4 - Advice Energy

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4 - Advice Energy
Advice
Energy
knowledge and consulting for power and gas
Rassegna Stampa del
17-03-2015
INDICE
AXOPOWER
16/03/2015 Nuova Energia
Leggo con stupore che ... cè sempre di mezzo la Costante K
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ENERGIA
17/03/2015 Il Sole 24 Ore
Il Wti ai minimi da oltre sei anni
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17/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Piano europeo per evitare il black-out da eclissi
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17/03/2015 La Repubblica - Nazionale
Prezzi in crescita per l'elettricità a febbraio +6,2% rispetto al 2014
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17/03/2015 ItaliaOggi
Elettricità, cresce il prezzo in Borsa a febbraio
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17/03/2015 MF - Nazionale
Il gruppo Eni torna a crescere in Libia ma in borsa paga il taglio alla cedola
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17/03/2015 MF - Nazionale
Guadagnare col petrolio low cost
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16/03/2015 Nuova Energia
The evolving world of ernegy economics
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16/03/2015 Nuova Energia
La fuel costo costo dell`energia e disagio sociale
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AXOPOWER
1 articolo
16/03/2015
Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015
Pag. 34
(diffusione:6500)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Leggo con stupore che ... cè sempre di mezzo la Costante K
Energia il pezzo (Dialogo su Popper e il riscaldamento globale), dove la tesi della non scientificità dei
Rapporti dell'IPCC è sostenuta sulla base di una insufficiente conoscenza in materia (non voglio parlare di
malafede). Evidentemente l'autore non sa che la climatologia è una scienza osservativa, il cui obiettivo è
derivare le leggi che regolano un sistema complesso, non replicabile in un classico esperimento,
dall'osservazione sempre più accurata dei fenomeni che in esso avvengono (è il compito, appunto, dei
Rapporti IPCC, che si sono succeduti dagli Anni 'go a oggi). Non è una definizione mia, ma di due fisici
italiani, il professor Ferdinando Amman dell'Università di Pavia e il professor Lucio Braicovich del Politecnico
di Milano, e risale a qualche decennio or sono. Inoltre, per sminuire il lavoro dell'IPCC si citano, senza fare
distinzione fra i due, il Summary for Policymakers e il Synthesis Report. Ora è noto che del V Rapporto (The
Physical Science Basis), di Leggo con stupore sul numero 612014 di Nuova il primo, scritto in un linguaggio
per non addetti ai lavori, è un riassunto, nel caso del Quinto rapporto di sole ventotto pagine,
necessariamente stringate ed è il risultato di una mediazione politica all'ONU fra i rappresentanti di tutti gli
Stati membri dell'organizzazione. Scientificamente non fa quindi testo. Il Synthesis Report consta di un
centinaio di pagine, dove si sintetizzano, necessariamente in modo stringato, diverse migliaia di pagine, di
cui, sotto il profilo strettamente scientifico, fa testo la prima parte 1.552 pagine, piene di tabelle, diagrammi,
analisi accurate, che si occupa degli aspetti scientifici del cambiamento climatico, ed è frutto del lavoro di 859
scienziati, facenti parte di un apposito gruppo di lavoro, che hanno esaminato g.200 pubblicazioni scientifiche
di ricercatori esterni all'IPCC. La bozza finale è stata sottoposta a una revisione, in due fasi successive, da
parte di esperti esterni e da revisori selezionati dai Paesi membri dell'IPCC. Insomma, un lavoro serio, che
solo chi non ne è al corrente può trattare in modo superficiale e impreciso. Quando poi si fa dell'ironia su
giudizi come estremamente improbabile, molto improbabile, eccetera, ancora una volta si ignora che in un
dettagliato documento del 2010 (Guiàance Note for Lead Authors o/IPCC Ft/tfi Assessment Report on
Consistent Treatment ofUncertainties), l'IPCC precisa come valutare sotto il profilo probabilistico ogni
conclusione di tipo quantitativo e come riportare sinteticamente il risultato acquisito all'interno dei documenti
resi pubblici: si va da virtually certain (probabilità: 99100 per cento) a very likely (go-100 per cento), likely (66100 per cento), about as likely as not (33-66 per cento), unlikely (0-33 per cento), very unlikely (0-10 per
cento), exceptionally unlikely (0-1 per cento). Contrariamente alla vulgata, le considerazioni contenute nei
Rapporti dell'IPCC sono infine ispirate alla massima prudenza. Secondo il Terzo Rapporto, del 2001, la soglia
inferiore della probabilità che il cambiamento climatico fosse provocato dalle attività umane era il 66 per
cento, salita al 90 per cento solo nel 2007 (Quarto Rapporto). Insomma, tutto induce a prendere sul serio le
conclusioni del Quinto rapporto dell'IPCC, là dove definisce virtually certain (cioè con una probabilità tra 99 e
100 per cento, praticamente la certezza matematica) che il cambiamento climatico sia la conseguenza del
nostro modo di produrre e di consumare. Il rapporto riporta anche il dato relativo alla variazione
dell'irraggiamento solare che, secondo una parte dei negazionisti, sarebbe la vera responsabile del
cambiamento climatico: ebbene, pesa meno del 2 per cento. Per arrivare a queste conclusioni, bisogna però
avere letto con attenzione le 1.552 pagine della prima parte del V Rapporto, come detta la deontologia
scientifica. G.B. Zorzoli Cortese Redazione, vi ringrazio, innanzitutto, per l'attenzione che mi presterete con
riferimento a quanto accaduto ad una società (municipalizzata) che, a distanza di oltre tre anni si è vista
recapitare, per conoscenza, da Enel Distribuzione una richiesta di conguagli per svariate decine di migliaia di
euro a causa di errata valorizzazione della costante di trasformazione K (triennio luglio 2011 - luglio 2014). La
predetta richiesta veniva avanzata alle società che, nel triennio, hanno fornito energia elettrica. A seguito di
ricerche sull'argomento, ho avuto modo di leggere e apprezzare l'articolo a firma del dottor Massimo Protti dal
AXOPOWER - Rassegna Stampa 17/03/2015
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16/03/2015
Nuova Energia - ed. N.1 - gen/feb 2015
Pag. 34
(diffusione:6500)
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
titolo Costante K ed errori di trasformazione: l'annoso problema dei conguagli, pubblicato sul numero 212012
di Nuova Energia. Giustamente, il dottor Protti riteneva tale questione annosa e insostenibile, e tale da far
sorgere molte domande sulla possibilità, che alcuni operatori hanno, di poter scaricare tutti i costi generati
dagli errori da loro stessi commessi su altri soggetti della filiera. Inoltre, evidenziava che tale situazione di
disagio era stata segnalata anche all'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas, chiedendo di rivedere le attuali
procedure di gestione degli errori di misura. Vi sarei grato se mi potrete informare su eventuali decisioni nel
frattempo adottate dagli organi competenti. La società municipalizzata, in piena buona fede (i consumi nel
triennio per cui si chiedono conguagli erano perfettamente in linea con quelli precedenti e, pertanto, non
avrebbe potuto accorgersi di alcuna stranezza), nel triennio sopra indicato ha applicato ai propri clienti tariffe
che ora si rivelano incongrue, con perdite economiche praticamente pari ai conguagli richiesti e con il rischio
di dover paralizzare l'obiettivo di migliorare la produttività. Concludo segnalando che Enel Distribuzione, ad
oggi, non ha mostrato alcun interesse alla vicenda, rifiutando la proposta di addivenire ad un componimento
bonario della controversia. Resto in attesa di cortese riscontro e vi ringrazio nuovamente per la disponibilità
Carlo Amoruso, avvocato La questione, come già detto nell'articolo, è sicuramente un caso lampante di
abuso di posizione dominante: chi sbaglia è supertutelato, addirittura su due livelli; chi invece subisce lo
sbaglio è vessato. Entrando nel merito della specifica richiesta di Amoruso, vorrei fare una precisazione.
Quando mi riferisco ai due livelli di supertutela, intendo che il distributore è protetto in primis dal grossista e
poi dal cliente finale. Infatti il primo a doversi fare carico dell'inefficienza del distributore è il grossista, che
avendo di fatto una contabilità costantemente aperta con lo stesso deve fare subito fronte alla richiesta di
pagamento e poi rivalersi sul cliente finale, spesso dopo un contenzioso. Nel mio articolo, ovviamente mi
lamentavo come grossista. Infatti è assolutamente ingiusto che noi che siamo solo dei passacarte siamo
caricati del rischio default del cliente finale, oltre al tema dell'immagine. Infatti quando andiamo a battere
cassa dal cliente finale, per un'inefficienza non nostra, lo stesso ci accomuna col distributore, si arrabbia con
noi, rischiando anche di rovinare un rapporto commerciale (se poi non si finisce in tribunale...). Tornando al
tema default, se infatti nei famosi - e aggiungerei immorali - tre anni di tempo che il distributore ha per
accorgersi dei propri errori, il cliente finale andasse in default, sarebbe il grossista a pagare per poi accollarsi
la perdita, oltre ai costi legali per seguire concordato 0 fallimento. Aggiungo che esimi studi legali ci hanno
confortato dicendo che qualora si verificasse un caso di questo tipo, se il grossista portasse in tribunale il
distributore chiedendo il rimborso della perdita le possibilità di vincere sarebbero altissime. Ma queste sempre
dopo una causa pluriennale. Rispondendo ad Amoruso, posso affermare che per ora, nonostante i grossisti
stiano portando avanti una battaglia per modificare queste regole distorte, nulla è cambiato. Qualora
dovessero anche ottenere soddisfazione, questo non significherebbe automaticamente un risvolto positivo
anche per il cliente finale. Infatti oggi noi stiamo chiedendo di essere esonerati dalla solidarietà col cliente
finale e se questo fosse ottenuto, risolverebbe sicuramente il problema del grossista, ma non quello del
cliente finale e delle brutte sorprese recapitate tre anni dopo per colpe non sue. Massimo Protti Presidente
Axopower
AXOPOWER - Rassegna Stampa 17/03/2015
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ENERGIA
8 articoli
17/03/2015
Il Sole 24 Ore
Pag. 2
(diffusione:334076, tiratura:405061)
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Petrolio. Anche il Brent in forte ribasso - Pesa sulle quotazioni del greggio la prospettiva di un ritorno dell'Iran
sul mercato in caso di accordo sul nucleare
Il Wti ai minimi da oltre sei anni
Sissi Bellomo
LA VARIABILE AMERICANA
Negli Usa la produzione
di shale oil continua
a crescere. Le scorte
sono a livelli che non raggiungevano dagli anni '30
Una vasca col rubinetto dimenticato aperto. Il mercato del petrolio oggi è così e il timore di un "allagamento"
si è appena risvegliato, facendo crollare le quotazioni del Wti ai minimi da oltre sei anni: 42,85 dollari al barile.
Anche il Brent, che era risalito oltre 60 $ in febbraio, sta di nuovo rapidamente perdendo quota: ieri ha chiuso
in ribasso di oltre il 2% a 53,44 $, dopo essere scivolato fino a 52,50 $.
Nell'immensa vasca dei mercati petroliferi non solo nessuno chiude il rubinetto, ma c'è qualcuno che
minaccia di aprirlo ulteriormente. E la domanda - lo scarico, per restare nella metafora - non è ancora così
ampia da permetterlo.
Molti investitori sono stati gettati nel panico dagli sviluppi positivi dei negoziati delle potenze occidentati con
l'Iran. Gli Stati Uniti vorrebbero arrivare a un accordo entro fine mese e da Teheran il ministro del Petrolio
Bijan Zanganeh ha già fatto sapere che l'Iran è pronto a tornare in forze sul mercato: «Se le sanzioni saranno
cancellate possiamo aumentare le nostre esportazioni di un milione di barili al giorno nel giro di pochi mesi».
Molti analisti ritengono che il processo di pacificazione con Teheran sarà molto graduale: difficile che da un
giorno all'altro il suo export, oggi ridotto a 1,2 mbg, possa tornare ai livelli di un tempo. Ma la prospettiva ha
comunque aggiunto un ulteriore elemento ribassista allo scenario, in un momento in cui sul mercato era già
riaffiorato il nervosismo.
Negli Stati Uniti la produzione di shale oil continua a crescere, nonostante le compagnie petrolifere abbiano
annunciato pesanti tagli agli investimenti e nonostante il numero delle trivelle sia quasi dimezzato rispetto al
picco di ottobre. Le scorte americane sono arrivate a livelli che non raggiungevano dagli anni '30 e la
settimana scorsa l'Agenzia internazionale dell'energia ha rilanciato con forza l'allarme sulla possibilità che
ben presto possa non esserci più spazio nei serbatoi di stoccaggio: la vasca potrebbe insomma traboccare, a
meno che Washington non decida di rimuovere il divieto di esportazione di greggio in vigore dagli anni '70,
come chiedono a gran voce le compagnie petrolifere. Anche se questo accadesse, non sarebbe comunque
una panacea. Perché il petrolio Usa resterebbe comunque sul mercato.
Anche l'Opec non sembra intenzionata a fare un passo indietro. Nel suo bollettino mensile l'Organizzazione
ha affermato di prevedere una frenata dello shale oil verso fine anno: una visione più pessimista rispetto a
qualche mese fa, che ha spinto a supporre che il Cartello non taglierà la produzione neppure al vertice di
giugno, per non compromettere i risultati delle politiche adottate finora.
Lo scontento sta comunque crescendo. Dopo Venezuela e Nigeria, adesso è l'Algeria ad aver preso le redini
di una possibile "rivolta" all'interno dell'Opec. Il ministro dell'Energia Youcef Yousfi ha ricevuto il suo omologo
angolano e fatto sapere di aver già steso un'ampia rete di contatti, per cercare di reagire «alla drastica caduta
del prezzo del petrolio, che ha avuto un impatto estremamente negativo sull'economia di tutti i paesi
esportatori, che siano o meno membri dell'Opec».
.@SissiBellomo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nymex, 1^ posizione. $/bbl
ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
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ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
Pag. 2
Il Sole 24 Ore
17/03/2015
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Foto:
PETROLIO WTI
17/03/2015
La Repubblica
Pag. 26
(diffusione:556325, tiratura:710716)
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IL CASO/ SENZA SOLE SPARIRANNO 35MILA MW DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI. TERNA: ESCLUDIAMO
DISAGI
Piano europeo per evitare il black-out da eclissi
LUCA IEZZI
ROMA. C'è chi venerdì mattina tiferà per la pioggia o almeno un cielo coperto. Da quasi un anno Terna e gli
altri gestori di rete elettrica europei si stanno preparando all'eclissi solare del 20 marzo per evitare che
insieme al sole si spengano anche parecchie lampadine. Il mondo è cambiato: nel 1999 quando ci fu un
evento simile, gli impianti fotovoltaici rappresentavano lo 0,1% dell'energiaelettrica prodotta, quota ora cento
volte superiore. Se venerdì il cielo fosse terso, l'oscuramento del sole farebbe sparire circa 30.00035.000 MW
in tutto il continente con conseguente rischio blackout. È come se si spegnessero 30 centrali nucleari.
«Uno dei problemi è la velocità - spiega Pier Francesco Zanuzzi direttore dispacciamento nazionale di
Terna- rispetto ad una normale alba o tramonto, l'illuminazione solare cambierà 4 volte più velocemente». Il
che significa che a fine mattinata l'equivalente delle 30 centrali nucleari rientrerebbe di colpo in linea. La
strategia europea sarà quella di anticipare gli effetti dell'eclissi anziché cercare di compensarli. Innanzitutto gli
operatori di rete hanno stimato quale sarà l'apporto mancante delle rinnovabili in quelle ore. Guida la
Germania (stimata perdita di 17 mila MW) poi l'Italia (7 mila MW), Francia (poco più di 2 mila MW), Belgio e
Spagna (entrambe con circa 1.700 MW). Va ricordato che in situazione normale queste fonti "non
programmabili" hanno la precedenza su tutto il resto, significa che chi usa sole e vento produce sempre al
massimo delle possibilità e le centrali tradizionali vengono chiamatea completare l'offerta. Venerdì sarà meno
vero, proprio perché una centralea gas o a carbone ha bisogno di ore per entrare a regime, saranno chiamate
a produrre prima, anche l'eolico potrebbe essere contingentato in modo da rendere tutto molto più
prevedibile.
L'Italia, ha 19mila Mw installati, al massimo se ne utilizzano 14 mila, durante le ore dell'eclissi (dalla9 alle 13)
non si andrà oltre gli 8000-9000 Mw. È probabile che in questo frangente un po' di energia verde andrà
sprecata in nome della stabilità. «Dopo mesi di studio - sottolinea Zanuzzi - ci sentiamo di escludere
disservizi agli utenti, anche se sarà decisivo il coordinamento in tutta Europa, perché gli effetti saranno diversi
nelle varie zone e nei vari momenti». Un'ulteriore complicazione è data dal fatto che l'oscuramento del sole
sarà più forte (all'80%) in Germania dove sono anche installati il 50% di tuttii pannelli del continente, creando
"un buco" che gli altri Paesi dovranno contribuire a compensare. Domani i tecnici dell'Entso-E, l'Associazione
dei Gestori di rete europei, completeranno le ultime analisi, soprattutto per capire le condizioni meteo. Se
venerdì mattina il cielo fosse coperto la quota da solare dell'offerta giornaliera sarebbe ridotta e quindi "il
buco" da coprire a causa dell'eclissi diventerebbe gestibile. Questo significherebbe rovinare l'evento a milioni
di appassionati, ma almeno darebbe tempo per prepararsi al prossimo appuntamento del 2027.
ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
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17/03/2015
La Repubblica
Pag. 27
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Prezzi in crescita per l'elettricità a febbraio +6,2% rispetto al 2014
ROMA. Dopo più di un anno di ribassi consecutivi torna a crescere il prezzo dell'elettricità. Dal bollettino del
Gestore del mercato elettrico si rileva che il prezzo di Borsa a 54,5 euro di Febbraio è del 6,7% su gennaio
2015 e del 6,2% su febbraio 2014.
Altra novità "storica" arriva dai prezzi di vendita zonali che sono oscillati tra i 52,01 euro/MWh del Sud ed i
55,58 euro/MWh della Sicilia che, per effetto dell'intervento dell'Autorità dell'Energia, quasi azzera lo storico
divario con Nord, Centro e Sud. Finora la pessima interconnessione produceva prezzi medi anche doppi
rispetto al resto d'Italia.
ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L' ENERGIA
17/03/2015
ItaliaOggi
Pag. 20
(diffusione:88538, tiratura:156000)
Cresce il prezzo dell'elettricità in Borsa a febbraio, con un +6,7% su gennaio 2015 e un +6,2% sul febbraio
2014. Il prezzo medio di acquisto, informa la newsletter del Gme, dopo più di un anno di ribassi su base
annua si porta così a 54,50 euro/MWh, con la liquidità del mercato che sale a 66,8%, ai massimi da luglio
2014. Le vendite da impianti a fonte rinnovabile segnano anche a febbraio una battuta d'arresto, con una
essione del 10,5% sullo stesso mese del 2014.
ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Elettricità, cresce il prezzo in Borsa a febbraio
17/03/2015
MF
Pag. 1
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Il gruppo Eni torna a crescere in Libia ma in borsa paga il taglio alla cedola
Angela Zoppo
(Zoppo a pagina 11) Mentre in borsa il titolo (ieri -2,18% a 15,24 euro) continua a scontare il taglio del
dividendo deciso per il 2015 (agli azionisti andranno 80 centesimi per azione), il gruppo Eni ieri ha annunciato
altri due successi esplorativi in Libia e in Indonesia. Il primo fa certamente più rumore perché la situazione nel
Paese nordafricano resta critica per molte compagnie petrolifere a causa del difficile scenario politico. Eni sta
cercando di riportarsi sui livelli produttivi pre-guerra civile e ora si attesta su una media di circa 350 mila barili
al giorno. Attraverso Eni North Africa BV il gruppo è operatore (100%) dell'Area D. Durante il test di
produzione nel prospetto esplorativo offshore di Bahr Essalam Sud il pozzo ha prodotto circa 1 milione di
metri cubi al giorno di gas e oltre 600 barili al giorno di condensati. Si stima che a regime il pozzo possa
erogare oltre 1,5 milioni di metri cubi al giorno di gas e mille barili giornalieri di condensato. La vicinanza con
un impianto Eni, ossia il sito infrastrutturale di Bahr Essalam, potrà accelerarne lo sviluppo. I successi
esplorativi in q u e s t ' a r e a hanno una valenza politica oltre che industriale. Nei piani dell'Eni lo sviluppo
futuro delle risorse di gas naturale libiche «cons e n t i r à d i supportare la crescita dei consumi e
dell'industria domestici, permettendo al Paese di mantenere il ruolo di fornitore strategico per l'Italia e
l'Europa». Nell'Area D si trovano i campi di Wafa e Bahr Essalam, che dal 2004 riforniscono di gas il mercato
domestico e l'Italia attraverso il gasdotto Greenstream. Le forniture di gas di Eni al mercato libico sono
cresciute da circa un miliardo di metri cubi nel 2009 a 4,3 miliardi di metri cubi nel 2014, con il potenziale di
raggiungere i 6,2 miliardi nel 2015. La seconda scoperta annunciata ieri, come accennato, riguarda invece
l'Indonesia, dove Eni ha completato l'attività di perforazione esplorativa sulla scoperta a gas di Merakes 1 nel
blocco offshore East Sepinngan, con un incremento del potenziale delle risorse. Gli studi portano il potenziale
del campo di Merakes a oltre 56 miliardi di metri cubi di gas in posto rispetto alle stime precedenti. A fine
ottobre scorso, infatti, le riserve erano indicate in circa 36 miliardi di metri cubi. A questo punto Eni, che è
operatore con una quota dell'85%, sta considerando la possibilità di sviluppo accelerato della scoperta, grazie
anche alla vicinanza col campo offshore di Jangkrik, a sua volta operato dal gruppo italiano, che dista appena
35 chilometri. Jangkrik è tra gli start up indicati nel piano, con avvio previsto nella prima metà del 2017.
Relativamente vicino al blocco East Sepinggan si trova anche il centro di liquefazione del gas naturale di
Bontang. Eni è presente in Indonesia dal 2001. Attualmente la produzione in quota Eni nel Paese è di circa
17 mila barili di olio equivalente al giorno. L'exploration & production è il pilastro del piano2015-2018
presentato venerdì scorso da Eni alla City di Londra, con un tasso di crescita del 3,5% grazie al contributo dei
16 principali start up produttivi che, insieme ai ramp up programmati, aggiungeranno oltre 650 mila barili di
olio equivalente al giorno al 2018. Ne deriverà un cash flow operativo addizionale di 19 miliardi di euro.
(riproduzione riservata)
ENI
16 dic '14 16 mar '15 Quotazioni in euro 15,2 € -2,18% IERI
Foto: Claudio Descalzi Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/eni
ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
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NUOVI POZZI
17/03/2015
MF
Pag. 25
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Guadagnare col petrolio low cost
Secondo gli esperti, per scoprire dove andrà l'oro nero occorre guardare al dollaro Usa contro quello
canadese e la resistenza a 1,28. Bastano meno di 5 mila euro per operare con un contratto standard
Giuseppe Di Vittorio
Nuovi minimi segnati dal petrolio e nuovi scenari che si aprono all'orizzonte. Quali è presto detto. Intanto in
molti si chiedono se si tratta di una trappola per orsi o se ci verranno effettivamente segnati nuovi record
negativi. Per capirlo gli operatori professionali si avvalgono di adeguate correlazioni, cioè vanno a caccia
delle attività finanziarie che più si muovono all'unisono con l'oro nero. In quest'ambito rientra per esempio la
relazione tra petrolio e tasso di cambio tra dollaro Usa e dollaro canadese (cross usd/ cad). Gli andamenti
delle due grandezze sono speculari, cioè quando il primo scende il secondo tende a salire e viceversa. Ma
come si spiega questa correlazione? Il petrolio è quotato in dollari, quindi quando il biglietto verde si apprezza
i produttori sono disposti a vendere l'oil anche a prezzi più bassi. La correlazione diventa però ancora più
forte quando nella partita entra anche il dollaro canadese. Il Canada è uno dei più importanti produttori di
greggio: un indebolimento del prezzo del petrolio peggiora quindi bilancia commerciale, prospettive di
crescita, inflazione e tassi di interesse del Paese. Gli spunti operativi. Ma, una volta visti i fondamentali relativi
alla correlazione negativa fra petrolio e loonie (definizione in gergo del tasso di cambio usd/cad), occorre
capire quali sono gli spunti operativi che offre in questo momento. Nelle ultime sedute il cross usdcad sta
testando l'importante resistenza a 1,2800 dopo una significativa salita di medio periodo. Allo stesso modo il
petrolio sta puntando sul supporto psicologico a 45 dollari, dopo una congestione sul breve e una tendenza
molto marcata al ribasso sul medio periodo. Sempre in ottica di analisi, il petrolio ha battuto un minimo a
43,58 alla fine del mese di gennaio. Da un punto di vista operativo, se il loonie (usd/ cad) dovesse superare
1,2800 di slancio, il petrolio ha buone chance di portarsi al di sotto dei 45 dollari al barile. Quanto agli stop
loss, quota 1,25 per il cambio usd/cad e i 50 dollari al barile sono le due soglie che se violate, rispettivamente
verso il basso e verso l'alto, costringerebbero a rivedere le posizioni opposte. Le ragioni fondamentali. Il trend
ribassista è alimentato da due importanti fattori sul piano dei fondamentali, e cioè l'aumento molto consistente
delle scorte e la caduta del dollaro americano. Il primo è determinato dal calo della domanda cinese, in
quanto il Paese non ha più i ritmi di crescita degli anni passati, e dalla nuova tecnica di estrazione del petrolio
dalla roccia, il cosiddetto fracking, che nelle scorse settimane ha fatto registrare i massimi produttivi degli
ultimi 80 anni. L'investimento nel petrolio non passa solo attraverso i future perché esistono valide alternative
come gli etp a leva. Sul petrolio esistono due contratti, il brent e il Wti. Il contratto più vulnerabile al ribasso al
momento è il Wti perché più esposto alla concorrenza del fracking. Quanto ai margini, per poter operare sul
petrolio esistono due tipi di contratti. Il primo è la versione online mini, il secondo è quella standard. Nel primo
caso i margini in media sono pari a 2.500 euro, mentre nel secondo si sale a valori nettamente superiori, pari
a 4.800 euro. È evidente che anche i tick sono nettamente diversi. Nel primo caso la variazione minima di
prezzo, pari a 0,0025, vale 12,50 dollari, nel secondo 0,01 che vale 10 dollari. Chi va in controtendenza.
Nonostante la caduta del prezzo del petrolio degli ultimi mesi, in realtà c'è ancora chi sta comprando, spinti
dall'ipervenduto ma anche da altre motivazioni. Una di queste è che i prezzi sono scivolati troppo in basso
rispetto alle necessità di conto economico di alcuni Paesi, procurando loro delle perdite. Sulle scrivanie di
premier e ministri delle finanze di mezzo mondo campeggiano monitor con le ultime quotazioni del petrolio: la
finalità non è il trading, ma l'impostazione del bilancio dell'anno. Molti Paesi hanno entrate fiscali
indissolubilmente legate al prezzo del greggio e ai corsi attuali i conti saltano. Più in dettaglio, secondo una
ricerca targata Fitch e Market Data Group, ai prezzi attuali del Brent (56,53 dollari) molti dei Paesi produttori
sarebbero fuori mercato. Di indiscrezioni del genere ne erano già circolate, ma il pregio di questa ricerca è di
fissare una volta per tutte i punti di pareggio per ciascun Paese. Il risultato è sconcertante: al momento solo
due paesi, e cioè il Kuwait e la Norvegia, stanno producendo con un margine positivo. Il primo molto risicato,
ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ECCO LE RAGIONI DI RIBASSISTI E RIALZISTI SUL FUTURO DEL GREGGIO, ORA SUI MINIMI
17/03/2015
MF
Pag. 25
(diffusione:104189, tiratura:173386)
ENERGIA - Rassegna Stampa 17/03/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
il secondo più significativo. La Norvegia ha un punto di pareggio poco sopra i 35 dollari, mentre il Kuwait è
poco sopra i 50. Sul fronte opposto, il Paese in condizioni più drammatiche risulta la Libia. Grazie a questa
analisi si comprendono anche i guasti geopolitici in corso nel Paese. Il punto di pareggio per la Libia è a 180
dollari. Fuori in maniera significativa sono anche Iran e Algeria con break even a 125 dollari. Per Nigeria,
Arabia Saudita, e Venezuela occorrerebbe invece una quotazione del greggio sopra i 100 dollari. La ricerca
fa emergere quindi un elemento di novità che vede il punto di pareggio per l'Arabia Saudita sopra i 100
dollari; qualcuno parlava di valori molto più bassi. E lo stesso vale per la Russia che sotto 100 dollari è già
fuori budget. Interessante in quest'ottica è capire anche il peso delle entrate fiscali derivanti dal petrolio sul
totale del gettito tributario. Il 90% del gettito in Iraq è legato al petrolio, e lo stesso vale per il Bahrain. Algeria,
Arabia Saudita, Oman, Kuwait e più in generale tutti i Paesi del Golfo sono invece vicini all'80%, mentre
Quatar, Russia, Venezuela e Kazakistan scendono intorno al 50%. (riproduzione riservata)
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The evolving world of ernegy economics
Cecilia Camporeale e Ugo Farinelli
Lo scorso ottobre l'Associazione Italiana Economisti dell'Energia ha ospitato a Roma il congresso
internazionale della IAEE, l'International Association for Energy Economics (vedi Nuova Energia 6 12014).
Questo prestigioso appuntamento si è svolto a due soli anni di distanza dal precedente, che era andato in
scena a Venezia nel 2012. Un confronto tra le memorie scientifiche presentate nelle due occasioni (304 a
Venezia e 374 a Roma) ha confermato come il mondo dell'energia sia in rapida e profonda evoluzione; con
qualche sorpresa davvero inaspettata! Prima di tutto si segnala una minore attenzione nei confronti delle
singole tecnologie (prese come elemento di riferimento della discussione) in favore di un approccio più
olistico. Altro elemento interessante riguarda le fonti fossili non convenzionali. Sebbene rappresentino, per
larga parte degli addetti ai lavori, la vera novità degli ultimi anni, nell'agenda di Roma hanno avuto meno
spazio di quanto ci si potesse attendere. Scetticismo sugli effettivi margini di sviluppo? Realismo sulle
opportunità di diffusione, per lo meno in Europa, per le possibili opposizioni in ambito locale e i timori di
impatto ambientale? Comunque sia, tra i presenti al simposio di Roma sembra aver prevalso la posizione:
Stiamo alla finestra e poi si vedrà. La geopolitica si conferma un tema di assoluto rilievo. Il vecchio concetto
di Stati canaglia sembra comunque essere superato, e si ampliano le zone ritenute ad alto tasso di influenza
(almeno potenziale): Paesi MENA, l'area del Caspio, alcune nazioni del Centro Africa... Sul carbone le
posizioni restano aperte. La necessità di contenere le emissioni di anidride carbonica è tenuta in grande e
crescente considerazione. Ma i due principali utilizzatori europei, la Germania e la Gran Bretagna, non
sembrano voler rinunciare a questa opzione e spingono quindi nella direzione della carbon capture and
Storage. Su questo aspetto Roma non è stata comunque in grado di lanciare un messaggio incoraggiante:
l'attuale sviluppo tecnologico non è tale da poter garantire il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla road
map sulla CCS per il 2030. In netto calo appaiono le quotazioni dell'energianucleare: a Roma ci sono state
solo due presentazioni rispetto alle otto di Venezia. Al contrario, le fonti rinnovabili continuano ad animare il
dibattito. Anche per questo tema, però, si rileva un significativo cambio di orizzonte tra l'approccio di Venezia
e quello di Roma. Nel 2012 ancora ci si domandava se fosse possibile concepire dei sistemi elettrici
alimentati da grandi quantitativi di energie rinnovabili non programmabili. Oggi abbiamo la risposta: sì, è
possibile ed esistono già esempi concreti di realizzazione. La questione si sposta, dunque, da se a come.
Restando in tema, va segnalato lo spazio decisamente maggiore dedicato alle rinnovabili elettriche rispetto a
quelle termiche, la netta prevalenza dell'eolico e del fotovoltaico, il modesto entusiasmo espresso nei
confronti del geotermico, la marginale attenzione dedicata alle biomasse. Grande rilevanza, naturalmente, è
stata destinata all'efficienza energetica in ambito industriale e nell'edilizia. E qui valgono le stesse notazioni
fatte all'inizio di questo commento: più che sulle singole tecnologie, Roma ha acceso i riflettori su aspetti
generali e di sistema (il quadro regolatorio e degli incentivi). Infine, i trasporti. Si tratta di un settore strategico,
in Europa responsabile di circa il 30 per cento della domanda complessiva di energia. La Conferenza di
Roma ne ha parlato, ma probabilmente la questione meriterebbe maggiore attenzione. Inoltre, spesso,
quando si affronta il tema si tende a indugiare su singoli aspetti molto specifici (ad esempio, i sistemi di carica
delle batterie dei veicoli elettrici), perdendo un po' di vista il quadro generale e i macro problemi. A
comparison of thè papers presented at thè IAEE European Conferences of Venice (2012) and Rome (2014)
indicates in a strict sense thè evolution of thè interests and thè priorities of thè European energy economists,
but also - in a broader way - thè changes of thè world energy situation. In order to make such a comparison
we have considered ali thè contributed papers approved in thè peer review for presentation in thè concurrent
sessions; thè overall numbers are pretty similar (80 concurrent sessions both in Venice and in Rome; 304
papers presented in Venice versus 374 in Rome). First of ali, a very generai impression concerns thè
decreasing role of technological issues in thè discussion. The originai break-down of thè subject matters in
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these IAEE European Conferences followed closely a classifìcation by technology (e.g. fossil fuel vs.
renewable energy, PV versus wind, silicon versus multi-junction, etcetera) and then considered thè
instruments (incentives, regulations, etcetera) necessary to open thè way to thè desired technologies. The
classifìcation by technology has widely disappeared, replaced by a more holistic approach or by a
classifìcation by type of instrument. This shift away from a technologic approach is in our opinion positive, in
that it diversifies thè IAEE Conferences from other events where thè technological approach is more in order,
and it corresponds more closely to thè approach generally followed by energy economists. There is of course
thè awareness that fossil fuels dominate thè energy market, and they will continue to do so in thè next two or
three decades. However, thè single most relevant change in thè last years at thè world level has been thè
rapid and widely unforeseen role taken up by unconventional fossil fuels, shale oil and gas in particular.
These new developments have widely changed some of thè tenets on security of supply and on competitive
markets, with huge consequences on thè import dependence of thè United States in particular, on thè verge
of turning from net energy importer to net exporter. Who reasonably expected this new development to be
adequately reflected in thè agenda of thè Rome meeting may remain unappeased. Apart from thè overall
increase in unconventional hydrocarbon resources duly taken into account in world-wide scenarios, such as
those developed by international agencies and multinational corporations, very few papers dealt with thè
specific role of these new energy sources in Europe. Pessimism about their perspectives? Or realism about
thè more fragile environmental conditions and even more thè widespread public opposition met in thè first
approaches and evidenced specifically for instance in France and in Poland? Whichever thè reasons, for thè
time being, thè prevailing attitude seems to be one of wait-and-see. Geopolitics of course remains of great
importance and of increasing difficulty. The attention is now shifting to thè MENA (Middle East and North
Africa) countries, to thè Caspian region, to some Central Africa situations. Even thè old-time concept of rogne
countries is more blurred (think of Iran or Syria) and fmer distinctions become essential (in listening in to
some of thè very instructive lectures delivered at thè Roma conference one wonders whether a degree in
theology is more relevant to procure oil and gas than one in geology)Within fossil fuels, oil is losing some of
its centrality. Gas prices are less linked to oil prices, and tend to obey their own rules. Market analyses
(mostly following classical economie approaches but some employing novel approaches) continue to be
carried out at various scales. Liquefied naturai gas (LNG) is now part of thè picture, including its direct
utilisation in final energy uses for some applications. The position of coal is somewhat ambiguous. The
necessity of reducing greenhouse gas (GHG) emissions is taken very seriously by ali European countries, thè
most common response being thè substitution of some GTCC power plants for coal plants. However, thè two
larger energy consumers in thè EU, Germany and thè UK, also envisage a greater role for coal, coupled with
carbon capture and Storage (CCS). However, thè evolution of thè CCS technology in Europe, as appeared in
thè Rome meeting (as already before, in thè Venice meeting, one concurrent session devoted to CCS in
each) does not seem to respect thè roadmap which would be required to make this solution widely available
and not prohibitively expensive by 2035-2030. The set of demonstrations that was considered necessary for
such a solution appears to lag behind and for several options not to have moved thè flrst step. One might
suspect that where coal-based electricity produetion is really going to proceed on a very large scale - i.e. in
thè emerging economies like China, India or Indonesia - there appears to be no special hurry to introduce
CCS, while thè market for efficient and clean (except for CO2) power plants is extremely attractive. Further
declining appears thè interest for nuclear power (eight papers in Venice, only two in Rome). Huge delays and
increasing prices affect thè few nuclear power stations whose construetion is stili planned or on-going in
Europe (not counting Russia). Here, too, some potential for new nuclear power is seen in emerging
economies and even in developing countries. But this potential market does not seem to be overly advertised
in our events, possibly in response to negative public attitudes or in connection with proliferation
preoccupations. Renewable energy sources (RES) for electricity produetion, seen in their systems aspeets,
provided thè single most important subject of discussion for thè Rome meeting, much beyond their impact in
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thè Venice event. This perhaps requires some words of comment. The main question, not yet fully answered
at thè time of thè Venice conference was - is it possible to have a sizeable and consistent share of electricity
produced in a country starting from RES and in particular from non-programmable energy sources, such as
solar or wind? Now we have an answer, it is possible and it has been done. It is expensive, it may not be
desirable and it certainly is not easy: nevertheless it can be done and it has been done. Even recent studies
concluded that it would not be feasible to use (partly) unpredictable RES in excess of io per cent; while field
experience has shown much higher shares (20 per cent or even more) and cases have been reported of
large-scale systems being fed for some consisterà time by RES only. No technological breakthrough is
required, but an intelligent combination of reinforcement of transmission and distribution lines, some electricity
Storage (or Storage of other forms of energy), a smart management of distributed electricity production and
consumption (thè presumere). A consistent share of thè papers presented tried to explain thè results that
have been obtained, many others explored possible ways of further improvement. When specific RES were
mentioned, thè most common case concerned wind energy, followed by solar photovoltaics. Little enthusiasm
was gathered for geothermal energy, and very little attention was devoted to thè applications of biomass (but
here there may be a partial explanation in thè large international congress on this subject held in Hamburg a
few weeks before thè Rome IAEE Conference). Relatively less interest was expressed in thè subject of
thermal applications of RES. Even if heat production by solar collectors or by burning biomass is in many
cases closer to economie competition than electricity production (or just because of that?), these applications
appear less trendy or appealing. Energy efflciency in industry and in buildings was explored in a number of
papers. As was thè case for thè energy supply, and as we discussed at thè beginning, less attention was
devoted to thè different technologies for energy saving, and more to thè instruments employed, such as
comparisons of thè results obtained by regulatory instruments vis-à-vis incentives, tax reductions, eteetera.
Adequate, client-friendly fmancial instruments are indicated as priorities in industriai and buildings energy
saving; training and adequate infrastructures are receiving due attention. As indicated by thè EC directives,
public buildings are seen as an occasion for testing, demonstration and show-casing of demand-side
management interventions. Much of this activity can be found in thè initiatives stemming from thè Covencmt
of Mayors, thè engagement of several thousand cities in a number of co-ordinated energy saving projeets
dating back to Agenda 21, but just now fully flourishing. One of thè positive results of this initiative is that
systems aspeets are often taken into consideration in projeets that span beyond energy aspeets alone. We
have not mentioned so far thè energy uses in transportation. This sector of final energy utilisation would in our
opinion deserve more attention than it has received until now in our Conferences, if one considers that in
Europe transport accounts for about 30 per cent of energy consumption, that this sector is often thè only one
in which energy use is increasing, and that transport is not flexible in terms of primary energy utilisation,
relying today nearly entirely on oil produets. The Rome Conference included two concurrent sessions devoted
to energy in transport, one dealing with increasing fuel economy in transport and thè other with electric and
hybrid vehicles. It is interesting to note that thè aspect of main interest concerning electric vehicles was thè
role that charging batteries could have on electricity dentaria, creating an important opportunity for energy
Storage and of flexibility in thè electricity demand side: a most interesting consideration, but somewhat
marginai in terms of transport. The substitution of new fuels for petroleum derivatives, or thè development of
new transport systems for passengers and/ or goods remain mostly under- or nonexplored. The investigation
of thè links between energy availability, energy prices and economie development is a subject which is
punctually revisited at each major energy economics conference and this was thè case also for thè Rome
meeting. However, interesting as thè new points of view may be, there seems to be a gap between theoretical
considerations and thè reality of thè economie crisis. The transition to a green economy of which thè new
energy paradigm should be a fundamental building block remains mostly as an inviting catchword with little
content so far. More concrete is thè investigation on thè access to energy in developing countries (a subject
only skirted in our European conferences) or on energy poverty, which is present in many sectors of
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industrialised countries and was discussed in a session in Rome.
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La fuel costo costo dell` energia e disagio sociale
Serena Rugiero* e Giuseppe Travaglini
Nella prolungata fase di recessione economica che l'Italia attraversa da oltre un decennio tendono ad
allargarsi le disuguaglianze del reddito e della ricchezza che da sempre caratterizzano il nostro tessuto
economico e sociale. Si affermano inoltre inedite forme di povertà. Le statistiche ufficiali testimoniano la
caduta del PIL procapite, della produttività e dell'occupazione. Ed è questo quadro che fa da sfondo al
preoccupante aggravarsi del fenomeno della povertà e del disagio sociale. Oggi, quasi due milioni di famiglie
italiane, per un totale di circa cinque milioni di persone, risultano essere in condizioni di povertà assoluta, e
tre milioni e mezzo di famiglie, pari a quasi dieci milioni di individui, in povertà relativa. Secondo l'ISTAT il
29,2 per cento della popolazione (con un incremento percentuale rispetto al passato senza precedenti) è
oramai a rischio di povertà ed esclusione sociale. Per queste famiglie è difficile potersi assicurare un pasto
adeguato ogni due giorni, riscaldare in maniera adeguata l'abitazione e pagare le bollette di energia e gas.
Con il perdurare della crisi economica si assiste, da una parte, al riacutizzarsi delle vecchie povertà, con un
riflusso verso lo stato di povertà tradizionale dei ceti sociali che ne erano fuoriusciti nei decenni precedenti e
di individui - attivi nel mercato del lavoro e qualificati che in passato non versavano in questa condizione
(nuovi poveri tradizionali). Dall'altro, si registra una trasformazione della natura stessa della povertà con
l'affermarsi di nuove forme di disagio economico e sociale tipiche delle economie avanzate, che rendono il
fenomeno della povertà sempre più difficile da analizzare e da contrastare con le tradizionali politiche di
intervento. Tra queste inedite forme di povertà sta diventando sempre più rilevante la cosiddetta fuel poverty,
ossia la povertà energetica causata dalla difficoltà per i singoli individui e per le famiglie di accedere alle fonti
di energia per usufruire dei servizi essenziali come il riscaldamento adeguato del proprio appartamento, la
possibilità di cucinare i cibi e il funzionamento ordinario degli elettrodomestici di base. Riguardando
principalmente le spese associate all'abitazione, la fuel poverty riflette maggiormente la condizione di povertà
in termini di qualità della vita e di spese che incidono sul disagio economico. In linea con la definizione
adottata dal Regno Unito, Paese che già da anni è impegnato nella misurazione del fenomeno della fuel
poverty e nell'individuazione degli opportuni strumenti di contrasto, si possono considerare nello stato di
povertà energetica tutte quelle famiglie che spendono più del io per cento del proprio reddito per poter
consumare energia. La fuel poverty colpisce le fasce di popolazione più deboli (pensionati, lavoratori precari,
cassaintegrati, giovani disoccupati, famiglie monoreddito) e le aree territoriali più svantaggiate come il
Mezzogiorno. Perciò, la povertà energetica è un fenomeno con caratteristiche multidimensionali che non si
esaurisce nel solo confronto tra i livelli di reddito e tra diseguaglianze nel consumo, ma dipende anche da
variabili geografiche e strutturali, come l'inefficienza energetica del patrimonio abitativo, la collocazione
dell'abitazione (nel Nord o Sud del Paese) e le corrispondenti differenze climatiche. La multidimensionalità del
disagio richiede, pertanto, politiche d'intervento integrate. In questa prospettiva, assumono un ruolo di primo
piano le politiche di salvaguardia delle fasce deboli della popolazione. Tuttavia, assumono anche rilievo gli
interventi volti ad abbassare i costi medi dell'energia, attraverso il rafforzamento e la creazione di mercati
energetici concorrenziali, e quelli finalizzati a ridurre la spesa energetica delle famiglie, innalzando il grado di
efficienza energetica degli edifici. Misura, quest'ultima, che consente di agire sulle cause del fenomeno
(abbattendo il fabbisogno energetico dei consumatori con bassi redditi), oltre che di diminuire il peso del
settore edile sulle emissioni e di creare nuova occupazione legata ai greenjob. I numeri In Italia, secondo
l'Autorità per l'energia, il gas e il sistema idrico, sono quasi cinque milioni le famiglie in stato di fuel poverty,
vale, a dire che avrebbero diritto al bonus per l'energiaelettrica e il gas che è concesso alle famiglie in stato di
disagio economico (2,9 milioni le famiglie potenzialmente interessate dal bonus elettricità e 2,3 quelle che
potrebbero ottenerlo per il gas). Secondo l'indagine condotta dall'Authority (2013), la platea dei potenziali
beneficiari del bonus elettrico e gas ha un reddito netto equivalente medio pari al 40 per cento della media
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nazionale; tra queste famiglie oltre il 70 per cento è a rischio di povertà, e il 40 per cento in stato di povertà
assoluta. Le maggiori difficoltà delle persone in stato di povertà energetica nascono dal non poter riscaldare
adeguatamente l'abitazione, pagare gli affitti, i mutui e le utenze domestiche, fare fronte a spese impreviste
(anche al di sotto dei 200 euro). Per queste famiglie, l'incidenza delle spese per energiaelettrica sul reddito è
più che doppia rispetto alla totalità delle famiglie sul territorio nazionale, mentre l'incidenza della spesa per
gas è del 60 per cento più alta. In Italia, lo strumento principale per contrastare il fenomeno della fuel poverty
è il bonus energiaelettrica e gas che consiste in uno sconto praticato alla platea di famiglie in stato di disagio
economico stimato attraverso il valore dell'indice ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente). I
fondi stanziati per il periodo dal 2008 al 2012 (le somme confluite nei conti della Cassa Conguaglio per il
Settore Elettrico - CCSE) utilizzati per il pagamento dei bonus elettrico e gas e per il funzionamento del
sistema ammontano a poco più di 1 miliardo di euro. Tuttavia, l'aiuto alle famiglie attraverso i bonus non ha
sortito i risultati sperati, poiché l'entità complessiva dei bonus elettrico e gas erogati ai clienti finali, nello
stesso periodo 2008-2012, è stata pari a 554,9 milioni di euro; dunque solo la metà (circa) dell'entità
complessiva del bonus è stata erogata alla platea delle potenziali famiglie aventi diritto. In pratica, solo il 34
per cento degli aventi diritto al bonus elettrico e il 27 per cento degli aventi diritto al bonus gas ne hanno
effettivamente goduto. Inoltre, molte delle famiglie che nel corso degli ultimi cinque anni hanno almeno una
volta ottenuto il bonus per elettricità e/o gas hanno deciso di non rinnovare la richiesta. Perché il bonus non
ha funzionato? Il mancato successo del bonus sembrerebbe quindi derivare non dalla mancanza di fondi a
disposizione, ma dalla mancanza di richieste, pur in un periodo di crisi economica come questo. Un'analisi in
profondità mette in luce i motivi di fondo di questo insuccesso nella effettiva erogazione del sussidio. Su
questi è necessario intervenire, per non penalizzare l'esercizio di un diritto riconosciuto. In primo luogo, si
tratta di una procedura di richiesta ed erogazione estremamente complessa che vede operare insieme
soggetti pubblici e privati - i Comuni, i Caf, le Asl, i distributori di energiaelettrica e gas, i venditori, l'Inps, le
Poste italiane - con conseguenti elevati costi di gestione del sistema dei bonus. Influiscono poi una scarsa
informazione a favore dei cittadini-consumatori e il limitato valore del bonus (il 20 per cento della spesa media
per l'elettricità e il 15 per cento per il gas). Un recente studio dell'Associazione Bruno Trentin per il nostro
Paese (2014) propone, dunque, una serie di misure correttive di questo importante strumento a tutela delle
famiglie vulnerabili. Il primo passo è quello di intervenire sulle procedure, per rendere più snello il processo di
richiesta dei bonus e ridurre i costi di gestione attraverso la semplificazione del complesso iter amministrativo;
occorre poi allargare la platea degli aventi diritto a una fascia di popolazione che attualmente, secondo i dati
ISTAT, rientra comunque nel gruppo della popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale, in modo da
garantire a tutte le famiglie che sono in stato di povertà energetica di usufruire dei servizi essenziali elettricità
e gas. Si dovrebbe inoltre valutare l'opportunità di ampliare il valore economico del bonus che è attualmente
insufficiente, senza che questo però comporti un ulteriore aggravio per i cittadini. A tal fine l'Associazione
Bruno Trentin propone di semplificare le procedure di domanda e di rivedere le fasce ISEE di reddito
istituendo una ulteriore fascia da 7.500 a 10 mila euro, con uno sconto differenziato rispetto alla prima fascia
e istituendo un meccanismo di rivalutazione automatica annuale delle soglie minime applicabili. Si avanza
anche l'ipotesi di aumentare fino a tre volte il costo del finanziamento in bolletta, senza eccessivo aggravio
per l'utente medio, che dovrebbe sostenere sull'intero anno una spesa non superiore ai due euro per
l'elettricità (tabelle 1 e 2) e a cinque euro per il gas. Appare altresì opportuna l'estensione del bonus anche
alle utenze che impiegano gas diversi da quello naturale distribuito sulle reti urbane e gli utenti del servizio di
teleriscaldamento, ora esclusi. In ultimo, come sostenuto anche dall'Autorità, si suggerisce di effettuare il
calcolo del bonus al lordo delle imposte, invece che al netto come accade attualmente, cosa che
consentirebbe una rivalutazione dell'ammontare del bonus del 15 per cento per la bolletta elettrica e del 30
per cento per il bonus del gas. L'insieme di questi interventi potrebbe facilitare l'accesso ai servizi essenziali
di elettricità e gas da parte delle famiglie in difficoltà rafforzando uno dei principali strumenti di contrasto al
disagio economico e sociale e all'esigenza di protezione. In thè advanced economies is in act a worsening of
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thè traditional forms of poverty and thè development of new forms of poverty. Among these thè fuel poverty thè difficulty of households to keep adequately warm and to pay electric and gas bills at reasonable cost - is
one of thè most important and difficult to monitor from national agencies. In Italy, thè main policy instrument to
contrast fuel poverty is thè Bonus energia e gas granted from government to families in economie distress.
The Associatione Bruno Trentin, has recently edited a report on fuel poverty in Italy. In that work it proposes
some measures to contrast this phenomenon in order to help families that are currently in fuel poverty. The
financial strengthening of bonus, thè simplification of thè bureaucratic process, thè reinforcement of
information campaigns, thè revision of thè ISEE income and thè enlargement of thè audience of potential
households, are thè main instruments identified to fuel poverty. ** docente di Economia politica all'Università
degli Studi di Urbino "Carlo Bo" *coordinatrice dell'Osservatorio Energia e Innovazione dell'Associazione
Bruno Trentin -ABT
Ricerca e formazione nel segno di Bruno Trentin Ricerca e formazione sono i due compiti fondamentali
che guidano l'attività della Associazione Bruno Trentin (ABT) che si richiama alla figura dell'omonimo
sindacalista e uomo politico scomparso nel 2007, leader Fiom e CGIL nonché deputato e parlamentare
europeo. L'associazione, nata dalla recente fusione di ABT, Ires e ISF, non esaurisce la sua mission nel
campo della ricerca e della formazione estendendola anche a "politiche economiche, sociali, istituzionali e
culturali, all'evoluzione sociale e demografica, all'analisi della crescita economica e ai temi del lavoro, del
fisco, della cultura". Una realtà, quindi, assimilabile ad Istituti utilizzati dalle maggiori organizzazioni sindacali
europee, da associazioni imprenditoriali nonché da alcuni centri di ricerca che fanno riferimento alla sinistra
italiana. La nuova associazione ideata dalla CGIL pone al centro della sua attenzione le tematiche del lavoro,
dell'economia e del welfare. Intende sviluppare proposte e indagini di merito sui grandi temi del Paese,
promuovendo anche conferenze pubbliche e seminari intemi di approfondimento e riflessione da organizzare
in collaborazione con tutte le strutture della Confederazione. Obiettivo dell'Associazione, entrare a pieno titolo
nei grandi percorsi di ricerca e di formazione europea. Bruno Trentin
Si possono considerare nello stato di povertà energetica tutte quelle famiglie che spendono più del 10 per
cento del proprio reddito per poter consumare energia
La fuel costo dell'energia e disagio sociale
In Italia, secondo l'Autorità per l'energia, sono quasi cinque milioni le famiglie che avrebbero diritto al bonus
per l'energiaelettrica e il gas che è concesso a soggetti in stato di disagio economico
II primo passo è quello di intervenire sulle procedure, per rendere più snello il processo di richiesta dei bonus
e ridurre i costi di gestione attraverso la semplificazione del complesso iter amministra tivo
Il bonus elettrico Componenti nucleo familiare Famiglie di 1-2 componenti Famiglie di 3-4 componenti
Famiglie di oltre 4 componenti Famiglie di 5 componenti "II limite ISEE è per tutti i nuclei familiari di 7.500
euro, elevato a 20.000 euro nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti 4 0 più figli fiscalmente a carico
(condizione di famiglia numerosa) Componenti nucleo familiare Livello ISEE proposto Importo bonus
proposto € Famiglie di 1 o 2 componenti Famiglie fino a 3 componenti Famiglie di 4 componenti Famiglie di 5
componenti Famiglie di 6 componenti e oltre Proposta di miglioramento del bonus elettrico Tabella 2