Alla riscoperta del Maestro d`Elva Casa Cavassa, oggi Museo civico
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Alla riscoperta del Maestro d`Elva Casa Cavassa, oggi Museo civico
Alla riscoperta del Maestro d’Elva Casa Cavassa, oggi Museo civico della Città di Saluzzo, è situata nel centro storico cittadino. Deve il suo nome a due alti funzionari del marchesato saluzzese: Galeazzo Cavassa e suo figlio Francesco, entrambi Vicari generali del Marchese. La famiglia Cavassa proveniva da Carmagnola (l’estrema propaggine marchionale nella pianura), venne nobilitata nel 1460. La costruzione del complesso risale a prima del secolo XV , la proprietà totale venne acquistata da Francesco Cavassa nel 1505 che vi fece effettuare interventi che portarono l’edificio ad essere uno dei più importanti del Rinascimento subalpino. Nel 1528, le vicende politiche condussero Francesco a scontrarsi con il marchese di Saluzzo Giovanni Ludovico, seguì il suo incarceramento e la sua esecuzione. L’edificio rimase ai Cavassa sino al secolo XVIII declinando sempre di più, successivamente venne diviso in alloggi con uno scadimento delle strutture. Fortunatamente nel 1883 il marchese Emanuele Taparelli d’Azeglio, nipote del più noto Massimo, acquistò il complesso e lo fece restaurare dell’ingegner Melchior Pulciano con la consulenza di Vittorio Avondo, pittore, direttore del Museo Civico torinese ed esperto antiquario. L’edificio era stato spogliato nel tempo dei suoi arredi, ed aveva subito interventi che lo avevano snaturato. Si operò secondo la metodologia dell’epoca che prevedeva il completamento nello stile dominante, furono acquistati oggetti d’arte sul mercato antiquario ed altri provennero da doni di collezionisti, così che il complesso potesse dimostrare il modo di vivere dei secoli XV e XVI in una casa di alto lignaggio. Il Taparelli commissionò ad alcune primarie botteghe artigiane locali il rifacimento in stile di alcuni mobili tardo gotici e rinascimentali. Nel 1888 il marchese d’Azeglio con grande generosità legò la casa Cavassa alla Città di Saluzzo perché la destinasse a Museo, nel 1891 (un anno dopo la morte del Taparelli) il Municipio di Saluzzo aprì la Casa Museo alla pubblica fruizione. Al palazzo si accede dal portale in marmo bianco di Paesana con stipiti scolpiti con grande ricchezza e tarsie marmoree a colori, il portone in legno di noce scolpito (costituito da 36 pannelli intagliati) venne ricuperato dal Taparelli sul mercato antiquario (anche se è incerta la provenienza originaria dalla dimora dei Cavassa). Entrambi i manufatti, datati fra il 1515 ed il 1528, sono attribuiti allo scultore lombardo Matteo Sanmicheli che nella chiesa di San Giovanni realizzò, per la cappella dei Cavassa, la porta in legno e il monumento funebre di Galeazzo. Sul portale vi è lo stemma dei Cavassa, un pesce d’acqua dolce, il cavedano, ed il motto DROIT QUOI QUIL SOIT che può essere interpretato come “diritto qualsiasi cosa avvenga” (se si pensa al cavedano che è un pesce che risale la corrente) mentre altri lo interpretano come “giustizia quale che sia” (richiamandosi all’attività giudiziaria di Galeazzo e Francesco Cavassa che come Vicari generali impartivano anche la giustizia). Il Museo ha un percorso di visita su due piani con quindici sale. Si citano la cosiddetta “ Sala della Gistizia” in cui Francesco Cavassa amministrava la giustizia. La sala è affrescata e nell’ultimo registro decorativo sono riconoscibili la saluzzese chiesa di S. Giovanni ed una veduta del porto di Genova. Nella sala V vi è l’elemento più importante del Museo: la pala che raffigura la Madonna della Misericordia, opera del pittore Hans Clemer, datata tra 1499 ed il 1500 su commissione del marchese Ludovico II di Saluzzo.Un salto secolare con una immagine del Risorgimento si trova nella sala VII con il quadro di Carlo Felice Biscarra dedicato alla partenza dalle veneziane carceri di S. Michele per lo Spielberg di due patrioti, il saluzzese Silvio Pellico e l’amico Pietro Maroncelli. Nella sala IX vi è L’adorazione dei Magi” del pinerolese Jacobino Longo attivo nella prima metà del Cinquecento, nella sala XIII vi sono due quadri del pittore Jan Kraek (italianizzato in Giovanni Caracca) che ritraggono Carlo Emanuele I e la moglie infanta Caterina d’Austria ed un dipinto attribuito alla scuola di Pietro Dolce di Savigliano. L’edificio della Chiesa di Santa Maria Assunta a Elva si è formato nel tempo con una serie di accrescimenti, ingrandimenti e cambiamenti con resti forse romani come testimonia l’iscrizione VICTORIAE/AUG/VIBIUS CAESTII posta sotto l’atrio e murata nel pilastro di sinistra. Sul portale in pietra vi è un architrave su cui si nota una lunga catena che congiunge una figura umana con un serpente: simbolo del peccato, che rende schiavi del demonio. Nella lunetta si trova in buon stato di conservazione una Madonna in trono con il Bambin Gesù che tiene in mano un uccellino e gli angeli, recentemente restaurata ed attribuita a Giovanni Baleison, pittore del gotico internazionale originario di Demonte. Sulla sinistra della porta d’ingresso è murata l’acquasantiera opera della grande bottega degli Zabreri di Paglieres (1463), mentre il fonte battesimale molto consumato dall’umidità è datato fra la seconda metà del Tre e la prima metà del Quattrocento. Un grande arco in pietra verde incornicia il presbiterio e reca scolpite figure tardo gotiche che rappresentano allegorie del male e immagini educative. Gli affreschi dipinti sulla volta, di pittore sconosciuto, sono datati intorno al 1470, nelle vele triangolari vi sono i quattro evangelisti con i loro simboli che conversano con i quattro Dottori della Chiesa, fasce con festoni vegetali e putti corrono accanto ai costoloni. La parete di fondo e le due laterali del presbiterio contengono gli affreschi della Crocifissione e delle Storie della Madonna e dell’infanzia di Cristo opera del Maestro d’Elva in cui è stato riconosciuto il pittore di Piccardia Hans Clemer operoso sia in Provenza che nel Marchesato di Saluzzo tra il 1490 ed il 1512 circa. Si tratta di opera in cui figurano diversi elementi, intensi paesaggi, eleganti sfondi architettonici, stupenda la Crocifissione per la tensione emotiva e il dolore che sa esprimere nel corpo coperto di lividi del Cristo. Attenta la descrizione della diversa umanità popolare e strepitante che è presente con i soldati, le pie donne, i curiosi. Da segnalare le pale dell'altare: quella di San Costanzo (1694); quella del Rosario, firmata da G. Pietro Botta, della fine del XVII secolo; la pala dell'Assunta, (ritenuta della seconda metà del XVII secolo). Elva ospita anche il Museo di Pels o dei Cavié (Capelli) nella Casa della Meridiana, buon esempio di architettura montana. In questo luogo sono custoditi i documenti, gli strumenti ed i reperti relativi all’attività dei Pelassier (in piemontese Cavié) ossia dei raccoglitori di capelli. Viene ricostruita la raccolta e la lavorazione dei capelli tramite fotografie, immagini, testimonianze e documenti mercantili, il tutto è illustrato da un bel documentario. Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti ONLUS Fondata in Torino il 20 febbraio 1874 Palazzina SPABA, Via Napione 2 - 10124 Torino Tel./Fax 011 8177178 [email protected] www.spaba.net STORIA La Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, fondata in Torino nel 1874 da un gruppo di studiosi e appassionati nel campo dell’arte e dell’archeologia, ebbe sede inizialmente presso il Museo Archeologico e dal 1911 nella Palazzina di via Napione donata dal socio Vittorio Avondo. Attualmente la Società collabora con le autorità preposte alla conoscenza e salvaguardia del patrimonio archeologico ed artistico subalpino e pubblica un Bollettino in cui compaiono le comunicazioni di soci e studiosi su argomenti concernenti l’archeologia, la pittura, la scultura, l’architettura e le arti applicate in Piemonte. Dal 2005 pubblica anche la collana: Quaderni di Archeologia e Arte in Piemonte Ente Morale dal 1907, trasformata in ONLUS nel 1998, la SPABA gestisce donazioni liberali destinate a finanziare restauri conservativi di edifici ed opere d’arte, organizza mostre e convegni in collaborazione con gli Enti pubblici. ATTIVITÀ La SPABA propone agli iscritti durante l’anno, una serie di incontri (sedute scientifiche) in Sede su tematiche inerenti l’arte, l’archeologia, l’architettura, la scultura, le arti applicate e la fotografia in ambito piemontese. Fin dal 1932 organizza convegni in sedi diverse, a cadenza pluriennale dedicati a zone specifiche del Piemonte o a personaggi che ebbero particolare rilevanza nella vita culturale e artistica regionale. Dal 1999 al 2008 ha organizzato “Rivelazioni Barocche”, poi confluita all'interno del progetto "Gran Tour". Scambia le sue pubblicazioni con numerose Società e Istituti storici italiani e stranieri aventi analoghi interessi culturali. La biblioteca è ricca di oltre 5000 titoli. È aperta in orario di segreteria e raccoglie pubblicazioni tematiche sul arte, architettura, archeologia e storia del Piemonte.