più contestati nel mondo del turismo, soprattutto proprio per i meccanismi con i quali si aggiudica gli slot in Italia (ovvero, la mai sopita diatriba sui finanziamenti e gli accordi con gli aeroporti). Ma, per l’a.d. del gruppo alberghiero, il punto è che la compagnia “fa la migliore promozione in Italia”. Non solo. Il manager rincara la dose:“In passato abbiamo delegato a Ryanair il ruolo di tour operator”. Se qualcuno si è sentito urtato dalle parole di David, allora non prosegua oltre. Perché, dopo aver detto grazie a Ryanair, il manager ne ha anche per un altro soggetto che da anni vive un rapporto travagliato con una parte del turismo. “Oltre a Ryanair, chi dà una grande spinta all’Italia è Airbnb”. Proprio loro, gli alfieri della sharing economy in campo alberghiero che tanto scaldano gli animi nel mondo dell’hôtellerie. UNA VITA NELL’HÔTELLERIE Elena David, classe 1961, è attualmente amministratore delegato di Una Hotels & Resorts, realtà che ha contribuito essa stessa a creare, essendo stata chiamata ad avviare la prima fase del progetto nel 2000. Il polo alberghiero inizia ad espandersi, raggiungendo le principali realtà italiane. Ad oggi, Una conta un totale di 31 strutture per 3mila camere. Dal punto di vista istituzionale, Elena David è stata anche presidente di Aica (Associazione italiana compagnie alberghiere, poi trasformatasi in Associazione italiana Confindustria alberghi) dal 2008 al 2012. È inoltre presidente di Aiceo (Associazione italiana Ceo) da maggio del 2011. Tra le precedenti esperienze professionali, anche Starhotels, azienda in cui Elena David è entrata nel 1990, arrivando a ricoprire la carica di consigliere di amministrazione e d.g.. Lo scopo della tassa La spinta della sharing economy Dunque, Elena David non teme Airbnb? “C’è un proverbio che dice ‘se non puoi uccidere il tuo nemico, abbraccialo’ - risponde l’a.d. -. Airbnb non si può fermare. Dobbiamo trasformare tutto questo in opportunità. Fenomeni come questo, in ogni caso, fanno aumentare il numero di viaggiatori…”. Ciò che sta avvenendo con la sharing economy, del resto, è una riedizione (solo con protagonisti diversi) della concorrenza internet-commercio tradizionale che, dopo anni di battaglie, sembra ormai vicina a un punto di equilibrio. Perché il punto è: internet, Ryanair, Airbnb diffondono l’abitudine a viaggiare. È innegabile che, oggi, gli spostamenti siano molto più comuni e più radicati nelle abitudini del consumatore rispetto a qualche decina d’anni fa. E la prima cosa Tutti fattori che rischiano di rendere il turismo ‘insostenibile’. Invitata a parlare della ‘sostenibilità’, l’amministratore delegato del gruppo ribalta i giochi e decide di trattare il tema da un altro punto di vista. E partendo dalla domanda: cosa rende in turismo insostenibile? I fattori sono molteplici. Ma uno degli elementi cardine sono proprio le regole diverse. Ovvero, l’abusivimo, del quale cita le cifre: 780 milioni di fatturato 100 milioni di soggiorni. Un tesoretto sottratto agli operatori ‘in regola’ e che mette a dura prova la sopravvivenza di chi lavora seguendo le norme. E, ancora a proposito di insostenibilità, cita anche la tassa di soggiorno. Un tema sempre attuale per gli albergatori (e gli albergatori incoming in generale) che non mancano di mettere l’accento sia sulle cifre richieste ai turisti sia sull’utilizzo che viene fatto del ricavato. di cui ha bisogno il turismo sono proprio i viaggiatori. Certo, c’è la questione delle regole e dei vincoli. Un panorama sfaccettato, dove sono in diversi a giocare sullo stesso campo con normative differenti. “Il fatto è questo: non è Airbnb che ne poche regole. Sono gli alberghi che ne hanno troppe”. Per David, il problema non sono tanto i siti web che propongono affitti brevi:“Sono più critica, ad esempio, con le strutture che si fanno passare per agrituri- smi o bed and breakfast ma di fatto non lo sono. Inutile girarci intorno, sappiamo tutti cosa succede. Il problema è che in questo caso si ha uno stesso mercato ma con regole diverse”. Questione abusivismo Il mirino, allora, non si punta sulla sharing economy, quanto piuttosto su coloro che sfruttano le maglie della burocrazia per ottenere condizioni più vantaggiose rispetto ai competitor. I turisti e la Penisola Anche la sharing economy, sottolinea l’amministratore delegato di Una Hotels & Resorts Elena David, porta turisti all’Italia Sull’argomento, il manager parte parlando di cifre: mentre Roma chiede dai 3 ai 7 euro, a Parigi la tassa oscilla tra i 42 centesimi e gli 1,5 euro. Più cara New York, con importi che possono variare da 2 a 6 dollari, mentre Londra non domanda nulla. Ma il punto non è tanto la somma.“Prendendo l’esempio di Roma, confrontandola con le cifre richieste da altre città, la tassa non è nemmeno così alta - prosegue David -, quanto piuttosto per l’offerta in termini di infrastrutture. Cosa offre Roma in cambio della tassa di soggiorno?”. La questione, dunque, parte piuttosto vertere su cosa la città offra in cambio di quella manciata di euro richiesti a persona per notte. L’importo è giustificato da servizi adeguati per il turista o no? Questa, in sintesi, la domanca chiave sulla tassa di soggiorno. E poi c’è il made in Italy. Da difendere in tutte le sue forme, a iniziare dall’enogastronomia. Ma cosa c’entra la contraffazione dei prodotti alimentari con i viaggi e le vacanze? Tutto, perché “l’enogastronomia è sempre più uno dei pilastri del turismo”, rilancia David. E proteggere il made in Italy “non è solo questione di orgoglio nazionale”. Il motivo? Le cifre. La contraffazione, elenca Elena David, “costa 300mila posti di lavoro persi in Italia”, senza contare i “60 miliardi di euro” derivati ogni anno dalla vendita di prodotti non originali. Francesco Zucco