Update sulla displasia broncopolmonare: novità in tema di
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Update sulla displasia broncopolmonare: novità in tema di
Prospettive in Pediatria Gennaio-Marzo 2015 • Vol. 45 • N. 177 • Pp. 35-40 Neonatologia Update sulla displasia broncopolmonare: novità in tema di prevenzione e terapia Maria Pierro Fabio Scopesi Luca Ramenghi Patologia Neonatale, IRCCS Istituto Pediatrico Giannina Gaslini, Genova La broncodisplasia (BPD), considerata una delle principali complicanze cliniche della prematurità, manca ancora di un trattamento sicuro ed efficace. Alcune strategie respiratorie sembrano essere in grado di prevenire, almeno in parte, la BPD. Negli ultimi anni, l’utilizzo di cellule staminali per rigenerare organi permanentemente danneggiati ha attratto sempre crescenti attenzioni. Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono attualmente in fase di studio nel tentativo di fornire un trattamento risolutivo per i bambini affetti da BPD. Riassunto Bronchopulmonary dysplasia (BPD), considered one of the major complications of premature birth, is still lacking a safe and effective treatment. Few respiratory strategies seems to be able to partially prevent BPD. Recently, increasing attention has been focused on the use of stem cells to regenerate damaged organs. Mesenchymal stem/stromal cells (MSCs) are currently under investigation in the attempt to provide a definitive treatment for babies affected by BPD. Summary Metodologia della ricerca bibliografica I dati per questo articolo sono stati selezionati tramite una ricerca su Medline con le parole chiave “bronchopulmonary dysplasia”, “prevention” e “therapy “ con data di pubblicazione dal 2011 al 2015 ed esclusivamente in lingua inglese. La ricerca ha prodotto 236 pubblicazioni. Le citazioni sono state utilizzate sulla base della rilevanza per il tema. Sono stati inclusi anche gli studi più importanti relativi alla broncodisplasia, di cui gli autori erano a conoscenza, anche se pubblicati in una data precedente al 2011. come conseguenza di un arresto di sviluppo polmonare, esacerbato di stimoli infiammatori pre e post-natali. Nonostante il progresso delle tecniche di assistenza neonatale, questa patologia rappresenta tuttora una problematica estremamente invalidante per i neonati prematuri, con conseguenze a lungo termine che arrivano fino all’età scolare e in alcuni casi all’età adulta. Obiettivo Obiettivo di questa revisione è quello di descrivere i nuovi approcci in termini di prevenzione e potenziali opzioni terapeutiche innovative per il trattamento della BPD. Introduzione Definizione e incidenza La BPD è una forma di malattia polmonare cronica che colpisce esclusivamente i neonati prematuri, per cui rappresenta una delle complicanze più frequenti e invalidanti (Farstad et al., 2011). La BPD si origina La definizione di BPD, così come la sua stessa fisiopatologia, si sono modificate significativamente rispetto alla prima descrizione che risale al 1967 (Northway et al., 1967). Attualmente, la definizione 35 M. Pierro et al. più utilizzata classifica i neonati di età gestazionale inferiore alle 32 settimane che hanno necessitato di ossigenoterapia per almeno 28 giorni in tre gruppi di gravità, sulla base del tipo supporto respiratorio e di concentrazione di ossigeno che richiedono a 36 settimane postmestruali (PMA) (Jobe e Bancalari, 2001). L’incidenza di BPD può variare dal 68 al 40% nei neonati tra 22 e 28 settimane, a seconda della definizione considerata. Nonostante l’innegabile progresso della qualità della assistenza neonatale, la maggior parte degli studi riportano un’incidenza di BPD stabile o addirittura aumentata nel corso degli ultimi 2 o 3 decenni, probabilmente come conseguenza dell’aumento di sopravvivenza dei neonati più prematuri e a più alto rischio di complicanze (Stoll et al., 2010). Fisiopatologia Arresto di sviluppo polmonare La BPD viene distinta in “vecchia” e “nuova” sulla base dell’evoluzione fisiopatologica della malattia stessa. La “vecchia BPD”, descritta negli anni ’60, si sviluppava come conseguenza di un approccio ventilatorio estremamente aggressivo in termini di pressioni di picco e concentrazioni di ossigeno su un polmone relativamente maturo (> 32 settimane di gestazione), ma carente di surfattante. Dal punto di vista istologico la “vecchia BPD” è caratterizzata da un danno diffuso delle vie aeree con ipertrofia muscolare liscia delle arteriole polmonari, infiammazione neutrofila, e fibrosi parenchimale. Grazie al miglioramento delle tecniche ventilatorie, all’introduzione della terapia steroidea prenatale per accelerare la maturazione polmonare e del surfattante esogeno, i neonati di età gestazionale superiore alle 32 settimane rarissimamente soffrono di complicanze polmonari croniche. Allo stesso tempo l’aumento della sopravvivenza di neonati estremamente pretermine ha portato alla comparsa di una forma di malattia polmonare chiamata “new BPD”, tipica dei bambini nati nelle fasi precoci dello sviluppo polmonare (22-28 settimane di gestazione) (Jobe e Bancalari, 2001). La “nuova BPD” costituisce l’espressione di un disturbo dello sviluppo polmonare, più che di un danno iatrogeno. Le componenti di fibrosi e infiammazione sono pertanto meno rappresentate. Istologicamente, i polmoni dei pazienti affetti da “nuova BPD” vengono “arrestati” nella fase di sviluppo polmonare in cui sono nati e sono caratterizzati da un minor numero di alveoli morfologicamente ingranditi e semplificati rispetto agli alveoli dei nati a termine (Coalson, 2003). La “nuova BPD” è inoltre caratterizzata da una distribuzione anomala dei vasi polmonari e da una riduzione del numero delle piccole arterie, che sono funzionalmente iperreattive e ipertoniche, comportando ipertensione arteriosa polmonare e ipertrofia ventricolare destra (Rossor e Greenough, 2014). 36 La BPD come malattia “multifattoriale” Fattori infiammatori prenatali quali le corionamnioniti associati a fattori postnatali, tra cui il danno da ventilazione (VILI), l’ edema polmonare da dotto di Botallo pervio e lo sviluppo di infezioni, possono attivare una cascata di fattori infiammatori, tradotti in processi di necrosi cellulare e riparazione fibrotica del polmone che, essendo ancora in fase di precoce differenziazione, va incontro a ulteriore alterazione dei processi di alveolarizzazione e vasculogenesi (Speer, 2006). Infine, la suscettibilità genetica nell’espressione di geni cruciali per la produzione del surfattante, per lo sviluppo vascolare, e per la modulazione dell’infiammazione sembrano avere un ruolo, seppur non completamente codificato, nello sviluppo della nuova BPD (Shaw e O’Brodovich, 2013). Prevenzione della BPD: dati salienti emersi dagli studi considerati Interpretazione degli studi considerati Approccio in Sala Parto: la sustained lung inflation È ormai dimostrato che anche i primi atti respiratori a pressione positiva in sala parto possano generare un danno polmonare persistente e predisporre allo sviluppo di BPD. Alla nascita, il polmone passa da organo secretivo, deputato alla produzione del liquido necessario al suo stesso sviluppo durante la vita fetale, all’organo responsabile della respirazione in aria. Questo processo prevede il veloce riassorbimento, da parte del polmone stesso, del liquido polmonare fetale grazie all’attivazione dei canali epiteliali del sodio ed è significativamente rallentato nel neonato prematuro, soprattutto se nato da taglio cesareo. Di conseguenza, il polmone del neonato prematuro nei primi minuti di vita è particolarmente disomogeneo, in parte areato e in parte ancora ripieno di liquido. Qualora si renda necessaria la ventilazione a pressione positiva, il volume di scambio erogato (volume tidal), anche se teoricamente adeguato, si distribuisce preferenzialmente alle unità alveolari già aperte determinando una sovradistensione delle stesse e ulteriore schiacciamento meccanico delle aree non ancora espanse, con innesco del volu/biotrauma (Jobe et al., 2008). Nel tentativo di favorire la rimozione di liquido polmonare alla nascita ed evitare l’innescarsi del danno polmonare che potrebbe aumentare il rischio di BPD, è stata introdotta la tecnica della “sustained lung inflation” (SLI). La SLI viene eseguita applicando una pressione in maschera alla vie aeree di 20-25 cmH2O per circa 10-20 secondi prima di iniziare la ventilazione a pressione positiva intermittente. Numerosi studi animali hanno dimostrato l’efficacia di questa tecnica. Recentemente, nel più ampio studio randomizzato controllato (RCT), in cui sono stati arruolati 291 neonati di età gestazionale Displasia broncopolmonare A B Figura 1. Sezioni in ematossilina-eosina da polmone di neonato gravemente pretermine (23 settimane) deceduto per broncodisplasia; ingrandimenti 10x (A) e 20x (B). Polmoni in fase canaliculo-sacculare con assenza di creste secondarie tipiche della fase alveolare (*). Gentile concessione del Prof. Ezio Fulcheri, IRCCS, Istituto Giannina Gaslini, Genova. compresa tra 25 e 28 settimane, la necessità di ventilazione meccanica nelle prime 72 ore era ridotta nel gruppo SLI (53 vs 65%; P = 0,04), ma non sono state dimostrate differenze nell’incidenza di BPD (outcome secondario) (Lista et al., 2015). Nonostante i presupposti teorici e preclinici supportino l’utilizzo di questa metodica, l’evidenza scientifica non è tale, al momento, da portare a un cambiamento della pratica clinica. Un RCT sugli effetti della SLI nel ridurre l’incidenza di BPD è attualmente in corso (Foglia et al., 2015). Surfattante esogeno Il surfattante polmonare è un’emulsione di lipidi, proteine e carboidrati, disposto a formare un film tra la superficie alveolare e i gas atmosferici, che rende possibile la riduzione della tensione superficiale, migliorando l’uniformità dell’inflazione, stabilizzando il volume e la forma degli alveoli e favorendo la ventilazione. Il surfattante inizia a essere prodotto in minime quantità a partire dalle 26 settimane, mentre la sua produzione diventa adeguata solo dopo le 34 settimane di gestazione. La scoperta del surfattante di origine animale, ha modificato il volto della neonatologia in termini di sopravvivenza dei neonati pretermine. Tuttavia, l’evidenza scientifica sulla capacità del surfattante di prevenire la BPD non è univoca. Bisogna tener presente che il timing della somministrazione e la tecnica di somministrazione del surfattante hanno sicuramente un impatto importante nella prevenzione della BPD. Timing del surfattante: profilassi vs somministrazione precoce vs somministrazione tardiva In seguito alle metanalisi di studi che risalgono al 2010, le ultime linee guide europee suggeriscono una somministrazione selettiva e non più una somministrazione profilattica a tutti i neonati di età inferiore alle 27 settimane. Tuttavia, la somministrazione di surfattante, non deve essere troppo tardiva e bisogna evitare di superare concentrazioni di ossigeno superiori al 35-40% prima di somministrare il surfattante nei primi giorni di vita (Sweet et al., 2013) La somministrazione selettiva di surfattante, rispetto a quella profilattica, diminuisce significativamente l’incidenza di BPD e BPD/morte (DiBlasi, 2011). La somministrazione selettiva precoce migliora la sopravvivenza e riduce il rischio di complicanze quali il pneumotorace e BPD, rispetto a quella selettiva tardiva (Bahadue e Soll, 2012). Nuove tecniche di somministrazione Il surfattante deve essere somministrato localmente per via endotracheale, durante la ventilazione meccanica oppure durante l’assistenza in nasal continuous positive airway pressure (NCPAP), attraverso una breve intubazione (INSURE) con immediata estubazione e riposizionamento del bambino in NCPAP. La tecnica INSURE, ormai in uso da più di 15 anni, sembra essere associata a una ridotta incidenza di BPD (Stevens et al., 2007). Recentemente, è stata descritta una nuova tecnica, la minimally invasive surfactant therapy (MIST), meno invasiva rispetto alla tecnica INSURE, che consiste nell’utilizzo di un sottile catetere per la somministrazione del surfattante. Questa tecnica sembra ridurre la necessità di ventilazione nelle prime 72 ore e essere associata con un trend di riduzione della BPD (More et al., 2014). Il limite di questa tecnica risiede nella sua 37 M. Pierro et al. “learning curve”; per questo dovrebbe essere effettuata solo nei centri di terzo livello, dopo adeguato training. Inoltre gli effetti sullo sviluppo di BPD non sono ancora documentati. È in corso un RCT che dovrebbe portare a una indicazione definitiva (Dargaville et al., 2014). Strategie ventilatorie La ventilazione meccanica, pur essendo una misura salvavita necessaria in molti dei neonati estremamente prematuri, costituisce anche uno dei principali contribuenti allo sviluppo di BPD. Il VILI si caratterizza per 3 componenti: (i) il danno generato dalle pressioni (barotrauma), (ii) il danno generato dal volume di scambio (volutrauma), (iii) il danno generato dalla mancanza di una pressione positiva di fine espirazione che porta al collasso il polmone tra un atto respiratorio e l’altro (atelettotrauma). È ampiamente documentato che il volutrauma sia il principale responsabile dell’innesco della cascata infiammatoria responsabile del VILI. Ventilazione convenzionale a controllo di pressione con target di volume (volume garantito) È facilmente intuibile, quindi, come un relativo controllo del volume tidal erogato sia da considerarsi un cardine della ventilazione neonatale. I ventilatori neonatali sono principalmente ventilatori a controllo di pressione, in cui volumi erogati variano a seconda delle variazioni di compliance polmonare. Il limite di questa tecnica è rappresentato proprio dalla mancanza di controllo sui volumi erogati, che potrebbero variare significativamente in ragione dei repentini cambiamenti di compliance. Ciò può condurre in alcuni casi a una iperventilazione “occulta” o a un danno polmonare conseguente all’erogazione di alti volumi per tempi prolungati. Poiché sembra che pochi atti respiratori sotto o sovradimensionati siano in grado di innescare effetti dannosi sul polmone A ed essendo inverosimile poter controllare manualmente la pressione inspiratoria per prevenire il danno polmonare, sono stati creati algoritmi che consentono una ventilazione ibrida a controllo di pressione con target di volume: il volume garantito. Si tratta di una modalità di ventilazione convenzionale in cui viene impostato un volume tidal (4-6 ml/kg). A ogni ciclo respiratorio, in base alle variazioni di compliance, la pressioni erogate vengono modificate automaticamente per raggiungere il volume desiderato. La pressione di picco impostato rappresenta solo il limite massimo di pressione che può essere raggiunto, oltre il quale non viene erogato il volume richiesto. Il largo utilizzo su scala mondiale di questa tecnica di ventilazione ha trovato una conferma scientifica definitiva in una recente metanalisi che ha evidenziato una riduzione di: durata della ventilazione meccanica, incidenza di BPD, fallimento della modalità di ventilazione iniziale, ipocapnia, IVH di grado 3/4, PVL e pneumotorace grazie all’utilizzo del volume garantito (Peng et al., 2014). Terapia farmacologiche Una recente metanalisi (Beam et al., 2014) ha analizzato tutte le terapie studiate nel tentativo di prevenire la BPD. Sono stati trovati 21 farmaci studiati per la prevenzione e terapia della BPD. Di questi, 16 non hanno mostrato alcuna efficacia. Trai i 5 farmaci efficaci, solo tre sono stati oggetto di RCTs multicentrici o ripetuti, ma, anche questi non sono tanto convincenti da poter essere raccomandati su larga scala. In particolare: • la somministrazione intramuscolo continuativa di Vitamina A sembra ridurre lievemente l’incidenza di BPD, ma i risultati marginali e la modalità di somministrazione invasiva non hanno permesso la diffusione di questa terapia; • la terapia con caffeina è stata associata a una ri- B Figura 2. Sezioni colorate con citocheratina 7 da polmone di neonato gravemente pretermine deceduto per broncodisplasia; ingrandimenti 10x (A) e 20x (B). In evidenza, grazie a questa colorazione, gli epiteli delle strutture respiratorie canaliculo-sacculari. Gentile concessione del Prof. Ezio Fulcheri, IRCCS, Istituto Giannina Gaslini, Genova. 38 Displasia broncopolmonare duzione nell’incidenza di BPD in un RCT che ha arruolato più di 2000 pazienti. Tuttavia questo risultato va dimensionato alla luce del fatto che la BPD era una misura secondaria; - la somministrazione precoce di desametasone è l’unico farmaco in grado di ridurre, in modo significativo e ripetutamente riconfermato, l’incidenza di BPD. Tuttavia l’aumentato rischio di paralisi cerebrale a 18 mesi nei trattati con desametasone (sopratutto se nella prima settimana di vita) ne hanno limitato notevolmente l’utilizzo. Allo stesso tempo, un gruppo selezionato di pazienti ad alto rischio di BPD (come quelli in ventilazione meccanica dopo 2 o 3 settimane di vita) sembra beneficiare di un ciclo di desametasone a basso dosaggio. In questa categoria di pazienti, con diagnosi quasi certa di BPD qualora sopravvivessero, il desametasone, riducendo l’incidenza di BPD che è di per se stessa associata a outcomes neurologici peggiori, riduce anche il rischio di paralisi cerebrale (Watterberg K, 2012). Per quanto riguarda il possibile uso dell’idrocortisone in sostituzione del desametazione per ridurre l’incidenza di BPD, sono attualmente in corso due RCTs (NCT01353313, NCT00623740). Fino a quando i risultati di questi studi, anche in termini di sicurezza, non saranno disponibili, il suo uso dovrebbe essere limitato a protocolli di ricerca. Conclusioni Nonostante i continui progressi delle cure perinatali, l’incidenza della BPD non è diminuita nella ultime decadi. La cura della gestione ventilatoria a partire dalla sala parto, la somministrazione selettiva precoce di surfattante (FiO2 non superiore a 35-40%) e l’utilizzo del volume garantito sembrano essere parzialmente efficaci nel prevenire la BPD. Per la traslazione clinica di tecniche quali la SLI e la MIST, seppur promettenti, occorre attendere i risultati degli RCTs in corso. Le poche terapie farmacologiche a disposizione dovrebbero essere usate con cautela. In particolare il desametasone, deve essere utilizzato solo nei neonati ad alto rischio di sviluppare BPD (necessità di assistenza respiratoria invasiva dopo le 2-3 settimana di vita) per ridurre i danni neuorologici a lungo termine. Prospettive future: la terapia rigenerativa Negli ultimi anni, la terapia rigenerativa con cellule staminali ha rappresentato una nuova opzione terapeutica per patologie ritenute incurabili. Le cellule staminali sono cellule primitive in grado di autorinnovarsi e dare vita a più fenotipi cellulari differenziati, giocando un ruolo cruciale nell’organogenesi durante la vita fetale, così come nella riparazione e rigenerazione di organi durante la vita adulta (Prockop et al., 2010). Tra i diversi tipi cellulari, le MSCs sono le più studiate grazie alla loro facilità di isolamento e alle proprietà immunomodulanti che rendono queste cellule le perfette candidate per il trapianto allogenico (da donatore) (Murphy et al., 2013). La fonte più nota di MSCs è il midollo osseo, anche se le problematiche legate alla procedura di prelievo molto dolorosa e invasiva e il numero ridotto di cellule ottenibili, hanno reso necessaria la ricerca di nuove sedi di prelievo. Le cellule ottenute da cordone ombelicale sembrano particolarmente promettenti, essendo facili da ottenere senza procedure dolorose e senza rischi per la madre o per il neonato. Inoltre, è noto che le cellule staminali invecchiano con l’aumentare dell’età del donatore; pertanto, tanto più giovane è il donatore, tanto più “attive” saranno le staminali prelevate (Broxmeyer, 2008). In modelli animali di BPD, la terapia con MSCs si è dimostrata in grado di migliorare diversi aspetti tipici della BPD, tra cui infiammazione, arresto dello sviluppo alvoelare e vascolare, alterata funzionalità respiratoria e dei test da sforzo (Aslam et al., 2009; van Haaften et al., 2009; Pierro et al., 2013). In uno studio di follow-up nel modello murino la somministrazione di MSCs in epoca neonatale si è dimostrata efficace e sicura fino a 6 mesi (corrispondenti nell’uomo a un giovane adulto) (Pierro et al., 2013). I risultati sperimentali su modelli animali sono stati così convincenti, che, nonostante rimangano ancora numerose problematiche aperte riguardo alla nostra conoscenza sul meccanismo d’azione di questa terapia e sull’ottimizzazione della preparazione del prodotto finale, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi clinici, disegnati per testare la terapia con MSCs in quasi tutti gli ambiti della medicina (https://clinicaltrials.gov/ct2/ results?term=&recr=&rslt=&type=&cond=&intr=mese nchymal+stem+cell&titles=&outc=&spons=&lead=&i d=&state1=&cntry1=&state2=&cntry2=&state3=&cntr y3=&locn=&gndr=&rcv_s=&rcv_e=&lup_s=&lup_e=). Sono stati registrati cinque studi clinici sull’uso delle MSCs nel trattamento/prevenzione della BPD, di cui uno completato (https://clinicaltrials.gov/ct2/results? term=mesenchymal+stem+cell+and+BPD&Search= Search). Chang et al. hanno valuto la sicurezza della somministrazione intratracheale di diversi dosaggi di MSCs cordonali in neonati a rischio di BPD. Nonostante alcune alcune limitazioni nel disegno dello studio, gli autori hanno dimostrato che il trattamento con MSCs sembra essere praticabile e sicuro nel neonato prematuro (Chang et al., 2014). Lo studio di follow-up a lungo termine è tuttora in corso (NCT01632475). La promessa della terapia rigenerativa rappresenta una concreta speranza per i neonati affetti da BPD. Tuttavia, è necessario che la ricerca approfondisca la conoscenza sui possibili meccanismi d’azione delle cellule staminali, così da identificare il più adeguato prodotto cellulare per ogni patologia. Inoltre, le tecniche di isolamento, espansione e somministrazione delle staminali stesse devono essere sviluppate e standardizzate per ottimizzare i risultati terapeutici e garantire la massima sicurezza del trattamento. 39 M. Pierro et al. Box di orientamento • Cosa si sapeva prima La BPD è una complicanza grave della prematurità. • Cosa sappiamo adesso Non esiste trattamento efficace per curare la BPD, seppure possano essere intraprese alcune strategie volte a ridurne l’incidenza. • Quali ricadute in ambito clinico La terapia rigenerativa con MSCs potrebbe fornire una nuova speranza ai neonati affetti da BPD. Bibliografia Aslam M, Baveja R, Liang OD, et al. Bone marrow stromal cells attenuate lung injury in a murine model of neonatal chronic lung disease. Am J Respir Crit Care Med 2009;180:1122-30. Bahadue FL, Soll R. Early versus delayed selective surfactant treatment for neonatal respiratory distress syndrome. 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