Untitled - Rizzoli Libri

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ANTONELLA BORALEVI
GLI UOMINI E L’AMORE
© 2015 Bompiani / RCS Libri S.p.A.
Via Angelo Rizzoli 8 – 20132 Milano
ISBN 978-88-452-7998-0
Prima edizione Bompiani settembre 2015
A mio padre,
l’ingegner Valeriano Mannocci del Gratta,
e al suo coraggio
Amor, ch’a nullo amato amar perdona
Dante Alighieri,
Divina commedia, Inferno V, 103
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STO SEDUTO E ASPETTO
Si capisce che gli uomini siano stanchi.
Ultimamente, ne hanno passate tante e anche la salute lascia
a desiderare. Le donne vivono ancora in media cinque anni più
di loro e, anche se va riducendosi, il divario non è da poco.
Bisogna che si riposino, poveretti. Dovendo scegliere come,
pare abbiano deciso per il risparmio amoroso.
Le statistiche, che i giornali ci raccontano con titoli giocosi
(Il maschio chiede aiuto, La caduta del maschio, Maschio ritorna! e simili), forniscono puntigliosamente le cifre.
Sarà sicuramente vero, come dice l’Organizzazione mondiale della sanità, che ogni giorno nel mondo si consumano cento
milioni di rapporti sessuali, ma la tabella occidentale è assai più
rarefatta. Quasi la metà degli uomini “validi” si accoppia una
volta ogni due mesi e c’è anche chi, in un anno, non lo fa mai:
ed è un non insignifcante dieci per cento. Chi lo fa con medie
statistiche di qualche pregio, due volte a settimana, impiega
allo scopo meno di due minuti netti.
A Chicago come a Cantù, il sesso, più che altro, si guarda.
Sui siti porno, sui furbi siti di politica che lo usano come
specchietto per le allodole, al cinema, dove interi flm d’arte
sono dedicati all’orgasmo, e ormai anche in televisione, dove
non c’è fction senza letti sfatti. I manifesti di Nimphomaniac di
Lars von Trier erano gigantografe dei primi piani degli attori
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nel preciso istante del godimento sessuale e hanno fatto sognare centinaia di migliaia di automobilisti e passeggeri di metro
e bus in tutto il mondo civilizzato. È invece crollato il mercato
delle videocassette e hanno mestamente chiuso le modeste sale
di periferia, dove uomini di mezza età con l’impermeabile se lo
sbottonavano da soli o in compagnia di ragazzi prezzolati.
A fare sesso nessuno ci pensa. Inutilmente gli scienziati intensifcano gli appelli, raccontano che il sesso fa bene al cuore
(e lo raccomandano caldamente agli infartuati), che i baci curano la carie, che il classico bacio del tipo “francese” guarisce,
grazie allo scambio energetico, svariati malanni. Inutilmente i
complicati accordi dei produttori di moda rilanciano, ormai
senza più intervallo, la minigonna, la microgonna, la mutanda
da passeggio, peraltro consigliando alle clienti (e qui si arrabbiano moltissimo gli industriali della lingerie) di lasciare a casa
l’ingombrante indumento, nel caso intendessero usarlo nel modo tradizionale. Niente: gli uomini si riposano.
È un riposo che pare defnitivo e non lascia speranze. Rousseau, almeno, lasciò l’amante per poterla sedurre per corrispondenza, parendogli il mezzo assai più intrigante del risultato. Al momento, anche le lettere sono merce rara, per lo più
scritte in fretta, su carta d’albergo, un gran foglio bianco con
tre righe sghembe, spesso essenziali: quando... quando... quando? Se la destinataria ingenuamente risponde proponendo una
data, l’autore della perentoria domanda farà telefonare dalla
segretaria: il dottore è dovuto partire all’improvviso...
Certo, ci sono gli sms. Che purtroppo non servono a implementare l’esercizio reale della pratica amorosa, ma invece la
surrogano.
La gente si scambia messaggini hot, segnala desideri dettagliati e intriganti: cosa ti farei, cosa mi faresti, cose così. Ma
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sottoposto a processo civile, con telecamere per il collegamento diretto e palese smarrimento degli uomini presenti.
Certo, una volta preso atto della situazione, molte signore
vorrebbero riconsiderare la questione, restituire dignità al pizzicotto, premiare come incentivo l’apprezzamento pubblico
sul luogo di lavoro, persino dare valore culturale (antropologico-tribale) all’antico, consolatorio “bella fga”. Ma quel che è
fatto è fatto e indietro non si torna.
Per non far scappare gli uomini, resta l’abusato mezzo della
compravendita: che le donne, furbamente, hanno imparato dopo secoli di apprendistato “dalla parte della merce”.
Si affermano anche da noi, con la dovuta protezione sindacale, arti e mestieri che fno a poco tempo fa ci raccontavano, a occhi sgranati, incuriositi reportage dalle lontane
Americhe, universo ben noto di ogni possibile stravaganza
comportamentale.
Il gigolò ha adesso un ruolo sociale riconosciuto e regolare
libretto di lavoro. Il copyright è francese e l’apostolo un certo
Chéri, eroe di un celebre romanzo di cui tutti conoscono il
titolo ma pochissimi il testo:
Il suo torso nudo, largo di spalle e sottile alla cintola, emergeva dalle lenzuola spiegazzate come dalla spuma di un’onda, e
tutto il suo essere irradiava la malinconia delle opere perfette.
“Ah! Tu...” sospirò Léa, inebriata.
Lui non sorrise, abituato a ricevere gli omaggi come se niente
fosse.
Ma è la versione italiana che domina incontrastata le classifche, esportata con successo all’estero e da noi reperibile tramite apposite agenzie.
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Il tariffario prevede, come quello dei commercialisti, svariate
prestazioni. Potendo spendere, si aggiungono mille euro ai duecento della cena e si va a letto in tutta tranquillità.
I gigolò si chiamano Ivan o Igor, strizzano l’occhio alle varie
“educazioni siberiane” da veri maschi, ma insistono per essere
defniti “escort” anche loro. Aprono alla cliente la porta del ristorante e lo sportello del taxi, la abbracciano in pubblico come
innamorati, sono capaci di fare conversazione e dunque vanno
in televisione a farsi intervistare con la ferezza dell’ultimo dei
mohicani.
Vietato l’innamoramento, sillabano rigide, in agenzia, le segretarie, che nel cassetto tengono l’ultimo romanzo uscito da
Harmony e lo leggiucchiano nei tempi morti. Le clienti non
hanno nessuna intenzione di innamorarsi: comprano e basta.
Talvolta, il gigolò si promuove in proprio, certo per evitare antipatiche percentuali al mediatore. I più svelti usano Instagram con pregevoli inquadrature. Nei siti di incontri e su
Facebook foriscono sempre più spesso “massaggi ore liete”
e “cenette sexy” offerti da “bel ragazzo senza tabù”, spesso
“amante milf”, che sarebbe l’acronimo di Mother I’d Like to
Fuck, così rassicurante per tante cinquantenni e oltre. Perentoria la chiusa: “no omosex”.
Il “Times” ha appena contabilizzato i numeri e ce li dà con
pervicace chiarezza. Negli ultimi cinque anni, nel Regno Unito,
le escort donne sono solo raddoppiate, e sono circa 28.000. Invece gli escort maschi sono triplicati e ormai sono quasi 16.000.
Parliamo di quelli di cui si ha notizia, quanti siano quelli saltuari non si sa. E siamo autorizzati a pensare che anche in Italia la
proporzione sia analoga. Uno svelto giro per ristoranti di lusso,
palestre e happy hour ve ne darà prova.
Il toyboy, il “ragazzo giocattolo”, è ormai una tipologia umana come un’altra.
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L’acquisto del toyboy è più duraturo di quello del gigolò e
garantisce una certa tranquillità sentimentale sulla base di una
disparità sociale e anagrafca. Cominciò Demi Moore nei lontani anni novanta, seguirono Madonna e Lory Del Santo, Heidi
Klum e Jennifer Lopez. Di solito, il toyboy è un giovane ballerino, un giovane attore, un giovane qualcosa che ha bisogno
di un’anziana nave scuola, non per imparare il sesso, come si
usava un tempo, ma per sfondare nello show business. Infatti,
appena il risultato è raggiunto, il toyboy si smarca e si mette
con una coetanea a sua volta in cerca di trampolino, un “Eva
contro Eva” reloaded.
Alle donne non interessa l’epilogo, ma la devozione del
presente.
E anche e forse soprattutto la prestazione, che pare uno degli asset di questo prodotto e ne spiega la diffusione di massa,
anche fuori dal mondo dello spettacolo. Tanto che in America
queste allegre signore hanno conquistato un sostantivo apposito, cougar, che le assimila alle pantere e le rende assai soddisfatte. Chi ancora non ha il toyboy, impara i rudimenti da serie
televisive ad hoc, Cougartown e Desperate Housewives, di gran
successo anche da noi.
Quella di spogliarellista è ormai diventata una carriera,
strappata alle donne in nome delle pari opportunità. Quasi
vent’anni fa, in Full Monty, gli uomini si spogliavano causa disoccupazione. Ma ormai non servono più scuse. E infatti Magic
Mike, di Steven Soderbergh, uscito nel 2012, racconta la vita
tranquilla di uno stripper in un bel locale di nome Xquise e dice che si ispira alla vita vera del protagonista Channing Tatum,
che ne va molto fero e pare guadagnasse a diciotto anni ben
quattrocento dollari a esibizione.
Nel disgraziato 8 marzo che celebra la Festa delle donne,
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