Club Alpino Italiano
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Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia Club Alpino Italiano Sezione di Padova Commissione per l’Escursionismo Domenica 29 Marzo 2015 “ Carso Goriziano e Triestino ” Ricordando la Grande Guerra << Il Carso, le Battaglie dell'Isonzo. Traversata dei Campi di Battaglia. Sui luoghi delle poesie di Giuseppe Ungaretti. Traversata Monte San Michele, San Martino del Carso, Sacrario di Redipuglia >> (E) Commissione Escursionismo - Gruppo Naturalistico Culturale Conduttori dell’escursione: Antonio Di Chiara - Riccardo Galeazzo - Alberto Veronese Grado di difficoltà del percorso: E Località di partenza: piazzale del Museo Storico di Monte San Michele (261 m) Località di arrivo: piazzale del parcheggio del Sacrario di Redipuglia (25 m) Dislivello complessivo in salita : 200 m Dislivello complessivo in discesa : 400 m Lunghezza del percorso : 15 Km Quota massima raggiunta : 273 m “Cima Tre” Monte San Michele Durata complessiva dell’escursione : 7:30 ore Orario di partenza da Padova : ore 6:30 Orario di rientro previsto a Padova : ore 21:00 Segnavia del percorso Presenza di acqua potabile lungo il percorso: Rifugi e altre strutture d'appoggio: Sentiero con segnavia CAI num. 73, 77 sentieri ben marcati, strade forestali Monte San Michele, San Martino del Carso, Polazzo, Redipuglia Museo Monte San Michele, San Martino del Carso, Polazzo, Redipuglia Cartografia: 1:25000 Edizioni Transalpina Foglio n. 2 (<<Carso Triestino Goriziano e Sloveno >>) 1:25000 Edizioni Tabacco, Foglio n. 47 (<<Carso Triestino e Isontino >>) Equipaggiamento necessario: Scarponi con suola ben marcata, sono vietate assolutamente le scarpe da ginnastica; abbigliamento adatto alle condizioni e alla stagione in corso. Consigliati i bastoncini telescopici. 1 Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 2 Accettate con spirito di collaborazione quanto suggerito dai Conduttori dell'escursione e restate uniti alla comitiva di cui fate parte evitando “fughe” e “ritardi inutili”. Evitate, senza autorizzazione od avviso, percorsi diversi da quelli stabiliti e non create situazioni difficili e pericolose per la vostra ed altrui incolumità. Ricordate che il CAI propone la filosofia del “camminare di qualità”, cioè non inseguendo la performance o - tanto meno - la “lotta con l'Alpe”, ma ricercando la natura e la cultura dei luoghi. Rispettate la natura e non uscite dai sentieri; passate all'interno o vicino alle proprietà private mantenendo un comportamento civile e cortese. Non raccogliete fiori, vegetazione di varia natura od altro e non gettate od abbandonate rifiuti. Rispettate la montagna. Durata complessiva dell’escursione proposta e descrizione sintetica della stessa: 7:30 ore circa, così suddivise: tempo parziale km Descrizione della tappa (ore) dal piazzale panoramico del Monte San Michele (261 m) per sentiero segnato della “Zona Sacra” 0:10 0,25 dietro il museo fino a “Cima Tre” (273 m); da “Cima Tre” per i sentieri segnati della “Zona Sacra” fino a “Cima Quattro” (264 m); 0:20 0,50 0:10 0,25 da “Cima Quattro” per sentiero segnato ritorno al bivio per San Martino del Carso (260 m); dalla località suddetta per sentiero marcato e poi per il sentiero con segnavia CAI num. 73 fino al primo quadrivio alle prime case di San Martino del Carso, vicino al cimitero (199 m), da qui per 0:30 1,00 strada asfaltata verso il centro del paese fino alla deviazione per vedere il Cippo Honved e le rovine della Cappella Diruta (168 m); ritorno al quadrivio precedente (199 m) e da qui per carrareccia sulla sinistra in salita si scavalca il 0:20 0,50 costone dell' “Albero Isolato” fino alla strada asfaltata (200 m) “Via Sacra” che collega San Martino del Carso con la cima del Monte San Michele; dalla località suddetta si procede per un centinaio di metri sul lato della strada fino a trovare sul 0:10 0,25 lato opposto della strada il sentiero del “Valloncello dell’Albero Isolato” (200 m); dalla località suddetta si segue il sentiero del “Valloncello dell’Albero Isolato” che scende lungo il valloncello fino ad incontrare la carrareccia del Vallone di San Martino (140 m) e poi da qui a 1:00 1,50 sinistra in salita (passando per l'”Elemento Quadrangolare”) fino alla strada provinciale SP 9 “Sagrado-San Martino del Carso” (159 m) e da qui lungo la strada fino al vicino paese di San Martino del Carso (170 m); si attraversa il paese di San Martino del Carso si passa per la lapide della celebre poesia di 0:10 0,50 Ungaretti e alla statua della Madonna e si arriva al Museo della Guerra di San Martino del Carso; dal museo si ritorna alla lapide della poesia di Ungaretti e alla statua della Madonna e si attraversa 0:50 2,50 la strada a sinistra e poi per strada asfaltata e per sentieri marcati (al primo bivio si va a destra e al successivo bivio a sinistra) si sale fino alla cima del "Bosco Cappuccio" (199 m); dalla località suddetta si ritorna indietro e si prende al primo bivio a destra e poi per sentieri 0:40 1,50 marcati (al primo bivio si va a destra e poi sempre a sinistra nei successivi) si arriva sulla SP 9 e la si attraversa (171 m); dalla località suddetta si prosegue verso destra lungo la strada per un centinaio di metri e poi si 0:50 2,00 prende sulla sinistra la deviazione per la “Trincea delle Frasche” (è un tratto della "Strada delle Battaglie") che termina sulla strada provinciale “Sagrado–Doberdo’” (118 m); si attraversa la strada asfaltata e la si percorre verso destra seguendo sempre il sentiero con segnavia CAI num. 77 che dopo un po' svolta a sinistra nel bosco e lo si percorre fino a incontrare la strada sterrata carozzabile che scende al paese di Polazzo. Quando il sentiero con segnavia CAI 1:20 3,50 num. 77 lascia la strada (e va sinistra) si continua ancora per poco sulla strada carrozzabile fino al primo tornante dove si trova sulla sinistra un sentiero che si diparte e che porta a Polazzo. Si attraversa il paese di Polazzo e si arriva all’ingresso del Sacrario Militare di Redipuglia (25 m); 0:30 0,75 si sale alla cima del Sacrario Militare di Redipuglia e al vicino parcheggio sommitale (86 m); 0:20 1,50 dalla località suddetta per strade asfaltate fino alla "Dolina dei Bersaglieri" (117 m); 0:10 0,25 dalla località suddetta per strada carrareccia fino al Monte Sei Busi (117 m); 0:45 2,25 si ritorna al piazzale del Sacrario di Redipuglia (25 m) per lo stesso percorso dell'andata; Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 3 Profilo altimetrico dell’escursione: 300 250 (metri) 200 150 100 50 0 0.01 0.10 1.10 1.40 2.40 3.40 tempi di percorrenza (ore) 6.30 7.00 7.30 L'escursione proposta è una traversata che vuole visitare alcuni dei luoghi piu’ noti delle XII Battaglie dell' Isonzo combattute negli anni 1915-1917 della Grande Guerra. L'escursione è un percorso storico che si propone di ricordare i caduti di quella lontana guerra, di tutti i popoli e di tutte le nazioni, creare momenti di riflessione. Il percorso inizia dal parcheggio di Cima Monte San Michele, uno dei luoghi simbolo del sacrificio delle truppe italiane e austroungariche, dopo la vista dell’ampio panorama sul Fronte dell'Isonzo e la visita delle Cannoniere da poco restaurate e aperte al pubblico, inizia la visita della Zona Sacra con il museo e le sue fortificazioni. Da Cima Tre si scende al paese di San Martino del Carso. Prima di arrivare al paese si fa una deviazione per visitare i luoghi del "Valloncello dell'Albero Isolato" dove sono state scritte alcune tra le piu' belle poesie di Giuseppe Ungaretti (momento di lettura di alcune poesie). Si attraversa il paese di San Martino del Carso immortalato dalla celebre poesia di Ungaretti, visita al locale Museo della Grande Guerra, e ci si dirige verso le alture panoramiche del "Bosco Cappuccio", le prime alture dove si infransero gli attacchi italiani del primissimo periodo della guerra. Si scende dal pianoro sommitale e ci si dirige verso il grande tavolato centrale dell'altopiano carsico attraversando luoghi di sanguinose battaglie come la "Trincea delle Frasche", la "Trincea dei Razzi", immersi nel caratteristico paesaggio della "landa carsica". Si arriva alle Alture di Polazzo, da qui si scende in pianura e si arriva al Sacrario Militare di Redipuglia, si risale il Sacrario e si ritorna sul tavolato carsico per visitare la "Dolina dei Bersaglieri", e le imponenti fortificazioni del Monte Sei Busi con panorama su Monfalcone e sul mare. Si ritorna al Sacrario di Redipuglia dove termina l’escursione. Percorso stradale completo: Padova – piazzale in cima al Monte San Michele (200 km): Padova – Monfalcone – Devetachi – San Martino del Carso - piazzale cima Monte San Michele. Altitudini sul livello del mare (altezza s.l.m.) di alcuni luoghi attraversati dal percorso stradale: Padova (12 m) – Monfalcone (10 m) – Devetachi (59 m) – San Martino del Carso (170 m) - piazzale Monte San Michele (261 m). Partenza in pullman da Padova (ore 6:30 dal piazzale <<Azzurri d’Italia>> antistante il Palazzetto dello Sport all’Arcella) per Padova Ovest dove si prende la autostrada per Trieste (autostrada A4 <<TorinoTrieste>>) con uscita al casello terminale di Trieste-Lisert. Si prosegue lungo la SS 55 del “Vallone” fino a Devetachi. Da Devetachi si prende la SP 9 per San Martino del Carso. Da San Martino del Carso si sale sulla Cima del Monte San Michele seguendo la strada “Via Sacra”. L’arrivo al punto di partenza dell’escursione è previsto per le ore 9:00 – 9:30 circa. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 4 Descrizione dettagliata dell’itinerario L'escursione ha inizio dal piazzale del parcheggio in cima al Monte San Michele (Debela Griza in sloveno) (261 m) dove si trova il Museo Storico della Grande Guerra e il cancello di ingresso al complesso delle Cannoniere di Cima Tre del Monte San Michele (da poco restaurate e riaperte al pubblico (novembre 2014)). Dopo la fine della guerra tutta l’area del Monte San Michele divenne un museo all’aperto organizzato dai militari, tutta la zona sommitale sopra i 250 m venne dichiarata nel 1922 “Zona Sacra” (le “Zone Sacre” sono definite “Monumento Nazionale”) e costituisce l'attuale “Museo all'Aperto del Monte San Michele”. Il Monte San Michele è considerato "zona sacra" in rispetto ed in ricordo delle 112.000 perdite, tra morti, feriti e dispersi, che la fanteria italiana subì su questo monte nella Prima Guerra Mondiale. Altre “Zone Sacre” sono il Monte Pasubio, il Monte Grappa e il Monte Sabotino. Dividendoci in due gruppi effettuiamo alternativamente le visite al museo e al complesso museale delle gallerie delle Cannoniere di “Cima Tre” scavate dai soldati italiani dopo la conquista di Gorizia (8 agosto 1916 VI-a Battaglia dell'Isonzo) tra il settembre del 1916 e l'agosto del 1917. Per la visita alle cannoniere è obbligatorio il caschetto che viene chiesto in prestito al museo. Dal piazzale panoramico del Monte San Michele ci si dirige verso la sommita' del monte per iniziare a visitare i resti di alcune delle fortificazioni presenti sulle sue quattro cime (“Cima Uno” (273 m), “Cima Due” (277 m), “Cima Tre” (273 m), “Cima Quattro” (264 m)), le cosiddette “nocche della mano” come le defini' la corrispondente di guerra austriaca Alice Schalek nel 1916. Alto meno di 300 m, il Monte San Michele è la cima più alta del Carso Isontino e domina, da una parte, la piana dell’Isonzo e la conca di Gorizia, dall’altra tutto l’altopiano del Carso fino al mare. Sul parapetto della balconata del piazzale si trova una raggiera d'orientamento con i nomi delle cime che si vedono. Dal piazzale guardando verso nord si vede il sottostante fiume Isonzo, e oltre la pianura friulana con il Collio italiano e sloveno con Gorizia sullo sfondo. Da sinistra le Alpi Carniche e poi le Giulie coronano il panorama con le cime del massiccio del Canin e del monte Nero (Krn). Attorno a Gorizia il monte Calvario (Podgora), il monte Sabotino (Sabotin), il monte Santo (Sveta Gora), il monte San Gabriele, il Monte San Marco, l'altopiano della Bainsizza. Il Monte San Michele venne affidato a reparti ungheresi (Honved), fu uno dei punti di forza dell’esercito austro-ungarico nella difesa della città di Gorizia e della zona circostante. Assieme al Podgora (Monte Calvario), Monte Sabotino e Monte Santo costituiva uno dei capisaldi del campo trincerato austroungarico posto a difesa della città di Gorizia. Il monte San Michele grazie alla sua posizione che dominava la vallata dell’Isonzo e permetteva di tenere sotto controllo la città di Gorizia, venne scelta dall’Alto Comando autroungarico per la creazione di una postazione fortificata scavata direttamente all'interno della collina e munita di cannoni di grande calibro. Ai piedi della balconata, dalla quale i soldati austroungheresi dominavano la valle dell'Isonzo e tenevano sotto controllo la città di Gorizia, si trova la trincea di prima linea italiana sulla quale i reparti austro-ungheresi liberarono i gas asfissianti (una miscela di cloro e fosgene) all'alba del 29 giugno 1916 (ore 5:30) provocando la morte di 6.000 soldati italiani (molti morirono nei giorni successivi) nel tratto di fronte compreso tra il Monte San Michele e il paese di San Martino del Carso (una fascia di 3-4 km di fronte). L'attacco venne condotto da reparti ungheresi, i gas venefici, emessi da tubi portati fino nelle prime linee austriache, investirono i reparti delle Brigate "Brescia" (in quel giorno il soldato Giuseppe Ungaretti si salvo' perché il suo reparto aveva ricevuto proprio alcuni giorni prima il cambio ed era ritornato a riposo nelle retrovie a Mariano) e "Ferrara", in particolare nel settore di San Martino e alla “Quota 197” (che poi prese la triste denominazione di “quota degli asfissiati”) annientarono interi reparti delle Brigate "Pisa" e "Regina". L'eccidio fu poi aggravato da episodi di barbara brutalità da parte austriaca sui soldati italiani asfissiati. In molti punti della linea italiana il gas non penetro' e si crearono delle sacche di resistenza, la nube di gas scese comunque lungo tutte le pendici della montagna e raggiunse l'Isonzo. Con l'apporto delle artiglierie e del provvidenziale cambio di vento gli Italiani riuscirono a respingere l'attacco. Il 6 agosto 1916 (VI-a Battaglia dell’Isonzo 4-17 agosto 1916), alle ore 18, la vetta del San Michele viene occupata dalle truppe delle Brigate “Catanzaro”, “Ferrara” e “Brescia” e con la “Brescia” è presente anche il soldato Giuseppe Ungaretti. Delle quattro cime (vicine tra loro e piatte) che formano il Monte San Michele, soltanto “Cima Tre” è panoramica, tutte le altre cime sono circondate da vegetazione (boscaglia carsica) e non offrono alcun panorama. Partendo dal piazzale antistante il piccolo Museo della Grande Guerra si segue il sentiero che sale a Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 5 destra del museo e che porta sulla sommita' di “Cima Tre” (273 m, 0:10 ore dalla partenza) dove si trovano vari cippi e stele ricordo. Sotto la cima di “Cima Tre” si trovano posizionate le gallerie in caverna delle Cannoniere italiane della III-a Armata di recente restaurate e riaperte al pubblico, un'ampia struttura sotterranea utilizzata dall'esercito italiano dove si trovavano le 6 grandi cannoniere direzionate verso il fronte Gorizia - fiume Vipacco. Se si scende da “Cima Tre” verso sud e si prosegue sulla sinistra si trova subito un bivio con la indicazione del sentiero che riporta al museo e lungo il quale si trovano gli sbocchi di uscita delle cannoniere da dove uscivano i fusti dei cannoni. Tra il settembre 1916 e l'agosto 1917 (dopo la caduta di Gorizia e la conquista del Monte San Michele) i comandi italiani realizzarono nella zona tra il monte San Michele, Cotici e il Monte Brestovec tre distinte gallerie da adibire a cannoniere (tutte e tre vennero probabilmente munite con i cannoni da 149/35 A mod. 1905). Le Cannoniere del Monte San Michele vennero costruite dalla 20-a Compagnia Minatori del V° Reggimento Genio tra settembre 1916 e giugno 1917 per supportare gli attacchi della fanteria e per creare una linea di massima difesa. Esse erano disposte su due assi principali ortogonali: il primo in direzione nord-ovest sud-ovest ed ospitava 6 cannoniere direzionate verso il fronte Gorizia - fiume Vipacco; il secondo definiva due maniche indipendenti con accesso da un piazzale posto a sud-ovest, immediatamente sotto la “Cima Tre” dove erano situate 2 cannoniere rivolte in direzione monte Hermada – Carso di Comeno. Tra i due principali rami ed in posizione esterna alle gallerie, venne realizzata una postazione-osservatorio, capace di organizzare e dirigere il tiro delle artiglierie incavernate. Durante il periodo 1916-1917 il Monte San Michele divenne punto privilegiato per l’osservazione del nuovo campo di battaglia carsico e divenne sede del “Comando Tattico della III-a Armata”, e l'”Osservatorio” con le gallerie la Sede Operativa del Comandante della III-a Armata Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, e in quell’occasione venne creata la strada che da Cotici e da San Martino del Carso raggiungeva la cima del Monte San Michele. Se si prosegue seguendo le indicazioni per “Cima Due” si trova dopo un centinaio di metri lungo il sentiero sulla sinistra l'entrata allo “Schönburgtunnel” (un tunnel austroungarico lungo 5,4 km purtroppo non visitabile perché ostruito da una frana), una galleria-ricovero intitolata al generale austriaco Von Schönburg. Tutta la zona sommitale del Monte San Michele è ricca di “cippi” (53) dedicati alle brigate e agli avvenimenti legati a questi luoghi (esiste anche un “Percorso dei Cippi”), in generale la presenza di cipressi che si ergono solitari tra la boscaglia carsica indicano un luogo particolare ricco di memorie dove probabilmente si trovano cippi o ricordi di guerra. Si scende da “Cima Tre” (proprio sotto i nostri piedi in questo tratto in discesa sotto la cima si trovava il “Comando Tattico” e piu’ in basso l’”Osservatorio”) e si prosegue sulla destra. Si incontrano i resti (coperti in parte dalla vegetazione) della trincea di prima linea della vetta, prima austroungarica e poi italiana, si attraversa una zona dove durante il primo anno di guerra si svolsero furibondi scontri. Proseguendo lungo il sentiero verso “Cima Quattro” sulla destra si vedono altri sbocchi delle grandi cannoniere italiane (le 2 grandi cannoniere rivolte in direzione monte Hermada – Carso di Comeno) e si arriva ad un bellissimo e ampio balcone panoramico esposto a sud con panorama su tutto l’altopiano del Carso con vista fino a Trieste. Guardando verso sud e da sinistra a destra distinguiamo sullo sfondo l'Altopiano della Bainsizza, il solco del Vallone e dietro il Carso di Comeno con le sue alture inprendibili per gli Italiani (obiettivi delle ultime sanguinosissime Battaglie dell'Isonzo IX-a, X-a, XI-a), e infine a destra l'ultima e la piu' importante delle cime il massiccio del Monte Hermada, e poi Monfalcone e il mare. Tutto il tavolato dell'Altopiano del Carso che si vede dal balcone panoramico venne abbandonato dagli Austriaci dopo la VI-a Battaglia dell’Isonzo (4 -17 Agosto 1916) con la presa italiana della città di Gorizia, il ripiegamento dell’esercito austroungarico avvenne oltre il Vallone sulla linea del Carso di Comeno abbandonando cosi' tutto il fronte di San Martino del Carso (gli Austroungarici si erano trincerati sull'altopiano del Carso di Comeno (Komen) oltre l'orlo del Vallone). Continuando si arriva ad un ampio piazzale erboso con dei cipressi dove si trovano sulla destra gli altri due ingressi (chiusi al pubblico) alla galleria delle Cannoniere. Si trovano i cartelli con le indicazioni per tre direzioni possibili: a sinistra si trova il sentiero che scende a San Martino del Carso, subito affianco sulla destra si trova il sentiero che conduce a “Cima Quattro” mentre continuando dritti per il prato il sentiero riporta al piazzale del museo (si incontra sulla sinistra la discesa alla piccola caverna austriaca del Generale Lukachich). Si prosegue verso la “Cima Quattro” del Monte San Michele (264 m, 0:30 ore dalla partenza) dove si trovano tra gli alberi del boschetto carsico diversi cippi a ricordo dei fatti ivi occorsi tra cui la grande colonna dedicata alla brigata “Brescia”, nel cui 19° reggimento 3° battaglione era inquadrato il soldato semplice Giuseppe Ungaretti (1888-1970). Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 6 Si ritorna all’ampio piazzale prativo (260 m, 0:40 ore dalla partenza) e si prende sulla destra il sentiero marcato in discesa che conduce al paese di San Martino del Carso. Dopo un centinaio di metri il sentiero incrocia il sentiero con segnavia CAI num.73, si procede verso destra in discesa in direzione del paese. Si arriva ad un quadrivio nelle vicinanze del cimitero (199 m), qui termina il sentiero e inizia la strada asfaltata che scende verso il paese di San Martino. Si scende verso il paese per un centinaio di metri fino a trovare sulla destra della strada le indicazioni per il monumento alle truppe ungheresi e per le rovine della “Cappella Diruta”. Si prende questa strada sterrata sulla destra in salita, la si percorre e poco dopo si trovano le indicazioni per andare verso sinistra a vedere il vicino cippo dedicato alle truppe ungheresi del IV° Reggimento Honved (IV° Reggimento Fanteria Nagyvarad del Regio Esercito Ungherese), una grande piramide in pietra bianca (costruita nel 1918 dopo la Battaglia di Caporetto) ai margini di una radura nella boscaglia carsica. Pochi metri prima del monumento sulla sinistra si trovano nascoste tra gli alberi le poche pietre rimaste delle rovine della "Cappella Diruta" (168 m, 1:10 ore dalla partenza). Si ripercorre a ritroso ed in salita il tratto precedente fino a ritornare al quadrivio in corrispondenza del cimitero, da qui si prende la traccia della prima strada sterrata sulla sinistra, una stradina in salita che attraversa una striscia di terra disboscata e che scavalcando il “Costone dell'Albero Isolato” conduce alla strada asfaltata (“Via Sacra”) che scende dal Monte San Michele e conduce a San Martino del Carso (200 m, 1:30 ore dalla partenza). A meta' strada tra i monumenti visti prima (il cippo e le rovine della “Cappella Diruta”) e il “Costone dell'Albero Isolato” appena attraversato si trovavano due alberi cari alle truppe italiane e austroungariche: l'”Albero Isolato” e l’”Albero di Doberdo’”. In questa zona si trovava un albero che era “scampato” alla distruzione della guerra e si ergeva solitario in un paesaggio brullo privo di vegetazione ma solo di macerie, era vicino ai ruderi dell'antica chiesa del paese (la “Cappella Diruta”). Sopravvissuto con tenacia alla guerra, crivellato di colpi e mutilato, l'"Albero Isolato" è rimasto comunque in piedi sulla "Quota 197" del Carso. L'”Albero Isolato” era un punto di riferimento molto importante per entrambi gli schieramenti italiano e asutroungarico, si trattava di un isolato tronco d'albero che si trovava tra “Cima Quattro” del Monte San Michele e il villaggio di San Martino del Carso. Da questo tronco d'albero prendevano nome altri due toponimi di luoghi quali il “Costone dell'Albero Isolato” e l'omonimo Valloncello. Un altro “Alberello” ebbe una storia simile: anche lui sopravvissuto alla distruzione della guerra, si trovava vicino all’“Albero Isolato” di Ungaretti ma era molto piu’ vicino alle linee austroungariche. Era un gelso scheletrico diventato punto di riferimento per i militari ungheresi e chiamato “Albero di Doberdo'”. Quest’ultimo albero (un gelso o moro) divenne per le truppe austroungariche un simbolo del loro martirio. L'albero viene anche riportato su un distintivo da berretto austroungarico del 46° reggimento ungherese di Szeged che combatte' appunto in questo settore dove era di stanza. L’arciduca Giuseppe Augusto, comandante del VII° corpo d’armata che difendeva il San Michele, il 17 maggio 1916 annotava nel suo diario: “siamo andati alla chiesa ormai spianata, al suo posto solo ghiaie sottili. Poco avanti c’è l’albero del 46°, il moro bucherellato da numerose pallottole. Povero! Sta morendo, ma a dispetto delle ferite e buchi prova a fare alcune foglie, sul torso e su qualche ramo. Sulla collina della chiesa solamente quell’albero troncato, privo di vita, testimonia che una volta qui c’era vegetazione. Con il suo tronco paralizzato l’albero nereggia come un punto esclamativo sul campo di battaglia raso dalla pioggia delle granate.” Nel mese di Giugno del 1916, il comandante del reggimento propose al comando del VII° corpo d’armata il taglio dell’albero ormai ridotto a un tronco nero e rinsecchito e il suo trasporto al museo di Szeged (Seghedino) in Ungheria, proprio da questa città vennero reclutati i soldati del 46° reggimento austro-ungarico che combatterono su queste cime fino all'agosto del 1916. Il 16 Luglio l’albero arrivò nella città ungherese e, decorato con nastri tricolori, fu accolto da una folla gigantesca. Attorno ad esso avevano combattuto 14000 soldati di Szeged. Oggi è conservato come un monumento nazionale, custodito nel museo di Szeged. Questo albero è ritornato nel 2013 a San Martino del Carso come simbolo di amicizia e di pace tra i popoli ! Arrivati sulla strada asfaltata si prosegue verso sinistra camminando in discesa ai margini della strada per un centinaio di metri fino ad arrivare in corrispondenza del cartello (che si trova dall’altra parte della strada) che indica l’inizio del sentiero che scende nel sottostante bosco del "Valloncello dell'Albero Isolato". Prima di attraversare la strada alle nostre spalle si puo' vedere la famosa “Buca Carsica” racchiusa oggi dentro una proprieta' privata recintata da un muretto di pietre (200 m, 1:40 ore dalla partenza) zona di cruenti battaglie. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 7 Una volta arrivati sulla “Via Sacra” se si proseguisse a destra risalendo lungo la strada asfaltata in direzione del piazzale del museo si fiancheggia sulla sinistra il sottostante “Bosco Ferro di Cavallo” e poco piu’ avanti si trovano le indicazioni per il “Valloncello di Cima Quattro” l’altro valloncello (insieme a quello dell’”Albero Isolato”) dove Ungaretti scrisse alcune delle sue poesie piu’ belle. Si attraversa la strada e si seguono le indicazioni per il “Valloncello dell'Albero Isolato”. Il sentiero è una comoda ampia strada sterrata in discesa in un alto bosco e in breve conduce ad uno slargo in corrispondenza di una curva. Da qui sono possibili varie direzioni, noi seguiamo il sentiero marcato in ripida discesa a sinistra che scende nel valloncello costeggiando sulla sinistra tutta una serie di caverne italiane scavate nella roccia per proteggersi. Il nome di questo celebre luogo era legato al fatto che allo sbocco in alto del valloncello (sopra l’attuale strada asfaltata appena percorsa a piedi) si trovava il citato “Albero Isolato”. Questo è il “Valloncello dell'Albero Isolato”, qui camminava e si sedeva e scriveva le sue poesie Giuseppe Ungaretti ! Siamo all’interno del “Bosco Ferro di Cavallo” dove nel 1916 il fante Giuseppe Ungaretti scrisse pagine di poesia immortali. Grazie a recenti lavori di disboscamento e di recupero, è possibile percorrerlo quasi interamente. Il Valloncello era un percorso utilizzato come passaggio tra la “Quota 141” (che oggi corrisponde all'abitato di Poggio Terza Armata, Sdraussina) e la “Cima Quattro” del monte. Il Valloncello si trovava immediatamente dietro la prima linea, rappresentava per gli italiani un rifugio sicuro e protetto e punto di partenza per affrontare "Quota 197". Per la sua profondità e per le numerose cavernette artificiali venne considerato come una via d'accesso assolutamente sicura: i reparti italiani infatti riuscivano a restare al coperto dal fuoco nemico fino alla prima linea. Se anziché scendere nel valloncello si va invece dritti e poi in fondo al bivio si sale a destra, dopo un centinaio di metri si incontra un allargamento, chiamato durante la guerra "Piazzale Trieste", caratterizzato a sinistra da una galleria di circa 30 metri e a destra da alcune caverne collegate tra loro e poste su più piani. Poco distanti si trovano ancora i resti di una costruzione, molto probabilmente adibita a posto di comando da parte dell'esercito italiano. Una deviazione porta anche al “Valloncello di Cima Quattro” l’altro luogo famoso ungarettiano e anche uno dei luoghi colpiti dal primo attacco austroungarico con i gas asfissianti sul fronte italiano. Seguendo il dedalo delle ravvicinate trincee italiane e austriache si puo’ arrivare sotto il piazzale panoramico del museo del Monte San Michele. Si scende tutto il canalone del “Valloncello dell'Albero Isolato” fino al Vallone di San Martino (159 m, 2:40 ore dalla partenza) dove si incrocia una carrareccia che risale sulla sinistra il vallone e sbocca sulla Via Sacra (poco prima della strada si attraversa la zona dove si trovava la trincea denominata “Elemento Quadrangolare”) a poche centinaia di metri dal paese di San Martino del Carso (170 m, 2:50 ore dalla partenza) Va ricordata la “Guerra di Mine” combattuta in questa zona, la mina piu' devastante fu la contromina austriaca della notte dell' 8 maggio 1916 all' “Elemento Quadrangolare” che fece saltare in aria una trincea italiana e seppelli' un presidio di soldati italiani e soldati del genio che stavano costruendo la galleria di mina, i loro corpi giacciono ancora sepolti in questi luoghi (la mina austroungarica anticipò la mina italiana che si stava ivi preparando). Dopo un periodo di combattimenti seguivano periodi di operazioni di scavo contro le trincee nemiche (la cosiddetta “Avanzata Metodica”) con la costruzione di trincee e di fortificazioni per avvicinarsi alle linee nemiche con conseguente e successiva guerra di mine e contromine, arrivando ad attacchi con piccole mine tattiche (la prima mina esplose sul “Bosco Cappuccio” il 2 ottobre 1915). Giunti sulla “Via Sacra” da qui si scende al paese di San Martino del Carso e alla sua chiesa. Dalla chiesa si continua dritti tra le case del paese arrivando in breve sulla strada che scende a Sagrado (160 m, 3:00 ore dalla partenza), dove si trova la lapide con la celebre poesia di Ungaretti. Da qui si vede poco piu' avanti sulla sinistra lungo la strada che scende a Sagrado il “Museo della Grande Guerra” di San Martino del Carso (www.museosanmartinodelcarso.it , www.carso2014.it ) (poco fuori del paese si trova una caverna con la sede di un comando austroungarico del 46° reggimento ungherese). Si fa una deviazione per andare a visitare il bellissimo Museo della Guerra di San Martino del Carso curato dai volontari del Gruppo Speleologico del paese. L’abitato di San Martino, popolato fino a pochi anni fa quasi esclusivamente da una comunità veneta, il paese è luogo di immigrati vicentini, motivo per cui, a differenza degli altri paesi del Carso, qui si parla Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 8 prevalentemente italiano. Ebbe la sventura di essere in prima linea e le sue case distrutte ispirarono al poeta Ungaretti i celebri versi scolpiti su una lapide all’inizio del paese. Conosciuto da tutti grazie alla famosa poesia di Giuseppe Ungaretti, questo paese fu al centro di scontri durissimi fra gli austriaci attestati sulla cima del Monte San Michele e gli italiani che attaccavano dalle pendici del monte e dal “Bosco Cappuccio”. Si ritorna al luogo dove si trova la lapide con la celebre poesia di Ungaretti e la statua della Madonna, si attraversa la strada e si prosegue sulla via di fronte (Via Vicenza) che diventa dopo un centinaio di metri strada carrareccia. La strada carrareccia prosegue dritta, poi diventa sentiero e attraversa un paesaggio di boscaglia carsica (si attraversa la celebre zona delle trincee del “Ridottino”) fino ad arrivare ad un primo bivio (188 m, 3:15 ore dalla partenza). “Bosco Cappuccio” deve il suo nome al rimboschimento asburgico di fine ottocento che circondava la “Quota 197” come un “cappuccio di frate”. Il sentiero scorre vicino luoghi divenuti tristemente noti come le trincee del “Ridottino”, e a destra la zona delle trincee del “Rondò” e del “Dente” del “Groviglio”. Dal bivio si prosegue a destra in leggera salita e dopo qualche centinaio di metri ci si immette su una ampia strada carrareccia che sale da San Martino del Carso (198 m) e si prosegue a sinistra. In questa zona si trovano ai lati del sentiero luoghi divenuti tristemente noti come la “Quota 193”, la nota “Trincea del Groviglio”, la “Trincea dell’Albero Storto”, la “Trincea delle Lunette”, e anche la zona del cippo del "Sottotenente Mario Cova", la “Trincea del dente del cinghiale”. Si percorre il tratto sommitale (qui si trovava la linea difensiva italiana) in un paesaggio di landa carsica e si arriva sulla cima del pianoro sommitale del “Bosco Cappuccio”, sulla sommita' panoramica (199 m, 3:40 ore dalla partenza) si trovano alcune panchine e alcuni cippi (qui si trovava l'antico castelliere del Monte Stella). Poco sotto la cima in direzione ovest si trovava il “Villaggio Catanzaro” realizzato dalla omonima brigata, luogo di retrovie (seconda linea) e di cambio dei reparti. Durante il primo anno di guerra nel settore si svolsero combattimenti aspri e sanguinosi. I capisaldi austroungarici di "Bosco Cappuccio" e del San Michele bloccavano tutti i tentativi italiani di raggiungere Doberdò del Lago. Caduta Gorizia e spostatosi a oriente il fronte, "Bosco Cappuccio" divenne parte delle linee difensive italiane. Le trincee italiane e austriache si contrapponevano a pochi metri le une dalle altre, allineate in modo tortuoso da Castelnuovo fino a San Martino e al monte San Michele per il "Bosco Lancia", il "Bosco Triangolare" e il "Bosco Cappuccio". Si ritorna indietro per lo stesso sentiero per un centinaio di metri fino ad arrivare in corrispondenza di uno slargo con un bivio, si prosegue sul sentiero marcato a destra (il sentiero a sinistra era il sentiero fatto in precedenza in salita) attraversando il "Bosco Cappuccio", in un paesaggio di boscaglia carsica. Il sentiero dopo quasi 1 km si immette su un sentiero che proviene da sinistra (era il sentiero che avevamo preso in precedenza da San Martino del Carso). Si prosegue verso destra lungo il sentiero sempre immerso nella boscaglia carsica e dopo circa 1 km si arriva di nuovo sulla strada provinciale SP 9 che scende a Sagrado (171 m, 4:20 ore dalla partenza). Si attraversa la strada asfaltata e si prosegue verso destra sul ciglio della strada per un centinaio di metri fino a trovare le fortificazioni e i cartelli tematici della "Trincea delle Frasche" (169 m). Si entra nella cosiddetta "Area delle Battaglie", si attraversa una zona che, durante il primo anno di guerra fu la linea austroungarica dell’agosto del 1916, teatro di violentissimi combattimenti per i tentativi italiani di arrivare a Doberdò, dappertutto tracce di insediamenti militari. Tutta la zona è attraversata in ogni direzione da trincee, camminamenti e dalle linee difensive italiane, nelle numerose doline vi sono caverne, resti di baraccamenti e di ricoveri. Al procedere dell’avanzata italiana durante le “XII Battaglie dell’Isonzo”, le trincee austroungariche conquistate venivano riutilizzate semplicemente “rivoltandole” nella direzione opposta verso est (quasi tutte le trincee e le altre fortificazioni oggi esistenti hanno le feritoie rivolte a est). Dopo l’agosto del 1916, quando il fronte fu spostato ad est (più o meno in corrispondenza dell’attuale confine italo-sloveno) le trincee che prima si trovavano in “prima linea” divennero retrovie italiane di terza e quarta linea, trasformate in ricoveri o postazioni di artiglieria, consolidate mediante l’impiego di calcestruzzo, in genere grossolanamente armato. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 9 Si percorre il sentiero che scorre affianco alle trincee, immerso in un paesaggio di boscaglia carsica. Il sentiero attraversa alcuni tra i luoghi piu’ noti delle Battaglie del Carso, è un tratto della "Strada delle Battaglie" che collega Redipuglia al Monte San Michele. Il sentiero passa per la “Trincea Saliente”, il “Saliente di Quota 164”, la “Trincea delle Frasche”, il cippo della "Brigata Sassari" (164 m), la “Quota 164”, il cippo del Capitano Marras, la “Trincea Tortuosa”, il cippo di "Filippo Corridoni" (134 m), la "Dolina dei Bersaglieri", la "Dolina Martucci", la “Dolina dei Razzi”, la "Trincea dei Razzi" (118 m), e si arriva sulla strada asfaltata provinciale Sagrado-Doberdo’ del Lago (118 m, 5:10 ore dalla partenza). Nella discesa la boscaglia si dirada e in certi punti sparisce e si apre la vista su tutto il tavolato dell'Altopiano del Carso con sullo sfondo Doberdo', il Monte Hermada e il mare con Monfalcone e Trieste. Se si continua verso Doberdo' si trovano ancora le altre trincee italiane e asutroungariche del gigantesco campo trincerato che da San Martino del Carso arrivava fino a Doberdo': la “Trincea Celle”, la “Trincea dei Morti, la “Trincea dei Sassi Rossi” e la “Trincea Ypsilon” e ci si ricollega col campo trincerato della zona del Monte Sei Busi dove ci sono altre celebri trincee. La trincea piu' difficile da conquistare per le truppe italiane fu la “Trincea delle Frasche”. Era una trincea austriaca mimetizzata, come altre, con fronde di albero (da cui il nome) e venne conquistata “alla baionetta” dalla Brigata “Sassari” (costò alla brigata la morte dei due terzi dei suoi soldati). La trincea è caratterizzata da un camminamento sotterraneo (austroungarico) che la mette in collegamento con la vicina “Dolina dei Bersaglieri” immediatamente sottostante il Cippo Corridoni. la Trincea delle “Frasche” in origine era austriaca, quindi conquistata dalla Brigata Sassari nel novembre del 1916. L´attuale struttura non è tuttavia quella della trincea di prima linea, che era ben più misera, ma quella risistemata dagli Italiani nel 1917 dopo la sua conquista. Appare oggi nella forma di una trincea di quarta linea italiana, rinforzata con cemento e rivolta a est, ma era in origine una trincea austriaca mimetizzata, come altre, con fronde di albero (da cui il nome). La zona della “Trincea delle Frasche” fu una dei settori maggiormente contesi dai due eserciti tra la fine del 1915 ed i primi mesi del 1916 per conquistare posizioni difensive e offensive fondamentali per il controllo nella zona del Monte San Michele. L'onore della conquista definitiva spettò alla Brigata Sassari (151° e 152° fanteria, per gli austriaci i “Rote Teufel”, “Diavoli Rossi”, dal colore rosso delle mostrine). I valorosi fanti della Sassari, portatisi il 12 novembre, fin sotto le linee avversarie, ed occupate due piccole doline ad esse antistanti, mediante il volontario sacrificio di audaci pattuglie, riuscirono ad aprire dei varchi nei reticolati. La “Trincea dei Razzi” deve il suo nome al fatto che era ben mimetizzata e gli Austroungarici lanciavano razzi illuminanti sopra le linee italiane. Filippo Corridoni era un anarco-sindacalista socialista e interventista, volontario di guerra, amico del Mussolini pre-bellico, in forza alla Brigata “Siena” caduto nei pressi durante la III-a Battaglia dell’Isonzo il 23 ottobre 1915. Mussolini dedico' all'amico anche una città: Corridonia. Sul Carso combattè anche Benito Mussolini, bersagliere richiamato nel 1915, e sul monte Arupacupa ("Quota 144") il 23 febbraio 1917 rimase gravemente ferito nell'esplosione di un lanciabombe. Come Cappellano sul Carso opero' anche Angelo Roncalli (Papa Giovanni XXIII). Si attraversa la strada asfaltata e si prosegue verso destra sul ciglio della strada per un centinaio di metri (siamo in zona Alture di Polazzo) fino a trovare sulla sinistra le indicazioni per il sentiero con segnavia CAI num. 77. Si prende il sentiero sulla sinistra con segnavia CAI num. 77 che scende al paese di Polazzo. Il sentiero scende con curve immerso nel tipico paesaggio di boscaglia carsica e poi di landa carsica, passa sotto alti tralicci della luce, e arriva su una strada carrozzabile sterrata utilizzata da una vicina azienda agricola. Si scende verso destra lungo questa ampia strada carrozzabile. Dopo una curva a sinistra la strada prosegue dritta in discesa, ad un certo punto il sentiero con segnavia CAI num. 77 lascia la strada che stiamo percorrendo e prosegue a sinistra in salita verso i margini del bosco a pino nero di Redipuglia (sulla nostra destra si vede il tracciato dell'oleodotto transalpino). Si prosegue lungo la ampia strada carrozzabile sterrata e poco dopo in corrispondenza del primo tornante verso destra si trova a sinistra un sentiero. Si lascia la strada e si prosegue su questo ampio sentiero sulla sinistra. In leggera salita si attraversa un bellissimo bosco di pino nero e dopo una curva finale si arriva alle prime case di Polazzo. Si attraversa in discesa la frazione e si arriva in piano al recinto che delimita i binari della stazione ferroviaria di Fogliano di Redipuglia. A poca distanza da Redipuglia, in direzione della località di Fogliano, si può visitare il cimitero di guerra austro-ungarico che accoglie le salme di 14.000 caduti di cui 2.400 identificati provenienti dai vari cimiteri di Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 10 guerra dismessi. Nel Campo Santo un viale, delimitato da alti cipressi, conduce alla grande tomba dove riposano 7000 soldati ignoti. Da qui si prende il sentiero che costeggia la ferrovia e conduce all'ingresso del Sacrario Militare di Redipuglia (25 m, 6:30 ore dalla partenza) (alle spalle il Colle Sant'Elia, il suo "Parco della Rimembranza" e il Museo della III-a Armata). Superata la catena della torpediniera "Grado" che simbolicamente delimita il monumento, si sale il Sacrario (sulla destra del piazzale si trova la "Trincea Blindata") alternando la salita sulle scalinate dei 22 gradoni procedendo da destra a sinistra e viceversa fino ad arrivare in cima (Museo dei Caduti, Cappella, Osservatorio con plastico della zona) (86 m, 7:00 ore dalla partenza). Se l'economia della escursione lo consente si puo' fare una visita ai vicini luoghi della "Dolina dei Cinquecento" (o "Dolina dei Bersaglieri") e del Monte Sei Busi altrimenti con la visita dell'Osservatorio termina l'escursione e si ridiscende al piazzale del Sacrario di Redipuglia. Da qui attraversando la strada statale si arriva al Museo della Terza Armata e all'ampio parcheggio vicino dove si ritrova il pullman e dove termina l'escursione (25 mt, 7:30 ore circa dalla partenza). -------------------------------- "Dolina dei Cinquecento" e Monte Sei Busi -----------------------------------------Scendendo dall'Osservatorio si esce dal recinto del Sacrario e si segue la strada asfaltata che esce dal parcheggio. Poco dopo si trova un bivio e si gira a sinistra in salita (Via Redipuglia, sentiero con segnavia CAI num. 77) seguendo le indicazioni per la “Dolina dei Bersaglieri”. La strada conduce nuovamente sul tavolato dell'Altopiano del Carso poco distante dal luogo da dove era precedentemente iniziata la discesa a Polazzo. Proseguendo sulla strada asfaltata ad un certo punto il sentiero con segnavia CAI num. 77 lascia la strada asfaltata e continua a sinistra diventando sentiero, si continua sempre sulla ampia strada asfaltata. Dopo un centinaio di metri si trova sulla sinistra uno slargo in terra (117 m) dove si trova una deviazione (tabellone) per il sentiero che scende alla "Dolina dei Cinquecento" (o "Dolina dei Bersaglieri") che si va a vedere (100 m, 7:20 ore dalla partenza). Fra il Sacrario di Redipuglia e il Monte Sei Busi (“Quota 118”) si trova la "Dolina dei Bersaglieri" (per la presenza del fregio del 15° reggimento Bersaglieri), conosciuta anche come "Dolina dei Cinquecento" perché dal suo fondo, infatti, da una fossa comune vennero estratti i corpi di 500 soldati che oggi riposano nei gradoni del Sacrario di Redipuglia. Tra giugno ed agosto del 1915 (I-a e II-a Battaglia dell'Isonzo) la guerra coinvolse da subito e pesantemente il ciglione carsico, i reparti italiani assaltarono ripetutamente le pendici carsiche riuscendo con notevoli sacrifici ad attestarsi su una linea aggrappata al bordo dell'Altopiano di Doberdò. Con queste sanguinosissime azioni venne conquistata pure la "Dolina dei Cinquecento" che divenne parte integrante del sistema difensivo italiano, a ridosso della prima linea ("Trincea Mazzoldi") nel settore di Monte Sei Busi. Diari e fotografie documentano nella dolina la presenza di un posto di medicazione (ospedale da campo), ricoveri protetti per i comandi, magazzini e depositi di munizioni. Il fronte si immobilizzo' e solamente un anno dopo nell'agosto del 1916 (VI-a Battaglia dell'Isonzo), con la caduta del Monte San Michele, le truppe austroungariche si ritirarono oltre il Vallone e tutta questa area divenne zona di retrovia. La linea sul Monte Sei Busi venne risistemata e riattrezzata e adattata a linea di ripiegamento e baluardo difensivo in caso di sfondamento delle prime linee italiane (la “Linea di San Martino”). In questa zona si presentano le caratteristiche proprie del carso goriziano: le distese di sterpi e erbe secche, tipiche della landa, l’assenza di elementi verticali (se si eccettuano i numerosissimi tralicci), gli arbusti di sommaco (stupendamente rossi in autunno) e rovo, il disegno arzigogolato dei solchi delle trincee, il cui cemento grigio si confonde, al primo sguardo, con le pietre naturali più spigolose e irregolari. Il territorio è interamente in falsopiano, movimentato di tanto in tanto da avvallamenti e doline. Durante la guerra il generale austroungarico Boroevic costitui' all'interno del suo comando, una sezione di ricerca avente il compito di studiare, cercare ed adattare tutte le caverne naturali che si prestassero allo scopo di ricoverarvi le truppe. Un esempio il celebre Antro Casali Neri, Case Neri, una grande dolina sul cui fondo si trova una grotta enorme in discesa, ricovero naturale (per oltre 2.000 uomini) adattato a sede di comandi prima austroungarici (grotta a due piani con baraccamenti dentro la grotta) e poi italiani, come testimoniano le iscrizioni trovate. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 11 Dopo la visita si ritorna sulla strada asfaltata e si continua lungo di questa. Pochi metri dopo si trova sulla destra uno slargo con delle deviazioni, proseguendo sempre sulla strada, subito dopo una curva a sinistra, si trova la deviazione (tabellone) per il Monte Sei Busi (117 m) e le sue fortificazioni (già visibili su entrambi i lati della strada, resti della "Trincea Spezzata") che si vanno a visitare (117 m, 7:30 ore dalla partenza). Seguendo le indicazioni per il monte Sei Busi si percorre un sentierino che scorre affianco alle fortificazioni italiane in cemento, passa affianco alla “Dolina Contrastata” e arriva al cippo altimetrico della storica “Quota 118” del Monte Sei Busi (bellissimo panorama su Monfalcone, sul mare e su Trieste sullo sfondo). In questa zona si incontrano i resti della linea difensiva italiana, costruita (in cemento) sulle precedenti trincee austroungariche del Monte Sei Busi. Questa è la zona della linea austroungarica dell’agosto del 1916, delle trincee dai nomi tristemente celebri: “Trincea Ypsilon”, “Trincea Ferro di Cavallo”, "Trincea Spezzata", "Ridottino", "Ippodromo", “Trincea Mazzoldi”, "Rivellino". Durante il primo anno di guerra i combattimenti nel settore del Monte Sei Busi, costellato da doline, furono molto aspri e sanguinosi per i tentativi italiani di arrivare a Doberdò. In questa zona le trincee erano “trincee contrapposte”, le trincee italiane e austroungariche erano parallele (la linea delle trincee scorreva parallela in discesa da San Martino, per la “Trincea delle Frasche” fino al Monte Sei Busi), le trincee a volte erano distanti in certi punti anche solo pochi metri. In questa zona poco piu' avanti in direzione di Doberdo' del Lago si trovano tante altre trincee dai nomi tristemente celebri, "Trincerone" (austroungarico), "Trincea dei Mucchietti", "Trincea della Morte". Circa 200 metri dopo la fine dell’asfalto, si trova un gruppo di trincee molto evidenti: si tratta della zona dove si svolgono periodicamente delle manifestazioni di figuranti (a cura della Pro Loco di Fogliano-Redipuglia e di altre associazioni locali), scenario di documentari televisivi. Ogni ultima domenica di aprile ed ogni 3 novembre la Pro Loco Fogliano Redipuglia organizza una rievocazione storica. Si ritorna sulla strada asfaltata e si va sinistra (proseguendo a destra sempre lungo la ampia strada sterrata si arriva al paese di Doberdo' del Lago) ripercorrendo lo stesso percorso compiuto e fino a ritornare al piazzale del Sacrario di Redipuglia. Numeri telefonici utili di enti e strutture e rifugi della zona dell’escursione: Emergenze, Soccorso Alpino Pronto Intervento Sanitario Gorizia, Ospedale Pronto Intervento Sanitario Monfalcone, Ospedale Museo Storico Militare del Monte San Michele “Museo della Grande Guerra” di San Martino del Carso (www.museosanmartinodelcarso.it , www.carso2014.it ) IAT di Fogliano Redipuglia, si trova nel parcheggio di fronte alla stazione di Fogliano, poche centinaia di metri prima del Sacrario (www.prolocofoglianoredipuglia.it) Sacrario Militare di Redipuglia, Museo Storico Militare di Redipuglia “Casa della III Armata” al Colle Sant'Elia con proiezione di filmati (Fogliano Redipuglia) IAT di Monfalcone (www.comune.monfalcone.go.it) URP Comune di Monfalcone Centro Visite Gradina (www.gradina.it , www.riservanaturalegradina.com) Gruppo Speleologico Monfalconese “Amici del Fante” (www.museomonfalcone.it) AIAT di Gorizia e “Museo della Grande Guerra” (www.provincia.gorizia.it , www.itinerarigrandeguerra.it , www.gorizia-turismo.it , www.comune.gorizia.it/turismo) “Museo Storico della Terza Armata” Via Altinate num. 59 Padova 118 0481-592005, 0481-5921 0481-487340, 0481-4871 0481-92002, 0481-489024 338-2626267, 340-5581378, 335-6694277 0481-489139, 346-1761913, 335-1444109 0481-489024 Direzione, 0481-489043, 0481-489009 Bar 0481-494229, 0481-410304 0481-494208 0481-784111, 333-4056800 0481-40014 0481 535764, 0481-533926 (museo) 049-8203430 Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 12 Appunti e note dell’Escursione la " Linea del fiume Isonzo 1915 – 1917 " "Il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarava guerra all'Impero Austro-Ungarico per completare la propria unità entro i suoi naturali confini. La prova richiese la mobilitazione di 27 classi (dal 1874 al 1900, dai 18 ai 42 anni di età), dalle generazioni mature ai giovanissimi del 1899 (i famosi “Ragazzi del ‘99”) e del 1900, che furono inviati a combattere non ancora maggiorenni. Fu schierato un esercito di 5 milioni e mezzo di combattenti, dei quali 700.000 caddero sul campo ed oltre 1 milione e mezzo tornarono alle loro case mutilati o feriti ". Il 24 maggio 1915 l'Esercito Italiano varcava la frontiera. Dei circa 650 Km su cui essa si stendeva, solo 50, da Tolmino al mare potevano permettere operazioni campali e, di questi, solo 30, da Gorizia al mare erano in terreno pressochè pianeggiante. Davanti ai soldati Italiani si ergevano un grande fiume, l'Isonzo, e le catene montuose che si ergevano lungo il suo corso. La linea solcata dal letto del fiume Isonzo è per gran parte accidentata; solo nel tratto finale del suo cammino il corso d’acqua mostra un flusso lento e regolare, sfociando nell’Adriatico. Da Plezzo (Bovec) sin quasi sopra Gorizia, montagne ripide e aspre contornano l’Isonzo, esse culminano nella cima del Monte Nero (Krn, 2245 m). Il fiume procede tra gole dalle pareti scoscese, ove si escludano gli slarghi delle conche di Plezzo, Caporetto (Kobarid) e Tolmino (Tolmin). La corrente e la portata d’acqua del fiume sono cospicue, tanto che le piogge ingrossano rapidamente l’alveo. Procedendo verso meridione, sulla sinistra dell’Isonzo si eleva l’altopiano della Bainsizza, con le propaggini della Selva di Tarnova. L’acrocoro, scabro e tormentato, ricco di solchi e depressioni, arido e povero d’acqua, è delimitato a nord dal fiume Idria, ad oriente dal vallone di Chiapovano. Ad occidente, verso l’Isonzo, l’altopiano è cinto esternamente dalla linea dei monti Kuk, Vodice, Santo (Sveta Gora) e dal gruppo JelenikKobilek. Il clima ricorda quello del Carso: inverni rigidi, estati canicolari. Le vie di comunicazione sono alquanto scarse. Dalla stretta di Salcano, sopra Gorizia, il fiume sbocca in una zona pianeggiante, scorre per un tratto ai piedi dell’altopiano carsico e sfocia nel golfo di Panzano, in terreni paludosi. A Gorizia, la particolare conformazione a corona delle colline attorno alla città, un arco di cerchio, consentiva il mantenimento di una zona sicura sulla destra dell’Isonzo, protetta dal monte Sabotino (Sabotin) e da alture minori (Piuma, Oslavia, Podgora). A nord-est il San Gabriele, il San Daniele e San Marco (Markov hrib) proteggevano il rovescio della città di Gorizia. A sud di Gorizia si apre il pietroso e scabro altopiano carsico, il "Carso" cosiddetto (Carsia Giulia), che, avvicinandosi al mare, asseconda un arco a rientrare, ancorato ad alcune alture che dominano l’Isonzo e la pianura: il monte San Michele, il monte Sei Busi, il Cosich e, più arretrato, il Debeli. È, questo, il lato occidentale di un approssimativo quadrilatero, che a sud si chiude con il Golfo di Panzano, ad oriente con un segmento che dal monte Hermada giunge grosso modo al Dosso Faiti, a nord con il fiume Vipacco e l’orlo montuoso formato da Nad Logem, Veliki Hribak, Volkovnjak. Il Vipacco fluisce trasversalmente all’Isonzo e costituisce in un certo senso il discrimine tra i due altipiani, quello della Bainsizza e quello della Carsia Giulia. Poco ad est della corona di monti che guardano la pianura friulana è il Vallone, un solco che attraversa l’altopiano in senso verticale. La zona occidentale dell’altopiano del Carso (Carsia Giulia) alternava un’ampia parte di tratti brulli e aspri di roccia calcarea a macchie boscose, che, per la loro conformazione, ricevettero da soldati e comandi appellativi suggestivi: “Bosco Lancia”, “Triangolare”, “a Ferro di cavallo”. Numerose le valli cieche e le depressioni (doline) a forma di cratere o allungate, riempite di argilla ocracea e ferruginosa (la caratteristica “terra rossa”), le cavità sotterranee (grotte, caverne e inghiottitoi, foibe) e le varietà di fenditure e scanalature. La mancanza d’acqua rende perlopiù arido il terreno. Durante l’inverno soffia impetuosa la bora, in estate la calura può risultare opprimente. Le truppe italiane dopo la breve avanzata iniziale si trovarono sulle sponde del fiume Isonzo e lì videro arrestare la spinta offensiva dalla linea montuosa delle Alpi Giulie e, più a meridione, dalle piattaforme di due altipiani Bainsizza e Carsia Giulia (il celebre Altopiano del Carso). A cento anni dall’inizio di quella guerra, il Carso isontino-sloveno-triestino, attraversato da uno dei più tormentati fronti di quella guerra, porta ancora i segni degli aspri combattimenti che vi si svolsero per oltre due anni, dal giugno del 1915 all’ottobre 1917, e costarono la vita a circa un milione di uomini dei due eserciti contrapposti. Sparsi sull’altipiano si possono vedere ancora trincee, caverne, monumenti e cippi, che ricordano le immani sofferenze patite in questi luoghi da soldati di diverse nazionalità, e ammoniscono gli uomini di oggi a perseguire con ogni mezzo la pace fra i popoli. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 13 le XII Battaglie dell’Isonzo Lungo tutta la frontiera con l'Austria, l'Esercito Italiano aveva schierato: la I-a e la IV-a Armata attorno al saliente Trentino, nelle Dolomiti, e nel settore Zona Carnia dal Monte Peralba al Monte Canin; la II-a Armata dal Monte Canin al fiume Vipacco, la III-a Armata dal fiume Vipacco al mare. Il piano offensivo (Generale Cadorna) comprendeva: 1) offensiva sul fronte della Giulia (azione principale) per superare la linea dell'Isonzo e raggiungere la linea della Sava, tra Kranj e Lubiana; 2) difensiva strategica sull fronte Trentino (il pericoloso saliente Trentino che si incuneava minaccioso lungo la parte più delicata del settore alpino del fronte), sostenuta da azioni tattiche parziali, intese a migliorare la situazione dell'andamento della linea di confine; 3) offensiva in Cadore e in Carnia ma con azioni secondarie con obiettivi il nodo di Dobbiaco e uno sbocco in Carinzia. Gli obiettivi assegnati alla II-a Armata erano la conquista della conca di Caporetto, della dorsale montuosa Monte Nero, Sleme, Mrzli Vhr in direzione di Oslavia e del Monte Sabotino. Alla III-a Armata vengono assegnati gli obiettivi di Cormons, Monte Medea, la linea Judrio, i ponti di Pieris. Dopo le prime azioni offensive le truppe italiane della III-a Armata superarono l'Isonzo e iniziarono la salita e la conquista del ciglione dell'altopiano del Carso, bloccati nella salita del ciglione a nord nel tratto Bosco Cappuccio-Monte San Michele e a ovest nel tratto Polazzo-Redipuglia-Monte Sei Busi. Iniziarono gli afflussi delle artiglierie a ridosso delle zone di attacco. Ai primi di giugno, vennero occupate Gradisca e Monfalcone. Conclusosi il primo balzo offensivo, il nemico venne poi impegnato, lungo il fronte isontino, in undici battaglie offensive (le “Battaglie dell’Isonzo”) combattute lungo la frontiera orientale italo-austriaca, nei pressi del fiume Isonzo. Obiettivi delle XII Battaglie dell'Isonzo - Le prime sei battaglie ebbero come obiettivi: Tolmino, il Monte Kuk, la zona Oslavia-Podgora, Gorizia, il Monte San Michele e l’altopiano del Carso. La testa di Gorizia era solidamente difesa sulla destra dell'Isonzo dalle posizioni del Monte Sabotino e del Podgora ed era appoggiata alle spalle dalle ben organizzate linee difensive che si saldavano ai capisaldi del Monte Santo, del Monte San Gabriele, del Monte San Marco e del Monte San Michele. La VI-a Battaglia è stata l'unica vera vittoria, viene ricordata come la conquista di Gorizia (oltre che dei monti San Michele e Sabotino). - Le successive tre battaglie (“le tre Spallate autunnali sul Carso”) ebbero come obiettivo: la conquista dell'asse Oppachiasella-Castagnevizza. - La X-a battaglia ebbe come obiettivi: Monte Kuk, Monte Santo, Monte San Gabriele, Monte San Marco e Monte Hermada. - La XI-a battaglia ebbe come obiettivi: la testa di ponte di Tolmino, il Vallone, la Bainsizza, il Monte San Gabriele, Ternova e la valle del Vipacco. La Battaglia della Bainsizza rimane la piu' grande battaglia terrestre mai combattuta sul territorio nazionale italiano (51 divisioni 1.200.000 uomini e 5300 cannoni!). In quella battaglia nacque il corpo degli Arditi la cui prima impresa fu la conquista della cima di Belpoggio e poi l'imprendibile monte San Gabriele. In quella battaglia venne decorato il sottotenente dei mitraglieri Sandro Pertini (futuro presidente della Repubblica Italiana) simpatizzante socialista e attivo neutralista. - La XII-a battaglia: la disfatta di Caporetto! 24 ottobre 1917 La giustizia militare agiva impietosa: Saciletto, paese della bassa cervignanese dove operava un tribunale militare della III-a Armata e nei cui pressi avvenivano le esecuzioni, divenne tra i soldati, per assonanza, “Fuciletto”. Dopo queste battaglie avvengono gravi crisi nei reparti, Ricordiamo i tristi fatti delle rivolte collettive di brigate e reggimenti represse nel sangue con decimazioni e fucilazioni. Questi soldati erano spesso in condizioni pietose dopo lunga permanenza in prima linea sul Carso, molto più di quello che prevedevano le norme e, naturalmente, non avevano goduto dei previsti turni di riposo ne' di licenze, e richiedevano un periodo di cambio in prima linea. Durante la VI-a Battaglia dell''Isonzo fece la comparsa una arma rivoluzionaria: la “Bombarda” una invenzione “tutta italiana” che si rivelo' efficace, era un grosso mortaio da trincea che lanciava proiettili con fortissima carica esplosiva sui reticolati avversari frantumandoli oltre che sconquassare letteralmente le fortificazioni nemiche. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 14 Il Sacrario Militare di Redipuglia, il "Cimitero degli invitti della III-a Armata" “Redipuglia” deriva da un etimo sloveno (leggi “sredi poglia”) che significa: “(localita' che) divide i campi” o “terra di mezzo”. Si accede al Sacrario attraverso un ponte, largo 20 metri e lungo 30, che scavalca la linea ferroviaria per Udine - Trieste, sbarrato da una serie di pilastri in pietra collegati dalla catena dell'ancora che appartenne alla torpediniera «Grado». Oltre la simbolica recinzione si apre un ampio piazzale in leggero declivio, lastricato in pietra del Carso e largo 300 metri; nella parte mediana corre la «Via Eroica» fra 38 lapidi in bronzo (19 per lato), che la delimitano ai due lati e che portano in rilievo i nomi legati ai luoghi piu' significativi del conflitto, alle piu' dure e sanguinose battaglie che segnarono le tappe della tragica guerra sul Carso. Le stele della “Via Eroica” sono cosi’ ordinate: DOSSO FAITI VOLKOVNIAK “ QUOTE 123-126 ” VELIKI KRIBAK “ QUOTE 278-308 ” PECINKA NAD LOGEN BOSCHINI “ QUOTA 124 ” TRINCEA DEI SASSI ROSSI TRINCEA DEI MORTI TRINCEA DEI RAZZI TRINCEA DELLE FRASCHE SAN MICHELE PETEANO SAN MARTINO GROVIGLIO BOSCO TRIANGOLARE BOSCO CAPPUCCIO ALTURE DI POLAZZO HERMADA MEDEAZZA FLONDAR IAMIANO CASTAGNEVIZZA VERSIC SEGETI HUDI LOG NOVA VAS OPACCHIASELLA “ QUOTA 208 SUD ” “ QUOTA 208 NORD ” “ QUOTA 144 ” DEBELI COSICH “ QUOTE 77-85-121 ” MONFALCONE “ QUOTE 12-21-23 ” CAVE DI SELZ “ QUOTE 100-111-118 ” MONTE SEI BUSI Il Sacrario Militare di Redipuglia è il più importante e il piu’ grande sacrario militare italiano ed uno dei più grandi al mondo, visitato ogni anno da centinaia di migliaia di persone. Venne realizzato nel 1938 su progetto dell'architetto Greppi e dello scultore Castiglioni (una testimonianza dell’architettura fascista) per sostituire il precedente Cimitero degli Eroi, che era situato sul vicino colle Sant’ Elia, ospita i resti di 100.000 soldati della III-a Armata caduti sul Carso, di cui 40.000 identificati e 60.000 ignoti. Costruito interamente in marmo chiaro, il monumento si adagia sul versante occidentale alle pendici del Monte Sei Busi duramente conteso tra le due parti perché, malgrado la sua modesta quota (117 m), costituì, nella direttrice per Gorizia e Trieste, il primo gradino ed il primo apprezzabile ostacolo dell'aspro tavolato carsico. L'opera si presenta come uno schieramento militare d'una intera unità di centomila soldati con alla testa i propri Comandanti (alla base la tomba di Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta Comandante della III-a Armata) e ai lati quelle dei suoi generali. La forma del monumento è quella di una gigantesca scalinata in pietra che sale dalla base alla sommità della collina carsica, concludendosi simbolicamente con tre croci. Sui gradoni sono incisi i nomi dei caduti identificati. Le tombe dei centomila Caduti sono sistemate su 22 gradoni, ciascuno largo 12 metri ed alto 2,50, e coronati da un marmoreo architrave con le scritte in rilievo «Presente» ripetute per tutti i gradoni. Ai gradoni si accede mediante due scalinate laterali. Le tombe dei militari noti sono disposte in ordine alfabetico, da sinistra a destra e rivestite da lastre in bronzo con riportati il nome, il grado, le ricompense al valor militare di ciascuno. Sul gradone più elevato, ai lati della Cappella Votiva, sorgono due grandi tombe comuni in cui sono custoditi i Sacri Resti dei 60 mila Caduti Ignoti. Accanto a tanti Soldati, al centro del primo gradone, v'è anche la presenza della Crocerossina Margherita Parodi (morta di “spagnola” un mese dopo la fine della guerra). Il Sacrario rappresenta il simbolo della Grande Guerra, tutti coloro che ebbero a che fare con questa guerra andarono in pellegrinaggio a pregare i propri morti. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 15 L'Osservatorio Sulla cima del Sacrario, dietro l'ultimo gradone dei centomila Caduti, in mezzo alla caratteristica vegetazione carsica, vi è un interessante osservatorio ricavato su un basso torrione circolare in pietra. Dalle frecce scolpite sul parapetto si potevano individuare (oggi la vegetazione non permette più questo spettacolo) le principali località che furono teatro di aspri e sanguinosi combattimenti: Monte Nero, Monte Sabotino, Monte Santo, Monte San Michele, Dosso Faiti, Hermada, Monfalcone, la caratteristica stele monumentale dedicata a Filippo Corridoni. Al centro della terrazza circolare dell'osservatorio, un artistico plastico di bronzo della circostante zona di battaglia riporta le linee italiane ed austro-ungariche alla data del 24 ottobre 1917, prima della ritirata di Caporetto. Il Colle di Sant'Elia Di fronte al Sacrario di Redipuglia (dalla parte opposta della strada statale) si erge il basso Colle Sant’Elia dove venne realizzato il primo cimitero di guerra della III-a Armata. Dopo lo smantellamento del Cimitero e il trasferimento delle Salme nel Sacrario il Colle divenne “Parco della Rimembranza”. Nell’area adiacente al vecchio cimitero è aperto un museo della guerra che ospita un’interessante raccolta di armi, cimeli, fotografie e documenti vari. Il colle fu sede del Cimitero degli Invitti della III-a Armata che venne inaugurato il 24 maggio 1923. Lungo il viale che porta in cima, i gradoni sono affiancati da cippi in pietra carsica che riproducono i cimeli e le epigrafi usate per adornare le tombe del primo sacrario. Sempre sulla sommità del colle al posto della precedente tomba del Duca D'Aosta troviamo una colonna romana che proviene dagli scavi di Aquileia posta a ricordo dei caduti di tutte le guerre. La Crocerossina Margherita Kaiser Parodi L'unica donna, Crocerossina alla quale è dedicata, alla memoria, nel Sacrario di Redipuglia, una grande targa di misura più grande della altre in segno di riconoscimento. Essa è posta al centro del primo gradone, dietro la tomba del Duca d'Aosta. Margherita Kaiser Parodi Orlando (Roma, 16 maggio 1897 – Trieste, 1 dicembre 1918) fu decorata con la medaglia di bronzo al valor militare ed è l'unica donna sepolta al Sacrario Militare di Redipuglia. Durante la guerra, Margherita prese servizio come crocerossina presso la III-a Armata sul fronte orientale. Appena diciottenne, partì con la madre e la sorella Olga per l'Ospedale CRI di Cividale nel Friuli. Nel maggio 1917, si trovò sotto bombardamento nell'ospedale chirurgico mobile n. 2 di Pieris e per questo motivo fu decorata al valor militare con la medaglia di bronzo il 19 maggio 1917, con la seguente motivazione: “Per essere rimasta serena al suo posto a confortare gli infermi affidati alle sue cure, mentre il nemico bombardava la zona dove era situato l'ospedale cui era addetta”. Finita la guerra continuò il suo lavoro a Trieste dove morì di febbre spagnola mentre continuava a curare i soldati feriti nell’ospedale. Nella lapide (una croce alla quale è addossata una veste d'infermiera della Croce Rossa) è riportata la seguente scritta: "A noi, tra bende, fosti di Carità l'Ancella, Morte fra noi ti colse. Resta con noi sorella ". Venne decorata anche con la medaglia d’argento ai Benemeriti della Salute Pubblica. Il virus della “Spagnola” che uccise milioni di persone in tutta Europa venne portato in Europa dalle truppe americane, difusasi in Europa e nel mondo fece piu' vittime della guerra (almeno 20 milioni di morti). La “Spagnola” (venne chiamata cosi' per il fatto che prima a parlarne fu la stampa di Madrid, libera da censure essendo la Spagna neutrale) è stata la piu' grave pandemia della storia, uccise 450.000 americani, 400.000 tedeschi, 375.000 italiani, 150.000 britannici, il prezzo piu' alto lo pago' l'India con 6 milioni di morti. Ritorno sul Carso Giuseppe Ungaretti ritorna sul Monte San Michele nel 1966, ormai anziano appoggiato al suo bastone e con stupore esclamo' “è incredibile questo verde, queste foglie, questa allegria” e lascio' poi scritto: << Ho ripercorso ieri qualche luogo del Carso. Quella pietraia - a quei tempi resa, dalle spalmature bavose di fanga colore di sangue gia' spento, infida a chi, tra l'incrocio fitto delle pallottole, l'attraversava smarrito nella notte – oggi il rigoglio dei fogliami la riveste. E' incredibile, oggi il Carso appare quasi ridente. Pensavo: ecco, il Carso non è piu' un inferno, è il verde della speranza; ecco, pensavo, invita a raccolta chi si propone di diffondere poesia, cioè fede e amore>>. Traversata da Monte San Michele al Sacrario di Redipuglia 16 Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) Racconta Ungaretti: "... un giorno lasciai che fosse data alle stampe la mia prima raccolta di poesie, e la colpa fu tutta di Ettore Serra. A dire il vero, quei foglietti: cartoline in franchigia, margini di vecchi giornali, spazi bianchi di care lettere ricevute sui quali da due anni andavo facendo giorno per giorno il mio esame di coscienza ficcandoli poi alla rinfusa nel tascapane, portandoli a vivere con me nel fango della trincea. Non avevo idea di pubblico, e non avevo voluto la guerra e non partecipavo alla guerra per riscuotere applausi, avevo, ed ho ancora, un rispetto tale d'un così grande sacrifizio com'è la guerra per un popolo, che ogni atto di vanità in simili circostanze mi sarebbe sembrata una profanazione". Di fronte alla morte e alla distruzione degli affetti, la poesia di Ungaretti incanta con la magia dell´intensità della dolcezza. Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria di Egitto perché il padre per lavoro si trasferi' da Lucca in Egitto come operaio per la costruzione del Canale di Suez. Il padre mori' in un incidente di lavoro quando Giuseppe aveva 2 anni e la madre, Maria Lunardini, mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale garantì gli studi al figlio, che si poté iscrivere in una delle più prestigiose scuole di Alessandria, la Svizzera École Suisse Jacot (molto bella la poesia che dedico' a sua madre nel 1930 dopo la sua morte). L'amore per la poesia nacque durante questo periodo scolastico e si intensificò grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana e alle riviste di poesia cui si iscrisse. Si trasferì poi a Parigi per svolgere gli studi universitari. Venuto a contatto con un ambiente artistico internazionale, conobbe Apollinaire, con il quale strinse una solida amicizia, e analoga amicizia strinse anche con Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Picasso, De Chirico, Modigliani, Boccioni, Marinetti e Braque. Amico di Carrà, di Papini e dei vociani, nel 1914, in Versilia, con gli anarchici Pea, Prezzolini, Viani, ebbe i suoi guai con la polizia per aver fatto un versaccio mentre si suonava la Marcia reale. Fu arrestato e finì in galera. Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, Ungaretti partecipò alla campagna interventista, per poi arruolarsi volontario. Il 2 dicembre 1915 entra in forza come soldato semplice al 19° reggimento fanteria della Brescia, una brigata che s´era dissanguata 2.500 soldati e 70 ufficiali sul San Michele, a “Bosco Cappuccio” e a “Bosco Triangolare”. Ungaretti arriva dopo queste ecatombi, e combatté fra “Cima Tre” del San Michele e San Martino fino ad agosto, andando all'attacco in alcune delle piu' cruenti battaglie svolte tra la trincea della Sella di San Martino e le “cime Tre” e “Quattro” del San Michele, dove la brigata si dissangua ma riesce a tenere le posizioni di fronte ai furibondi contrattacchi austriaci. Il 12 settembre la sua brigata ritorna in linea nella VII-a Battaglia dell´Isonzo e anche nelle successive a Castagnevizza dove subisce ancora gravissime perdite. L´esperienza di guerra che distinse Ungaretti da quella degli altri intellettuali interventisti è che egli fece la guerra da soldato semplice. Il fatto che fosse schedato come anarchico in un´Italia in cui gli anarchici uccidevano i re non gli permise di accedere al corso ufficiali. Egli visse con i “soldati fratelli” fuori dalla retorica parolaia e compassionevole degli ufficiali dai letti di lana, quella vita di trincea di frequentazione quotidiana della morte che gli altri artisti e letterati vissero in condizioni privilegiate. A Versa incontrò il Tenente Ettore Serra vero intenditore di poesia che si occupò della stampa del “Porto Sepolto”, primo libro di poesie di Ungaretti stampato a Udine nel dicembre 1916 in 80 esemplari. Queste poesie Ungaretti le scrisse nelle trincee e nei luoghi di riposo della sua brigata: Mariano, Versa, Santa Maria La Longa (dove scrisse la poesia “Mattina”). Il 14 luglio 1918 sempre inquadrato nella sua brigata Brescia venne inviato col contingente italiano in Francia a combattere nella seconda battaglia della Marna. Al Bois de Courton nella ChampagneArdenne scrisse la sua poesia piu' famosa ed efficace per descrivere la condizione umana durante la vita di trincea: “Soldati”. Al termine della guerra il poeta rimase a Parigi come corrispondente del giornale Il Popolo d'Italia, e poii come impiegato all'ufficio stampa dell'ambasciata italiana. Nel 1920 sposò Jeanne Dupoix dalla quale avrà due figli Anna Maria e Antonietto. Nel 1921 si trasferì a Roma e collaborò all'Ufficio stampa del Ministero degli Esteri. Gli anni venti segnarono un cambiamento nella vita privata e culturale del poeta. Aderì in parte al fascismo firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925. In questi anni egli svolse una intensa attività su quotidiani e riviste francesi e italiane. Nel 1928 maturò invece la sua conversione religiosa al cattolicesimo, evidente nell'opera "Sentimento del Tempo". A partire dal 1931 ebbe l'incarico di inviato speciale per La Gazzetta del Popolo. Nel 1936, durante un viaggio in Argentina, gli venne offerta la cattedra di letteratura italiana presso l'Università di San Paolo del Brasile, che Ungaretti accettò; trasferitosi con tutta la famiglia, vi rimarrà fino al 1942 per sfuggire al fascismo, di cui intanto era divenuto oppositore. A San Paolo nel 1939 morirà il figlio Antonietto, all'età di nove anni, per un'appendicite mal curata, lasciando il poeta in uno stato di acuto dolore e d'intensa prostrazione interiore, evidente in molte delle sue poesie prossime e non cesserà più d'accompagnarlo. Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia e venne nominato Accademico d'Italia e «per chiara fama» professore di letteratura moderna e contemporanea presso l'Università di Roma, ruolo che mantenne fino al 1958 e poi, come "fuori ruolo", fino al 1965.