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LA COPPA DI MEZZA ESTATE
di Luca Savi
"Non farti rubare la palla, calciala lontano! Non devi fare brutte figure" penso tra me. Poichè non mi
distinguo per classe ed estro, come sempre sono in difesa. Un conto è contribuire alla spesa per il
campo, un altro è pagare da mangiare e bere. E poi, la coppa è più gustosa se non la pago io.
L'estate è al culmine. Una leggera brezza che a tratti giunge dalle prime propaggini dell'Appennino
addolcisce il clima serale, ma nonostante ciò si suda e correre non agevola. Per fortuna l'età aiuta a
sopportare.
La sfida è quella che si ripete da qualche anno. Ogni tanto c'è chi smette per raggiunti limiti di età, ma
altri subentrano perchè, nel frattempo, l'età minima l'hanno raggiunta. L'incontro s'impone al centro dei
discorsi dal giorno in cui si va a prenotare il campo. Che non è impresa da poco: il luogo dista 7
chilometri, la strada segue il crinale delle colline, ha molte curve e un saliscendi ripido di nuova
formazione, conseguenza delle frane che hanno mutato la fisionomia di molte colline dell'Oltrepo pochi
anni fa, dove un insidioso brecciolino, che rimpiazza l'asfalto dove il terreno ancora si muove, rende
difficile la guida. Solo una forte motivazione ci spinge a percorrere la strada con un ciclomotore durante
le ore più calde della giornata. I pomeriggi trascorrono discutendo la composizione delle 2 squadre, per
evitare squilibri marcati. Si stabilisce il colore delle maglie, per le quali si ricorre al "guardaroba"
personale (mai avremmo pensato di comprarne di nuove! E con quali soldi?). Si ricorda qualche episodio
degli anni passati, si cita qualcuno che si è distinto nel bene e nel male. L'attesa si fa febbrile, le parole si
sprecano durante i pomeriggi passati sdraiati sull'erba, con lo sguardo che vaga per l'intera pianura che
soffre sotto la canicola, mentre noi ci reputiamo, dopotutto, fortunati a goderci il panorama da quel
terrazzo naturale costituito dalla prima collina dopo quasi 80 chilometri di piatto. Gli occhi guardano le
geometrie, variabili nelle dimensioni e nei colori, dei campi coltivati, resi fertili dal Grande Fiume;
risalgono seguendo l'andamento delle colline ricoperte da viti ormai cariche di grappoli che il sole fa
maturare rapidamente. Un mare con dolci onde verdi che montano e ci sorpassano per frangersi molto
più in là, contro gli scogli dell'Appennino.
Entro breve comincerà la vendemmia del bianco e dopo un mese sarà il turno del rosso. Il paese si
riempirà dell'intenso profumo dell'uva pigiata e lungo i muri delle cantine si formeranno cataste di
graspe sulle quali i bimbi si divertiranno a saltare. Ma per ora gli aliti di brezza tiepida che ci sfiorano,
profumano di terra e di piante aromatiche. Gli occhi si perdono in quel paesaggio dai colori che vanno
dal marrone chiaro della terra secca della pianura al verde dei pampini. Tiriamo sera, attendendo quella,
fatidica, dell'incontro e pregustando il nostro "terzo tempo".
La partita si conclude con un risultato che determina chi dovrà pagare mangiare e bere. Torniamo al
paese percorrendo la strada rischiarata dal debole cono di luce dei fanali dei motorini con il profumo di
erba che ci accompagna. Costeggiando il castello entriamo nella posteria dove Carlino e Gigi,
debitamente allertati nei giorni precedenti, ci attendono con vassoi ricolmi di coppa, salame e pancetta
appena affettati, fatti con il maiale da loro stessi macellato e numerose bottiglie di resling frizzante,
fresco di cantina, che ci toglie l'arsura e la polvere dalla gola.
E' veramente un pasto "a chilometro zero" (aver saputo allora la fortuna che avevamo!), ma per noi è
usuale; anche il micòn che accompagna i salumi giunge dal forno del paese vicino e i sottaceti sono
preparati con le verdure dell'orto. Il profumo dei salumi riempie il locale e si confonde con quello del
pane. Il vino giallo e profumato accompagna questo pasto. Ogni tanto si alza una voce: "Porta altro vino
e ancora coppa, quest'anno l'abbiamo vinta noi!" Fuori, la notte è illuminata di lucciole
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