L`Espresso - Alessandro Nicosia

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L`Espresso - Alessandro Nicosia
segreti di Modì
Amedeo Modigliani: a Roma lo festeggiano la grande retrospettiva al Vittoriano, una monumentale
biografia e una mostra di rari documenti al Centro di studi italo-francesi fortemente voluta dalla nipote
diretta Laure, per sfatare il mito dell'artista "maledetto"
Roma - Modigliani il maledetto. "Un inquietante ritornello", forse un mito da sfatare. Almeno
per la nipote diretta dell'artista, Laure Nechtschein Modigliani, figlia di Jeanne, l'unica erede
legittima riconosciuta e sopravvissuta di Modì e della sua ultima compagna musa-amanteartista Jeanne Hebuterne. E' lei che arriva a Roma per tenere a battesimo una serie di eventi
che celebrano il centenario dello sbarco del grande livornese a Parigi, nel 1906. Eventi che
vogliono restituire un Modigliani senza più segreti. Il Modigliani più intimo sullo sfondo di una
vita complessa, il Modigliani più autentico al di là dell'immagine in parte compromessa dalla
leggenda che ha privilegiato gli eventi drammatici alimentata da una morte precoce, a soli 36
anni e senza la soddisfazione di un riconoscimento pieno del suo talento, dopo una vita
apparentemente dissoluta e dal suicidio romantico della Hebuterne, incinta di otto mesi, che si
lancia dalla finestra all'indomani della sua morte.
Dal 21 febbraio, e fino al 14 aprile, si apre al centro di studi italo-francesi di piazza Campitelli,
nella Sala Capizucchi dell'università Roma Tre, una preziosa esposizione di documenti rari
provenienti dal centro archivi legali di Modigliani di Parigi (Modigliani Institut Archives Legales)
diretto da Christian Parisot, a lungo collaboratore archivista della figlia dell'artista Jeanne, e
autore dell'imponente biografia presentata in questa occasione capitolina, dal titolo "Modigliani.
La vita e le opere" (Edizioni Carte segrete dirette da Massimo Riposati/Carlo Delfino Editore) ),
la più ampia ricostruzione della vita dell'artista livornese, che parte da "un'altra storia" inedita,
quella delle disavventure della sua famiglia nei loro sfortunati investimenti in Sardegna, terre e
miniere perdute nel 1910, per svilupparsi poi in tutto l'arco della sua vita, da Livorno a Firenze,
a Venezia, ai suoi viaggi a Roma e nel Sud, sempre la Sardegna di Iglesias dal 1896 al 1901,
per concludersi com'è noto a Parigi, con la sua morte nel 1920. Il tutto raccontato con foto
spesso inedite e rarissime.
Ancora, Amedeo Modigliani protagonista a Roma con la grande retrospettiva ospitata al
Vittoriano, dal 24 febbraio al 20 giugno, che sfodera, sotto la cura di Rudy Chiappini, direttore
del Museo d'arte moderna di Lugano, circa 120 opere, dove ricorrono anche sculture e disegni.
E ci tiene a sottolineare il curatore come la rassegna sia baciata dalla presenza di rari
Modigliani sparsi in collezioni private italiane e straniere, e dove spicca soprattutto il "Nudo
sdraiato con braccia piegate dietro la schiena" del 1916 proveniente eccezionalmente dalla
Fondazione Bührle di Zurigo, un olio poco conosciuto ma di grande suggestione. Al di là
dell'idea del genio italiano dalla vita dolorosissima, quintessenza del bohémien parigino,
prototipo dell'artista maledetto, da cui il soprannome "Modì" pronunciato alla francese come la
parola "maudit" (maledetto), dell'artista inebriato di alcol, hascisc, amore e poesia, tomber des
femmes, rapito dal vortice della perdizione tra gli atelier di Montmartre e Montparnasse, una
visione alimentata anche dal film "bio-epic" della scorsa stagione "I colori dell'anima", diretto
da Mick Davis con un intenso e straziato ma incredibilmente somigliante Andy Garcia, la ricca
retrospettiva al Vittoriano è un ambizioso tentativo di documentare la grandezza del livornese
di Parigi.
La rievocano lavori incentrati soprattutto su quello che era il suo genere per eccellenza, il
ritratto. Il suo unico, provocatorio, iconizzato ritratto, dagli occhi senza iride, dai colli allungati
a dismisura, dall'appiattimento bidimensionale, dall'essenzialità chiaro-scurale, dal primitivismo
esasperato, dall'elegante stilizzazione. Una personalissima cifra stilistica esageratamente facile
da copiare e riprodurre - tant'è che il vero cruccio di Modigliani e dei suoi eredi sono i falsi, e
non a caso l'ultimo omaggio di Roma a Modì, nel 1959 alla Galleria nazionale d'arte moderna
diretta da Palma Bucarelli, saltarono fuori due falsi. Ma Chiappini sottolinea anche che "è
tempo di affrontare Modigliani senza lo spettro dello scandalo". Ed ecco comparire al Vittoriano
gli amici devoti e i bambini, ma soprattutto le sue donne, amiche, amanti, muse, committenti,
collezioniste, dalla poetessa russa Anna Akhmatova a Lunia Czechowska ad Hanka Zborowska,
fino alle due più importanti donne della sua vita: la giornalista inglese Béatrice Hastings e la
giovane Jeanne Hébuterne che conobbe durante i festeggiamenti del capodanno 1917,
all'Académie Colarossi dove lei stava preparando il concorso per l'ammissione. I colleghi
d'atelier l'avevano soprannominata "noix de coco (noce di cocco) a causa delle sue lunghe
trecce castane che contrastavano col candore della pelle. Non altissima, magra, grandi occhi a
mandorla, Jeanne era una ragazza timida, riservata, malinconica, di costituzione debole,
romantica e dolce, ed entrò nella sua vita come "un raggio di sole".
E, ancora, una galleria di volti illustri, dove spiccano anche i tre mecenati che hanno
accompagnato Modigliani, il medico Paul Alexandre, conosciuto nel 1907, il mercante d'arte
Paul Guillaume, incontrato nel 1914 e il letterato polacco Léopold Zborowski, che con la moglie
Anna sostenne l'artista dal '17 fino alla morte, nel '20. Personaggi, atmosfere, legami e
inimicizie che prendono corpo nella documentazione fotografica del centro archivi legali di
piazza Campitelli. Un repertorio di foto originali dell'epoca delle modelle che Modigliani
frequentava, come la greca Kiki e Aïcha di colore, insieme a quelle dei luoghi di incontro, tra
Montmartre e Montparnasse, dei protagonisti dell'arte delle avanguardie europee dell'inizio del
secolo scorso, la Cloiserie de Lilas, le Lapin Agile, il Moulin rouge, la Ruche, oltre ai suoi amicinemici colleghi, in cui l'artista ricorre con con Picasso e Max Jacob, Soutine, Apollinaire, e
soprattutto Constantin Brancusi, lo scultore rumeno che plasmava creature simili a idoli, la cui
bellezza minimalista nasceva dalla simmetria delle proporzioni, recuperando tutta la poetica
della scultura arcaica primitiva, di cultura africana e mediterranea, prima fra tutte quella
dell'arte delle isole cicladiche nel Mar Egeo. Insieme a lettere, cartoline, documenti autografi
più intimi di una vita complessa.
Fino al monumentale volume biografico che appare come una commovente indagine nella
verità dell'artista. Una doppia operazione celebrativa fortemente voluta da Laure Nechtschein
Modigliani per continuare l'intensa attività della mamma Jeanne-Giovanna, che fino al 1984,
anno della sua scomparsa, si è battuta per ricondurre l'immagine del padre ad una dimensione
"senza leggenda", come ha voluto intitolare il suo primo libro apparso in Italia e negli Stati
Uniti nel 1958 e l'anno successivo in Francia. "Accompagnata dalle cure di Christian Parisot,
all'epoca suo archivista - racconta Massimo Riposati direttore artistico delle edizioni Carte
Segrete e curatore della manifestazione - Jeanne ha lavorato per sistemare una catalogazione
dei materiali che volta per volta scopriva, a Livorno ed in Francia. Un lavoro immenso,
commovente, continuato poi dallo stesso Parisot che si è visto confermare nel suo ruolo di
responsabile degli Archives Legales dalla figlia di Jeanne, Laure appunto ".
"Il lavoro di Parisot segue il solco tracciato da mia madre, da coloro che si interessano a
Modigliani senza leggenda - dichiara Laure Nechtschein modiglioni, nata dall'unione di Jeanne
con Valdemar Nechtschein, trotzkista francese - Mamma raccolse testimonianze e documenti
che comparò, analizzò e criticò metodicamente. Questo rigore era indispensabile alla ricerca di
una verità demistificata sulla vita e l'opera di suo padre. Il suo studio è stata la chiave di un
incontro autentico con l'uomo, il pittore e la sua opera. Ma di quanto coraggio ha avuto
bisogno mia madre per affrontare questo lavoro. Ha pagato cara, a volte, la sua libertà di
espressione e l'originalità della sua posizione. Spesso, l'ho vista insorgere, andare in collera
contro alcune dichiarazioni o manifestazioni. Perché presto è venuta a scontrarsi con
resistenze, ostacoli e si è attirata molte inimicizie. Come se trasgredisse dei divieti
decostruendo uno dopo l'altro i miti su suo padre. Questi erano diventati parte integrante della
memoria collettiva dell'epoca in accordo con i cliché romantici di alcuni e con gli interessi
commerciali di altri".
LAURA LARCAN
Divisione La Repubblica
Gruppo Editoriale L'Espresso Spa