PAGINA AUTOGESTITA A CURA DEL PARTITO PIRATA Amo i

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PAGINA AUTOGESTITA A CURA DEL PARTITO PIRATA Amo i
PAGINA AUTOGESTITA A CURA DEL PARTITO PIRATA
Iscrizione Tribunale di Rovereto (Tn) n. 275 direttore responsabile Mario Cossali
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Il vocabolario del “puttanaio”
di Alessandro Bottoni
Amo i pagliacci
ma non mi
rappresentano
di Athos Gualazzi
Diciamo che è un golpe della magistratura, diciamo che è tutto
falso, diciamo tutto quello che
volete ma vi ricordate il vecchio
detto “dimmi con chi vai e ti dirò
chi sei”? Può non esserci alcun
reato, può esserci una congiura,
tutto quello che volete ma sinceramente, io sono nonno, non mi
permetterei mai di circondarmi
di “belle fanciulle”, mi sentirei
a disagio, fuori luogo. Non sono
un moralista, almeno credo, per
quanto mi riguarda massima libertà di fare ciò che si vuole, rispettando la legge, ma proprio per
questa libertà io pretendo di essere rappresentato da un presidente
del consiglio serio e rispettoso di
tutti. Rispetto i pagliacci, fanno
un lavoro non facile, faticoso e
degno di tutto rispetto ma non mi
rappresentano.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana è
la seconda carica dello Stato, per
tutti i cittadini dello Stato, così
come è esecrabile che frequenti
mafiosi, è esecrabile che frequenti
personaggi di dubbia moralità, è
esecrabile il suo comportamento
troppo spesso irrispettoso e non
solo in questo ultimo frangente
ma in tanti, troppi episodi, un
comportamento che io assolutamente non terrei fossi al posto
suo. In una società democratica
non può esserci privacy per chi
rappresenta e governa una nazione, pretendo irreprensibilità, per
questo pago le tasse e rispetto la
legge, per il Presidente Napolitano
pago le tasse per i pagliacci vado
al circo.
Non si tratta solo dell’ultima
vicenda ma di una somma di atteggiamenti e situazioni che mi
fa provare un senso di vergogna.
Capisco perfettamente che a molti
un simile comportamento può
anche piacere, molti proveranno
indifferenza ma per equità nei
confronti di tutti il rappresentante di un insieme di cittadini non
può tenere un comportamento
faceto, irriverente, che ne faccia
vergognare una gran parte, non
si tratta di provvedimenti amministrativi o governativi ma del
comportamento che, sono sicuro,
al di la di eventuali persecuzioni,
sia estremamente inusuale e soggetto a critiche, ricatti e sberleffi.
Sostengo che poiché come cittadino devo conoscere ciò che pensa
chi mi governa a maggior ragione
devo conoscere il suo comportamento e quando questo è palesemente offensivo del comune senso
della decenza non possiamo accettarlo. Non è stata sicuramente la
magistratura a imporre un certo
tipo di accesso ad Arcore e alle
altre residenze, un certo tipo di
comportamento e certe frequentazioni.
V
isto il puttanaio sollevato dal “caso Ruby”,
mi sembra opportuno
usare questo piccolo
spazio per chiarire alcuni punti
sul tema delle “intercettazioni telefoniche”.
Fin dove arriva la privacy
In Italia, come in quasi tutto il
mondo civilizzato, la cosiddetta
“legge sulla privacy” protegge il
privato cittadino dalle indebite
interferenze eventualmente messe
in atto da altri privati cittadini (ed
aziende). Non protegge nessuno
dalle legittime indagini svolte dalle forze dell’ordine su mandato di
un giudice. Se esiste la notizia od
il sospetto di un reato, la magistratura ha l’obbligo di effettuare
le necessarie indagini. Non può
scegliere. Deve indagare e basta.
Questo è infatti ciò che si chiama
“obbligo dell’azione penale”, che
è uno dei pilastri della giustizia in
tutto il mondo. A quel punto, il
sospetto non può certo appellarsi alla privacy per impedire alla
magistratura di indagare (In Italia c’è persino un’apposita legge
che stabilisce questo principio in
modo inequivocabile).
L’analisi dei tabulati telefonici
In Italia, come in quasi tutti gli
altri paesi, gli operatori telefonici (Telecom, Vodafone, 3G, etc.)
hanno l’obbligo di legge di registrare tutte le connessioni che
hanno luogo tra due “terminali”
(telefoni fissi o portatili) e di conservarle per almeno due anni.
Questi sono i famosi “tabulati
telefonici” (CdR in inglese: Call
detail Records). I tabulati sono
documenti (digitali ma anche cartacei) che contengono solo (ripeto
solo) l’elenco delle connessioni
avvenute tra due terminali. Non
contengono (ripeto non contengono) la registrazione audio della
conversazione e/o il contenuto
degli sms/mms. I tabulati contengono questi dati: numero del
telefono chiamante, numero del
chiamato, cella di provenienza
della chiamata, cella di arrivo,
data ed ora di inizio della conversazione, durata della conversazione e tipo della chiamata (voce,
sms, mms). Questi dati vengono
raccolti sempre, comunque e dovunque. Questi dati restano al sicuro nei database degli operatori
finché non “scadono” e vengono
cancellati o finché un giudice non
ne chiede una copia. Solo un giudice (ripeto: solo un Giudice) può
chiedere di avere accesso a queste
informazioni (per poi passarle ai
tecnici per l’analisi).
L’analisi dei registri di cella
Ogni “torre radio” della rete cellulare (Bts in inglese: Base Transceiver Station) copre un’area circolare il cui raggio può andare da
un minimo di qualche centinaio
di metri (in città) a circa 5 km (in
aperta campagna). Quest’area si
chiama “microcella” o semplice-
mente “cella” e serve abitualmente qualche centinaio di telefoni
che effettuano alcune migliaia di
telefonate nell’arco della giornata. Ogni sei minuti, ed ogni volta
che si sposta da una cella all’altra,
ogni telefono cellulare invia alla
torre un apposito segnale per fargli sapere della sua presenza (in
modo che la rete telefonica sappia
dove rintracciarlo per consegnarli
gli sms e le richieste di connessione voce). Di conseguenza, analizzando i registri di cella (“cell site
analysis”, o Csa, in inglese) è possibile sapere dove si trova in ogni
intercettazioni telefoniche vengono registrate e conservate le voci
delle persone che parlano ed i
loro sms od mms (oltre agli altri
dati che abbiamo già citato). Solo
un magistrato (ripeto: solo un magistrato) può ordinare alle compagnie telefoniche di registrate le
conversazioni che avvengono tra
due utenti. Tutte le compagnie telefoniche sono tenute, per legge,
a fornire un apposito servizio di
intercettazione alla magistratura
(ed ai servizi segreti). Non è quindi necessaria nessuna attrezzatura
fantascientifica e nessun “hack”
momento un particolare telefono
cellulare e seguirne i movimenti,
anche se il telefono non effettua
nessuna chiamata e non ne riceve. Basta che il telefono sia acceso
ed abbia la sim inserita. Non esiste però una legge che imponga
alle compagnie telefoniche di registrare e conservare questi dati e
quindi queste informazioni solitamente non sono disponibili. Perché lo siano, è necessario che un
magistrato ne chieda la registrazione prima che succeda qualcosa di rilevante. Solo un magistrato
(ripeto: solo un Magistrato) può
ordinare la raccolta di queste informazioni.
Quanta precisione si può
avere
La precisione con cui si può determinare la posizione di un telefono cellulare varia da un minimo
di qualche decina di metri (in galleria, nei centri commerciali, nei
centri storici cittadini) fino a qualche km (in aperta campagna). Si
potrebbe fare di meglio, usando la
cosiddetta “triangolazione radio”
ma solitamente le BTS non sono
attrezzate e configurate per offrire questo servizio. Possono però
esserlo se c’è stata in precedenza
un’apposita richiesta da parte di
un magistrato.
Le intercettazioni telefoniche
Le “intercettazioni telefoniche”
vere e proprie sono una cosa
completamente diversa dall’analisi dei tabulati e dalla Csa. Nelle
per intercettare un utente. Basta
un mandato del giudice. Esistono
tuttavia delle apposite attrezzature con cui è tecnicamente possibile intercettare un telefono cellulare (Gsm ma anche Umts e di altro
tipo) anche senza appoggiarsi alla
compagnia telefonica, i cosiddetti
“fake Bts” e/o gli “Imsi catcher”.
Solitamente vengono usati dai
servizi segreti (anche perché costano da 100 a 200mila euro al
pezzo).
Chi può (o deve) fare cosa
Per legge, solo un magistrato (ripeto: solo un magistrato) può ordinare l’intercettazione di un telefono e/o l’analisi dei tabulati e
per poterlo fare deve fornire una
solida motivazione. In altri termini deve esistere un reato su cui
indagare ed una solida ragione
per sospettare di quella specifica
persona. Su questo punto, il magistrato risponde personalmente
delle proprie scelte e rischia la
galera in caso di abuso. L’analisi dei tabulati non è sottoposta a
particolari limiti di legge. Si può
andare indietro nel tempo abbastanza liberamente fin dove sono
disponibili i dati e/o fin dove
l’inchiesta lo richiede. Si possono
analizzare i contatti che il sospetto
ha avuto con chiunque, fin dove
l’inchiesta lo richiede e fino anche
a ricostruire tutta la sua rete di
contatti sociali. La registrazione
delle conversazioni audio e degli
sms/mms, invece, è sottoposta a
limiti molto severi. Ad esempio,
può protrarsi nel tempo solo per
alcune settimane se non vengono
scoperte ragioni per proseguire
oltre. Se però dalle prime intercettazioni emergono notizie di reati o altri sospetti, allora devono
essere ordinate nuove intercettazioni (“obbligatorietà dell’azione penale”). Per questa ragione
quando si intercetta un mafioso
è normale che si crei un “effetto
cascata” che, di reato in reato e di
sospetto in sospetto, porta alla intercettazione di decine o centinaia di persone per mesi o per anni.
In ogni caso, solo un ufficiale di
polizia giudiziaria (poliziotto, finanziere, carabiniere, etc.) od un
tecnico supportato da un ufficiale
può ascoltare queste registrazioni
e scremarle. Per legge, solo ciò
che è rilevante per l’indagine in
corso (e le nuove notizie di reato)
può essere registrato e messo agli
atti. Il resto va distrutto.
La segretezza
In Italia, come ovunque nel mondo, gli atti di un processo sono
pubblici. Chiunque può recarsi
in cancelleria in tribunale e chiedere copia integrale degli atti di
un processo. Questo perché, a
garanzia delle parti, il processo
è pubblico. Chiunque può assistervi. Questo è necessario per
evitare che abbiano luogo processi sommari, distorti e privi di
controllo, come avveniva nei paesi ex-sovietici. Per fare in modo
che alcuni atti restino segreti (noti
solo alle parti) è necessario un
apposito ordine di un magistrato
(“secretazione”). Di conseguenza,
nel momento stesso in cui viene
accolta la richiesta di rinvio a giudizio, i materiali raccolti durante
l’indagine diventano di pubblico
dominio. Per questa ragione in
Italia è vietato includere tra gli
atti del processo materiali non rilevanti ai fini del processo stesso.
Conclusioni
Le leggi italiane sulle intercettazioni e sull’analisi dei tabulati
sono di gran lunga le più restrittive dell’Occidente. In moltissimi
altri paesi (Uk, Usa, quasi tutta la
UE, etc.) la polizia può procedere
liberamente a tutte le intercettazioni che vuole, senza bisogno del
mandato di un giudice. I dati che
possono essere raccolti sono molto
più dettagliati (soprattutto riguardo alla posizione topografica dei
telefoni cellulari) e tutti i materiali
raccolti (anche quelli irrilevanti
ai fini dell’indagine) possono legalmente essere allegati agli atti e
diventano quindi pubblici il giorno stesso in cui sono depositati in
tribunale con la richiesta di rinvio
a giudizio.
Se Berlusconi ha qualcosa da lamentare in fatto di intercettazioni, non deve fare altro che trasferirsi nella civilissima Inghilterra,
o nella sua amata Russia, con il
suo bunga-bunga e sperimentare
di persona cosa succede da quelle
parti.
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