Teto e le Storie di Lecce 5° EPISODIO Marzo 1994 PESTE DI
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Teto e le Storie di Lecce 5° EPISODIO Marzo 1994 PESTE DI
Teto e le Storie di Lecce Stefano Petrucci 1993-1998 5° EPISODIO Marzo 1994 PESTE DI PRIMAVERA 1481 Nonostante la forte emicrania, non riesco a rinunciare all’idea di godermi il primo sole caldo. Dopo un lungo inverno piovoso, non vedo l’ora di riprendere le mie solite scampagnate a cavallo della mia moto. Il vento tra i capelli, il tepore dell’aria, i profumi, i colori e i suoni della campagna sono per me energia pura a costo zero. Prendo una delle stradine sterrate che corrono parallele alla “Lecce - San Cataldo” e, sebbene il mio mal di testa continui ad aumentare, comincio già ad assaporare quell’inconfondibile ebbrezza che solo il risveglio primaverile della natura può trasmettere. Il panorama salentino è una pianura. Ovunque pianura. Ma questo, a mio avviso, non è una brutta caratteristica. Perlomeno il nostro territorio ci consente, ovunque noi ci troviamo, di non perdere mai di vista l’orizzonte. In queste campagne è facile imbattersi in masserie o in casieddri abbandonati. Spesso sono proprio le masserie o i casieddri che diventano oggetto delle mie perlustrazioni. Proprio ora, in fondo sulla destra intravedo una grande masseria fortificata, un pò in rovina. Avvicinandomi, più che una masseria, sembra un antico villaggio ormai deserto. L’eccitazione sale e la velocità della mia moto pure. La strada si fa ancora più stretta e al terriccio cominciano a sostituirsi i cuti che, dopo i decennali passaggi di carri e carrozze, ora si presentano con una alta gobba al centro ed ai lati due stretti canali scavati dalle ruote ferrate. Mantengo alta la velocità mi infilo con tutte e due le ruote della moto nel canale deserto... una curva a sinistra e... crash! Mi sento tutto acciaccato, stordito. Eppure il mio mal di testa sembra essere svanito. Cerco di aprire gli occhi e mi accorgo di avere una pezza umida che copre tutto il mio volto. Vado per tirarla via e mi rendo conto di avere le braccia sotto delle pesanti coperte. Lentamente, tra un dolorino e l’altro riesco a portare le mani al viso e a togliere la pezza. Non è poi così facile aprire gli occhi: sembrano incollati con l’attak! Ma anche con gli occhi aperti non riesco a vedere un granché. Pian piano, migliorando la messa a fuoco, comincio a distinguere la mia posizione orizzontale su di un letto ed un soffitto basso e scuro. Sento dei rumori. Sono dei passi... la porta si apre e .. - Finalmente ti sei svegliato! Di fronte a me l’incubo più bello della mia vita: Atena! - Da quanto tempo dormo? 1 Teto e le Storie di Lecce Stefano Petrucci 1993-1998 - Da almeno due giorni... non ti sei spostato di un millimetro. Ti ho portato qui, ti ho spogliato, ti ho infilato nel letto e tu, in tutto questo, non hai mosso un dito. Sotto le coperte mi accorgo di essere nudo... - Mi hai spogliato? E...!?! - Non ti fare strane idee... dovevo controllare solo se avevi qualche bubbone. - Bubbone! - Bubbone della peste! Proprio nel 1481 dovevi venire e poi in questa maniera! - Perché non sei stata tu anche questa volta a chiamarmi nel passato? - No, questa volta sei stato tu, il tuo mal di testa. - Aspetta, aspetta, fermati un attimo Atena. Sono stanco, non ci sto capendo più niente. Tra due minuti mi spieghi tutto. Dalla finestra comincia ad entrare una luce chiara. Sembra l’alba. Si sentono gli uccelli cantare, l’odore della campagna è fortissimo anche se mi trovo al chiuso, in una stanza. Il sole sta sorgendo e, con lui, sembra cominci una splendida giornata. Atena intanto è seduta sul bordo del letto e segue i miei occhi con un sorriso di compassione (quello che ti fa sentire un tenero imbecille) tenendo stretta la mia mano tra le sue. - Allora Atena, cos’è stò fatto della peste? Cosa succede in questo 1481? - Sia il 1480 che l’81 non sono stati facili per il Salento: l’anno scorso c’è stato il ”Sacco di Otranto” e tutto il Salento ha subito le scorrerie e le barbarie dei Turchi. - Mamma li turchi!!! - Quest’anno poi, come se non bastasse, Lecce ha dovuto fare i conti con la peste e con le sue 15.000 vittime. Io mi sono rifugiata in campagna, ma ora sembra che l’epidemia stia finendo. - Cosa? Vuoi dire che sono morti 15.000 leccesi?...per la peste? - Uno più uno meno. Tu per fortuna non avevi bubboni sul tuo corpo. - E se li avessi avuti? 2 Teto e le Storie di Lecce Stefano Petrucci 1993-1998 - Ti avrei curato io, con un culo di gallo o con il letame di cavallo. - Cosa stai dicendo Atena? - Si spenna il sedere di un gallo vivo ponendolo sul bubbone. Se gli umori pestiferi vengono assorbiti il gallo muore e tu guarisci. Oppure si prepara un liquido misterioso e lo si tiene per 12 giorni in una fossa coperta di letame di cavallo. Oppure avrei potuto usare delle semplici sanguisughe, o le zampe dei corvi o l’“unguento egiziano” composto da verderame, miele e aceto forte. - Sembri più una strega che una donna di campagna! A proposito Atena: il mio mal di testa in tutto questo cosa c’entra ? Hai usato qualche stregoneria per guarirmi? - Avrei potuto usare del tabacco... ma non è stato necessario perché tu, con me vicina, non puoi soffrire di mal di testa, anzi è stato proprio il tuo mal di testa a farti venire da me. - Spiegati meglio, non capisco. - La storia è lunga. Il perché dei tuoi viaggi nel passato e dei nostri incontri e tutto lì. Non potrò raccontarti tutto, posso solo dirti che il nostro animo e la nostra psiche si esprimono per mezzo del corpo e quindi il tuo mal di testa non era un mal di testa: era un pensiero, un’emozione soffocata, una voglia repressa, un dispiacere, un dolore non sfogato, una colpa non ammessa. Io sono la dea del pensiero e della saggezza e sono io che ti ho procurato un forte mal di testa per esprimere me stessa perché non sopporto di essere imprigionata da una volontà che intende negare i suoi stessi pensieri. Io sono la liberazione, lo sfogo ai tuoi pensieri. Io sono il tuo carpe diem. - Se oltre ad essere così bella sai fare tutte queste cose dovrei proprio sposarti, tanto a cucinare ci penso io! Tu in più potresti avere cura della mia salute con una delle tue magie. - Non sono magie sono ricette popolari, contadine. Sapevi che la frigidità si può curare con la ruchetta bollita in brodo di carne? O che un clistere di tabacco può curare il colera? Oppure inghiottendo nove lupini crudi si allontana la malaria? E che un rametto di origano e l’acqua di corallo possono scacciare gli spiriti maligni? O che dal gheriglio della noce si può vedere il futuro? E che l’urina e le ragnatele sono dei potenti disinfettanti? - Ora basta Atena. Altrimenti mi deprimo. Mi piacerebbe alzarmi ma sono nudo! 3 Teto e le Storie di Lecce Stefano Petrucci 1993-1998 Atena si alza, esce dalla stanza e presto rientra con un paio di calzoni marroni di lana grossa ed un maglione pesante. Infilo un paio di scarponi di cuoio ed Atena mi porge un cappello. - Mettilo! Sei ancora debole e potresti raffreddarti. Voglio farti vedere una cosa, saliamo sulla terrazza. Dalla terrazza il paesaggio dei campi è completamente diverso da quello attuale. C’è una fitta ed interminabile boscaglia. Gli alberi sono molto alti e gli stormi di uccelli non si contano. I profumi danno alla testa. - Atena, come mai ora… ehm, cioè nel 1994, tutti questi boschi non ci saranno più? - Sembra incredibile, ma questa opera devastatrice è stata compiuta dai Carbonari che pian piano, per far legna da ardere durante l’inverno, hanno sterminato ettari di bosco, di pini e querce secolari. Per fortuna, grazie all’intuito dei contadini del Capo di Leuca, la coltivazione dell’ulivo ha dimezzato la terra brulla e deserta, formando degli arbusti che, esteticamente sembrano opere d’arte ed in più producono il miglior olio che si conosca in quantità tali da soddisfare i bisogni di tutta Italia. Ma ora vieni con me, facciamo una passeggiata. Scendiamo dalla terrazza ed una volta sotto gli alberi mi sento rinascere. Atena si piega, raccoglie un fiore giallo e ... - Tienilo con te ... Al solito come una foglia in balia del vento improvvisamente mi ritrovo nel mio presente. Solo. Nel mezzo di una campagna. Ai miei piedi un fiore giallo... preferisco lasciarlo lì, nella terra dove è cresciuto. 4