L`OSSERVATORE ROMANO

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L`OSSERVATORE ROMANO
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 91 (47.226)
Città del Vaticano
giovedì 21 aprile 2016
.
All’udienza generale l’appello per l’Ucraina e l’invito a partecipare alla colletta di domenica prossima
In fase di attuazione l’accordo tra Bruxelles e Ankara
Conflitto dimenticato
L’Ue chiede tutele
per i rifugiati non siriani
Il Papa ricorda anche la tragedia di Chernobyl e prega per l’Ecuador colpito dal terremoto
Le conseguenze del conflitto armato
in Ucraina, «dimenticato da tanti»,
ma anche la tragedia nucleare di
Chernobyl che trent’anni fa ha colpito lo stesso Paese e il terremoto
che nei giorni scorsi ha devastato
l’Ecuador: all’udienza generale di
mercoledì 20 aprile Papa Francesco
ha parlato delle situazioni drammati-
che vissute da due popoli in Europa
e in America latina.
Per gli ucraini, in particolare, il
Pontefice ha indetto una colletta che
si terrà domenica 24. «Ringrazio in
anticipo quanti contribuiranno generosamente» ha detto rilanciando
l’iniziativa che coincide anche con il
trentesimo anniversario del disastro
di Chernobyl. Per questo Francesco
ha voluto pregare per le vittime,
esprimendo «riconoscenza ai soccorritori» e a quanti hanno «cercato di
alleviare le sofferenze e i danni» provocati dall’esplosione della centrale
atomica. E una preghiera, nella sua
lingua natale, il Papa ha elevato anche nel saluto ai fedeli della Spagna
e dell’America latina per esprimere
«ai nostri fratelli» ecuadoriani «la
nostra vicinanza in questo momento
di dolore» provocato dalle conseguenze di un terribile sisma.
In precedenza, proseguendo le riflessioni sul tema del giubileo lette
alla luce del vangelo, il Pontefice
aveva commentato il brano di Luca
(7, 36-50) che racconta della cena a
casa di Simone il fariseo, per sottolineare come le lacrime della donna
peccatrice che si getta ai piedi di
Gesù le ottengano il perdono.
Per il Papa nella narrazione evangelica «risalta il confronto tra le due
figure»: mentre il fariseo «giudica
gli altri in base alle apparenze» e
«non concepisce che Gesù si lasci
“contaminare” dai peccatori», considerati quasi come «lebbrosi», la
donna «con i suoi gesti esprime con
sincerità il suo cuore» e «si affida
pienamente» a Gesù.
Da una parte, dunque, c’è «l’ipocrisia del dottore della legge»,
dall’altra «la sincerità, l’umiltà e la
fede della donna». E tra i due il Signore «si schiera con quest’ultima»:
«libero da pregiudizi che impediscono alla misericordia di esprimersi»,
egli «la lascia fare» e «si lascia toccare da lei senza temere di esserne
contaminato».
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Per le violazioni della tregua in Siria
A rischio i negoziati di Ginevra
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GINEVRA, 20. Nuovi raid aerei delle
forze di Damasco nella provincia di
Idlib, nel nord-ovest della Siria,
mettono sempre più a rischio la prosecuzione dei negoziati di pace indiretti a Ginevra. Riad Hijab, l’ex primo ministro siriano ora coordinatore
della delegazione delle opposizioni,
l’Alto comitato negoziale (Hnc), ha
confermato ieri che questa coalizione
non parteciperà più agli incontri
“formali”, lasciando nella città svizzera solo una delegazione “tecnica”.
Intanto, l’Osservatorio nazionale
per i diritti umani in Siria (Ondus)
ha detto che sono almeno 44 i civili,
tra cui tre bambini, uccisi ieri nei
due raid aerei governativi nella provincia di Idlib. Uno a Maarrat Numaan, che ha provocato 37 morti, e
uno nella località di Kafar Nubol,
con sette vittime. In precedenza altri
attivisti sul terreno avevano detto
che a Maarrat Numaan il raid aveva
colpito un mercato ortofrutticolo affollato di persone. Nuovi colpi di
mortaio sparati da zone del nord
della Siria controllate dal cosiddetto
Stato islamico (Is) hanno raggiunto
la provincia sudorientale turca di
confine di Kilis, colpendo un edificio, che è andato a fuoco, e provocando feriti. Lunedì scorso altre cinque persone erano morte in un attacco analogo sulla stessa zona.
I membri di rango più elevato
dell’Alto comitato negoziale, che
rappresenta la maggior parte delle
forze di opposizione, hanno cominciato a lasciare Ginevra ventiquattro
ore dopo aver deciso di sospendere
la partecipazione formale ai colloqui,
in segno di protesta contro le crescenti violazioni del cessate il fuoco
e le restrizioni ai soccorsi di emergenza. Alcuni delegati rimarranno
per garantire comunque una presenza alle riunioni di lavoro dedicate al-
Nell’ultimo film di Julian Jarrold
Il potere
incontra il popolo
EMILIO RANZATO
A PAGINA
5
le questioni umanitarie e alla sorte
dei prigionieri, oltre che per mantenere i contatti con l’inviato speciale
delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, e con il suo staff: non nella sede ufficiale delle trattative, ma soltanto nell’hotel presso il quale alloggiano. Ma l’inviato speciale del-
l’Onu ha tenuto a precisare che i negoziati sarebbero continuati e che
solo venerdì si sarebbe «fatto il
punto».
La Russia ha reagito tramite il suo
ambasciatore presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, Alexiei
Borodavkin, secondo il quale «la so-
Bomba colpisce la città turca di Hit al confine con la Siria e spesso bersaglio dei jihadisti (Afp)
spensione della partecipazione ai negoziati è la prova che all’interno
dell’opposizione hanno vinto gli
estremisti». Ma i negoziati di Ginevra per cercare una soluzione alla
crisi siriana non sono congelati nonostante la maggiore coalizione
dell’opposizione abbia deciso di non
partecipare più agli incontri: lo ha
dichiarato ieri sera il ministro degli
Esteri russo, Serghiei Lavrov, precisando che Staffan de Mistura continua a incontrare i rappresentanti
delle delegazioni del Governo di
Damasco e dell’opposizione.
Dopo il colloquio telefonico tra
Obama e Putin, avvenuto ieri, la
Casa Bianca ha comunicato che la
cornice di dialogo resta aperta anche
se i colloqui di pace saranno posticipati. Lo ha detto ieri sera il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest,
nel suo briefing quotidiano. L’Amministrazione Obama, ha aggiunto,
continuerà anche a fare pressione su
tutte le parti perché sia rispettata la
tregua.
Migrante tra i binari nella stazione vicino al campo greco di Idomeni (Ap)
BRUXELLES, 20. Progressi nell’attuazione dell’accordo tra Ue e Turchia sui migranti ci sono ma resta
la questione delle tutele a profughi
anche non siriani e il nodo dei visti. È quanto emerge, dopo il colloquio a Strasburgo tra il presidente della Commissione Juncker e il
primo ministro turco Davutoğlu,
nella nota sull’avanzamento dell’accordo pubblicata dall’esecutivo europeo. Viene ribadita la necessità
di riconoscere le stesse tutele dei siriani anche ai profughi di altre nazionalità.
Un elemento essenziale per procedere con i rimpatri delle migliaia
di persone in attesa nei centri delle
isole greche dell’Egeo. Il punto era
risultato già una questione spinosa
durante le trattative, prima dell’intesa a marzo. Ora Bruxelles si
aspetta, e lo scrive nella nota, che
Ankara metta in pratica quanto ha
firmato. Per il momento la Turchia
ha comunicato il cambiamento della sua legislazione con l’aggiunta
di garanzie per i profughi siriani.
Per le altre nazionalità resta una
certa incognita.
Intanto, i greci dovrebbero, entro pochi giorni, finire di trattare le
prime richieste, con appello compreso, di profughi siriani da riaccompagnare in Turchia. Parliamo
delle domande giudicate inammissibili. Si darebbe così il via all’applicazione del cosiddetto schema
“uno a uno” alla base dell’accordo,
cioè per ogni profugo siriano entrato illegalmente in Ue e riaccompagnato in Turchia, uno in attesa
nei campi profughi viene reinsediato in Ue. Dall’entrata in vigore
dell’accordo, sono solo due i profu-
L’esortazione «Amoris laetitia»
Segno chiaro di misericordia
di ALBERTO SUÁREZ INDA
bbiamo accolto con gratitudine l’esortazione di Papa Francesco sull’amore nella
famiglia, riconoscendo lo sforzo di darci
con prontezza la sua parola che è vero magistero. Si tratta di un ampio documento dove il
Pontefice raccoglie le conclusioni dei due sinodi
celebrati nel 2014 e 2015. In entrambe le assemblee, noi vescovi partecipanti abbiamo potuto
parlare della situazione delle famiglie nel mondo
attuale, allargare il nostro sguardo e ravvivare la
nostra consapevolezza sull’importanza del matrimonio e della famiglia (cfr. Amoris laetitia, n. 2).
Il Papa ha ascoltato attentamente le preoccupazioni e i suggerimenti dei padri sinodali e ora
offre a tutta la Chiesa questo prezioso testo con
il quale desidera orientare la riflessione, il dialogo, l’azione pastorale, e offrire incoraggiamento
e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà (cfr. n. 4).
A
Nell’anno giubilare della misericordia, questa
proposta appare molto opportuna perché le famiglie cristiane valorizzino i doni di Dio e mantengano «un amore forte e pieno di valori quali
la generosità, l’impegno, la fedeltà e la pazienza». Incoraggia pure tutti noi a offrire con la
nostra vicinanza un segno chiaro di misericordia
«lì dove la vita familiare non si realizza perfettamente o non si svolge con pace e gioia» (n. 5).
In una delle sue catechesi dello scorso anno,
il Papa ha affermato che la famiglia «è stata
sempre l’ospedale più vicino», dove si curano le
ferite, si affrontano i mali e si applica la medicina preventiva per salvaguardare la vita umana e
cristiana dei suoi membri. Nessuno può negare
che oggi in molte famiglie si soffre e vi è bisogno, a volte con urgenza, di cure e di una terapia adeguata.
Tutta la vita della famiglia è «un pascolo misericordioso», dove «ognuno è un pescatore di
uomini che nel nome di Gesù getta le reti verso
gli altri, o un contadino che lavora in quella terra fresca che sono i suoi cari, stimolando il meglio di loro» (n. 322).
Sarà molto utile diffondere questa esortazione
post-sinodale affinché le famiglie e noi agenti di
pastorale ci impegniamo a curare con amore
questo tesoro di Dio. «Le famiglie più che un
problema sono un’opportunità», perché in esse
si manifesta il mistero di Dio che è amore ed è lì
che si imparano e si esercitano le virtù che ci
possono portare alla santità.
L’assimilazione di questo insegnamento pontificio richiederà pazienza nello studio e non se
ne raccomanda una lettura generale e frettolosa,
poiché vi vengono affrontati molti temi diversi e
fondamentali. Concludendo con una bella preghiera alla santa Famiglia, il Papa ci invita a
confidare nella forza della preghiera, nella grazia
del Signore e nell’intercessione della Vergine
Maria e del suo sposo san Giuseppe, perché «la
famiglia che prega unita rimane unita».
ghi siriani riaccompagnati dalla
Grecia, su base volontaria. E sono
in tutto 96 i rifugiati reinsediati in
Europa, mentre a marzo l’agenzia
Frontex, per il coordinamento del
controllo delle frontiere europee, fa
sapere di aver rimpatriato 325 migranti dalla Grecia.
C’è poi il braccio di ferro tra
Unione europea e Turchia sulla liberalizzazione dei visti. L’accordo
fissa l’esenzione per i cittadini turchi che vogliano entrare in Europa
a partire da giugno, a patto però
che Ankara soddisfi tutti i requisiti
previsti. La prossima relazione, che
dovrebbe essere decisiva, è prevista
per l’8 maggio, ma Davutoğlu ha
ribadito che se non c’è il via libera
alla esenzione dei visti, Ankara è
intenzionata a far saltare tutto. Ricordiamo che il presidente turco
Erdoğan ha promesso da tempo ai
suoi elettori la sospensione dei visti. Da parte sua, il presidente della
Commissione Juncker, dopo il faccia a faccia con il primo ministro
turco, si limita a negare che ci siano toni ostili. Il nodo resta. E forse
in qualche modo ha a che fare con
la polemica tra Turchia e Germania. Il Governo di Berlino fa sapere di essere preoccupato per il divieto d’ingresso in Turchia al giornalista tedesco della tv pubblica
Swr Volker Schwenk, respinto
all’aeroporto di Istanbul. In casa
europea, si guarda al consiglio dei
ministri della Giustizia e degli Affari interni di giovedì a Lussemburgo, dove il ministro ungherese,
Pinter, arriverà con il piano in dieci
punti denominato “Schengen 2.0”,
meglio noto come il piano di Orbán. Il primo ministro ungherese,
infatti, lo ha già illustrato, nei suoi
dieci punti, in una lettera alla
Commissione e al Consiglio Ue. In
sostanza, punta tutto sul rafforzamento delle frontiere esterne, supporta l’iniziativa delle guardie di
frontiera Ue, ma boccia qualsiasi
meccanismo di ricollocamento.
Al di là di strategie e vertici,
guardando alla Siria, le organizzazioni umanitarie denunciano condizioni sempre più allarmanti per i
100.000 rifugiati intrappolati tra le
zone di conflitto e il confine turco.
Corsa alle nomination
Trump e Clinton
vincono a New York
All’Onu sessione sulla droga
Una lotta
sempre più difficile
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L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
giovedì 21 aprile 2016
L’Assemblea generale dell’Onu
al Palazzo di Vetro di New York
Tappa fondamentale nella corsa alle nomination per la Casa Bianca
Trump e Clinton
vincono a New York
NEW YORK, 20. Trionfo di Donald
Trump e netta affermazione di Hillary Clinton. Lo Stato di New York,
nelle sue primarie in vista dell’elezione alla Casa Bianca, sul fronte repubblicano premia il discusso
tycoon con il 60 per cento dei consensi e decine di punti di distacco
sul governatore dell’Ohio John Kasich e il senatore Ted Cruz. Sul fronte
democratico, promuove l’ex segretario di Stato con il 57 per cento dei
voti, contro il 42 per cento di Sanders. A chiusura delle urne, i media
parlavano di testa a testa ma l’illusione per il senatore del Vermont è
durata poco. Ha registrato piuttosto
una sconfitta pesante, visto il numero di delegati in palio, ma Sanders
ritiene ancora di avere una chance
per la vittoria.
Il magnate newyorchese Trump
festeggia nella sua Trump Tower nella Fifth Avenue e ribadisce la sua linea sostenendo che le aziende americane vanno all’estero, gli immigrati
illegali sono spesso trattati meglio
dei veterani, e che l’Obamacare, la
riforma sanitaria, sarebbe un disastro. All’Hotel Sheraton di Times
Square, festeggia con i suoi Hillary
Clinton, affermando che gente come
Trump e Cruz spinge verso un’America divisa e francamente pericolosa.
Promette di abbattere le barriere
piuttosto che costruire muri.
Dopo le prime dichiarazioni di
vittoria e di accuse all’avversario, in
realtà, i due vincitori nella Grande
Mela continuano i loro discorsi ormai da candidati alla presidenza,
cioè come se ormai fosse scontata la
rispettiva nomination.
Per Trump è un successo anche
superiore alle stime della vigilia, che
gli consente di conquistare quasi tutti i 95 delegati in palio, avvicinandosi alla soglia di 1.237 rappresentanti
che renderebbe automatica la sua
nomination. E punta la sua attenzione sui temi dell’economia e della disoccupazione, in vista dell’appuntamento elettorale nei prossimi grandi
Stati, come la Pennsylvania e il New
Jersey. Al di là dei numeri, comunque decisivi, la vittoria colpisce anche perché inverte una tendenza
che sembrava essersi imposta nelle
ultime settimane, con le vittorie di
Ted Cruz in Wisconsin, Colorado,
Wyoming e la percezione che la
campagna di Trump conoscesse le
prime incrinature. Anche se sembra
proprio che dietro le quinte del partito repubblicano in tanti continuino a sognare che un candidato finora rimasto fuori dalla corsa venga
incoronato alla Convention di Cleveland. Per far questo bisognerebbe
evitare che Trump arrivi alla quota
di delegati che blinda la nomination. I media statunitensi parlano di
strane regole del partito rispolverate
per portare via a Trump delegati
negli Stati dove ha vinto il voto popolare.
Anche l’ex segretario di Stato,
Clinton, sembra usare toni da candidata alla Casa Bianca. Dopo le
accuse agli sfidanti repubblicani, si
rivolge ai sostenitori di Bernie Sanders, affermando che «sono più le
cose che uniscono di quelle che di-
vidono», e chiedendo di ricompattare il partito e puntare insieme alle
elezioni nazionali di novembre, senza continuare a danneggiarsi. Il
successo della ex first lady è stato
un po’ meno netto di quello di
Trump, ma altrettanto significativo,
perché ha fermato la serie di vittorie
inanellate nelle ultime settimane dal
suo sfidante, riprendendo il ruolo
della favorita. Per batterla il senatore del Vermont dovrebbe vincere le
prossime primarie con distacchi intorno al 15 o il 20 per cento. Sembrano risultati improbabili visti i
numeri ottenuti finora. Da sottolineare quanto nel voto di New York
Hillary abbia dimostrato di saper riconquistare il voto femminile, oltre
a quello delle minoranze. Resta da
dire della campagna elettorale
straordinariamente
appassionata
condotta a New York. In particolare, gli analisti sottolineano che il senatore socialista Sanders è riuscito
ad accendere entusiasmi tra i giovani che non si vedevano dai tempi di
Barack Obama nel 2008.
All’Onu sessione straordinaria sulla droga
Una lotta
sempre più difficile
NEW YORK, 20. La lotta contro il
traffico e l’abuso di droghe richiede
ogni anno finanziamenti per 1000
miliardi di dollari. Nel complesso, il
mercato degli stupefacenti nel mondo produce affari annui per almeno
300 miliardi: è il secondo mercato
più ricco del mondo. Per fare un bilancio e tracciare le linee di una
nuova strategia di attacco si è aperta
ieri alle Nazioni Unite una sessione
Almeno centocinquantamila bambini colpiti
Si aggrava il bilancio del sisma in Ecuador
QUITO, 20. Continua ad aggravarsi
il bilancio delle vittime del devastante terremoto di magnitudo 7,8
della scala Richter che ha colpito
la costa pacifica dell’Ecuador tra
sabato e domenica, come ha reso
noto il Governo ecuadoriano.
Si contano almeno cinquecento
morti, più di duemila feriti, duecentotrentuno dispersi, e danni per
circa 3.000 milioni di dollari, stando ai dati del ministero coordinatore della sicurezza. Il presidente
dell’Ecuador, Rafael Correa, ha affermato che «sarà necessaria una
lunga battaglia» per riportare il
Paese alla normalità.
Secondo l’Unicef, almeno centocinquantamila bambini sono stati
colpiti dal sisma. Grant Leaity,
La morte
di Patricio Aylwin
primo presidente
del dopo Pinochet
SANTIAGO, 20. È morto, all’età di
novantasette anni, l’ex presidente cileno Patricio Aylwin, che guidò la
transizione alla democrazia dopo diciassette anni di dittatura militare di
Augusto Pinochet. Difatti fu il primo presidente eletto democraticamente nel suo Paese. Fra i fondatori
del Partito democratico cristiano, deputato, senatore, divenne leader della coalizione dell’opposizione al regime «la Concertatión de Partidos
por la democracia» — unione di centrosinistra formatasi intorno a socialisti e democristiani — obbligando
Pinochet, nel 1988, a convocare elezioni che poi vinse diventando, l’11
marzo del 1990, presidente. Una carica che mantenne fino al 1994.
Fra le sue prime azioni come capo
di Stato, l’istituzione della Commissione nazionale per la verità e la riconciliazione per fare luce sulle gravi
violazioni dei diritti civili avvenute
durante il regime, sui 3.500 desaparecidos o uccisi e sulle 35 mila persone vittime di torture o altri abusi. Il
presidente cileno, Michelle Bachelet,
annunciando il funerale di Stato e
tre giorni di lutto nazionale, ha dichiarato che «il Cile ha perso un
grande esponente democratico, un
uomo che sapeva sempre come anteporre l’unità alle divergenze e che ha
reso possibile la ricostruzione di un
Paese democratico».
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Soccorritori in azione tra le macerie del terremoto (Reuters)
Dagli Stati Uniti
timori sulla Brexit
LONDRA, 20. Alla vigilia dell’arrivo a Londra, giovedì sera, di
Obama, otto ex segretari al Tesoro statunitensi definiscono
«rischiosa» l’eventuale uscita
della Gran Bretagna dall’Ue. In
una lettera aperta al Times,
spiegano che un eventuale voto
a favore della Brexit, nel referendum del 23 giugno, può «rimettere in questione il ruolo di
Londra come ventre della finanza mondiale». Cento parlamentari britannici euroscettici parlano di ingerenza di Washington.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Parigi proporrà
l’estensione dello stato d’emergenza
PARIGI, 20. Il Governo francese
proporrà al Parlamento di prolungare di due mesi lo stato d’emergenza, instaurato dopo gli attentati
del 13 novembre a Parigi, per coprire il periodo in cui si svolgeranno il campionato europeo di calcio,
Euro/2016, e il Tour de France. Lo
ha reso noto ieri il premier Manuel
Valls. Lo stato d’emergenza era già
stato prolungato di tre mesi a febbraio, fino al 26 maggio. Il Governo vuole ora estenderlo fino al 26
luglio. «Proporremo di estenderlo
per altri due mesi, dalla fine di
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caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
rappresentante Unicef in Ecuador,
ha dichiarato che in questa corsa
contro il tempo «dobbiamo proteggere questi bambini da malattie
e altri rischi comuni in questo tipo
di emergenze». L’Unicef — le cui
squadre sono presenti a Pedernales
e Esmeraldas, due delle aree più
colpite — si è detta preoccupata in
particolare per la salute, l’acqua e
le condizioni igienico-sanitarie nelle aree costiere, già considerate zone di contagio per zika, dengue,
malaria e chikungunya.
Il ministro degli Affari esteri,
Guillaume Long, ha detto che in
questi giorni sono arrivati nel Paese rinforzi e specialisti da Venezuela, Colombia, Perú, Messico, Cuba, Bolivia, Cile, Svizzera e Spagna. Il network dell’Oxfam, che si
sta coordinando con la Croce rossa
dell’Ecuador, ha inviato il primo
carico di aiuti, che partirà da Madrid. Nel frattempo l’Unione europea ha annunciato che attiverà il
suo meccanismo di protezione civile per aiutare l’Ecuador.
Intanto i soccorritori proseguono gli intensi lavori di ricerca dei
sopravvissuti, resi ancora più difficili dalle colate di fango. Dopo ore
di scavi un gruppo di pompieri di
Quito, inviati nella provincia di
Manabi, la più colpita, è riuscito a
ritrovare e trarre in salvo tre persone ancora in vita in mezzo alle macerie in Tarqui, quartiere della città
di Manta.
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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maggio, in considerazione della minaccia» ha reso noto il premier
Valls. E, intanto, sempre in tema di
terrorismo, quasi con la maggioranza assoluta il Senato statunitense
ha approvato oggi una legge che
prevede maggiore sicurezza negli
scali per scongiurare il rischio di
attentati terroristici. Tra le misure
previste, l’uso di squadre con agenti sotto copertura e maggiori fondi
per addestrare persone in caso di
sparatorie. Saranno rafforzati anche
i controlli sul personale che ha accesso a zone di sicurezza.
Segreteria di redazione
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
straordinaria dell’Assemblea generale. Una tre giorni di discussioni sul
«problema mondiale della droga»
(si chiuderà il 21 aprile) per arrivare
a una risoluzione che possa cambiare l’assetto della lotta agli abusi
puntando sempre di più sul sociale
e sulla prevenzione sanitaria.
Il testo della risoluzione — in base alle anticipazioni diffuse da «Le
Monde» — propone infatti «misure
che puntino a ridurre al minimo le
conseguenze nefaste dell’abuso di
droga sulla sanità pubblica e sulla
società». Espressioni che — commenta il quotidiano francese — fanno capire non solo come la lotta
all’abuso di droghe sia molto cambiata negli ultimi decenni, ma anche
come sia necessario ormai un cambio di passo. La politica nixoniana
della “tolleranza zero” basata sulla
repressione totale e l’utopia di un
“mondo senza droga” hanno fallito:
negli ultimi decenni il consumo e il
traffico si sono diversificati, sono
aumentati e hanno invaso nuovi ter-
ritori. A confermarlo è stato anche
un rapporto della London School
of Economics, nel 2004, secondo cui
«la strategia mondiale delle Nazioni
Unite per arrivare a un “mondo
senza droga” ha fallito. Perseguire
questo scopo irraggiungibile si è rivelato dannoso per la sicurezza degli uomini e per lo sviluppo socioeconomico». Ed è stata la rivista
«The Lancet», lo scorso marzo, a
confermare questo amaro bilancio:
la “tolleranza zero” ha causato gravi
crisi dei sistemi sanitari pubblici —
la diffusione dell’Hiv e delle malattie legate a esso — e non ha affatto
fermato il traffico.
Che dunque sia necessaria una
nuova strategia è sotto gli occhi di
tutti. Il grosso problema — ed è
questo il nodo della sessione straordinaria all’Onu — è capire quali
strategie alternative possano e debbano essere messe in campo. Già
molti Paesi, come il Canada o
l’Uruguay, hanno scelto la strada
della legalizzazione della produzione, della distribuzione e del consumo di cannabis, e in Messico il presidente Enrique Peña Nieto ha aperto un dibattito su questa possibilità.
In Europa, il Portogallo ha depenalizzato l’uso di cannabis e molti altri
Paesi hanno scelto strade alternative
per la prevenzione. La Francia ha
fatto sapere di essere favorevole a
una “politica dei piccoli passi” che
sia al contempo prudente e pragmatica, che dia giusto peso alla repressione, alla cura e alla prevenzione,
soprattutto guardando alle nuove
generazioni.
Secondo gli esperti, se la risoluzione Onu cambierà veramente le
carte in tavola, questo dipende soprattutto da come verrà accolta e
realizzata dai Paesi membri.
Il cardinale Parolin nel novantesimo di Unidroit
Passa dal diritto
la difesa dei più deboli
La difesa dei più deboli in vista di
uno sviluppo che sia sostenibile,
aperto e condiviso, nel nome di una
giustizia non meramente economica.
Questa la fondamentale missione di
Unidroit (International Institute for
the Unification of Private Law), come ha sottolineato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, intervenendo mercoledì mattina, 20
aprile, a una sessione speciale
dell’Assemblea generale dell’istituto
in occasione del novantesimo anniversario della sua fondazione.
Nella sua storia l’Unidroit ha realizzato importanti strumenti giuridici in grado di unificare il diritto privato su scala internazionale. «A nome della Santa Sede — ha detto il
cardinale — vorrei salutare la nobiltà
di questo progetto che avvicina, in
un’opera comune, Paesi di tutti i
continenti, rappresentanti di sistemi
giuridici, economici e politici, nonché di tradizioni culturali la cui diversità costituisce una ricchezza ed è
propizia a un approfondimento della riflessione comune». A partire
dalla sua fondazione nel 1926,
l’Unidroit è stato anche un importante canale del dialogo politico internazionale nel nome di soluzioni
votate al rispetto della persona
umana. Tra i frutti più importanti di
questo lavoro — ha spiegato Parolin
— ci sono le numerose convenzioni
adottate, tra cui soprattutto la Convenzione per una legislazione uniforme nel commercio internazionale
«il cui impatto nel panorama giuridico contemporaneo e la cui influenza hanno certamente facilitato
gli scambi internazionali, il rafforzamento della sicurezza giuridica, così
come la costruzione e il consolidamento dei sistemi di diritto naziona-
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
li, in particolare nelle economie
emergenti e nelle regioni in via di
sviluppo».
Un altro importante risultato indicato dal cardinale è stato lo sforzo
dell’Istituto per la protezione e la
conservazione dei beni culturali,
«che rappresentano un considerevole patrimonio per tutta l’umanità e
costituiscono un segno visibile della
cultura che resta la base essenziale
di tutta la civiltà».
Questo immenso lavoro per la
cultura e il dialogo dimostra l’apertura di vedute e di spirito che caratterizza l’Unidroit, sottolineando
«l’attenzione portata alla parte più
debole, alla protezione dei meno avvantaggiati o delle persone che sono
nel bisogno, come lo straniero, il
migrante, l’apolide, affinché le soluzioni, formulate o da formulare,
tendano davvero verso questa giustizia sociale che è ancora troppo ostacolata da ciechi giochi economici».
E per sottolineare ancora meglio
questa vocazione, il cardinale ha voluto ricordare non solo l’appello di
Pio XII nel 1950 per la protezione
delle persone, dei loro diritti innati
e per la semplificazione giuridica,
ma anche le parole di Paolo VI nella
Populorum progressio in vista di «uno
sviluppo solidale dell’umanità che
costituisce il nuovo nome della Pace». Desidero — ha concluso Parolin
citando la Laudato si’ di Papa Francesco — «rendere un vibrante omaggio a tutta l’opera di Unidroit» e
reiterare «questo appello a rinnovare instancabilmente tutti i mezzi a
nostra disposizione per diffondere
nel mondo intero questo messaggio
universale di pace, di armonia e di
concordia».
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L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 21 aprile 2016
pagina 3
Sanzioni statunitensi per chi minaccia la sicurezza e la stabilità della Libia
Slitta il voto di fiducia
al Parlamento di Tobruk
Obama in Arabia Saudita
Washington
rafforza il dialogo
con Riad
RIAD, 20. Politica estera, petrolio,
nucleare e lotta al terrorismo globale: questi i nodi cruciali della
visita, oggi, del presidente statunitense, Barack Obama, in Arabia
Saudita, dove incontrerà Re Salman, prima tappa di un tour che
lo vedrà nei prossimi giorni a
Londra e a Berlino.
L’attuale situazione dei prezzi
petroliferi è senza dubbio la questione che più sta a cuore ai due
Paesi. Il calo costante e prolungato dei prezzi del petrolio ha minato
la
capacità
dell’alleato
dell’America nel Golfo persico a
reagire alle crisi. La visita di Obama arriva a pochi giorni di distanza dal fallimento del vertice di
Doha che doveva trovare un accordo tra i massimi Paesi esportatori per congelare la produzione e
impedire un ulteriore calo dei
prezzi. A far naufragare le trattative è stato — dicono gli esperti —
soprattutto il nodo iraniano. Riad
ha posto una condizione chiara:
nessun freno alla produzione, se
Teheran non fa altrettanto. A
Doha tuttavia non c’erano rappresentanti di Teheran, che in precedenza aveva comunque chiarito,
senza possibilità di equivoci, che
non avrebbe collaborato. Il ministro Bijan Zanganeh aveva addirittura definito «ridicola» la possibilità di un congelamento della produzione.
L’altro grande tema sul tavolo
dell’incontro tra Obama e Re Salman è il dossier nucleare. Anche
in questo caso, c’è di mezzo l'Iran
e la contrapposizione sciiti-sunniti
che segna oggi tutto il Medio e
Vicino oriente. Gli accordi di
Vienna sono stati molto criticati
dalla monarchia saudita, che più
volte ha chiesto a Washington un
maggiore monitoraggio delle attività di Teheran.
Il terzo grande tema riguarda
invece la situazione in Siria, dove
Riad è un alleato chiave di Washington. In questo caso, il nodo
principale riguarda il futuro del
presidente siriano Assad e il rapporto con Mosca, che vuole farlo
partecipare alla futura transizione
politica. Riad da tempo contesta
la legittimità del presidente Assad
e si è detta pronta a inviare truppe di terra per contrastare l’avanzata del cosiddetto Stato islamico
(Is). Ma l’Arabia Saudita può essere anche un importante alleato
in vista di un rafforzamento del
dialogo tra Washington e l’Egitto
di Al Sisi, con il quale Riad ha di
recente siglato importanti accordi.
Kerry e Zarif
s’incontrano
a New York
WASHINGTON, 20. Incontro a porte chiuse ieri all’Onu tra il segretario di Stato americano, John
Kerry, e il ministro degli Esteri
iraniano, Mohammad Javad Zarif
dopo che Teheran ha chiesto agli
Stati Uniti di rispettare lo storico
accordo sul nucleare e allentare le
sanzioni. I due si sono stretti la
mano, stando ciascuno davanti alla bandiera dell’altro Paese, prima
di iniziare un colloquio che proseguirà anche venerdì, come ha reso
noto lo stesso Kerry. L’obiettivo,
ha spiegato il segretario di Stato
americano, è attuare l’accordo come concordato in origine. Zarif,
dal canto suo, ha riferito di aver
discusso con Kerry per essere sicuro che l’Iran ottenga i benefici
previsti, in particolare nella cooperazione bancaria.
TRIPOLI, 20. L’inviato dell’Onu per
la Libia, Martin Kobler, ha lasciato
Tobruk, nell’est del Paese nordafricano, dopo il mancato voto di fiducia della Camera dei rappresentanti
(il Parlamento libico riconosciuto
dalla comunità internazionale) al
Governo di riconciliazione nazionale. Kobler ha avuto ieri una lunga
riunione con il presidente del Parlamento, Aguila Saleh. Al termine
dell’incontro, l'inviato Onu ha ricordato che «il terrorismo non deve essere parte della cultura democratica
della Libia», chiedendo ancora una
volta ai deputati «di restare uniti al
servizio del Paese». Prima di lasciare
la città, il diplomatico tedesco ha
anche incontrato un gruppo di accademici e intellettuali della zona con
cui ha discusso del ruolo della società civile nella crisi libica.
Il tanto atteso voto di fiducia sarebbe stato un passo fondamentale
per dare piena legittimità al premier
incaricato Fayez Al Sarraj, l'uomo
scelto dalle Nazioni Unite come tecnocrate per guidare il Consiglio di
presidenza libico che si è recente-
mente insediato a Tripoli. Per ben
sette volte, infatti, la votazione è stata rimandata per il boicottaggio dei
deputati libici fedeli al Governo
transitorio «rivale», presente in Cirenaica, e al generale Khalifa Haftar,
comandante
dell’esercito
libico
nell’est del Paese.
Secondo il deputato Abu Bakir
Baira, il voto di fiducia al Parlamento di Tobruk non avverrà prima di
lunedì prossimo. Il deputato ha
inoltre sottolineato come ancora non
sia stato trovato un accordo tra i
parlamentari pro e anti Al Sarraj.
Baira, ha precisato che proprio a
causa della mancata intesa non c’è
stata la prevista sessione della Camera dei rappresentanti. E intanto la
commissione incaricata di sbloccare
il dialogo politico (composta da sei
parlamentari favorevoli al Governo
di concordia nazionale e sei contrari) non ha ancora fatto proposte
concrete
per
migliorare
la
situazione.
Sul piano internazionale, il presidente statunitense, Barack Obama,
ha autorizzato il Tesoro ad applicare
sanzioni contro Khalifa Ghweil, ex
premier del cosiddetto Governo di
Tripoli (mai riconosciuto dalla comunità internazionale). Il nome di
Ghweil è l’unico che figura espressamente nella decisione statunitense,
ma il decreto di Obama riguarda anche tutti coloro che «minacciano la
pace, la sicurezza o la stabilità della
Libia», minando il Governo di Al
Sarraj. Il provvedimento statunitense
ricalca un’analoga decisione presa
dall’Unione europea.
Sul piano militare, l’esercito libico, guidato dal generale Haftar, ha
riaperto ieri la strada di Al Hawari
che collega la città di Bengasi con il
villaggio di Al Nawaqiya, nella periferia. Il portavoce del consiglio comunale di Bengasi, Abdel Rawf Al
Khadar, ha spiegato che «il sindaco
Ani Al Majburi ha chiesto «una riunione con i vertici dell’esercito per
avviare le operazioni di riapertura al
transito dei civili della strada, ora
saldamente nelle mani delle forze armate». Haftar si era recato ieri in visita a Bengasi per un incontro con i
vertici militari.
L’inviato dell’Onu Kobler (a sinistra) con il presidente del Parlamento di Tobruk Aguila Saleh (Afp)
La polizia disperde una manifestazione a El Kef
Rapporto dell’Unicef
Smantellata in Tunisia
una cellula terroristica
Vita sempre più difficile
per i bimbi afghani
TUNISI, 20. Resta alta la minaccia
terroristica in Tunisia. Unità della
Guardia nazionale hanno tratto in
arresto cinque persone appartenenti a una cellula jihadista di Ansar
Al Sharia e attiva nella regione di
Sidi Bouzid. Lo ha reso noto ieri il
ministero dell’Interno in un comunicato nel quale si spiega che le indagini hanno preso il via in seguito
alla scoperta di contatti tra un arrestato e un miliziano del cosiddetto Stato islamico (Is) rimasto ucciso negli scontri con l’esercito a Ben
Guerdane nel marzo scorso e già
implicato nell’attacco all’ambascia-
ta statunitense a Tunisi nel 2012. E
nel frattempo, ieri le forze dell’ordine tunisine hanno fatto ricorso
all’uso di gas lacrimogeni a El Kef,
nel nord-ovest del Paese, disperdendo una folla di manifestanti
scesi in strada per protestare contro
la visita dello scorso 14 aprile del
premier, Habib Essid, e contro recenti misure economiche prese dal
Governo. La manifestazione era
stata indetta da un sindacato per
denunciare la marginalizzazione
della regione e il mancato avvio
delle misure promesse per lo sviluppo della regione.
Forze di sicurezza tunisine contro i dimostranti (Reuters)
Sostegno di Merkel
al dialogo israelo-palestinese
TEL AVIV, 20. Il cancelliere tedesco,
Angela Merkel, ha ricevuto ieri a
Berlino il presidente palestinese,
Mahmoud Abbas, per cercare di rilanciare i negoziati e il dialogo in
Vicino oriente. Merkel ha ribadito
la contrarietà della Germania agli
insediamenti israeliani, definendola
«una politica controproducente».
Quello degli insediamenti rappresenta — dicono gli esperti —
uno dei nodi cruciali del contenzioso tra israeliani e palestinesi;
questi ultimi chiedono il completo
e immediato stallo di tutte le attività edilizie in Cisgiordania e a Gerusalemme est quale condizione
imprescindibile per la ripresa dei
negoziati.
Incontrando
Abbas,
Merkel ha quindi sottolineato la
necessità di creare «due Stati che si
rispettino tra loro». Abbas, dal
canto suo, ha confermato che i palestinesi ricorreranno nuovamente
all’Onu, pur consapevoli che si
tratta di una via «molto difficile».
Merkel si è detta favorevole «a
ogni iniziativa diplomatica che
possa favorire il dialogo». Recentemente il presidente russo, Vladimir
Putin, ha annunciato di voler organizzare una conferenza internazionale sul Vicino oriente.
Il dialogo tra le due parti è in
stallo da almeno due anni. E ad
alimentare questo stallo è anche il
perenne clima di violenza: solo due
giorni fa un attentato su un bus a
Gerusalemme ha provocato 21 feriti
e riportato il terrore nella città. Artificieri della polizia hanno stabilito che l’ordigno, del peso approssimativo di un chilogrammo, era di
fattura «artigianale». L’attacco è
stato condannato da Abbas, ma
non da Hamas, il movimento islamico che controlla la Striscia di
Gaza.
KABUL, 20. I bambini in Afghanistan hanno sempre più difficoltà ad
accedere ai servizi di prima necessità, come l'assistenza sanitaria e l'istruzione. A testimoniarlo è un rapporto realizzato da Unicef e Unama
(la missione di assistenza dell’O nu
in Afghanistan) secondo cui nel 2015
le violenze causate dal conflitto hanno provocato la parziale o totale
chiusura di oltre 369 scuole, colpendo più di 139.000 studenti e 600 insegnanti. Sempre l’anno scorso sono
stati documentati 125 incidenti a
personale medico-sanitario — rispetto ai 59 del 2014 — con ripercussioni
molto gravi sull’accesso alla salute:
20 operatori sanitari sono stati uccisi, 43 feriti e 66 sequestrati. Sono
stati documentati anche 132 episodi
che hanno colpito l’accesso all’istruzione e il personale scolastico: 11
operatori scolastici sono stati uccisi,
15 feriti e 49 rapiti.
Questi dati sono «in forte aumento rispetto al 2014. Dei 257 episodi
documentati, la maggior parte riguardavano minacce e intimidazioni,
con un incremento rispetto al 2014
del 182 per cento» si legge in un comunicato dell'Unicef. «I dati del
rapporto sono profondamente allarmanti. È inaccettabile che gli insegnanti, i medici e le infermiere siano
soggetti a violenze o minacce e che
le scuole e le strutture mediche siano
utilizzate in modo diverso o attacca-
te», ha detto Nicholas Haysom, rappresentante speciale in Afghanistan
del segretario generale dell’O nu.
«Tutte le parti devono attuare misure per proteggere le scuole e i servizi sanitari in Afghanistan». Nel
2015 i bambini «hanno avuto sempre
più difficoltà nell’accedere ai servizi
Inviato
nordcoreano
a Pechino
PECHINO, 20. Il ministro degli
Esteri nordcoreano, Ri Su
Yong, è a Pechino, tappa intermedia del viaggio che lo porterà a New York per un evento
in programma venerdì all’O nu,
relativo alla firma dell’accordo
sul cambiamento climatico di
Parigi e alla quale parteciperanno oltre 130 Paesi. Quella
di Ri Su Yong è la prima visita
negli Stati Uniti di un capo
della diplomazia di Pyongyang
dal quarto test nucleare del 6
gennaio e potrebbe essere l’occasione per contatti informali
con funzionari statunitensi.
sanitari e scolastici in Afghanistan a
causa dell’insicurezza e delle violenze legate al conflitto, ulteriormente
aggravate da alti livelli di povertà
cronica in tutto il Paese» ha spiegato
Akhil
Iyer,
rappresentante
dell’Unicef in Afghanistan.
Il rapporto sottolinea in particolare le enormi difficoltà che spesso devono affrontare le ragazze, come attacchi, minacce, divieti espliciti per
l’accesso all’istruzione. «Le violenze
legate al conflitto non solo mettono
i bambini afghani a rischio, ma limitano anche i loro diritti fondamentali all’istruzione e alla salute» ha osservato Danielle Bell, direttore dei
Diritti umani Unama.
E, intanto, a dimostrazione del
clilma di tensione nel Paese, ieri un
ordigno è esploso nel centro di Kabul, dopo l’attentato che in mattinata ha causato 64 morti, senza però
causare alcuna vittima. Lo ha dichiarato il portavoce del ministero
dell’Interno, Siddiq Siddiqi. La
Francia e gli Stati Uniti hanno condannato nel modo più fermo l’attacco terroristico di ieri mattina nella
capitale afghana. In particolare, il
dipartimento di Stato americano, ha
osservato che l’episodio evidenzia il
danno che gli insorti talebani e altri
estremisti violenti continuano a infliggere al popolo afghano e alle sue
condizioni di vita.
Ribelli huthi pronti a recarsi in Kuwait
per i colloqui di pace sullo Yemen
SANA’A, 20. I ribelli huthi e le milizie alleate fedeli all’ex presidente Ali
Abdullah Saleh, si uniranno ai colloqui di pace sullo Yemen. Questi negoziati avrebbero dovuto iniziare lunedì in Kuwait, ma sono stati rinviati per la mancata partecipazione degli insorti. Lo ha confermato questa
mattina il rappresentante degli huthi, Mahdi Al Mushat.
«Confermiamo che partiremo per
il Kuwait, portando con noi tutte le
preoccupazioni, le ferite, le aspirazioni e le speranze del grande popolo yemenita» gli ha fatto eco sul
proprio profilo Yahya Duwaid, ritenuto vicino all’ex presidente Saleh.
La delegazione dei ribelli e i suoi alleati dovrebbe arrivare in Kuwait
domani dopo essere transitata per
Mascate, capitale dell’O man.
Le violazioni della fragile tregua
entrata in vigore il 10 aprile scorso
sarebbero state la causa del mancato
arrivo degli huthi al tavolo negoziale
e il conseguente rinvio dei colloqui
di pace. Secondo alcuni osservatori,
sarebbero state le pressioni diplomatiche di alcuni attori regionali e internazionali a spingere gli huthi e le
milizie alleate al tavolo dei colloqui
con il legittimo Governo yemenita
del presidente Abd Rabbo Mansour
Hadi, appoggiato da una coalizione
di Paesi guidata dall’Arabia Saudita.
Nelle ultime ore il mediatore
dell’Onu, l’inviato speciale Ismail
Ould Cheikh Ahmed, già presente
in Kuwait, ha moltiplicato i contatti
con i protagonisti e i rappresentanti
dei cinque membri permanenti del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite. Questi ultimi hanno — secondo un diplomatico occidentale come
riferisce l’agenzia Afp — indirizzato
ieri sera un messaggio ai ribelli esortandoli a inviare rapidamente i loro
rappresentanti ai colloqui di pace.
Nel frattempo, in attesa che inizino i negoziati in Kuwait, si registrano una serie di combattimenti tra
lealisti e ribelli huthi in violazione
della tregua concordata. Le parti si
accusano vicendevolmente di non
aver rispettato il cessate il fuoco.
Cinque soldati lealisti figurano tra le
13 vittime dei violenti scontri che si
sono avuti nell’area della provincia
occidentale di Marib, a est della capitale Sana’a. I combattimenti sarebbero iniziati quando un gruppo di
ribelli huthi ha cercato di prendere
delle postazioni tenute dalle forze
lealiste e sono proseguiti a intermittenza per tutta la giornata di ieri.
Altri sporadici scontri — riferisce ancora l’agenzia di stampa Afp — si sono registrati su altre linee del fronte,
come a Nahm, a nord-est di Sana’a,
o a Taiz, terza città del sud-ovest
dello Yemen assediata dall’estate
scorsa dai ribelli huthi.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 21 aprile 2016
La facoltà di predicare
di ENZO BIANCHI
a pubblicazione sul mensile
dell’Osservatore Romano «donne
chiesa mondo», nel numero di
marzo, di articoli nei quali ci si
interrogava sulla possibilità per alcuni
fedeli laici, abilitati dal carisma della
predicazione riconosciuto dal vescovo a
tenere l’omelia su invito del vescovo
stesso, ha suscitato un certo dibattito e
può forse aver creato confusione, anche a
causa di abusi presenti in diverse
occasioni liturgiche. C’è anche chi, da
parte dei laici stessi (come, per esempio,
Isabelle de Gaulmyn su «la Croix» dell’8
marzo scorso), ha paventato una
clericalizzazione dei laici, in special modo
delle donne.
L
«Predica di Ildegarda di Bingen»
(pala d’altare, particolare, Bingen, Rochuskapelle)
In verità, con nettezza in tutti i
contributi si specificava che oggi la
posizione della Chiesa al riguardo è
molto chiara. Nel Codex iuris canonici
(1983) si dichiara che nella liturgia
eucaristica l’omelia «è riservata al
sacerdote o al diacono» (canone 767, 1),
posizione ribadita nel 1997 dall’Istruzione
interdicasteriale su alcune questioni circa la
collaborazione dei fedeli laici al ministero dei
sacerdoti (Disposizioni pratiche, articolo
3). In questo testo si afferma che,
essendo l’omelia parte della stessa
liturgia, dunque riservata al sacerdote o
al diacono, non deve essere affidata a
laici né a seminaristi; si permettono però
brevi didascalie per una maggior
comprensione della divina liturgia
celebrata ed eventuali testimonianze, in
certe occasioni. Si apre anche alla
possibilità di «dialogo» tra chi presiede e
qualche fedele dell’assemblea, come
mezzo espositivo da usare con prudenza.
Anche l’istruzione Redemptionis
sacramentum (n. 64-66) della
Congregazione per il culto divino e la
disciplina dei sacramenti nel 2004 e il
Direttorio omiletico (n. 5), emanato nel
2014 dalla stessa congregazione,
ribadiscono la medesima disciplina.
Gli articoli del mensile non avevano
alcuna intenzione di contraddire l’attuale
disciplina ma, con profondo rispetto,
osavano porre la domanda se sia
possibile che la ricerca teologica e le
disposizioni della Chiesa pervengano in
futuro a posizioni che consentano di
affidare la predicazione ai laici, uomini e
donne preparati (carisma) e
assolutamente scelti e abilitati, anche solo
temporaneamente, dal vescovo
(istituzione), mediante un mandatum
predicandi, come avvenuto tante volte
nella storia della Chiesa. Per questo si
insisteva sul fatto che la presidenza
liturgica della messa non deve essere
ferita od offuscata e che l’intervento dei
fedeli laici deve essere aperto e concluso
dal presbitero. In sostanza, si chiedeva di
«ordinare» ciò che talvolta avviene in
forme ambigue, finendo per turbare l’ordo
ecclesiae. Resta vero, in ogni caso, che già
oggi la disciplina canonica lascia spazio
alla predicazione di alcuni laici
autorizzati anche in liturgie non
eucaristiche, oltre che nei contesti
catechetici.
La Chiesa cattolica e il comunismo nell’Europa uscita dalla seconda guerra mondiale
Storia
di una persecuzione
di JAN MIKRUT
opo il 1945 il territorio dell’Europa centrale entrò nell’orbita
della dominazione sovietica. Le
decisioni, prese durante le Conferenze di Yalta e Potsdam,
crearono una nuova divisione di questa parte
dell’Europa. La politica sovietica di annessione spezzò l’antica struttura dell’Europa
centrale: la Lituania, la Lettonia e l’Estonia,
nonché i territori orientali della Polonia inglobati all’Urss, persero la loro indipendenza; una parte dell’Impero asburgico, la Bucovina e Bessarabia, passò sotto l’impero sovietico; fu divisa anche la Germania. Il termine Europa centrale sparì dalle mappe e
dal linguaggio diplomatico e fu sostituito
con quello di “Europa centro-orientale”. Per
la prima volta sia Praga e Budapest che Lipsia e Berlino vennero a far parte dell’Est.
Dal punto di vista geopolitico, dopo il 1945,
l’Europa centrale diventò la parte esterna
dell’impero sovietico, contenendo i Paesi satelliti dell’Urss: la Polonia, la Cecoslovacchia, l’Ungheria e la Germania Orientale
(Ddr). Alla “parte interna” dell’Urss furono
invece incorporate la Lituania, la Lettonia,
l’Estonia, l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldova. Questa divisione è molto importante
riguardo alla politica confessionale, poiché il
modo di agire del potere di fronte alle comunità dei credenti era diverso nella parte
interna o in quella esterna dell’impero. Nelle
Repubbliche sovietiche la mancanza di qualsiasi indipendenza politica di queste permetteva ai comunisti di applicare soluzioni radi-
D
fessata in modo privato o in clandestinità.
Nella parte esterna dell’impero esisteva, invece, un certo margine-spazio per dimostrare
la propria indipendenza e anche, talvolta
un’efficace resistenza. Il cesaropapismo staliniano presupponeva la superiorità del potere
laico su quello ecclesiastico, l’imposizione
della visione atea del mondo all’intera popolazione e l’uso strumentale della legge contro la Chiesa. Con forte determinazione
quindi si portò avanti il programma della distruzione della religione in Unione Sovietica: qui dopo il 1945 le repressioni, specialmente contro la Chiesa cattolica, furono
molto crudeli.
I nuovi Paesi annessi al blocco sovietico,
A un convegno dei partiti comunisti
tenutosi in Polonia nel 1947
il russo Andriej Ždanov
presentò un piano di eliminazione
per tutti i Paesi del blocco sovietico
finora legati alla cultura occidentale, dovettero fare un’inversione di marcia e creare un
apparato politico-militare orientato al combattimento dell’influenza religiosa, non solo
delle Chiese cristiane, ma anche, (come per
esempio in Albania) della religione, nonché
della tradizione musulmana. Questa forma
di governo, già ben sperimentata in Unione
Sovietica e dopo il 1945
proposta in quasi tutti i
Paesi del blocco sovietico,
ha espresso in Albania, soprattutto nell’ambiente religioso, una forma di particolare brutalità. La vita reIl 21 aprile alle 17.30 viene presentato il volume
ligiosa di tutte le comunità
curato da Jan Mikrut La Chiesa cattolica e il
religiose, non solo cristiacomunismo in Europa centro-orientale e in Unione
ne, fu sottoposta a una duSovietica (San Pietro in Cariano, Gabrielli
ra persecuzione. Il concetEditori, 2016, pagine 797, euro 48).
to politico di Josef Stalin
Intervengono, tra gli altri, il cardinale Miloslav
chiedeva una sottomissione
Vlk, arcivescovo emerito di Praga, che ha
della Chiesa al potere dello
firmato la prefazione, monsignor Cyril Vasil’,
Stato e utilizzava il potere
segretario della Congregazione per le Chiese
per obbligare tutti i cittaorientali, lo storico gesuita Nuno da Silva
dini all’accettazione del siGonçalves e il curatore del libro di cui
stema ateo. Questo principubblichiamo in questa pagina stralci della
pio fu perseguito con una
presentazione. Il progetto editoriale prevede
particolare crudeltà sui teraltri due volumi che analizzeranno «la raffinata
ritori dei nuovi Stati inserie multiforme battaglia dei comunisti contro la
ti nel territorio dell’Urss:
religione in generale e, in modo particolare,
Lituania, Lettonia, Estonia,
contro la Chiesa cattolica». In particolare, il
Bielorussia, Ucraina, Molsecondo volume sarà dedicato alle
dova: la religione fu ancotestimonianze dei cristiani in Europa centrora per un certo periodo
orientale, mentre il terzo tratterà interamente
tollerata, come un relitto
della storia della Chiesa cattolica sul territorio
dei tempi vecchi, ma dovedell’Unione Sovietica.
va essere eliminata dallo
Stato moderno e decisamente cancellata dalla vita
della società.
L’anno 1948 costituisce un punto di svolta
cali, rendendo impossibile qualsiasi forma di
nello sviluppo dei rapporti Chiesa-Stato in
resistenza.
Infatti, la dimensione della repressione di- Europa: in quell’anno iniziò tra Oriente e
pendeva dal luogo in cui viveva la comunità Occidente un confronto ideologico, tale da
cristiana. L’appartenenza alla parte interna provocare un aumento della tensione in tutdell’impero rendeva impossibile qualsiasi to il mondo. Il Movimento comunista interforma di resistenza e le repressioni erano co- nazionale decise di rompere con la politica
sì violente che lasciavano spazio soltanto a di tolleranza verso qualsiasi forma di opposidue atteggiamenti: eroica perseveranza e zione politica e di costruire un sistema di tomartirio, oppure totale sottomissione o addi- tale controllo sulla vita sociale, economica e
rittura apostasia. La fede poteva essere con- spirituale delle nazioni: tra le priorità di
questo programma situò la lotta contro la
Chiesa cattolica. Al Convegno dei partiti comunisti a Szklarska Poręba in Polonia, dal
22 al 27 settembre 1947, il rappresentante
russo Andriej Aleksándrovic Ždanov (18961948) presentò un piano di eliminazione della Chiesa cattolica in tutti i Paesi del blocco
sovietico. Il suo progetto si basava sul modello sovietico applicato negli anni Venti
nell’Urss e consisteva nella distruzione delle
gerarchie e poi dei più eminenti tra sacerdoti
e laici. Nella prima fase dovevano essere arrestati i vescovi, eliminando così la guida
della Chiesa, e si dovevano isolare le persone apprezzate dai credenti. Allo stesso tempo, bisognava creare gruppi di laici collaborazionisti, fedeli al regime e avversari della
gerarchia.
Nei Paesi dove i governi avevano collaborato con il Terzo Reich durante la seconda
guerra mondiale, come Bulgaria, Croazia,
Slovacchia, Ungheria e Romania, le persecuzioni della Chiesa iniziarono subito dopo la
fine della guerra, già nel 1945, con la pretesa
di combattere un comune nemico ostile
all’intero popolo. Le persecuzioni che la
Chiesa subì negli anni Quaranta e Cinquanta, nell’Europa dominata dal potere sovietico, distrussero tante delle sue strutture fondamentali, ma non riuscirono a sradicare la
religione dalla coscienza popolare. Fallì il
tentativo di creare un’alleanza atea nel cuore
dell’Europa cristiana. Le azioni contro la
Chiesa avevano il carattere di una campagna
politica, legata a contingenti problemi interni e l’efficienza di quelle azioni dipendeva
dalla determinazione dell’élite comunista
nella lotta contro la religione, dalla resistenza sociale e infine dalla posizione che la
Chiesa occupava dentro ciascuna nazione.
Prigionieri di un gulag al lavoro
Dopo il 1956, si formò definitivamente un
modello di rapporti Chiesa-Stato, un modello totalitario, tendente verso il pieno controllo della vita ecclesiale. Presupponeva anche
l’ateizzazione forzata di larghe fasce sociali e
le repressioni contro i dissidenti.
Si possono individuare due modi di agire
dei comunisti nei confronti della Chiesa. Il
primo si formò negli anni Cinquanta e rimase in vigore fino agli anni Ottanta in Cecoslovacchia, Romania e Bulgaria. Consisteva
principalmente nella liquidazione delle gerarchie, limitazione dei contatti con la Santa
Sede, stretta sorveglianza di ogni forma di
attività pastorale, divieto di associarsi per i
laici. In questa situazione, aumentavano le
strutture illegali riunite intorno a vescovi e
sacerdoti ordinati clandestinamente. L’altro
modello, in diverse varianti, lo troviamo in
Ungheria, Jugoslavia e Ddr. Si caratterizzava per una più ampia tolleranza verso la
Progetto in tre volumi
La biografa
di Caterina di Russia
«Voleva che almeno i suoi libri
tornassero in Spagna» spiega
Susana Torres a Manuel Morales,
giornalista di «El País», in un
articolo pubblicato il 19 aprile
scorso. «Esiliata e dimenticata»
titola il giornale spagnolo,
ricordando la figura e l’opera di
Isabel de Madariaga — figlia
dell’intellettuale e politico Salvador
de Madariaga, studiosa di Caterina
di Russia e della sua epoca — e la
scarsa attenzione che le ha dedicato
la sua patria finché era in vita.
Isabel è morta il 14 giugno di due
anni fa a Londra; Susana Torres,
slavista come lei e dal 2010
presidente dell’associazione
scientifica di studi sulla Russia
medievale, ha raccolto il testimone
della sua ricerca e si è preoccupata
di salvare dalla dispersione la sua
ricchissima biblioteca. Dopo molte
visite a casa di Isabel e un accurato
lavoro di catalogazione, cinquanta
casse di libri e riviste sono tornate
in Spagna: trecento volumi alla
Biblioteca Nacional e centinaia di
altri libri alla IE University di
Isabel de Madariaga
Madrid. Grazie alla sua conoscenza
delle lingue (parlava francese,
italiano, tedesco e russo oltre allo
spagnolo) aveva lavorato come
traduttrice alla Bbc durante la
seconda guerra mondiale; era stata
la prima donna a laurearsi in
slavistica a Londra.
Chiesa. Le autorità di questi Paesi ammettevano l’esistenza della gerarchia, delle strutture ecclesiastiche e non impedivano contatti
con il Vaticano. Creavano, invece, numerosi
ostacoli di carattere amministrativo, specialmente per l’educazione religiosa e l’attività
Vennero distrutte
molte strutture fondamentali
ma non si riuscì
a sradicare la religione
dalla coscienza dei popoli
sociale della Chiesa. Il caso della Polonia
non rientra in nessuna di queste categorie e
le ragioni sono diverse, non ultima il fatto
che la fase più dura della persecuzione staliniana in Polonia fu molto breve.
Al progetto [editoriale] hanno collaborato
più di cinquanta studiosi, provenienti da diversi Paesi, sicché ciascuno può essere considerato non solo autore dell’articolo, ma anche e soprattutto testimone degli eventi che
ha raccontato. Trattandosi di storici, il lavoro è basato su una seria ricerca archivistica e
documentale. Gli autori sono in gran parte
o professori universitari o docenti presso i
seminari delle loro diocesi. I contributi sono
stati scritti nelle diverse lingue degli autori e
tradotti in italiano, che da molti anni è diventata la lingua più parlata nella Chiesa,
man mano che si è dimenticato il latino. In
tal modo, si spera di dare all’opera una più
ampia diffusione.
Nei diversi articoli [del libro] sono presentati molti personaggi che, a ragione della loro fede, vennero perseguitati, imprigionati e
uccisi. Molti di loro, grazie alla sensibilità e
all’attenzione di Giovanni Paolo II, sono stati riconosciuti come martiri dalla Chiesa e
per molti altri il cammino verso la beatificazione è ancora in corso. Infatti, è grazie
all’esperienza vissuta in prima persona
dall’uomo e sacerdote Karol Wojtyła, ancor
prima di essere Papa, figlio della terra polacca, che questi martiri dei tempi moderni sono stati conosciuti dal mondo intero, facendo emergere le brutalità del regime comunista. Giovanni Paolo II, un Papa polacco, ha
avuto personalmente una grande importanza
nello storico crollo del comunismo. La sua
esperienza e sensibilità politica, il grande coraggio e la conoscenza personale delle debolezze ideologiche ebbero grande successo
nelle relazioni con i Paesi governati dai governi comunisti.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 21 aprile 2016
pagina 5
Jack Reynor e Sarah Gadon
nei panni del soldato Jack
e della principessa Elizabeth
nel film «Una notte con la regina»
La monarchia britannica nel cinema dell’ultimo decennio
Se i reali
tornano di moda
ifficile non pensare che
per la figura di Giorgio VI negli ultimi anni sia nata una vera e
propria moda. Ora sono infatti almeno tre i film che in
pochi anni l’hanno tratteggiata da
varie angolazioni. In Una notte con
la regina il suo personaggio è un
comprimario di lusso, ma ne Il discorso del re, anche grazie alla grande interpretazione di Colin Firth, il
ritratto è ben più complesso, nonché rappresentativo di un’epoca
storica. I suoi noti problemi di balbuzie diventano il sintomo di una
corona ricevuta improvvisamente e
dapprima controvoglia. Mentre il
suo lungo processo di guarigione
dai risvolti anche psicanalitici è il
simbolo di un’Europa che cerca in
se stessa la forza di liberarsi
dall’oppressione nazista.
In A royal weekend (Roger Michell, 2012), invece, la presenza del
re è in gran parte strumentale, perché serve a far emergere per contrasto la personalità disinvolta ma in
fondo altrettanto tormentata del
presidente americano Roosevelt, vero protagonista del film. La produzione è però britannica, e mantiene
dunque un occhio di riguardo per
il monarca, raccontando una presa
di coscienza di sé e del proprio ruolo sulla falsariga del film di Hooper. Al di là di come sono andate
D
Colin Firth interpreta Giorgio VI
nel film «Il discorso del re»
lare, si risolve in un prodotto tecnicamente sin troppo curato, come
potrebbe esserlo uno spot o un videoclip, ma di sostanza ce n’è poca. Ed è un peccato perché sulla
carta il film poteva sviluppare almeno un tema importante come quello
fra monarchia e media moderni.
Elisabetta ormai regina, interpretata con autorevolezza davvero regale da Helen Mirren, è
Sono almeno tre i film
invece protagonista di
che in pochi anni hanno tratteggiato
The Queen (2006). Il reda varie angolazioni
gista Stephen Frears firma un racconto coragla complessa figura di Giorgio VI
giosamente informale e
in più momenti addirittura irriverente nei condavvero le cose, l’incontro fra i due fronti dei reali, soprattutto quando
sul grande schermo non riserva viene adottato lo sguardo del neomolte sorprese, ma la soluzione del eletto premier Blair, inizialmente
loro rapporto in direzione di una sconcertato dalla freddezza dei
posizione un po’ paternalistica di Windsor alla notizia della morte di
Roosevelt, ben accettata dall’altro, Lady Diana. Nella prima parte del
serve a sintetizzare i rapporti film, infatti, Elisabetta viene dedell’epoca fra Stati Uniti e Regno scritta come un personaggio a dir
Unito, e più in generale la tipica e poco altero e distaccato, intenzionafisiologica irriverenza di un’ex colo- to a sminuire il più possibile il clania nei confronti di quella che era more per la scomparsa dell’ex prinla madre patria.
cipessa del Galles, a partire dall’auSi concentra invece sul fratello di spicio per un funerale strettamente
Giorgio, Edoardo VIII, e in partico- familiare e non pubblico. Ma sarà
lare sulla sua relazione con l’ameri- proprio in una dimensione insolitacana Wallis Simpson, il film W. E. mente domestica e familiare che la
Edward e Wallis (2011), diretto dalla regina
mostrerà
gradualmente
popstar Madonna. Un complicato l’umanità nascosta sotto la corazza
racconto fra realtà e presente che istituzionale, nonché il taciuto affetcoinvolge anche un’altra coppia per to per la principessa scomparsa.
certi versi analoga e per altri specu- (emilio ranzato)
di EMILIO RANZATO
ondra, sera dell’8
maggio 1945. Alla
fine della guerra re
Giorgio VI (Rupert
Everett) è impegnato a preparare un discorso radiofonico alla nazione, non
prima di aver concesso alle
giovanissime figlie Elizabeth e
Margaret (Sarah Gadon e Bel
Powley) di uscire a festeggiare
all’hotel Ritz, accompagnate e
soprattutto controllate da due
ufficiali. Solo in teoria, però,
perché i due militari si riveleranno alquanto distratti dai festeggiamenti. E così per le due
sorelle si paventa l’occasione
non solo di prolungare la serata, ma anche di perdersi nei
quartieri più periferici e malfamati della città, fra divertimenti, pericoli e incontri. Come
quello fra Elizabeth e Jack
(Jack Reynor), soldato semplice amareggiato da una guerra
che gli ha riservato non pochi
traumi e da un mondo militare
e istituzionale che l’ha deluso.
Attraverso una tenera amicizia
i due impareranno ognuno
qualcosa di importante del
mondo dell’altro.
La sceneggiatura di questo
Una notte con la regina (A royal
night out), firmata da Trevor
De Silva e Kevin Hood, parte
da un episodio reale — l’uscita
serale delle giovani sorelle
Windsor da Buckingham Palace per festeggiare la fine della
guerra e la vittoria sulla Germania nazista — per poi sviluppare un racconto tacitamente ma evidentemente tutto
inventato. E che possiamo
supporre si ispiri a ciò che
l’immaginario collettivo dei
sudditi della corona vorrebbe
intravedere in quella notte di
pace e di festa ma non per
questo meno cruciale per i destini del Paese e del mondo intero. Una notte letteralmente
di redde rationem, in cui le ragioni di tutti si esplicitano e
inevitabilmente, almeno in
L
Il cinema d’oltremanica
viene spesso salvato
da un senso della misura
che gli impedisce
di tracimare nel cattivo gusto
parte, si scontrano. In particolare, lo script si concentra su
una dialettica semplice ma non
per questo meno efficace.
Quella che vede contrapposti
il potere da una parte, rappresentato ovviamente dalle due
sorelle, in particolare dalla più
grande Elizabeth, già vicina a
essere responsabilizzata dai
«Una notte con la regina» di Julian Jarrold
Il potere
incontra il popolo
primi incarichi istituzionali, e
il popolo dall’altra, che troverà
nel soldato semplice Jack un
credibile portavoce.
Il film sembra volersi ricollegare a Il discorso del re (Tom
Hooper, 2010) — anche se lì si
trattava della dichiarazione di
guerra — quando Jack fa un
commento sprezzante sul discorso di re Giorgio, sottolineando come le parole non abbiano granché importanza rispetto alle giovani vite che sono state spese per l’impresa
antinazista. Nel pub dove il
soldato fa questa uscita riceve
insulti da parte di altri avventori e altri soldati. Ma significativamente sarà la stessa Elizabeth, dapprima indignata, a
cercare di comprendere le sue
motivazioni. Soprattutto per
lei, infatti, questo viaggio nella
notte sarà un percorso di maturazione e di presa di coscienza attraverso gli umori più veri
del suo popolo, qualcosa di
propedeutico per il futuro di
principessa e regina.
Anche agli altri due protagonisti, d’altronde, la sceneggiatura riserva un piano metaforico. Dal sapore vagamente
schnitzleriano, anche se condotto con toni molto leggeri,
quello dell’adolescente Margaret, a contatto con un’atmosfera di rilassatezza un po’ lasciva
da cui è incuriosita; quasi una
sorta invece di anabasi è quella
che si prepara per Jack, intenzionato a disertare quanto meno formalmente in segno di
protesta per l’indifferenza che
avverte nelle alte sfere, e dunque impegnato a tornare a casa per poi espatriare sfuggendo però alle autorità militari.
Si tratta di suggestioni incorniciate in un contesto da
commedia che ovviamente un
po’ le annacqua, tuttavia il
film sa trovare i giusti momenti di quiete e di riflessione, come durante uno spostamento
in barca lungo un Tamigi circondato da palazzi sventrati,
attraverso cui la coppia di giovani intravede famiglie che
continuano a viverci. O come
quando Elizabeth, nella piazza
gremita e in festa, si guarda
bene attorno e riesce a scorgere anche sguardi carichi di
stanchezza e sofferenza. D’altronde il registro spensierato
funziona altrettanto bene, anche perché la regia sa amministrare con un ritmo sufficientemente brioso, quasi da pochade, i momenti in cui il racconto si fa più corale.
Poi, si sa, le storie che hanno come protagoniste delle
principesse finiscono spesso
per strizzare l’occhio alla favola, un sottotesto che qui è sin
dall’inizio latente nell’esibita e
divertita invenzione del racconto. Capita così che alla
lunga gli autori cadano puntualmente nella tentazione di
suggerire un prosieguo romantico per la coppia protagonista. Ci si poteva magari risparmiare una coda con cena dei
due giovani a casa di lei, in
presenza dei reali, situazione
che ricorda un po’ troppo un
certo tipo di dimenticabile
commedia italiana anni Ottanta. Anche perché l’incontro intergenerazionale fra padri e figli non suscita momenti memorabili, complice un’interpretazione troppo rigida di Everett e di Emily Watson nei
panni della regina. Però in
questi casi il cinema britannico
viene spesso salvato da un in-
vidiabile senso della misura,
che gli impedisce di tracimare
nel cattivo gusto. Ed è così anche stavolta. Pur restando con
un piede nella favola, il film si
avvia dunque verso un vero
Finita la seconda guerra mondiale
le giovanissime figlie del sovrano
Elizabeth e Margaret
escono per festeggiare in strada
Faranno incontri inattesi
epilogo più fresco e convincente.
Il regista Julian Jarrold, che
si era fatto notare con un altro
ritratto in parte ritoccato con
l’immaginazione, Becoming Jane (2007), sulla vita di Jane
Austen, conferma una mano
equilibrata che sa inquadrare
lo spirito di un’epoca, e contemperare con gusto, realtà e
fantasia nonché registri diversi.
È morto
Fulvio Roiter
Pulitzer per la fotografia agli scatti che documentano il dramma dei profughi e dei migranti
di GAETANO VALLINI
Ci sono foto che in qualche modo hanno
contribuito a cambiare la storia perché
capaci di inquietare le coscienze, di suscitare l’indignazione dell’opinione pubblica, e quindi di influire sulla politica.
Non sappiamo se le nuove immagini di
profughi e immigrati premiate con il Pulitzer e che raccontano la cronaca di questi giorni difficili — troppo spesso segnati
da tragedie, con carrette del mare che affondano portandosi dietro decine, a volte
centinaia di vite — serviranno a convince-
Uno scatto di Daniel Etter
La forza delle immagini
re i governi del vecchio continente a riaprire le frontiere, a operare per approntare canali umanitari sicuri, offrendo accoglienza senza fare troppi calcoli. Di sicuro finora testimoniano dinanzi alla storia
l’ipocrisia di un’Europa debole e tutt’altro che unita. Ma testimoniano anche come il dramma di profughi e migranti resti centrale nel racconto dell’oggi.
Non è un caso che proprio alcuni di questi scatti — strazianti e
ciononostante capaci di esprimere
bellezza pur nella tragedia — siano diventati simboli. Perché nulla
più di una foto riesce a rendere la
drammaticità della realtà di bambini, anziani, uomini, donne in
fuga da guerre e povertà, situazioni così disperate da non esitare a
mettere a rischio la loro stessa vita. L’Europa e il mondo intero si
erano commossi davanti alla foto
del piccolo Aylan, del suo corpicino senza vita — sembrava dormisse — lambito dalle onde sulla
spiaggia di Bodrum, in Turchia. E
da lì la prima presa di coscienza
da parte della comunità internazionale del dramma che si stava
consumando nel Mediterraneo nella quasi totale indifferenza. Ma nazionalismi e
interessi particolari hanno presto frenato
quell’estemporaneo seppure importante
moto di accoglienza. L’Europa, che non
aveva brillato quanto a solidarietà con i
Paesi in prima linea sul fronte dell’emergenza, ha fatto un ulteriore passo indietro, addirittura alzando muri qua è la,
chiudendo e blindando le frontiere.
Ma che cosa può fermare chi non ha
più nulla da perdere? Niente. Lo raccontano altre foto catturate lungo i confini
della rotta balcanica. E una in particolare, scattata da Warren Richardson Hope,
premiata qualche mese fa con il World
Press Photo, restituisce la forza della disperazione di chi fugge in cerca di futuro: di notte un uomo passa a un’altra
persona un neonato sotto il filo spinato
al confine tra la Serbia e l’Ungheria. Anche questa è una delle immagini simbolo
di quella che Papa Francesco ha definito
la più grande catastrofe umanitaria dalla
fine della seconda guerra mondiale. Immagini a cui si vanno ad aggiungere
quelle di un altro prestigioso riconoscimento giornalistico, il Pulitzer, che ha
premiato gli scatti dei fotoreporter del
«New York Times» e dell’agenzia Reuters sul dramma che si sta consumando
nel Mediterraneo e nei Balcani.
A far vincere il quotidiano sono state
soprattutto le foto di Tyler Hicks, Daniel
Etter, Mauricio Lima e Sergey Ponomarev. In particolare quelle su una famiglia
siriana, i Majid, in fuga dalla guerra. Lima e Ponomarev hanno accompagnato i
Majid per 40 giorni, viaggiando con loro
in treno, autobus e barca, e soprattutto a
piedi. Il team fotografico della Reuters è
stato invece premiato per le toccanti immagini di sbarchi di migranti sulle isole
della Grecia. Foto che raccontano la
paura e la sofferenza di un viaggio pericoloso ed estenuante, l’angoscia davanti
a un reticolato presidiato dalla polizia,
ma anche le lacrime di gioia nel giungere
su una spiaggia, la gratitudine per una
mano che ti salva, la tenerezza di un abbraccio a un figlio impaurito.
C’è da augurarsi che in futuro non ci
siano altre foto di profughi e migranti da
premiare. Perché significherebbe aver
trovato una soluzione al problema. Ma è
inutile farsi troppe illusioni, almeno per
l’immediato futuro. La realtà purtroppo
resta drammatica. Come confermano le
decine di fotografie che le agenzie continuano a inviare quotidianamente dalle
coste del Mediterraneo e dalle frontiere
balcaniche. E che costituiscono altrettanti atti d’accusa alla fortezza Europa.
Nel mondo della fotografia dire
Venezia significa dire Fulvio
Roiter. E proprio nella città
lagunare il grande fotografo è
morto ieri, martedì, a 89 anni. Il
suo libro Essere Venezia (1977)
resta un caso editoriale unico,
con il milione di copie vendute,
l’inusuale — per l’epoca —
formato rettangolare delle
immagini al pari del colore in un
mondo fotografico dominato dal
bianco e nero. Ma Roiter era un
reporter vero e come tale ha
viaggiato, documentando eventi e
raccontando culture, dall’Africa
all’America. Nel 1956 vinse il
prestigioso premio Nadar. Pur
lavorando per importanti testate
ha sempre prediletto il libro
come forma espressiva. Molti
critici non amavano i suoi scatti
di maniera. Ma lui non se n’è
mai fatto un problema, perché
piacevano alla gente.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 21 aprile 2016
Prima riunione del quattordicesimo consiglio della segreteria generale del Sinodo
SANTIAGO DEL CILE, 20. La soluzione del conflitto mapuche nella regione dell’Araucanía insieme alle altre emergenze legate soprattutto alla
tratta delle persone, al narcotraffico
e all’emarginazione: sono queste le
principali sfide che sono chiamati
ad affrontare i religiosi e le religiose
del Cile. È quanto viene messo in
evidenza nel comunicato finale
dell’assemblea che nei giorni scorsi
ha visto radunati a Padre Hurtado,
piccolo centro non distante dalla capitale, i superiori e le superiori maggiori delle principali congregazioni
religiose del Paese con l’obiettivo di
verificare e aggiornare il piano globale per gli anni 2015-2018. «In un
sistema che proclama che la salvezza sta nel potere, nella ricchezza,
nel monopolio del sapere — si legge
nel comunicato — ci sono situazioni
che gridano. La realtà ci sfida ed è
fondamentale per noi: il traffico di
esseri umani, il conflitto in Araucanía, le relazioni disumanizzanti, la
situazione dei migranti, i giovani in
situazioni vulnerabili, il traffico di
droga, la violenza, questo dovrebbe
segnare la nostra risposta, anche se
a volte sperimentiamo una certa impotenza e smarrimento».
La conferenza dei religiosi e delle
religiose del Cile si è svolta nel clima particolare dell’anno santo
straordinario della misericordia, assumendo come immagine-chiave
l’icona evangelica della Visitazione
(in cui, come è noto, la Vergine Maria si mostra sollecita ad aiutare la
cugina Elisabetta, che attendeva di
diventare madre). «Accettiamo la
sfida di promuovere la cultura
dell’incontro partendo dalla Parola
del Vangelo, che è esperienza ed
evento in chiave di misericordia.
Siamo pronti a vivere l’intercongregazionalità nella comunione missionaria, dove la vita grida dinanzi alla
situazione dell’Araucanía, al traffico
di esseri umani, dei migranti. Noi,
come Maria nel Magnificat, vogliamo riflettere la nostra convinzione
che la salvezza viene da Dio e sta
Collegialità
e servizio papale
Religiosi del Cile con la popolazione nativa
Sfidati dal grido
dei mapuche
operando, che la sua azione è nascosta nei poveri, ma è efficace e
provoca la gioia», è scritto nella nota. Anche i religiosi e le religiose cileni, dopo che nei giorni scorsi si
era espressa la conferenza episcopale, hanno dunque manifestato
preoccupazione per l’escalation di
violenza che da mesi si registra in
Araucanía, la regione centromeridionale in cui è consistente la presenza
del popolo mapuche. Violenza che
ha già provocato alcune vittime e
attentati incendiari che non raramente prendono di mira chiese e altri luoghi di culto.
Il cosiddetto “conflitto Mapuche”
contrappone dagli anni Novanta del
secolo scorso il più grande e importante gruppo etnico del Paese agli
agricoltori e agli imprenditori della
regione a causa della proprietà delle
terre. Sulla questione pochi giorni
fa erano intervenuti, con un appello
pubblico, anche una decina di religiosi che vivono e lavorano nel territorio mapuche, i quali, denunciando lo sfruttamento selvaggio del territorio, hanno lanciato l’allarme per
il ripetersi di scontri sempre più violenti e per la violazione dei più elementari diritti umani.
Si tratta di una questione — ha
sintetizzato l’arcivescovo di Concepción, Fernando Natalio Chomalí
Garib — che le istituzioni devono riconoscere come un «problema politico». Per il presule, infatti, il Governo, la polizia, i pubblici ministeri
e i giudici «sono molto informati
sugli eventi specifici che stanno accadendo, ma mancano di riconoscere che questo è un problema politico, che richiede una definizione dello Stato sul trattamento del popolo
mapuche».
Presieduta da Papa Francesco si
è svolta lunedì 18 e martedì 19
aprile la prima riunione del
quattordicesimo consiglio ordinario della segreteria generale
del Sinodo dei vescovi.
I lavori sono stati aperti dal
cardinale segretario generale Lorenzo Baldisseri, che ha ringraziato il Pontefice per la sua presenza e per la recente pubblicazione dell’esortazione apostolica
postsinodale Amoris laetitia. A
queste parole si sono associati
tutti i membri del consiglio, testimoniando l’ampia accoglienza
ricevuta dal documento da parte
delle Chiese particolari di tutto
il mondo.
Successivamente, sono stati
presi in considerazione i risultati
della consultazione promossa
per individuare il tema della
prossima assemblea generale ordinaria presso i dicasteri della
curia romana, le conferenze episcopali, le Chiese orientali e
l’Unione dei superiori generali.
Dopo un ampio dibattito, sono
state individuate alcune proposte di temi da sottoporre al Papa
per la sua valutazione.
Infine, i membri del Consiglio si sono confrontati sulla revisione dell’Ordo synodi episcoporum, ultimo punto all’ordine del
giorno. A questo riguardo il vescovo Fabio Fabene, sottosegretario del Sinodo dei vescovi, ha
tenuto una relazione sul seminario di studio appositamente organizzato dalla segreteria generale, a seguito del discorso pronunciato dal Pontefice il 17 ottobre 2015. I membri del Consiglio hanno approfondito il tema
suddividendosi in circoli minori
e hanno infine presentato in sessione plenaria una relazione sui
lavori svolti.
Dalle relazioni dei gruppi è
emerso tra l’altro che la valorizzazione della sinodalità e della
collegialità deve sempre coniugarsi con l’esercizio del ministero del vescovo di Roma, in modo da congiungere fruttuosa-
La Chiesa in Ecuador
In prima linea nell’aiuto
ai terremotati
QUITO, 20. La solidarietà della
Chiesa cattolica verso il popolo
ecuadoriano non si è fatta attendere:
una colletta nazionale e migliaia di
volontari sono stati mobilitati per
dare aiuto alle popolazioni colpite
dal terribile sisma (7,8 gradi Richter)
di giovedì scorso. Il tragico bilancio
delle vittime continua ad aggravarsi
come informa il ministero della Sicurezza.
Papa Francesco al Regina caeli di
domenica 17 aprile ha inviato a tutta
la popolazione un messaggio di solidarietà, invocando l’aiuto di Dio e
dei fratelli per la popolazione in difficoltà. Come accennato, la Chiesa
ha immediatamente promosso una
colletta attraverso Caritas Ecuador.
Il segretario esecutivo dell’organizzazione, Pedro Sánchez, ha confermato
al Sir l’impegno dell’ente caritativo
in coordinamento con la pastorale
sociale. Si stanno coinvolgendo le
Caritas delle diocesi colpite per rilevare i bisogni più urgenti. A causa
delle piogge, molte strade sono inagibili ed è difficile raggiungere le zone colpite. «La Caritas — ha spiegato Sánchez — sta mobilitando i suoi
Per i bambini disabili in Perú
Nuova fase della causa per la canonizzazione di Dorothy Day
Un sms
che vale tanto
Grande americana
TARQUINIA, 20. Raccogliere
fondi per ammodernare il
centro riabilitativo per bambini disabili Hogar María de
Nazareth a Yurimaguas, capoluogo della provincia di Alto
Amazonas, nel dipartimento
di Loreto, in Perú: questo
l’obiettivo della campagna
lanciata da Semi di Pace, associazione umanitaria con se-
Hogar Emaús
per tutte le persone
più vulnerabili
Accompagnamento, sostegno psicologico e spirituale ai malati e ai loro familiari, ma soprattutto aiuto alle persone vulnerabili e con poche risorse:
questo, in estrema sintesi, è quanto
svolge l’istituzione cattolica messicana
Hogar Emaús, fondata tre anni fa dal
sacerdote Salvador Carrera Pulido e
benedetta dall’arcivescovo di Morelia,
cardinale Alberto Suárez Inda. «Aiutiamo i malati e i familiari dei pazienti
ospedalizzati — ha spiegato la direttrice della fondazione, Karen Ortiz Mora — con cibo e offrendo loro un vero
focolare domestico». Il Papa ha invitato tutte le diocesi del mondo a realizzare un’opera di misericordia concreta
e duratura. Hogar Emaús, presentato
lo scorso 15 aprile al Pontefice dal porporato, rappresenta una risposta. «Per
noi costituisce una grande gioia e benedizione e conferma il nostro impegno per servire Gesù che si manifesta
attraverso i più bisognosi e i malati
che si rivolgono alla nostra fondazione» ha sottolineato la direttrice
dell’istituzione.
de a Tarquinia (Viterbo) nata
nel 1980 dall’esperienza di un
gruppo di giovani. Pace, fratellanza e unità tra i singoli e
i popoli sono i valori che
hanno ispirato il cammino in
tutti questi anni. “Dove la solidarietà mette radici” è lo slogan dell’associazione, all’interno della quale persone appartenenti a diverse confessioni religiose e culture si riconoscono nella passione comune
del mettersi al servizio dei più
bisognosi. La campagna è sostenuta attraverso il Progetto
Vita Gianni Astrei: per i bambini che hanno una disabilità
e appartengono alle fasce più
povere della popolazione «il
centro Hogar María de Nazareth rappresenta un luogo
protetto di accoglienza, amicizia e integrazione. Le condizioni di vita in una regione
come l’Amazzonia sono infatti
difficili. La disabilità e la povertà aggravano questa situazione e rendono quasi impossibile la vita per i piccoli»
spiega la responsabile, Rossella Mignanti. Per vivere un’intensa esperienza di vita e per
rafforzare la collaborazione
con le suore missionarie di
Gesù attive nell’Hogar María
de Nazareth, l’associazione ha
animato nel settembre scorso
un’iniziativa alla quale hanno
partecipato due fisioterapisti e
un ingegnere biomedico. Il
viaggio ha poi avuto un altro
importante obiettivo: quello
di fare il punto della situazione a distanza di alcuni anni
dall’inizio del progetto, in
modo da rimodularlo sulla
base delle necessità delle comunità locali.
NEW YORK, 20. Nuova importante
tappa sulla strada verso gli altari
per Dorothy Day, la cattolica statunitense fondatrice del Catholic
Worker Movement (il movimento
dei lavoratori cattolici) scomparsa
nel 1980 e che, come si ricorderà,
ha avuto il singolare privilegio di
essere annoverata da Papa Francesco tra le figure dei quattro «grandi
americani» che con la loro testimonianza di vita hanno saputo incarnare valori fondamentali per la costruzione di un «futuro migliore».
L’arcidiocesi newyorkese, attraverso
il suo sito in rete, ha infatti reso
noto che il cardinale Timothy Michael Dolan ha aperto la tradizionale inchiesta canonica per la raccolta di testimonianze relativa alla
vita e alle opere della Day per determinare l’esistenza delle necessarie “virtù eroiche”.
Conclusa l’indagine, l’arcidiocesi
di New York, che sostiene la causa
di beatificazione e canonizzazione,
ne presenterà i risultati alla Congregazione delle cause dei santi e a
Papa Francesco, cui spetterà ogni
futura decisione. «A partire dalla
prossima settimana — ha fatto sapere il postulatore, monsignor Gregory A. Mustaciuolo — inizieremo ad
ascoltare i testimoni oculari, in tutto una cinquantina di persone, che
hanno seguito da vicino l’esperienza di Dorothy Day». Nei prossimi
mesi, inoltre, sempre il cardinale
arcivescovo di New York provvederà a nominare una commissione
storica che sarà incaricata di ricostruire il contesto culturale in cui
ha operato la Day, mentre degli
esperti teologi avranno il compito
di vagliarne la vasta produzione
pubblicistica.
Donna di grande spessore umano, culturale e spirituale, Dorothy
Day, nata a New York l’8 novembre 1897, è stata una giornalista e
attivista sociale divenuta celebre soprattutto per le sue campagne in
difesa dei poveri e dei senza casa.
L’anno fondamentale per la sua vita è il 1927, quando si converte al
cattolicesimo. Da allora, la fede cristiana corroborerà tutta la sua esperienza sociale e politica, iniziando
così un’importante presenza con i
lavoratori che la porterà a fondare
nel 1933, insieme a Peter Maurin, il
Catholic Worker Movement. Da
qui anche la nascita di «case di
ospitalità» per i poveri che rapida-
mente primato, collegialità e sinodalità.
Concludendo i lavori, Papa
Francesco ha ringraziato i membri del Consiglio per i loro contributi e per lo spirito di comunione fraterna vissuto nel corso
della riunione.
mente si diffusero anche oltre i
confini statunitensi.
Nel discorso al Congresso degli
Stati Uniti, il 24 settembre 2015,
Papa Francesco ha associato la figura di Dorothy Day a quella di altri tre statunitensi — il presidente
Abraham Lincoln, il leader antirazzista Martin Luther King, il monaco Thomas Merton — che «hanno
dato forma a valori fondamentali
che resteranno per sempre nello
spirito del popolo americano».
volontari e organizzando la solidarietà della Chiesa verso il popolo
ecuadoriano. Oltre alle vittime e ai
feriti, sono moltissimi gli edifici, i
ponti e le strade lesionati. I dati ufficiali parlano di 370 immobili distrutti, di altri 151 edifici e 26 scuole
danneggiati.
Il comune di Pedernales è il più
colpito; in pratica è totalmente devastato ed è rimasto solo un cumulo di
macerie. Si tratta — ha aggiunto il
segretario esecutivo di Caritas — di
zone tra le più povere dell’Ecuador.
La popolazione delle province di
Manabí e di Esmeraldas vive di turismo, commercio, pesca e piccola imprenditoria locale, dentro un’economia di mera sussistenza. Esmeraldas
e gli altipiani andini della vicina
provincia di Imbabura sono tra le
regioni più sismiche dell’Ecuador.
Per ridurre la vulnerabilità della popolazione in caso di catastrofi naturali, la Caritas aveva avviato negli
ultimi anni progetti di preparazione
alle emergenze, attività di prevenzione e piani di evacuazione che sono
stati presentati anche nelle scuole.
La Conferenza episcopale si è rivolta al Paese attraverso un comunicato esprimendo l’intenzione dei vescovi di «far arrivare al popolo ecuadoriano una parola di fiducia nel Signore». In particolare ai «fratelli
delle province di Manabí e di Esmeraldas, che sembrano essere le zone
più colpite. Invitiamo tutti a unirsi a
una colletta nazionale in favore delle
persone più colpite, al fine di soccorrerle nelle loro necessità più immediate».
Per la carità
del Pontefice
Sarà devoluto all’Elemosineria apostolica il ricavato dell’annuale cena
di beneficenza organizzata dall’associazione Santi Pietro e Paolo per
raccogliere fondi a favore di iniziative caritative. L’appuntamento per i
soci e per gli amici dello storico sodalizio è per la sera di venerdì 22
aprile, alle 19.30, presso l’istituto romano Villa Flaminia, in viale del Vignola 56.
E nell’ambito delle iniziative per
la carità del Papa si inserisce anche
l’esposizione di oggetti regalo, arredi
e articoli estivi promossa dal Circolo
San Pietro dall’11 al 14 maggio. Come ogni anno il sodalizio ha organizzato la vendita nella sede di Palazzo San Calisto, per destinarne il
ricavato ai poveri di Roma.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 21 aprile 2016
pagina 7
Pellegrinaggio giubilare della diocesi di Ozieri
Per crescere nella comunione
Alla squadra di sci austriaca il Papa richiama i valori dello sport
Integrazione
e accoglienza
Impegno, perseveranza, determinazione, correttezza, solidarietà, spirito
di squadra: sono questi «i valori rappresentati dallo sport» che il Papa
ha ricordato a un centinaio tra atleti e dirigenti della Federazione austriaca
di sci, ricevuti prima dell’udienza generale mercoledì mattina, 20 aprile,
nell’auletta dell’Aula Paolo VI. Guidavano il gruppo, che ha anche varcato
la porta santa giubilare della basilica vaticana, il presidente federale Peter
Schröcksnadel e il direttore sportivo Hans Pum; l’arcivescovo di Salisburgo,
Franz Lackner, e il responsabile per la pastorale degli sportivi olimpionici,
padre Johannes Paul Chavanne. All’inizio dell’incontro Francesco è stato
salutato in tedesco quindi gli è stato offerto il ricavato di una colletta per opere
caritative da destinare a bambini africani bisognosi. Di seguito le parole
pronunciate dal Pontefice.
Cari amici,
sono lieto di accogliervi qui in Vaticano quest’oggi.
Quando penso all’Austria con le
sue montagne alpine, mi viene in
mente anche lo sport invernale. Lo
sci ha una grande importanza e tradizione nel vostro Paese, e tutta la
popolazione è in grande fermento
quando voi sostenete delle gare avvincenti. Voi siete modelli soprattutto per molti giovani. Ma siete
anche figure di integrazione, non
solo per le prestazioni sportive, ma
per le virtù e i valori rappresentati
dallo sport: impegno, perseveranza,
determinazione, correttezza, solidarietà, spirito di squadra. Con il vostro esempio contribuite alla formazione della società. Siate sempre
messaggeri della forza unitiva dello
sport e dell’accoglienza! E, ritornando alla ricchezza naturale del
vostro Paese, siate messaggeri della
salvaguardia dell’ambiente e della
bellezza della creazione di Dio.
Grazie per la vostra visita! Il Signore vi benedica tutti.
«Il pellegrinaggio aiuta a uscire dalla quotidianità, a considerare le realtà che davvero contano nella vita», ed «è un tempo di ripensamento interiore e una presa di coscienza di se stessi e del proprio impegno nella società e nella
Chiesa». È quanto ha sottolineato l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di
Stato, martedì sera, 19 aprile, all’altare della
cattedra della basilica vaticana celebrando la
messa per i cinquecento fedeli della diocesi di
Ozieri, in questi giorni a Roma in pellegrinaggio giubilare.
Momento culminante è stata la partecipazione all’udienza generale di mercoledì 20 in
piazza San Pietro, dove i pellegrini sardi hanno ricevuto il saluto di Papa Francesco. «Siamo qui per esprimere l’unità della diocesi — ha
spiegato il vescovo Corrado Melis — e portare
il nostro abbraccio al Santo Padre per dirgli
che siamo solleciti al suo magistero e insegnamento». In precedenza hanno compiuto un significativo itinerario spirituale con tappe nel
monastero delle trappiste a Vitorchiano, nel
Viterbese (dove è sepolta la beata Maria Gabriella Sagheddu, religiosa nativa di Dorgali,
apostola dell’unità dei cristiani, morta a soli 25
anni), ad Assisi, a Cascia e infine in San Pietro, dove hanno partecipato alla celebrazione
eucaristica presieduta dall’arcivescovo Becciu,
anch’egli originario della diocesi, e varcato la
porta santa.
«La meta vera di questo vostro pellegrinaggio — ha detto all’omelia il presule — oltre Roma e la tomba di san Pietro, è la persona stessa di Gesù, “via, verità e vita”. È una tappa
che vi aiuta a considerare la tappa finale della
vostra vita: il Paradiso, che in questi giorni potrete quasi pregustare contemplando la bellezza della città eterna e sentendo la vicinanza e
la testimonianza dei martiri e dei santi che a
migliaia hanno qui vissuto e testimoniato il
Vangelo». Inoltre, ha aggiunto il sostituto della segreteria di Stato, «il pellegrinaggio è anche occasione per condividere il cammino della vita con gli altri. È un’opportunità per rendere più concreto il legame d’unità tra i fedeli
e tra fedeli e pastori della Chiesa locale, per
crescere nella comunione fraterna. Non siamo
soli nel cammino della vita, possiamo sostenerci e aiutarci gli uni gli altri».
Infine, soffemandosi in particolare sulla
tomba di Pietro, il celebrante l’ha definita «la
testimonianza dell’infinita misericordia di Dio
verso di noi», perché — ha spiegato — il pescatore di Galilea «era un peccatore. Come lo siamo tutti noi. Ma Gesù non si allontana da Si-
mone. Gli rimane vicino tutta la vita». Di più
«Pietro è amico di Gesù, che tra pubblicani e
peccatori aveva i suoi amici». E proprio per
questo stesso motivo «Pietro ha vissuto nel desiderio di rispondere a tanto amore con il suo.
Così è giunto a dare la vita nel martirio», perché «amore chiama amore». Da qui l’attualità
dell’esempio del principe degli apostoli, che
«invita oggi anche a noi ad accogliere la misericordia di Dio», con la conseguente consegna
a rinnovare «presso la sua tomba questa fede,
anche senza vedere con gli occhi. Una fede
che Pietro — ha concluso monsignor Becciu —
ci invita a tradurre in vita, testimoniando la carità».
Simposio dello Schülerkreis sull’ecumenismo
Ut unum sint
Ut unum sint: saranno incentrati su una tematica
ecumenica i lavori del prossimo simposio promosso
dal Neue Schülerkreis von Kardinal Ratzinger /
Papst Benedikt XVI., il circolo che riunisce gli ex allievi di Joseph Ratzinger. Si svolgerà venerdì 22
aprile in Austria, presso l’Istituto internazionale teologico di Trumau, e tra i relatori avrà i cardinali
Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e Kurt
Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e il metropolita greco-ortodosso per l’Austria, Arsenios. Il simposio si
aprirà con la concelebrazione eucaristica presieduta
dal cardinale Koch, il quale subito dopo parlerà sul
tema «Servizio alla piena e visibile unità. La comprensione dell’ecumenismo di Joseph Ratzinger /
Papa Benedetto XVI». Successivamente il cardinale
Schönborn e il metropolita Arsenios interverranno
rispettivamente su «visione per il futuro dell’ecumenismo» e su «cinquanta anni di dialogo di amore e
verità». Quindi l’abate Maximiliam Heim parlerà
del rapporto tra «monachesimo ed ecumenismo».
Gruppi di fedeli in piazza San Pietro
All’udienza generale di mercoledì 20 aprile,
in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi.
Da diversi Paesi: Religiose dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia - USMI
Pie Discepole del Divin Maestro; Partecipanti al Congresso Europeo “Terapia del dolore e cure palliative”; Gruppo ex-alunni di Viva la Gente.
Dall’Italia: Pellegrinaggio della
Diocesi di Biella, con il Vescovo Gabriele Mana; Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Pesaro, con l’Arcivescovo
Piero Coccia; Pellegrinaggio della
Diocesi di Nicosia, con il Vescovo Sal-
vatore Muratore; Pellegrinaggio della
Diocesi di Ozieri, con il Vescovo Corrado Melis; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: San Nicolò, in Monfalcone;
Santa Maria Regina della pace, in Vicenza; San Tiziano, in Stretti di Eraclea; Santi Felice e Fortunato, in Limena; San Michele, in Brendola; Santo Stefano, in Sale di Gussago; San
Martino, in Calolzio di Calolziocorte;
Santissima Trinità, in Monza; San
Giorgio martire, in San Giorgio; San
Vittore, in Albavilla; San Siro, in Soresina; Beata Vergine Consolata, in Collegno; Maria Vergine Incoronata, in
Castelletto Stura; Santa Maria Maggiore, in Imperia; San Nicolò, in Argenta; Regina Pacis, in Reggio Emilia;
Santi Nazario e Celso, in Vignola;
Santi Simone e Giuda, in Empoli; San
Giovanni Evangelista, in Santa Maria
a Monte; Santa Maria Assunta, in Melano di Fabriano; Santi Urbano e Michele, in Apiro; San Gabriele, in Teramo; Maria Santissima Assunta in cielo, in Bassano Romano; Santa Emerenziana, in Roma; San Clemente, in
Velletri; San Leonardo, in Roccasicura; San Sabino, in Bari; San Marco, in
Locorotondo; San Nicola, in Palagiano; Regina del Rosario, in Palagianello; San Sossio, in Somma Vesuviana;
Spirito Santo, in Marano di Napoli; Maria
Santissima di Costantinopoli, in Nocera Superiore; Santissima Trinità,
in Sala Consilina; Santa
Maria di Gesù, in Caltagirone; Santa Lucia, in
Enna; Santi Alfio, Filadelfo e Cirino, in Trecastagni;
Santa
Maria
Maggiore, in Mazzarino;
Maria Immacolata, in
Villa Rosa; Comunità
pastorale Santa Maria,
di Suello; Comunità pastorale Maria Santissima
Regina dei Martiri, di
Missaglia; Comunità pastorale Maria Madre
dell’ascolto, di Sovico,
Biassono e Macherio;
Unità pastorale del Tesino; Decanato Gallaratese; Vicariato di AmegliaArcola; gruppi di fedeli
dalle Parrocchie di Marzeno, Rivalta, Sarna,
Terzigno, San Giuseppe
Vesuviano, Uditore; Pellegrinaggio del Movimento Apostolico; Confraternita Maria Santissima Immacolata, di Barcellona Pozzo di Gotto;
Comunità missionaria di
Villaregia, di Pordenone;
Ufficiali e Militari dell’Arma del Genio; Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, di Taranto; Circolo Unicredit Banca di Roma;
Consiglio comunale dei ragazzi, del
Comune di Ascoli Piceno, con il Vescovo Giovanni D’Ercole; Associazione Biancazzurra, di Teramo; Associazione Asso È, di Afragola; Associazione ANFFAS, di Modena; Associazione
Santissimo Redentore, di Canicattì;
Associazione Madonna dell'Arco, di
Striano; Associazione pensionati agricoltori Alta Lombardia; Fondazione
Madonna del Soccorso, di Fauglia;
Fondazione Aiutiamoli a vivere, di
Terni; Centro Don Bosco, di Treviglio;
Centro Villa Lais, di Roma; gruppo
dell’Unitalsi; gruppo dell'Ospedale
Santobono, di Napoli; Polo tecnico
professionale, di Lugo; Cooperativa
Armonia, di Sant’Antonio Abate; Cooperativa Il sogno, di Roma; Lavoratori
di Almaviva Contact, di Roma; Gruppi di studenti: Liceo Jommelli, di
Aversa; Liceo Bertolucci, di Parma; Liceo Pitagora, di Isili; Istituto Vittorio
Veneto - Minozzi, di Castrovillari; Istituto Marconi, di Pontedera; Istituto
Pellico, di Lettere; Istituto Casola, di
Napoli; Istituto comprensivo, di Albano-Cecchina; Istituto Scaruffi-Levi-Tricolore, di Reggio Emilia; Istituto Sirani Aldini, di Bologna; Istituto I promessi sposi, di Forìo; Istituto Oriani,
di Faenza; Istituto San Pio V, di Roma; Istituto Lapi, di Apecchio; Istituto Meucci, di Firenze; Scuola Ambrosi, di Pescara; Scuola Santa Maria Vetere, di Andria; Scuola Montessori, di
Crotone; Scuola Madonnina del Duomo, di Oggiono; Scuola secondaria, di
Ales; Asilo, di Praia a Mare; Gruppi
di fedeli da: Mentana, Inveruno, Palermo, Noci, Rho, Vignate, Ciampino,
Varese, Montesilvano, Pescara, Pozzolo, San Benedetto del Tronto, Omate
Brianza, Carmignano di Brenta, Castel
San Giorgio, Marradi, Città della Pieve, Verbania.
Dalla Svizzera: Parrocchia Santa
Maria degli Angioli, in Lugano gruppo di fedeli da Chiasso; Missione cattolica italiana, di Berna.
Dalla Germania: Missione cattolica
italiana, di Dortmund, e di VillingenSingen.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Ucraina; Russia; Bielorussia; Croazia; Ungheria; Lituania; Repubblica Ceca; Slovacchia;
Bosnia ed Erzegovina.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii:
Wniebowzięcia Najświętszej Maryi
Panny z Lidzbarka, św. Mikołaja z Lisowa, Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny z Dulska, Świętej Rodziny z
Radomia, Najświętszego Serca Jezusowego
ze
Skarżyska-Kamiennej,
Wszystkich Świętych z Tarnowa Podgórnego,
Podwyższenia
Krzyża
Świętego z Pszczyny, św. Klemensa z
Rusocina, św. Anny z Szewc, Nawiedzenia Najświętszej Maryi Panny z
Ratajów, Najświętszej Maryi Panny
Anielskiej z Dąbrowy Górniczej,
Najświętszego Serca Jezusowego z Radomia; grupa osób niewidomych z
opiekunami, z Kielc; Wydawnictwo
Apostolstwa Modlitwy z Krakowa;
pielgrzymki: z diecezji zamojsko-luba-
czowskiej, Zespołu Szkół Zakonu Pijarów z Poznania, Związku Zawodowego Kontra przy Kopalni Węgla Kamiennego Knurów-Szczygłowice; grupy turystyczne z Warszawy i Mielca;
pielgrzymi indywidualni.
De France: Pèlerinage de servants
d’autel du diocèse de Périgueux, avec
S.Exc. Mgr Philippe Mousset; groupe
de pèlerins du diocèse de Lyon; groupe de diacres du diocèse du Mans,
avec S.Exc. Mgr Yves Le Saux; séminaire de la Société Jean-Marie Vianney, d’Ars-sur-Formans; Paroisse Notre-Dame d’Alliance, de Paris; paroisse
Notre-D ame-de-l’Assomption, de Paris; paroisse Saint-Hugues, de Marcigny; Paroisse Sainte-Benilde en Limagne, d’Aigueperse; Paroisse du SacréCœur, de Fréjus; groupe de pèlerins
des paroisses de Strasbourg, Herrlisheim, Villeurbanne sud, Revel, Mende, Enghien-les-Bains, Pont-de-Veyle;
aumônerie Notre-Dame-de-La-Salette,
de Paris; aumônerie Avance au large,
de Marcigny-en-Bourgogne; Doyenné
du Marais; Ensemble paroissial de
Sommières; Communauté de paroisses
Saint-Privat, Metz sud; groupe Etoile
Notre-Dame, de Mayenne; Groupe
“Joie d'Evangile”, du diocèse de Grenoble-Vienne; Externat Bon accueil,
de Toulon; Mouvement chrétien des
retraités, de Marseille; groupe “Le Refuge” - Les Fours, de Les Vastres; Guides et scouts d’Europe, de la région
grenobloise; groupe Armor Saint-Pierre, de Saint-Brieuc et Tréguier; lycée
Saint-Vincent-de-Paul, de Beauvais; lycée Lamennais, de Ploermel; Lycée
Teilhard de Chardin, de Saint-Maurdes-Fosses; Collège Lasallien, de Coudekerque-Braniche; Collège Saint Joseph, de Lectoure; Collège Saint-Michel, de Château Gantier; Collège du
Grand Lemps; groupe de l’enseignement catholique, de Perpignan.
De Belgique: secteur pastoral de
Bertogne.
From various Countries in Europe:
Mernbers of the Anglican — Roman
Catholic
“Malines
Conversations
Group”; A group of Vietnamese pilgrims.
From Croatia: Pilgrims from St
Martin Parish and St Mary Magdalene Parish, Diocese of Varazdin.
From Norway: Priests of the Missionaries of the Holy Family; Theological students and professors from
Fjellhaug Lutheran University College, Oslo.
From Australia: Students, staff and
parents from Christian Brothers High
School, Lewisham, New South Wales.
From Singapore: A group of pilgrims.
From the Philippines: Alumni from
Silliman University College of Nursing class 1977, Dumaguete City.
From the United States of America:
Pilgrims from the following dioceses:
San Bernardino, California; Owensboro, Kentucky; Lafayette, Louisiana;
Manchester, New Hampshire, accompanied by Bishop Peter Libasci; Pilgrims from the following parishes; St
Louis de France, Washington, D C; St
Thomas More, Boynton, Florida; St
Mary, Wrentham, Massachusetts; St
Gabriel, Saddle River, New Jersey; St
Joseph, Sylvania, Ohio.
Aus der Bundesrepublik Deutsch-
land: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Justinus, Alzenau; Pfarreiengemeinschaft Apolda, Jena, Camburg und Bad Sula; Maria Himmelfahrt, Bad Aibling; Pfarrverband
Stiftsland Berchtesgaden; St. Severus,
Boppard; St. Michael, Bruchsal; St.
Gertrud, Dingelstädt; St. Georg, Eiterfeld; St. Laurentius, Essen; St. Georg,
Fulda; St. Martin, Hutthurm; Pfarreiengemeinschaft Knetzgau; St. Peter
und Paul, Lindenberg; St. Sebastian,
Magdeburg; St. Jakobus, Mannheim;
Beata Maria Virgo, Neuzelle; St. Peter
und Paul, Owingen; St. Jakob,
Schrobenhausen; St. Bartholomäus,
Schwarzenholz; St. Joseph, Sindelfingen; St. Antonius, Wuppertal-Barmen;
Pilgergruppen aus dem Erzbistum
Freiburg; Bistum Hildesheim; Erzbistum München-Freising; Bistum Münster; Erzbistum Paderborn; Bistum
Trier; Pilgergruppen aus: Drolshagen;
Glonn; Hanhofen; Trier; Pilgerreise
der Stiftung «Ecclesia mundi»; Katholischer Frauenbund Berchtesgadener
Land und Traunstein; Überdiözesanes
Seminar und Studienhaus St. Lambert, Burg Lantershofen; Italienische
Katholische Mission, Dortmund; Missionsgemeinschaft Mariä Aufnahme in
den Himmel, Gaimersheim; Evangelische Kirchengemeinde Recklinghausen-Süd; Italienische Katholische Mission, Villingen-Singen; LWL-Kliniken,
Marsberg; Mittelbayerische Leserreisen, Regensburg; Leserreise Traunsteiner Tagblatt; Bayerische Schulamtsdirektoren.
Aus der Republik Österreich: Pilgergruppen aus den Pfarreien St. Nikolaus, Frankenmarkt; St. Veit, St.
Veit im Pongau; Pilgergruppen aus
Mellau; Katholische Jugend aus Dornbirn-Hatlerdorf zum 50-jährigen Jubiläum; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus dem Gymnasium Bertha von
Suttner – Schulschiff, Wien.
Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilger aus der Pfarreiengemeinschaft Schaffhausen; Pilgergruppe
aus Gretzenbach; Firmlinge aus folgenden Pfarren: Seelsorgeverband Birmenstorf, Gebenstorf und Turgi; St.
Peter und Paul, Leuggern und St. Antonius, Kleindöttingen; Ministranten
aus folgenden Pfarren: Seelsorgeeinheit Diepoldsau-Schmitter; St. Maria
Magdalena, Untereggen; St. Johannes
der Täufer, Walchwil.
De España: grupo de sacerdotes de
la Archidiócesis de Madrid; Parroquia
San Juan Crisóstomo, de Madrid;
Parroquia San Mateo, de Pozuelo de
Alarcón; Colegio San José, de León;
Colegio San Antonio Abad, de Canals; Instituto Las Brenas, de Tenerife.
De México: Equipo organizador de
la visita del Santo Padre a Ciudad
Juárez.
De Argentina: grupos de peregrinos.
Do Brasil: Comunidade Obra de
Maria; Paróquia de São José, de São
João da Boa Vista.
Lutto nell’episcopato
Monsignor Rubén Héctor Di
Monte, arcivescovo emerito di
Mercedes-Luján, in Argentina, è
morto martedì mattina, 19 aprile, all’età di 84 anni. Il compianto presule era nato a Luján
il 12 aprile 1932 e aveva ricevuto
l’ordinazione sacerdotale il 5 dicembre 1954. Eletto alla Chiesa
titolare di Giomnio e al contempo nominato ausiliare di Avellaneda il 13 giugno 1980, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale
il 16 agosto successivo, nella basilica di Luján da monsignor
Antonio Quarracino, allora vescovo di Avellaneda. Il 24 marzo 1986 era stato trasferito alla
sede residenziale di Avellaneda
e il 7 marzo 2000 era stato promosso arcivescovo di MercedesLuján. Il 27 dicembre 2007 aveva rinunciato al governo pastorale dell’arcidiocesi. Le esequie
sono state celebrate, mercoledì
mattina 20 aprile, nella basilica
di Nostra Signora di Luján.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
Giovanni Andrea Sirani, «La cena in casa del fariseo» (1652, particolare)
All’udienza generale Francesco parla delle lacrime della peccatrice che ottengono il perdono
Dalla parte
della donna che piange
«Tra il fariseo e la donna peccatrice,
Gesù si schiera con quest’ultima»,
perché è «libero da pregiudizi che
impediscono alla misericordia di
esprimersi». È quanto ha
sottolineato Papa Francesco
all’udienza generale di mercoledì 20
aprile, proseguendo con i fedeli
presenti in piazza San Pietro, le
riflessioni sulla tematica giubilare
riletta alla luce del vangelo.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi vogliamo soffermarci su un
aspetto della misericordia ben rappresentato dal brano del Vangelo
di Luca che abbiamo ascoltato. Si
tratta di un fatto accaduto a Gesù
mentre era ospite di un fariseo di
nome Simone. Questi aveva voluto invitare Gesù a casa sua perché
aveva sentito parlare bene di Lui
come di un grande profeta. E
mentre si trovano seduti a pranzo,
entra una donna conosciuta da
tutti in città come una peccatrice.
Questa, senza dire una parola, si
mette ai piedi di Gesù e scoppia
in pianto; le sue lacrime bagnano i
piedi di Gesù e lei li asciuga con i
suoi capelli, poi li bacia e li unge
con un olio profumato che ha portato con sé.
Risalta il confronto tra le due figure: quella di Simone, lo zelante
servitore della legge, e quella
dell’anonima donna peccatrice.
Mentre il primo giudica gli altri in
base alle apparenze, la seconda
con i suoi gesti esprime con sincerità il suo cuore. Simone, pur
avendo invitato Gesù, non vuole
compromettersi né coinvolgere la
sua vita con il Maestro; la donna,
al contrario, si affida pienamente a
Lui con amore e con venerazione.
Il fariseo non concepisce che
Gesù si lasci “contaminare” dai
peccatori. Egli pensa che se fosse
realmente un profeta dovrebbe riconoscerli e tenerli lontani per
non esserne macchiato, come se
fossero lebbrosi. Questo atteggiamento è tipico di un certo modo
di intendere la religione, ed è motivato dal fatto che Dio e il peccato si oppongono radicalmente. Ma
la Parola di Dio ci insegna a distinguere tra il peccato e il peccatore: con il peccato non bisogna
scendere a compromessi, mentre i
peccatori — cioè tutti noi! — siamo
come dei malati, che vanno curati,
e per curarli bisogna che il medico
li avvicini, li visiti, li tocchi. E naturalmente il malato, per essere
guarito, deve riconoscere di avere
bisogno del medico!
Tra il fariseo e la donna peccatrice, Gesù si schiera con quest’ultima. Gesù, libero da pregiudizi
che impediscono alla misericordia
di esprimersi, la lascia fare. Lui, il
Santo di Dio, si lascia toccare da
lei senza temere di esserne contaminato. Gesù è libero, perché vicino a Dio che è Padre misericordioso. E questa vicinanza a Dio,
Padre misericordioso, dà a Gesù la
libertà. Anzi, entrando in relazione con la peccatrice, Gesù pone fine a quella condizione di isolamento a cui il giudizio impietoso
del fariseo e dei suoi concittadini
— i quali la sfruttavano — la condannava: «I tuoi peccati sono perdonati» (v. 48). La donna ora può
dunque andare “in pace”. Il Signore ha visto la sincerità della
sua fede e della sua conversione;
perciò davanti a tutti proclama:
«La tua fede ti ha salvata» (v. 50).
Da una parte quell’ipocrisia del
dottore della legge, dall’altra parte
la sincerità, l’umiltà e la fede della
donna. Tutti noi siamo peccatori,
ma tante volte cadiamo nella tentazione dell’ipocrisia, di crederci
migliori degli altri e diciamo:
“Guarda il tuo peccato...”. Tutti
noi dobbiamo invece guardare il
nostro peccato, le nostre cadute, i
nostri sbagli e guardare al Signore. Questa è la linea di salvezza: il
rapporto tra “io” peccatore e il Signore. Se io mi sento giusto, questo rapporto di salvezza non si dà.
A questo punto, uno stupore
ancora più grande assale tutti i
commensali: «Chi è costui che
perdona anche i peccati?» (v. 49).
Gesù non dà una esplicita risposta, ma la conversione della peccatrice è davanti agli occhi di tutti e
dimostra che in Lui risplende la
potenza della misericordia di Dio,
capace di trasformare i cuori.
La donna peccatrice ci insegna
il legame tra fede, amore e riconoscenza. Le sono stati perdonati
«molti peccati» e per questo ama
molto; «invece colui al quale si
perdona poco, ama poco» (v. 47).
Anche lo stesso Simone deve ammettere che ama di più colui al
quale è stato condonato di più.
Dio ha racchiuso tutti nello stesso
mistero di misericordia; e da questo amore, che sempre ci precede,
tutti noi impariamo ad amare. Come ricorda san Paolo: «In Cristo,
mediante il suo sangue, abbiamo
la redenzione, il perdono delle
colpe, secondo la ricchezza della
sua grazia. Egli l’ha riversata in
abbondanza su di noi» (Ef 1, 7-8).
In questo testo, il termine “grazia”
è praticamente sinonimo di misericordia, e viene detta “abbondante”, cioè oltre ogni nostra attesa,
perché attua il progetto salvifico
di Dio per ognuno di noi.
Cari fratelli, siamo riconoscenti
del dono della fede, ringraziamo il
Signore per il suo amore così
grande e immeritato! Lasciamo
che l’amore di Cristo si riversi in
noi: a questo amore il discepolo
attinge e su di esso si fonda; di
questo amore ognuno si può nutrire e alimentare. Così, nell’amore
riconoscente che riversiamo a nostra volta sui nostri fratelli, nelle
nostre case, in famiglia, nella società si comunica a tutti la misericordia del Signore.
Nel trentennale della tragedia di Chernobyl il Papa rilancia la colletta di domenica prossima per l’Ucraina
Conflitto dimenticato
«La popolazione dell’Ucraina soffre per le
conseguenze di un conflitto, dimenticato da tanti»:
lo ha detto il Papa al termine dell’udienza generale,
salutando i vari gruppi linguistici presenti. Il
Pontefice ha di nuovo invitato la Chiesa in Europa
a sostenere domenica prossima, 24 aprile, la colletta
da lui indetta «per venire incontro a tale emergenza
umanitaria». Nella circostanza ha anche ricordato
due avvenimenti luttuosi: il trentennale della
tragedia nucleare di Chernobyl e, in spagnolo, il
terremoto che ha devastato l’Ecuador.
Sono lieto di accogliervi, cari pellegrini di lingua
francese, particolarmente i Diaconi di Mans e i
ministranti di Périgueux con i loro vescovi, il seminario di Ars e il gruppo Gioia del Vangelo di
Grenoble, come pure i numerosi pellegrini di
Francia e Belgio. In questo tempo di Pasqua, lasciamo che l’amore misericordioso di Dio si diffonda nei nostri cuori affinché noi stessi sappiamo accogliere con amore i nostri fratelli e le nostre sorelle. Che Dio vi benedica!
Saluto i visitatori di lingua inglese presenti
all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Croazia, Norvegia, Svezia, Australia,
Singapore, Taiwan, Filippine e Stati Uniti
d’America. Nella gioia del Signore Risorto, invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre. Il Signore vi benedica!
Do un caloroso benvenuto ai pellegrini di lingua tedesca. Saluto in particolare i seminaristi
del Seminario interdiocesano Sankt Lambert di
Burg Lantershofen, nonché i membri ed amici
della Fondazione Ecclesia mundi. Cari fratelli e
sorelle, Dio ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4,
19): rispondiamo con il nostro amore verso il Signore e verso gli altri, così possiamo trasformare
il mondo. Di cuore vi benedico tutti.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y América latina. Queridos
hermanos, en Cristo, que perdona los pecados,
brilla en Él la fuerza de la misericordia de Dios,
capaz de transformar los corazones. Abrámonos
al amor del Señor, y dejémonos renovar por Él.
En esta lengua que nos une a España y Latinoamérica, Hispanoamérica, quiere decir también a
nuestros hermanos del Ecuador, nuestra cercanía, nuestra oración, en este momento de dolor.
Gracias.
Di cuore saluto i pellegrini brasiliani della
Comunità Obra de Maria e tutti i presenti di lingua portoghese. Benvenuti! Nulla vi impedisca
di vivere e crescere nell’amicizia del Signore Gesù, e testimoniare a tutti la sua grande bontà e
misericordia! Scenda generosamente la sua Benedizione su di voi e sulle vostre famiglie.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di
lingua araba, in particolare a quelli provenienti
dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, essere
apostoli di misericordia significa toccare e accarezzare le piaghe, presenti nel corpo e nell’anima
di tanti nostri fratelli e sorelle; e curando queste
piaghe professiamo Gesù, lo rendiamo presente
e vivo; permettiamo agli altri di toccare con mano la sua misericordia. Il Signore vi benedica!
Do un cordiale benvenuto ai pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, siamo riconoscenti del
dono della fede, ringraziamo il Signore per il
suo amore! Lasciamo che l’amore di Cristo si riversi in noi: a questo amore il discepolo attinge
e su di esso si fonda; di questo amore ognuno si
può nutrire e alimentare. Così, nell’amore riconoscente che riversiamo a nostra volta sui nostri
fratelli, nelle nostre case, in famiglia, nella società si comunica a tutti la misericordia del Signore. Dio vi benedica!
Saluto i pellegrini venuti dall’Ucraina e dalla
Bielorussia, in occasione della conferenza internazionale nel 30° anniversario della tragedia di
Chernobyl.
Mentre rinnoviamo la preghiera per le vittime
di quel disastro, esprimiamo la nostra riconoscenza ai soccorritori e per tutte le iniziative con
cui si è cercato di alleviare le sofferenze e i
danni.
Saluto di cuore i fedeli venuti dalla Federazione Russa, in particolare i pellegrini della diocesi
di San Clemente a Saratov, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Clemens Pickel.
Che il Signore vi benedica abbondantemente
in questo Anno della Misericordia, facendovi
tutti testimoni della sua carità!
La popolazione dell’Ucraina soffre da tempo
per le conseguenze di un conflitto armato, dimenticato da tanti. Come sapete, ho invitato la
Chiesa in Europa a sostenere l’iniziativa da me
indetta per venire incontro a tale emergenza
umanitaria. Ringrazio in anticipo quanti contribuiranno generosamente all’iniziativa, che avrà
luogo domenica prossima, 24 aprile.
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di
lingua italiana. Sono lieto di accogliere con particolare affetto i fedeli delle Diocesi di Pesaro,
Biella, Nicosia e Ozieri, accompagnate dai rispettivi Vescovi Mons. Coccia, Mons. Mana,
Mons. Muratore e Mons. Melis: auspico che il
vostro pellegrinaggio giubilare susciti in voi il
desiderio di diventare sempre più testimoni di
misericordia e rendere le vostre comunità ricche
del dinamismo della fede e di spirito missionario. Saluto i medici partecipanti al Congresso
Europeo “Terapia del dolore e cure palliative”; il
pellegrinaggio del Movimento Apostolico; le religiose dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia e
la Fondazione “Aiutiamoli a vivere” di Terni.
Un saluto particolare porgo ai giovani, agli
ammalati e agli sposi novelli. Domani ricordiamo Sant’Anselmo di Aosta, vescovo e dottore
della Chiesa. Il suo esempio di vita spinga voi,
cari giovani, specialmente voi ragazzi di Aversa
e di Ascoli Piceno, a vedere in Gesù misericordioso il vero maestro di vita; la sua intercessione
ottenga per voi, cari ammalati, la serenità e la
pace presenti nel mistero della croce; e la sua
dottrina sia un incoraggiamento per voi, cari
sposi novelli, a diventare educatori dei vostri figli con la sapienza del cuore.
giovedì 21 aprile 2016
Quel bacio sulle mani
È con un bacio sulle mani che
Francesco ha accolto stamani don
Ernest Simoni, il sacerdote
albanese che ha passato ventotto
anni in prigione: il Papa,
commosso, lo aveva già
abbracciato il 21 settembre 2014 a
Tirana, dopo aver ascoltato la
storia della sua persecuzione. «Per
undicimila giorni don Ernest è
stato sottoposto a torture e lavori
forzati» racconta Mimmo Muolo,
giornalista di «Avvenire» che ha
scritto il libro Don Ernest Simoni.
Dalla persecuzione all’incontro con
Francesco. Ed è stato proprio il
sacerdote a consegnarne stamani
una copia nelle mani del Papa.
Con lui anche suor Marisa,
rappresentante delle edizioni
Paoline che hanno pubblicato il
volume.
«La mia persecuzione — dice don
Simoni — è iniziata nella notte di
Natale del 1963 quando, per il
semplice fatto di essere prete, sono
stato arrestato e messo in cella di
isolamento, torturato e condannato
a morte». Al suo compagno di
cella ordinarono di registrare «la
prevedibile rabbia» del sacerdote
contro il regime: ma don Ernest
ebbe solo parole di perdono e di
preghiera per i suoi aguzzini. E
così la pena venne commutata in
venticinque anni di lavori forzati,
nelle miniere e nelle fogne di
Scutari. «In prigionia — ricorda —
ho celebrato la messa a memoria in
latino e ho anche distribuito la
comunione».
Finalmente il 5 settembre 1990 è
arrivata la libertà e don Ernest ha
ricominciato la sua attività
pastorale che, confida, in realtà
non aveva mai interrotto, «ma solo
vissuto in un contesto speciale». E
il suo primo atto è stato quello di
confermare il perdono ai suoi
aguzzini: «per loro — precisa —
invoco costantemente la
misericordia del Padre». Alla
inevitabile domanda su come abbia
potuto resistere a una tale
persecuzione senza piegarsi, don
Ernest risponde con un sorriso
prima di rivelare il suo segreto:
«Ma io non ho fatto nulla di
straordinario, ho sempre pregato
Gesù, ho sempre parlato di Gesù».
Accanto a don Simoni c’era una
significativa rappresentanza dei
cosiddetti «liquidatori di
Chernobyl»: sono coloro che
trent’anni fa, il 26 aprile 1986,
cercarono in ogni modo di
contenere gli effetti di quel tragico
incidente nucleare, pagandone di
persona le conseguenze. «Sono
vigili del fuoco, soldati, minatori e
volontari che davvero eroicamente
hanno provato a salvare la vita di
tante persone, prestando i primi
soccorsi e rimanendo esposti al
contagio» spiega l’arcivescovo di
Lviv dei latini, monsignor
Mieczysław Mokrzycki, che ha
accompagnato il gruppo venuto
dall’Ucraina. Al Papa hanno
voluto dire grazie anche per la
colletta da lui indetta per il 24
aprile proprio per ricordare e
venire incontro all’emergenza
umanitaria causata dal conflitto
tutt’ora in corso.
Sempre per mantenere viva la
memoria del disastro di Chernobyl,
all’udienza era presente anche
l’arcivescovo di Minsk-Mohilev,
monsignor Tadeusz Kondrusiewcz,
con una delegazione bielorussa.
«Siamo qui — dice — anche per
ricordare coloro che, in questi anni,
sono morti proprio per gli effetti
diretti e devastanti delle
radiazioni». Ricordare quanto è
accaduto a Chernobyl, aggiunge
ancora monsignor Mokrzycki,
«significa rilanciare anche
l’impegno per un vero rispetto
dell’uomo e del creato» secondo le
indicazioni suggerite da Papa
Francesco nella Laudato si’.
Con ucraini e bielorussi erano
presenti in piazza San Pietro i
rappresentanti della fondazione
«Aiutiamoli a vivere», nata a Terni
nel 1992 espressamente per aiutare
i bambini ammalati della regione
di Chernobyl. Finora ne sono stati
accolti in Italia oltre seicentomila
mentre centinaia di volontari
italiani passano le ferie estive in
Bielorussia per ristrutturare case e
ospedali: praticamente dal nulla
hanno realizzato il reparto di
pediatria a Slovgorod.
Con tanto di fascia tricolore,
Carlotta Mazzocchi, tredici anni,
iscritta alla terza media, ha guidato
il vivace “consiglio comunale” di
Ascoli Piceno composto da soli
ragazzi. Con lei il vero primo
cittadino, Guido Castelli, il
vescovo Giovanni D’Ercole e
soprattutto i quarantaquattro
ragazzi che compongono il
consiglio, assessori compresi, «per
occuparsi soprattutto delle
questioni che riguardano la scuola
e i disagi giovanili». Con il
pellegrinaggio diocesano di Ascoli
anche un gruppo di migranti che
sono stati accolti a braccia aperte
nella casa del clero, presso la
residenza del vescovo, e nella
struttura dell’Unitalsi. A Francesco
è stato consegnato inoltre «un
decalogo che impegna i medici a
curare il dolore dei pazienti e a
farsi carico delle sofferenze». A
promuovere l’iniziativa, scaturita
da un convegno a Roma, Paolo
Cherubino, presidente della
Società di ortopedia e
traumatologia e Antonio Corcione,
presidente della Società anestesia
analgesia.