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RIMMEL narrativa italiana 23 direzione editoriale: Calogero Garlisi redazione e comunicazione: Gabriele Dadati grafica e interni: Daniele Ceccherini utili consigli: Giulio Mozzi Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi ed episodi sono frutto dell’immaginazione dell’autore. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone è del tutto casuale. Pubblicato in accordo con MalaTesta Lit. Ag. Milano ISBN 978-88-98451-27-2 Laurana Editore è un marchio Novecento media s.r.l. Copyright © 2015 Novecento media s.r.l. via Carlo Tenca, 7 - 20124 Milano www.laurana.it - [email protected] Fabio Guarnaccia una specie di paradiso LAURANA EDITORE Ai miei genitori “Papà, ci fai sentire un po’ di rumore?” Christopher Hitchens “Non mi sono mai curata troppo dell’introspezione. Ho delle cose dentro, questo è indubbio, ma se sono dentro non vedo perché tirarle fuori”. Maria Teresa Indice 1. Dove Marzio incontra la Madonna. E qualcuno perde la pazienza. 13 2. Un gatto mezzo cieco scatena un putiferio e Marzio scappa di casa gocciolante. Ecco Maria Teresa. 19 3. Il ratto dell’icona e la fuga nella notte a bordo di una macchina che non fa rumore. 26 4. In cui Maria diventa Maria Teresa e vengono svelate le origini della sua ambiziosa missione. 32 5. Maria Teresa torna dalla Cina e scopre che Marzio è scomparso. 38 6. Trambusto per le vie del Lazzaretto, Marzio confessa il ratto e aiuta Nathalia a cercare l’icona. 42 7. Una mamma interinale e l’amicizia di Lucio. 52 8. Il Lazzaretto invaso da nuove forme di scrittura sociale e operazioni militari contro i “Kamikaze Tranquilli”. 62 9. Maria Teresa in Cina: alle prese con un attuario e la regolarizzazione dei rapporti occasionali. Scopriamo il suo piano assicurativo a doppia velocità. 70 10. In cui Marzio bacia Nathalia davanti a una scimmia, cena con sua madre e scopre l’esistenza dei KT. 80 11. In cui Lucio assiste al bombardamento delle icone. 91 12. Marzio e Lucio si gettano nel fuoco per salvare dei clandestini. Compaiono anche i Nuovi Crociati. 99 13. Marzio lotta contro don Antonio ma è vittima delle sue esalazioni mefitiche. L’ombra del tradimento oscura l’orizzonte del Lazzaretto. 109 14. In cui la mamma scopre l’icona della Madre in soffitta; Maria Teresa deve escogitare un piano per salvare il fratello e i figli fantasma. 118 15. Il padre si sveglia da un lungo letargo... appena in tempo per fronteggiare il prete sul piede di guerra. 129 16. Marzio confessa a Nathalia il ratto dell’icona e finiscono in un albergo a ore. Angelica convince il marito a dire “No”. Marzio si sente in trappola, 10 precipita all’inferno e decide di entrare in clandestinità. 139 17. Il fallimento del progetto Ricci e la crisi. Maria Teresa si aggrappa all’unica cosa che ha: un nuovo piano per stanare Marzio. 152 18. In cui Marzio riconquista Nathalia. 161 19. Marzio scopre con orrore quello che Maria Teresa ha scritto nella sua rubrica... 169 20. Il flash mob finisce male e Marzio ne fa le spese. 173 21. La religione insegue Marzio fino in cella. Il Natale in famiglia porta in regalo a Maria Teresa la perdita definitiva dei territori slesiani. 178 22. I giorni dopo il Natale, le visite dei Magi e l’epifania. Marzio accetta l’icona di sua madre. 189 23. Molto tempo prima: lo Scoppio. 200 24. Crisanto Villanueva, sensitivo filippino al servizio della causa. 204 25. Buon ri-Natale a tutti! 216 26. Un Nuovo scoppio. La pioggia. 223 27. Le molte cose di oggi e di domani. 231 Ringraziamenti 236 11 1. Dove Marzio incontra la Madonna. E qualcuno perde la pazienza. Il giorno in cui Marzio tornò a casa l’icona della Madonna pianse. A dargliene notizia fu sua madre, convinta che i due eventi fossero collegati tra loro. Mancava da quattro anni, e la prima cosa che lei gli disse fu questa. Trovò la casa di famiglia in condizioni pessime. Vivevano nella zona del Lazzaretto, in un palazzo elegante che i libri di architettura definivano uno degli esempi più riusciti di liberty milanese. Si chiamava Palazzo Cristallo, come il bisnonno, Carlo Cristallo, che lo aveva costruito agli inizi del Novecento. Durante la sua assenza gli arredi borghesi dell’appartamento erano stati sostituiti dalla madre con mobili d’accatto, cose vecchie raccolte qua e là, ammucchiate una sopra l’altra come in un magazzino. C’era persino una parete tappezzata con fotografie di estranei: centinaia di immagini in vecchie cornici che ritraevano famiglie in vacanza. Nell’insieme la casa gli sembrava un monumento al senso di colpa che la madre aveva eretto per sé e, già che c’era, per il resto della famiglia. L’unico posto dove Marzio si sentiva al riparo da quel grosso dito indice puntato contro era il bagno. Forse perché il bagno era stata la sola stanza risparmiata dallo scoppio che vent’anni prima aveva distrutto casa e ucciso Primo, suo fratello maggiore. 13 Dalla sua morte, che avvenne quando Primo aveva diciassette anni e lui quattordici, Marzio non ce l’aveva più fatta a vivere con la sua famiglia: era scomparso a più riprese per lunghi periodi di tempo durante i quali comunicava solo con sua sorella Maria Teresa, che aveva otto anni al momento dell’esplosione, salvo poi ricomparire dal nulla sempre più cambiato e inaccessibile. Questa volta era di ritorno da Londra, dove aveva vissuto gli ultimi anni a casa della sua ricca ragazza inglese finché lei non lo aveva cacciato per l’ultima volta. Ma non era tornato per questo, neanche lui sapeva cosa faceva lì. A Milano le sue giornate avevano preso una piega che poteva essere scambiata per abitudine. Al mattino usciva per le strade del quartiere e finiva ai giardini pubblici di Palestro. Varcava l’ingresso, tra la cupola a forma di razzo del planetario e il Museo di Storia naturale, e scivolava nella malinconia con la grazia d’una foglia morta. Faceva colazione guardando le mamme giocare con i loro bambini, poi tornava a casa, si infilava a letto e si metteva al lavoro. Curava una rubrica anti-papista per il settimanale “Dossier Internazionale”, e al momento era tutto quello che aveva. Un giorno, anziché seguire il solito tragitto, andò a fare visita alla chiesa ortodossa per vedere da vicino quest’icona che piangeva: poteva sempre tirarci fuori un pezzo. La chiesa sorgeva all’interno dell’ultimo tratto rimasto in piedi del Lazzaretto. Quando varcò la soglia della cappella che ospitava la Madonna gli sembrò di entrare nella cameretta di una bambina. La piccola volta a cupola era blu, con le stelle di Betlemme che luccicavano al buio. Ogni fedele – erano quasi tutte donne – iniziava il suo turno di adorazione con un rito tecnologico: pescava dalla 14 borsa il cellulare, ci armeggiava per un tempo lunghissimo, poi puntava la fotocamera sul volto rigato di lacrime dell’icona e scattava. Quando fu il suo turno si sentì un impostore. Il volto piatto della Vergine lo spinse a segnarsi la croce. Prese dalla tasca un fazzoletto stropicciato, lo passò sul vetro della teca e, imitando gli altri pellegrini, lo avvicinò alle labbra come per baciare il miracolo. Guardò la Madonna e il bambin Gesù e li sfidò entrambi: datemi un segno per ricredermi, si ritrovò a pensare, prima di voltarsi e lasciare la postazione al pellegrino successivo. Datemi un segno. Appena fuori puntò diritto sul pope, nella luce sottomarina delle edere che ricoprivano i muri dell’edificio. Era un uomo sulla cinquantina con barba e capelli brizzolati, indossava una tunica blu con un medaglione che gli penzolava sulla pancia. L’uomo stava raccontando del miracolo alle sciure milanesi e alle badanti ucraine che annuivano con la loro messa in piega a tutto quello che diceva. Marzio provava una tenerezza sconfinata per gli immigrati ucraini. Il pope gli chiese cosa poteva fare per lui. Marzio gli disse che era un giornalista. “Mi spiace caro, ma ho già raccontato tutto quello che sapevo. A cosa servono le parole di fronte alle lacrime?”, disse circondato dai mormorii di approvazione delle donne. “Per esempio a riavvicinare i giovani alla Chiesa dopo scandali come quello dei preti pedofili”, rispose Marzio. Alla parola “pedofili” ondate di riprovazione smossero il gruppetto. “Lei sta parlando della Chiesa Cattolica, questa non è la Chiesa Cattolica. Noi non riconosciamo il Papa. Forse non è un caso che la Madonna abbia scelto questo posto per piangere”. 15 “Ma come, non riconoscete il Papa?”, chiese subito una delle sciure. “Eh, no. Il Papa lo dovete riconoscere anche voi!”, aggiunse un’altra. Pope Vladimiro prese Marzio per un gomito e lo trascinò in un angolo del porticato al confine con un piccolo giardino. “Facciamo un patto. Io le dico qualcosa per il suo articolo e lei se ne va subito senza aprire più bocca. Che ne pensa?” “Affare fatto”. “Cosa vuole sapere?” “Potrebbe cominciare a dirmi: perché adesso?” “Perché c’è tanto dolore. Perché qui? Non lo so. Ma questo è un posto di umili, lo avrà letto il Manzoni, qui c’erano gli appestati, in queste celle c’è il ricordo della sofferenza”. “Certo, ma vorrei sapere perché avete messo in giro questa voce del pianto proprio adesso. C’è una ragione specifica che posso aiutarvi a far circolare?” “Nessuna ragione specifica”. “Promozione?” “Ma lei ha voglia di scherzare!” “Mi faccia parlare con qualcuno che ha visto le lacrime”. “Ora devo andare… Ci lasci in pace, per favore. Non è proprio il caso”, disse il pope, prima di voltarsi e tornare dalle sue pecorelle. Marzio si diresse verso la piastra delle candele votive. Nascosto dietro ai ceri accesi ascoltò il brusio delle timorate: c’era chi non credeva alle lacrime e chi diceva di aver visto piangere persino il Bambin Gesù. 16 Mentre elaborava un piano si avvicinò una cosina buffa, una giovane ucraina vestita da contadina con un foulard celeste che le incorniciava il viso. “Ti racconto io come ha pianto”. Marzio la seguì. Trovarono rifugio all’ingresso della cappella più lontana, oltre la quale si apriva la chiesa vera e propria, uno spazio buio illuminato solo dalla luce dei ceri e riempito dalle litanie metalliche di un nastro registrato. Nathalia, questo era il nome della ragazza, assunse l’espressione austera di chi è stato scelto come testimone dalla Storia. Circa due mesi prima, mentre puliva il pavimento del chiostro, aveva sentito un forte profumo di fiori, rose per la precisione, che veniva dalla celletta che stava per riordinare. Vi si era affacciata e l’odore di rose si era fatto più intenso, le stelle sul soffitto avevano cominciato a ruotare, aveva percorso qualche passo guidata dall’olfatto e visto gli occhi piatti dell’icona bagnati di lacrime. Le lacrime formavano rigagnoli che gocciolavano a terra, istintivamente aveva raccolto alcune gocce di quel miracolo e si era inumidita le labbra. Quel giorno aveva chiuso la cella e non aveva detto niente a nessuno. “E quindi?”, chiese Marzio impaziente. Nathalia proseguì. Il giorno dopo l’odore di rose era stato sentito anche dal pope, al quale Nathalia aveva mostrato l’evento. Lui le aveva detto di non parlarne con nessuno. Ma lei era convinta che la gente dovesse sapere, così una mattina in cui il profumo era molto intenso aveva lasciato aperta la cappella e fatto in modo che una donna, una filippina devota, la seguisse al suo interno… “Sì, sì, va bene. Ottima mossa!”, la interruppe Marzio. Che poi aggiunse: “Resti tra noi, ma tu che ci guadagni da 17 questa cosa? Non sembri una fanatica, a parte il fatto che sei vestita come una contadina…” Nathalia si guardò i vestiti e il bianco del volto si macchiò di vergogna. “Io non ci guadagno niente!”, gli soffiò in faccia. “È una cosa seria”, aggiunse e prese dalla tasca un volantino che pubblicizzava l’invito fatto dalla chiesa di Maria Maddalena di Gerusalemme alla comunità metropolita di Milano, con lo scopo di celebrare il miracolo dell’icona alla tomba della Vergine Maria. Sul volantino disegnato con le clip art di Word un aeroplano sorridente trasportava l’icona in Terra Santa sotto la benedizione del sole. Marzio scoppiò a ridere. Nathalia si rabbuiò: scostò il tendone che separava la chiesa dal porticato. Lui cercò di trattenerla per una spalla. “Aspetta, scusa, aspetta”, ma lei si divincolò. Le afferrò il foulard celeste e lo sfilò dalla testa rilasciando un’onda di capelli biondo grano che si ruppe sulle spalle. Li stavano guardando tutti. Pope Vladimiro si avvicinò furioso, fulminò la ragazza con lo sguardo e le disse di andare a casa. Il foulard azzurro penzolava come uno straccio dalla mano di Marzio. “Perché stavi parlando con questo qui?” “Scusa papà, ho sbagliato”. Papà? Ma prima che Marzio potesse fare qualsiasi domanda il pope gli strappò il foulard dalla mano e lo cacciò fuori, sotto gli occhi di un altro prete che passava proprio in quel momento, don Antonio, pastore della vicina chiesa di San Gregorio, il quale si gettò su pope Vladimiro urlandogli: “Come si permette? Cosa sta facendo?”, tenendo Marzio per le spalle nel tentativo di proteggerlo. 18