Untitled - Barz and Hippo
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Untitled - Barz and Hippo
Francesco Bruni è uno sceneggiatore consumato, ma che spesso si è dilettato di scrivere storie di personaggi giovani, come Caterina, quella che andava in città, o Piero, detto Ovosodo. Ora è alla sua prima prova registica: forse anche per questo dà un tocco di freschezza a un film che sembra fatto da due punti di vista, quello degli adulti e quello degli adolescenti. Non a caso è piaciuto a tutti. scheda tecnica durata: 95 MINUTI nazionalità: ITALIA anno: 2011 regia: FRANCESCO BRUNI soggetto: FRANCESCO BRUNI, GIAMBATTISTA AVELLINO sceneggiatura: FRANCESCO BRUNI fotografia: ARNALDO CATINARI scenografia: ROBERTO DE ANGELIS montaggio: MARCO SPOLETINI colonna sonora: AMIR ISSAA (Meticcio, Peso Piuma, China) costumi: CRISTINA LA PAROLA distribuzione: 01 DISTRIBUTION interpreti: FABRIZIO BENTIVOGLIO (Bruno), BARBORA BOBULOVA (Tina), FILIPPO SCICCHITANO (Luca), VINICIO MARCHIONI (Poeta), GIUSEPPE GUARINO (Carmelo), PRINCE MANUJIBEYA (Prince), ARIANNA SCOMMEGNA (Marina), GIACOMO CECCARELLI (Valerio), RAFFAELLA LEBBORONI (La professoressa Di Biagio). premi: Miglior lungometraggio narrativo al Festival di Venezia 2011, nella sezione Controcampo Italiano Francesco Bruni Nato nel 1961, è cresciuto a Livorno, città d'origine della madre, ha iniziato la propria carriera nel 1991, con la cosceneggiatura del film Condominio di Felice Farina. Dal 1994 ha scritto le sceneggiature dei film del regista Paolo Virzì (La bella vita, Ferie d'agosto, Ovosodo, Baci e abbracci, My Name Is Tanino, Caterina va in città, N (Io e Napoleone) e Tutta la vita davanti) e dal 1995 al 2003 anche quelle dei film del regista Mimmo Calopresti (La seconda volta, La parola amore esiste, Preferisco il rumore del mare, La felicità non costa niente). Ha inoltre lavorato con altri registi e con i comici Ficarra e Picone (Nati stanchi, Il 7 e l'8, La Matassa). Per la televisione ha adattato i racconti e romanzi di Andrea Camilleri per la serie del Commissario Montalbano, e quelli di Carlo Lucarelli per la serie del commissario De Luca. Ha inoltre sceneggiato il film TV Il tunnel della libertà, per la regia di Enzo Monteleone. Come attore ha recitato in una piccola parte nel film La guerra degli Antò di Riccardo Milani (1999). Insegna sceneggiatura presso il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Nel 2011 esordisce alla regia con Scialla! presentato in una sezione del Festival di Venezia 2011. la parola ai protagonisti Francesco Bruni Partiamo dal titolo Scialla!. Un neologismo insolito, perfino misterioso, sconosciuto ai più e specie ai non giovanissimi. Sicuramente mutuato dallo slang dell’ultima generazione. Come tradurrebbe questa espressione gergale nella lingua corrente italiana? Nel gergo giovanile romano significa “stai calmo, rilàssati”; più o meno come il “take it easy” americano. Secondo alcuni è derivato dall’arabo inshallah. Per me è un’espressione che ha diverse valenze: sorvolando sul fatto che i miei figli me la rivolgono in media una ventina di volte al giorno, mi piace l’invito alla moderazione e al quieto vivere che contiene; infine, la considero anche una sorta di manifesto poetico. Dopo aver a lungo riflettuto sull’aggettivo da associare alla parola commedia per definire il mio film, alla fine ho avuto un’illuminazione: Scialla! è proprio un classico esempio di commedia scialla. Veniamo subito ai due protagonisti, Fabrizio Bentivoglio e il giovane Filippo Scicchitano. Il primo, nella realtà milanese, ha nell’accento una forte connotazione veneta, sembra quella con cui lo conoscemmo nel film tutto padovano di Mazzacurati La lingua del santo. Qui quali sono le ragioni di questa cadenza? E invece come ha trovato lo straordinario giovane interprete di Luca, per la prima volta sullo schermo? Con Fabrizio abbiamo pensato che una calata nordica potesse aiutarlo a costruire la caratterizzazione del personaggio; il veneto (padovano, per l’appunto) è una musica che lui conosce molto bene, e che in me suscita immediato buonumore. Per quanto riguarda Filippo, le cose sono andate secondo l’aneddotica classica: è venuto al provino (ne ho fatti centinaia, soprattutto nelle scuole) ad accompagnare un amico; gli hanno dato delle battute di servizio, rideva come un matto. Il suo sorriso e il suo sguardo mi hanno conquistato subito. Il tema principale del rapporto padre-figlio è collocato all’interno della cornice scolastica, papà professore e figlio studente liceale. La scuola è un ambiente ricorrente e scrutato da vicino da registi, scrittori e sceneggiatori italiani, pensiamo a Luchetti, Starnone e Lodoli tra gli altri. Da cosa deriva in generale questo interesse e nel suo caso in particolare? La scuola è la base della società democratica, un punto di contatto fra classi sociali ed etnie, un grande laboratorio di convivenza, di crescita personale e civile. Dal punto drammaturgico, perciò, è una fonte di spunti continua ed inesauribile. Nel mio caso, poi, visto che il film ha al centro proprio il processo educativo di un ragazzo e il suo rapporto con la cultura, era una tappa obbligata del racconto. Lei è stato e continua ad essere prolifico sceneggiatore per autori e titoli di prima fila sia cinematografici che televisivi (Virzì, Calopresti, Francesca Comencini, Monteleone, la fiction Montalbano). Ora arriva ad esordire alla regia. Lo desiderava da tempo ma non si presentava l’occasione giusta, oppure si è manifestata d’improvviso senza la necessità di rifletterci troppo? Per meglio dire: ha pensato lei di proporre ad un produttore il suo soggetto o è stato viceversa invitato a scrivere e stavolta anche a dirigere un film? È semplicemente successo che, per la prima volta da quando ho intrapreso questo mestiere, un produttore – Beppe Caschetto - mi ha chiesto di scrivere una commedia in totale libertà, e senza un regista accanto. Inevitabilmente, ho scritto ciò che mi stava più a cuore, che mi riguardava più da vicino. Ed inconsciamente – forse – ho apparecchiato una storia semplice, con pochi personaggi, ideale per un esordio. A copione ultimato mi sono accorto che avrei sofferto molto ad affidare questa storia a qualcun altro. Beppe – che secondo me aveva architettato la trappola fin dall’inizio - mi ha dato l’ultima spintarella proponendomi di dirigere il film. Per restare al suo debutto, cosa potrà determinare la sua volontà di procedere ad altre regie? Il successo commerciale di Scialla!, l’apprezzamento critico, riconoscimenti festivalieri? Tutte queste cose, spero! Dovendo scegliere, mi piacerebbe che il film individuasse una sua fetta di pubblico, anche minoritaria, ma potenzialmente fedele. Uno zoccoletto duro di spettatori che aspetteranno pazienti e fiduciosi un altro film così. Ho la sensazione che nel parlamento – peraltro affollato - della commedia italiana, fra le ali estreme della commedia commerciale e di quella autoriale ci sia un bello spazio vuoto, o quasi. Mi piacerebbe accomodarmi lì, almeno per qualche mandato. Come sceneggiatore lei è assimilabile nel senso più nobile del termine agli autori della brillante stagione della Commedia all’italiana (Age e Scarpelli, Scola, Monicelli, Risi, Salce). Insieme a Paolo Virzì, Luchetti e Archibugi per citarne alcuni, si sente davvero erede di quella comunità artistica allora piuttosto coesa nel tratteggiare, spesso con amarezza e ironia pungente, il costume dei “nuovi italiani”? L’accostamento a quella scuola è per me un grandissimo onore, ma per il momento mi sembra che lo si possa proporre solo per quanto riguarda alcuni film che ho scritto, specie con Paolo Virzì. Ma ovviamente quell’insegnamento è ormai parte di me, e quindi mi è venuto naturale prendere spunto dall’osservazione della realtà, dare ai personaggi sfaccettature anche contraddittorie e non necessariamente positive, ma soprattutto tenere sempre presente il primo comandamento del mio caro maestro Furio Scarpelli: che non si fa buona commedia senza un contrappunto serio, anche drammatico. Lei ha un figlio liceale ed una figlia ancora teenager che frequenta le Medie. Chi influenza di più l’uno l’altra nella scelta dei film da vedere? E quali autori, quali generi, rientrano tra i suoi favoriti, quelli per i quali appena escono sente l’urgenza di entrare in una sala cinematografica? I miei figli sono appassionati di cinema, e hanno i loro gusti. Con un diciassettenne ed una tredicenne bisogna andarci cauti, perché un consiglio sbagliato ti può costare anni di credibilità faticosamente costruita. Mio figlio ha apprezzato alcune dritte: L’odio di Kassovitz (che infatti cito nel film), Fa’ la cosa giusta di Lee; con mia figlia ho giocato con successo la carta Juno, un film che ha un angolino speciale anche nel mio cuore. Negli ultimi anni, il cinema indipendente americano mi ha regalato belle sorprese: oltre al film di Reitman, ho apprezzato molto Broken Flowers, Lost in translation, e di recente I ragazzi stanno bene. Sono anche un fan – ma chi non lo è? - di Allen, di Altman, del primo Scorsese, di Loach e Leigh, di Kaurismaki; in gioventù ho spasimato per Wenders, all’epoca del Centro Sperimentale ero pronto a battermi con chi avesse anche solo messo in discussione l’indiscutibile Kieslowski. Ad ogni modo, quando si tratta di scegliere un film, do sempre la precedenza al cinema italiano d’autore, ed ultimamente è raro che io rimanga deluso. Filippo Scicchitano Scialla è il tuo primo film. Come sei entrato a far parte del cast? E’ successo tutto per caso. Un mio amico mi ha proposto di andare a fare il provino per il personaggio di Luca. Mi sono presentato un po’ titubante, perché non avendo mai recitato prima ero spaesato e non ero sicuro di niente. Al primo provino abbiamo scherzato senza fare troppe battute di scena. Francesco (Bruni, regista del film, ndr) mi ha richiamato e da lì abbiamo costruito il personaggio di Luca. Quando hai capito che eri stato preso? Mi avevano richiamato per tre/quattro provini. Al quarto il regista mi ha detto: “Filippo, penso che sei la persona giusta per interpetrare Luca”. Ma già al secondo provino avevo capito qualcosa. Come ti sei trovato sul set per la prima volta? Eri spaesato? Ero emozionato continuamente. Quando ho recitato per la prima volta con Fabrizio Bentivolgio ero tesissimo visto che è uno degli attori più bravi in Italia. Poi conoscendolo e vedendolo ogni giorno sul set mi sono ambientato. Fabrizio mi ha detto che questo lavoro va preso come un gioco, anche se è riduttivo dirla così. Io, quindi, ho cercato di giocare. Quali sono le difficoltà che hai trovato? Non ci sono state delle difficoltà. Sono stato avvantaggiato dall’aver fatto molti provini: mi ha dato una maggiore spontaneità sul set. Ti rivedi nel personaggio di Luca? Siamo abbastanza simili, ma non totalmente uguali: i modi di vestire e i problemi che ha Luca sono diversi dai miei. Sono due realtà diverse, ma mi rivedo molto nei dialoghi. Il regista è riuscito a creare una sceneggiatura molto reale. Com’è il tuo rapporto con la scuola? Ho lasciato la scuola due anni fa. E’ stato un rapporto un po’ turbolento. Anche in questo assomiglio a Luca. Non avevo una concentrazione adatta per stare a scuola, ma non ci sono giustificazioni. Però ho intenzione di tornarci per vedere da vicino il mestiere d’attore. Quali sono le tue grandi passioni? La Roma ed il poker sono le mie uniche grandi passioni. La domenica c’è la Roma, il venerdì sera il poker con gli amici. Non ne salto uno. O meglio, solo quello del tour promozionale, purtroppo né Francesco Bruni, né Amir e né Fabrizio Bentivoglio ci sanno giocare, altrimenti almeno in treno, avremmo potuto farci una partita. E ora che sei famoso, che cosa è cambiato? Tutto il gruppo dei miei amici, soprattutto della scuola calcio di Piazza Epiro dove ho tirato i primi calci ad un pallone sono andati al solito cinema sull’Appia. Mi hanno detto di andare con loro, ma dài, pare che me voglio fa vede’. Così gli ho detto, vi aspetto al solito bar, zona Furio Camillo. Con loro scialla è l’espressione che ci ripetiamo di più, ma anche non t’accollà, accanna, e soprattutto bella secco, perché io bella frate’ e bella zio non li ho mai detti. Ma diciamoci la verità, ho fatto un personaggio che non era poi così distante da me. Se non fosse stato per il regista Francesco Bruni e per il grande Bentivoglio, non so se ce l’avrei fatta Scialla: alcune definizioni da utenti internet A. Espressione tribale neofolk in uso tra personaggi con tendenze (anche inconsce) tamarre e vagamente neohippie. Chi usa questa espressione si autoqualifica come appartenente ad una sottocultura metropolitana, stile coatto. In genere questi individui hanno ascoltato i Doors intorno ai 13 –14 anni, sono andati almeno ad un raduno afro nella loro vita e di quando in quando si fumano le porre. Scialla significa 1) Saluto gergale. Uno entra nel gruppo e alzando la mano dice ‘scialla’ 2) risposta affermativa. X: - Andiamo a berci una birra? Y: - Scialla 3) aggettivo con significato di: tranquillo, positivo, buono simpatico. Ad es., stai scialla (=stai morbido, stai sereno, stai tranzo). Sono attestate anche le espressioni: sta sera me ne sto sciallato, fare le cose con sciallanza, mentre l’espressione essere in sciallo si può tradurre senza problema ‘to be on holiday’. B. agg. tranquillo, facilo, rilassato, sereno es. Stai scialla. Probabilmente si tratta di una abbreviazione di sciallato, participio passato di sciallarsi. In questo senso è un aggettivo indeclinabile. es. La Fra è una tipa scialla; Marco è un tipo scialla. C. Modalità di agire/di pensare/di essere privi di ansie. 1) un modo di fare es. Per il mio compleanno faccio un festone scialla 2) di pensare es. Mario è un tipo scialla 3) di essere es. Il locale X è scialla Recensioni Alessandra Levantesi Kezich. La Stampa Nell’esordire alla regia, il livornese Francesco Bruni ha potuto contare su un copione ben scritto e intimamente legato alle sue corde. Ora, la cosa potrebbe sembrare scontata considerato che da oltre vent’anni Bruni lavora proprio come sceneggiatore; e assai bene, come dimostrano i film firmati per il concittadino Paolo Virzì di cui è usuale collaboratore. Ma il discorso non è così lineare: in verità, capita sovente che gli scrittori passando dietro la macchina da presa tradiscano in qualche modo se stessi. Bruni, no: è un punto a suo favore dal quale ne consegue un altro, e cioè che Scialla! è opera personale, motivata. Il titolo si riferisce a un neologismo gergale romano in uso presso gli adolescenti che significa «stai tranquillo, stai calmo». Forse deriva dall’arabo inshallah, parola di pace, però quando un genitore chiede al figlio perché ha preso un tre in greco, o perché è tornato a notte fonda, e si sente rispondere un serafico «Scialla!», punto e basta, il quadro che gli si prefigura svaria dal positivo all’allarmante. Va davvero tutto bene, e ogni apprensione è eccessiva? O va tutto male e il figlio, afflitto da tipica incoscienza giovanile, non se ne rende conto? In pratica Scialla è l’ambivalente simbolo di quella difficoltà di comunicazione fra generazioni, che è uno dei temi portanti del film. Nelle cornice di una Roma centro-sud ritagliata fra liceo, casa, bar, Bruni tesse con umorismo e leggerezza la tela di un rapporto di fiducia e affetto creato giorno dopo giorno (...). Di suo Fabrizio Bentivoglio porta una malinconia scapigliata al personaggio dell’uomo maturo, la cui dolente rassegnazione e la corrucciata scelta di solitudine rispecchiano anche un’aristocratica volontà di tenersi a distanza dall’omologazione e dalla volgarità dell’era attuale. Vitale, ingenuo e accattivante, l’inedito Filippo Scicchitano non è mai banale nel suo essere un ragazzo come tanti. Il guaio in cui si caccia è serio e plausibile, con una soluzione spiritosa e un pizzico cinefila, che ci ricorda che stiamo vedendo un film e non una storia vera, come è giusto sia. Valentina D’Amico. Movieplayer.it Dopo aver firmato tutte le commedie di Paolo Virzì, il toscano Francesco Bruni passa a sua volta dietro la macchina da presa regalandoci un'opera prima fresca, sorprendente e fuori dal comune. A distinguersi per originalità, in Scialla!, non sono tanto temi e intreccio quanto la caratterizzazione dei personaggi principali affidata all'esordiente Filippo Scicchitano, un ragazzone romano spigliato e sorridente qui alla sua prima esperienza recitativa, e all'esperto Fabrizio Bentivoglio. Quest'ultimo arricchisce la propria carriera di un ruolo irresistibile donatogli da Bruni. Capello ribelle e faccia stropicciata, l'attore milanese sfoggia un pesante accento veneto calandosi nei panni di un ex professore di letteratura sfiduciato e deluso dalla vita che campa dando svogliate ripetizioni e facendo il ghostwriter per personaggi più o meno celebri desiderosi di pubblicare la propria autobiografia. (...) Francesco Bruni, a sua volta padre di due adolescenti, parte da un terreno ben noto costruendo una pellicola vivace e movimentata incentrata sulla paternità, sulle gioie e sulle responsabilità che l'arrivo di un figlio comporta. Luca è un ragazzo di buon cuore, tanto spiritoso e ammirato dagli amici quanto dissennato nei comportamenti. L'esordiente Scicchitano risulta molto più convincente come studente svogliato e caciarone o simpatico street boy che nella fase centrale del film, quella in cui "matura" attraverso una serie di esperienze che lo portano a comprendere gli errori commessi. Il rapporto tra il suo personaggio e quello del genitore piombatogli addosso dal cielo oscilla tra divertita complicità e commosso affetto. Pochi i momenti di crisi vera e propria, quelli che portano avanti lo sviluppo degli eventi facendo evolvere le relazioni tra i personaggi. Se vogliamo trovare un difetto nella scrittura di Bruni è proprio questa facilità che da un lato favorisce la rapidità e la godibilità della pellicola, dall'altro glissa sulle questioni topiche risolvendo gli scontri tra padre e figlio e i guai in cui si caccia l'impulsivo ragazzo nella maniera più rapida e indolore. D'altronde Bruni pone a titolo della sua opera una vera e propria dichiarazione d'intenti: Scialla è un termine che in gergo giovanilistico è l'equivalente di "rilassati", "stai sereno". Più chiaro di così... Abbozzato e macchiettistico anche il sottobosco criminale che Luca frequenta di sfuggita. La sua scelta di non fumare né assumere droghe stride un po' con la frequentazione di un pusher che lo ha agganciato nella palestra di boxe in cui si allena per iniziarlo al giro del piccolo spaccio. Nella rappresentazione dell'ambiente scolastico non manca, invece, qualche critica sferzante rivolta al sistema educativo e al comportamento lassista di molti genitori incapaci di fornire i modelli di comportamento necessari. L'intento didattico-moralistico occupa comunque uno spazio ridotto visto che a farla da padrone è la dimensione comica. In tal senso, oltre ai buffi siparietti tra padre e figlio che animano il film, a fornire materiale gustoso sono due personaggi secondari particolarmente riusciti affidati all'ottimo Vinicio Marchioni e a Barbora Bobulova. Quest'ultima si trova a interpretare una procace ex pornostar che ha fatto fortuna abbandonando la professione in cambio di una vita agiata e rispettabile. La donna affida a Bentivoglio il compito di scrivere la sua biografia, divenendo a sua volta sua confidente. Al brillante Marchioni tocca l'esilarante ruolo del Poeta, spacciatore amante dell'arte e della cultura che compare di rado, ma ruba immediatamente la scena ai colleghi. Suo il compito di concludere il film in un divertente siparietto che anima i titoli di coda. Da non perdere. Alberto Crespi. L’Unità Sullo zainetto di Luca, il protagonista adolescente di Scialla!, c'è scritto «verità per Stefano Cucchi». Ce l'ha fatto notare Francesco Bruni, il bravo sceneggiatore qui all'esordio come regista, e gliene siamo grati: anche noi spettatori di professione non notiamo, a volte, dettagli che regalano ai film una maggiore profondità. In questo caso, si conferma una vecchia realtà che a noi critici, di nuovo!, è quasi sempre sfuggita: la commedia è «il» genere che racconta l'Italia, è la forma narrativa che i nostri cineasti hanno nel Dna, è la cronaca cinematografica della nostra storia. Scialla si riallaccia idealmente a Caterina va in città, film di Paolo Virzì che Bruni ha sceneggiato: è un film sui ragazzi di oggi, ma soprattutto è un film in cui i ragazzi osservano i propri genitori e non sono, come dire?, molto soddisfatti di ciò che vedono. Luca è un ragazzo romano, simpatico, creativo ma al tempo stesso «difficile». A scuola è un disastro, tanto che deve prendere ripetizioni di quasi tutte le materie da Bruno, ex insegnante che sopravvive dando lezioni private e scrivendo, senza firmarle, biografie di gente famosa (nella fattispecie sta lavorando con una celebre pornostar). Un bel giorno la mamma di Luca affronta Bruno e gli rivela che il ragazzo è suo figlio: anche se lui non se lo ricorda, quindici anni prima hanno avuto una storiella durata una sola notte. Lei è un po' cambiata, lui anche, sta di fatto che Bruno, uomo in antitesi con il concetto di paternità, si ritrova padre. Di nome e di fatto: perché la donna parte per l'Africa, dove farà volontariato, e Luca si piazza a casa di Bruno. Non sarà un rapporto facile, perché Luca non si limita a «sciallare» (gergo romanesco: rilassarsi, far flanella, perdere tempo) ma si metterà in guai seri che Bruno dovrà risolvere. Francesco Bruni ha costruito un bellissimo racconto morale in forma di commedia generazionale. I duetti tra Fabrizio Bentivoglio e l'esordiente Filippo Scicchitano sono deliziosi, ma rimangono memorabili le prove di Barbora Bobulova (la pornostar) e Vinicio Marchioni (un boss della mala che cita Pasolini, e in che contesto!...). Film imperdibile, per chi ha figli o padri o madri o vuole solamente «sciallarsi». Valerio Caprara. Il Mattino Francesco Bruni al suo debutto dietro la macchina da presa rivela d’essere un cineasta a tuttotondo. Già sceneggiatore ispirato e spesso ispiratissimo, confeziona adesso per il pubblico (dopo il favore generale raccolto alla Mostra di Venezia) una storia metropolitana al giusto punto di fusione tra presa realistica, perspicacia psicologica e personale estro romanzesco anche nel rifinire i personaggi secondari: “Scialla!”, che nel gergo giovanile romanesco sta per stai tranquillo, calma, non t’agitare, è una di quelle pochissime commedie che allo stato delle cose meritano d’essere definite italiane anziché all’italiana. Nel suo sviluppo equilibrato, la sua cadenza agrodolce e il suo sguardo (apparentemente) stupefatto, il film inserisce un’ampia trama di fili che rimandano a riconoscibili emergenze individuali e collettive, ma non si sovrappongono mai a esse, schivano la saccenteria dei moralisti e lasciano libero lo spettatore di costruirsi da sé, se proprio ne sente il bisogno, una prospettiva da cui affacciarsi sulla babele umana circostante. La chance vale, ovviamente, anche per il critico che, per esempio, non vede nel protagonista, com’è stato detto, un eroe dei nostri tempi, bensì un poco simpatico sfigato, un letargico intellettuale refoulé, un single più sornione che beneducato. Ex professore, nonché autore d’un solo libro di successo, Bruno, grazie alla migliore interpretazione da sempre di Fabrizio Bentivoglio, si comporta esattamente come si comportano tipi del genere, arroccati nel loro snobismo trasandato, convinti che la blindatura dell’ego funzioni come barriera contro la volgarità del popolaccio. Un brutto giorno il suo trantran esistenziale –fatto di qualche lezione privata e la redazione di finte autobiografie in nome e per conto di pseudovip dello spettacolo- è lacerato dalla scoperta (…) L’esordiente Filippo Scicchitano si cala con trascinante simpatia e relativa faccia da schiaffi nel ruolo di un quindicenne cafonesco & manesco, un “curva sud” tanto sboccato e testa di legno quanto incredibilmente puro a livello degli ancora inespressi sentimenti primari. Bruno si modifica grazie a Luca, Luca si modifica grazie a Bruno: niente di miracolistico o di edificante, grazie a Dio, ma un processo sottotraccia d’autostima, il desiderio d’ambedue i protagonisti d’impadronirsi meglio della propria vita, l’incontro/scontro (chissà cosa ne scaturirà) tra guardingo utilitarismo e sconsiderata brama di vivere. Il mistero del rapporto padre-figlio non può essere certo risolto da cine-didascalie politicamente corrette e sociologicamente ragionevoli, tanto è vero che il regista preferisce inventarsi con l’ottima collaborazione di Marchioni, una delle amatissime icone della serie “Romanzo criminale”, un finale basato su un divertente quanto implausibile colpo di scena. L’autorevolezza (o la credibilità) negli affetti, riesce invece a suggerirci questo film light eppure imperdibile, non si conquista con le sceneggiate, ma neppure con il fascio dei quotidiani “giusti” stretti sotto il braccio. Claudia Morgoglione. Repubblica Scialla! non è solo l’espressione romanesco-giovanilistica che regala il titolo al film italiano più amato dell’ultima Mostra di Venezia. E' anche – col suo significato di stai calmo, rilassati, equivalente dell’inglese take it easy – lo stato d'animo che descrive meglio il senso della pellicola: storia sorridente, spesso divertente, (...). Il tutto raccontato in modo leggero, agrodolce. Con qualche accento drammatico, certo. Ma senza mai esagerare nel prendersi sul serio. Un'interpretazione avallata da Francesco Bruni, sceneggiatore abituale di Paolo Virzì, qui al debutto dietro la macchina da presa: "E’ vero – spiega - Scialla! è proprio un classico esempio di commedia scialla". "Stai sereno", come recita il sottotitolo: questo il film sembra voler dire, dallo schermo, allo spettatore. Ed è probabilmente questo il segreto del suo successo, dei grandi applausi di settembre al Festival in Laguna. Col risultato di diventare cult, prima ancora di approdare – in 250 copie – nelle nostre sale, distribuito dalla 01 di RaiCinema. (...) "Io vengo da una storia di commedia problematica - racconta oggi il regista - Ho sempre amato i film che affrontano temi seri e anche drammatici cercando di raccontarli con un tono umoristico senza disinnescarli completamente. Ho cercato di mantenere la stessa strada senza però copiare ciò che facevo da scrittore. Le ispirazioni per il personaggio di Bentivoglio? Collodi, ma soprattutto il Lebowski dei fratelli Coen". Anche l'attore ammette il paragone tra il suo padre riluttante e Geppetto, evocato poco prima dallo stesso Bruni: "Non avevo mai pensato di poter interpretare una sorta di Geppetto. Certo il mio personaggio ha in comune con lui il terrore di ricoprire il ruolo paterno. Che è poi la paura di tanti uomini: quella di non saper essere abbastanza autorevoli per fare i padri, di non saper dire di no. Considero il paragone un complimento". E poi c'è lui, il figlio. "Nella vita ho capito che fare il padre - conclude il regista - non significa solo essere amico ma anche imporsi e dare dei limiti. Per me è stato molto faticoso come processo e di sicuro l'ho messo nel film. Il padre si deve guadagnare l'affetto e il rispetto del figlio. I giovani oggi sembrano smarriti anche per i dubbi che hanno sul loro futuro, sono la prima generazione che si troverà peggio dei propri genitori e questo chiaramente li smarrisce". Raffaele Meale. Cineclandestino Nel passaggio di Francesco Bruni dalla tastiera di un computer alla sedia da regista vi è qualcosa di estremamente naturale, quasi si trattasse di una tappa obbligata, in un certo senso: dopotutto il lavoro svolto da Bruni in venti anni di professione, fin dagli esordi per Vito Zagarrio (Bonus Malus), Gianfranco Pannone (Piccola America) e Felice Farina (Condominio), è sempre stato teso a una scrittura che nascondesse al suo interno un'ipotesi assai concreta di messa in scena. Non è un caso che il sodalizio intrapreso con Paolo Virzì, con il quale Bruni ha scritto tutti i lungometraggi, da La bella vita fino a La prima cosa bella (film che ha permesso al duo, insieme a Francesco Piccolo, di vincere il David di Donatello per la miglior sceneggiatura), si sviluppi in maniera stratificata sulla carta prima di essere materializzata sullo schermo; la capacità di coniugare alla verve letteraria l'intuito nella ricerca dei volti giusti per rendere credibili i dialoghi è senz'ombra di dubbio uno dei punti di forza del cinema di Virzì. Un elemento sinergico, quello a cui si è appena accennato, che è alla base anche della riuscita di Scialla!, l'esordio alla regia di Bruni che ha ricevuto l'onore – e l'onere – di aprire ufficialmente il concorso di fiction di Controcampo Italiano, la sezione della Mostra del Cinema che raggiunge quest'anno la terza edizione. Scialla! nasconde al suo interno tutte le peculiarità espressive che Bruni ha dimostrato di saper maneggiare con cura: l'indagine sulla famiglia, la lettura in forma di commedia – talvolta amara – della società contemporanea, lo scandaglio di una realtà locale che abbia in ogni caso la forza di elevarsi a messaggio universale, un'anima popolare che non disdegna comunque la strizzatina d'occhio al cinema d'auteur. Dopo aver raccontato con Virzì la storia di chi vive nella “provincia dell'impero” (La bella vita è ambientato a Piombino, Ovosodo e La prima cosa bella a Livorno, Baci e abbracci nel pisano) o è costretto a scontrarsi con la metropoli (Corrado Fortuna/Tanino che se ne fugge in quel di New York, Alice Teghil e Isabella Ragonese a tu per tu con Roma rispettivamente in Caterina va in città e Tutta la vita davanti), Bruni porta davanti alla macchina da presa un personaggio finora inedito all'interno della sua filmografia. Il sedicenne Luca, grande consumatore di hip-hop e boxeur in erba, è romano fino al midollo: le sue scorribande, insieme ai fidati compagni di scuola, vanno da Ostiense a San Saba, passando per la Garbatella; il liceo dove passa senza troppo profitto le sue mattinate è a via Giulia, a due passi da Campo de' Fiori (nella realtà il Virgilio); il suo gergo, infine, è cadenzato e arricchito da una terminologia neo-romanesca che raggiunge il suo apice nell'imperativo “scialla” che da il titolo alla pellicola e che viene utilizzato dai giovani capitolini in sostituzione a “stai tranquillo”. La ricerca della tranquillità, apparentemente impossibile, è proprio ciò che lega due esseri umani antitetici come Bruno e Luca (…) costretti a vivere insieme per la partenza improvvisa della madre del ragazzo alla volta del Mali. Se l'intero impianto narrativo ruota attorno a questa situazione di precarietà, in una sorta di rilettura de La strana coppia alla carbonara, appare evidente come l'interesse di Bruni sia in realtà incentrato sulla brama di vivere – celata sotto coltri a dir poco pesanti – di Luca, interpretato dal bravissimo esordiente Filippo Scicchitano: anche le pur spassose disavventure del goffo e disadattato Bruno (assai apprezzabile la timbrica umorale scelta da un Fabrizio Bentivoglio che lavora abilmente di sottrazione), ridottosi a campare lavorando come ghost writer per figure dello spettacolo, come la pornostar Tina (quando è alle prese con i ritmi e i toni della commedia Barbora Bobulova continua a convincere poco), appaiono come delle rifiniture sullo sfondo. Infilato in una larga felpa con cappuccio, cuffie nelle orecchie con la musica sparata a tutto volume, Luca attraversa il mondo che lo circonda con una noncuranza bonariamente strafottente, e ruba la scena a tutti, catalizzando su di sé l'attenzione dello spettatore. Percorso di maturazione prevedibile ma scritto con cura e arguzia, Scialla! è cinema popolare nell'accezione migliore e più gratificante del termine: bella costruzione d'ambiente, personaggi stereotipati ma credibili, situazioni ai limiti del parossistico ma gestite con una grazia spesso superiore alla media. E il personaggio del boss-Poeta, interpretato da Vinicio Marchioni, che gestisce uno spaccio di cocaina costringendo le sue pupe i suoi scagnozzi a vedere i film di Truffaut e a discutere di Pasolini e di arte contemporanea, aggiunge un tocco di surrealismo caricaturale che non stona. Federico Pontiggia. Cinematografo.it (…) Bruno Beltrame (Fabrizio Bentivoglio, bravo) è un ex della vita: già professore e scrittore di talento, ora s’è ridotto a scrivere biografie di starlette e calciatori, ultima quella di una pornostar slovacca, Tina (Barbora Bobulova). E nella sua casa-tana fa ripetizioni, pure al 15enne Luca (l’esordiente Filippo Scicchitano: una bomba!), un fancazzista a tempo pieno, ma di buon cuore e di fascino nostrano. Quando sua madre parte per sei mesi per l’Africa, Luca si trasferisce da Bruno, anzi, Bru’: sei mesi per conoscersi meglio, annusarsi, scambiarsi, cercando di salvare l’anno scolastico e non finire nei guai di strada, dove tra palestra e spaccio (il boss Vinicio Marchioni, er Poeta) il “rispetto” è l’unica cosa che conta. L’importante, comunque, è non farsi troppe paranoie, lasciar correre, in altre parole, stare sereni: Scialla!, per dirla alla romana. Detto, fatto film: lo sceneggiatore di Paolo Virzì - e molti altri - Francesco Bruni esordisce alla regia, facendo tesoro della scrittura prestata ad altri e aggiungendo una convincente direzione degli attori, perché da Bentivoglio a Marchioni brillano tutti. Ma la meglio cosa di questa apertura del Controcampo italiano della 68esima Mostra è Filippo Scicchitano, che porta verità, calore e “polvere di strada” a Luca, un personaggio da ricordare. Tutto il resto è commedia bi-generazionale, con le ansie e il rimosso dei padri e le speranze e la vita tutta d’un fiato dei figli: il punto d’incontro di un film senza pretese ma onesto, non inedito ma piacevole, fresco e godibile, che va giù come un bicchier d’acqua, con qualche enfasi di troppo ma emozioni alla carta. Comunque, anche in sala l’importante è stare sereni: Scialla!