Domus Augustana - Rome – The Imperial Fora

Transcript

Domus Augustana - Rome – The Imperial Fora
Domus
Augustana
Natascha Sojc (Hrsg.)
Neue Forschungen zum ‘Versenkten
Peristyl’ auf dem Palatin
Investigating the ‘Sunken Peristyle’
on the Palatine Hill
© 2012 authors
Published by Sidestone Press, Leiden
www.sidestone.com
ISBN 978-90-8890-040-2
Lay-out: P.C. van Woerdekom, Sidestone Press
Cover design: K. Wentink, Sidestone Press
Photograph cover: Front: P. Tekiel/Dreamstime.com; texture: R. Kilian
C ONTENTS
Dank
7
Acknowledgements
9
Introduction: Research on the sunken peristyle of the Domus Augustana
11
Natascha Sojc
Die bauliche Entwicklung des Versenkten Peristyls der Domus Augustana –
Erste Ergebnisse der bauforscherischen Untersuchung
47
Jens Pflug
La Domus Augustana inferiore: Organizzazione del cantiere e principali fasi
costruttive
79
Evelyne Bukowiecki
Foundations in opus caementicium and their building process in the imperial
architecture of the Palatine: Typology as a means of dating in a local system
107
Martin Fink – Pierre Wech
Das zweigeschossige Peristyl der Domus Augustana: Untersuchung der SteinBauteile und Rekonstruktion der Portiken
139
Clemens Voigts
Ninfei e latrine
185
Andrea Schmölder-Veit
Mörtel in Nymphäen der Domus Augustana
219
Andrea Schmölder-Veit – Ralf Kilian
Le incrostazioni marmoree nel peristilio inferiore della Domus Augustana
229
Tobias Bitterer
Vergleichende Untersuchungen an den Mörteln der Bauphasen 2-6 im
Fassadenbereich der Domus Augustana
249
Ralf Kilian
Die Bedeutung der neuen Erkenntnisse zum Versenkten Peristyl der Domus
Augustana für den südöstlichen Teil des Kaiserpalastes
Ulrike Wulf-Rheidt
259
LE
INCROSTAZIONI MARMOREE NEL
PERISTILIO INFERIORE DELLA
D OMUS
A UGUSTANA
Tobias Bitterer
Le incrostazioni erano rivestimenti parietali di marmo, impiegati negli interni e
composti in sistemi decorativi. Nell’impero romano erano estremamente apprezzati
ed erano una dominante nei sistemi ornamentali degli edifici di rappresentanza.
I complessi architettonici presentano però solo di rado le incrostazioni ancora
intatte in situ1. Uno di questi è il Pantheon a Roma il cui settore inferiore è
conservato quasi integralmente, mentre quello superiore è solo in parte antico2, e
che ci indica fino a che punto la decorazione delle pareti influenzi la percezione
degli spazi interni, poiché non notiamo minimamente la forma delle strutture
architettoniche portanti che vi si nascondono dietro. La decorazione rompe la
struttura compatta della parete in laterizio e domina con la sua articolazione in
piccole parti l’effetto dell’architettura. Tuttavia, neppure nel caso del Pantheon
l’incrostazione è paragonabile al suo aspetto antico, poiché è andata perduta la
lucentezza della superficie levigata, che le fonti antiche riportano come sua caratteristica primaria.
Lo stato di conservazione del Palazzo imperiale è peggiore di quello del
Pantheon: le incrostazioni si trovano solo in pochissimi casi ancora in situ, e conseguentemente la ricostruzione del loro aspetto antico presenta alcune difficoltà.
Ciò che resta offre tuttavia alcuni nuovi indizi per l’interpretazione del peristilio inferiore della Domus Augustana4.
Obiettivo delle ricerche in quest’area è ricostruire le incrostazioni di ogni singolo ambiente per ricavarne una tipologia dei possibili schemi decorativi, e, sulla
base di questi presupposti, tentare una restituzione complessiva della decorazione
del complesso.
L’impiego diversificato delle tipologie decorative dovrà essere poi confrontato
con l’architettura, per provare se la decorazione di un ambiente può essere indizio
di una precisa gerarchia tra gli ambienti nella struttura complessiva. A tal fine è
innanzitutto necessario scoprire la cronologia delle incrostazioni, poiché solo se
esse sono contemporanee ci consentono di giungere a tali conclusioni.
1
2
4
Sul problema della tradizione delle incrostazioni in generale, si veda la felice osservazione di: Deubner 199, 16: “Es gehört (…) zu den beklagenswertesten Lücken der antiken
Monumentalüberlieferung, daß wir kein einziges Beispiel einer antiken Inkrustation mehr besitzen. Wir finden wohl Trümmer über Trümmer, aber kein Ganzes.” (Il fatto che noi non possediamo alcun esempio di incrostazione antica è una delle più deplorevoli lacune della tradizione
antica dei monumenti).
Heilmeyer 1975, 4; Waddell 2008, 141. Sulla decorazione del pronao Nesselrath 200,
19-6.
Questo è quanto ad esempio troviamo in Statius, Silvae 4, 2, 26 s: (…) aemulus illic / mons Libys
Iliacusque nitet, Edizione H. Wissmüller 1990. Le fonti letterarie sui rivestimenti parietali sono
raccolte in Bitterer 2009.
Per aver sostenuto i miei lavori alle incrostazioni del peristilio inferiore della Domus Augustana
sono grata alla DFG, per suggerimenti e discussioni critiche, ai membri del Graduiertenkolleg
„Formen von Prestige in Kulturen des Altertums“ (Forme del prestigio nelle culture dell’Antichità) alla Ludwig-Maximilians-Universität München e all’Istituto di Archeologia Classica,
specialmente a F. A. Bauer, S. Muth e R. M. Schneider. Un grazie speciale vada a K. Appel,
E. Brugger e a F. Haschner. Si ringrazia Letizia Abbondanza per la traduzione dell testo.
Bitterer
229
Il complesso del peristilio e le sue incrostazioni
Il complesso del peristilio si compone di un cortile aperto colonnato attorno al
quale si dispongono vari ambienti più o meno piccoli.
All’area del peristilio inferiore si accede da due scale, un a nord-ovest e una a
est, della quale ultima si conservano oggi solo poche tracce (ricostruite in epoca
moderna)5. Per arrivare qui occorreva attraversare vasti settori del Palazzo, dopo di
che si poteva scendere in quest’area, posta ad un livello più in basso e perciò meno
facilmente raggiungibile.
Questi ambienti erano illuminati da tre grandi corti scoperte6, mentre le stanze
più piccole a nord erano prive di luce naturale.
Il piccolo formato degli ambienti e il carattere appartato del complesso del
peristilio hanno finora suggerito agli studiosi l’idea che questa parte del Palazzo
fosse il ritiro privato dell’imperatore7, e dunque un’area meno prestigiosa; alla luce
delle incrostazioni possiamo esaminare con maggior dettaglio questa tesi.
Metodo
Per il peristilio inferiore della Domus Augustana non esistevano fino all’epoca
più recente studi sulle incrostazioni marmoree, ma da ultimo sono stati presentati
alcuni rinvenimenti a titolo di esemplificazione8. Manca tuttavia fino ad ora una
documentazione complessiva delle tracce conservate.
Nella maggior parte dei casi non ci è giunto quasi nulla: sono scomparse le
lastre di rivestimento e altri elementi decorativi come anche la malta che si trovava
al disotto; nelle pareti in laterizio sono rimasti solo piccoli fori quadrati di circa
5 x 5 centimetri. Essi sono spiegabili con il procedimento usato per applicare le
lastre, che è stato possibile ricostruire in dettaglio9: le lastre e gli altri elementi decorativi venivano disposti su un letto di malta precedentemente steso sulla
parete; le lastre venivano anche fissate con elementi di rinforzo e con cunei di
marmo10. Secondo una tecnica ben consolidata nel tempo gli elementi di rinforzo
venivano collocati nei loro alloggiamenti, il letto di malta veniva steso in vari
strati e su di esso veniva fissato il rivestimento; poiché i fori che ricoprono tutte le
pareti conservate sono disposti verticalmente o orizzontalmente l’uno accanto all’altro, possiamo dedurre da questi le proporzioni originarie delle incrostazioni11.
L’insieme delle analisi singole consente di volta in volta una ricostruzione globale
della parete (fig. 1a–c)12, dove le parti in cattivo stato di conservazione possono
essere ricostruite in analogia con quelle invece conservate.
L’aspetto problematico di questo metodo ricostruttivo è la sua relativa inesattezza: i capitelli di pilastro ad esempio non erano fissati con una modalità specifica1 e questo significa che il perimetro del capitello e la posizione dei fori non
coincidono. L’articolazione interna di una parete non risulta ugualmente leggibile
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Le illustrazioni dei resti della scala orientale sono in Fogagnolo 2009b, 282 fig. 4.
Sojc 2005, 45.
Zanker 2004, 91 s.; MacDonald 1982, 67 ipotizza addirittura che l’ambiente 17 fosse il cubiculum Caesaris.
Fogagnolo 2009a; Fogagnolo 2009b.
Sulla tecnica dell’allestimento, Bitterer 2009 (con bib.).
Illustrato in Ueblacker 1985, Allegato 9.2.
I fori più grandi non sono connessi con le incrostazioni; si tratta in questo caso dei fori dei
ponteggi delle impalcature.
Nel disegno ricostruttivo sono inserite diverse gradazioni di grigio che lo rendono più chiaramente leggibile, ma che non hanno nessuna connessione con l’originaria distribuzione dei colori.
Inoltre (sulla base dei rinvenimenti negli ambienti 04, 06, 8 e 9) sono segnalati i capitelli
di pilastro e distinti con una doppia cornice i settori dello zoccolo e della parete.
Ganzert 1996, 166, 26.
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Domus Augustana
a
b
c
Fig. 1a–c. Ambiente 327, parete est: situazione e schizzi ricostrutivi.
in tutti i suoi dettagli, poiché gli elementi più piccoli come le modanature non
dovevano necessariamente essere fissati alla parete e non vi hanno perciò lasciato i
fori corrispondenti. Per contro gli elementi più piccoli potevano anche semplicemente venir premuti sulla malta e fissarsi sulla parete altrettanto bene.
Sulla parete orientale della stanza 27, ad esempio, questa modalità di ricostruzione individua una suddivisione della parete in una zoccolatura, una zona
parietale della parete e una porzione superiore più piccola (fig. 1c). La decorazione
è in relazione diretta con l’architettura circostante, poiché un pilastro ogni due
risponde ad una colonna del peristilio14, mentre gli altri si trovano esattamente al
centro dell’intercolumnio.
Possiamo ricostruire ancora più in dettaglio l’aspetto originario della decorazione nei punti in cui la malta ha conservato intatta la sua superficie e dove, dalle
impronte lasciate dagli spigoli delle lastre, è possibile ricostruirne bene lo schema15. Sono stati eseguiti degli schizzi degli ambienti 8 e 9 e di una piccola
porzione della parte est del 1016.
Le differenze nella resa precisa dei dettagli della ricostruzione dipendono fortemente dallo stato di conservazione, ma in ogni caso, per rimanere all’esempio
14
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16
Cfr. il contributo di C. Voigts in questo volume.
Cfr. Fogagnolo 2009a, 497 fig. 8, 498 fig. 10, 500 fig. 14.
Fogagnolo 2009a, 496 fig. 4, 497 fig. 9, 500 fig. 15; Fogagnolo 2009b, 282 fig. . Occorre solo
notare che in questi schizzi ricostruttivi dell’ambiente 9 sono stati inseriti capitelli di pilastri
e basi di pilastro in analogia con altri ambienti, che non sono tuttavia riconoscibili nelle tracce
rimaste.
Bitterer
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della vasca 9, può essere in questo modo confermata la ricostruzione proposta
dalla Fogagnolo, che contiene un maggior numero di informazioni di quante ne
possano fornire le impronte lasciate nella malta. Un disegno del Guattani riporta
infatti nell’ambiente 04 o 06 capitelli di pilastro che possiamo ipotizzare anche
nel 9, il cui rivestimento aveva il medesimo schema decorativo. Capitelli di
questo tipo sono dunque da collocare anche in quest’ultima sala.
Ipotesi per una tipologia
Dall’indagine e dalla descrizione in questi termini di tutti i vani della Domus
Augustana possiamo ricostruire nel peristilio inferiore un totale di cinque diverse
tipologie decorative17, in alcune delle quali possono essere isolate diverse fasi.
Tipo 1 (figg. 2a, 6)
Il tipo 1 è composto da un zoccolo ed una zona parietale inclusa in alto e in basso
da una fascia orizzontale. Su di essa è steso l’intonaco dipinto. Troviamo il tipo 1
negli ambienti 05, 07, 08, 09, 10 (pareti nord, sud e est), 1 (forse parete
sud, 1. fase), 14, 21, 22 (forse), 2, 28, 2, 4, 5, 42, 4, 8.
Tipo 2 (figg. 2b, 6)
Il tipo 2 lo troviamo ad esempio nell’ambiente 02 ed è costituito nel modo seguente: al disopra di uno zoccolo è una zona separata da una fascia orizzontale da
un’altra zona parietale, posto immediatamente al disopra. In questa forma sono
decorate le sale 02 e 0.
Tipo 3 (figg. 2c, 6)
Nel tipo , al di sopra dello zoccolo, è una zoccolatura articolata con lo stesso
ritmo della parete soprastante, dalla quale è separata da una fascia. Segue al disopra un’altra fascia che potrebbe esser interpretata come trabeazione e ancora
al disopra una fascia più ampia, immaginabile come attico. La decorazione degli
ambienti 01, 04, 06, 10 (parete ovest), 24 (parete sud e ovest), 27, 9,
furono decorati con il tipo .
17
In questo ordine tipologico non sono stati inseriti i singoli profili e i piccoli listelli, poiché essi
possono variare nei diversi casi e poiché, a causa del loro diverso stato di conservazione, non sono
sempre ricostruibili con la stessa precisione.
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Domus Augustana
Fig. 2a. Incrostazione, tipo 1 (ambiente 312, parete sud).
Fig. 2b. Incrostazione, tipo 2 (ambiente 302, nicchia sud-orientale).
Fig. 2c. Incrostazione, tipo 3 (ambiente 339, parete ovest).
Fig. 2d. Incrostazione, tipo 4 (ambiente 318, parete sud).
Bitterer
2
Tipo 4 (figg. 2d, 6)
Il tipo 4 si differenzia dagli altri nell’articolazione della parete: essa è suddivisa
in uno zoccolo, una zoccolatura, una fascia orizzontale, un alta zona parietale, e
ulteriore fascia orizzontale. Le proporzioni della parte inferiore della parete riproducono il tipo ma dominano nella parte superiore proporzioni molto allungate.
Invece che da pilastri regolari la parete è suddivisa in grandi compartimenti allungati, verticali. Troviamo questo tipo decorativo negli ambienti 1 (II fase), 15,
16, 18, 19, 22 (forse), 6, 7.
Tipo 5 (figg. 2e, 6)
Nel tipo 5 troviamo una zoccolatura sopra un zoccolo, una fascia e una bassa zona parietale che è chiusa con due fasce. Questo tipo appare soltanto
nell’ambiente 20.
Fig. 2e. Incrostazione, tipo 5 (ambiente 320, parete nord).
Datazione
Per questa tipologia e per la distribuzione degli schemi ornamentali nelle diverse
stanze occorre verificare se le decorazioni siano contemporanee o se appartengano
a diverse fasi cronologiche, giacché solo decorazioni coeve possono definire eventuali gerarchie. Ci si chiede inoltre in che sequenza relativa porre questi tipi e se
sia possibile datarli in modo più preciso. Dai resti in sé non è possibile ricostruire
una cronologia, poiché la tecnica rimane la medesima dalla prima età imperiale al
tardo antico18. Occorre dunque datarla solo alla luce di altri indizi.
Possiamo innanzitutto ricavare una cronologia relativa da un frammento di decorazione architettonica (fig. ): nell’ambiente 9, sulla parete ovest, dalla malta
è emerso un capitello di pilastro19. Esso è frammentato, di forma insolita e in
Rosso Antico20, e appartiene al gruppo di capitelli di pilastro con volute vegetali.
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Nesselrath 200, 20-22 (con bib.).
Fogagnolo 2009a, 498 fig. 11.
Fogagnolo 2009a, 492, 498 fig. 11.
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Domus Augustana
Fig. 3. Ambiente 339, parete ovest: capitello di pilastro.
Il frammento è alto circa cm 14, e se ne conserva la voluta destra, la metà destra
del fiore d’abaco, l’abaco e l’orlo del kalathos; inoltre, al disotto del fiore d’abaco,
si conserva anche la metà destra di un’altra foglia d’acanto, sorretta da un’altra
ancora. Il fiore d’abaco è composto di tre petali sul lato destro ed ha al centro un
grosso pistillo lanceolato. In certi dettagli come l’orlo del kalathos e l’abaco, il
capitello non è lavorato con cura e rivela irregolarità nelle linee. Lo stile ricorda la
plasticità dell’intaglio del legno: gli elementi singoli occupano l’intero sfondo del
rilievo e sono assai poco modellati in superficie; la rappresentazione risulta perciò
piatta e sommaria, e priva di plasticità.
Le incisioni del trapano sono quasi l’unico mezzo utilizzato per formulare i
motivi decorativi, e questo rende il profilo delle foglie privo di organicità e di
dinamismo, con una linea di contorno spezzata.
Il nostro capitello ha due confronti a Ostia21, in realtà non datati con sicurezza, ma attribuiti da Pensabene, su base stilistica, al II secolo d. C. Nei motivi
quasi identici (fino alla forma del fiore d’abaco) e nello stile, gli si avvicina anche
un capitello di pilastro da Villa Adriana in marmo Portasanta, del quale non si
conosce però la provenienza esatta all’interno del complesso, e che si trova oggi
nell’Antiquario del Canopo22.
Questi esempi ricordano allo stesso modo il legno intagliato, anche se le superfici dei singoli motivi sono formulate in modo più plastico e organico. I segni del
trapano hanno meno valore autonomo, e il risultato dal punto di vista artigianale
è di qualità migliore rispetto al nostro esemplare del peristilio inferiore. Ciò nonostante, a prescindere dalla differenza di qualità della resa tecnica, i tre capitelli
di pilastro sono molto vicini.
I confronti stilistici del nostro capitello di pilastro, ci permettono dunque di
definirne anche il confine cronologico.
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Pensabene 197, cat. n. 587, tav. LVI (il motivo è simile mentre lo stile è leggermente diverso;
datazione: seconda metà II secolo d. C. – inizi III secolo d. C.); cat. n. 588, tav. LVI (il motivo
è leggermente diverso, mentre lo stile è molto simile; datazione: seconda metà II secolo d. C.
– inizio III secolo d. C.); cat. n. 585, tav. LVI (il motivo è leggermente diverso, mentre lo stile è
molto simile; datazione: fine del I secolo d. C. – inizi II secolo d. C.). La datazione non è esplicita ma si basa solo su una seriazione stilistica, non agganciata a elementi sicuramente datati.
De Nuccio – Ungaro 2002, 479 cat. n. 192.
Bitterer
25
Due capitelli del medesimo tipo da Pompei documentano invece uno stile
diverso dagli esemplari precedenti, e sono entrambi datati nell’ultima fase di
Pompei2. La diversità del linguaggio stilistico è evidente: ampie parti del fondo
del rilievo restano lisce e per contrasto gli elementi ornamentali risultano rialzati
e ben staccati dal fondo. La formulazione in filigrana delle singole decorazioni si
differenzia in modo sostanziale dalla resa sommaria dell’esemplare del peristilio
inferiore. Anche la disposizione snella degli elementi, i dettagli dei motivi e la
struttura delle superfici simile al metallo, separano con evidenza gli esemplari
pompeiani da quelli appena descritti. Questo conduce ad una datazione adrianea
del nostro esemplare, che è quella che qui si intende proporre24.
E’ stato così datato il capitello di pilastro ma non è ancora stato chiarito in che
epoca e in quali circostanze esso finì nell’intonaco dell’ambiente 9. In proposito
sono pensabili diverse situazioni: o esso è residuo di un rivestimento marmoreo
più antico, sostituito da uno nuovo, oppure esso è diventato inutilizzabile durante l’applicazione della incrostazione marmorea. Contro la prima ipotesi si deve
obiettare che nell’intonaco troviamo solo limitatamente elementi di incrostazioni
usate25 mentre, se ci trovassimo di fronte alla sostituzione di un rivestimento, dovremmo trovarvi innumerevoli altri frammenti simili. Mi sembra invece molto più
plausibile la seconda soluzione, secondo la quale il capitello di pilastro, divenuto
non necessario, sarebbe rimasto nella malta. La distribuzione della malta sulla
parete risulterebbe in tal modo un terminus ante quem non.
L’elemento distintivo della malta sono le tesserae blu che vi sono inserite e che
ne sono l’aspetto specifico e significativo poiché presente nell’intero Palazzo26: in
una precisa fase edilizia fu smantellato un mosaico e furono riutilizzate le tessere come inclusi. Per il progetto di studio del Palatino ciò significa che la malta
databile in età adrianea grazie al capitello di pilastro rappresenta un punto di
riferimento per ulteriori datazioni anche in altre aree del Palazzo27.
La seconda possibilità per arrivare ad una datazione sono le trasformazioni
nella struttura architettonica: dai rilievi ancora in corso e dalla documentazione
archeologica conosciamo due fasi edilizie28. L’edificio fu costruito in epoca flavia,
ma in età adrianea si lavorò a massicce trasformazioni, che imposero di chiudere
numerose finestre e numerose porte, e di ostruire diversi passaggi; in età severiana
invece furono eseguite numerose riparazioni.
In età adrianea il peristilio inferiore della Domus Augustana fu interamente
rivestito di incrostazioni marmoree, disposte dove erano state chiuse porte o finestre29, che sono dunque il terminus post quem. Se facciamo una mappatura delle
incrostazioni apposte su tamponature adrianee e dunque precisamente databili, ne
deriva il quadro seguente (fig. 4): il tipo 1 è marcato in rosso, il tipo 2 in blu, il
tipo in giallo, il tipo 4 in verde, il tipo 5 in arancio.
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Si tratta di due capitelli di pilastro molto affini nei motivi decorativi, ma ben distinti dal nostro
esemplare nel linguaggio stilistico. Entrambi sono i ogni caso un po’ più piccoli: di cm 20 e 10
di altezza. Ronczewski 191, 60 cat. n. 52, 5.
Diversamente Fogagnolo 2009a e Fogagnolo 2009b, data l’intera incrostazione marmorea del
peristilio inferiore in epoca flavia.
Questa affermazione è possibile poiché nell’intonaco troviamo quasi solo resti di lastre piatte e
poco modanate. Cfr. Fogagnolo 2009a, 497 fig. 8, 498 fig. 10.
Cfr. in merito il contributo di A. Schmölder-Veit in questo volume.
A. Schmölder-Veit aveva supposto anche prima, nel corso dei lavori al progetto, sulla base di
indizi della tecnica costruttiva, che tale strato di malta fosse databile in età adrianea, un’ ipotesi
confermata dal capitello. Cfr. il relativo contributo in questo volume.
Per il successivo cfr. Sojc 2005/2006; Wulf-Rheidt – Sojc 2009 (con bib.) così come tutti gli
ulteriori contributi in questo volume.
Cfr. il contributo di E. Bukowiecki in questo volume.
26
Domus Augustana
Fig. 4. Domus Augustana, peristilio inferiore: distribuzione delle tipologie di incrostazioni in età adrianea.
La funzione degli ambienti e la loro interconnessione
Poiché tutti i tipi sono da riferire alla fase adrianea, ci si chiede anche se la decorazione non abbia a che fare con la funzione degli ambienti. Se osserviamo le
zone in rosso del tipo 1, molto semplice, possiamo notare che si tratta sempre di
ambienti di passaggio, non di spazi in cui ci si tratteneva. Questi ultimi non ebbero mai quel tipo di decorazione, onde possiamo dedurre che le varie incrostazioni
rispondono anche a precise gerarchie del sistema decorativo e che la complessità
dell’ornamento definisce anche la funzione dell’ambiente: la decorazione offre
cioè indicazioni anche sull’uso degli spazi0. L’intero complesso si suddivide in
quattro settori (fig. 4), e lo desumiamo non solo dalla decorazione bensì anche
dalla forma degli ambienti, ossia dallo stesso linguaggio architettonico: in ogni
settore attorno ad un ambiente principale, riconoscibile grazie al suo specifico tipo
di decorazione, si dispongono una serie di vani secondari.
0
Sojc 2005/2006; Wulf-Rheidt – Sojc 2009; Sojc – Winterling 2009.
Bitterer
27
La funzione degli spazi può essere desunta anche solamente dall’architettura1,
ma nel peristilio inferiore è la decorazione a definire l’uso: ambienti con più destinazioni hanno anche una decorazione diversificata. Il tipo si trova di norma
in sale da banchetto, il 2 è limitato negli ambienti centrali del settore 2, il tipo 4
è dominante nel settore 4 ed è utilizzato nelle sale da banchetto direttamente in
prossimità delle vasche e dell’acqua. Il tipo 5 appare soltanto nell’ambiente 20,
la sala da banchetto centrale2 del settore .
In età flavia la decorazione è invece diversa e priva quasi del tutto di incrostazioni. Gli unici settori che ne erano sicuramente provvisti erano i tre pozzi di luce
(cortili 16, 17 e 9), ma anche queste aree non erano rivestite fin dall’inizio:
1
2
Sojc 2005/2006, passim.
Sojc 2005/2006, 04 s.; cfr. Kockel 1985, 550.
28
Domus Augustana
Fig. 5. Domus Augustana, peristilio inferiore: i quatro setori in età adrianea.
nella prima fase flavia avevano una decorazione dipinta e poco dopo un rivestimento in marmi colorati. Lo stesso accadde nel ninfeo 11 e nella sala 05.
La suddivisione adrianea in quattro settori non riprodusse esattamente quella di epoca flavia, ma con alcune trasformazioni, essa modificò nella sostanza la
pianta originaria4: in epoca flavia il settore 1 disposto attorno alla vasca nord era
sensibilmente più grande, ne faceva parte anche la seconda vasca nella quale si
specchiava il peristilio e attraverso la quale lo si poteva traguardare. L’area era sensibilmente più aperta luminosa e trasparente che non dopo gli interventi adrianei,
che, operando alcune chiusure, separarono definitivamente il settore 1 dal settore 4. L’intera architettura divenne perciò sostanzialmente più buia e anche più
frazionata e piccola, secondo le tendenze generali dell’architettura dell’epoca5.
Interpretazione
Occorre infine interrogarsi sul motivo della trasformazione edilizia di età adrianea, in seguito alla quale, a mio avviso, le possibilità di movimento all’interno del
Palazzo si ridussero sensibilmente, e fu modificato il carattere degli ambienti, che
rivelano alcune affinità con la Domus Aurea6.
Al visitatore antico che si avvicinava al peristilio inferiore da nord-ovest, il
Palazzo si presentava nel modo seguente7: vi entrava da nord-ovest da una scalinata e veniva guidato a sinistra in un corridoio. In epoca flavia da qui si poteva
direttamente entrare nel peristilio, mentre in età adrianea un piccolo muretto
separava la zona est da quella ovest del corridoio 12, che conserva gli elementi
inseriti di una porta o di una separazione. Anche la pavimentazione conferma questa impressione poiché le impronte indicano che anche le lastre qui cambiavano
direzione conducendo il visitatore verso sinistra8. Il fine era quello di condurre le
persone attraverso gli ambienti posteriori in un labirinto di stanze separate l’una
dall’altra.
E’ un fenomeno che conosciamo dalla casa romana9, illustrato da una teoria di
Wallace-Hadrill40, poi sviluppata da Grahame41. Le riflessioni dei due studiosi sulle case sono valide a mio avviso anche per il Palazzo imperiale, poiché il processo
della percezione, ossia la percezione irriflessa e sommaria di un “konventioneller
Betrachter” (un osservatore qualunque)42 in una casa privata, era la stessa anche
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Sojc 2005/2006, 40 menziona la decorazione pittorica dei soffitti degli ambienti 2, e
40, onde possiamo affermare che nel Palazzo vi fosse pittura di IV stile. Nell’area della vasca
troviamo tracce di una prima incrostazione, conservata solo nel rivestimento dell’intradosso della
porta d’ingresso nell’ambiente 40. A questo rivestimento ne seguì un secondo che si intersecò
con il primo e fu poi sostituito con una incrostazione adrianea, che ha lasciato, al disotto dell’intonaco, i fori di applicazione delle lastre. Alla luce di questo è plausibile ipotizzare una decorazione pittorica nella prima fase flavia, cfr. in merito anche il contributo di A. Schmölder-Veit.
Cfr. Sojc 2005/2006; Wulf-Rheidt – Sojc 2009, 270 fig. 2.
Cfr. Sojc 2005/2006, 40-49; Wulf-Rheidt – Sojc 2009, 268-272.
Gli ambienti 02 e 0, disposti attorno al 01 sembrano rimandare alla sala ottagona della
Domus Aurea: MacDonald 1982, 67; Sojc 2005/2006, 40; Wulf-Rheidt – Sojc 2009, 268.
Altrimenti egli poteva entrare nell’area da sud-est, dall’altra scala, ma nella riflessione che
segue questo incide poco poiché anche in quel caso sarebbero entrati in gioco i medesimi
meccanismi.
Questo rinvenimento fu introdotto nella pianta di D’Elia – Le Pera Buranelli 1985, 177 fig. 1,
ed ha trovato conferma nella verifica autoptica condotta da A. Schmölder-Veit, alla quale sono
per questo grato.
Per il su impianto la Domus Augustana di età adrianea può essere confrontata con una domus
e non solo con ville, come è Oplontis rispetto alla Domus Aurea, il cui ruolo all’interno della
residenza nel suo insieme resta poco chiaro (Sojc 2005/2006, 42; cfr. Wulf-Rheidt – Sojc 2009,
272; cfr. nota ). Tale interpretazione contraddice Zanker 2004, 92.
Wallace-Hadrill 1988, 4-97; Wallace-Hadrill 1994.
Grahame 1997, 17-164.
Muth 2005, 229.
Bitterer
29
nel Palazzo. Un esempio in proposito è tramandato da Stazio che descrive con le
medesime categorie un bagno privato e il Palazzo di Domiziano4: la percezione
dell’architettura è ben più orientata su categorie come ampiezza degli ambienti,
articolazione interna, arredamento e luminosità. Non a caso mancano totalmente
nelle fonti antiche informazioni sull’aspetto concreto delle incrostazioni, mentre
vengono evidenziate categorie come colore, lucentezza e altezza44. Questi aspetti
testimoniano che la percezione dell’architettura era molto sommaria e che l’impressione globale prevaleva sui dettagli.
È la struttura architettonica a comunicare queste categorie alla persona che vi
si intrattiene, poiché comunque non sarebbe possibile non comunicarle45, e poiché
il visitatore non può sottrarsi a questa percezione; per questo credo sia legittimo
usare le categorie applicate da Wallace-Hadrill e da Grahame alle gerarchie tra gli
ambienti delle abitazioni private romane, anche al sistema del peristilio inferiore.
Wallace-Hadrill e Grahame partono dal presupposto che esistano quattro categorie nelle quali suddividere gli ambienti della casa: privati e pubblici, piccoli
e grandi. Quelle pubbliche sono le aree liberamente accessibili e che quotidianamente erano visitate da persone estranee alla casa46, ne è un esempio l’atrio I
della Casa del Fauno di Pompei47, dove ogni giorno i clientes, ossia i dipendenti
del patronus, lo attendevano per il saluto mattutino48. L’atrium non era posto
molto all’interno della casa ma era relativamente ampio e direttamente connesso
all’ingresso principale.
Un esempio di ambiente privato49 può essere invece l’ambiente 1, usato come
sala da banchetto e da recreazione50, aperta nel peristilio. Essa si trova invece molto
all’interno dell’edificio, era raggiungibile dopo un lungo percorso e relativamente
piccola. Secondo Wallace Hadrill quanto più un ospite era familiare al padrone di
casa, tanto più interni erano gli spazi della casa che poteva frequentare. Anche la
dimensione degli ambienti ha un significato: la stanza sarà tanto più intima quanto più ridotto sarà il suo spazio. Dalle fonti antiche sappiamo che per avere un
colloquio con il padrone di casa i suoi colleghi in affari più vicini lo incontravano
4
44
45
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48
49
50
Descrizione del bagno di Etruscus: Statius, Silvae 1, 5, 4. 40: “Né Taso né l’ondosa Caristo sono
state qui ammesse. S’affligge rimasto lontano l’onice e si lamenta di esser stato escluso il serpentino: solo brilla il marmo che ha il color della porpora, tagliato dalle bionde cave dei Numidi,
solo quel marmo che ha color della porpora, solo quel marmo che nel profondo antro della frigia
Sinnade lo stesso Atti chiazzò di violacee macchie di sangue e quel marmo che ha il color della
porpora di Tiro e di Sidone là dove questa ne interseca il niveo fondo (…) A mala pena c’è posto
per il marmo della regione dell’Eurota; c’è solo di quel tipo in cui un lungo bordo di colore verde
varia quello del pavonazzetto. Le soglie non sono da meno, splendono le volte, brillano le loro
sommità pei vetri variopinti di figure animate. Il fuoco stesso si stupisce di avvolgersi tra tante
meravigliose ricchezze e modera la sua forza” (trad. Traglia – Aricò 1980).
Descrizione del Palazzo di Domiziano: Statius, Slivae 4, 2, 18-1: “Un Palazzo maestoso, immenso, che fa spicco non per un centinaio di colonne, ma per tante quante potrebbero sostenere
gli dei superni del cielo, se Atlante andasse a riposo. Ne rimane stupita la vicina reggia del
Tonante e i numi si allietano del fatto che tu abbia una sede uguale alla loro. Non aver fretta di
salire su nel cielo immenso; così ampia è la distesa su cui spazia la mole della costruzione e il
libero slancio del grandioso Palazzo, che abbraccia tanto suolo coperto e tanta aria aperta ed è
inferiore solo al suo padrone, che riempie da solo la casa e l’allieta con la potenza del suo genio.
Là brillano a gara le pietre della Libia e delle montagne iliache e molti marmi di Siene e di Chio
e quello gareggia con la glauca Doride e la pietra di Luni, adoperata soltanto come supporto delle
colonne. La vista verso l’alto si estende lontano e coi tuoi occhi affaticati a mala pena potresti
cogliere la sommità delle volte e potresti credere che si tratti di un dorato soffitto del cielo” (trad.
Traglia – Aricò 1980).
Altre fonti sono raccolte in Bitterer 2009.
Watzlawick – Beavin – Jackson 1969, 5.
Il concetto di “estraneo” è qui usato nel senso di “non appartenente alla familia”.
La numerazione segue Faber – Hoffmann 2009, Beilage 2.
Hurschmann 2001.
Sulle diverse forme dell’idea antica di “privato” che si distingue nettamente dalla concezione
moderna è particolarmente efficace lo studio di Gravame 1997, 19 fig. 1; Muth 1998, 48-5.
Faber – Hoffmann 2009, 24.
240
Domus Augustana
nella sua camera da letto51. Un ambiente remoto e piccolo era dunque indizio per
il visitatore di uno status più elevato52.
L’universalità di queste categorie fa sì che non ci sia alcuna differenza per un
visitatore tra l’entrare nella struttura intera di una singola casa privata o in un
ambiente del Palazzo, che risulterà relativamente piccolo se paragonato all’edificio precedente. Il concetto di “piccolo” è infatti relativo agli altri ambienti del
complesso, poiché solo attraverso la dimensione delle altre stanze una di esse può
essere definita “piccola”. In questa prospettiva le categorie “abitazione” e “Palazzo”
perdono la loro specificità, poiché la dimensione e l’accessibilità dipendono direttamente dal tipo di edificio.
Applicando il concetto al peristilio della Domus Augustana, questo significa
che l’osservatore doveva aver percorso una lunga strada attraverso i vani di rappresentanza del Palazzo per discendere nel peristilio inferiore. Scesa una scala stretta
egli si doveva muovere nei piani inferiori e qui (se il suo status glielo permetteva)
doveva ritrovarsi senza perdere l’orientamento in una serie di circa undici piccoli ambienti incastrati l’uno nell’altro. Il visitatore doveva avere l’impressione di
trovarsi in una zona incredibilmente interna del Palazzo, un’impressione che egli
conosceva già dalle case private dell’aristocrazia.
Occorre perciò modificare un’idea radicata nella ricerca scientifica, e formulata
ultimamente da Zanker5: le stanze piccole del peristilio inferiore non sono da
interpretare solo come ambienti privati dove l’imperatore si ritirava, ed accessibili eccezionalmente a persone a lui molto vicine per colloqui privati. Dobbiamo
invece pensare che qui si trovavano le più esclusive sale da banchetto del Palazzo,
presentate scenograficamente come tali. Qui non veniva aperta l’area privata, ma
veniva messa in scena un’area appartata, solo limitatamente accessibile al pubblico. Perciò il prestigio dei singoli visitatori si riconosceva da quanto essi potevano
spingersi all’interno di quest’area intricata del Palazzo.
Questa funzione degli ambienti non sarebbe comprensibile solo in base al loro
perimetro e ciò risulta particolarmente leggibile nelle stanze 04 e 06, che furono interpretate come spazi utilitari54 privi di una funzione di rappresentanza55,
all’interno dei quali si muovevano indisturbate le persone di servizio. Se però
osserviamo la decorazione parietale ne traiamo un’altra immagine: le pareti sono
allestite con lo stesso tipo di ornamento del peristilio e dell’altra sala da banchetto
affacciate sul peristilio. Siamo perciò tentati di interpretare anche queste come sale
da banchetto, e tra tutte le più intime poiché più appartate delle altre56.
Un risultato parimenti sorprendente è offerto poi da un’altra osservazione:
anche l’ambiente 05 non è decorato con le modalità di un ambiente principale,
come suggerirebbe il suo perimetro, ma da ambiente di passaggio ossia con il
tipo 1. A mio avviso questa scelta fu operata per generare l’idea che anche la
sala 01 fosse succeduta da ambienti di passaggio, cioè per conferirle maggiore
profondità. Questa misura edilizia non è tuttavia per noi databile esattamente:
abbiamo solo come terminus post quem l’epoca domizianea, quando la stanza fu
realizzata57, ma la decorazione originaria, probabilmente differente, non è per
noi più ricostruibile. Proprio per questo la decorazione stupisce di più, poiché la
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57
Tac. ann. 11, 2, 1.
In questo senso anche Wulf-Rheidt – Sojc 2009, 272.
Zanker 2004, 91 s.
MacDonald 1982, 67.
Zanker 2004, 92.
La ricostruzione di Sojc – Winterling 2009 visualizza la destinazione a banchetto degli altri
ambienti, disponendovi le klinai. Sul impiego degli ambienti 04 e 06 non sono ancora state
fatte ipotesi.
Cfr. Wulf-Rheidt – Sojc 2009, 270 fig. 2.
Bitterer
241
superficie dello sfondo risulta ingrandita ma il tipo di ornamento è tipico di un
ambiente di passaggio.
Se, come è legittimo pensare, la parete settentrionale nella prima fase edilizia
era in successione con le pareti settentrionali degli ambienti 04, 06, 09, 10,
1, 4 e 5 possiamo pensare che si trattasse in origine di un ambiente di
passaggio. E forse questa decorazione è connessa anche con gli ambienti 04 e 06
di questo settore, non rivestiti con il tipo 1 ma come il peristilio 27, e l’ambiente 01. L’ambiente 05 diventa in tal modo l’area di disimpegno tra 04 e 06,
che ha in primo luogo il compito di separare il settore 2 dal .
La riduzione delle possibilità di movimento all’interno degli spazi fu portato
ulteriormente avanti sotto la dinastia severiana, quando le sale da banchetto furono a tal punto separate dal peristilio, con vasche e mura intermedie, da risultare
accessibili solo da ambienti sul retro58. Un aspetto singolare dell’allestimento severiano è che le strutture aggiunte per ridurre la larghezza del passaggio 01 verso
il peristilio non furono mai rivestite di incrostazioni, come possiamo constatare
dalla mancanza di fori59. In generale non sono state rinvenute tracce di incrostazioni di età severiana mentre ne troviamo molte di decorazione pittorica, risalenti
a quel periodo60.
È dunque plausibile che nella fase severiana siano state asportate oppure danneggiate alcune incrostazioni; per mancanza di tempo, denaro e materiale, nei
settori e negli ambienti principali del 2, alcune lacune o danni delle incrostazioni furono sostituiti con pitture, integrate nel ritmo dei rivestimenti precedenti.
Anche le strutture architettoniche confermano trasformazioni corrispondenti61.
Riassunto
Sulla base della decorazione marmorea possiamo ricostruire tre grandi fasi dell’allestimento delle pareti:
In età flavia, sotto Vespasiano, il complesso62 fu costruito e decorato con pittura parietale. Ancora in età flavia furono rivestiti di marmo solo tre pozzi di luce,
il ninfeo 11 e l’ambiente 05. Il peristilio in questo periodo non era in marmo,
ma le colonne i capitelli e le trabeazioni erano in travertino6.
In età adrianea la struttura fu modificata in modo sostanziale, furono chiusi
alcuni accessi e l’intero complesso si frammentò in piccole parti e divenne più
buio. Nello stesso periodo l’edificio fu interamente rivestito di marmo e il peristilio fu decorato con colonne e trabeazioni marmoree. La pittura fu sostituita dal
marmo e il complesso fu “marmorizzato” interamente, inclusa l’architettura del
peristilio64.
In età severiana furono operate riparazioni ai rivestimenti parietali e alla stessa
architettura, ma le incrostazioni danneggiate non furono sostituite, e vi fu invece
inserita una decorazione pittorica.
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62
6
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Vedi in merito il contributo di A. Schmölder-Veit in questo volume.
I muri furono allontanati dagli scavatori, ma esistono foto di scavo che testimoniano che non
esistevano fori. Una foto di questo contesto (Neg. Serie E nr. 970) si trova nell’Archivio della
Soprintendenza alle antichità, Palatino e Foro Romano.
Si conservano pitture di età severiana negli ambienti 01–0, 12 (parete settentrionale della
parte est), 15, 20, 27, 40–41. Negli ambienti 04–06, 08–1 (12: esclusa la parete
nord della parte est), 17, 19, 28, 1–9, 42–4, alla parete sono rimaste incrostazioni
delle quali si conserva la malta.
Si vedano i contributi di E. Bukowiecki, J. Pflug und C. Voigts in questo volume.
Cfr. Wulf-Rheidt – Sojc 2009, 270.
Cfr. il contributo di C. Voigts in questo volume.
Cfr. il contributo di C. Voigts in questo volume.
242
Domus Augustana
Fig. 6. Domus Augustana, peristilio inferiore: Pianta complessiva con ambienti numerati.
Questo risultato stupisce se osserviamo le altre parti architettoniche del Palazzo
e la loro sistemazione, e se cerchiamo di considerare il peristilio inferiore nel contesto dell’intera residenza65. In quest’epoca, per esempio, le pareti del peristilio
inferiore furono dipinte, mentre nelle altre parti del Palazzo non troviamo traccia
alcuna di pittura senza incrostazioni66. Anche nella fase flavia la situazione è simile:
l’area dello Stadio fu decorata con incrostazioni67, mentre il peristilio inferiore era
dipinto. Se ne deduce dunque che in età flavia e in età severiana esso era arretrato
rispetto alla decorazione di altre aree del Palazzo.
Per questo la fase decorativa adrianea colpisce ancora di più; mentre nelle altre
due epoche la decorazione del peristilio inferiore resta sistematicamente indietro
rispetto ad altre parti del Palazzo, in età adrianea essa subisce una sorta di valorizzazione, e viene interamente marmorizzata.
Resta tuttavia il problema della fase flavia, in merito alla quale occorrerà forse
modificare la visione moderna della relazione tra incrostazioni e pittura in quel
65
66
67
Gli altri settori del Palazzo imperiale non sono stati finora indagati così in dettaglio, come il
peristilio inferiore della Domus Augustana, perciò la presente osservazione resta sommaria.
Nello Stadio-giardino (Ippodromo) sul Palatino possiamo ricostruire una fase flavia e una severiana di incrostazioni: Iara 2007.
Nell’area della Domus Flavia troviamo tracce di due fasi di incrostazioni, che ci inducono a
ipotizzare che l’edificio, costruito in età domizianea (Wulf-Rheidt – Sojc 2009, 268-272), come
anche lo Stadio-giardino (v. sopra nota 5) fu rivestito in una fase flavia.
Bitterer
24
periodo, o ipotizzare che con la dinastia flavia questa parte del Palazzo fosse in
qualche modo più privata e per questo decorata diversamente dal resto del complesso. Nella fase adrianea, la marmorizzazione implica una evidente valorizzazione del peristilio inferiore, un passaggio da ambienti tendenzialmente privati ad
ambienti di rappresentanza, e poi viceversa.
La pittura di epoca severiana che fu inserita in luogo delle incrostazioni può
forse spiegarsi con una mancanza di tempo durante i lavori, che però indica implicitamente un intenzionale abbassamento del livello di questa parte del Palazzo, se
invece in altre aree, come nello Stadio-giardino, le incrostazioni furono rinnovate.
Ciò può indicare che in epoca severiana il peristilio inferiore era meno utilizzato
e non aveva più la funzione che aveva rivestito in epoca adrianea. Dunque con
Adriano questa parte del Palazzo era la più prestigiosa, accessibile solo ad un ridotto numero di persone durante i banchetti.
I risultati delle presenti ricerche sulle incrostazioni del peristilio inferiore della
Domus Augustana danno un’idea del potenziale di informazioni storiche implicito nello studio dei rivestimenti marmorei. Questi ci permettono di ricostruire
sequenze e gerarchie spaziali che l’architettura da sola non potrebbe trasmetterci,
e ci danno un’immagine più chiara dei processi e delle trasformazioni nella residenza imperiale.
Abstract
This paper is to show the potentials offered by the marble revetments in the
imperial palace. As in the rest of the palace, the walls of the inferior peristyle were
covered with slabs of coloured marble, so-called incrustations. Unfortunately and
due to the post-antique plunderings, none of these incrustations is still in place.
The former appearance of the decorated walls has vanished and leaves us with
red brick walls that never have been visible in antiquity. Fortunately, traces in the
walls that result from the installation process of the veneer, have survived and can
be used for a reconstruction: Small holes were broken into the brick walls to adjust
marble cotters and bronze cramps that held the marble slabs in place over a thick
mortar bed and prevented them form falling off the wall. Apart from a few exceptions, merely the holes are preserved today. By their position, we can reconstruct
the edges of the marble slabs and tempt a schematic reconstruction of the peristyle
and the adjacent rooms.
Three phases of marble revetments can be separated in the inferior peristyle
and the surrounding rooms. Under Vespasianus, the entire complex was erected.
All walls were covered with paintings. Even the architecture of the peristyle
consisted in limestone, not in marble. Still in Flavian times, a few rooms were
endowed with marble revetment. Under Hadrian, the structure of the whole complex was changed, closing connecting passages, doors and windows. By that, the
facilities became smaller and darker. Contemporaneously, the architecture of the
peristyle was redesigned in marble. In all rooms of the peristyle-complex – including the peristyle itself – a marble veneer substituted the wall paintings. Under
the Severians, reparations took place: The marble veneer that seems to have been
partly damaged, was replaced by paintings that imitated the structure of the erstwhile revetment.
The most informative phase is the marmorisation of the complex under
Hadrian. Due to the fact that the rooms differed in their specific decoration, we
can reconstruct a hierarchy of the rooms, indicated by the complexity of their wall
decoration. Thereby, directions of movement, functions of rooms and a valorisation of certain rooms become obvious. This knowledge can support other theories
offered in this volume.
244
Domus Augustana
The marble veneer is a profitable indicator for the situation of the inferior
peristyle within the entire imperial palace. In Flavian times, the peristyle and
the surrounding rooms stood back behind the other parts of the palace that were
incrustated. Under Hadrian, the lower level of the palace, where the peristyle and
the surrounding rooms are situated, adepted a revaluation – maybe by a change
of use. In Severian times, the peristyle-complex seems to have lost its importance
again.
We can now apprehend the potentials implied in marble revetments: The examination of the architecture alone would not deliver such detailed information
about the structure and the possible use of the rooms as the marble revetment
does. Using them as an additional information source, we can approach more
closely to the ancient reality.
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Illustrazioni
Fig. 1a Architekturreferat DAI Berlin (J. Pflug).
Fig. 1b-c, 2a-e
Fig. disegno del autore.
224868_D-DAI-ROM-2010.101.
Fig. 4-6 Architekturreferat del DAI Berlin (J. Pflug), con la collaborazione della
FH Würzburg; fig. 4-5 rielaborazione del autore con aiuto di M. Knechtel.
Bitterer
247