DIARREA VIRALE BOVINA: REALTÀ E PROSPETTIVE Nicola

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DIARREA VIRALE BOVINA: REALTÀ E PROSPETTIVE Nicola
DIARREA VIRALE BOVINA: REALTÀ E PROSPETTIVE
Nicola Decaro
Dipartimento di Sanità e Benessere degli Animali, Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari
Parole Chiave: Diarrea virale bovina, eziologia, patogenesi, diagnosi, controllo.
Key Words: Bovine viral diarrhoea, aetiology, pathogenesis, diagnosis, control.
Riassunto
La diarrea virale bovina (BVD) è una patologia infettiva causata da un pestivirus (BVDV), responsabile di diversi
quadri clinici e di ingenti danni economici in allevamento.
L’infezione di una bovina gravida ha, generalmente, esiti diversi a seconda dell’epoca di gestazione. Tuttavia, ai fini
epidemiologici risulta particolarmente importante l’infezione tra il terzo ed il quarto mese di gravidanza, allorché si può
determinare l’insorgenza nel feto del fenomeno dell’immunotolleranza, con nascita di vitelli sieronegativi per BVDV e
persistentemente infetti. Il risanamento delle aziende infette si basa essenzialmente sulla identificazione e
sull’allontanamento dei bovini immunotolleranti, principali diffusori del virus nell’ambiente. Questi animali potranno
poi sviluppare la forma grave di infezione nota come malattia delle mucose.
Abstract
Bovine viral diarrhoea (BVD) is an infectious disease caused by a member of the genus Pestivirus (BVDV), that is
responsible for several clinical forms and severe economic losses in cattle herds.
The BVDV infection of pregnant cows can lead to different outcomes according to the age of animals and pregnancy.
Infections occurring between the third and fourth month of pregnancy may cause the onset of immunotolerance in the
foetus, leading to the birth of calves seronegative and persistently infected (PI) by BVDV. The control programmes for
BVD are based on the identification and slaughtering of PI animals, which can act as asymptomatic shedders of the
virus. PI animals may also develop the mucosal disease, a fatal clinical form of BVDV infection.
Il virus della diarrea virale bovina (BVDV), isolato per la prima volta nel 1946 da bovini con diarrea, febbre e
leucopenia (Olafson et al., 1946), è associato a varie forme morbose che comprendono infezioni subcliniche,
immunodepressione, forme respiratorie, forme intestinali e disturbi della sfera riproduttiva (Baker, 1995). BVDV
appartiene alla famiglia Flaviviridae, genere Pestivirus, che comprende il virus della peste suina classica (CSFV), il
virus della border disease (BDV) e due distinti genotipi di BVDV, BVDV tipo 1 e BVDV tipo 2 (Ridpath et al., 1994;
Heinz et al., 2000). Si tratta di virus ad RNA monocatenario, a polarità positiva, codificante per una poliproteina, che è
scissa, ad opera di proteasi cellulari e virali, in proteine strutturali (C, Erns, E1, E2) e non strutturali (Npro, NS2-3, NS4A,
NS4B, NS5A, NS5B) (Thiel et al., 1996; Heinz et al., 2000). I membri del genere Pestivirus sono caratterizzati da
circolazione interspecie, in quanto stipiti BVDV sono stati, per esempio, isolati dalle specie ovina e suina.
Entrambi i genotipi BVDV possono esistere in due diversi biotipi, citopatogeno (cp) e non citopatogeno (ncp), in base
alla attitudine a causare o meno alterazioni delle colture cellulari infette (effetto citopatico). L’attitudine citopatogena è
correlata all’espressione della proteina virale NS3, che rappresenta un segnale apoptotico per le cellule infette. Nel
biotipo ncp questa proteina non strutturale è parte integrante del complesso NS2-3 e non esplica attività citolitica,
mentre nel biotipo cp la proteina NS3, grazie a meccanismi di ricombinazione genetica, frequentemente con mRNA di
origine cellulare (ubiquitina, sequenze Jiv), è libera e determina apoptosi cellulare (Meyers e Thiel, 1996). In base ai
risultati dell’analisi filogenetica condotta su diverse regioni del genoma virale (5’-UTR, gene E2), ciascun genotipo
BVDV risulta essere costituito da un diverso numero di sottotipi. Attualmente si conoscono 11 sottotipi per BVDV-1
(a-j) (Vilcek et al., 2001) e 4 sottotipi (a-d) per BVDV-2 (Flores et al., 2002).
BVDV è responsabile della insorgenza di diverse forme cliniche a seconda dell’età, delle condizioni fisiologiche e dello
status immunitario degli animali. Negli animali immunocompetenti non gravidi, si osservano, nella maggior parte dei
casi, forme subcliniche caratterizzate da lieve ipertermia, leucopenia transitoria e successiva sieroconversione.
L’infezione di vitelli giovani è caratterizzata da gastroenteriti di gravità variabile che, possono portare a morte gli
animali nonostante le terapie. Nei bovini di tutte le età BVDV mostra una notevole attitudine immunodepressiva,
compromettendo in maniera duratura la risposta immunitaria dell’animale nei confronti di patogeni ubiquitari. Negli
allevamenti bovini, in maniera particolare in quelli intensivi, l’immunodepressione favorisce l’attecchimento o la
virulentazione di altri patogeni di natura virale (parainfluenza bovina, rinotracheite infettiva, adenovirus), batterica
(Pasteurella spp., Escherichia coli, Salmonella spp.) e parassitaria (coccidi, piroplasmi). In queste condizioni gli
animali, già sottoposti a stress ambientali particolarmente significativi (sovraffollamento, eccessivo sfruttamento
produttivo, alimentazione non perfettamente bilanciata, ecc.) subiscono danni imponenti che possono portare a morte o
compromettere in maniera irreversibile le performances produttive.
Stipiti non citopatogeni particolarmente virulenti di BVDV 2, detti trombocitopenici, sono associati ad una patologia
grave, chiamata in passato sindrome emorragica (HS) e, più recentemente, diarrea virale bovina acuta grave (SA-BVD),
la quale è caratterizzata da febbre elevata, trombocitopenia, diatesi emorragica, leucopenia, diarrea emorragica e morte
(Rebhun et al., 1989; Corapi et al., 1990; Pellerin et al., 1994; Ridpath, 2003). In Italia, la circolazione di BVDV tipo 2
è documentata fin dal 1990 (Buonavoglia et al., 1991) ed interessa sia la popolazione ovina (Pratelli et al., 2001) che
bovina (Giangaspero et al., 2001; Luzzago et al., 2001; Decaro et al., 2004). Tuttavia, è stato descritto un solo episodio
di infezione da virus trombocitopenico, in bovini vaccinati con un vaccino contaminato da uno stipite BVDV tipo 2
altamente virulento (Falcone et al., 2000).
L’infezione di una bovina gravida con uno stipite BVDV ncp ha, generalmente, esiti diversi a seconda dell’epoca di
gestazione. Nelle prime settimane di gravidanza si possono verificare riassorbimento embrionale, con conseguente
ritorno in calore, aborto o mummificazione fetale, mentre l’infezione nell’ultimo stadio di gestazione può esitare in
malformazioni fetali o nella nascita di vitelli perfettamente sani e sieropositivi (Baker, 1995).
Tuttavia, ai fini epidemiologici risulta particolarmente importante l’infezione tra il terzo ed il quarto mese di
gravidanza, quando il feto non ha ancora raggiunto l’immunocompetenza. In queste condizioni, il virus diffonde
liberamente nei tessuti fetali e, quando il sistema immunitario raggiunge la piena maturazione, riconosce come self il
virus e non produce anticorpi specifici. Di conseguenza, si assiste alla nascita di vitelli immunotolleranti nei confronti di
BVDV, perché sieronegativi, e persistentemente infetti (PI). Questi soggetti rappresentano il serbatoio dell’infezione ed
eliminano costantemente BVDV attraverso secreti ed escreti (Brownlie, 1990; Baker, 1995; Moenning e Liess, 1995).
Gli animali PI possono apparire perfettamente normali, ma spesso sono mostrano ridotti accrescimenti ponderali, ed in
questo caso sono anche definiti poor doers.
I vitelli PI, in particolari condizioni, possono sviluppare la malattia delle mucose (MD), una patologia sporadica ad esito
letale, che si manifesta per lo più in animali di età compresa tra 6 mesi e 2 anni. La MD è caratterizzata da febbre
elevata, diarrea, a volte emorragica, disturbi respiratori ed ulcerazioni estese su mucosa orale, esofagea e
gastrointestinale, con morte entro 1-2 settimane dall’esordio della sintomatologia (Baker, 1987; Moenning e
Plagemann, 1992). L’insorgenza della MD in bovini PI è legata all’acquisizione della citopatogenicità da parte dello
stipite ncp responsabile dell’infezione persistente.
La diagnosi della infezione sostenuta da BVDV può essere effettuata medianti esami sierologici e virologici. Tra i
primi, l’ELISA e la virusneutralizzazione (VN) rappresentano i test più utilizzati, soprattutto per un rapido screening
degli allevamenti bovini. Gli esami virologici comprendono l’isolamento virale su colture cellulari su colture cellulari
sensibili, l’ELISA, i test di immunofluorescenza ed immunoistochimica su sezioni d’organo e le tecniche di
amplificazione dell’acido nucleico virale (RT-PCR e real-time RT-PCR). Alcuni test molecolari permettono
contemporaneamente l’identificazione dell’RNA di BVDV e la genotipizzazione dello stipite virale (Sullivan e Akkina,
1995; Vilcek et al., 1999; Letellier e Kerkhofs, 2003). Le tecniche diagnostiche risultano particolarmente utili per la
identificazione degli animali PI, la quale rappresenta uno step necessario in tutti i piani di controllo della BVD. L’intero
effettivo è sottoposto a screening sierologico mediante ELISA o VN e, se la prevalenza è elevata, gli animali
sieronegativi sono sottoposti a successive indagini virologiche, effettuate su campioni di sangue intero.
La profilassi della BVD può essere di tipo diretto ed indiretto. La profilassi vaccinale prevede l’impiego di vaccini
inattivati o di vaccini attenuati. I primi risultano sicuri, ma conferiscono una immunità di breve durata e necessitano di
richiamo; i secondi non richiedono interventi di richiamo, sono altamente immunogeni, ma non completamente sicuri,
in quanto possono determinare immunosoppressione ed infezione del feto (aborto). Gli obiettivi della vaccinazione
consistono principalmente nella protezione del prodotto del concepimento durante la gravidanza. A tal fine, le manze
possono essere sottoposte ad un primo intervento con vaccino spento 2-3 mesi prima della fecondazione, seguito da un
richiamo con vaccino attenuato 3-4 settimane dopo. Tuttavia, nessun vaccino attualmente in commercio contiene
entrambi i genotipi BVDV, mentre diversi studi hanno dimostrato una scarsa cross-immunogenicità tra BVDV-1 e
BVDV-2 (Paton et al., 1999; Camero et al., 2002). Pertanto, è auspicabile l’immissione sul mercato di un vaccino
bivalente, allestito con entrambi i genotipi (Fairbanks et al., 2004).
A causa delle ripercussioni negative sulle produzioni zootecniche, molti Paesi europei hanno da tempo attuato piani di
controllo della BVD, che prevedono la individuazione e l’abbattimento degli animali PI (sieronegativi e viremici per
BVDV). Il successo di tali piani è legato alla conoscenza della situazione epidemiologica relativa alla infezione da
BVDV nei diversi Paesi. Infatti, nelle aree con una elevata prevalenza dell’infezione, una strategia di eradicazione pura
non è attuabile, ma l’eliminazione degli animali PI deve essere accompagnata dalla vaccinazione delle manze (GreiserWilke et al., 2003). Invece, nelle aree a bassa prevalenza, non è opportuno effettuare la vaccinazione, in quanto
l’eliminazione dei soggetti PI, associata alla implementazione delle misure igienico-sanitarie, si è dimostrata in grado di
determinare una efficace riduzione della circolazione del virus sul territorio (Bitsch e Rønsholt, 1995).
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