Discorso e simbologia del nuovo ambone
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Discorso e simbologia del nuovo ambone
25 ottobre 2014 Nostro amato Pastore Paolo, è con grande gioia che l’accogliamo in questo pomeriggio, già, inizio della pasqua settimanale, poiché credo che la presenza del Vescovo non è solo la continuità apostolica, ma è la presenza visibile di quello che ci raccontano gli Atti degli Apostoli al cap. 2,42 Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere . Proprio per questo ho desiderato che Lei fosse in mezzo a noi, perché con la sua parola di pastore ci ammaestrasse nei divini misteri. L’occasione ci viene data dall’inaugurazione del nuovo Ambone "L'Altare o mensa della Parola" il luogo da dove si proclama la ” Dei Verbum”. E lei ne è il custode, il maestro, il primo annunciatore, l’interprete che ne trasmette fedelmente il tesoro inesauribile dell'amore relazione tra Dio e l’ Uomo. Adesso desidero brevemente illustrare il significato dell'Ambone e i simboli in esso Contenuti. Il nuovo Ambone nasce perché a tutti fosse visibile la proclamazione della Parola, evidentemente anche la realtà architettonica doveva adattarsi conformemente allo stile che questa aula liturgica ha assunto. IN PRINCIPIO ERA IL VERBO La celebrazione Eucaristica é stata formata fin dall’origine da due elementi fondamentali: la lettura delle Sacre Scritture e l'azione di grazia sul pane e sul vino. Dalla riforma del Concilio Vaticano II° l’Ambone ha riacquistato la sua dignità di luogo della celebrazione della Parola, riconoscendo la stessa venerazione data all’ Eucaristia. Il Concilio afferma l'unita della celebrazione Eucaristica: le due parti che costituiscono in un certo modo la S. Messa, cioè la liturgia della Parola e la liturgia Eucaristica, sono congiunte tra loro cosi strettamente da formare un solo atto di culto (SACROSANTUM CONCILIUM 56). Il termine Ambone deriva dal verbo greco “anabàino” (salire in alto) non va confuso con il pulpito luogo dove si predica la parola di Dio. Dall’ Ambone non si predica, anzi era proibito salire ai predicatori serve solo a leggere e cantare la parola di Dio, ad eccezione della notte di Pasqua quando vi si legge l’EXSULTET che è il riepilogo della storia della salvezza. Nel 1993 la commissione Episcopale per la liturgia ha pubblicato una nota sulla progettazione di nuove chiese, nella quale, al N°9 parlando dell’Ambone si legge: E’ il luogo della parola di Dio. La sua ubicazione sia pensata in prossimità dell’Assemblea e, costituisca una presenza eloquente, capace di far riecheggiare la Parola anche quando non c’è nessuno che la sta proclamando. L’Ambone rappresenta la tomba vuota di Gesù e ne é monumento, quando si proclama la parola di Dio nella liturgia, queste parole dicono sempre la stessa cosa: Cristo è risorto indipendentemente dal brano che si sta leggendo. La Pasqua e la pienezza della rivelazione, chi sale sull’Ambone quindi va a proclamare la parola di Dio in termini pasquali. La mattina di Pasqua accanto al sepolcro vuoto, l’angelo chiede alle donne: perché cercate tra i morti colui che é vivo? Non e qui é risorto (Lc 24,5) L’Ambone fa da cerniera tra l’aula dell’Assemblea dei fedeli (navata) e la parte della chiesa dove sta l’assemblea dei presbiteri (presbiterio) quindi è la parola di Dio ad unire le due assemblee. Sull’Ambone salgono in tre: il lettore che legge il brano del vecchio Testamento e l’Epistola, il salmista, che intona il salmo rivolto verso l’Altare, perché offre il suo canto a Dio (S.Gregorio Magno) il Diacono, che proclama il Vangelo. Nelle chiese orientate cioè con l’Abside rivolto verso est, l’Ambone va posizionato lungo l'asse Est-Ovest ovvero dalla fonte della luce verso la pienezza della sua manifestazione luminosa. Ma anche sul lato destro dell’Altare per ossequio alla remota tradizione del privilegio femminile che in Maria di Magdala prima testimone del Risorto ha la sua radice. Ecco perché l’Ambone risiede sulla parte destinata alle donne dove usavano stare, quando l’assemblea era separata secondo il sesso. Gli ebrei dopo l’esperienza drammatica dell’esilio(in Babilonia pur nel cambiamento di molte strutture religiose, essi custodiscono il luogo della proclamazione della parola, che avviene dalla tribuna della Sinagoga, che rimanda alla tribuna alta da cui il sacerdote Esdra al tempo del governatore Neemia lesse, dinanzi a tutto il popolo il libro della Legge (Ne 8,4). La chiesa ha ereditato questo luogo per la proclamazione della Parola di Dio chiamandolo appunto Ambone (salire in alto). L’Ambone é presenza dell’Annunzio pasquale e icona spaziale della Resurrezione come il giorno del Signore é icona temporale. E’ rappresentazione simbolica del giardino paradisiaco delle origini (Gn 2,8) e di quello del sepolcro della Resurrezione: ora nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era mai stato deposto. La dunque deposero Gesù (Gv 19,41-42) il giardino è significato dalle decorazioni naturalistiche come ad esempio la spiga di grano e il grappolo d’uva. Come in natura il chicco di grano muore per generare una nuova vita, cosi Gesù con la sua morte riconduce tutto quanto al Padre, inoltre, il pane ottenuto dal grano diventa il corpo stesso di Cristo. Giovanni lo indica come il pane vero (Gv 6,32) pane della vita (Gv 6,35-48) pane che discende dal cielo (Gv 6,50-51) Il grappolo d’uva come il grano é carico di molteplici significati, essi sono simboli di sacrificio, di oblazione. Il grappolo d’uva fu collegato a figura del Cristo che porta la croce, poiché Cristo somiglia al grappolo pigiato, in quanto il suo sangue versato sulla croce riempie il calice della chiesa, inoltre il taglio e la pigiatura del grappolo prima che diventi vino corrisponde alla sofferenza e alla morte terrena, ma indica al tempo stesso il passaggio alla nuova qualità della vita. La natura del segno esige che la materia della celebrazione eucaristica si presenti veramente come cibo, (Ordinamento generate del messale romano N°321) Al centro dove l’angolo forma una colonnina che regge il leggio, e stata inserita una Croce Gloriosa, segno tangibile di Cristo risorto, di lato alla croce la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco: “lo sono l’Alfa e l’Omega” il primo e l’ultimo, il principio e la fine. (Ap 22,13). Sotto la croce Gloriosa una sorgente di acqua viva: “Fa che accorra alla fonte fresca e vi attinga la divina bevanda, quella bevanda che tu offri a chi ha sete. Fa che attinga come dalla sorgente del tuo costato aperto dalla lancia. Per chi la beve quest’acqua diventa una sorgente che zampilla per la vita eterna” (San Gregorio di Nissa). L’evangelista Giovanni incomincia con un sublime volo d’aquila per stabilire fermamente sin dall’inizio i principi che in seguito vorrà dimostrare “In principio era il Verbo: il Verbo era presso Dio; il Verbo era Dio. E il Verbo si fece carne, ed abito fra noi (1,1-14) poi presenta questo Verbo nei primi contatti con la fede insorgente nei suoi discepoli, 1,19-4,42; come datore di vita 4,43-5,47 Pane di vita ,6,1-71; Luce e vita 7,1-12-50 segue la lunga narrazione delta vita dolorosa e Gloriosa di Gesù con i discorsi d’addio, 13,1-17,26; La Passione e morte 18,1-19,42; il trionfo 20,1-21-24. Il vangelo di Giovanni è detto spirituale per eccellenza, della luce e della vita per questo motivo fin dall’antichità il suo simbolo (l’aquila) lo ritroviamo sull’ Ambone. L’aquila é allegoria del suo comprendere del fatto, cioé che il senso della scrittura é tutto pasquale e sorregge ’Evangeliario per richiamare la sua vera testimonianza del sepolcro vuoto e delle bende. Qui la testa dell’aquila é rivolta verso l’altare per indicare la direzione da seguire e verso cui recarci, perché e proprio sull’altare che da duemila anni ogni giorno si compie per noi la Grazia di veder trasformare il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo e sempre in Giovanni 6,54 troviamo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Involontariamente, Eminenza, oggi coincide con il mio quinto anno di servizio pastorale a questa comunità, per il quale voglio ringraziare Dio e lei per la fiducia che mi accordate nel condurre questa comunità, nonostante tutti miei limiti. Grazie Padre e pastore della nostra amata diocesi per la sua presenza che rende solenne ed unico questo momento in cui la comunità si raduna attorno alla Mensa della Parola. Grazie!