il sistema informativo – contabile nell`impresa privata

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il sistema informativo – contabile nell`impresa privata
IL SISTEMA INFORMATIVO – CONTABILE NELL’IMPRESA PRIVATA E
NELL’ENTE PUBBLICO
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il sistema informativo–contabile – 3. Il sistema di bilancio nell'impresa
privata – 4. Il sistema di bilancio nelle Pubbliche Amministrazioni – 4.1 Il bilancio di previsione – 4.2 Il
rendiconto consuntivo – 5. Considerazioni conclusive.
1. INTRODUZIONE
Il confronto tra il sistema dei documenti di bilancio e della contabilità tra le imprese private e gli
enti pubblici risulta essere particolarmente interessante. Infatti, i due settori sono caratterizzati da un
complesso normativo e culturale profondamente differente, in quanto gli obiettivi economici e non, gli
interessi, le modalità operative e persino le responsabilità sociali risultano divergere alle volte anche in
maniera netta. Un parallelo tra il sistema informativo – contabile e i documenti di sintesi tra l’impresa e
l’ente pubblico, sviluppato attraverso un excursus storico, normativo ed operativo, consente di cogliere
la motivazione delle divergenze su accennate, spiegandoci perché le proverbiali “due facce della stessa
medaglia” si sono orientate verso metodologie contabili e prospetti di sintesi così differenti. Allo stesso
tempo, però, va sottolineato come negli ultimi anni si registri un certo avvicinamento metodologico, il
che rende ancora più importante un’analisi comparative dei due sistemi.
2. IL SISTEMA INFORMATIVO – CONTABILE
Prima di procedere con la nostra analisi, riteniamo opportuno delineare il fine di entrambe le
due tipologie di aziende. Invero, la finalità di un’azienda di produzione è diversa da quella di un’azienda
di erogazione. Dovendo generalizzare, si può affermare che il fine ultimo dell’impresa è l’economicità,
dove per economicità si intende, secondo la dottrina economico – aziendale prevalente, la perdurabilità
nel tempo della copertura dei costi con i ricavi, includendo tra i costi anche quelli figurativi1. Invece, per
l’ente pubblico il fine ultimo è la piena soddisfazione dei bisogni della collettività che esso serve.
Essendo profondamente diverso il motivo che è alla base dell’esistenza di un’impresa da un ente
pubblico, diversa sarà anche l’attenzione data, in sede di rilevazione, a certi dati economici e/o
finanziari ed al modo in cui aggregarli nei documenti di sintesi2.
L’impresa è caratterizzata da una contabilità prevalentemente economico – patrimoniale, in cui,
accanto ad una contabilità generale, si affianca nelle strutture di medie e grandi dimensioni, una
contabilità industriale – analitica, che consente il controllo della gestione attraverso il controllo dei costi
di produzione. Finalità della gestione deve essere il conseguimento di un profitto e, quindi, di un breakeven tendenzialmente sempre positivo; non si guarderà, in sede di programmazione, solo al breve ma
soprattutto al medio – lungo periodo.
L’ente pubblico implementa, invece, una contabilità prevalentemente finanziaria, anche se si sta
iniziando a porre l’attenzione sugli aspetti economici e patrimoniali; si può, di conseguenza, osservare
una contabilità economico – patrimoniale in progress. Come sottolinea autorevole dottrina, “nelle aziende
pubbliche erogatrici di tipo politico – sociale si ha indubbiamente una larghissima prevalenza di
movimenti finanziari, ma ciò non giustifica il trascurare le operazioni che non consistono in movimenti
finanziari, né gli aspetti economici che le stesse operazioni finanziarie presentano”3. Nell’ente pubblico
si dà prevalenza al controllo delle risorse disponibili, in modo da massimizzare l’erogazione dei servizi,
mantenendo un costante pareggio tra proventi e spese.
Le rilevazioni contabili e le informazioni extra -contabili trovano la loro sintesi nei documenti di
bilancio, intesi appunto come espressione quantitativo – monetaria di ciò che si vuole mettere in essere,
Cfr. Di Cagno N., Informazione contabile e bilancio d’esercizio, Cacucci Editore, Bari, 2004.
Cassandro P. E., Trattato di Ragioneria, Cacucci, Bari, 1985, p. 12 ss.
3 Cassandro P. E., Le gestioni erogatrici pubbliche, Unione Tipografico Editrice Torinese, Torino, 1979, p. 59.
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in sede preventiva, e di ciò che si è fatto, in sede consuntiva. Al riguardo, è però opportuno sottolineare
una serie di differenze terminologiche.
Nell’impresa i dati preventivi sono organizzati in documenti denominati dalla cultura
economico – aziendale “budget”; i dati consuntivi passano attraverso il “reporting direzionale” per un primo
confronto, per poi, in chiusura di esercizio, essere riepilogati nel bilancio di esercizio.
Nell’ente pubblico, invece, i dati previsionali sono contenuti nel “bilancio di previsione”, mentre
quelli consuntivi trovano collocazione nel “rendiconto consuntivo”.
3. IL SISTEMA DI BILANCIO NELL ’IMPRESA PRIVATA
La disciplina del bilancio d’esercizio trova un’organica collocazione nel codice civile del 19424.
L’impostazione di quel tempo fu lentamente modificata negli anni seguenti, a causa di nuove esigenze
che emergevano nel tessuto economico italiano. In primo luogo, non possiamo dimenticare il processo
di integrazione europea, che iniziò a coinvolgere buona parte dei Paesi dell’Europa Occidentale subito
dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale. Invero, il Trattato di Roma, istitutivo della Comunità
Economica Europea, sancisce, all’art. 435, la libertà di creare succursali, filiali e via discorrendo in tutti
gli Stati membri, con riguardo alle società costituite in conformità alla legislazione di uno qualsiasi degli
Stati aderenti6. È chiaro che una logica implicazione del su richiamato principio di libertà di stabilimento
richiede un coordinamento ed un’armonizzazione delle discipline nazionali in tema di strutture,
contenuto e pubblicità dei bilanci annuali. Gli organismi direttivi comunitari fecero propria tale
necessità e ciò portò all’emanazione della Direttiva del Consiglio n. 78/660 CEE del 25 luglio 1978.
Tale provvedimento trovava la sua ragion d’essere nella necessità (e, per certi versi, persino
nell’urgenza) degli operatori economici di poter paragonare dati di imprese concorrenti, al fine di
compiere determinate valutazioni tecniche e trarne le dovute conseguenze: di questo i governanti
europei non potevano evidentemente non tenerne conto, altrimenti il processo di unificazione sarebbe
risultato a tutti gli effetti privo di qualsiasi significato, vanificando così gli sforzi compiuti su questa
strada. Invero, è fin troppo chiaro che il presupposto di base per la comparazione di dati economici
deve essere un uguale metro di esposizione degli stessi, come pure una similare suddivisione in classi
omogenee; questa ovvia constatazione veniva ad essere elevata con la IV e la VII Direttiva a necessità
legislativa. Le su menzionate Direttive CEE furono recepite più o meno rapidamente da tutti gli Stati
membri; per quanto ci riguarda, l’Italia vi ha provveduto con il D. Lgs. 9 aprile 1991, n. 1277. Il suddetto
La disciplina di bilancio del 1942 deriva, a sua volta, da quella del vecchio Codice di Commercio del 1882: questo era
basato su una concezione privatistica dell’impresa e non dettava numerose e rigide norme in merito alla formazione del
bilancio d’esercizio, complice anche l’assenza di sostanziali contributi dottrinali. In ogni caso, gli articoli del Codice di
Commercio relativi al bilancio vanno dal 176 al 182: tali prescrizioni riguardano essenzialmente adempimenti informativi nei
confronti dei soci e dei terzi, norme sul controllo contabile da parte dei sindaci e disposizioni sull’accantonamento dei
dividendi e sull’accantonamento a riserva degli utili.
5 L’articolo 43 (ex articolo 52 Trattato CE 1957), come modificato dal Trattato di Amsterdam 2 ottobre 1997 (ratificato
dall’Italia con legge 16 giugno 1998, n. 209) così recita: “Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà
di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tal divieto si
estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro,
stabiliti sul territorio di uno Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonch é la costituzione e la gestione di
imprese e, in particolare, di società ai sensi dell’articolo 58, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del
Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”.
6 Giova a tale proposito ricordare anche quanto prescritto dall’articolo 48 (ex articolo 58 Trattato CE 1957): “Le società
costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il
centro d’attività principale all’interno della Comunità, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente
capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.
Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre
persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di
lucro”.
7 La ratio del D. Lgs. n. 127 del 1991 è chiaramente quella di garantire, da un lato, l’adeguata qualità dell’informazione
societaria, dall’altro quella di permettere l’armonizzazione della normativa sul bilancio. Si veda a proposito Fortunato S.,
Bilancio e contabilità d’impresa in Europa, Cacucci, Bari, 1993.
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testo normativo ha, infatti, introdotto uno schema organico della disciplina legale del bilancio
d’esercizio, del bilancio consolidato e della relazione accompagnatoria, che tiene conto delle esperienze
contabili di altri Paesi dell’Unione Europea: ciò ha significato una profonda trasformazione degli schemi
di bilancio tipici della tradizione contabile italiana, a tutto vantaggio della comparabilità dei prospetti
contabili sul territorio comunitario.
L’esigenza alla base della normativa comunitaria sull’armonizzazione in tema di bilancio fu in
seguito ulteriormente rafforzata da altri fenomeni che si affacciarono prepotentemente sullo scenario
internazionale: ci riferiamo, in particolare, alla “globalizzazione”8 dei mercati e delle economie: è
innegabile che, in una tale situazione, diventi ancora più pressante l’esigenza di comparare dati e
risultati, onde poterne trarre le dovute indicazioni a livello preventivo o consuntivo9.
Non si deve comunque pensare che una tale regolamentazione a livello sovranazionale risponda
solamente ad esigenze di carattere imprenditoriale e commerciale; l’evoluzione dei sistemi informatici,
avendo permesso una maggiore apertura ed una più ampia diffusione dell’interesse al settore azionario
ed agli altri strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati, ha aperto nuove possibilità di
investimento per i risparmiatori, il che fa emergere ancora più nitida l’esigenza di una omogeneità
nell’espressione dei conti di società che si presentano al pubblico, a garanzia di una completa
informazione ed a tutela del mercato.
Dieci anni dopo, a seguito dell’evoluzione dei mercati e per soddisfare una sempre maggiore
esigenza di trasparenza e di tutela degli interessi degli stakeholders, è stata presentata dal Parlamento
Italiano una legge delega (la n. 366 del 2001) 10, che prevedeva un profondo e radicale restyling del nostro
diritto societario. Tale riforma è stata attuata con il D. Lgs. n. 6 del 2003 ed è entrata in vigore a partire
dal 200411. Invero, non si poteva prescindere dall’esigenza di adeguare la nostra legislazione a dettami
internazionali (e non solo provenienti da fonti comunitarie), in quanto il nostro Paese è oramai
ampiamente inserito in quel “mercato mondiale globale” che tende a ridurre le distanze ed a
trasformare i problemi di uno in problemi di tutti.
Alla luce di quanto detto, possiamo affermare che il processo di innovazione della disciplina del
bilancio societario si è evoluto secondo tre diversi gradi di esigenze:
− in primis si è voluto risolvere quesiti e dispute sorte a livello dottrinale e giurisprudenziale in
merito al dettame legislativo del 1942, nell’intento di migliorare la qualità della normativa;
− inoltre, si è provveduto ad adeguare la normativa nazionale a quella degli altri Stati comunitari,
onde favorire un processo di unificazione di disciplina richiesto dai Trattati stessi dell’Unione Europea;
− infine, si è cercato di favorire un processo di adeguamento a standard internazionali, per rendere
possibile la comparabilità di dati tra aziende similari operanti in Paesi diversi, a tutela dell’informativa
del mercato della concorrenza e dei risparmiatori.
Nello stesso periodo, anche in sede di Commissione Europea ci sono stati segni di profondo
interesse verso le tematiche societarie: ciò ha portato all’emanazione dei Regolamenti comunitari n.
1606 del 2002 e n. 1725 del 2003. I due Regolamenti hanno introdotto il modello internazionale di
bilancio con l’utilizzo dei principi contabili internazionali IAS/IFRS12.
Con tale vocabolo, secondo la dottrina più affermata, si intende quel complesso processo in base al quale le economie di
due o più Paesi stringono legami talmente intensi da far sì che ogni piccola crisi del sistema dell’uno si ripercuota
automaticamente sull’altro, e viceversa.
9 “Ecco perché, a partire dal 2005, l’Unione europea ha reso obbligatoria per le società quotate la redazione di un bilancio
secondo standard internazionali (i cosiddetti “International Accounting Standards”,o IAS, per dirla con l’acronimo inglese)”: cfr.
lamanna di salvo D. , Il bilancio alla luce della riforma del diritto societario, in “Rivista della Scuola Superiore dell’economia e delle finanze”,
Anno 1, Numero 6 (giugno – luglio 2004).
10 Si veda, a proposito, il D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (riforma del diritto societario).
11 Sull’iter di emenazione del D. Lgs. n. 6/2003 e su tutte le problematiche che hanno portato all’attuazione della legge
delega n. 366/2001 si veda, tra gli altri: grippo G. , La riforma delle società, De Agostani Professionale SPA, Roma, 2004.
12 Per una disamina degli schemi contabili di bilancio secondo gli IAS si rimanda a: Di Cagno N. , Informazione contabile e
bilancio d’esercizio, op. cit. , pp. 55 – 59.
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Volendo brevemente esporre il modello di bilancio vigente nel nostro paese ai sensi del codice
civile, così come modificato dalla riforma del diritto societario del 2003, possiamo affermare che il
bilancio di esercizio è diviso in tre documenti13:
− lo Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.);
− il Conto Economico (art. 2425 c.c.) ;
− la Nota Integrativa (art. 2427 c.c.).
I primi due presentano un contenuto quantitativo – monetario, il terzo descrittivo –
interpretativo.
In sede di redazione del bilancio di esercizio, il Consiglio di Amministrazione (o
l’Amministratore unico) deve rispettare tutta una serie di principi che ora esamineremo, e dovrà operare
una valutazione delle voci di bilancio per poter quantificare gli elementi patrimoniali.
Il criterio valutativo base è, ai sensi dell’art. 2427 c. c. , il costo storico. Le due configurazioni
base sono il costo di acquisto ed il costo di produzione in economia. Ci sono elementi patrimoniali che
presentano dei criteri valutativi a sé, ma possiamo affermare che, nella maggior parte dei casi, le voci
dello Stato Patrimoniale sono valutate al loro costo storico. Tale criterio garantisce sicuramente
un’esposizione del capitale di funzionamento molto prudenziale, difficilmente “gonfiata”: però, essa
risulta essere molto distante dai reali andamenti del mercato e, quindi, anche poco rappresentativa per
eventuali investitori esterni.
I principi di redazione del bilancio14 sono elencati nell’art. 2423–bis c.c..
Tale articolo richiama, in primis, il concetto di continuità aziendale, ai sensi del quale il bilancio
d’esercizio deve essere redatto in un normale momento di funzionamento della vita dell’impresa,
tenendone appunto presente le necessarie conseguenze.
Altro cardine della su richiamata disposizione codicistica è il cosiddetto “principio della
prudenza”, per il quale si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura
dell’esercizio, tenendo però conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se
conosciuti dopo la chiusura di questo.
Il bilancio viene poi redatto secondo il principio di competenza economica, ai sensi del quale,
per l’attribuzione di un fatto gestionale all’esercizio, non è importante la data dell’incasso o del
pagamento, ma quello della nascita del ricavo o del costo.
Ugualmente importanti sono, in sede di redazione di bilancio, il principio della valutazione
separata delle voci di bilancio e quello della costanza dei criteri di valutazione con possibilità di deroga,
motivata e quantificata in Nota Integrativa.
Il D. Lgs. n. 127 del 1991 ha poi statuito legislativamente un principio che, ad onor del vero, la
dottrina economico – aziendale più attenta aveva da tempo sottolineato: ci riferiamo, in particolare, al
principio della preminenza della sostanza economica sulla forma, criterio già predisposto dalle leggi
speciali per la redazione del bilancio degli enti creditizi e giustamente generalizzato a tutte le società.
Questo criterio impone che, nel dubbio circa la classificazione di un’operazione di gestione, gli
amministratori devono tener conto prima di tutto della sostanza economica dell’operazione stessa e non
di come il contratto la denomina15.
Circa lo schema dei suddetti documenti si rimanda a: CNDC, Principi Contabili. Documento n. 11, EGEA, Milano, 2002, p. 1.
Per una completa disamina sui principi del bilancio d’esercizio si rimanda a: Caratozzolo M. , Il bilancio d’esercizio negli aspetti
contabili e civilistici, II edizione, Buffetti, Roma, 1992, p. 98 ss. ; Di Cagno N. , Il Bilancio d’esercizio, Cacucci, Bari, 1995;
Lamanna Di Salvo D. , La nuova disciplina del bilancio d’esercizio, WIP edizioni scientifiche, Bari, 2003, p. 22 ss. ; Pini M. , I
principi del nuovo bilancio d’esercizio. Le logiche di redazione secondo il D. lgs. n. 127 del 1991 in attuazione della IV direttiva CEE, Etas,
Milano, 1993.
15 Per un’analisi sull’effettiva portata della clausola generale e dei principi di redazione del bilancio si rimanda, tra gli altri, a:
Jaeger P. G. , La clausola generale e la filosofia del progetto di legge, in AA. VV. (a cura di Jorio A.), Il progetto italiano di attuazione della
IV Direttiva CEE, in “Quad. di Giur. Comm.”, n. 97, Giuffré, Milano, 1988, p. 115 ss. Lacchini M. , I principi di redazione del
bilancio, Giuffré, Milano, 1989, p. 31 ss. ; Ferrero G. , I complementari principi della chiarezza, della verità e della correttezza nella
redazione del bilancio d’esercizio, Giuffré, Milano, 1991, p. 45 ss.
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Circa, poi, il prospetto dello Stato Patrimoniale, esso è esposto nell’art. 2424 c. c.: trattasi di uno
schema a sezioni divise e contrapposte, nel quale a sinistra troviamo le attività (elencate per
destinazione) e a destra le passività (indicate per natura)16.
Il Conto Economico è presentato nell’art. 2425 c. c.: è un prospetto a forma scalare, suddiviso
in aree e denominato dalla dottrina “a costi e ricavi della produzione effettuata”. La classificazione dei
componenti di reddito avviene per natura: abbiamo, pertanto, l’area della gestione operativa, data dalla
gestione caratteristica e da quella accessoria, l’area della gestione finanziaria, l’area della gestione
straordinaria e l’area fiscale17.
Sostanziale novità, introdotta con la riforma del diritto societario, è il disinquinamento fiscale
del bilancio civilistico: ciò significa che non sarà più permesso effettuare rettifiche di valore ed
accantonamenti in esclusiva applicazione di disposizioni tributarie. Attraverso appositi prospetti di
dichiarazione dei redditi verranno integrati i dati di bilancio, per determinare quelli rispondenti alle
normative tributarie. Nel Conto Economico, a seguito della riforma del diritto societario, verranno
evidenziate esplicitamente le voci delle imposte differite ed anticipate18.
Novità di estremo rilievo saranno introdotte, a partire dall’esercizio 2005, per una serie di
soggetti obbligati alla redazione del modello di bilancio internazionale, è l’osservanza dei principi
contabili internazionali IAS/IFRS. I soggetti obbligati, secondo le previsioni della legge delega n. 306
del 2003, sono le società quotate capogruppo e non, sia per il consolidato che per l’individuale, le
società emittenti strumenti finanziari, banche ed intermediari finanziari, società assicuratrici.
L’evoluzione degli orientamenti si sta spostando verso un’imposizione degli IAS solo ai bilanci
consolidati redatti dalla capogruppo quotata, mentre le controllate redigeranno il bilancio individuale
secondo i principi contabili nazionali, … anche se dovranno redigere i conti annuali anche in forma
IAS, per permettere alla capogruppo il consolidamento a valori IAS. Si può dedurre come la materia sia
ancora in fase evolutiva e sperimentale. Ancora molte saranno le modifiche che seguiranno”19.
Per le società non quotate, da quelle industriali a quelle mercantili o del settore terziario, è
facoltativo il riferimento agli IAS, sia per il bilancio individuale che per il consolidato di gruppo. Per le
società che si avvalgono del bilancio in forma abbreviata è fatto esplicito divieto di applicazione del
modello internazionale20.
In questa sede è opportuno evidenziare alcune importanti novità introdotte con gli IAS. Il
sistema valutativo cardine è stato radicalmente modificato, passando dal criterio del costo storico a
quello del “fair value”21. I principi contabili internazionali lo definiscono “il corrispettivo al quale
un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in
un’operazione fra terzi”22. Per calcolarlo concretamente, ci si potrà rifare o a valori di mercato, o a
valori di realizzo, o a costi correnti di sostituzione o, in mancanza dei parametri precedenti, a valori
attualizzati dei flussi finanziari futuri. È stato anche previsto un meccanismo di verifica annuale, in sede
di redazione del bilancio, ossia il cosiddetto “impairment test”, in cui il valore iscritto potrà essere
confermato solo se risulterà minore ad un limite; in tal modo si eviterà il problema di eventuali
sopravvalutazioni di capitale. Il limite di riferimento sarà il maggiore tra il valore netto di vendita
dell’elemento patrimoniale e il valore d’uso23. In verità, il meccanismo del fair value porta, comunque, ad
avere un bilancio a valori vicini a quelli di mercato e, quindi, sicuramente esprimerà un capitale reale,
Per una maggiore analisi delle singole voci di Conto Economico si rimanda a: Dezzani F. – Ferrero G. – Pisoni P. –
Puddu L. , Contabilità e Bilancio d’esercizio, Giuffré, Milano, 2000, p. 937 – 947.
17 Sul punto si rimanda a: Superti Furga F. , Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa europea, Giuffré, Milano, 1991, p.
27.
18 Per un’accurata disamina delle problematiche inerenti tali aspetti si rimanda, tra gli altri, a: Venturelli F. , La fiscalità differita
nel processo di armonizzazione contabile a livello internazionale, Cacucci, Bari, 2003.
19 Villa N. , Società sotto stress per gli adempimenti, in “Italia Oggi” del 27 settembre 2004, pp. 6 – 7.
20 Bonicelli A. , I principi contabili internazionali IAS – IFRS e riflessi sui bilanci, Convegno Carime, Bari, 07/07/2004; Villa N. ,
Pmi, nei bilanci abbreviati il fair value va in soffitta, in “Italia Oggi”, 1/12/2005, p. 27.
21 Per un’approfondita trattazione sul fair value si rimanda a: Pizzo M. , Il fair value nel bilancio d’esercizio, Cedam, Padova,
2000.
22 Cfr. IAS 39.
23 Adamo S., Il modello di bilancio IAS/IFRS, in Di Cagno N. , Informazione contabile e bilancio d’esercizio, Cacucci, Bari, 2004, pp.
372 – 376.
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non prudenzialmente limitato a valori storici, ma espressione anche degli andamenti economici. Chi ne
beneficerà maggiormente saranno gli investitori istituzionali e non, che anche dalla sola lettura del
bilancio avranno a disposizione uno strumento efficace per pianificare eventuali strategie speculative24.
Il criterio del costo storico porta, attualmente, a problematiche dovute ad eventuali rivalutazioni
di elementi patrimoniali, possibili solo a seguito di disposizioni normative specifiche in tal senso. Il
criterio del fair value porterà ad avere bilanci sempre a valori attuali e, quindi, sempre “rivalutati” in
positivo o in negativo, nel senso che, attraverso il meccanismo di controllo dell’impairment test, potremo
avere variazioni aumentative o diminutive dei valori.
Altra sostanziale novità è l’introduzione tra i documenti di bilancio di un “Prospetto delle
variazioni delle poste del patrimonio netto” e di un “Rendiconto finanziario”25. È intuitivo notare come
la salvaguardia della trasparenza e degli interessi sociali che ruotano attorno alle imprese stia portando il
legislatore verso la massima estensione delle tutele, mettendo quasi completamente “a nudo” le società,
non solo da un punto di vista economico ma anche finanziario. Il rendiconto finanziario, in particolare,
metterà in evidenza la possibilità della società di far fronte all’indebitamento a breve e a lungo termine
attraverso una corretta e pianificata gestione degli “impieghi”. Il prospetto evidenzia, in particolare, i
flussi finanziari avvenuti durante l’esercizio, soffermandosi su tre macroaree:
quella operativa (crediti e debiti di funzionamento, disponibilità liquide), l’area delle attività di
investimento e l’area delle attività di finanziamento (crediti e debiti di finanziamento)26.
4. IL SISTEMA DI BILANCIO NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Nel settore pubblico, la regolamentazione normativa è più estesa e si differenzia a seconda della
territorialità dell’ente: ciò vuol dire che abbiamo una normativa specifica per Stato, Regioni ed Enti
locali (Province, Comuni, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane ed unioni di
comuni)27.
La materia contabile e di bilancio per quanto riguarda lo Stato è disciplinata dalla legge n. 94 del
1997, per le Regioni dal D. Lgs. n. 76 del 2000, per gli Enti locali dal Testo Unico n. 267 del 2000.
La caratteristica alla base del sistema dei documenti di previsione e di rendicontazione delle
Pubbliche Amministrazioni è la primaria rilevanza che viene data all’aspetto finanziario rispetto a quello
economico, dal momento che il vincolo rimane quello del pareggio tra le entrate e le uscite, in modo
che le risorse a disposizione vengano integralmente spese per la comunità. Detto ciò, è bene
puntualizzare, cercando di essere il più esaustivi possibile, che il bilancio di previsione dello Stato viene
redatto sia in termini di competenza finanziaria, sia di cassa. Lo stesso dicasi per le Regioni, mentre, per
gli Enti locali, esso è redatto solo in termini di competenza. Il rendiconto consuntivo è, invece, sempre
elaborato in termini di competenza e di cassa28.
Per competenza finanziaria si intende l’evidenziazione delle entrate accertate e delle spese
impegnate, ossia delle entrate di cui si ha diritto di credito e delle spese di cui ci si è obbligati
contrattualmente. Per cassa, invece, si intende un bilancio di previsione in cui si mettono in evidenza
tutti gli incassi e i pagamenti, il tutto riferito ad un determinato intervallo temporale29.
D’ora in avanti faremo diretto riferimento alla gestione contabile degli Enti locali, laddove, per
estensione, i concetti sono analoghi a ciò che viene previsto per le altre Pubbliche Amministrazioni.
Sulle modalità di calcolo si rimanda a: Marchi L. , Evoluzione dei principi contabili e dei criteri di valutazione: dal costo al fair value,
Unione Stampa Periodica Italiana, Revisione Contabile n. 57, III bimestre 2004.
25 Per ulteriori dettagli sulla formulazione del rendiconto finanziario si rimanda, tra gli altri, a: Astolfi – Barale – Ricci,
Entriamo in azienda, Volume 3, Tramontana editore, Milano, 2000; Giorgetti F. , I flussi finanziari, Esselibri S.p.A. , Napoli,
2001.
26 Pisoni P. – Campra M. – Busoo D., I prospetti aggiuntivi di bilancio secondo gli IAS, Editoriale Tributaria Italian a De Agostani,
Impresa, n. 6/2004.
27 Si veda al riguardo l’art. 2 del T. U. n. 267 del 2000.
28 Per ulteriori dettagli si rimanda, tra gli altri, a: Barlettoni Arleri A. , Contabilità dello Stato e degli enti pubblici, La Nuova Italia
Scientifica, Roma, 1997.
29 Cfr. art. 178 ss. T. U. n. 267/2000.
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4.1 IL BILANCIO DI PREVISIONE
Il bilancio di previsione è un documento programmatico e previsionale con natura
autorizzatoria, ex art. 164 comma 2, T. U. n. 267 del 2000; questo perché, già in fase di previsione, è
necessario realizzare l’equilibrio fInanziario, ossia l’integrale copertura delle spese con le entrate30. Il
bilancio di previsione è lo strumento che consente la realizzazione del successivo PEG (ossia del
Programma Esecutivo di Gestione), ed è presentato insieme ad altri due documenti: il bilancio
pluriennale di previsione e la relazione previsionale e programmatica.
Il bilancio pluriennale ha anch’esso natura autorizzatoria e costituisce, quindi, limite agli impegni
di spesa, dove in esso troveranno collocazione, accanto alle spese in conto esercizio, del primo anno,
anche le spese in conto capitale per gli esercizi successivi, ovvero le spese pluriennali, per un’attenta
analisi finanziaria della concreta copertura delle spese di funzionamento e di investimento.
La relazione previsionale e programmatica è un documento descrittivo che individua gli
interventi dell'Ente locale, mettendone in evidenza i programmi, i progetti, le risorse31.
Il bilancio annuale è il vero e proprio strumento di programmazione a breve termine, e, prima di
analizzarne la struttura, può essere utile, per il parallelo con il settore privato, mettere in luce i peculiari
principi di redazione.
Come si è accennato precedentemente, principio cardine nella redazione del bilancio di
previsione è il rispetto della competenza finanziaria32: quindi, le operazioni attive e passive verranno
contabilizzate e troveranno manifestazione quantitativa nei documenti di sintesi in base al sorgere del
credito e del debito ed, eventualmente, all’incasso ed al pagamento. Il principio dell’unità prevede, ex
art. 162 comma 2, T. U. n. 267 del 2000, che “il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale
delle spese”.
Il principio dell’annualità è disciplinato dal 3° comma dello stesso articolo: esso sancisce che
l’unità temporale della gestione è l’anno finanziario, che ha inizio il 1° gennaio e si conclude il 31
dicembre. Per il rispetto della competenza finanziaria, oltre tale termine non è più possibile effettuare
accertamenti di entrate e impegni di spese riferiti all’esercizio scaduto.
Il principio dell’universalità consiste nel divieto tassativo di gestioni fuori bilancio e/o di
contabilità separate. Il principio dell’integrità è disciplinato dal 4° comma e stabilisce che le entrate sono
iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione e le spese devono essere iscritte integralmente e
non portate in compensazione con le correlative entrate; il tutto per garantire la massima trasparenza
possibile.
Altro principio cardine è quello della veridicità che va in stretta sinergia con il principio
dell’attendibilità. La veridicità va intesa non come verità assoluta impossibile da garantire, bensì come
attendibilità nell’esposizione dei valori, coerenti con le capacità operative dell’Ente e con la situazione
esterna dei mercati finanziari.
Il sesto comma dispone che il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario, ossia ci
dovrà essere equilibrio tra entrate correnti e spese correnti, aumentate della quota capitale delle rate di
ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari. Infine, è previsto il principio della pubblicità dei
“contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati”, ai sensi dell’art. 162,
ultimo comma, T.U. n. 267 del 2000. Il bilancio di previsione annuale è composto da due parti: le
entrate e le spese. Il seguente schema, che riproduce il modello utilizzato dai Comuni, può aiutarci nella
comprensione del dettame normativo.
D’alessio L. , La gestione delle aziende pubbliche, Giappichelli, Torino, 1992, p. 36 ss.
Farneti G. , Gestione e contabilità dell’ente locale, Maggioli editore, Rimini, 2002, pp. 115 – 127.
32 Bennati A. , Manuale di contabilità di Stato, XII edizione, Napoli, 1990, p. 89.
30
31
7
Bilancio di previsione dei Comuni (T. U. n. 267/2000)
Entrate
Spese
Titolo I
Entrate tributarie
Titolo I
Spese correnti
Entrate derivanti da
contributi e
trasferimenti dello
Titolo II
Stato, della Regione e
Titolo II
Spese in conto capitale
di altri enti pubblici,
anche in rapporto
all’esercizio di funzioni
delegate dalla regione
Titolo III
Entrate extratributarie
Titolo III
Spese per rimborso di
prestiti
Entrate derivanti da
alienazioni, da
Titolo IV
trasferimenti di capitale
Titolo IV
Spese per servizi per
e da riscossione di
conto di terzi
crediti
Titolo V
Entrate derivanti da
accensioni di prestiti
Titolo VI
Entrate da servizi per
conto terzi
Allegati: Relazione revisionale e programmatica; Bilancio Pluriennale.
Le entrate sono divise in titoli in relazione alla fonte di provenienza; ognuno di questi è poi
suddiviso in categorie in base alla tipologia, ed ogni categoria in risorse a seconda della specifica
individuazione dell’oggetto. Solo nel titolo VI l’unità elementare non è la risorsa ma il capitolo.
Le spese sono divise anch’esse in titoli in base ai principali aggregati economici; i titoli sono poi
suddivisi in funzioni, a seconda delle funzioni degli enti, queste ultime in servizi concordemente ai
singoli uffici che gestiscono un complesso di attività; infine, abbiamo le unità elementari, ossia gli
interventi individuati in relazione alla natura dei fattori produttivi. Nelle spese per servizi per conto di
terzi l’unità elementare è rimasto il capitolo, come da disciplina precedente il Testo Unico.
4.2 IL RENDICONTO CONSUNTIVO
Dai dati preventivi, attraverso il PEG ed un adeguato controllo di gestione, si giunge a fine
esercizio ai dati consuntivi da riepilogare nel rendiconto consuntivo.
Come afferma la stessa norma, “il risultato contabile di amministrazione è accertato con
l’approvazione del rendiconto dell’ultimo esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dei
residui attivi e diminuito dei residui passivi”33, dove per i primi si intendono i crediti accertati ma non
riscossi e per i secondi i debiti impegnati ma non pagati entro il termine dell’esercizio. Il modello di
rendiconto consuntivo presenta un’evidente tendenza evolutiva in chiave aziendalistica, dal momento
che, accanto al tradizionale Conto del Bilancio, ossia il Rendiconto Finanziario, le normative attuali
introducono un Conto Economico ed un Conto del Patrimonio. Addirittura per una maggiore
chiarezza e trasparenza, è stato previsto un Prospetto di Riconciliazione, per consentire al lettore di
risalire dai dati finanziari a quelli economico – patrimoniali.
Il Conto del Bilancio non è altro che il Bilancio di Previsione con dati consuntivi: esso, quindi,
dà conto dei risultati della gestione attraverso dati esclusivamente finanziari, mentre i componenti
positivi e negativi generati dall’amministrazione, nell’arco temporale di riferimento, trovano
33
Art. 186, comma 1, T. U. n. 267 del 2000.
8
collocazione nel Conto Economico, in cui si segue il principio della competenza economica, come da
tradizione aziendalistica privata34.
Il Prospetto di Riconciliazione parte dai dati finanziari della gestione corrente, ed attraverso
un’analisi economica, porta il lettore alla comprensione dei dati presenti al Conto Economico. I valori
della gestione non corrente, invece, sono collocati nel Conto del Patrimonio, ossia saranno
letteralmente “capitalizzati”.
Il tutto è solo la punta dell’iceberg, nel senso che tutto il sistema informativo – contabile si
adegua ai principi di registrazione tipici delle imprese private, per poter giungere a fine esercizio ad una
facile redazione dei tre prospetti informativi, uno finanziario, l’altro economico ed il terzo patrimoniale.
Certamente avremo una contabilità economica semplificata ma è evidente come privato e
pubblico abbiano iniziato questo moto di avvicinamento reciproco35.
Nel Conto del Patrimonio trovanno collocazione il capitale monetario, i crediti e i debiti di
funzionamento, i fattori produttivi a fecondità semplice e ripetuta, i crediti e i debiti di finanziamento, il
patrimonio netto, il demanio. È importante evidenziare che il criterio di valutazione è quello del costo
per tutti quei beni aventi natura economica. Per i beni demaniali, invece, il settore pubblico segue il
criterio di valutazione del residuo debito dei mutui in fase di estinzione.
5. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Da questa veloce carrellata espositiva sugli schemi, i principi di redazione, i criteri di valutazione
dei documenti di sintesi preventivi e consuntivi del settore pubblico e privato si può trarre una
considerazione immediata.
È evidente come il privato, con l’introduzione del rendiconto finanziario, per ora presente solo
nel modello di bilancio internazionale (ma consigliato anche per altre forme societarie), abbia colto
l’importanza e la rilevanza da dare alla gestione finanziaria (e non solo a quella economica), per garantire
una maggiore trasparenza esterna, ma sicuramente anche per consentire al management di avere sotto
gli occhi la maggior quantità possibile di strumenti di comprensione della situazione aziendale.
Dall’altro lato, il pubblico, con l’introduzione del Conto Economico e del Conto Patrimoniale
tra i documenti del rendiconto consuntivo, sta acquisendo un approccio alla gestione sempre più
aziendalista, il che porterà dei sicuri vantaggi, se non altro per la maggior completezza di informazioni
che l’amministrazione avrà a disposizione per le decisioni da prendere.
Domenico Lamanna Di Salvo
Dottore Commercialista – Revisore Contabile
Docente presso la Libera Università di Bolzano
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34
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Conte C. , Il bilancio come strumento per il controllo di gestione, in “Politica e Mezzogiorno”, luglio 1997, p. 24.
Al riguardo si parla di “convergenze parallele”.
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