“Proteine del siero del latte negli alimenti adatti ad un intenso sforzo
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“Proteine del siero del latte negli alimenti adatti ad un intenso sforzo
Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 “Proteine del siero del latte negli alimenti adatti ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi”. Introduzione Lo studio della chimica degli alimenti e lo sviluppo di nuove tecnologie alimentari trovano nell’alimentazione applicata allo sport una notevole spinta evolutiva. Se da un lato l’elemento trainante è senza dubbio costituito dal continuo incremento del mercato degli integratori dall’altro non bisogna sottovalutare quanto le implicazioni medico-scientifiche stimolino l’interesse alla ricerca nel settore dell’alimentazione applicata allo sport. A monte dell’uso razionale degli integratori nutrizionali nello sport c’è l’ormai consolidata evidenza scientifica che l’alimentazione è parte integrante e fondamentale dei processi di allenamento e di recupero. Una corretta alimentazione non garantisce di per sé una prestazione ottimale, ma una alimentazione scorretta compromette sicuramente la prestazione”. L’acquisizione di una migliore condizione fisica e il raggiungimento della forma sportiva ottimale derivano dalla concomitanza interattiva di diversi fattori come una adeguata applicazione dei principi di metodologia dell’allenamento, di elementi della psicologia applicata alla prestazione fisica e di nozioni dell’alimentazione applicata allo sport, applicati costantemente nel tempo, verificando l’efficacia e i metodi, adeguando i protocolli di intervento in base ai risultati conseguiti1. In questa ottica la dieta svolge un ruolo determinante perché le abitudini alimentari sono in grado di influenzare in maniera significativa le capacità individuali di realizzare una determinata prestazione fisica. In tal senso si sono espressi l’International Consensus Conference tenutasi a Losanna nel 1991, secondo la quale <<la dieta adeguata (quantità e qualità) prima, durante e dopo l’allenamento e la gara ottimizza la prestazione>>, e più recentemente anche l’American Dietetic Association, la Dietitians of Canada e l’American 1 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 College of Sport Medicine che nella loro “Position Statement”2 affermano che l’attività fisica, la prestazione sportiva, e la fase di recupero dopo l’esercizio sono favorite da una alimentazione ottimale. Queste organizzazioni raccomandano un’appropriata selezione degli alimenti e delle bevande, della distribuzione oraria degli apporti, e della scelta degli integratori per un ottimale stato di salute per la prestazione fisica. Un regime di vita sportiva richiede quantità e qualità di principi nutritivi differenti rispetto ad un comportamento sedentario. Lo sportivo in senso lato si differenzia da qualsiasi altra persona sedentaria per il fatto che svolge una attività fisica qualitativamente e quantitativamente maggiore. Per tale motivo la dieta di chi pratica attività fisica può richiedere un adeguamento integrativo, sia in un contesto di aumentato fabbisogno metabolico-energetico, sia nel caso di regimi ipocalorici legati ad aspetti tecnico-sportivi, in base alle necessità del singolo soggetto. Il primo intervento integrativo è sempre rivolto all'utilizzo di alimenti in uso nel quotidiano piuttosto che di supplementi alimentari sportivi. Alcuni atleti, invece, ricorrono subito agli integratori senza che ne esista una reale esigenza. In realtà una dieta variata e bilanciata potrebbe fornire tutte le sostanze di cui ha bisogno l'organismo di un atleta. Secondo alcuni autori3: “il ricorso all’uso degli integratori è del tutto ingiustificato e non scevro da potenziali rischi per la salute, salvo casi rarissimi e ben selezionati. L’uso deve essere finalizzato a sopperire eventuali carenze di uno o più nutrienti causate da un loro insufficiente apporto con l’alimentazione. In tal senso gli integratori potrebbero essere di aiuto, in ben selezionati casi, per migliorare le condizioni di salute e/o per prevenire l’insorgenza di specifiche condizioni patologiche. Qualsiasi uso di questi prodotti dovrebbe essere scoraggiato, tanto più se la loro prescrizione viene suggerita da personale non medico e quindi non in grado di determinare la reale necessità, la giusta dose, il corretto periodo di utilizzazione, e le eventuali controindicazioni connesse alla possibile 2 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 concomitanza di patologie e/o condizioni cliniche che ne sconsiglino l’uso anche per brevi periodi di tempo e a bassi dosaggi”. Ciononostante, il ricorso ad integratori veri e propri viene talvolta consigliato 4 5 , sulla base dei seguenti motivi: Mancanza di tempo all'interno della giornata lavorativa per comprare, preparare e/o cucinare il cibo; Mancanza di nozioni di dietetica tali da rischiare la scelta di cibi che portino a carenze alimentari; Compensare la perdita di sostanze nel cibo dovuta a processi agronomici, conservazione e cottura; Migliorare la forma d'assorbimento per via orale di un determinato principio nutritivo tenendo conto del basso assorbimento intestinale d'alcune sostanze presenti nel cibo o della loro riduzione d'assimilazione nel corso d'allenamenti frequenti, intensi e/o prolungati; Evitare, a parità di principio nutritivo assunto, di dover assumere quantità di cibo troppo elevate; Non subire un processo digestivo impegnativo che è sconsigliato e non privo di pericoli prima di una prestazione fisica; Selezionare un determinato nutriente evitando l'assunzione di sostanze inutili o controproducenti che compongono l'alimento stesso. In ambito strettamente sportivo una corretta alimentazione, supportata o meno dall'ausilio d'integratori, può essere orientata a: Limitare il calo di prestazione dovuto a carenze alimentari e disidratazione; Velocizzare il recupero dopo una performance, reintegrando i nutrienti persi durante il lavoro fisico; 3 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Ottimizzare l'adattamento fisiologico di risposta allo stimolo allenante, fornendo i substrati idonei nel momento giusto; Limitare l'instaurarsi di sindromi da sovrallenamento. L’orientamento dell’alimentazione applicata allo sport persegue obiettivi atti a compensare e ripristinare le variazioni dell’omeostasi dell’organismo conseguenti ai processi di adattamento allo stress dell’esercizio fisico favorendo nel contempo la supercompensazione adattativa, tali obbiettivi possono essere così riassunti: 1. Copertura del fabbisogno energetico 2. Copertura del fabbisogno plastico 3. Recupero delle perdite idrico-saline 4. Ottimizzazione dei processi metabolici 5. Recupero dallo stress ossidativo e della produzione dei radicali liberi6. La presente trattazione ha lo scopo, alla luce di quanto riportato, di fare una panoramica dell’utilizzo di polveri proteiche in campo sportivo, con particolare riferimento alle proteine del siero del latte. USO DELLE PROTEINE NELL’ALIMENTAZIONE SPORTIVA Le proteine nell’ambito dell’alimentazione applicata allo sport vengono utilizzate soprattutto per la copertura del fabbisogno plastico, per far fronte al turnover proteico legato ai processi catabolici ed agli adattamenti anabolici conseguenti all’esercizio fisico (vedi fig. 1). Il razionale d’uso è collegato quindi alla ricerca di una finalità anticatabolica ed anabolica essendo la molecola proteica una sorta matrice che, in conseguenza dei processi digestivi, rilascia di- e tri-peptidi ed amminoacidi liberi in grado di essere facilmente assorbiti per incrementare il pool aminoacidico ematico. Dipenderà poi dal giusto timing di assunzione e da un’appropriata posologia, la possibilità di ottimizzare l’utilizzo di tali nutrienti. 4 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Fig. 1 Fonte : EQUIPE ENERVIT I MUSCOLI SUBITO (i quaderni Equipe Enervit) Edizione 1989 Supplemento a Clinic n° 51, ottobre 1989- Anno VIII - EDB S.r.l. D’altro canto, il contributo proteico al metabolismo energetico è normalmente di importanza secondaria, copre infatti il 4-5% del dispendio energetico di un atleta. L’utilizzazione degli amminoacidi cresce nel corso dell’esercizio d’intensità medio-elevata, soprattutto in condizioni metaboliche di deplezione glucidica, fino a coprire circa il 15 % del dispendio energetico di un atleta.7 Quindi le proteine diventano substrato energetico specialmente in sport di lunga durata ed elevata intensità, siano da esempio il ciclismo, la maratona o le ultra-maratone. Il fabbisogno proteico di un individuo che pratica attività fisica dipende soprattutto dal sesso, dalla tipologia dello sport praticato, dal livello di intensità, frequenza e durata dell’impegno fisico quotidiano, dalla finalità metabolica del tipo di esercizio (aerobica, anaerobica o anabolica). Nella tabella 1 sono riportate le stime dei fabbisogni proteici per atleti e non. 5 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Stima del fabbisogno proteico per atleti GRUPPO ASSUNZIONE PROTEICA (g/kg/giorno) Uomini e donne sedentari 0.80 – 1.0 Atleti di elite di endurance (maschi) 1.6 Atleti di endurance a intensità moderata 1.2 Atleti amatoriali di endurance 0.8 – 1.0 Football e sport di potenza 1.4 – 1.7 Atleti di forza 1.5 – 1.7 (fase iniziale di allenamento) Atleti di forza 1.0 – 1.2 (fase stazionaria di allenamento) Atleti femmine Circa il 15 % più basso degli atleti maschi Fonte: Tarnopolsky M. “Protein and amino acid needs for training and bulking up” in Clinical Sport Nutrition 3rd Ed. Edited by Burke L. & Deakin V. – Mc Graw -Hill Australia Pty Ltd, 2006; 6 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Alcuni autori 8 9 riportano i seguenti vantaggi mostrati da integratori di proteine purificate se confrontati alle normali proteine alimentari: 1. Comodità di preparazione, conservazione e lunga scadenza; 2. Sostituzione delle fonti proteiche ricche di grassi, specie per chi desidera diminuire la quantità di lipidi introdotti con la dieta; 3. Possibilità di aumentare l’apporto proteico riducendo il numero di calorie assunte; 4. Assicurare un adeguato apporto proteico quando la dieta è inadeguata da questo punto di vista; 5. Fonte addizionale di energia 6. Possibilità di aggiungere altri ingredienti, sostanze ergogene, proenergetiche e/o altri principi nutritivi sottoforma di formulazioni nutraceutiche; 7. Costo confrontabile o minore rispetto a quello di alimenti di uso quotidiano ad alto contenuto di proteine. Nonostante le varie motivazioni addotte nel tempo per giustificare e promuovere l’uso di polveri proteiche nell’ambito dell’alimentazione applicata allo sport, fin dall’inizio del boom di commercializzazione di tali prodotti c’è sempre stata una certa diffidenza ed una critica più o meno contraria a questo tipo di integrazione. In questo senso le polveri proteiche furono definite “dead protein” se confrontate alle proteine provenienti da alimenti freschi dette “live protein”.10 In effetti quando, in ambito scientifico, si valutano le caratteristiche chimiche di un alimento proteico è intuitivo ritenere che il valore nutritivo dipenda non solo dalla provenienza ma, anche, dal tipo di processo tecnologico che la preparazione dell’alimento stesso comporta. Il dato di fatto però è che, a distanza di circa trenta anni, dall’introduzione sul mercato delle polveri proteiche, il trend di consumo è in continua ascesa. 7 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Naturalmente a tale fenomeno ha contribuito l’evoluzione tecnologica dei processi di produzione delle polveri proteiche ed un sempre maggiore interesse della ricerca scientifica verso tali alimenti. LA SCELTA PREFERENZIALE VERSO LE PROTEINE DEL SIERO L’efficacia di una proteina dipende dalla sua qualità e dalla sua digeribilità. La qualità si riferisce alla disponibilità di amminoacidi (AA) che la proteina può fornire mentre la digeribilità considera come tali amino acidi possano essere utilizzati al meglio. Diversi studi hanno esaminato ed analizzato fattori chiave che permettano una scelta appropriata sul tipo di proteine da utilizzare in ambito sportivo. Nella nutrizione dello sport le proteine del latte sono quelle che vengono considerate la fonte proteica più valida ai fini di una applicazione anabolica e/o anticatabolica. La qualità di una proteina dipende dal suo valore nutrizionale, quindi dalla composizione in amino acidi essenziali e “condizionatamente” essenziali, dalla digeribilità e dalla biodisponibilità degli AA stessi (FAO/WHO 1990). Tanto più una proteina presenta una distribuzione di AA essenziali vicina a quella necessaria all’organismo, tanto più tale proteina è utilizzabile ai fini plastici. Si può dire che la proteina ideale è quella che, una volta “smontata” attraverso i processi digestivi, offre all’organismo una combinazione di AA essenziali tale che ciascuno di essi viene utilizzato unicamente per “montare” nuove proteine corporee. Il contenuto non adeguato di alcuni AA essenziali comporta invece l’impossibilità di utilizzare completamente gli altri che vengono allora destinati a fini energetici. Ciò non costituisce soltanto uno “spreco alimentare”, ma comporta anche un aggravio per l’attività metabolica dell’organismo.11 Ci sono diverse scale di misura e tecniche per valutare la qualità di una proteina come mostrato nella Tabella 2 8 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 . TABELLA 2 9 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Dal confronto dei cinque principali metodi utilizzati per valutare la qualità delle proteine si può vedere come le proteine del siero del latte (whey protein) possiedono mediamente un valore nutrizionale che le rende superiori alle altre fonti proteiche. Il metodo attualmente più accettato ed utilizzato per valutare una proteina è il Protein Digestibility Corrected Amino Acid Score (PDCAAS) che contiene l’INDICE (o PUNTEGGIO) CHIMICO (Chemical o Amino Acid Score - AAS). In quest’ultimo caso la qualità della proteina viene valutata calcolando il rapporto fra la quantità, espressa in mg, di ogni AA essenziale presente in un grammo della proteina da valutare e la quantità, sempre in mg, presente nella proteina di riferimento (uovo)12 13: INDICE CHIMICO = mg di AA essenziale limitante per g di proteina in esame X 100 Mg dello stesso AA per g di proteina standard Come AA limitanti si utilizzano la lisina, la metionina, il triptofano e la treonina. Si intende per AA limitante che è nella percentuale più bassa poiché, quando viene a mancare, interrompe la sintesi proteica. Infatti per la sintesi proteica devono essere presenti tutti gli AA essenziali contemporaneamente e nella giusta proporzione. Si può vedere che per le whey protein l’AAS è secondo solo alle proteine dell’uovo. Nel PDCAAS l’indice chimico viene corretto tenendo conto della digeribilità proteica. Per alcune proteine, come quelle dell’uovo, della carne e del latte, la digeribilità proteica non supera il 97-98 %, ma viene considerata al 100 %. Per proteine meno digeribili come quelle vegetali ovviamente la correzione dovuta alla digeribilità diminuisce il valore del PDCAAS rispetto all’indice chimico. Le WP possiedono un PDCAAS pari a 1.00 che è il massimo. 10 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Il VALORE BIOLOGICO (BV) di una proteina è il rapporto tra l’azoto (N) trattenuto dall’organismo, ossia quello utilizzato per la formazione dei tessuti o per altre funzioni vitali e non escreto con le urine e le feci (quindi queste perdite vanno misurate) e l’azoto assorbito: BV = N trattenuto X 100 N assorbito Anche in questo caso le WP raggiungono il valore massimo. L’UTILIZZAZIONE PROTEICA NETTA (NPU) è data dal rapporto fra l’azoto trattenuto e quello ingerito: NPU = N ingerito – ( N fecale – N endogeno) + (N urinario – N endogeno urinario) = N trattenuto N ingerito N ingerito Questo indice tiene conto contemporaneamente della digeribilità e dell’efficienza di utilizzazione degli aminoacidi assorbiti. Infatti può essere anche calcolato come il prodotto tra il valore biologico della proteina considerata e la sua digeribilità: NPU = BV X DP = N trattenuto x N assorbito = N trattenuto N assorbito N ingerito N ingerito Per quanto riguarda il NPU le WP sono seconde solo alle proteine dell’uovo. Si veda anche la tabella 3. Tabella 3 11 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Per quanto riguarda il rapporto di efficienza proteica (PER), è una misura che viene fatta su di un ratto da esperimento: PER = incremento in peso / quantità di proteina ingerita Il PER non garantisce una stretta correlazione con i bisogni anabolici dell’uomo. Importante ai fini di una valutazione qualitativa in ambito sportivo è il contenuto in amino acidi essenziali e soprattutto in amino acidi ramificati (BCAA), particolarmente coinvolti nel turnover proteico muscolare. Come si può vedere dalle tabelle 4 e 5. Tabella 4 Tabella 5 Fonte (14) Le whey protein sono quelle più ricche in ammino acidi ramificati specie la leucina che riveste un ruolo particolarmente importante nello stimolare il segnale mTOR -1 quale fattore di crescita proteica. L’esercizio contro resistenze incrementa rapidamente il segnale dell’mTOR e sembra che le whey protein siano in grado di aumentare ed prolungare il segnale mTOR in risposta all’esercizio ed all’allenamento.15 12 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Inoltre è importante notare l’elevato contenuto in lisina, treonina e triptofano che sono in genere gli amino acidi essenziali limitanti. Tra le metodiche utilizzate per valutare la qualità la qualità nutrizionale di supplementi sportivi in polvere un metodo proposto è proprio la determinazione del triptofano totale con HPLC.16 Dal punto di vista della digeribilità è interessante notare il ruolo che questa ha nel determinare un effetto anabolico e/o anticatabolico. Negli atleti che integrano la loro dieta con proteine addizionali, la caseina ha dimostrato di fornire il maggior beneficio per l’incremento della sintesi proteica in un periodo prolungato. Tuttavia le proteine del siero mostrano il maggior beneficio iniziale per la sintesi proteica. Queste differenze sono correlate alla velocità di assorbimento reciproca. Sembra che una combinazione delle due possa essere benefica a tale scopo oppure una minore ma più frequente assunzione di proteine del siero può garantire un valore più elevato di sintesi proteica.17 L’assorbimento di proteine del siero (whey protein – WP) induce un drammatico ma breve incremento degli amino acidi plasmatici. La caseina (casein – CAS) induce un plateau prolungato di moderata iper-amminoacidemia, probabilmente a causa del lento svuotamento gastrico.18 Questo pseudo-plateau che mostra la concentrazione plasmatica di leucina marcata che viene rilasciata durante la digestione della caseina, sembra legata al lento assorbimento degli aminoacidi. In effetti però il rate-limiting step di questo lento assorbimento sembra collegato al coagulo della caseina nello stomaco, che crea un meccanismo di rilascio con effetto depot. Si pensa anche che la caseina contenga delle sequenze di aminoacidi che mimano l’azione dei peptidi regolatori oppioidi modulando la motilità gastrointestinale.19 Ci sono evidenze scientifiche che supportano l’idea generale che l’entità e la durata delle variazioni nella disponibilità di aminoacidi (AA) determinano gli effetti anabolici del tasso di digestione proteica. Invece, risultati che riguardano l’ossidazione di AA e la sintesi proteica 13 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 concordano con una stimolazione dose-dipendente durante il graduale incremento della disponibilità di AA20. La persistente inibizione di proteolisi indotta dalle “Slow Protein” (come la caseina) è diversa da quella dovuta all’insulina poiché l’insulinemia non varia21 mentre con le “Fast Protein” (come le proteine del siero), l’insulinemia è più alta22. Si è più tentati di attribuire questo effetto alla durata dell’iper-amminoacidemia post-prandiale poiché gli AA hanno dimostrato di inibire la proteolisi23 e la iper-amminoacidemia è molto più prolungata con le “Slow” piuttosto che con le “Fast Protein”. La velocità di digestione delle proteine è inequivocabilmente un fattore regolatore indipendente dell’assorbimento proteico post-prandiale. Le proteine digerite lentamente (CAS), inibendo la proteolisi (effetto anticatabolico), inducono una ritenzione proteica postprandiale più alta rispetto alle proteine digerite rapidamente (WP) che invece stimolano la sintesi proteica (effetto anabolico) ma anche l’ossidazione. Tali osservazioni fatte su soggetti giovani si invertono quando si considerano soggetti anziani. La tipologia di proteine assunte provoca risposte metaboliche opposte in soggetti giovani ed anziani. Infatti negli anziani le proteine del siero del latte (WP) inducono un bilancio postprandiale della leucina migliore della caseina (CAS)24. Nel considerare il confronto tra siero-proteine e caseine si deve tener conto anche della maggiore qualità biologica delle prime rispetto alle seconde tenuto conto della presenza di elevate quantità di cisteina, anche se contengono meno acido glutammico e prolina. Le WP hanno infatti un alto valore biologico decisamente superiore a quello della caseina. Le due principali proteine del siero sono la β-lattoglobulina (che rappresenta quasi la meta delle proteine del siero nel latte vaccino) e la α-lattoalbumina (ricca di triptofano, rappresenta solo il 3-4% nel siero del latte vaccino). Importante ai fini di questa trattazione è la termo instabilità di queste proteine che coagulano al calore. Sia dal punto di vista qualitativo che per la loro digeribilità le proteine del siero del latte sembrano essere quelle più adatte nell’alimentazione applicata allo sport. 14 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Ci sono poi diverse motivazioni per le quali le proteine del siero verrebbero preferite come riportato in tabella 6 Tabella 6 - fonte (15) Le proteine del siero del latte avrebbero anche un ruolo importante nello stimolare il sistema immunitario, tale azione sarebbe mediata da specifici componenti: La cisteina coinvolta nella produzione intracellulare di GSH, incrementando il livello di glutatione in vari tessuti, aumenterebbe quindi le difese antiossidanti contro il danno da ROS, tossine, infezioni e esposizione a UV La lactoferrina ha mostrato una attività immuno-modulante con attività antimicrobica, antitossinica e antivirale Le immunoglobuline sono in grado di conferire immunità passiva ai neonati e stimolano l’attività del sistema immunitario negli adulti. 15 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 L’attività immunostimolante è particolarmente ricercata specie dopo l’attività fisica che notoriamente provoca una diminuzione transitoria delle difese immunitarie 25. QUALITA’ NUTRIZIONALE e PROCESSI TECNOLOGICI I processi di trasformazione che la tecnologia di produzione richiede, possono modificare il valore nutrizionale delle proteine del siero. Il trattamento termico del latte e dei derivati del latte produce la reazione di Maillard con le ben note conseguenze nutrizionali: Perdita di lisina disponibile Fenomeni di ossidazione Perdita di vitamine Isomerizzazione del lattosio a lattulosio Denaturazione delle siero proteine Perdita di attività enzimatiche Tutte queste modificazioni sono proporzionali all’intensità del trattamento termico, ovvero alla durata del trattamento.26 E’ noto che nel 1° stadio della reazione di Maillard si ha una reazione di condensazione tra uno zucchero riducente ed un ammino gruppo libero di una proteina con la formazione del prodotto di Amadori. Tale reazione si può verificare spontaneamente già a 25° C ed i composti di Amadori sono stati identificati anche nel siero del latte. La lisina, AA essenziale, viene bloccata nei composti di Amadori, sebbene parzialmente recuperabile durante l’analisi chimica degli amino acidi, non è nutrizionalmente disponibile. Quando il lattosio reagisce con le proteine nel latte e nei suoi derivati, si formano residui di lactulosil-lisina. Con l’idrolisi chimica si libera il 40 % di lisina ed il 32 % di furosina. 16 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 La determinazione della furosina tramite HPLC viene utilizzata per misurare l’estensione e la progressione della reazione di Maillard. I residui di lisina nutrizionalmente bloccati possono essere calcolati nella seguente maniera: % Lys parzialmente =______3.1 x furosina______ X 100 bloccata Lys totale + 1.87 x furosina I due fattori numerici si ottengono da 100/32= 3.1 e 60/32=1.87 La lys totale rappresenta il totale della lisina ritrovata nell’analisi, cioè la lisina che non ha reagito più la lisina ottenuta dai residui di lactulosil-lisina27. Nella tabella 7 si può vedere il danno subito dalla lisina nei trattamenti che subisce il latte ed i suoi derivati. Lysin Damage in good manufacturing practice % Raw or freeze-dried milk 0 Pastourized (74°C 40 sec) 0-2 HTST paustorized (135-150°C a few second) 0-3 HTST sterilized 5-10 UHT 0-2 Spay dried powder 0-3 Sweetned condensed 0-3 Sterilized fluid 8-15 Roller dried (without precondensation) 10-15 Evaporated 15-20 Roller dried (conventional) 20-50 TABELLA 7 fonte (28) Come si può vedere nei sistemi roller dried la perdita di lisina può essere molto consistente. Inoltre si è visto che durante lo storaggio dei latti in polvere per l’infanzia c’è 17 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 una diminuizione di lisina con formazione di furosina. Comunque polveri di latte scremato mostrano livelli di lisina modificata da 2,5 a 3,6 volte più elevata di quanto si potrebbe dedurre dalla formazione di furosina. Nei sistemi di produzione delle proteine del siero quindi è preferibile il metodo spray dried piuttosto che il roller dried o l’evaporazione, per contenere la perdita di lisina. Nelle proteina del siero isolate (WPI) parte delle β-lattoglobuline sono mono- di- o anche tri-glicate. Il legame del lattosio alle β-lattoglobuline purificate, che ancora presentano il 35% di monoglicazione come unico contaminante, è stato studiato in diverse condizioni : a) Solubilizzate in sistema acquoso a PH 7,2 b) Riscaldamento (dry-way)a 65°C c) Combinazione di riscaldamento a 50°C per 96 ore seguito da solubilizzazione a 50°C per 4 giorni. Il massimo valore di glicazione è stato trovato nel caso b) con formazione di unità persino epta-glicosilate. Perciò si conferma come tanto più elevata è la temperatura e tanto meno è il contenuto di acqua tanto più spinta può essere la reazione di Maillard nelle polveri di proteine del siero. La metologia di trasformazione del siero in proteine in polvere è fondamentale per preservare il più possibile una frazione proteica non denaturata. La qualità delle proteine del siero usate nelle formulazioni è fortemente correlata alla tecnologia applicata per la loro produzione.28 18 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 TIPOLOGIE DI PROTEINE DEL SIERO DISPONIBILI SUL MERCATO Fino a circa trenta anni fa il siero era considerato un prodotto di scarto dell’industria casearia. Infatti il siero di caseificazione costituisce ciò che rimane del latte a seguito del processo di cagliatura necessario alla produzione casearia di ogni tipo. Disfarsi del siero era un grosso problema, per molto tempo è stato considerato come un fastidioso prodotto di scarto, scaricato in mare, disperso sul terreno o utilizzato come alimento per gli animali. Nel suo stato grezzo, il siero è per il 6 %, circa, solido, è di un colore verdastro poco appetibile ed ha un aspetto ed un sapore poco appetibile. Si altera facilmente a causa del suo alto contenuto in lattosio. Per ironia della sorte da un prodotto considerato un rifiuto si è generato un enorme mercato con margini di guadagno molto elevati. Del volume di latte trattato nel processo di caseificazione, l’80-90 % lascia il processo sotto forma di siero, il quale contiene circa il 50 % dei solidi totali del latte di origine. Vi sono due tipi di siero, quello dolce, sottoprodotto della produzione dei formaggi duri, semiduri e molli che ha un pH compreso tra 5,9 e 6,3, mentre quello acido, si ottiene dalla coagulazione della caseina utilizzando acidi ha un pH compreso tra 4,3 e 4,6. Dal siero si ottiene la ricotta ma anche sostanze di grande interesse alimentare e farmaceutico. La sostanza più abbondante nel siero è il lattosio che viene estratto per usi farmaceutici o alimentari oppure trasformato per vie biochimiche per la produzione di acido lattico, alcool, ecc. Le proteine estratte dal siero vengono utilizzate per la preparazione di integratori dietetici utilizzati in ambito sportivo e medico-nutrizionale. L’addizione di proteine del siero in polvere a prodotti alimentari ha due precisi obbiettivi, uno nutritivo (come supplemento 19 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 dietetico) ed un altro tecnologico ( solubilità, formazione di schiume, emulsioni, legante dell’acqua, viscosità, ecc.).29 Sul mercato degli integratori sportivi si trovano diversi tipi di proteine del siero la tabella 7 riassume le principali definizioni ed il differente uso dei diversi tipi reperibili. tabella 7 – fonte : Dairy Council of California 2004 20 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Il siero concentrato in polvere (WPC) proviene dalla concentrazione del contenuto proteico del siero del latte mediante separazione a membrane (Ultrafiltrazione – UF). L’ultrafiltrazione permette di trattenere le molecole proteiche e di eliminare il lattosio ed il residuo inorganico. Si possono ottenere concentrazioni di proteine che vanno dal 25 all’89 %, anche se la maggioranza hanno minimo l’80 %.30 Ad esempio la sigla WPC 80 caratterizza le siero proteine concentrate in polvere con l’80% di proteine sul secco (Whey Protein Concentrate 80). In base al tipo di membrane si può avere Micro-filtrazione, Ultra-filtrazione, Nanofiltrazione e Osmosi inversa. Naturalmente le membrane si differenziano tra loro per le dimensioni delle sostanze che riescono a trattenere e permeare. La più alta concentrazione di proteine si ritrova nelle siero proteine isolate (Whey Protein Isolate- WPI) che sono ottenute o per microfiltrazione o tramite resine a scambio ionico. In questo caso il lattosio ed i grassi vengono ridotti al minimo. Esistono infine le WPC o le WPI idrolizzate, in questo caso le siero proteine ottenute vengono sottoposte a idrolisi enzimatica, ciò consente di avere peptidi di dimensioni minori che consentono una maggiore digeribilità ed una minore allergenicità delle molecole proteiche. Tra le WPI quelle ottenute per scambio ionico contengono un elevato valore di proteine ma scarse quantità di glicomacropeptidi, lattoferrina, lattoperossidasi ed alcuni peptidi bioattivi. 31 Lo scambio ionico crea modificazioni nella struttura chimica della proteina con sostituzione del calcio con il sodio. Con tale metodica avviene una denaturazione proteica che, seppur minima, diminuisce il loro valore biologico.32 Lo scambio ionico tramite eluenti specifici permette di assorbire selettivamente le proteine, utilizzando più eluenti si può modulare il pH ed ottenere una miscela di concentrazioni 21 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 proteiche dal 90 al 99 %. Gli eluenti acidi a base sodica sono quelli che consentono il processo più rapido di concentrazione delle proteine ma allo stesso tempo impoveriscono il contenuto proteico di immunoglobuline. Se la purificazione a scambio ionico viene fatta con eluenti acidi a base sodica si ottengono prodotti poveri di immunoglobuline e ricchi in sodio con concentrazioni maggiori di 200-250 mg per 100 g di proteina. Gli isolati ottenuti per microfiltrazione/ultrafiltrazione danno concentrazioni proteiche leggermente inferiori, ma presentano maggiore quantità di glicomacropeptidi, lattoferrina, lattoperossidasi, ma minori percentuali di α-lattoalbumina vaccinica. La tecnica di produzione ritenuta migliore perché consente di ottenere un valore biologico più elevato è la microfiltrazione a flusso incrociato. Questa procedura conosciuta anche come Cross Flow Microfiltration (CFM) è un solvent-free process, che usa filtri in ceramica a bassa temperatura, permette di ottenere un isolato proteico che contiene più del 90 % della frazione proteica non denaturata e che quindi conserva tutte le proprietà fisiologiche ma senza lipidi e lattosio. Il vataggio della CFM è quindi una denaturazione minima, la preservazione della microfrazione “nobile” proteica ed un migliore profilo minerale. La filtrazione a flusso incrociato è un processo che evita l’accumulo di filtrato quando il siero viene spinto perpendicolarmente sulla membrana filtrante, infatti, in questo caso, l’accumulo di sedimento tende a diminuire il tasso di permeazione del filtro. Invece nella CFM l’operazione di filtrazione è tangenziale, ciò significa che il flusso del siero è parallelo alla superficie della membrana filtrante e mediante applicazione di una appropriata pressione il permeato riesce a filtrare senza accumularsi sul filtro.33 Di seguito si riporta il diagramma di flusso generico della preparazione di WPC e WPI. 22 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 SIERO Scambio ionico o Microfiltrazione Chiarificazione Ultrafiltrazione Ultrafiltrazione permeato Diafiltrazione Diafiltrazione acqua Evaporazione Evaporazione WPC WPI In tabella 8 sono è riportata la tipica composizione delle proteine del siero Proteine % Lattosio % Residuo inorganico % Lipidi % Umidità % Tabella 8 WP 13 75 8 WPC 34 34 53 7 WPC 80 80 6 3 WPI 92 1 2 1 3 3 3 7 4 1 4 23 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 Nella tabella 9 sono riportate le percentuali delle frazioni proteiche % Β-lattoglobuline α-lattoalbumine Sieroalbumina bovina Immunoglobuline glicomacropeptide Tabella 9 WPC Siero dolce 52 15 2 WPC Siero acido 65 21 4 WPI microfiltrazione 60 22 2 WPI Scambio ionico 80 14 3 5 26 10 0 5 21 3 0 In conclusione, i dati confermano che le proteine del latte godono di un successo, in ambito sportivo e medico-nutrizionale, supportato da concrete motivazioni scientifiche. Nel mercato degli integratori, le diverse tipologie dei prodotti disponibili, rappresentano il continuo sforzo della ricerca chimico-scientifica e tecnologico-alimentare al tentativo di garantire un sempre maggiore valore nutrizionale dell’alimento proteico conservato. Antonio Sartini 24 Dott. Antonio Sartini 27/07/2010 1 Giampietro M. “L’alimentazione per l’esercizio fisico e lo sport” Il Pensiero Scientifico Editore – Roma ,marzo 2005; pag. XXI ; 2 ACMS. (2000). 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