Contratto a tempo determinato: cosa accade se cessa l`attività che

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Contratto a tempo determinato: cosa accade se cessa l`attività che
31-05-2009
Contratto a tempo determinato: cosa accade se
cessa l’attività che ha dato origine all’assunzione
a termine?
Un nostro lettore ci pone un interessante quesito originato dalla scheda sul contratto a termine pubblicata sul precedente numero della nostra Newsletter. Crediamo sia una importante occasione per chiarire un ulteriore importante aspetto del rapporto di lavoro a tempo determinato: quello della risoluzione anticipata (licenziamento) da parte
dell’azienda per ragioni produttive.
Un nostro lettore, sollecitato dalla scheda pubblicata sull’ultimo numero di Al Quadrato dal titolo “Contratto a termine: quel che c’è da sapere di fronte alla crisi”, ci pone il seguente quesito:
“Salve! Sono un delegato sindacale appartenente alla RSU di una azienda di produzione.
Più che porvi un quesito vi pongo una precisazione in merito all’articolo pubblicato in Al Quadrato del 18
maggio. In particolare traggo dall’articolo: “Da ultimo è importante ricordare che il rapporto di lavoro a
termine non prevede possibilità di interruzione del contratto prima della scadenza naturale se non in presenza di particolari condizioni. Ciò vale soprattutto per il datore di lavoro che non può licenziare il lavoratore se non in presenza di giusta causa”.
Le particolari condizioni non vengono menzionate, ma si fa riferimento alla cosiddetta “giusta causa”. Nel
caso che riguarda i nostri lavoratori a tempo determinato, nella nostra azienda vengono stipulati contratti
legati alla produzione di programmi TV e radiofonici. Ipotizzando che tale programma inizi il 1° gennaio e
debba finire il 31 maggio, contrattualmente i lavoratori assunti a termine per la produzione di tale programma garantiscono la copertura del periodo produttivo. Ma se il programma chiude in anticipo, a questi
lavoratori viene interrotto il contratto. Si può considerare una risoluzione per giusta causa o l’azienda è
tenuta a trovare loro qualche altro lavoro per coprire la rimanenza del periodo contrattualizzato? Oppure
decadono le causalità di assunzione a tempo determinato? Saluti.”
La questione posta è molto semplice: può un lavoratore assunto con contratto a termine essere
licenziato prima della scadenza in presenza del venir meno delle ragioni produttive che hanno originato l’apposizione del termine al contratto?
In linea di principio vale quanto scritto nella scheda richiamata (alla quale rinviamo per approfondimenti) e
giustamente rilevato dal lettore che ci ha posto il quesito: se non esistono clausole particolari nel contratto, questo non può essere risolto anticipatamente dal datore di lavoro se non in presenza di giusta causa
(vedremo di seguito cosa si intenda specificamente con questo termine).
In sostanza, a meno che non sia espressamente riportata nella lettera di assunzione la clausola che prevede
l’interruzione anticipata del contratto a fronte di determinate situazioni produttive ed organizzative (quali,
ad esempio, la cessazione di una specifica produzione o il venir meno della commessa che ha originato il
picco produttivo), il lavoratore non può essere licenziato anticipatamente rispetto al termine previsto.
Peraltro è utile sottolineare che, anche in questa eventualità, il tema di una impugnazione del licenziamento
appare possibile in linea generale.
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La regola generale, quindi, è che in caso di interruzione dell’attività che ha generato l’apposizione
del termine al contratto, il lavoratore deve essere adibito ad altre mansioni (oppure deve ricevere un indennizzo corrispondente alle mensilità dovute fino alla scadenza).
Uno degli elementi che distinguono il rapporto di lavoro a tempo indeterminato da quello a tempo determinato è rappresentato dal fatto che il lavoratore assunto a termine non è tutelato contro i licenziamenti.
Infatti, nel caso in cui il datore di lavoro licenziasse illegittimamente il lavoratore in anticipo rispetto alla data concordata per la fine del rapporto, quest'ultimo non potrebbe invocare la reintegrazione nel posto di
lavoro, neppure per il tempo che manca alla scadenza del termine originariamente pattuito.
Come riportato nella scheda che ha originato il quesito, la conseguenza di questa particolarità ha portato il
legislatore a limitare il potere del datore di lavoro: questi può recedere dal rapporto, anche prima
della scadenza del termine, esclusivamente in presenza di una giusta causa.
E’ utile ricordare che per “giusta causa” non si intende una situazione oggettiva riconducibile alla prestazione lavorativa, quale appunto la cessazione del programma televisivo formulato nel quesito o anche la semplice interruzione dell’attività produttiva che ha dato origine all’assunzione a termine. La giusta causa, infatti, corrisponde ad una situazione soggettiva del lavoratore che riguarda un gravissimo comportamento di
questi tale da compromettere in modo irreparabile il rapporto fiduciario, al punto da rendere intollerabile
la prosecuzione, anche in via provvisoria, del rapporto di lavoro. La giusta causa rappresenta, quindi, il licenziamento disciplinare per eccellenza. Se il licenziamento anticipato non fosse sorretto da una giusta causa, il licenziamento sarebbe quindi illegittimo.
Tuttavia, anche in questo caso di illegittimità il lavoratore non avrebbe diritto alla reintegrazione nel posto
di lavoro. Più semplicemente, questi potrebbe domandare al giudice la condanna del datore di lavoro per il
danno subito a seguito dell'illegittimo licenziamento.
Di regola, tale danno viene commisurato alle retribuzioni cui il lavoratore avrebbe avuto diritto dal giorno
del licenziamento dichiarato illegittimo al giorno in cui scade il termine apposto al contratto di lavoro.
Come detto nella scheda che ha originato il quesito e più volte ribadito in questa occasione, il contratto
a termine non può essere quindi risolto prima della sua naturale scadenza se non per giusta
causa. Diversamente vale la regola generale dell’indennizzo del danno subito che, di norma, corrisponde
alle mensilità non lavorate.
Ciò vale, è bene ricordarlo, in certa misura anche per il lavoratore che volesse dimettersi, il
quale può farlo senza impedimenti particolari solo per giusta causa, giusta causa che non può essere semplicemente l’avere trovato un’altra occupazione anche se a tempo determinato. Per giusta causa di dimissioni si intendono infatti gravi inadempimenti del datore nell’ambito del rapporto di lavoro (es. omessa corresponsione della retribuzione, omesso versamento dei contributi previdenziali, molestie sessuali, dequalificazione professionale, etc.).
Diversamente, qualora non sussistano tali requisiti, è necessario che il lavoratore che intenda dimettersi
concordi una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con il suo datore di lavoro (o, come detto
nella scheda pubblicata sul numero 17 di Al Quadrato, che garantisca il periodo di preavviso contrattualmente previsto).
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