[n-spezicronac - 6] nazione/giornale/spe/06

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[n-spezicronac - 6] nazione/giornale/spe/06
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CAMPIONATO GIORNALISMO
MERCOLEDÌ 26 MARZO 2014
Scuola Media
Silvio Pellico
LA
LA SPEZIA
Italian graffiti & spaghetti rap
Arte e musica low cost per i giovani. E che non sia solo moda effimera
DIZIONARIO RAP
Tutti i segreti
per parlare
da vero rapper
CHEESE, go for it, sleep,
yo. Questi e tanti altri sono
i termini usati dal mondo
in espansione dei giovani
rap. Ognuno ha il suo flow
(in inglese “flusso”) che indica la sequenza di rime
rap. Si basa sulla cadenza ritmica e sul tempo di scansione. Le rime sono incastonate nelle “barre” (dette anche “battute”), ovvero
l’equivalente del verso nella
poesia, a loro volta raggruppate in strofe. Ogni rapper
ha quindi modo di esprimersi grazie a un notevole
bagaglio lessicale, ma con
un linguaggio di base che si
può definire universale.
Dal freestyle improvvisato
all’hardcore aggressivo, le
tecniche sono molte ma queste le più usate. Ogni parola
esprime un significato diverso dagli altri e per questo
è unica, anche se alcune
espressioni iniziano a influenzare il linguaggio giovanile:
cool: significa “di tendenza” in tutto il mondo;
fresh: fresco, nuovo e simpatico;
fly: indica qualcosa di attraente e bello;
sista: è un modo affettuoso
per dire “sorella”;
slang: linguaggio non convenzionale dei ghetti americani;
what’s up: modo giovanile
per dire “come butta”.
DALLE VERITÀ di Eminem alle accuse di Emis Killa, dai testi stravaganti di
Caparezza alla concretezza
di J-AX, ognuno dei rapper
al mondo usa lo stesso linguaggio per esprimere caratteristiche differenti. Proprio questa è la bellezza del
rap: la sua unicità nella similitudine.
DAGLI USA con furore, ma non
solo. L’America con i suoi celebri
murales rivoluzionari ha dato il
via a un tipo di arte figurativa dai
toni intensi e passionali, in tempi
in cui nel nostro paese dominavano forme artistiche legate prevalentemente alla cultura popolare.
Dopo più di un secolo di storia,
sempre oltre oceano, la musica
black ha impostato una nuova
marcia, lontana dai primi “spiritual” e sempre più arrembante, irriverente, alla ricerca di uno spazio in cui far echeggiare il proprio
cuore ferito e i propri diritti.
L’INTONAZIONE classica e pulita di un cantante viene letteralmente spazzata via dal rauco grido di un rapper, in continua collisione con le istituzioni, il governo
e l’egoismo bianco. Parallelamente a questo, per le vie metropolitane e nei sobborghi periferici,
spuntano nottetempo graffiti ardenti di odio e di protesta, in cui
si chiede lavoro e tolleranza o semplici slogan dal significato esplicito e graffiante. Siamo di fronte a
STRUMENTI Il nuovo connette e coinvolge i giovani di tutto il mondo
esplosioni corporali che lasciano
il segno fuori e dentro. Con Eminem, rapper statunitense insolitamente bianco, ci siamo convinti
finalmente che il genere potesse
diventare alla portata di tutti e anche l’Italia timidamente ha iniziato a pompare, con giovani musicisti arrabbiati per i medesimi pro-
blemi, al di là del colore e della nazionalità. Siamo cittadini del
mondo e i disagi di un giovane di
San Francisco sono spesso gli stessi di un ragazzo di Milano o di Palermo. Fabri Fibra e il giovanissimo Rocco Hunt, fresco di una meritata vittoria a Sanremo, tempio
della musica popolare italiana, so-
no un valido esempio di rap made
in Italy. Quest’ultimo di origine
campana, ha commosso la platea
del teatro Ariston con uno struggente appello, affinché la sua terra torni a brillare per quel sole
che l’ha resa famosa in tutto il
mondo e non per i fuochi inquinanti di cui parlano incessantemente le cronache. Così in
quest’ultimo decennio, anche da
noi, nella nostra “semplice” provincia, sono arrivate queste forme
artistiche innovative che hanno
coinvolto i giovani per il loro linguaggio diretto, a tratti aggressivo, ma chiarissimo, spia di una società in continuo mutamento, per
la loro accessibilità diffusa, aperta
a tutte le fasce sociali, e infine grazie al supporto di media e case discografiche che hanno intravisto
in relazione al rap un’immensa
platea e un importante fonte di
guadagno. Speriamo che queste
esperienze non siano solo frutto
di una moda effimera, ma lascino
tracce artistiche significative e
messaggi capaci di migliorare il
mondo in cui saremo adulti.
COLORI DALLA PITTURA RUPESTRE AI GRAFFITI SUI MURI CHE GRIDANO IN SILENZIO A COSTO ZERO
Writing, la domanda resta: arte o vandalismo?
PROTESTA Sì ai graffiti del
Neolitico e no alle nostre opere?
I WRITER gridano, in silenzio e a costo zero, la
verità di gruppi di persone. Hanno voglia di
evadere, rappresentando spesso mondi fantastici.
Danno colore alle città smorte. Vogliono
interrompere la frenesia del mondo. Protestano.
Non accettano che la società promuova i graffiti
del Neolitico e non le loro opere, ricche a parer
loro di significato. Il graffitismo esisteva già da
migliaia di anni: le più antiche vestigia di
un’attività pittorica sono delle immagini rupestri,
cioè dipinte o incise sulla roccia, che si sono
conservate grazie alla scarsa accessibilità dei siti e
al riempimento ulteriore delle grotte che le
accoglievano. Sono scene di caccia, danze rituali,
ma più spesso animali isolati. La pittura rupestre
rappresentava riti magici e propiziatori e quindi
non era destinata a un pubblico, mentre i
murales, accompagnati in alcuni casi dalle tag, le
firme con i nomi d’arte, sono eseguiti dall’artista
con lo scopo di colpire gli osservatori: sui muri
nei centri storici delle città, sui mezzi pubblici,
nei bagni, nei pressi dei centri commerciali, fino
agli spogliatoi delle palestre scolastiche e ai
banchi degli alunni. I luoghi devono essere ben
evidenti perché attirino l’attenzione di un
pubblico ignaro e massificato. Il più delle volte,
però, queste opere vengono considerate come un
atto di vandalismo: poco allettante sarebbe per
chiunque l’idea di svegliarsi al mattino e trovare
un proprio bene imbrattato. Alcuni comuni
hanno provveduto così a rendere disponibili zone
urbane protette (le cosiddette hall of fame) per
dare voce a questa suggestiva e controversa
street-art.
REDAZIONE IN CLASSE
LA PAGINA è stata realizzata dagli
studenti di II a della Silvio Pellico: Junior
Almonte, Maira Ambuila, Alessandro
Araujo, Pier Francesco Bachini, Sara
Bechere, Febe Bonini, Camilla Costa,
Fernando Forti, Marta Gambarotta, Sofia
Gemignani, Matteo Lazzaris, Erica
Mariano, Ludovica Mori, Sofia Olivari,
Giulio Paoletti, Filippo Perrino, Samuel
Rosario, Giulia Seravelli, Micaela
Tremonte, Camilla Vaccarini, Filippo
Zampaglione, Martina Zangani.
Dirigente la dott Stefania Capitani.
Docente tutor il prof Michele
Buongiovanni.