Bozza regolamento sala operatoria

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Bozza regolamento sala operatoria
Regolamento
Area Sanitaria
Gestione del rischio nelle attività di sala operatoria
ed. 1 rev. 00
11 agosto 2016
 originale
 copia controllata _________
N.______
 copia non controllata
distribuzione interna a cura del RQ
 bozza
.
Redazione
Verifica
Approvazione
Ratifica
U.O. per la Qualità
e Rischio Clinico
Via S. Sofia 78
Via Plebiscito 628
Catania
Azienda Ospedaliero - Universitaria “Policlinico - Vittorio Emanuele” – Catania
Azienda Ospedaliero - Universitaria “Policlinico - Vittorio Emanuele” – Catania
Unità Operativa per la Qualità e Rischio Clinico
Responsabile: dott. Vincenzo Parrinello
PREMESSA
Nella nostra Azienda, gli interventi chirurgici rappresentano la più rilevante linea attività in
considerazione dei 36 letti operatori in esercizio, i 26.000 interventi eseguiti nel 2015, che
hanno interessato oltre il 40% dei pazienti e che hanno prodotto al 60% dei fatturato per
ricoveri ordinari e DH con una media giornaliera di circa 70 interventi chirurgici al giorno.
Rispetto ad altri setting assistenziali, la sala operatoria è contrassegnata dalla notevole
complessità dei processi assistenziali che vi si svolgono.
Non esistono dati univoci della letteratura circa errori ed eventi avversi in sala operatoria,
spesso ascritti nell’ambito delle cosiddette complicanze.
Al di là, degli elementi eminentemente tecnici relativi all’esecuzione dell’intervento chirurgico,
numerosi aspetti relativi ai fattori umani, alla diversità delle professionalità coinvolte
fortemente complementari tra loro, all’elevato numero di operatori, alla presenza di impianti e
di tecnologie da cui dipende la sopravvivenza del paziente, alla mole di informazioni
necessarie, alle gravi conseguenza di una seppur minima distrazione o dimenticanza di uno
qualunque dei componenti del team presente rendono conto del fatto che, a ragione, la sala
operatoria venga considerata una organizzazione complessa ad alta affidabilità ed uno dei
luoghi più pericolosi dell’ospedale, dove quindi maggiore è il fabbisogno della presenza di una
solida, rigorosa e diffusa cultura della sicurezza.
Occorre tuttavia notare come, benché la sala operatoria rappresenti una organizzazione
universale, al pari di altri come aeroporti, centrali nucleari, navi porta-aerei,… a differenza di
questi, e nonostante la presenza di modelli teorici rappresentati da una grande quantità di
standard, norme e buone pratiche, la sala operatoria costituisce ancora oggi, in tante realtà, una
organizzazione “flessibile”, talora anche in nome della produttività, che si adatta troppo
facilmente alle consuetudini degli operatori, alle carenze tecnologiche e di personale ed in
generale a tutte quelle condizioni governate da scelte discrezionali e da violazioni di regole la
cui osservanza è riconosciuta essere fondamentale per garantire l’erogazione di una prestazione
sicura.
La contestualizzazione alla nostra Azienda delle buone pratiche raccomandate dalla letteratura,
la loro condivisione, formalizzazione documentale e divulgazione non rappresentano quindi la
soluzione al problema della sicurezza del paziente in sala operatoria se non inserite all’interno
di un sistema che promuova e diffonda gli elementi che caratterizzano la cosiddetta cultura
della sicurezza, come accade nelle altre organizzazioni complesse ad alta affidabilità.
Promuovere e diffondere la cultura della sicurezza in sala operatoria consiste nella
consapevolezza della pericolosità e dei rischi delle attività che si svolgono, del ruolo svolto
dagli operatori nella prevenzione di tali rischi, nella diffusione di tale consapevolezza anche ad
operatori apparentemente distanti dal processo chirurgico, ma la cui attività influenza l’esito
(direzione aziendale e sanitaria, farmacia, settore tecnico, provveditorato,…), dal rigoroso ed
inflessibile rispetto delle buone pratiche cliniche ed organizzative dei processi di sala
operatoria.
I documenti del Sistema di Gestione per la Qualità sono stati elaborati cercando di tenere conto dei punti
vista di tutte le parti interessate e di conciliare ogni aspetto controverso, per rappresentare il reale stato
dell’arte della materia ed il necessario grado di consenso.
Chiunque ritenesse, a seguito dell’applicazione della presente procedura, di poter fornire suggerimenti per
il suo miglioramento o per un suo adeguamento allo stato dell’arte in evoluzione è pregato di inviare i
propri contributi all’U.O. per la Qualità all’indirizzo [email protected], che li terrà in
considerazione per l’eventuale revisione della stessa.
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SOMMARIO
1.
SCOPO ............................................................................................... 13
2.
CAMPO DI APPLICAZIONE ....................................................................... 13
3.
RIFERIMENTI ....................................................................................... 13
4.
TERMINI E DEFINIZIONI .......................................................................... 14
5.
DESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ ................................................................. 15
SEZIONE A: processi di supporto
5.1
GESTIONE DEGLI IMPIANTI ...................................................................... 15
5.1.1
Impianto elettrico ................................................................................. 15
5.1.2
Impianto di erogazione di gas medicali, del vuoto e di evacuazione degli agenti
anestetici ........................................................................................... 17
5.1.3
Impianto di ventilazione e condizionamento ................................................. 18
5.1.3.1
Verifiche in fase di installazione ............................................................... 19
5.3.1.2
Verifiche a seguito di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria ed a
rottura ............................................................................................. 20
5.3.1.3
Verifiche in fase di controllo periodico ....................................................... 20
5.2
GESTIONE DELLE REGISTRAZIONI DELLE MANUTENZIONI PREVENTIVA E
CORRETTIVA DELLE APPARECCHIATURE SANITARIE--- .................................... 25
5.2.1
Gestione dell’inventario ......................................................................... 25
5.2.2
Compilazione della scheda apparecchiatura ................................................. 25
5.2.3
Manutenzione preventiva e correttiva ........................................................ 25
5.2.4
Eventi avversi da dispositivi medici ............................................................ 26
5.3
GESTIONE DEI DISPOSITIVI DI MONITORAGGIO E DI MISURAZIONE ...................... 28
5.3.1
Identificazione dei dispositivi e delle apparecchiature per i quali è necessario
assicurare risultati validi......................................................................... 28
5.3.2
Intervalli di taratura o di verifica dei risultati ............................................... 28
5.3.3
Criteri adottati per la taratura o la verifica dei risultati .................................. 28
5.3.4
Modalità di regolazione .......................................................................... 28
5.3.5
Modalità di identificazione delle apparecchiature per consentire di conoscere lo
stato di taratura ................................................................................... 28
5.3.6
Modalità che garantiscano la sicurezza contro regolazioni che potrebbero invalidare i
risultati 28
5.3.7
Modalità di protezione da danneggiamenti e deterioramenti durante la
movimentazione ................................................................................... 28
5.4
GESTIONE DEI DELL’ELETTROBISTURI-- ...................................................... 29
5.4.1
I pericoli derivanti da modifica degli accessori .............................................. 29
5.4.2
Le ustioni ........................................................................................... 29
5.4.2.1
Le ustioni causate da inadeguatezza dell’elettrodo neutro .............................. 29
5.4.2.2
Le ustioni causate da elettrodi e cavi ......................................................... 29
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5.4.2.3
Le ustioni causate da apparecchiature endoscopiche ...................................... 30
5.4.2.4
Le ustioni causate da utilizzo simultaneo di più elettrodi ............................... 30
5.4.2.5
Le ustioni causate da cateteri .................................................................. 30
5.4.2.6
Le ustioni causate da utilizzo improprio ..................................................... 30
5.4.3
L’elettrocuzione ................................................................................... 30
5.4.4
Incendi ed esplosioni ............................................................................. 30
5.4.5
Interferenze elettromagnetiche ................................................................ 30
5.4.6
I pericoli in procedure non tradizionali ....................................................... 30
5.4.7
Precauzioni prima dell’utilizzo dell’elettrobisturi .......................................... 31
5.4.8
Preparazione del paziente prima dell’applicazione dell’elettrodo neutro ............. 31
5.4.9
Applicazione di elettrodi, cavi e connettori ................................................. 31
5.4.9.1
Selezione e preparazione del sito di applicazione dell’elettrodo neutro .............. 31
5.4.9.2
Applicazione dell’elettrodo neutro ............................................................ 32
5.4.9.3
Applicazione di cavi e conduttori .............................................................. 32
5.4.9.4
Rimozione dell’elettrodo neutro............................................................... 33
5.4.10
Pazienti con protesi impiantate ................................................................ 33
5.4.11
Uso contemporaneo di due elettrobisturi ..................................................... 34
5.4.12
Precauzioni per l’uso ............................................................................. 34
5.4.12.1
Prima di iniziare l’intervento .................................................................. 34
5.4.12.2
Nel corso dell’intervento ........................................................................ 35
5.4.13
Manutenzione dopo l’uso ........................................................................ 35
5.4.13.1
Manutenzione preventiva ........................................................................ 35
5.4.13.1.1
Primo livello ....................................................................................... 36
5.4.13.1.2
Secondo livello .................................................................................... 36
5.5
CHECK DEGLI IMPIANTI E DELLE APPARECCHIATURE ..................................... 36
5.5.1
Verifica innesto raccordi ......................................................................... 36
5.5.2
Verifica laringoscopio ............................................................................ 36
5.5.3
Verifica elettrobisturi ............................................................................ 36
5.5.4
Verifica letto operatorio ......................................................................... 36
5.5.5
Verifica scialitica .................................................................................. 36
5.5.6
Verifica defibrillatore ............................................................................ 37
5.6
GESTIONE DELLA SANIFICAZIONE ............................................................. 39
5.6.1
Sanificazione ordinaria giornaliera ............................................................. 39
5.6.1.1
Sanificazione prima della seduta operatoria ................................................ 39
5.6.1.1.1
Lampada scialitica ................................................................................ 39
5.6.1.1.2
Letto operatorio .................................................................................. 39
5.6.1.1.3
Pareti, superfici e pavimenti ................................................................... 40
5.6.1.1.4
Arredi
............................................................................................. 40
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5.6.1.1.5
Apparecchiature ................................................................................... 40
5.6.1.2
Sanificazione tra un intervento chirurgico e l’altro ........................................ 41
5.6.1.3
Sanificazione alla fine della seduta operatoria ............................................. 41
5.6.2
Sanificazione straordinaria settimanale....................................................... 42
5.7
STERILIZZAZIONE A VAPORE SATURO--------------------- .......................................... 45
5.7.1
Raccolta, decontaminazione, lavaggio, risciacquo, asciugatura, controllo,
manutenzione, selezione e confezionamento dello strumentario chirurgico e dei
dispositivi medici .................................................................................. 46
5.7.1.1
Decontaminazione ................................................................................ 47
5.7.1.2
Decontaminazione automatica ................................................................. 47
5.7.1.3
Decontaminazione manuale ..................................................................... 47
5.7.1.4
Lavaggio/detersione .............................................................................. 48
5.7.1.4.1
Lavaggio automatico ............................................................................. 48
5.7.1.4.2
Lavaggio manuale ................................................................................. 49
5.7.1.5
Risciacquo .......................................................................................... 50
5.7.1.6
Asciugatura ......................................................................................... 50
5.7.1.7
Controllo selezione e manutenzione .......................................................... 50
5.7.1.8
Confezionamento ................................................................................. 51
5.7.1.8.1
Modalità per il confezionamento dei dispositivi medici ................................... 52
5.7.1.8.2
Confezionamento con buste di carta, laminato plastico, TYVEK ......................... 53
5.7.1.8.3
Confezionamento dei container ................................................................ 53
5.7.1.8.4
Allestimento ....................................................................................... 55
5.7.1.8.4.1
Modalità di allestimento ........................................................................ 55
5.7.1.8.4.2
Allestimento della griglia chirurgica .......................................................... 55
5.7.1.9
Dispositivi di protezione individuale .......................................................... 56
5.7.2
Sterilizzazione a vapore saturo ................................................................. 57
5.7.2.1
Pulizia interna della camera di sterilizzazione ............................................. 58
5.7.2.2
Sistemi di verifica a ogni ciclo di sterilizzazione ........................................... 58
5.7.2.3
Accensione e verifica del pre-riscaldamento ................................................ 58
5.7.2.4
Prova di tenuta della camera (vuoto test) ................................................... 58
5.7.2.5
Prova di penetrazione del vapore (simulatore test di bowie–dick con sistema “gke") 58
5.7.2.6
Caricamento dell’autoclave ..................................................................... 58
5.7.2.7
Ciclo di sterilizzazione ........................................................................... 59
5.7.2.8
Scarico del materiale sterilizzato a vapore. ................................................. 59
5.7.2.9
Trasporto e stoccaggio ........................................................................... 60
5.7.2.10
Sterilizzazione inefficace ....................................................................... 61
5.7.2.11
Utilizzo del materiale sterile ................................................................... 61
5.7.2.12
Tracciabilità del prodotto ....................................................................... 61
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5.7.2.13
Il controllo biologico .............................................................................. 61
5.7.2.14
Sistemi di verifiche e controlli .................................................................. 62
SEZIONE B: percorso assistenziale
5.8
ACQUISIZIONE DEL CONSENSO INFORMATO ................................................. 63
5.8.1
Le attività per le quali è richiesto il consenso informato scritto ......................... 64
5.8.2
Quando e come deve essere fornita l’informazione ........................................ 66
5.8.3
Chi deve acquisire il consenso informato scritto ............................................ 66
5.8.4
Chi può esprimere il consenso informato ..................................................... 67
5.8.5
Come acquisire il consenso informato ......................................................... 67
5.8.6
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore ............................... 67
5.8.6.1
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore se un genitore è assente
per lontananza oppure è impedito o dichiarato incapace di esercitare la potestà per
l'atto sanitario ..................................................................................... 68
5.8.6.2
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore in caso di disaccordo tra i
genitori ............................................................................................. 68
5.8.6.3
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore in caso di opposizione di
entrambi i genitori ............................................................................... 68
5.8.6.4
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore in caso di affidamento in
comunità o in istituto penale ................................................................... 68
5.8.6.5
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore senza tutela .............. 68
5.8.6.6
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore con tutore ................ 68
5.8.7
Come acquisire il consenso informato nel paziente interdetto o con amministratore
di sostegno ......................................................................................... 68
5.8.8
Come acquisire il consenso informato nel paziente incapace............................. 69
5.8.9
Quando è possibile eseguire un trattamento sanitario contro la volontà del paziente69
5.8.10
Come ci si deve comportare in caso di dissenso in persone maggiorenni e capaci .... 69
5.8.11
Cosa si intende per stato di necessità ......................................................... 70
5.8.12
Come ci si deve comportare in stato di necessità nella acquisizione del consenso
informato ........................................................................................... 70
5.8.13
Il modello di consenso informato ............................................................... 70
5.8.14
Dove deve essere archiviato il consenso informato ......................................... 71
5.9
MARCATURA DEL SITO CHIRURGICO .......................................................... 72
5.9.1
Quando deve essere marcato il sito chirurgico .............................................. 72
5.9.2
Quando non deve essere marcato il sito chirurgico ......................................... 72
5.9.3
Come deve essere marcato il sito chirurgico ................................................. 72
5.9.4
Chi deve marcare il sito chirurgico ............................................................ 72
5.9.5
Chi deve verificare la marcatura del sito chirurgico ........................................ 72
5.10
MISURE PREOPRATORIE GENERALI ............................................................ 72
5.10.1
Valutazione medica ............................................................................... 72
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5.10.2
Controllo e gestione del rischio emorragico .................................................. 73
5.10.3
Profilassi del tromboembolismo venoso ....................................................... 73
5.10.4
la doccia preoperatoria .......................................................................... 73
5.10.5
detersione del cavo orale ........................................................................ 73
5.10.6
rimozione dello smalto dalle unghie ........................................................... 73
5.10.7
tricotomia .......................................................................................... 74
5.10.8
Gli effetti personali ............................................................................... 74
5.10.9
Profilassi antibiotica .............................................................................. 75
5.10.9.1
i fattori di rischio nelle infezioni del sito chirurgico e come condizionano la scelta
di adottare una profilassi antibiotica ......................................................... 75
5.10.9.1.1
La classe di intervento ........................................................................... 76
5.10.9.1.2
L’impianto di materiale protesico ............................................................. 76
5.10.9.1.3
La durata della degenza prima dell’intervento .............................................. 76
5.10.9.1.4
La durata dell’intervento ........................................................................ 77
5.10.9.1.5
Le malattie concomitanti ........................................................................ 77
5.10.9.1.6
La probabilità di infezione del sito chirurgico ............................................... 77
5.10.9.2
La scelta dell’antibiotico ........................................................................ 78
5.10.9.2.1
Batteri responsabili della contaminazione del campo operatorio ........................ 78
5.10.9.2.2
Multiresistenze .................................................................................... 79
5.10.9.2.3
Sede dell’intervento e caratteristiche farmacocinetiche dell’antibiotico .............. 80
5.10.9.2.4
Allergia ai betalattamici ......................................................................... 80
5.10.9.2.5
Tossicità intrinseca del farmaco e sue possibili interazioni ............................... 80
5.10.9.2.6
Efficacia dimostrata ed effetti sull’ecosistema ............................................. 80
5.10.9.2.7
Costo
5.10.9.3
Scelta della dose .................................................................................. 82
5.10.9.4
Via di somministrazione ......................................................................... 82
5.10.9.4.1
Somministrazione topica ......................................................................... 83
5.10.9.4.2
Drenaggio trans-timpanico ...................................................................... 83
5.10.9.4.3
Protesi articolari .................................................................................. 84
5.10.9.4.4
Intervento di cataratta ........................................................................... 84
5.10.9.4.5
Lesioni oculari penetranti ....................................................................... 84
5.10.9.4.6
Shunt Ventricolo-peritoneale ................................................................... 84
5.10.9.4.7
Impregnazione dei dispositivi in neurochirurgia ............................................. 84
5.10.9.4.8
Impregnazione del catetere venoso centrale ................................................ 84
5.10.9.5
I tempi della somministrazione ................................................................ 85
5.10.9.5.1
Parto cesareo ...................................................................................... 86
5.10.9.5.2
Chirurgia con applicazione di tourniquet ..................................................... 86
5.10.9.6
Dosi addizionali nel corso dell’intervento ................................................... 86
............................................................................................. 82
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5.10.9.6.1
Durata dell’intervento ........................................................................... 86
5.10.9.6.2
Perdite ematiche e reintegrazione di liquidi ................................................. 88
5.10.9.7
Durata della profilassi ........................................................................... 88
5.10.10
Compiti del medico di reparto .................................................................. 90
5.10.11
Compiti dell’infermiere di reparto ............................................................. 90
5.10.12
Compiti dell’infermiere di sala operatoria ................................................... 91
5.10.13
Compiti dell’anestesista ......................................................................... 91
5.11
GESTIONE DEL PROGRAMMA OPERATORIO .................................................. 92
5.12
PREPARAZIONE ED INVIO DEL PAZIENTE IN SALA OPERATORIA ......................... 92
5.13
ACCOGLIENZA DEL PAZIENTE .................................................................. 92
5.14
SIGN IN ............................................................................................. 93
5.15
POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE SUL LETTO OPERATORIO ............................. 93
5.15.1
Le responsabilità nel corretto posizionamento del paziente sul letto operatorio ..... 94
5.15.1.1
1° operatore ....................................................................................... 94
5.15.1.2
Anestesista ......................................................................................... 94
5.15.1.3
Infermiere di sala operatoria ................................................................... 94
5.15.2
La valutazione del rischio e le misure generali per il corretto posizionamento del
paziente sul letto operatorio ................................................................... 94
5.15.2.1
I pericoli nel posizionamento del paziente sul letto operatorio ......................... 94
5.15.2.1.1
Le lesioni neurologiche .......................................................................... 95
5.15.2.1.1.1
La compressione del nervo sopraorbitale .................................................... 95
5.15.2.1.1.2
La compressione del nervo facciale ........................................................... 95
5.15.2.1.1.3
La compressione e lo stiramento del plesso brachiale ..................................... 95
5.15.2.1.1.4
La compressione del nervo ulnare ............................................................. 96
5.15.2.1.1.5
La compressione del nervo radiale ............................................................ 96
5.15.2.1.1.6
Lo stiramento del nervo ischiatico ............................................................ 97
5.15.2.1.1.7
La compressione del nervo peroneo comune ................................................. 97
5.15.2.1.1.8
Lo stiramento del nervo femorale ............................................................. 98
5.15.2.1.1.9
Lo stiramento del nervo femoro-cutaneo .................................................... 98
5.15.2.1.1.10
La compressione del nervo safeno ............................................................. 98
5.15.2.1.2
Le lesioni oculari .................................................................................. 99
5.15.2.1.3
Le lesioni muscolo-scheletriche ................................................................ 99
5.15.2.1.4
Le lesioni cutanee................................................................................. 99
5.15.2.1.5
Alterazioni cardio-respiratorie ................................................................ 100
5.15.3
La valutazione del rischio ...................................................................... 100
5.15.4
Le misure generali ............................................................................... 101
5.15.5
La posizione supina .............................................................................. 102
5.15.5.1
La protezione dei punti di compressione della posizione supina ....................... 103
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5.15.5.2
Il posizionamento delle braccia nella posizione supina ................................... 103
5.15.5.3
Il posizionamento delle gambe e del tronco nella posizione supina ................... 103
5.15.6
La posizione declive di Trendelenburg ....................................................... 104
5.15.6.1
La protezione dei punti di compressione nella posizione declive ....................... 104
5.15.6.2
Il posizionamento delle braccia nella posizione declive .................................. 105
5.15.6.3
Il posizionamento delle gambe ed il tronco nella posizione declive ................... 105
5.15.7
La posizione antideclive ........................................................................ 105
5.15.7.1
I potenziali effetti della posizione antideclive ............................................ 105
5.15.7.2
La protezione dei punti di compressione della posizione antideclive.................. 106
5.15.7.3
Come devono essere posizionate le braccia nella posizione antideclive .............. 106
5.15.7.4
Il posizionamento delle gambe ed il tronco nella posizione antideclive .............. 106
5.15.8
La posizione seduta .............................................................................. 106
5.15.8.1
I potenziali rischi della posizione seduta .................................................... 106
5.15.9
La posizione prona ............................................................................... 107
5.15.9.1
I potenziali rischi della posizione prona ..................................................... 107
5.15.9.2
La protezione dei punti di compressione della posizione prona ........................ 110
5.15.9.3
Il posizionamento del paziente nella posizione prona .................................... 110
5.15.9.4
La gestione del paziente nella posizione prona ............................................ 110
5.15.10
La posizione litotomica ......................................................................... 110
5.15.10.1
I potenziali rischi della posizione litotomica ............................................... 111
5.15.10.2
Il posizionamento delle gambe nella posizione litotomica ............................... 111
5.15.10.3
Il posizionamento delle braccia nella posizione litotomica .............................. 112
5.15.11
La posizione laterale ............................................................................ 112
5.15.11.1
I punti di compressione della posizione laterale ........................................... 112
5.15.11.2
I potenziali rischi della posizione laterale .................................................. 113
5.15.11.3
La protezione dei punti di compressione della posizione laterale ..................... 113
5.15.11.4
Il posizionamento del capo, del collo e del tronco nella posizione laterale ......... 113
5.15.11.5
Il posizionamento delle spalle e degli arti superiori nella posizione laterale ....... 113
5.15.11.6
Il posizionamento degli arti inferiori nella posizione laterale .......................... 113
5.16
PREPARAZIONE DELL’EQUIPE E COMPORTAMENTO DEL PERSONALE DURANTE
L’INTERVENTO CHIRURGICO................................................................... 113
5.16.1
Lavaggio pre-operatorio ........................................................................ 113
5.16.2
Vestizione sterile ................................................................................. 114
5.16.3
Guanti ............................................................................................ 114
5.17
TIME OUT .......................................................................................... 114
5.18
CONTA FINALE DELLE GARZE, DEGLI AGHI E DEI FERRI ................................. 115
5.18.1
Identificazione del materiale che deve essere sottoposto a conteggio sistematico . 115
5.18.2
Identificazione dei fattori di rischio .......................................................... 115
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5.18.3
Timing del conteggio dei materiali chirurgici ............................................... 115
5.18.4
Modalità del conteggio dei materiali chirurgici ............................................. 116
5.18.5
Modalità di gestione delle discordanze....................................................... 116
5.18.6
Registrazione del conteggio del materiale chirurgico ..................................... 116
5.19
SIGN OUT .......................................................................................... 116
5.20
DIMISSIONE DEL PAZIENTE DALLA SALA OPERATORIA ................................... 117
5.21
ARRIVO DEL PAZIENTE AL REPARTO ......................................................... 117
5.22
REGISTRAZIONE DELL’INTERVENTO CHIRURGICO ......................................... 118
5.22.1
Redazione del verbale operatorio di un intervento chirurgico con più equipe ....... 118
5.22.1.1
Intervento chirurgico con equipe di supporto ............................................... 118
5.22.1.2
Intervento chirurgico eseguito congiuntamente da due equipe ......................... 118
5.22.1.3
Intervento chirurgico eseguito in sequenza da due equipe ............................... 119
5.22.2
Gestione delle correzioni ....................................................................... 119
5.23
INVIO DEL PEZZO IN ANATOMIA PATOLOGICA ............................................. 119
5.23.1
Compilazione della richiesta ................................................................... 119
5.23.1.1
Identificazione del paziente ................................................................... 119
5.23.1.2
Identificazione del mittente ................................................................... 119
5.23.1.3
Identificazione del materiale .................................................................. 119
5.23.1.4
Dati clinici ......................................................................................... 119
5.23.1.5
Identificazione dei campioni inviati .......................................................... 120
5.23.1.6
Modalità di invio del materiale ................................................................ 120
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1.
SCOPO
Scopo della presente procedura è definire le modalità operative delle attività che si svolgono in
sala operatoria al fine di garantire il massimo della sicurezza possibile ai pazienti ed agli
operatori afferenti ai complessi operatori dei Presidi Ospedalieri dell’Azienda Ospedaliera
Universitaria Policlinico Vittorio Emanuele.
2.
CAMPO DI APPLICAZIONE
La presente procedura si applica ai pazienti che afferiscono ai complessi operatori ed alle
UU.OO. che svolgono attività chirurgica dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico
Vittorio Emanuele.
3.
RIFERIMENTI
D.Lgs 81/2008 “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”
Circolare 27 Marzo 2002, N.1047, ASS.TO SANITÀ REG. SICILIA “Lotta contro le
infezioni ospedaliere, elementi oggetto di valutazione per la verifica del raggiungimento degli
obiettivi” - Pubblicata su G.U.R.S. n.18 del 20.04.2001.
DM 7 Luglio 1997, N. 274 - Adozione del Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della
Legge 25 gennaio 1994, n.82 su “Disciplina delle attività di pulizia, disinfezione,
disinfestazione, derattizzazione e sanificazione” -- Pubblicato su G.U.R.I. n.188 del 13.08.1997.
D.P.R. 14 gennaio 1997 ”Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e
alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed
organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e
private”
D.A. 890/2002 ”Direttive per l'accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie nella
Regione siciliana”
D.A. 12 agosto 2011 “Approvazione dei nuovi standard Joint Commission International per la
gestione del rischio clinico” GURS n° 39 del 16 settembre 2011
D.M. 2 aprile 2015 ”Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali,
tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”
ISPESL ”linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei
reparti operatori”
Ministero dei Beni Culturali: "Prontuario di selezione per gli archivi delle aziende sanitarie
Locali e delle Aziende Ospedaliere".
Regolamento aziendale: ”La conservazione e lo scarto dei documenti di archivio”
Norma UNI EN ISO 9000:2005 “Sistemi di gestione per la qualità - Fondamenti e
terminologia"
Norma UNI EN ISO 9001:2008 ”Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti”.
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4.
TERMINI E DEFINIZIONI
D.A.
Decreto Assessoriale
D.P.R,
Decreto Presidente della Repubblica
SGQ
Sistema di gestione per la qualità
Dir
Direttore Unità Operativa/Responsabile di settore
Accreditamento
Processo formale attraverso il quale un ente o un organismo valuta, riconosce ed attesta che un servizio o
un’istituzione corrispondano a standard predefiniti
Accreditamento
istituzionale
Riconoscimento pubblico del possesso dei requisiti previsti dagli standard nazionali/regionali per i
potenziali erogatori di prestazioni sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale/regionale
Allegato
Documento accluso ad manuale, ad una procedura o ad una istruzione operativa.
Approvazione
Autorizzazione all’applicazione del documento e definizione della data di entrata in vigore; prevede la
valutazione dell’adeguatezza dei contenuti tecnico-operativi dei documenti e della conformità degli stessi
alla normativa cogente.
Archiviazione di un
documento
Conservazione codificata del documento.
Attività
Insieme di operazioni organizzate e finalizzate.
Documento
Informazioni con il loro mezzo di supporto
Modulo
Documento di registrazione/catalogazione/trasmissione dati
Procedura
Modo specificato per svolgere un processo
Procedura Generale
Procedura con applicazione tra due o più Servizi/Unità Operative costituenti il Sistema di Gestione per la
Qualità.
Procedura Generale
Sanitaria (PGS)
Procedura generale con campo di applicazione limitato all’area sanitaria.
Procedura Operativa
(PO)
Procedura con applicazione a livello di Servizio/Unità Operativa.
Processo
Insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi in entrata in elementi in uscita.
Qualità
grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti
Requisito
esigenza o aspettativa che può essere espressa, generalmente implicita o cogente
Verifica
(di un documento)
valutazione della congruità e conformità del documento rispetto alla norma UNI-EN-ISO 9001 ed alla
procedura PQ4-01 “Gestione della documentazione e delle registrazioni del sistema di gestione per la
qualità”.
Per i termini e le definizioni utilizzati in questo processo ci si riferisce al glossario del Manuale
della Qualità e alla Norma UNI EN ISO 9000:2005 e al Glossario del Ministero della Salute.
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5.
DESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ
5.1
GESTIONE DEGLI IMPIANTI
5.1.1
Impianto elettrico1
I requisiti di sicurezza degli impianti elettrici nei locali adibiti ad uso medico sono definiti nella
sezione 710 della norma CEI 64-8, nella legge 46/90 e nei decreti ministeriali attuativi.
La norma classifica i locali ad uso medico in tre gruppi:
 locali di gruppo 0
 locali di gruppo 1
 locali di gruppo 2
I locali di gruppo 0 sono locali ad uso medico nei quali non si utilizzano apparecchi
elettromedicali con parti applicate.
Una parte applicata è una parte dell’apparecchio che nell’uso normale:
 viene necessariamente in contatto fisico con il paziente perché l’apparecchio possa svolgere
la sua funzione; oppure
 può essere portata a contatto con il paziente; oppure
 necessita di essere toccata dal paziente.
I locali di gruppo 1 sono locali ad uso medico nei quali si fa uso di apparecchi con parti
applicate destinate ad essere utilizzate esternamente o anche invasivamente entro qualsiasi
parte del corpo, esclusa la zona cardiaca.
I locali di gruppo 2 sono locali ad uso medico con pericolo di microshock dove sono utilizzate
apparecchiature con parti applicate destinate ad essere utilizzate in operazioni chirurgiche, o
interventi intracardiaci, oppure dove le funzioni vitali del paziente possono essere
compromesse dalla mancanza dell'alimentazione elettrica.
Locali di gruppo 2 sono:
 i reparti operatori (sale operatorie, preoperatorie, recovery room, lavaggio chirurghi,
sterilizzazione) e gli ambulatori chirurgici;
 i locali dove si praticano anestesie generali;
 i locali per il monitoraggio o e le sale di degenza di terapia intensiva nelle quali i pazienti
sono sottoposti a monitoriaggio ed eventualmente a procedure di supporto delle funzioni
vitali attraverso apparecchiature elettromedicali;
 la sala parto;
 i locali per cateterismo cardiaco;
 i locale per esami angiografici o emodinamici.
In questi locali, poi, viene individuata una particolare zona, definita "zona paziente", che
delimita il volume all'interno del quale il paziente può venire a contatto con masse o masse
estranee pericolose.
Sono da considerare interne alla zona paziente le masse e le masse estranee che si trovano in
verticale ad una quota inferiore a 2,5 m dal pavimento (fig. 1) o, in orizzontale, ad una distanza
inferiore a 1,5 m dal paziente considerando anche le eventuali diverse posizioni che il paziente,
quando può entrare in contatto con apparecchi elettromedicali, potrebbe assumere se fosse
spostato dal posto originario.
1
Norma CEI 64-8
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Di fatto, nelle sale operatorie la posizione del paziente non è mai ben definita e stabile nel
tempo, sia per i cambiamenti del posizionamento del paziente medesimo, sia per gli
spostamenti degli apparecchi elettromedicali.
Pertanto, nei reparti operatori la zona paziente è estesa a tutto il locale.
Presso ogni reparto operatorio devono essere disponibili:
 gli schemi e le planimetrie aggiornati degli impianti, in particolare dei nodi equipotenziali;
 il registro degli interventi di manutenzione che comprenda le verifiche periodiche previste
dalla norma CEI e i risultati di eventuali altre verifiche e di interventi di manutenzione
preventiva, eseguiti secondo un programma stabilito in base ad una adeguata analisi dei
rischi;
 la documentazione relativa alle caratteristiche delle sorgenti e dei circuiti di sicurezza e
riserva;
 il piano dettagliato delle azioni da intraprendere in caso di emergenza elettrica e
tecnologica;
 le istruzioni per l’esercizio della manutenzione degli impianti.
Gli Operatori addetti effettuano le seguenti verifiche:
 verifica del dispositivo automatico di allarme e di sicurezza per il controllo permanente
della resistenza di isolamento nella separazione elettrica tramite trasformatore di
isolamento;
 misura del valore della corrente di primo guasto del circuito secondario del trasformatore di
isolamento;
 verifica dell'egualizzazione del potenziale;
 verifica della corretta installazione e funzionamento delle apparecchiature per
l'alimentazione di sicurezza.
Gli Operatori addetti effettuano le seguenti verifiche con la seguente periodicità:
 funzionamento dei dispositivi di allarme e sicurezza (mensile);
 al nodo equipotenziale dello schermo di separazione degli avvolgimenti del trasformatore
d'isolamento (semestrale);
 funzionamento degli interruttori differenziali (semestrale o di periodo temporale inferiore
secondo le indicazioni del costruttore);
 funzionamento dell'impianto di emergenza (annuale o di periodo temporale minore secondo
le indicazioni del costruttore);
 efficienza dell'impianto di terra (biennale);
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 egualizzazione del potenziale (biennale);
 resistenza di isolamento (biennale).
5.1.2
Impianto di erogazione di gas medicali, del vuoto e di evacuazione degli agenti
anestetici2
Le verifiche da effettuare, ove applicabili, devono essere le seguenti:
 verifica della centrale di alimentazione d’aria con compressore/i,
 verifica delle centrali di alimentazione ad aria compressa per i sistemi di evacuazione gas
anestetici,
 verifica della centrale di alimentazione d’aria con miscelatore/i,
 verifica della centrale di alimentazione per vuoto,
 verifica delle centrali di alimentazione con bombole,
 verifica delle centrali di alimentazione con contenitori criogenici,
 verifica della pressione o del grado di vuoto nelle reti primarie e secondarie,
 controllo del sistema di indicazione per i generatori,
 verifica dei pannelli di allarme,
 verifica dei sistemi di monitoraggio e allarme,
 verifica dei punti di alimentazione per emergenza e manutenzione,
 verifica del funzionamento delle sorgenti di alimentazione di riserva e di emergenza,
 verifica delle tubazioni, dei supporti e dell’etichettatura,
 verifica di tenuta delle tubazioni e dei componenti dell’impianto,
 verifica dei riduttori di linea,
 verifica delle valvole di intercettazione,
 verifica delle unità terminali,
 verifica della qualità dei gas medicali,
 verifica che le pressioni di distribuzione di ogni impianto siano conformi al progetto e
compatibili con le apparecchiature di utilizzo,
 verifica del contenuto degli stoccaggi delle sorgenti primarie e secondarie,
 verifica del contenuto degli stoccaggi delle sorgenti primarie e secondarie di aria compressa
per i sistemi di evacuazione gas anestetici,
 verifica del contenuto degli stoccaggi delle sorgenti di riserva,
 verifica dei generatori alimentati ad aria compressa (eiettori di evacuazione),
 verifica dei generatori con ventilatori, soffianti o pompe del vuoto dedicate,
 controllo dell’uscita del sistema di scarico per l’evacuazione dei gas anestetici.
La periodicità delle verifiche da effettuare, se non diversamente specificato dal fabbricante di
ogni singolo componente, non deve essere inferiore a quanto di seguito indicato:
 semestrale:
-
2
Centrale dell’aria con compressore/i (per produzione di Aria Medicinale o Aria per
strumentazioni Chirurgiche e per sistemi di evacuazione gas anestetici),
ISPESL ”linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatori”
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-
Centrale dell’aria con miscelatore/i,
-
Centrale per vuoto,
-
Centrale con bombole
-
Centrale con contenitore/i criogenico/i
-
Pannelli di allarme
-
Sistemi di monitoraggio e allarme
-
Riduttori di linea
-
Valvole di intercettazione
-
Unità terminali
-
Ventilatori, soffianti o pompe del vuoto dedicate
-
Qualità dei gas medicali (Dopo il primo biennio, se gli esiti dei controlli del biennio
precedente sono stati favorevoli, la frequenza verrà aumentata e si effettueranno prima
con cadenza annuale poi ogni 18 mesi. Ulteriori modiche della frequenza saranno
valutate in seguito, sulla base degli esiti dei controlli)
 trimestrale:
-
Pressione o grado di vuoto nelle reti primarie e secondarie
-
Sistemi di indicazione per i generatori
-
Punti di alimentazione per emergenza e manutenzione
-
Funzionamento delle sorgenti di alimentazione di riserva e di emergenza
-
Eiettori evacuazione
 quotidiana:
-
Contenuto degli stoccaggi delle sorgenti primarie e secondarie
-
Contenuto degli stoccaggi delle sorgenti di riserva
-
Pressione nei contenitori criogenici
-
Pressione nella centralina dei gas medicali ( il manometro di uscita deve indicare 4-4,5
bar)
 secondo necessità, in occasione di interventi di modifica o riparazione o in caso di
modifiche di utilizzo:
-
5.1.3
Pressioni di distribuzione.
Impianto di ventilazione e condizionamento3
L’impianto di ventilazione e condizionamento a contaminazione controllata del reparto ha le
seguenti funzioni:
a) mantenere condizioni termoigrometriche idonee allo svolgimento delle attività previste,
conciliando le esigenze di benessere del personale con quelle primarie dell’utente;
b) fornire una aerazione agli ambienti idonea a mantenere le concentrazioni ambientali di
agenti anestetici, e/o di altri inquinanti gassosi, al di sotto dei limiti prefissati; la presenza di
un impianto VCCC non elimina, in ogni caso, la necessità di un sistema di evacuazione
degli agenti anestetici e il corretto uso e manutenzione del sistema di anestesia;
c) contenere la concentrazione del particolato e della carica microbica aeroportata, in modo
tale da non recare danno alla salute dei soggetti presenti nell’ambiente della sala operatoria;
d) mantenere determinati gradienti di pressione tra i vari ambienti costituenti il Reparto
3
ISPESL ”linee guida per la definizione degli standard di sicurezza e di igiene ambientale dei reparti operatori”
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Operatorio.
L'impianto VCCC dovrà essere corredato della seguente documentazione:
 manuali di gestione e manutenzione delle apparecchiature;
 procedure di pulizia degli apparati installati e dell’intera installazione con indicazione dei
prodotti chimicamente compatibili;
 procedure di messa in marcia, taratura e disattivazione;
 procedura programmata di gestione dell’intera installazione per verificare la funzionalità
degli impianti ed il perdurare delle condizioni ambientali ritenute accettabili, completa
dell’elenco dei parametri critici di controllo con i relativi valori di riferimento e di
variazione tollerabili;
 procedura programmata di manutenzione dell’intera installazione che assicuri nel tempo la
funzionalità degli impianti ai valori nominali di accettazione;
 procedure da attuare in condizioni di emergenza;
 risultati delle prove effettuate sui materiali e sistemi durante l’installazione, completi delle
modalità di prova;
 risultati delle prove effettuate durante la messa in marcia ed il collaudo, completi delle
modalità di prova;
 risultati delle prove di certificazione dei parametri funzionali effettuati in condizioni di
riposo e operative.
La verifica dei requisiti prestazionali dovrà essere effettuata considerando almeno tre momenti
della vita operativa dell’impianto:

installazione,
 controllo periodico,
 interventi di manutenzione.
5.1.3.1.1
Verifiche in fase di installazione
Dovrà essere disponibile la documentazione tecnica di conformità dell’impianto ai requisiti del
capitolato d’appalto e di rispondenza alle normative legislative cogenti ed alle norme tecniche
vigenti.
Dovrà essere effettuata una verifica ispettiva della corrispondenza dell’impianto a quanto
dichiarato nel progetto esecutivo.
Dovranno essere effettuate verifiche prestazionali dei requisiti minimi impiantistici dichiarati
nel progetto quali:
 portata d’aria e ricambi aria/ora
 pressioni differenziali
 temperatura ed umidità relativa
 classificazione particellare
 rumorosità
 illuminamento
 recovery time
 corretta installazione e tenuta dei sistemi filtranti.
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5.1.3.2
Verifiche a seguito di interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria ed a
rottura
Per manutenzione si intende qualsiasi intervento sull’impianto in grado di mantenere e/o
ripristinare le
caratteristiche prestazionali previste in sede di installazione.
Le verifiche da effettuarsi saranno quelle specificatamente attinenti al tipo di intervento
effettuato tra quelle previste in fase di installazione e controllo periodico, ad esempio la
verifica della corretta installazione e della tenuta dei sistemi filtranti dopo loro sostituzione. In
quest’ultimo caso dovranno essere verificate:
 la certificazione di conformità alla norma tecnica di riferimento UNI EN 1822,
 la perdita dei sistemi filtranti terminali dopo installazione.
5.1.3.3
Verifiche in fase di controllo periodico
Oltre ai controlli effettuati in fase di installazione e manutenzione è comunque da prevedere un
controllo periodico, in accordo alle tempistiche indicate dal presente documento, dei requisiti
prestazionali dell’impianto di condizionamento al fine di confermarne la validità.
Dovrà essere assicurata la presenza della documentazione tecnica relativa ai controlli ed agli
interventi di manutenzione effettuati, comprendenti la descrizione dell’intervento effettuato,
oltre che i risultati delle verifiche prestazionali con determinazione dei parametri:
 perdita di carico dei dispositivi filtranti misurata e registrata mediante manometri
differenziali montati sull’impianto;
 portata d’aria;
 ricambi aria;
 pressioni differenziali;
 temperatura ed umidità relativa;
 classificazione particellare;
 recovery time;
 monitoraggio microbiologico dell’aria in condizioni di at-rest.
Essendo la contaminazione ambientale della sala operatoria strettamente correlata, non solo
alle prestazioni dell’impianto di condizionamento, ma anche alla corretta applicazione delle
norme comportamentali e protocolli di sanificazione, saranno previsti controlli periodici anche
per i seguenti parametri:

monitoraggio microbiologico delle superfici,

monitoraggio microbiologico dell’aria in operational.
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Presidio
Complesso operatorio
Registrazione delle verifiche biennali degli impianti locali di gruppo 2
2016
2017
2018
2019
2020
data
data
data
data
data
funzionamento dell'impianto di emergenza (annuale o di periodo temporale minore
secondo le indicazioni del costruttore)
efficienza dell'impianto di terra (biennale)
egualizzazione del potenziale (biennale)
resistenza di isolamento (biennale)
funzionamento dell'impianto di emergenza (annuale o di periodo temporale minore
secondo le indicazioni del costruttore)
efficienza dell'impianto di terra (biennale)
egualizzazione del potenziale (biennale)
resistenza di isolamento (biennale)
FIRMA
Note:
Pagina 21 di 123
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Presidio
Complesso operatorio
Registrazione delle verifiche quotidiane degli impianti locali di gruppo 2
MESE DI
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
Funzionamento dei dispositivi
di allarme e sicurezza
impianto elettrico
centralina dei gas medicali
(manometro 4-4,5 bar)
Contenuto degli stoccaggi
delle sorgenti primarie e
secondarie
Contenuto degli stoccaggi
delle sorgenti di riserva
Pressione nei contenitori
criogenici
FIRMA
Note:
Pagina 22 di 123
Azienda Ospedaliero - Universitaria “Policlinico - Vittorio Emanuele” – Catania
Presidio
Complesso operatorio
Registrazione delle verifiche semestrali degli impianti locali di gruppo 2
2016
data
2017
data
data
2018
data
data
2019
data
data
2020
data
data
data
funzionamento dell'impianto di emergenza (annuale o di periodo temporale minore
secondo le indicazioni del costruttore);
Al nodo equipotenziale dello schermo di separazione degli avvolgimenti del
trasformatore d'isolamento (semestrale)
Funzionamento degli interruttori differenziali (semestrale o di periodo temporale
inferiore secondo le indicazioni del costruttore)
Centrale dell’aria con compressore/i (per produzione di Aria Medicinale o Aria per
strumentazioni Chirurgiche e per sistemi di evacuazione gas anestetici)
Centrale dell’aria con miscelatore/i
Centrale per vuoto
Centrale con bombole
Centrale con contenitore/i criogenico/i
Pannelli di allarme
Sistemi di monitoraggio e allarme
FIRMA
Note:
Pagina 23 di 123
Azienda Ospedaliero - Universitaria “Policlinico - Vittorio Emanuele” – Catania
Presidio
Complesso Operatorio
Registrazione delle verifiche trimestrali degli impianti locali di gruppo 2
2016
data
2017
data
data
2018
data
data
2019
data
data
2020
data
Pressione o grado di vuoto nelle reti primarie e secondarie
Sistemi di indicazione per i generatori
Punti di alimentazione per emergenza e manutenzione
Funzionamento delle sorgenti di alimentazione di riserva e di emergenza
Eiettori evacuazione
FIRMA
Note:
Pagina 24 di 123
data
data
Azienda Ospedaliero - Universitaria “Policlinico - Vittorio Emanuele” – Catania
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5.2
GESTIONE
DELLE
REGISTRAZIONI
DELLE
MANUTENZIONI
PREVENTIVA
E
CORRETTIVA
DELLE
APPARECCHIATURE
SANITARIE1-2-3-4
Le attività connesse alla manutenzione delle apparecchiature sono per lo più considerate come
attività finalizzate esclusivamente o principalmente al ripristino delle apparecchiature guaste.
Tale concezione appare estremamente limitativa in quanto la gestione preventiva e correttiva
delle tecnologie in uso contribuisce alla riduzione dei rischi connessi all’utilizzo dei dispostivi
medici, garantendone la sicurezza e l’efficacia.
5.2.1
Gestione dell’inventario
Ogni struttura organizzativa è in possesso della parte dell'inventario relativa alle
apparecchiature in dotazione, che viene aggiornato in modo continuativo e verificato con
cadenza annuale.
Il documento inventario deve essere datato e firmato dall’operatore che lo ha aggiornato.
5.2.2
Compilazione della scheda apparecchiatura
La scheda apparecchiatura viene intestata quando una apparecchiatura viene acquistata o
trasferita da altra ubicazione dell’U.O. o da altra U.O.
L’intestazione della scheda consiste nell’inserimento dei dati identificativi
dell’apparecchiatura: la descrizione apparecchiatura, la provenienza (nuovo acquisito,
trasferimento) e la data di acquisizione, il numero di inventario, il numero di matricola, il
fabbricante, il recapito telefonico per la manutenzione, la data inventariazione, il centro di
costo.
Ogni qualvolta che l’operatore della manutenzione esegue la manutenzione, il coordinatore
infermieristico segna il tipo di intervento eseguito (manutenzione preventiva, verifica elettrica,
taratura, manutenzione correttiva), la data della richiesta, la data di esecuzione dell’intervento,
il n. del rapporto tecnico dettagliato e l’esito.
Quando l’apparecchiatura viene dichiarata fuori uso il coordinatore infermieristico ne trascrive
la data.
Quando l’apparecchiatura viene trasferita di ubicazione, centro di costo o di U.O., il
coordinatore infermieristico ne trascrive la data ed il luogo di trasferimento.
Quando l’apparecchiatura viene dichiarata fuori uso o trasferita di ubicazione, il coordinatore
infermieristico archivia la scheda dell’apparecchiatura.
5.2.3
Manutenzione preventiva e correttiva
Gli operatori addetti che effettuano la manutenzione redigono, in modo chiaro e leggibile, il
rapporto tecnico dettagliato, compilando tutti i campi.
Il rapporto tecnico dettagliato deve essere firmato lo stesso giorno del completamento del
lavoro di manutenzione, dal coordinatore infermieristico o altro operatore da lui abilitato e
dallo stesso archiviato.
1
2
3
4
Art. 15, comma 1 del D.Lgs 81/08: “Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono (…) la
regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti …”.
Art. 71, comma 4 del D.Lgs 81/08: “Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano installate ed
utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di
sicurezza di cui all’art. 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione”.
Art. 3 del D. Lgs. 46/97: “I dispositivi possono essere immessi in commercio o messi in servizio unicamente se rispondono ai requisiti
prescritti dal presente decreto, sono correttamente forniti e installati, sono oggetto di un’adeguata manutenzione e sono utilizzati in
conformità della loro destinazione”.
All. I, punto 13.6 del D. Lgs. 46/97: “Le istruzioni per l’uso devono contenere…. d) tutte le informazioni che consentono di verificare se un
dispositivo è installato correttamente e può funzionare in maniera adeguata e sicura, nonché le informazioni riguardanti la natura e la
frequenza delle operazioni di manutenzione e di taratura necessarie per garantire costantemente il buon funzionamento e la sicurezza del
dispositivo”.
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È vietato firmare il rapporto tecnico dettagliato in data diversa da quella in cui è stata effettuata
la manutenzione.
In caso di consegna di apparecchiatura precedentemente ritirata, il rapporto tecnico dettagliato
deve essere firmato nella stessa data della consegna.
Nel caso in cui, la consegna deve essere seguita da un periodo di prova del corretto
funzionamento dell’apparecchiatura, la firma di accettazione deve essere seguita dalla postilla
“con riserva di verifica del ripristino della funzionalità dell’apparecchiatura”.
L’operatore della manutenzione invia copia rapporto tecnico dettagliato attestante l’esecuzione
del lavoro al ufficio tecnico del Presidio di competenza.
Il coordinatore infermieristico registra l’avvenuta manutenzione nella scheda apparecchiatura.
5.2.4
Eventi avversi da dispositivi medici
Le modalità di gestione degli eventi avversi da dispositivi medici sono definite nel DM del 15
novembre 2005 pubblicato nella GU n. 274 del 24 Novembre 2005.
Tale decreto prevede l’utilizzo della “Scheda per le segnalazioni di incidenti o mancati
incidenti, che coinvolgono dispositivi medici e dispositivi medico-diagnostici in vitro”, che
va compilata da parte dei medici e degli altri operatori sanitari nei casi in cui hanno provocato
la morte, un grave peggioramento dello stato di salute di un paziente, di un utilizzatore o di
terze persone o avrebbero potuto provocare morte o grave peggioramento dello stato di salute,
ed inviata alla al Responsabile della Vigilanza degli Incidenti da Dispositivi Medici.
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Descrizione apparecchiatura:
manutenzione
preventiva
DATA ACQUISIZIONE :
 annuale
 semestrale
 mensile
 a chiamata
PROVENIENZA
 nuovo acquisto
 trasferita da1
scadenza
contratto
inventario
matricola
FUORI USO IL:
1
2
3
4
data
esecuzione
n. rapporto tecnico
dettagliato
fabbricante
centro
di costo
manutenzione
MANUTENZIONE CORRETIVA
data ripristino
(in caso di fermo o ritiro)
data
guasto
data
richiesta intervento
data
intervento
 OK
 fermo
 ritiro
 ripristino
 fermo
 ritiro
 OK
 fermo
 ritiro
 ripristino
 fermo
 ritiro
 OK
 fermo
 ritiro
 ripristino
 fermo
 ritiro
 OK
 fermo
 ritiro
 ripristino
 fermo
 ritiro
 OK
 fermo
 ritiro
 ripristino
 fermo
 ritiro
 OK
 fermo
 ritiro
 ripristino
 fermo
 ritiro
TRASFERITA PRESSO:
ubicazione
tel.
MANUTENZIONE PREVENTIVA
tipo di intervento
2
3
4
MP
VE
TA
data
inventariazione
data
ripristino
 ALTRO CENTRO DI COSTO:
 ALTRA UBICAZIONE:
 ALTRA U.O.:
 ALTRO:
Inserire centro di costo di provenienza o altra ubicazione
Manutenzione preventiva
Verifica elettrica
Taratura
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n. rapporto tecnico
dettagliato
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5.3
GESTIONE DEI DISPOSITIVI DI MONITORAGGIO E DI MISURAZIONE12
5.3.1
Identificazione dei dispositivi e delle apparecchiature per i quali è necessario
assicurare risultati validi
Devono essere sottoposti ad attività di monitoraggio e misurazione i seguenti
dispositivi sanitari e le seguenti apparecchiature poiché influenzano la conformità
della prestazione erogata:
 i dispositivi e le apparecchiature che misurano parametri vitali (sfigmomanometro,
termometro,
emogasanalizzatore,
pulsossimentro,
capnografo,
monitor
multiparametrico,….),
 i dispositivi e le apparecchiature che devono erogare farmaci o energia in quantità
prestabilita (pompe, elettrobisturi, defibrillatore,…),
 i dispositivi e le apparecchiature a funzione regolabile (ventilatore, aspiratore,
frigorifero,…).
5.3.2
Intervalli di taratura o di verifica dei risultati
Di norma gli intervalli di taratura o di verifica dei risultati coincidono con quanto
previsto dal fabbricante e dalle modalità di manutenzione preventiva e correttiva.
Per i dispositivi e le apparecchiature per le quali non è prevista né dal fabbricante né
dai processi di manutenzione preventiva e correttiva, la taratura o la verifica dei
risultati viene eseguita con cadenza almeno annuale.
5.3.3
Criteri adottati per la taratura o la verifica dei risultati
I criteri per la taratura o la verifica dei risultati sono quelli descritti nelle schede
tecniche e nei manuali d’uso dei dispositivi e delle apparecchiature.
Gli utilizzatori in presenza di dubbi dei risultati/valori espressi da una apparecchiatura
devono richiede una taratura/verifica.
5.3.4
Modalità di regolazione
Quando necessario, le modalità di regolazione sono quelli descritte nelle schede
tecniche e nei manuali d’uso dei dispositivi e delle apparecchiature.
5.3.5
Modalità di identificazione delle apparecchiature per consentire di conoscere lo
stato di taratura
I dispositivi e le apparecchiature sono identificate dal numero d’inventario e dalla
matricola.
5.3.6
Modalità che garantiscano la sicurezza contro regolazioni che potrebbero
invalidare i risultati
Sono vietati gli interventi di regolazione effettuati da Operatori non autorizzati.
5.3.7
Modalità di protezione da danneggiamenti e deterioramenti durante la
movimentazione
Di norma non sono consenti gli spostamenti temporanei di una apparecchiatura non
portatile.
Ove necessario ed indispensabile per specifiche situazioni cliniche la movimentazione
deve essere registrata nella “scheda apparecchiatura”.
12
Norma UNI EN ISO 9001:2015
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GESTIONE DEI DELL’ELETTROBISTURI13-14-15
5.4
Le alte correnti e tensioni erogate dall’elettrobisturi possono costituire un pericolo per il
paziente e/o per l’operatore per la natura del suo uso o per le interferenze elettriche con altri
apparecchi in contatto con il paziente o impiantati all’interno dello stesso.
La generazione di scintille o archi elettrici tra l’elettrodo attivo e i tessuti corporei o, per es.
una pinzetta metallica possono essere causa di correnti a bassa frequenza che possono dare
luogo a stimolazione neuromuscolare.
Quanto di seguito descritto indica alcuni esempi di pericoli associati all’uso di un elettrobisturi.
5.4.1
I pericoli derivanti da modifica degli accessori
Gli endoscopi, i resettoscopi, gli elettrodi bipolari, le pinzette e altri accessori, se modificati per
utilizzarli con elettrobisturi di differenti costruttori, possono risultare pericolosi.
Tali accessori possono non essere progettati per tensioni più alte; la configurazione dei
dispositivi di controllo e di commutazione potrebbe non essere adeguata o potrebbe permettere
che un elettrodo venga erroneamente collegato ad un terminale sotto controllo.
Prima di effettuare ogni modifica dovrebbe essere consultata la documentazione annessa
nonché il Servizio Tecnico e il Servizio di Prevenzione e Protezione.
5.4.2
Le ustioni
Quando si usa un elettrobisturi nella tecnica monopolare è inteso che l’effetto fisico abbia
luogo solo alla punta dell’elettrodo attivo. La piccola superficie di questo elettrodo produce un
aumento molto rapido di temperatura nel tessuto corporeo.
La corrente HF fluisce attraverso il paziente verso l’elettrodo neutro, o, quando il contatto
dell’elettrodo neutro sul paziente è inadeguato, attraverso qualsiasi altra via alternativa che
offra una bassa resistenza alla corrente HF. Se l’area di contatto in cui la corrente abbandona il
paziente non è sufficientemente ampia, la temperatura in quella parte del tessuto corporeo
aumenterà con il risultato di una profonda ustione locale.
5.4.2.1
Le ustioni causate da inadeguatezza dell’elettrodo neutro
Un contatto inadeguato dell’elettrodo neutro può aver luogo per i seguenti motivi:
 superficie dell’elettrodo neutro troppo piccola per la specifica applicazione;
 elettrodo neutro non a stretto contatto con il paziente;
 elettrodo neutro isolato dal paziente a causa di una pellicola isolante o a causa di
interposizione di teli o altro materiale non conduttivo;
 ustioni per irregolarità di contatto dell’elettrodo.
5.4.2.2
Le ustioni causate da elettrodi e cavi
 una non intenzionale attivazione di un elettrodo attivo lasciato in prossimità del paziente. I
teli generalmente non assicurano un isolamento sufficiente alla corrente HF specialmente se
questi sono bagnati;
 le clip chirurgiche utilizzate per fissare i teli attorno al paziente e al tavolo operatorio non
debbono essere usate per sostenere i cavi; i terminali di tali clip possono penetrare
all’interno del cavo, deteriorandone l’isolamento;
 l’impiego di strumenti non isolati per coagulare tessuti o capillari posti a diretto contatto
con l’elettrodo attivo può aumentare i il rischio di ustioni alle mani per l’operatore e il
rischio di accoppiamenti elettrici diretti o capacitivi sui tessuti del paziente che non devono
13
14
15
Norma CEI EN 60601-2-2; CEI 62-11 : Apparecchi elettromedicali – Parte 2: Norme particolari per la sicurezza degli apparecchi per
elettrochirurgia ad alta frequenza.
Norma CEI 62-43 : Guida all’utilizzo degli apparecchi per elettrochirurgia ad alta frequenza
D. Lgs 81/2008 ”Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”
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essere coinvolti nei processi coagulativi;
5.4.2.3
Le ustioni causate da apparecchiature endoscopiche
La guaina esterna metallica di un endoscopio permette il passaggio di correnti di dispersione in
condizioni normali. Per evitare ustioni al viso del chirurgo, l’oculare dell’endoscopio deve
essere costruito di materiale isolante.
Se l’elettrodo neutro non fa un buon contatto con il paziente, l’endoscopio si comporterà come
elettrodo di ritorno. Ciò può causare ustioni, in quanto l’endoscopio non ha una sufficiente
superficie di contatto per evitare la densità della corrente HF di ritorno.
Gli elettrodi attivi negli endoscopi sono isolati per la lunghezza che può venire in contatto con
gli endoscopi stessi. Se l’isolamento è deteriorato una notevole quantità di corrente HF può
scorrere attraverso l’endoscopio.
I resettoscopi hanno una cannula esterna costituita da metallo o materiale isolante.
Con la cannula in metallo deve essere utilizzato un gel lubrificante conduttivo.
5.4.2.4
Le ustioni causate da utilizzo simultaneo di più elettrodi
L’utilizzo simultaneo di due o più elettrodi attivi del medesimo elettrobisturi può costituire un
particolare rischio di ustioni se si usano più accessori attivi contemporaneamente.
In presenza di un’apparecchiatura non conforme alla Pubblicazione IEC 601-2-2 tutti gli
elettrodi possono risultare attivi ogni volta che l’elettrobisturi è attivato.
5.4.2.5
Le ustioni causate da cateteri
Esiste la possibilità di ustioni interne se l’elettrobisturi è usato su pazienti portatori di cateteri
intracardiaci collegati ad altri apparecchi. Tali cateteri dovrebbero essere isolati da terra
durante l’utilizzo dell’elettrobisturi.
5.4.2.6
Le ustioni causate da utilizzo improprio
Alcuni fabbricanti, avvertono nel manuale d’uso che l’elettrobisturi debba essere utilizzato un
ciclo di funzionamento al 25% o meno (ad es. 10 secondi di applicazione e 30 secondi di
pausa, oppure 1 minuto di applicazione e 3 minuti di pausa).
5.4.3
L’elettrocuzione
Tensioni a bassa frequenza causate da archi o scintille possono causare stimolazioni
neuromuscolari. Il paziente può avere tessuti eccitabili stimolati specialmente se esiste una
mancanza di isolamento nell’endoscopio fra l’elettrodo attivo e tubo endoscopico.
L’operatore, quando coagula tessuti o vasi sanguigni utilizzando pinzette non isolate può
avvertire un passaggio di corrente se ha luogo un arco elettrico fra elettrodo attivo e pinzetta
quando i suoi guanti diventano conduttivi perché bagnati.
5.4.4
Incendi ed esplosioni
Le scintille elettriche generate nell’elettrodo attivo durante l’uso normale possono causare
incendi se avvengono in presenza di sostanze infiammabili o se l’elettrobisturi viene usato in
atmosfere con elevate concentrazioni di ossigeno, gas endogeni o protossido d’azoto.
5.4.5
Interferenze elettromagnetiche
Quando l’elettrobisturi è in funzione, esiste la possibilità di interferenze con altre
apparecchiature poste nelle vicinanze; es. monitor ECG, monitor della pressione del sangue,
apparecchiature di sorveglianza, pompe di infusione, pacemaker cardiaci.
5.4.6
I pericoli in procedure non tradizionali
Alcune procedure non abituali che utilizzano alta tensione, duty cycle prolungati (ad es.
ablazione dei tessuti, vaporizzazione dei tessuti, procedure in cui vengono inoculati fluidi
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conduttivi nel sito chirurgico sia per ottenere distensione che per condurre corrente RF …)
aumentano il rischio di riscaldamento eccessivo dell’elettrodo neutro e pertanto di ustione.
In tal caso, ove possibile l’impiego di due elettrobisturi separati da utilizzare in modo alternato
può determinare una riduzione del rischio.
Ove ciò non fosse possibile, il posizionamento di un altro elettrodo neutro da collegare
alternativamente all’unico generatore utilizzato può determinare una riduzione del rischio.
5.4.7
Precauzioni prima dell’utilizzo dell’elettrobisturi
Prima dell’utilizzo vanno controllati:
 l’isolamento dell’apparecchio e degli accessori con i relativi connettori, per evidenziarne
eventuali evidenti danni visibili;
 la compatibilità degli accessori con l’apparecchio;
 il funzionamento di ogni circuito acustico di monitoraggio di collegamento dell’elettrodo
neutro;
 l’isolamento degli strumenti endoscopici con particolare attenzione ad eventuali visibili
danni;
 la compatibilità degli strumenti endoscopici con la corrente HF;
 il corretto funzionamento delle lampade spia di indicazione e allarmi;
 il circuito di monitoraggio per il collegamento dell’elettrodo neutro secondo le istruzioni
d’uso, se l’elettrobisturi è dotato di un circuito di monitoraggio per il collegamento
dell’elettrodo neutro.
Non provare il funzionamento dell’elettrobisturi attivando l’alta frequenza contro parti
conduttive o direttamente sull’elettrodo neutro.
5.4.8
Preparazione del paziente prima dell’applicazione dell’elettrodo neutro
 il paziente, incluse le sue estremità, deve essere isolato per la corrente in alta frequenza da
un materassino antistatico e da teli in cotone verso le parti conduttive del tavolo operatorio
messe a terra,;
 se, durante l’intervento operatorio, si prevedono liquidi, secrezioni umide, ecc., deve essere
utilizzato un telo impermeabile per evitare assorbimenti dei tessuti che assicurano
l’isolamento per l’alta frequenza;
 per evitare raccolte di liquido sotto il paziente, occorre interporre un telo assorbente tra il
paziente e il telo di cui sopra;
 parti del corpo con forti traspirazioni, estremità a contatto del tronco del corpo o contatti
pelle-pelle, debbono essere mantenuti asciutti interponendo appositi teli (braccia-corpo,
gambe-gambe, mammelle).
 Controllare che il paziente non abbia su di se oggetti metallici o altri corpi metallici
(protesi, cateteri ecc.) o pace-maker; in tal caso avvisare il chirurgo e l’anestesista e
verificare le prescrizioni riportate nel manuale d’uso dell’elettrobisturi.
5.4.9
Applicazione di elettrodi, cavi e connettori
5.4.9.1
Selezione e preparazione del sito di applicazione dell’elettrodo neutro
La placca paziente deve essere applicata in una zona del corpo il più possibile vicina alla zona
di intervento, possibilmente una parte molle, senza protuberanze ossee o disomogeneità
cutanee, pulita a fondo, rasata e ben vascolarizzata.
 Non applicare l’elettrodo neutro su tessuti con cicatrici, prominenze ossee, tessuti
eccessivamente adiposi e aree in cui vi possono essere raccolte di liquidi;
 Il sito dell’elettrodo di ritorno deve essere libero da eccessivi peli. Rimuovere i peli dal sito
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di applicazione conformemente alle politiche di preparazione del paziente.
 (N.B. una quantità eccessiva di peli sul sito di applicazione può causare un elevata
impedenza e una scarsa conduzione elettrica).
 Pulire e asciugare il punto di applicazione . Per garantire un corretto contatto tra la cute del
paziente e l’elettrodo di ritorno, il sito di applicazione deve essere pulito da oli, lozioni o
altri prodotti applicati topicamente.
In determinate condizioni cliniche possono rendersi necessari siti di applicazione alternativi a
quelli normalmente utilizzati; in tal caso si deve sempre assicurare il massimo contatto fra
paziente ed elettrodo di ritorno
5.4.9.2
Applicazione dell’elettrodo neutro
 Prima di applicare l’elettrodo neutro, controllare la data di scadenza dell’elettrodo stesso.
Qualora l’elettrodo fosse scaduto non deve essere utilizzato.
 Estrarre l’elettrodo di ritorno dalla confezione;
 Rimuovere la copertura dell’elettrodo neutro e controllare che la superficie conduttiva
dell’elettrodo non sia secca;
 Applicare al paziente l’elettrodo di ritorno assicurandosi che lo stesso aderisca
perfettamente al paziente in modo da ridurre i rischi di ingresso di liquidi fra la pelle e
l’elettrodo stesso e garantire un adeguato e sicuro contatto fra elettrodo e pelle del paziente.
 Utilizzare, se gli elettrobisturi lo prevedono, piastre a doppia sezione secondo le indicazioni
fornite dal manuale d’uso dell’elettrobisturi;
 Il fissaggio dell’elettrodo neutro al paziente deve assicurare l’adesione dell’elettrodo neutro
per tutta la durata dell’applicazione dell’alta frequenza;
5.4.9.3
Applicazione di cavi e conduttori
 I conduttori dell’alta frequenza, in particolare quello dell’elettrodo neutro, non devono
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formare spire e non devono venire a contatto con altri conduttori.
 Devono essere utilizzati solo cavi adatti all’elettrobisturi, secondo le indicazioni del
costruttore;
 Nel caso in cui il paziente sia collegato all’elettrobisturi e contemporaneamente ad un
apparecchio di monitoraggio elettrocardiografico occorre che :
-
l’elettrodo attivo non venga utilizzato vicino agli elettrodi di monitoraggio ECG (
distanza minima 15 cm);
-
venga evitato l’uso di elettrodi ad ago o cannule da iniezione; in ogni caso ogni cono
metallico non deve toccare la pelle; la stessa cosa dicasi per i connettori
dell’apparecchio di monitoraggio.
Attenzione:
Non utilizzare l’elettrobisturi durante l’esecuzione di venopuntura/arteriopuntura
5.4.9.4
Rimozione dell’elettrodo neutro
 Dopo l’intervento chirurgico, scollegare il connettore dell’elettrodo applicato al paziente
dal generatore per elettrochirurgia;
 Rimuovere lentamente e con cautela l’elettrodo di ritorno tenendo con una mano la pelle
per evitare l’insorgenza di traumi da strappo;
 Controllare immediatamente l’insorgenza di eventuali ustioni nella sede di applicazione
dell’elettrodo di ritorno;
 Qualora si evidenzino ustioni avvisare immediatamente il chirurgo;
 Qualora si evidenzino ustioni non eliminare la placca, consegnandola al coordinatore
infermieristico del complesso operatorio (la placca è utile per valutare le possibili cause di
ustione in sede di Root Cause Analisys);
5.4.10
Pazienti con protesi impiantate
I pazienti con protesi impiantate come pacemaker, defibrillatori, neuro modulatori, pompe
infusionali o altri dispositivi impiantati possono risentire dell’applicazione di un elettrobisturi.
L’effetto può consistere in un danneggiamento irreparabile della protesi impiantata attiva o in
una alterazione del suo funzionamento. È raccomandabile un monitoraggio di tali pazienti
usando appropriate apparecchiature di monitoraggio.
Occorre altresì prendere in considerazione le seguenti avvertenze:
 la potenza d’uscita predisposta dall’elettrobisturi deve essere la più bassa possibile per la
specifica applicazione;
 il percorso della corrente nel paziente deve avere una direzione ad angolo retto con le
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derivazioni della protesi impiantata attiva;
 l’elettrodo attivo non deve essere usato ad una distanza inferiore a 15 cm dalla protesi o dal
suo elettrodo;
 deve essere utilizzata, quando possibile, la tecnica bipolare;
Nota:
Le correnti indotte negli elettrodi impiantati, a causa dell’uso di un elettrobisturi,
possono causare alterazioni irreversibili nei tessuti circostanti l’elettrodo ed aver
come conseguenza un malfunzionamento della protesi o un danneggiamento della
stessa. E’ pertanto raccomandabile un monitoraggio continuo dei pazienti.
Quando si usa un elettrobisturi su un paziente con dispositivi impiantati che
prevedono un funzionamento elettrico / elettronico come pacemaker, defibrillatori,
neuro modulatori, pompe infusionali o altri dispositivi interni, ove possibile
dovrebbero essere disponibili, pronti all’uso, degli apparecchi esterni. Ove possibile,
i dispositivi devono essere temporaneamente disattivati e protetti dalle correnti HF
generate dall’elettrobisturi.
5.4.11
Uso contemporaneo di due elettrobisturi
Qualora sia necessario utilizzare due elettrobisturi separati (ad es. quando si opera
simultaneamente su due diverse parti del corpo) devono essere rispettate le modalità d’uso
generali del presente regolamento ed applicate le precauzioni esposte ai punti precedenti.
5.4.12
Precauzioni per l’uso
Quando si usa un elettrobisturi è necessaria molta cautela ed occorre osservare le seguenti
regole:
5.4.12.1
Prima di iniziare l’intervento
 Riverificare che il paziente non abbia su di se oggetti metallici o altri corpi metallici
(protesi, cateteri ecc.) o pace-maker; in tal caso verificare le prescrizioni riportate nel
manuale d’uso dell’elettrobisturi e nel presente regolamento.
 I detergenti infiammabili per la pulizia della pelle, per la rimozione del grasso e per
disinfezione, devono essere lasciati evaporare completamente prima di usare l’elettrobisturi.
 Quando si utilizza un apparecchio non protetto contro gli anestetici, accertarsi che non
vengano impiegati anestetici infiammabili;
 Controllare gli elettrodi e i cavi al posizionamento del paziente;
 Verificare che la temperatura ambiente della sala operatoria non ecceda i parametri previsti
dal DPR 14.01.997 poiché l’eccessivo rialzo potrebbe comportare abbondante sudorazione;
la temperatura invernale ed estiva deve essere compresa tra 20°C e 24 °C e l’umidità
relativa invernale ed estiva compresa tra il 40% ed il 60%.
 Solo apparecchi di tipo BF o CF possono essere protetti contro la scarica di un
defibrillatore. Pertanto solo apparecchi di tale tipo possono essere collegati al paziente
durante una defibrillazione; le apparecchiature protette sono riconoscibili dai seguenti
simboli:
Protetto contro la defribrillazione tipo BF
Protetto contro la defribrillazione tipo CF
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5.4.12.2
Nel corso dell’intervento
 La potenza in HF deve essere predisposta al livello più basso possibile, compatibile con la
specifica applicazione;
Nota: Una potenza insufficiente in uscita, nonostante la sua esatta predisposizione
sull’apparecchio, può essere causata ad esempio da un cattivo contatto dell’elettrodo
neutro, cattivo contatto dei connettori, cavi rotti al di sotto dell’isolamento o elettrodi
incrostati.
 Queste cause di malfunzionamento devono essere ricercate ed eliminate prima di portare la
potenza in uscita ad un valore più elevato;
 Controllare gli elettrodi e i cavi dopo ogni riposizionamento del paziente;
 Utilizzare preferibilmente la tecnica bipolare, specie quando si opera su una piccola sezione
trasversale per evitare coagulazioni indesiderate in altre parti;
 Non provare il funzionamento dell’apparecchio attivando l’alta frequenza contro parti
conduttive o sull’elettrodo neutro;
 L’elettrodo attivo deve essere tenuto il più pulito possibile; tale accorgimento minimizza il
determinarsi di scintille e danni ai tessuti e consente l’utilizzo di potenze più contenute;
 L’elettrobisturi deve essere attivato solo dopo aver effettuato il contatto elettrodo-cute e
disattivato prima di staccare il contatto (tale manovra evita la presenza di correnti di
dispersione e minimizza la carbonizzazione dei tessuti);
 Utilizzare tempi di attivazione quanto più brevi possibili e distanziati nel tempo, per dare
modo ai tessuti di smaltire il calore accumulato;
 Evitare le attivazioni inutili (es in aria) o le attivazioni su elementi conduttori del tavolo
operatorio; l’utilizzo dell’elettrodo attivo, mediato attraverso altri strumenti isolati o non
isolati, deve prevederne attivazione dopo averne stabilito il contatto.
 Deve essere sempre tenuto in considerazione il pericolo di accensione di gas endogeni ed è
opportuno considerare anche la possibilità della loro rimozione attraverso un lavaggio con
gas inerti..
N.B. In caso di allarme, errore o interruzione dell’erogazione, consultare la documentazione
d’uso dell’elettrobisturi interrompendo l’utilizzo, se possibile, fintanto che la causa non
è stata accertata e rimossa.
In caso di dubbi di malfunzionamento avvisare immediatamente il Settore Tecnico.
5.4.13
Manutenzione dopo l’uso
 Verificare che l’involucro non presenti danneggiamenti visibili;
 Verificare che le avvertenze scritte e gli altri simboli siano leggibili;
 Verificare che la spina di rete, i connettori e i cavi, compresi manipoli degli elettrodi attivi,
non presentino danni visibili;
 Controllare che l’elettrodo neutro, se non del tipo monouso, sia integro e pulito;
 Se del caso, controllare che la pasta del contatto, gli accessori monouso, gli elettrodi ecc.
siano presenti nella giusta quantità;
Annotare ogni irregolarità verificatesi durante l’uso, e, se necessario, avvisare il settore tecnico
per riparazioni o consigli tecnici.
5.4.13.1
Manutenzione preventiva
Una manutenzione preventiva è importante per assicurare che l’elettrobisturi funzioni sempre
correttamente.
Un programma minimo di manutenzione preventiva consiste in due livelli:
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Responsabile: dott. Vincenzo Parrinello
5.4.13.1.1
Primo livello
Una manutenzione preventiva effettuata dall’operatore consistente nella regolare ispezione
visiva dell’apparecchio e degli accessori nonché di semplici verifiche, se applicabili,
utilizzando lo stesso elettrobisturi.
5.4.13.1.2
Secondo livello
Una manutenzione preventiva effettuata dal Settore Tecnico, o dalle ditte cui è affidata la
manutenzione, consistente nell’ispezione visiva e nella misura di parametri importanti per la
sicurezza paziente-operatore e per assicurare che il primo livello di manutenzione sia stato
correttamente effettuato.
5.5
CHECK DEGLI IMPIANTI E DELLE APPARECCHIATURE
Prima dell’inizio della prima seduta operatoria l’infermiere effettua le verifiche sulle
apparecchiature elettromedicali e gli impianti secondo le modalità sotto descritte.
5.5.1
Verifica innesto raccordi
Inserire il raccordo nella presa dei gas medicali e fare una leggera trazione per controllarne il
corretto innesto.
5.5.2
Verifica laringoscopio
Si effettua controllando:
 la corretta apertura e chiusura della lama;
 il contatto tra manico e lama;
 l’accensione della lampadina;
il flusso della luce che deve essere intenso.
5.5.3
Verifica elettrobisturi
Si effettua:
 controllandone l’accensione;
 l’esito positivo dell’auto-check secondo le modalità previste dal manuale d’uso.
5.5.4
Verifica letto operatorio
Si effettua:
 accertandosi che il letto operatorio sia integro, pulito e non presenti danneggiamenti;
 controllando il corretto caricamento delle batterie del letto operatorio;
 accertandosi della corrispondenza tra i comandi del telecomando e i movimenti del letto;
 controllando che i presidi e i congegni per il posizionamento dei malati siano disponibili,
puliti e appropriati.
5.5.5
Verifica scialitica
Si effettua controllando:
 l’accensione e la messa a fuoco;
 la variazione di intensità della luce,
 l’indicatore di servizio dell’esaurimento lampadina (ove presente);
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5.5.6
Verifica defibrillatore
Si effettua:
 controllando se la spina è inserita nella rete elettrica e se la batteria è carica;
 effettuando la scarica di prova.
Nelle apparecchiature provviste di supporto cartaceo di registrazione, la striscia della scarica di
prova viene datata e firmata da chi ha effettuato la verifica ed allegata alla “check list mensile
controllo funzionamento apparecchiature ed impianti”.
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Presidio:
sala operatoria
Complesso operatorio
Mese di
giorno
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
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15
16
17
18
19
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21
22
23
24
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26
27
28
29
30
31
Manometro di uscita gas medicali
Innesto raccordi
Laringoscopio
Elettrobisturi
Letto operatorio
Scialitica
Defibrillatore
Aspiratore chirurgico
FIRMA
Aspiratore anestesia
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5.6
GESTIONE DELLA SANIFICAZIONE
La sanificazione del letto operatorio, degli arredi e degli ambienti della sala operatoria si deve
concludere almeno mezz’ora prima dell’inizio della seduta operatoria.
Il/la Coordinatore Infermieristico pianifica le attività di sanificazione.
Gli Operatori registrano l’avvenuta sanificazione negli stessi modelli.
Le attività di sanificazione vengono distinte in:
 ordinaria giornaliera,
 straordinaria settimanale.
Le attività di sanificazione ordinaria giornaliera comprendono la sanificazione da eseguirsi:
 prima dell’inizio della seduta operatoria,
 tra un intervento chirurgico e l’altro,
 alla fine della seduta operatoria.
5.6.1
Sanificazione ordinaria giornaliera
5.6.1.1
Sanificazione prima della seduta operatoria
Riguarda:
 la scialitica,
 il letto operatorio,
 le pareti, le superfici ed i pavimenti,
 gli arredi,

5.6.1.1.1
le apparecchiature.
Lampada scialitica
L’Operatore addetto alla sanificazione della scialitica è l’ASS/OTA.
La sanificazione prevede le seguenti fasi:
 detersione;
 disinfezione.
La detersione consiste nella:
 rimozione della polvere con telo umido monouso,
 preparazione della soluzione detergente,
 detersione con un telo monouso inumidito di soluzione detergente;
La disinfezione consiste nella:
 preparazione della soluzione disinfettante,
 disinfezione con un telo monouso inumidito di soluzione detergente.
5.6.1.1.2
Letto operatorio
L’Operatore addetto alla sanificazione del letto operatorio è l’ASS/OTA.
La sanificazione prevede le seguenti fasi:
 detersione;
 disinfezione.
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La detersione consiste nella:
 rimozione della polvere con telo umido monouso,
 preparazione della soluzione detergente,
 detersione con un telo monouso inumidito di soluzione detergente;
La disinfezione consiste nella:
 preparazione della soluzione disinfettante,
 detersione con un telo monouso inumidito di soluzione detergente.
5.6.1.1.3
Pareti, superfici e pavimenti
L’Operatore addetto alla sanificazione degli ambienti è l’ASS/OTA.
La sanificazione prevede le seguenti fasi:
 detersione;
 disinfezione.
La detersione consiste nella:
 rimozione della polvere dalle pareti con telo umido monouso,
 detersione del pavimento utilizzando il sistema MOP,
 preparazione della soluzione detergente,
 detersione delle pareti con telo monouso inumidito di soluzione detergente,
 detersione del pavimento con la soluzione detergente,
La disinfezione consiste nella:
 preparazione della soluzione disinfettante a base di cloro,
 disinfezione delle pareti e delle superfici con telo monouso inumidito di soluzione
disinfettante a base di cloro;
 disinfezione del pavimento con telo monouso inumidito di soluzione disinfettante a base di
cloro.
5.6.1.1.4
Arredi
L’Operatore addetto alla sanificazione degli arredi è l’ASS.
La sanificazione prevede le seguenti fasi:
a) detersione;
b) disinfezione.
La detersione consiste nella:
 rimozione della polvere con telo umido monouso,
 preparazione della soluzione detergente,
 detersione con un telo monouso inumidito di soluzione detergente;
La disinfezione consiste nella:
 preparazione della soluzione,
 disinfezione con un telo monouso inumidito di soluzione detergente.
5.6.1.1.5
Apparecchiature
L’Operatore addetto alla sanificazione delle apparecchiature è l’infermiere.
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La sanificazione prevede:
 la disconnessione delle apparecchiature dalla rete elettrica;
 la disinfezione dalle apparecchiature elettromedicali e dai cavi utilizzando teli monouso
inumiditi di soluzione disinfettante a base di cloro.
5.6.1.2
Sanificazione tra un intervento chirurgico e l’altro
Riguarda:
 la scialitica,
 il letto operatorio,
 i pavimenti.
La sanificazione della scialitica, del letto operatorio, del pavimento tra un intervento e l’altro
si articola nelle seguenti fasi:
rimozione dello sporco dalla scialitica e dal letto operatorio, con l’utilizzo di teli monouso
inumiditi di soluzione disinfettante.
rimozione dello sporco da pavimenti (con scopa a trapezio impregnata di soluzione
disinfettante) mediante l’uso di soluzione disinfettante a base di cloro.
In presenza di contaminazione macroscopicamente evidente, deve essere eseguita anche la
sanificazione delle pareti, delle superfici, degli arredi e delle apparecchiature, secondo le
modalità sopra descritte.
In caso di interventi chirurgici eseguiti su pazienti affetti da patologie infettive ad alta
contagiosità (HCV+, HIV+) o di interventi sporchi, l’ASS, sotto la vigilanza dell’INF, dovrà:
 pulire gli arredi, le superfici ed i pavimenti con soluzione disinfettante di FENOCID 0,4%,
preparata versando 20 ml di prodotto in 5 litri di acqua;
 trattare con soluzione disinfettante a base di cloro le sostanze organiche sul pavimento,
 eseguire, successivamente, ulteriore disinfezione utilizzando una scopa a frange inumidita
con disinfettante a base di cloro.
5.6.1.3
Sanificazione alla fine della seduta operatoria
Riguarda:
 il letto operatorio,
 le pareti, le superfici ed i pavimenti,
 gli arredi,

le apparecchiature.
La sanificazione ordinaria giornaliera da eseguirsi alla fine della seduta operatoria del letto
operatorio, delle pareti, delle superfici, degli arredi e dei pavimenti viene eseguita
dall’ASS/OTA, che dovrà procedere:
 alla rimozione dei contenitori dei rifiuti speciali nonché dei rifiuti in vetro e carta;
 all’allontanamento dalla sala operatoria di tutte le suppellettili mobili;

alla pulizia dei pavimenti con scopa a frange inumidita;
Al trattamento delle suppellettili mobili:
 prima, con soluzione detergente,
 dopo, con soluzione disinfettante,
 alla sanificazione del letto operatorio, delle pareti, delle superfici,
degli arredi e dei
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pavimenti secondo le modalità descritte nei punti precedenti.
La sanificazione ordinaria giornaliera da eseguirsi alla fine della seduta operatoria delle
apparecchiature viene eseguita dall’INF che dovrà procedere secondo le modalità descritte nei
punti precedenti.
5.6.2
Sanificazione straordinaria settimanale
L’ASS dovrà procedere:
 all’allontanamento di tutte le suppellettili mobili;
 alla pulizia del pavimento con scopa a frange inumidiata;
 al trattamento delle suppellettili mobili prima, con detergente;
 al trattamento delle pareti (mediante le apposite aste), delle porte, del soffitto (ad esclusione
delle griglie) prima, con detergente dopo, con soluzione disinfettante;
 alla pulizia a fondo dei pavimenti tramite soluzione detergente dopo, con soluzione
disinfettante.
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UNITÀ OPERATIVA:
SALA OPERATORIA
Direttore:
GIORNO1
1
1
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
2
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
3
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
4
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
5
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
6
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
Pavimento
Arredi
L.O.
Supporti L.O.
Scialitica
Pareti
Aspiratori
Rifiuti speciali
Lavaggio ferri
FIRMA
Sterilizzazione
1
A sanificazione prima dell’inizio dell’attività chirurgica
B sanificazione tra un intervento chirurgico e l’altro
C sanificazione alla fine della seduta operatoria
D sanificazione straordinaria
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8
1
7
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
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UNITÀ OPERATIVA:
SALA OPERATORIA
Direttore:
GIORNO1
1
1
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
2
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
3
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
4
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
5
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
1
6
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
Ventilatore
Monitor
Carrello
anestesia
Elettrobist.
FIRMA
Defibril.
1
A sanificazione prima dell’inizio dell’attività chirurgica
B sanificazione tra un intervento chirurgico e l’altro
C sanificazione alla fine della seduta operatoria
D sanificazione straordinaria
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8
1
7
INTERVENTO N.
2 3 4 5 6 7
8
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5.7
STERILIZZAZIONE A VAPORE SATURO1-2-3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18-19-20-21-22
La sterilizzazione in ambito ospedaliero è una misura di prevenzione in continua evoluzione
tecnologica e normativa ed è uno dei punti cardine per la prevenzione delle ICA. Tale pratica è
il risultato finale di una serie di processi (fisici e chimici collegati a metodologie standardizzate
e definite), in grado di distruggere microrganismi patogeni e non patogeni, sia in forma
vegetativa che sporigena.
L’agente sterilizzante è il calore umido sotto forma di vapore saturo, sottoposto a pressione per
raggiungere temperature di 121°C e 134°C. Rappresenta a tutt’oggi il metodo di sterilizzazione
più usuale, sicuro, economico, rapido e non inquinante, salvo che problemi d’incompatibilità
del materiale con temperatura, umidità o pressione del vapore non rendano indispensabile
l’adozione di un altro metodo.
Le apparecchiature che consentono di porre sotto pressione il vapore sono le autoclavi o, più
impropriamente, sterilizzatrici a vapore, dotate di una camera a perfetta tenuta e resistente alle
alte pressioni. L’efficacia della sterilizzazione a vapore saturo si ottiene attraverso le relazioni
dei parametri fisici (tempo, temperatura e pressione), secondo la Farmacopea Europea e le
Normative Europee EN 285 e UNI EN ISO 17665-1.
Il processo di sterilizzazione è denominato “PROCESSO SPECIALE”, i cui risultati sono
verificabili da una serie d’impegni che per alcune applicazioni costituiscono veri e propri
obblighi normativi, e in particolare occorre che:
 le sterilizzatrici siano qualificate;
 i processi siano convalidati prima dell’utilizzo routinario;
 i processi siano standardizzati;
1
2
3
4
6
7
8
9
11
12
13
15
16
17
18
19
20
21
Circolare Ministero della Sanità n. 8/1988 “Lotta contro le infezioni Ospedaliere: la sorveglianza”.
Circolare n. 423/1988 Regione Sicilia: “Direttive per la lotta alle Infezioni Ospedaliere”.
D.M. 28 settembre 1990 – “Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e
private”.
D.Lgs 30 dicembre 1992, n. 502 e s.m.i. - Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della Legge 23 ottobre del
1992, n.421.
5
DPR 14 gennaio 1997 - Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in
materia di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e
private.
“Linee Guida per la convalida della sterilizzazione in ospedale – Procedure” a cura della Gruppo Italiano Studio Igiene Ospedaliera
(G.I.S.I.O.) – Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (S. It. I.) Ed. 1999.
Circolare 27 marzo 2001, n. 1047 - Ass.to Sanità Reg. Sicilia – “Lotta contro le infezioni ospedaliere, elementi oggetto di valutazione per la
verifica del raggiungimento degli obiettivi”.
D.A. n. 890 del 17 giugno 2002 - “Direttive per l'accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie nella Regione siciliana”.
D.Lgs 22 febbraio 2002, n. 25 - Attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i
rischi derivanti da agenti chimici.
10
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 s.m.i. - Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro.
D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 - Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute
e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Finzi G., A Conti, P. Cacciari et al. - Quaderni di direzione sanitaria “La gestione delle centrali di sterilizzazione A.M.N.D.O.” - Milano,
Economia Sanitaria, 2009
ISPESL (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.) - “Linee guida sull’attività di sterilizzazione quale protezione collettiva da agenti biologici per
l’operatore nelle strutture sanitarie, versione maggio 2010”.
14
UNI EN 556–1:2002. “Sterilizzazione dei dispositivi medici - Requisiti per i dispositivi medici che recano l’indicazione “STERILE” - Parte
1: requisiti per i dispositivi medici sterilizzati terminalmente”.
UNI EN ISO 14161:2002 . “Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Indicatori biologici - Guida per la selezione, l'uso e l'interpretazione dei
risultati”.
UNI EN ISO 14937:2002. “Sterilizzazione dei prodotti sanitari - Requisiti generali per la caratterizzazione di un agente sterilizzante e per lo
sviluppo, la convalida ed il controllo sistematico di un processo di sterilizzazione per dispositivi medici”.
UNI EN ISO 15882:2003. “Indicatori chimici. Guida per la selezione, l’uso e l’interpretazione dei dati”.
UNI EN ISO 11140-1:2005. “Sterilizzazione dei prodotto sanitari. Indicatori chimici. Parte 1: Requisiti generali”.
UNI EN ISO 17664:2005. “Sterilizzazione dei dispositivi medici - Informazioni che devono essere fornite dal fabbricante per i processi di
dispositivi medici risterilizzabili”.
UNI EN 13060:2005. “Piccole sterilizzatrici a vapore”.
UNI EN ISO 15883-1:2006. “Apparecchi di lavaggio e disinfezione - Parte 1: Requisiti generali, termini, definizioni e prove”.
22
UNI EN ISO 11138-1:2006. “Sterilizzazione dei prodotti sanitari – Indicatori biologici- Parte 1: Requisiti generali”.
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Responsabile: dott. Vincenzo Parrinello
 venga impiegato personale specializzato con competenze gestionali peculiari per garantire
la sicurezza del processo;
 vengano monitorati tutti i processi routinari mantenendo efficienti le sterilizzatrici.
Determinante risulta l’adozione del monitoraggio sistematico con controlli di natura fisica,
chimica, biologica e l’uso di indicatori specifici di seguito meglio dettagliati:

Il monitoraggio fisico o test di simulazione Bowie-Dick da eseguire ogni giorno per valutare
la capacità di penetrazione del vapore e la rimozione dell’aria dai materiali porosi, é il test
di penetrazione del vapore per i materiali cavi.

Il monitoraggio chimico sfrutta le proprietà di sostanze coloranti capaci di virare di colore
se sono esposte al calore e alla pressione di riferimento, serve per evidenziare e separare i
prodotti già autoclavati, da quelli non ancora introdotti in autoclave o per evidenziare
trattamenti di sterilizzazione non conforme e quindi non valida. L’indicatore chimico è
applicato a tutto il materiale che s’intende sottoporre a trattamento di sterilizzazione.

Il monitoraggio biologico (eseguito con l’utilizzo di spore di microrganismi
particolarmente resistenti al processo di sterilizzazione come Bacillus Stearothermophilus)
ha lo scopo di verificare l’effettiva adeguatezza del processo di sterilizzazione nella
disattivazione microbica. I risultati che si ottengono dai tre diversi procedimenti non sono
sovrapponibili ma complementari e pertanto tutti necessari.
Lo strumentario chirurgico e i dispositivi medici utilizzati, prima della fase del processo di
sterilizzazione, sono sottoposti a una serie di attività preliminari quali: raccolta,
decontaminazione, detersione, lavaggio e risciacquo, asciugatura, controllo, manutenzione e
selezione, confezionamento, ciclo di sterilizzazione, stoccaggio e smistamento.
L’obiettivo di dette fasi consiste nell’ottenere un presidio a bassa carica batterica e compatibile
con il sistema di sterilizzazione in uso.
5.7.1
Raccolta, decontaminazione, lavaggio, risciacquo, asciugatura, controllo,
manutenzione, selezione e confezionamento dello strumentario chirurgico e dei
dispositivi medici
La prima fase del processo di sterilizzazione è la raccolta dei materiali utilizzati poiché
contaminati o potenzialmente contaminati. In questa fase sono eseguiti un numero di distinte
ma correlate attività, finalizzate a prelevare gli strumenti impiegati, a verificare il numero del
materiale corrispondente a quello utilizzato, a selezionare e separare lo strumentario.
Nel corso di tale attività è più elevato il rischio d’incidenti, per cui gli operatori addetti, per
quanto è possibile, devono impiegare i DPI idonei (facilmente reperibili all’interno dei
reparti/servizi, nel rispetto di quanto previsto dal Decreto del Ministero della Sanità 28
settembre 1990) a contenere il rischio biologico e chimico prima di procedere ad eliminare il
materiale monouso quali: aghi, lame, bisturi, garze, cerotti, e altro avendo cura di smaltire,
correttamente tutti i dispositivi taglienti e pungenti negli specifici contenitori.
Il materiale riutilizzabile da trattare deve essere riunito collocandolo all’interno di un
contenitore autoclavabile, con coperchio e dotato di grata estraibile, e trasportato in un’area
dedicata alla decontaminazione.
In base alle caratteristiche logistiche della struttura in cui si opera, il materiale utilizzato può
essere trasportato nella zona sporca secondo le seguenti modalità:
 Materiale sporco: in contenitori idonei al trasporto diretto del materiale, dal punto di
utilizzo (Sala operatoria, U.O., Servizio) al punto di riprocessazione (Centrale di
sterilizzazione);
 Materiale decontaminato: in contenitori rigidi, senza saldature “a tenuta”, muniti di manici
o impugnature laterali e griglia interna estraibile, che garantiscono il contenimento dei
liquidi. Tale metodo è indicato qualora il trasporto al punto di riprocessazione non sia diretto
o immediato;
 Materiale pulito/parzialmente confezionato: in contenitori dedicati, puliti. Tale metodica
avviene qualora sia presente un solo punto di sterilizzazione dove i dispositivi medici (DM)
sono controllati, preparati e avviati alla sterilizzazione (inserimento d’indicatori, etichetta di
sterilizzazione, eventuale termosaldatura).
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5.7.1.1
Decontaminazione
L’obiettivo della decontaminazione è ridurre la presenza di microrganismi sul materiale da
trattare sia per tutelare gli operatori coinvolti nel processo di sterilizzazione trasporto e
lavaggio del materiale utilizzato, sia per facilitare le operazioni di pulizia poiché evita il
fissaggio dello sporco sulle superfici del dispositivo da trattare favorendo l’efficacia delle fasi
successive del processo di sterilizzazione.
I presidi riutilizzabili o i dispositivi le cui caratteristiche tecniche impongono lo smontaggio o
la manipolazione, devono essere, dopo l’uso, immediatamente immersi in un disinfettante
chimico di riconosciuta efficacia sull’HIV prima delle operazioni di smontaggio o pulizia da
eseguire come preparazione per la sterilizzazione (DM 28 settembre 1990 art. 2 “Eliminazione
di aghi e altri oggetti taglienti”).
La decontaminazione può essere eseguita in due modi: automatica o manuale.
5.7.1.2
Decontaminazione automatica
Il materiale utilizzato viene riposto nei contenitori, posizionato direttamente nella lava
strumenti e sottoposto al programma di disinfezione secondo le istruzioni del produttore. Al
termine della fase di decontaminazione, lavaggio e disinfezione si prosegue alla successiva fase
di confezionamento.
5.7.1.3
Decontaminazione manuale
Occorre attenersi alle seguenti istruzioni:
 Alla scelta dei principi attivi e/o delle formulazioni ad azione disinfettante deve tener conto
dell'obiettivo primario rappresentato dall'efficacia nei confronti degli agenti che si
identificano come sorgente di rischio biologico e della compatibilità con i materiali da
trattare;
 Alla fase di allestimento della soluzione disinfettante l'operatore deve attenersi alle
indicazioni del produttore. E’ consigliato allestire la soluzione al momento dell'utilizzo,
onde evitare una possibile contaminazione;
 Alla soluzione disinfettante, allestita all'interno di idoneo recipiente immergere il
contenitore con i materiali da trattare;
 Alla durata della fase d’immersione, dipende dalle caratteristiche della soluzione impiegata
ed è opportuno seguire le indicazioni fornite dal fabbricante/produttore;
 al termine del periodo d’immersione, il contenitore con i materiali trattati viene estratto e
avviato alla successiva fase di lavaggio;
 Allo smaltimento della soluzione decontaminante (secondo le indicazioni della vigente
normativa).
L’operatore sanitario, dotato di DPI, deve:
 Porre il materiale contaminato nella griglia estraibile e immergerla in contenitori
autoclavabili con coperchio a chiusura ermetica nei quali è stata preparata la soluzione
decontaminante.
 Immergere completamente in tale soluzione la griglia con lo strumentario chirurgico, per un
tempo di contatto raccomandato dal produttore;
 Controllare la pervietà di strumenti a collo stretto (tubi, cannule e strumenti con cavità) per
assicurare il passaggio della soluzione decontaminante all'interno del loro lume o cavità;
 Estrarre, trascorso il tempo di immersione, la griglia con gli strumenti dalla soluzione,
risciacquare i DM sotto acqua corrente ed eliminare i residui organici e chimici, e
proseguire con la fase successiva di lavaggio;
 Smaltire la soluzione decontaminante negli scarichi alla fine della giornata, o quando
visibilmente contaminata da materiale organico e a ogni cambio soluzione, procedere con la
detersione del contenitore stesso.
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 Evitare periodi d’immersione prolungati degli strumenti nella soluzione decontaminante al
fine di evitare la corrosione.
 Ricordare che tutti gli strumenti potenzialmente pericolosi (ad esempio quelli appuntiti)
vanno posti con le estremità rivolte verso il basso, e non devono essere smontati, ma
sistemati nelle griglie senza altre manipolazioni.
5.7.1.4
Lavaggio/detersione
Dopo la decontaminazione, i materiali utilizzati vanno sottoposti a una rigorosa procedura di
lavaggio/detersione che ha lo scopo di rimuovere i residui di sostanze organiche e inorganiche
e, di conseguenza, anche i microrganismi. Il risultato di una buona azione di detersione e
lavaggio porta, infatti, a una riduzione qualitativa e quantitativa della contaminazione
microbica (bioburden), che è la chiave del successo della sterilizzazione. Il lavaggio si avvale
dell’azione chimica o enzimatica, non corrosiva, di un detergente che deve essere impiegato
rigorosamente alle concentrazioni e per i tempi di contatto raccomandati dai fornitori.
Il lavaggio può avvenire in due modi: automatico e manuale.
5.7.1.4.1
Lavaggio automatico
Il lavaggio automatico è da preferire a quello manuale perché riduce il rischio di
infezione degli operatori addetti e garantisce la riproducibilità del ciclo (ciclo convalidato).
Prima di ogni operazione relativa all’attività di lavaggio occorre:
 indossare i DPI adeguati;
 aprire gli strumenti;
 smontare gli strumenti composti di più parti;
 assicurarsi che le estremità delle strutture cave siano pervie;
 disporre gli strumenti in modo da assicurare l’efficacia dell’azione detergente.
Il lavaggio automatico può essere eseguito attraverso l’utilizzo di macchine con cicli impostati
in accordo con la normativa UNI EN ISO 15883 che prevede:
 pre-lavaggio con acqua fredda;
 lavaggio con acqua calda e detergente;
 eventuale neutralizzazione;
 risciacquo;
 disinfezione;
 eventuale asciugatura.
Per l’utilizzo della lava strumenti automatica osservare le seguenti istruzioni:
 Indossare guanti di gomma per uso domestico ed eventuali dispositivi di barriera;
 Posizionare gli strumenti aperti e smontati per quanto possibile, non sovraccaricando
eccessivamente i cestelli;
 Disporre i recipienti cavi e gli strumenti con fondo incavo in posizione inclinata affinché
l’acqua possa scorrere senza difficoltà;
 Non introdurre gli strumenti da trattare l’uno dentro l’altro, creando zone d’ombra;
 Disporre i recipienti cavi alti e stretti nell’area centrale dei cestelli; tale posizione consente
che siano raggiunti meglio dai getti dell’acqua;
 Non bloccare, i bracci irroratori con strumenti troppo alti oppure sporgenti verso il basso.
Eseguire eventualmente un controllo ruotando manualmente i bracci;
 Attivare il programma con ciclo termico (temperatura superiore a 80° per 10 minuti). I Cicli
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a temperature inferiore vanno attuati solo in presenza di materiale termosensibile;
 Controllare a fine lavaggio il grado di pulizia dello strumentario ed eventualmente
integrare manualmente.
 Eseguire dei test di qualifiche di prestazione della lava strumenti quotidianamente
(test di verifica sull’efficacia di lavaggio) e ad ogni ciclo di carico (verifica del
mantenimento di tutti i parametri termometrici convalidati);
Quando non è possibile procedere immediatamente al lavaggio con la lava strumenti, è
necessario immergere lo strumentario in un prodotto idoneo (come il decontaminante
per strumenti) per impedire allo sporco di asciugarsi sullo strumento.
Al fine di ottenere una buona qualità del lavaggio, occorre che l’operatore sorvegli:
 le caratteristiche dell’acqua di lavaggio;
 le indicazioni del fabbricante, la qualità e i dosaggi dei prodotti detergenti;
 il controllo dell’azione meccanica e un’accurata manutenzione delle componenti
interne della macchina (giranti e irrigatori);
 la verifica (automatica) dei parametri ad ogni ciclo;
 il corretto caricamento e posizionamento degli strumenti (aperti e non sovrapposti);
 la pulizia degli strumenti cavi, che devono essere lavati al loro interno attraverso un
pre-trattamento manuale.
La documentazione relativa alla fase di lavaggio deve essere conservata con tutta la
documentazione dell’intero processo di sterilizzazione.
Tutte le anomalie relative ai parametri del ciclo devono essere registrate e valutate in
base all’allarme presentato e alle indicazioni del costruttore.
5.7.1.4.2
Lavaggio manuale
Il lavaggio manuale viene applicato ai DM con caratteristiche strutturali tali da non poter essere
trattati meccanicamente o nel caso in cui non è presente l’apparecchiatura meccanica o questa
non è funzionante.
L’operatore addetto all’attività di lavaggio deve indossare sempre i DPI adeguati.
1.
preparare una vasca (o lavandino) per il lavaggio con una soluzione detergente a base di
tensioattivi, enzimatico o plurienzimatico;
2.
in questa soluzione porre gli strumenti smontati e aperti, fino a loro completa
immersione nella soluzione detergente per un tempo di contatto minimo di 15’ (tempo di
contatto ottimale per un’efficace azione verso batteri, virus, lieviti, muffe);
3.
dopo la fase di immersione, lavare gli strumenti con spazzole dedicati e idonei sia per la
composizione che per la forma (spazzolini di setola morbida/scovolini) per rimuovere i
residui organici che non sono stati rimossi dall’azione del detergente. Particolare
riguardo nello spazzolare le superfici zigrinate e gli strumenti che presentano incastri;
4.
per tutti quei dispositivi che presentano cavità o lumi ristretti e di difficile detersione è
indispensabile ricorrere all’utilizzo di accessori come spazzole con setole morbide,
pistole ad acqua e/o aria compressa; che devono essere a loro volta sostituiti, disinfettati
o sterilizzati a seconda la tipologia, in modo da evitare la ricontaminazione dei materiali.
5.
la soluzione con il detergente va sostituita ad ogni singolo utilizzo, per evitare che lo
sporco, ivi accumulatosi, determini un riduzione dell’azione sanificante.
NB: Gli strumenti che non possono essere immersi in soluzione decontaminate e detergente (ad
esempio trapani) vanno lavati manualmente, possono essere pre-trattati con una disinfezione
delle superfici esterne mediante panno/salvietta monouso e soluzione disinfettante e comunque
attenersi sempre alle indicazioni tecniche del fabbricante; in seguito vanno lavati a mano senza
essere immersi, utilizzando panno/salvietta e detergente per il lavaggio e panno/salvietta e
acqua per il risciacquo; quindi asciugati accuratamente.
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5.7.1.5
Risciacquo
Il risciacquo, successivo alla detersione, elimina meccanicamente i residui del materiale
organico e tutte le tracce del detergente che potrebbero interagire con gli altri agenti
sterilizzanti. La procedura si avvale dell’impiego di spruzzo di acqua corrente, escluso l’ultimo
risciacquo in cui deve essere utilizzata acqua preferibilmente demineralizzata, per evitare la
formazione di macchie sui dispositivi.
A fine attività:
 detergere gli scovolini e le spazzole utilizzate avendo cura di asciugarle accuratamente e di
stoccarle al riparo dalla polvere;
 sostituire scovolini e spazzole qualora presentino alterazioni delle setole o deformazioni
funzionali;
 detergere la vasca e conservarla asciutta;
 sciacquare la vasca a ogni cambio di soluzione detergente.
5.7.1.6
Asciugatura
L’asciugatura è fondamentale poiché la presenza di tracce di acqua sulla superficie dei DM
compromette il processo di sterilizzazione.
L’operatore sanitario deve:

indossare i DPI

proteggere la superficie di lavoro per prevenirne la contaminazione attraverso particelle aerosolizzate.
Per l’asciugatura possono essere utilizzati:

panni di carta, TNT, tela a basso rilascio particellare;

pistole ad aria compressa o siringhe da 50 ml per asciugare gli strumenti cavi.
Nel caso di utilizzo della lava strumenti tale procedura può essere automatizzata con ciclo
specifico. Si ricorda comunque che un ciclo di lavaggio ad alta temperatura semplifica
l’asciugatura se, a fine ciclo, si tiene lo sportello leggermente aperto per alcuni minuti.
Al termine delle operazioni per la sanificazione dei guanti occorrerà:
5.7.1.7

sottoporre gli stessi a lavaggio prima con sapone e immediatamente dopo con prodotto ad azione
clorossidante – AMUCHINA per ambiente, nella misura di 20 ml in 1 litro di acqua, oppure prodotto
similare a base di cloro disponibile in Farmacia, avendo cura di attenersi alle prescrizioni della Ditta
produttrice per quanto attiene alla diluizione/concentrazione e modalità d’uso.

lasciarli in immersione, dentro apposito contenitore, per un tempo di contatto di 5 minuti;

sciacquare e lasciare asciugare per evaporazione.
Controllo selezione e manutenzione
Tutto il materiale da sottoporre al processo di sterilizzazione viene sottoposto a controllo per
verificarne la pulizia, l’integrità e la compatibilità al sistema di sterilizzazione dello
strumentario e/o dispositivo medico inviato ed il funzionamento.
La selezione è attuata per la suddivisione del materiale secondo il processo di sterilizzazione da
utilizzare (vapore o gas plasma) e la tipologia di confezionamento (buste, carta crespata,
container). Una corretta selezione riduce i tempi del confezionamento stesso e la percentuale di
rischio d’errori.
L’operatore sanitario addetto al controllo deve:
1.
lavare le mani;
2.
indossare i guanti in vinile;
3.
indossare una cuffia che copra completamente i capelli;
4.
controllare il materiale pervenuto verificando che:
 sia compatibile con il sistema di sterilizzazione; pertanto i materiali nuovi devono
essere accompagnati da scheda tecnica che specifichi a quale sistema di
sterilizzazione possono essere sottoposti;
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 sia pulito nella totalità, ponendo attenzione ad eventuali residui di materiale
biologico, di colla o di gesso, calcare o altro ed alle zone a rischio per lo sporco:
fessure, cremagliere, giunture, manici ecc.;
 sia asciutto e privo di macchie;
 sia completo in tutte le sue parti;
 non presenta zone con ruggine; gli strumenti con ruggine devono essere trattati o
eliminati in quanto la stessa potrebbe intaccare altri strumenti.
A fine controllo del materiale l’operatore pulisce il banco su cui ha effettuato il controllo,
toglie i guanti in vinile ed esegue un lavaggio delle mani. Il materiale ritenuto idoneo viene
inviato alla centrale di sterilizzazione accompagnato da un modulo che ne certifichi l’avvenuta
pulizia M_PGS-DSA-7-02_04.
NB: La manutenzione ordinaria dello strumentario prevede una lubrificazione di snodi,
cremagliere e parti dentellate, trapani e motori con lubrificanti idrosolubili (non siliconici),
attenendosi alle indicazioni del fabbricante dello strumentario. Il controllo degli strumenti
ottici (cavi luce e ottiche) si effettua vicino a una sorgente di luce controllando l’opacità delle
lenti distali e prossimali, la pulizia dei vari raccordi e la loro tenuta, la manutenzione delle
lenti può essere eseguita utilizzando apposite paste pulitrici indicate dal fabbricante.
5.7.1.8
Confezionamento
Il confezionamento è la procedura atta a garantire che i materiali, nei sistemi di
imballaggio, qualora assemblati, sterilizzati, immagazzinati, trasportati ed utilizzati,
mantengano la sterilità dal momento in cui essi vengono resi sterili sino alla data di scadenza
indicata o al momento dell’uso. E’ importante che tale procedura venga eseguita in un
ambiente dedicato e diverso da quello in cui si eseguono le operazioni di lavaggio.
Il confezionamento del materiale da sottoporre a processo di sterilizzazione deve permettere:
 la penetrazione ed il contatto tra l’agente sterilizzante ed il materiale da trattare;
 la conservazione della sterilità nei tempi e modi stabiliti da un corretto stoccaggio;
 la riduzione del rischio di contaminazione del contenuto, al momento dell’apertura nel
campo sterile;
 la compatibilità dei materiali di confezionamento con le seguenti caratteristiche:
-
compatibilità con i processi di sterilizzazione;
-
compatibilità con il materiale da contenere;
-
compatibilità con il sistema di etichettatura (indicatore chimico di processo,
tracciabilità, contenuto);
-
essere in grado di mantenere la sterilità del materiale.
I principali materiali e sistemi di imballaggio utilizzati per il confezionamento per
sterilizzazione a vapore saturo/gas plasma sono riportati di seguito nelle tabelle.
Lo strumentario e i DM risterilizzabili possono essere confezionati singolarmente o assemblati;
in quest’ultimo caso è corretto seguire l’orientamento del confezionamento per ogni singola
necessità (set per medicazione, per intervento chirurgico, ecc.) piuttosto che il confezionamento
per qualità. Le modalità di confezionamento sono quelle indicate nella TABELLA 1 e nella
TABELLA 2.
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TABELLA 1 - Confezionamento per sterilizzazione a vapore
INDICAZIONI D’USO
TIPO DI
CONFEZIONAMENTO
- Dispositivi singoli o assemblati
in piccoli set.
- Dispositivi voluminosi ma
leggeri (es.: set tubi respiratore)
BUSTA IN LAMINATO
PLASTICO E CARTA
CONTAINER
Dispositivi assemblati in set
CESTI A GRIGLIA
VANTAGGI
SVANTAGGI
- Identificabilità del contenuto
- Presenza di indicatore di
processo
- Non indicato per dispositivi pesanti.
- Teme l’umidità esposto a
strappi/lacerazioni
- Facile trasporto e stoccaggio.
- Resistente agli urti.
- Riutilizzabile.
- Contenuto non identificabile.
- Costi elevati in fase di acquisto.
- Necessitano di manutenzione (incluso
il lavaggio).
Obsoleti e non indicati
///
///
TABELLA 2 - Confezionamento a gas plasma
TIPO DI
INDICAZIONI D’USO
VANTAGGI
SVANTAGGI
- Dispositivi
singoli
o
assemblati in piccoli set.
- Dispositivi voluminosi ma
leggeri (es. set tubi
respiratore).
- Identificabilità del
contenuto.
- Resistente all’umidità.
- Mantenimento della sterilità
per lungo periodo (1 o 2
anni).
- Non indicato per dispositivi pesanti.
- Soggetto a strappi e lacerazioni.
- Non è sempre presente l’indicatore
di processo.
- Costo elevato.
CONFEZIONAMENTO
TYVEK
Ogni singola confezione deve riportare:
1.
i dati di rintracciabilità del ciclo di sterilizzazione;
2.
numero identificativo dell’autoclave;
3.
numero del carico/lotto;
4.
ciclo di sterilizzazione ed eventuale contenuto della confezione;
5.
data di sterilizzazione e di scadenza;
6.
firma dell’operatore che ha effettuato la sterilizzazione.
7.
Il contenitore, busta e pacco contiene due etichette di cui una, alla fine del ciclo, deve essere
applicato nella “scheda di registrazione e documentazione della sterilizzazione giornaliera” .
La seconda etichetta autoadesiva è necessaria per identificare il contenitore, busta e pacco, che
al momento dell’utilizzo l’infermiere di Sala Operatoria deve applicare nel “Batch di Sala
Operatoria del paziente”, per poi allegarlo nella cartella clinica.
5.7.1.8.1
Modalità per il confezionamento dei dispositivi medici




Rimuovere tappi e aprire i rubinetti per permettere il contatto dell’agente sterilizzante su
tutte le superfici del Dispositivo Medico;
Scomporre gli strumenti formati da più parti;
Chiudere alla prima tacca gli strumenti articolati;
Evitare di legare fra loro più strumenti;
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




5.7.1.8.2
Mantenere leggermente aperte le forbici;
Orientare gli oggetti cavi con l’apertura rivolta verso il basso o verso il lato carta al fine
di permettere la fuoriuscita dell’eventuale condensa;
Sistemare plastiche e gomme cercando, per quanto possibile, di mantenerle nella forma
originale;
Arrotolare i tubi o i DM molto lunghi se lo consentono, evitando di creare strozzature;
Inserire un indicatore di sterilità all’interno del pacco SOLO in caso di confezioni
voluminose.
Confezionamento con buste di carta, laminato plastico, TYVEK

Disporre i DM senza sovrapporli per evitare che l’agente sterilizzante non tocchi alcune
parti inficiando la sterilizzazione.

Proteggere le punte di aghi e taglienti con protezioni idonee alla sterilizzazione;

La sigillatura, in corrispondenza del lato di estrazione, deve lasciare un margine di
apertura di almeno 5 cm per consentire l’apertura della confezione;

Scrivere, se necessario, i dati relativi alla rintracciabilità del DM nel lembo di carta oltre
la termosaldatura servendosi di un pennarello idoneo alla sterilizzazione a gas plasma;

All’esterno del pacco porre un’etichetta riportante i dati per la rintracciabilità e la data di
scadenza;

L’ampiezza della termosaldatura non deve essere inferiore a 6 mm;

Le dimensioni della busta devono essere tali che il materiale contenuto non occupi più di
¾ del volume totale, lasciando in ogni caso non meno di 30 mm tra il contenuto e il
bordo interno della saldatura. Nel caso di doppia confezione la busta esterna deve essere
di dimensioni superiori a quella interna;

Introdurre il materiale in maniera tale da non causare danni alla busta, evitando
piegature del dispositivo introdotto, qualora non si tratti di materiale rigido;

Introdurre il dispositivo in modo tale che, al momento dell’apertura, sia estraibile la
parte che deve essere impugnata;

È consigliato il confezionamento in doppia busta per il materiale da utilizzare in campo
operatorio;

La termosaldatrice utilizzata per la sigillatura della busta in laminato plastico e carta
deve raggiungere una temperatura di 185-190°C; per quella in Tyvek da 120 a 122°C.
Tecnica di saldatura per ottenere delle saldature di ottima qualità e costanti nel tempo:

Evitare, durante la saldatura, che la busta subisca trazioni o movimenti.

Assicurarsi che la zona della busta da saldare sia pulita ed asciutta.
5.7.1.8.3

Distendere e mantenere disteso il bordo di saldatura fino a che questo non sia
completamente entrato nella zona di saldatura della macchina al fine di evitare pieghe o
arricciamenti.

Evitare di arrestare la saldatrice durante l’operazione di saldatura, se non in condizioni
di emergenza.

Evitare di introdurre buste sulle quali siano state applicate etichette o nastri adesivi nella
zona di saldatura: ciò comporterebbe depositi sulla linea di trasporto e conseguente
inceppamento.
Confezionamento dei container
Container per sterilizzazione: è un recipiente metallico di forma definita destinato ad uso
ripetitivo, con un’entrata obbligata per l’agente sterilizzante (a filtro, a valvola, a barriera
biologica). La chiusura è ermetica grazie ad una guarnizione e possono essere presenti
meccanismi di sicurezza per la segnalazione di aperture accidentali.
Non è consigliato il prelevamento frazionato del materiale sterile in esso contenuto.
Container a filtro: i filtri possono essere in carta crespata monouso, in stoffa riutilizzabile,
in PTFE (teflon). Questi materiali devono la loro proprietà Batterio-Retentiva alla presenza di
un complesso intreccio di fibre che, interconnettendosi, formano una via impercorribile per gli
agenti contaminanti.
I filtri in tessuto devono essere sostituiti periodicamente a secondo dell’utilizzo o quando
visibilmente alterati, attenendosi comunque alle indicazioni del produttore. Necessitano
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pertanto di una registrazione del numero di cicli o, in alternativa, va definito il periodo di
utilizzo.
I filtri in carta devono essere sostituiti ad ogni ciclo di sterilizzazione.
I filtri con membrana filtrante in PTFE (teflon) vanno sostituiti ogni 5000 cicli di
sterilizzazione.
Container a valvola: il sistema a valvola funziona in conseguenza delle variazioni di
pressione indotte nell’autoclave durante il processo di sterilizzazione. Grazie alle sue
caratteristiche strutturali, la valvola si apre e si chiude a seguito di differenze di pressione tra
interno ed esterno del container maggiori di 7 mBar.
Container a barriera biologica: è un sistema labirintico, inibitore di flusso secondo
Pasteur, di interscambio aereo e mantenimento della sterilità. Consiste in un sistema integrato
nel coperchio formato da uno o due lastre che devono essere collegate prima dell’avvio del
processo di sterilizzazione, la lastra viene bloccata col coperchio mediante una rotazione in
senso orario sino al raggiungimento dell’arresto permettendo così la penetrazione dell’agente
sterilizzante.
Sistemi di sigillatura: sistemi che permettono la verifica dell’apertura accidentale del
container.
Sigilli in plastica monouso: i containers possono venire aperti dopo la loro apposizione solo
mediante rottura, essi vengono introdotti prima della sterilizzazione nelle forature trasversali
della chiusura e chiusi tra pollice e indice (premere completamente l’uno contro l’altro
evitando però di piegarli). Per togliere la sigillatura afferrare il sigillo, girare e non tirare.
Sigillatura automatica nel sistema a valvola: i containers con questa chiusura sigillano
automaticamente i tiranti di chiusura grazie all’influsso del calore durante la sterilizzazione.
Nello stato di sigillatura appare una barra trasversale di marcatura. Per togliere la sigillatura, la
chiusura viene premuta verticalmente verso l’alto fino allo scomparire della marcatura: solo da
questo momento si può aprire il tirante della chiusura.
Sigillatura automatica nel sistema barriera: i container con questa chiusura sigillano
automaticamente i tiranti di chiusura grazie all’influsso del calore durante la sterilizzazione.
Il display di sterilizzazione vira dal colore rosso a quello verde. Quanto si attiva il tasto di
apertura, anche di pochi mm. da un solo lato, il display assume il colore rosso.
Busta e rotoli in carta Kraft e polietilene: le buste e rotoli rappresentano una tipologia di
confezionamento molto pratica e molto utilizzata, sono composti da un lato di carta (carta
Kraft) e da un lato di laminato plastico multistrato (polietilene), esistono diverse tipologie:
buste piatte; con soffietto; autosigillanti; rotoli piatti; rotoli con soffietto.
Le buste sono disponibili in varie misure standard, mentre i rotoli (di diverse misure) possono
essere tagliati della dimensione necessaria.
La sigillatura delle buste avviene attraverso una termosaldatrice che deve rispondere ai requisiti
citati precedentemente.
Tutte le buste e i rotoli devono riportare gli indicatori di processo sia sul lato della carta che sul
lato laminato (per vapore e per ossido di etilene). Tali indicatori devono avere una dimensione
inferiore a 1 cm 2 ed essere stampigliati a una distanza non superiore a 10 cm uno dall’altro
(secondo normativa). I rotoli devono inoltre riportare sui bordi un crittogramma che indichi il
verso di apertura.
Esistono buste e rotoli dotati di soffietto per i quali occorre una particolare attenzione nella
termosaldatura, perché sono più soggetti a problemi durante la sigillatura e la riapertura.
Altrettanto critico è l’utilizzo delle buste autosigillanti poiché richiedono una particolare
attenzione nella procedura di chiusura che deve essere conforme alle indicazioni del
fabbricante.
Carta Medical Grade e TNT: sono il metodo più economico di confezionamento per
strumenti voluminosi perché permettono un’ampia adattabilità al dispositivo medico da
confezionare e inoltre, l’agente sterilizzante penetra con molta facilità su tutti i lati.
Sono disponibili in fogli di varie dimensioni e colore, sono porosi e per questo sono utilizzati
solitamente in doppio strato; i fogli già sottoposti a sterilizzazione non devono essere
risterilizzati. Sono indicati per la sterilizzazione a vapore e a ossido di etilene. Il
confezionamento può avvenire secondo il metodo a busta o a caramella, in base al volume e al
peso del dispositivo da sterilizzare: in ogni caso, non si devono mai superare le dimensioni
dell’unità di sterilizzazione (cm 30x30x60) e 5 Kg di teleria o 7 Kg di strumentario chirurgico.
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Carta Medical Grade e TNT hanno lo svantaggio che non permettono di vedere il contenuto e
temono l’umidità.
5.7.1.8.4
Allestimento
5.7.1.8.4.1
Modalità di allestimento









5.7.1.8.4.2
È necessario rivestire l’interno del container con un telo per sterilizzazione,
preferibilmente non di cotone, al fine di avvolgere il materiale contenuto e permetterne
così un’estrazione asettica.
La dimensione del telo, che dovrà essere sostituito ad ogni processo di sterilizzazione,
deve essere tale da coprire le pareti esterne del container; fare attenzione che lembi del
tessuto sporgenti non ostacolino la corretta chiusura del coperchio.
In caso di presenza di termo convogliatore, il telo deve essere fenestrato in
corrispondenza dello stesso, al fine di permettere alla condensa di poter sgocciolare
liberamente sul fondo.
Per un container da un’unità di sterilizzazione, il foro centrale del telo dovrà essere di
40x20 cm. Per un container di dimensioni inferiori all’unità di sterilizzazione, il foro del
telo dovrà essere di 20x20 cm.
I containers non devono essere riempiti oltre il margine inferiore della rientranza del
bordo della vasca: il coperchio ancora aperto deve appoggiare in piano e non “oscillare”
e le chiusure del coperchio devono poter venire chiuse senza dover esercitare nuove
pressioni sul coperchio.
In caso di coperchio non chiuso correttamente o se la guarnizione non chiude in modo
corretto, non è garantito il mantenimento della sterilità.
Il peso di carico complessivo di un container non deve superare i 10 Kg.
Applicare sigillo di sicurezza.
Applicare l’etichetta con indicatore di processo e riportarvi i dati relativi al processo di
sterilizzazione.
Allestimento della griglia chirurgica
Il personale addetto dovrà avere cura di:

Smontare per quanto possibile gli strumenti per facilitare così il passaggio dell’agente
sterilizzante;

posizionare un indicatore di processo fra gli strumenti inseriti;

ripiegare il telo sopra la griglia chirurgica;

posizionare il coperchio.
Pulizia manuale e meccanica
Da effettuare ad ogni uso; prima del lavaggio, rimuovere i filtri o le lastre del filtro a barriera
biologica.
Il personale addetto dovrà avere cura nella pulizia manuale di:
 Separare il coperchio interno ed esterno;
 Utilizzare dei panni morbidi unicamente con detergenti neutri;
 Non usare spazzole metalliche o prodotti abrasivi;
 Dopo la pulizia sciacquare abbondantemente e asciugare con cura.
Il personale addetto dovrà avere cura nella pulizia meccanica di:

Separare il coperchio interno ed esterno;

I coperchi smontati siano introdotti in posizione obliqua nella lava strumenti.
Manutenzione dei container
Prima di collocare gli strumenti nei singoli containers. (uno per ogni tipologia di
intervento), l’operatore addetto (infermiere, OSS, strumentista) verifica che:

all’interno del container non vi siano lesioni, abrasioni o ammaccature il bordo del
coperchio non deve presentare torsioni visibili le guarnizioni siano presenti e intatte sul
coperchio interno maniglie, tiranti di chiusura e simili non siano allentate (oscillanti);

filtri/valvole, piastre di supporto filtro o lastre, oppure i coperchi interni delle valvole
non presentino deformazioni visibili;

le valvole siano funzionanti;

nei containers con filtro a barriera le lastre siano state correttamente montate;
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
il termoconvogliatore di condensa sia avvitato regolarmente controllando manualmente
la tensione della molla.
Rischio di deformazione
L’apertura del container deve essere eseguita sbloccando entrambe le chiusure e sollevando poi
il coperchio verso l’alto. L’apertura effettuata, sbloccando una sola chiusura e ribaltando poi il
coperchio facendo peso sulla chiusura ancora bloccata, provoca danneggiamento del container.
Situazioni critiche
Nel caso si riscontrino le criticità sotto elencate dopo il processo di sterilizzazione, il container
non può essere ritenuto idoneo per l’utilizzo.

Sigilli rotti

Mancata marcatura del sistema di autosigillatura: la piombatura di questo sistema è
effettiva solamente ad avvenuto raffreddamento (circa 10 minuti dopo la sterilizzazione)

Etichetta con indicatore di processo non virato.
Occorre inoltre ricordare che:

Gli involucri di confezionamento non devono essere riutilizzati (carta Medical Grade,
buste, accoppiato);

I contenitori poliuso (container) devono essere sanificati prima del processo di
sterilizzazione, lavati o puliti accuratamente per rimuovere tracce di collanti, etichette,
polvere e materiale organico;

A ogni utilizzo la parte filtrante dei contenitori riutilizzabili deve essere cambiata se
monouso o verificata per l’integrità se riutilizzabile;

I contenitori riutilizzabili devono essere periodicamente controllati per verificare il
mantenimento delle proprietà di barriera (guarnizioni, fermi filtri, chiusure, ecc);

Il confezionamento con involucri richiede la chiusura attraverso l’utilizzo di nastro
indicatore e nastro adesivo neutro, evitando l’eccesso poiché è potenzialmente
pericoloso per l’integrità dei guanti degli operatori e antieconomico;

Il materiale accidentalmente caduto a terra va considerato sporco e quindi deve essere
sottoposto a un nuovo lavaggio;

Tubi e strumenti cavi devono avere le aperture libere per facilitare la penetrazione
dell’agente sterilizzante; tubi lunghi e cavi elettrici/ottici devono essere arrotolati in
modo da non avere pieghe o strozzature e non devono essere legati mediante elastici;

Lo strumentario chirurgico non deve essere confezionato insieme a garze e teli;

È necessario valutare sempre peso e dimensioni del dispositivo da confezionare sulla
tipologia di confezionamento (ad esempio non superare mai 7 Kg per lo strumentario);

Il confezionamento delle telerie deve essere tale da permettere la penetrazione
dell’agente sterilizzante (non ammassare i teli).

Porre all’esterno delle confezioni, da sottoporre a processo di sterilizzazione, il sigillo
con l’indicatore di processo annesso per consentire, al termine del ciclo, di identificare
la confezione già sottoposta a sterilizzazione e per valutare il viraggio che attesti
l'avvenuta sterilizzazione.

Dopo il confezionamento del materiale, ogni contenitore, busta e pacco viene
identificato mediante targhetta autoadesiva “sistema gke” che riporta:
 Le iniziali dell’infermiere addetto;
 Il numero identificativo della sterilizzatrice;
 Il numero progressivo del ciclo di sterilizzazione;
 L’identificazione dell’E.O. cui è destinato il materiale;
 La data di sterilizzazione;
 La data di scadenza;

Ogni contenitore o busta o pacco contiene due etichette, una delle quali alla fine del
ciclo, sono archiviate nel verbale di sterilizzazione dall’infermiere addetto alla
sterilizzazione;

Controllare, se si hanno cestelli metallici, la guarnizione sul coperchio e i filtri tessili o
di carta.
5.7.1.9
Dispositivi di protezione individuale
Ogni dispositivo di protezione deve essere scelto, previa valutazione del rischio, in
considerazione della specifica attività espletata e deve possedere la caratteristica fondamentale
di tutelare l'operatore dall'interazione con gli agenti biologici che determinano il rischio di
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esposizione, ponendo la dovuta attenzione agli aspetti normativi relativi al: “Titolo III del
D.Lgs 81/2008 e successive modifiche e integrazioni”.
Considerando l’attuale stato dell'arte delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, si elencano,
nella tabella sottostante, i DPI che si ritengono appropriati per gli operatori addetti alla
sterilizzazione da adottare sia durante la raccolta sia durante il trasporto e pulizia.
TABELLA 1 - Confezionamento per sterilizzazione a vapore
DPI CONSIGLIATI
FASE DEL PROCESSO
 Guanti da lavoro
Raccolta/trasporto
 Camice non sterile
 Guanti lunghi da lavoro
Decontaminazione
(manuale)
 Visiera integrale con mascherina chirurgica oppure mascherina
chirurgica con occhiali protettivi
 Camice non sterile
 Facciale filtrante per sostanze chimiche (agenti chimici che contengono
fenoli) in alternativa alla mascherina chirurgica.
 Guanti lunghi da lavoro
Lavaggio e risciacquo
(manuale)
 Visiera integrale con mascherina chirurgica oppure mascherina
chirurgica con occhiali protettivi
 Camice non sterile impermeabile.
 Camice non sterile con grembiule impermeabile.
 Guanti lunghi da lavoro
Asciugatura
 Visiera integrale con mascherina chirurgica oppure mascherina
chirurgica con occhiali protettivi
 Camice non sterile
Controllo/manutenzione del
materiale
5.7.2
 Guanti non sterili puliti
Sterilizzazione a vapore saturo
L’agente sterilizzante è il calore umido sotto forma di vapore saturo, sottoposto a pressione,
per raggiungere temperature superiori ai 100°C in autoclave. La sterilizzazione si ottiene
mediante l’intervento combinato di tre fattori: pressione, temperatura e tempo. La temperatura
del vapore sottoposto a pressione aumenta progressivamente in proporzione alla pressione del
vapore; durante la fase di sterilizzazione, la temperatura e la pressione si mantengono a livelli
stabiliti e standardizzati. Le relazioni tra i tre parametri sono indicate nella Farmacopea
Europea e dalle normative europee sulla sterilizzazione a vapore. (EN 285, EN 13060, EN 554,
UNI EN ISO 17665-1). L’infermiere addetto alla sterilizzazione è deputato all’esecuzione delle
fasi descritte nei paragrafi successivi.
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5.7.2.1
Pulizia interna della camera di sterilizzazione
Per la periodicità e le modalità della pulizia si rimanda alle istruzioni contenute nel manuale
specifico dell’autoclave.
5.7.2.2
Sistemi di verifica a ogni ciclo di sterilizzazione
A ogni ciclo di sterilizzazione eseguire i controlli fisici del funzionamento
dell’autoclave, vale a dire la verifica della temperatura, pressione, tempo di esposizione e
orario di inizio e fine ciclo.
I risultati dei controlli fisici, contenuti nello scontrino rilasciato dalla sterilizzatrice e gli
indicatori chimici, devono essere applicati nella scheda di registrazione e documentazione
della sterilizzazione giornaliera.
Qualora la sterilizzatrice non rilasci l’apposito scontrino, compilare la scheda di efficacia
della sterilizzazione per ciclo eseguito
5.7.2.3
Accensione e verifica del pre-riscaldamento
Il pre-riscaldamento è la messa a regime dell’autoclave e va eseguito prima dell’avvio dei cicli
giornalieri e deve essere ripetuto ogni qualvolta l’autoclave rimane spenta per più di 3 ore, o
dalle modalità previste del manuale d’uso. Tale procedura consente il riscaldamento della porta
e delle pareti della camera con vaporizzazione dell’acqua contenuta nella sua camicia che, se
presente, ostacola il normale processo di sterilizzazione.
L’esito della verifica deve essere registrato nella scheda di registrazione e documentazione
della sterilizzazione giornaliera.
5.7.2.4
Prova di tenuta della camera (vuoto test)
Il test va eseguito prima dei cicli giornalieri e deve essere ripetuto ogni volta che l’autoclave
rimane spenta per più di 3 ore.
Il vuoto test serve a verificare la capacità di tenuta della camera di sterilizzazione e
l’andamento della pressione. Il test è valido se nei dieci minuti di mantenimento del vuoto, la
perdita di pressione è inferiore a 13 mbar;
in caso contrario l’autoclave non va utilizzata e va richiesto un intervento di manutenzione
straordinaria.
I risultati della prova vanno registrati nell’apposita scheda di registrazione e documentazione
della sterilizzazione giornaliera.
5.7.2.5
Prova di penetrazione del vapore (simulatore test di bowie–dick con sistema
“gke")
L’azione sterilizzante dell’autoclave a vapore è strettamente legata alla possibilità che ha il
vapore saturo (non miscelato di aria) di raggiungere tutti i punti del carico.
Il test di simulazione Bowie–Dick gke deve essere eseguito quotidianamente dopo
l’effettuazione del pre-riscaldamente e del vuoto test. Il test di Bowie-Dick è predisposto a
garantire la rimozione dell’aria e la penetrazione del vapore anche nei dispositivi cavi.
5.7.2.6
Caricamento dell’autoclave
Il caricamento dell’autoclave a cura dell’infermiere o suo delegato deve essere eseguito:

Facendo sì che il carico sia uniformemente distribuito e non tocchi le pareti interne, in
modo che il vapore possa circolare liberamente e penetrare in ogni confezione;

Mantenendo, in caso di cateteri e strumenti cavi, aperti e posizionati con l’apertura verso il
basso per evitare la formazione di condensa;

Sistemando, senza pressare, le buste ed i pacchi di carta nelle apposite griglie, in posizione
verticale tale da essere paralleli al fluire del vapore; le superfici in polietilene devono essere
abbinate tra loro;
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5.7.2.7

Ponendo i pacchi piccoli sopra quelli di dimensioni più grandi;

Evitando di chiudere i filtri dei containers o i fori dei cestelli a ghiera;

Avvolgendo in un panno le buste o le confezioni nel caso siano poche;

Collocando i carichi pesanti e gli oggetti cavi nel piano inferiore;

Evitando di comprimere il materiale nei cestelli e che lo stesso non venga in contatto con le
pareti della camera di sterilizzazione;

Lasciando uno spazio adeguato tra materiale e parete dell’autoclave;

Garantendo che ogni carico sia identificabile rispetto alla data della sterilizzazione, alla
macchina utilizzata, all’operatore che ha condotto il ciclo per poter risalire agevolmente al
materiale in caso di cicli di dubbia efficacia;

Posizionando il dispositivo per il test di simulazione di sterilità modello “gke” nella camera
dell’autoclave, in cima al carico da sottoporre a sterilizzazione, secondo le modalità
previste nella Istruzione Operativa I_PGS-DSA-7-02_02.

Osservando, per ogni ciclo di sterilizzazione, scrupolosamente le indicazioni prescritte dalla
ditta costruttrice dell’autoclave, cioè il manuale d’uso che dovrà essere messo a
disposizione, al bisogno, per un’agevole e immediata consultazione.
Ciclo di sterilizzazione
La scelta del ciclo di sterilizzazione è in funzione del materiale da processare e viene
selezionato secondo quanto descritto nella TABELLA 1.
TABELLA 1 - CICLI DI STERILIZZAZIONE
CICLO
Materiale
Temperatura
(in °C)
Tempo
(in minuti)
Pressione
(in bar)
A
Tessili strumenti metallici e
vetrerie confezionati
134°
5-7
2.1
B
Strumenti metallici e vetrerie
non confezionati
134°
4
2.1
C
Materiale in gomma o plastica
autoclavabile
121°
15 - 20
1.1
N.B. I tempi in tabella sono indicativi e variano secondo il tipo di autoclave. Superare i
tempi di esposizione indicati, non è indice di sicurezza.
E’ imperativo, al contrario, attenersi alle convalide effettuate dal fabbricante al momento
dell’istallazione dell’autoclave.
5.7.2.8
Scarico del materiale sterilizzato a vapore.
Prima di eseguire lo scarico verificare che il grafico di registrazione indichi un corretto
svolgimento delle fasi. Quindi:

Eseguire un lavaggio delle mani o frizione alcolica delle stesse;

Attivare l’apertura della porta;

Verificare il viraggio dell’indicatore posto all’interno del sistema gke;

Chiudere le cerniere dei cestelli;

Attendere il raffreddamento della camera di sterilizzazione per evitare che lo shock termico
induca la formazione di condensa;
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
Scaricare i materiali;

Controllare che le buste ed i pacchi siano asciutti ed integri.
Dopo lo scarico, alla fine del ciclo, una delle due targhette del sistema gke allegata a un
contenitore/pacco o busta è staccata e incollata nella scheda di registrazione e
documentazione della sterilizzazione giornaliera “M_PGS-DSA-7-02_01” dall’infermiere
addetto alla sterilizzazione.
NB: La condensa si forma alla presenza di sbalzi di temperatura ed è il risultato della
trasformazione in liquido dell’umidità aeriforme contenuta nel calore. La sua presenza
costituisce un evento negativo poiché l’umidità è l’habitat ideale per la proliferazione
microbica. Vanno adottate le sotto elencate strategie per ridurre la condensa:
5.7.2.9

confezionamento;

rispetto dei pesi dei set chirurgici o containers;

carico corretto;

evitare di scaricare immediatamente l’autoclave per permettere di riequilibrare la
temperatura ed evitare uno stress termico all’interno degli imballi;

nello scarico evitare di appoggiare il carico ancora caldo su superfici fredde.
Trasporto e stoccaggio
Il trasferimento del materiale sottoposto a processo di sterilizzazione può avvenire nei seguenti
modi:

tragitti brevi: utilizzare carrelli o contenitori aperti, puliti e asciutti.

tragitti lunghi: utilizzare carrelli o contenitori chiusi, puliti e asciutti.
Per una corretta conservazione del materiale assicurare buone condizioni ambientali e
strutturali:

condizioni microclimatiche (grado di umidità inferiore al 50%, assenza di muffa, porte e
finestre chiuse);

locali puliti ed asciutti con pavimenti e pareti facilmente pulibili, con accesso limitato;

eventuali scaffalature in acciaio inox disposte a 20-25 cm da terra, 40- 50 cm dal soffitto e
15-20 cm dalla parete, in modo che il materiale depositato non venga a contatto con le
pareti e sia al riparo dalla luce diretta e da polveri in armadi chiusi e ben puliti lontano da
fonti di calore.
L’infermiere addetto deve:

evitare manipolazioni non necessarie;

riporre il materiale in modo tale che il suo utilizzo sia sequenziale con la data di
sterilizzazione per evitare che le confezioni scadano;

evitare l’utilizzo di elastici per assemblare più confezioni al fine di non creare microlesioni
sulla barriera biologica;

assicurarsi prima della consegna, che il periodo di sterilizzazione non sia scaduto;

adeguare le scorte al fabbisogno;

rigenerare le confezioni danneggiate, scadute o comunque non più sterili;

confezionare e sterilizzare di nuovo il materiale con rotture, lacerazioni del pacco o quando
ancora bagnato.
Il tempo della sterilità è in relazione al tipo di imballaggio, alle modalità di trasporto, al
numero delle manipolazioni e alle modalità di stoccaggio e sono descritti nella TABELLA 2.
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Con queste variabili è difficile esprimere dei limiti rigorosi per lo stoccaggio dei presidi
sterilizzati.
TABELLA 2 - CICLI DI STERILIZZAZIONE
5.7.2.10
Imballaggio
Tempo di stoccaggio
Carta Medical Grade solo un involucro
Carta Medical Grade doppio involucro
Carta Kraft + Polietilene busta singola
Carta Kraft + Polietilene busta doppia
Cesti con cerniere
Containers con filtri o valvola
1-3 gg
30 gg
30 gg
60 gg
24 ore
30 gg
Sterilizzazione inefficace
In caso di sterilizzazione inefficace, il ciclo deve essere ripetuto 3 volte. Il materiale sottoposto
a quel dato ciclo di sterilizzazione non deve essere utilizzato e se anche il 3° ciclo è stato
inefficace informare la ditta di manutenzione.
5.7.2.11
Utilizzo del materiale sterile
L’uso inappropriato del presidio medico chirurgico vanifica ogni rigorosa esecuzione delle
precedenti fasi, pertanto l’asetticità della manovra di apertura del dispositivo sterile va
presidiata attenendosi alle seguenti raccomandazioni:
5.7.2.12

Eseguire lavaggio o decontaminazione alcolica delle mani;

Verificare il viraggio dell’indicatore chimico di processo;

Verificare l’integrità della confezione, asciutta, priva di polvere sulla superficie;

Verificare la scadenza;

Aprire asetticamente la confezione.
Tracciabilità del prodotto
La tracciabilità è un sistema di controllo che consente nel tempo di identificare e rintracciare il
materiale sterilizzato in ogni momento del suo percorso. La tracciabilità consiste in una
raccolta documentale descrittiva delle fasi dell’intero processo di sterilizzazione, tramite la
quale è possibile risalire ai prodotti sterilizzati dalla singola Sala Operatoria o dalla Centrale o
Servizio di Sterilizzazione, qualora occorresse un fatto che abbia potuto mettere in discussione
il processo stesso o la garanzia del risultato.
Gli interventi eseguiti per la decontaminazione, detersione e lavaggio confezionamento e
stoccaggio e l’impiego dei dispositivi di protezione dall’infermiere addetto alla sterilizzazione
devono essere documentate nell’apposito modulo cartaceo “scheda di registrazione e
documentazione giornaliera della decontaminazione, lavaggio, confezionamento e
stoccaggio”, compilata in tutte le sue parti e archiviata.
La raccolta dello strumentario chirurgico deve essere eseguita immediatamente dopo la
conclusione dell’intervento chirurgico. Le informazioni acquisite attraverso il sistema di
tracciabilità sono alquanto rilevanti per identificare eventuali connessioni tra infezioni e
processi di sterilizzazione.
5.7.2.13
Il controllo biologico
Il controllo biologico è un sistema di verifica periodico finalizzato a verificare l’adeguatezza
del processo, poiché risulta in grado di indicare e integrare tra loro non solo i fattori tempo e
temperatura, ma anche quei fattori, conosciuti e non, che influenzano la disattivazione
biologica.
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Gli indicatori biologici sono, infatti, preparazioni standardizzate (secondo le norme EN 866) di
microrganismi (Bacillus stearothermophilus) sotto forma di spora, realizzate in uno stato che
conferisce una particolare resistenza del microbo all’agente sterilizzante.
Tali controlli hanno, però, lo svantaggio di non poter sempre rilevare la presenza di una zona
“fredda” o bolla d’aria, se si trovano dislocati in un punto casualmente diverso da questo.
Necessitano, inoltre, di tempi di osservazione prolungati prima di conoscerne l’esito, poiché gli
indicatori devono essere sottoposti a coltura microbiologica.
5.7.2.14
Sistemi di verifiche e controlli
Il sistema delle verifiche e dei controlli eseguiti sia da parte degli operatori sanitari addetti alla
sterilizzazione (TABELLA 3) che da parte di personale delle ditte esterne di manutenzione
(TABELLA 4), rappresenta una buona pratica di fondamentale importanza per rilevare
eventuali criticità legate ad ogni singola fase dell’intero processo di sterilizzazione e quindi
uno strumento, continuo e periodico, orientato a prevenire ed evitare rischi di
malfunzionamento dell’autoclave o di inadeguatezza di cicli di sterilizzazione.
TABELLA 3 - Verifiche sistematiche e periodiche - Operatori addetti a sterilizzazione
Tipologia di controllo
Procedura
Frequenza
Riferimenti o note
Sistematico (giornaliero)
Ciclo di riscaldamento
Ogni giorno, prima di
iniziare il test del vuoto
Uniformare il calore all’interno
della camera di sterilizzazione
Sistematico (giornaliero)
Prova di tenuta o vuoto
test
Ogni giorno, prima di
iniziare il test di Bowie Dick
UNI EN 285: 1996 (cap 20)
UNI EN 554 : 1996
Sistematico (giornaliero)
Test di Simulazione
Bowie-Dick tipo “Gke”
Ogni giorno, prima di iniziare i cicli di
sterilizzazione
UNI EN 285: 1996 (cap 9)
UNI EN 554: 1996 (cap 6)
Nelle situazioni operative dove
l’autoclave rimane sempre accesa, il
test va ripetuto ogni 24 ore
UNI EN 554: 1996
Sistematico (giornaliero)
Periodico
Conformità del ciclo
Ogni ciclo
Controllo biologico
Ogni 15 giorni
I parametri del ciclo di
sterilizzazione rientrino nei limiti
determinati nella qualifica di
prestazione.
UNI EN 866
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TABELLA 4 - Controlli e verifiche periodiche - Ditta Manutentrice
Periodico
Controllo microbiologico
Annualmente inserito nella qualifica di prestazione
(convalida)
UNI EN 554: 1996,
OMS dicembre 2002,
UNI EN 285: 1996 (cap 17)
F.U. XI edizione: 2002
Periodico
Prova termometrica
Almeno annualmente inserita nella qualifica di
prestazione (convalida) e quando si ritiene opportuno.
UNI EN 285: 1996 (cap 18)
UNI EN 554: 1996 (All)
Periodico
Test di umidità residua
Annualmente, inserita nella qualifica di prestazione
(convalida) e quando si ritiene opportuno.
UNI EN 285: 1996 (cap 22)
Periodico
Qualifica di
prestazione(convalida)
Periodico
Accettazione in servizio
5.8
Annualmente e quando si ritiene opportuno (cambio
tipologia di carico, sostanziali modifiche strutturali
all’autoclave)
Al collaudo dell’apparecchiatura o quando è
modificata strutturalmente.
UNI EN 285: 1996
UNI EN 554: 1996
UNI EN 285: 1996
ACQUISIZIONE DEL CONSENSO INFORMATO
Affinché la persona sia in grado di esprimere un assenso o diniego giuridicamente valido ad un
determinato trattamento, è necessario che il consenso basato su una corretta informazione, la
quale deve rispondere ai seguenti requisiti:
-
comprensibilità: l'informazione deve essere espressa con linguaggio semplice, chiaro e
correlato alla situazione di salute, psicologica, culturale e linguistica del paziente; va
pertanto impiegato, se ritenuto necessario in rapporto alle condizioni del paziente e/o alla
natura e complessità del trattamento proposto, ogni idoneo materiale informativo recante
notizie ed informazioni che consentano al paziente di comprendere compiutamente ciò
che verrà effettuato;
-
chiarezza: le informazioni, notizie o dati specialistici devono essere forniti in una grafia
leggibile per tipologia e dimensioni e senza uso di sigle o termini scientifici
incomprensibili da parte del paziente;
-
completezza ed obiettività: l'informazione offerta deve essere finalizzata a fornire, su fonti
scientificamente valide ed in modo veritiero, tutte le informazioni inerenti l'atto sanitario
proposto e a soddisfare ogni quesito specifico posto dal paziente. In particolare, i pazienti
devono essere informati in ordine a:
o
le condizioni cliniche, specie quelle particolarmente degne di nota;
o
la procedure proposta unitamente a quelli associati e a quelli eventualmente
successivi;
o
i potenziali risultati conseguibili e i possibili inconvenienti del trattamento proposto;
o
le possibili alternative rispetto al trattamento proposto;
o
le probabilità di successo del trattamento proposto;
o
i possibili problemi di recupero e/o le possibili ricadute sull'attività lavorativa e
nell'ambito della vita familiare o sociale;
o
i possibili esiti del non trattamento.
L'informazione è pertanto il requisito qualificante del consenso in ambito sanitario e
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presupposto imprescindibile per una scelta consapevole.
In merito al grado di dettaglio e specificità dell'informazione da fornire, si precisa che l'art. 33
del codice di deontologia medica afferma che “Il medico deve fornire al paziente la più idonea
informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative
diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà
comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di
promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte
diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve
essere soddisfatta.”
Ha titolo a ricevere l'informazione esclusivamente il paziente maggiorenne e capace di intende
e volere. Il consenso al trattamento espresso dai familiari è giuridicamente irrilevante.
L'informazione a terzi, compresi i familiari, è ammessa soltanto con il consenso esplicitamente
espresso dal paziente.
La validità del consenso richiede che il soggetto sia in grado di comprendere correttamente e
completamente l'informazione ricevuta. Da ciò deriva che il consenso per essere valido deve
essere espresso da soggetto capace di intendere e di volere.
Ostacoli alla comprensione possono essere rappresentati da condizioni e/o sentimenti connessi
con la malattia. E' dunque possibile che una parte di ciò che viene detto al paziente venga
dimenticato e/o rimosso e tale proporzione cresce con la quantità di informazioni presentate. Di
ciò occorre tenere conto nella scelta del modo e dei tempi in cui presentare al paziente le
informazioni che gli sono indispensabili per una decisione consapevole.
La manifestazione di volontà deve essere libera ed esplicita, espressa dal paziente in modo
inequivocabile in forma scritta.
Per essere libero il consenso deve pertanto essere esente da vizi, coercizioni, inganni, errori,
pressione psicologica al fine di influenzare la volontà del paziente. Per quanto possibile, va
evitato il rischio che vi sia un involontario e non esplicito condizionamento legato alla
asimmetria informativa tra medico e paziente, eventualmente accentuata dalla gravità della
malattia e dalla complessità della terapia.
La libertà decisionale implica il rispetto della decisione del paziente di rifiutare un trattamento
efficace, così come la possibilità di revocare in qualunque momento la propria scelta, anche
nell'immediatezza della procedura sanitaria che si sta ponendo in essere.
Il consenso, infine, non è mai implicito neppure allorché tra medico e paziente si instaura un
rapporto di completa collaborazione, ma va espresso in modo esplicito e relativamente allo
specifico atto proposto.
Per riconoscere la competenza decisionale di un soggetto va accertato se il medesimo sia in
grado di interagire con i curanti, di comprendere, di decidere, di intendere le alternative e di
capirne la natura, di dare risposte dotate di coerenza e persistere nelle conclusioni espresse.
Il medico che esegue una procedura diagnostica o terapeutica per la quale è richiesto un
consenso informato specifico ha la responsabilità di:
5.8.1
-
informare il paziente sulla procedura cui verrà sottoposto,
-
richiedere al paziente la sottoscrizione del modulo di consenso informato;
-
firmare il modulo di consenso informato;
-
archiviare nella cartella clinica il modulo di consenso informato.
Le attività per le quali è richiesto il consenso informato scritto
È obbligatoriamente richiesto il consenso informato scritto per:
-
trasfusione di sangue ed emoderivati, donazione di sangue e midollo osseo (legge n.
107/90, D.M. 25 gennaio 2001, D.M. 26 gennaio 2001, legge n. 52/01, legge n.
219/05);
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-
accertamento diagnostico HIV (legge n. 135/90);
-
procreazione medicalmente assistita (legge n. 40/04, D.M. 21 luglio 2004, D.M. 16
dicembre 2004);
-
donazione di organi e tessuti tra persone viventi (legge n. 458/67, legge n. 483/99);
-
interruzione volontaria di gravidanza (legge n. 194/78);
-
sperimentazione clinica dei medicinali e in oncologia (D.M. 27 aprile 1992, D.M. 15
luglio 1997, D.L. n. 23/98 e legge di conversione n. 94/98);
-
radiazioni ionizzanti a scopo di ricerca (decreto legislativo n. 230/95, decreto
legislativo n. 187/00);
-
terapia elettroconvulsivante (circolare Ministero della Salute del 13 marzo 1999).
Per altre attività sanitarie non esiste un obbligo normativo di consenso informato scritto.
Tuttavia il codice di deontologia medica all’art. 35 afferma:
“Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del
consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi
previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o
terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna
una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del
processo informativo di cui all'art. 33.
Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave
rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema
necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una
opportuna documentazione del consenso.
In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere
dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico
contro la volontà della persona.
Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel
rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento
terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente.”
Un elenco indicativo, e non esaustivo, di attività sanitarie per le quali è necessario acquisire un
consenso informato specifico scritto comprende:
-
interventi chirurgici;
-
procedure anestesiologiche;
-
procedure di diagnostica invasiva (ad esempio: procedure endoscopiche,
coronarografia, ecocardiografia transesofagea, ecocardiografia con stress
farmacologico, test ergometrico, artroscopia, rachicentesi, biopsia, studio
elettrofisiologico ed ablazione,…);
-
procedure terapeutiche invasive (ad esempio: cateterismo venoso centrale, PTCA,
cardioversione elettrica, drenaggio percutaneo, polipectomia endoscopica,
chemioembolizzazione, alcolizzazione, terapia sclerosante, applicazione di pacemaker, colangiografia retrograda,…);
-
procedure di radiologia diagnostica o interventistica, con impiego di mezzi di
contrasto;
-
trattamenti farmacologici ad alto rischio (ad esempio chemioterapia);
-
trattamenti radioterapici.23-24-25
23
Manuale degli Standard Joint Commission International (JCI) per l’Accreditamento degli Ospedali, ed. 3th, 2011. Standard PFR.6, pag 64, “Il
consenso informato del paziente è acquisito attraverso un processo definito dall’organizzazione e implementato da personale addestrato.”
24
Manuale degli Standard Joint Commission International (JCI) per l’Accreditamento degli Ospedali, ed. 3th, 2011. Standard PFR.6.4, pag 66, “Il
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5.8.2
Quando e come deve essere fornita l’informazione
In relazione a livello di rischio, le informazioni utili all’acquisizione del consenso informato
devono essere somministrate con un intervallo di tempo tra l’informazione e la manifestazione
del consenso sufficiente a consentire al paziente di poter riflettere sul contenuto informativo
ricevuto ed eventualmente sottoporlo all'attenzione del medico di sua fiducia e/o dei
familiari.26
A cura delle singole strutture organizzative devono essere predisposte schede informative sulle
attività oggetto del consenso.
Si raccomanda di registrare il momento dell'informazione come atto medico. Pertanto deve
essere archiviata copia del foglio informativo consegnato al paziente, sottoscritto dal paziente
medesimo e dal medico, trascrivendo la data della consegna.
La data in cui al paziente sono state fornite le informazioni può essere riportata anche nella
cartella clinica, sottoscritta dal paziente e dal medico (sentenza cassazione civile – Sez. III sent.
N. 17157 del 6-8-2007).27
Il tempo necessario per maturare un consenso informato varia in relazione alla prestazione
prospettata (modalità di svolgimento, preparazione, effetti collaterali, complicanze, possibilità
di procedure alternative, ecc.) e alle caratteristiche del paziente (cliniche, psicologiche,
culturali, ecc.).28
Pertanto, per le procedure/trattamenti che possono avere, in modo sicuro o molto probabile,
conseguenze sull'integrità fisica, a rischio per l'incolumità della persona, l’informazione deve
essere prestato prima dell'atto proposto e con un intervallo di tempo tra informazione
medesima e manifestazione del consenso sufficiente a consentire al paziente di poter riflettere
sul contenuto informativo ricevuto ed eventualmente sottoporlo all'attenzione del medico di sua
fiducia, mentre l’acquisizione del consenso deve essere prossima all’esecuzione della
procedura.
5.8.3
Chi deve acquisire il consenso informato scritto
L'acquisizione del consenso informato scritto deve essere assunta dal medico che effettuerà la
prestazione.29
L’operatore, se persona diversa da chi ha fornito l'informazione, si deve assicurare che
l'oggetto del consenso risponda all'atto che sta per eseguire e che l'informazione sull'atto sia
stata fornita, controfirmando il modello di consenso. Qualora ci siano dubbi o discordanze o
mutamenti della decisione del paziente e/o del medico, ripete l'informazione o richiede un
nuovo consenso scritto.
25
26
27
28
29
consenso informato è acquisito prima dell’intervento chirurgico, dell’anestesia, dell’utilizzo di sangue o emocomponenti e di altri
trattamenti e procedure ad alto rischio.”
Manuale degli Standard Joint Commission International (JCI) per l’Accreditamento degli Ospedali, ed. 3th, 2011. Standard PFR.6.41, pag 66,
“L’organizzazione redige un elenco delle categorie o delle tipologie di trattamenti e procedure che richiedono uno specifico consenso
informato.”
Decreto Assessoriale 13 settembre 2006. Linee guida per la gestione del consenso informato ai fini dell'accreditamento istituzionale delle attività
sanitarie - Indirizzi operativi per le strutture pubbliche e private della Regione siciliana e glossario dei termini utilizzati nell'ambito delle
procedure per la sicurezza del paziente e la gestione del rischio clinico. 6.2). “Il consenso deve essere prestato prima dell'atto proposto e con
un intervallo di tempo tra la manifestazione del consenso e l'attuazione dell'atto sanitario sufficiente a consentire al paziente di poter
riflettere sul contenuto informativo ricevuto ed eventualmente sottoporlo all'attenzione del medico di sua fiducia.”
http://www.gurs.regione.sicilia.it/Gazzette/g06-47o/g06-47o.html
Cass. Civ., sez. III, 06/08/2007, n. 17157 “L'esclusione della responsabilità del medico può trovare fondamento, come nel caso di specie,
più che sulle risultanze testimoniali e della consulenza tecnica d'ufficio, sulla firma apposta dal paziente sulla cartella clinica, in cui
dichiarava formalmente di accettare l'anestesia, l'intervento e la terapia prescritta.”
Decreto Assessoriale 13 settembre 2006. Linee guida per la gestione del consenso informato ai fini dell'accreditamento istituzionale delle attività
sanitarie - Indirizzi operativi per le strutture pubbliche e private della Regione siciliana e glossario dei termini utilizzati nell'ambito delle
procedure per la sicurezza del paziente e la gestione del rischio clinico. 6.2). “Il tempo necessario per maturare un consenso informato varia
in relazione alla prestazione prospettata (modalità di svolgimento, preparazione, effetti collaterali, complicanze, possibilità di procedure
alternative,
ecc.)
e
alle
caratteristiche
del
paziente
(cliniche,
psicologiche,
culturali,
funzionali,
ecc.).”
http://www.gurs.regione.sicilia.it/Gazzette/g06-47o/g06-47o.html
Cass.civ., sez. III, 14/03/2006, n. 5444 “L'obbligo del consenso informato è a carico del sanitario che, una volta richiesto dal paziente
dell'esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso,
a nulla rilevando che la richiesta del paziente discenda da una prescrizione di altro sanitario.”
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5.8.4
Chi può esprimere il consenso informato
Ha titolo ad esprimere il consenso esclusivamente il paziente, se maggiorenne e capace di
intendere e di volere. Se non è obbligatoriamente previsto un rappresentante legale o un tutore,
il consenso non può essere delegato a terze persone.
Il consenso espresso dai familiari è in tal caso giuridicamente irrilevante. 30
Non è riconosciuta la capacità di consentire ai soggetti minori di età o interdetti, i quali non
possono prestare valido consenso ad un trattamento medico-chirurgico. In questi casi il
consenso è espresso dai legali rappresentanti: dai genitori (artt. 316, 317, 317 bis del codice
civile) o dal tutore (art. 343 del codice civile) per il minore e per l'interdetto (art. 414 del codice
civile). I soggetti inabilitati (art. 415 del codice civile) ed i minori emancipati (art. 390 del
codice civile) possono invece consentire validamente poiché la rappresentanza del curatore
agisce solo nelle decisioni di natura patrimoniale.
In tutti questi casi va riportata nel modulo di consenso, nella parte relativa alla firma,
l'annotazione "tutore" ovvero "rappresentante legale".
Per i minorenni, gli interdetti e per le persone sottoposte ad un'amministrazione di sostegno
riferita ad atti sanitari si rinviano al punti 7.6 e successivi (casi particolari).
In caso di opposizione ad attività necessarie ed indifferibili espressa dal tutore/rappresentante
legale, il medico deve informare l'autorità giudiziaria.
Il consenso è revocabile e quindi il paziente può revocare la propria decisione in qualsiasi
momento, anche nell'immediatezza della procedura che si sta ponendo in essere.
La revoca deve essere formalmente espressa nell’apposito spazio previsto dal modello di
consenso informato ed annotata in cartella clinica.
5.8.5
Come acquisire il consenso informato
L'informazione scritta è integrativa e mai sostitutiva del colloquio medico-paziente, utilizzando
modalità di linguaggio appropriate, gradualità delle notizie, allo scopo di promuovere una
decisione condivisa e una partecipazione consapevole agli atti sanitari che si compiono sul
paziente.
E' sempre necessario dare dimostrazione documentale dell'avvenuta informazione,
indipendentemente dall'acquisizione del consenso in forma scritta (vedi punto 7.3).
Il consenso redatto e sottoscritto dal paziente e dal medico responsabile dell'atto sanitario, deve
essere allegato e conservato all'interno della documentazione clinica della procedura eseguita
di cui diviene parte integrante.
Conseguentemente potrà essere consegnato, come tutta la documentazione, in copia al
paziente, qualora ne faccia richiesta.
5.8.6
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore
Nonostante il consenso del minore risulti giuridicamente non valido, il medico deve comunque
porre in essere una funzione di ascolto e considerazione della sua opinione per come previsto
dall'art. 38 del codice di deontologia medica.31 E' necessario che in cartella clinica vengano
riportati gli atti relativi all'attività di informazione e raccolta dell'opinione del minore, oltre
ovviamente al consenso espresso dai genitori o dal tutore.
Secondo il codice civile la potestà sui figli è esercitata di comune accordo da entrambi i
genitori (art. 316, comma 2, codice civile) o da un solo genitore se l'altro genitore è morto o
30
Trib. Milano, sez. VII, 14/05/1998, n. 5510 “un familiare del paziente, per quanto abbia una prossimità maggiore rispetto al medico con
la persona del paziente, non può assurgere alla figura di nuncius della sua volontà, se questi è capace di intendere e volere, non potendo
prendere decisioni in sostituzione del diretto interessato.”
31
Codice di Deontologia Medica, 16 Dicembre 2006. ART. 38) “Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la
maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà. In caso di divergenze
insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante deve segnalare il caso all’autorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi
di fronte a un maggiorenne infermo di mente..”
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decaduto o sospeso dalla potestà.
Per le procedure di cui al punto 7.1 e 7.2 il consenso deve essere firmato da entrambi i
genitori.32
Il minore emancipato può esprimere un valido consenso.
5.8.6.1
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore se un genitore è
assente per lontananza oppure è impedito o dichiarato incapace di esercitare la
potestà per l'atto sanitario
Se un genitore è assente per lontananza oppure è impedito o dichiarato incapace di esercitare la
potestà per l'atto sanitario, è sufficiente l'acquisizione del consenso del solo genitore presente e
capace (art. 317, comma 1, codice civile). La possibilità di prescindere dal consenso informato
del genitore lontano o impedito va valutata in relazione all'urgenza dell'atto sanitario e ai tempi
che apparirebbero necessari per farlo intervenire. In tal caso, al fine di semplificare e snellire
questa fase, occorre far sottoscrivere al genitore presente, la dichiarazione di autocertificazione
attestante la condizione di lontananza o impedimento dell'altro genitore, che fa parte integrante
del modello di consenso informato.
5.8.6.2
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore in caso di disaccordo
tra i genitori
Ai sensi di quanto disposto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, che ha sostituito l'art. 155 del
codice civile (provvedimenti riguardo ai figli), anche in caso di separazione dei genitori la
potestà genitoriale è esercitata da entrambi e in caso di disaccordo la decisione è rimessa al
giudice; quindi il medico in tale caso non può procedere all'erogazione dell'atto sanitario, a
meno che non ricorra lo stato di necessità, ex art. 54 codice penale.
5.8.6.3
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore in caso di opposizione
di entrambi i genitori
Il medico, qualora valuti indispensabile l'atto sanitario per il minore, deve segnalare il caso alla
Procura della Repubblica per i minori perché presenti ricorso al Tribunale per i minori per un
provvedimento che precluda ai genitori l'esercizio della potestà limitatamente a quello
specifico atto sanitario e autorizzi tale atto anche a prescindere dal loro consenso.
5.8.6.4
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore in caso di affidamento
in comunità o in istituto penale
L'affidatario, i responsabili della comunità o dell'istituto possono esprimere il consenso per i
comuni trattamenti medici. Per le altre tipologie di atti sanitari è necessario richiedere il
consenso dei genitori (secondo le indicazioni dei precedenti punti) o del tutore (se c'è), oppure
procedere a segnalare il caso alla Procura della Repubblica per i minori, perché presenti ricorso
al Tribunale per i minori per i provvedimenti autorizzativi.
5.8.6.5
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore senza tutela
Nella evenienza di minorenne senza tutela occorre segnalare il caso alla Procura della
Repubblica per i minori perché presenti ricorso al Tribunale per i minori per un provvedimento
autorizzativo urgente. Si dovrà inoltre segnalare il caso al giudice tutelare per l'apertura di
tutela e la nomina di un tutore.
5.8.6.6
Come acquisire il consenso informato nel paziente minore con tutore
L'atto sanitario è possibile dopo consenso espresso dal tutore.
5.8.7
Come acquisire il consenso informato nel paziente interdetto o con
amministratore di sostegno
Nel caso di persona interdetta per infermità mentale, il tutore ha funzione di rappresentante
32
Manuale degli Standard Joint Commission International (JCI) per l’Accreditamento degli Ospedali, ed. 3th, 2011. Standard PFR.6.2, pag 65,
“L’organizzazione stabilisce un processo, nel contesto della normativa vigente e della cultura prevalente, per l’espressione del consenso
ad opera di soggetti diversi dal paziente.”
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legale ed ha titolo ad esprimere il consenso alle prestazioni sanitarie.
Nel caso di persona, anziana o disabile, che per effetto di un'infermità o di una menomazione
fisica o psichica si trovi nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi, la legge n. 6/04 ha
introdotto la figura dell'amministratore di sostegno che, a seconda dei provvedimenti di nomina
del giudice tutelare, può esprimere il consenso per atti sanitari.
In entrambi i casi occorre riferirsi ai provvedimenti di nomina, che dovranno essere trattenuti
in copia agli atti, unitamente al documento di riconoscimento del soggetto nominato.33
5.8.8
Come acquisire il consenso informato nel paziente incapace
Nei casi in cui non ricorrono le condizioni di immediato pericolo di vita, qualora un paziente
non interdetto e senza amministratore sia temporaneamente incapace di esprimere la propria
volontà in ragione delle sue condizioni psico-fisiche, ove possibile, il medico deve prestare le
cure indispensabili ed indifferibili.
Se persiste lo stato di incapacità si ricorre al giudice tutelare per un amministratore di sostegno
o alla Procura della Repubblica per l’iniziativa di interdizione.34
5.8.9
Quando è possibile eseguire un trattamento sanitario contro la volontà del
paziente
Nei soli casi previsti dalla legge e secondo le disposizioni ivi contenute, l'autorità sanitaria può
disporre misure di trattamenti sanitari obbligatori a salvaguardia della persona interessata e dei
terzi con cui questi può venire a contatto.
I trattamenti sanitari obbligatori possono riguardare casi di:
-
infermità mentale che richiede il ricovero in reparto psichiatrico,
-
malattie infettive e contagiose,
-
malattie veneree in fase contagiosa,
-
intossicazione da stupefacenti,
-
vaccinazioni obbligatorie.
In tali casi non è richiesta l'espressione del consenso, anche se gli accertamenti e i trattamenti
sanitari obbligatori devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e
la partecipazione da parte di chi vi è obbligato.
5.8.10
Come ci si deve comportare in caso di dissenso in persone maggiorenni e capaci
In presenza di dissenso all'atto sanitario proposto che lo riguarda, espresso da paziente
maggiorenne e capace, il trattamento sanitario può essere imposto soltanto nei casi previsti
dalla legge, di cui al precedente punto 7.5.4.
Di fronte al rifiuto del paziente, maggiorenne e capace, di sottoporsi agli atti sanitari proposti,
il medico e gli operatori sanitari devono rispettare la sua volontà, 35 a meno che la situazione
clinica non evolva fino a determinare lo stato di necessità (art. 54 codice penale).
33
Manuale degli Standard Joint Commission International (JCI) per l’Accreditamento degli Ospedali, ed. 3th, 2011. Standard PFR.6.2, pag 65,
“L’organizzazione stabilisce un processo, nel contesto della normativa vigente e della cultura prevalente, per l’espressione del consenso
ad opera di soggetti diversi dal paziente.”
34
Manuale degli Standard Joint Commission International (JCI) per l’Accreditamento degli Ospedali, ed. 3th, 2011. Standard PFR.6.2, pag 65,
“L’organizzazione stabilisce un processo, nel contesto della normativa vigente e della cultura prevalente, per l’espressione del consenso
ad opera di soggetti diversi dal paziente.”
35
Cassazione Civile sez. III, 15/09/2008, n. 23676 “Nell’ipotesi di pericolo grave e immediato per la vita del paziente, il dissenso del
medesimo deve essere oggetto di manifestazione espressa, in equivoca, attuale e informata. Con ciò non si vuole peraltro sostenere che, in
tutti i casi in cui il paziente portatore di forti convinzioni etico-religiose (es. testimoni di Geova) si trovi in stato di incoscienza, debba per
ciò subire un trattamento terapeutico contrario alla sua fede. Ma è innegabile, in tal caso, l’esigenza che, a manifestare il dissenso al
trattamento (in questo caso trasfusionale) sia o lo stesso paziente che rechi con sè una articolata, puntuale, espressa dichiarazione dalla
quale in equivocamente emerga a volontà di impedire il trattamento (nello specifico la trasfusione) anche in ipotesi di pericolo di vita,
ovvero un diverso soggetto da lui stesso indicato quale rappresentante ad acta il quale, dimostrata, l’esistenza del proprio potere
rappresentativo in parte qua, confermi tale dissenso all’esito della ricevuta informazione da parte dei sanitari.”
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In caso di rifiuto alle cure, al paziente comunque deve essere assicurata la continuità
dell'assistenza personale e delle cure di tipo palliativo compatibili con la scelta operata.
5.8.11
Cosa si intende per stato di necessità
Per stato di necessità si intende una causa di giustificazione prevista dal codice penale all'art.
54: "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di
salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non
volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al
pericolo”.
A tal fine occorre che il pericolo sia attuale ed inevitabile:
5.8.12
-
attuale, in quanto imminente o in atto al momento dell'azione;
-
inevitabile, perché non eliminabile con diversa condotta.
Come ci si deve comportare in stato di necessità nella acquisizione del consenso
informato
Quando sussistano le condizioni di necessità e la persona non sia in grado di esprimere il
proprio consenso a prestazioni sanitarie ritenute indifferibili, il medico è tenuto ad intervenire
anche senza l'acquisizione del consenso.36
Il medico compie tutti gli atti possibili, riportando in cartella clinica la situazione che
viene ad affrontare e i provvedimenti relativi non procrastinabili e necessari in modo
specifico per superare quel pericolo o quel rischio.
Ai familiari non è riconosciuto alcun potere di decidere, tuttavia è opportuno che siano
informati, in accordo con le norme sulla riservatezza dei dati sensibili, ma le decisioni cliniche
spettano autonomamente al medico.
Superato lo stato di necessità, per le successive prestazioni sanitarie occorre acquisire il
consenso del paziente.
In caso di minorenni o incapaci e in assenza dei genitori/tutori lo stato di necessità può essere
valutato con maggiore ampiezza, qualora il ritardo all'esecuzione dell'atto sanitario comporti un
aggravamento della situazione clinica.
In sala operatoria, il medico che si trovi di fronte ad una situazione imprevista, che comporti un
intervento differente da quello per il quale era stato acquisito il consenso del paziente,
interviene secondo l’interesse dello stesso e cioè esegue la procedura se il rinvio per acquisire
il consenso costituisce un grave danno alla salute o alla vita del paziente. 37
5.8.13
Il modello di consenso informato
Il consenso informato viene acquisito compilando il modello M_PGS-UOQ_7-02_01 “modulo
per l’acquisizione del consenso informato”, che riporta, come previsto dalla linea guida
regionale per la gestione del consenso informato ai fini dell'accreditamento istituzionale delle
attività sanitarie approvata con D.A. 13 settembre 2006, le seguenti informazioni:
36
37
-
dati identificativi della struttura sanitaria e dell'unità operativa;
-
dati identificativi del paziente;
Cassazione Penale Sezioni Unite, 18/12/2008 - 21/01/2009, n. 2437 “Ove il medico sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico
diverso da quello in relazione al quale era stato prestato consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle
legis artis, sia concluso con esito fausto, nel senso che dall’intervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di
salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative apprezzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente
medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo delle lesioni personali quanto sotto quello della violenza
privata.”
Decreto Assessoriale 13 settembre 2006. Linee guida per la gestione del consenso informato ai fini dell'accreditamento istituzionale delle attività
sanitarie - Indirizzi operativi per le strutture pubbliche e private della Regione siciliana e glossario dei termini utilizzati nell'ambito delle
procedure per la sicurezza del paziente e la gestione del rischio clinico. 6.6.6). “In sala operatoria il medico che si trovi di fronte ad una
situazione imprevista, che comporti un intervento differente da quello per il quale era stato acquisito il consenso del paziente, interviene
secondo l'interesse dello stesso escludendo la possibilità di rimandare l'intervento ad un successivo momento solo se il rinvio stesso
costituisce un danno grave alla salute o alla vita del paziente.” http://www.gurs.regione.sicilia.it/Gazzette/g06-47o/g06-47o.html
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-
dati identificativi dei genitori (in caso di paziente minorenne);
-
dati identificativi del legale rappresentante (in caso di paziente minorenne o
interdetto) o dell'amministratore di sostegno o del curatore speciale, ove esistano;
-
sintesi della situazione clinica del paziente;
-
atto sanitario proposto per cui si richiede il consenso informato;
-
dichiarazione di avvenuta informazione al paziente;
-
data in cui l'informativa è stata fornita;
-
firma del medico;
-
dichiarazione del paziente di aver ricevuto un'informazione comprensibile ed
esauriente;
-
dichiarazione del paziente di essere a conoscenza della possibilità di revocare il
consenso;
-
dichiarazione del paziente di accettare o non accettare liberamente, spontaneamente e
in piena coscienza l'atto sanitario proposto;
-
eventuali osservazioni;
-
data di compilazione del modulo;
-
firma del paziente o dei genitori/rappresentante legale/tutore;
-
firma del medico che acquisisce il consenso;
-
dichiarazione del paziente di voler revocare il consenso;
-
la data di approvazione ed il livello di revisione del modulo.
In caso di prestazione sanitaria a minorenne occorre riportare la:
5.8.14
-
dichiarazione dei genitori attestante la titolarità e l'esercizio della potestà sul minore;
-
dichiarazione del genitore di avvenuta informazione rispetto alle disposizioni che
regolano l'espressione del consenso per i figli minorenni;
-
dichiarazione del genitore del proprio stato civile, ai sensi dell'art. 317 codice civile
"Impedimento di uno dei genitori";
-
dichiarazione del genitore dei motivi per cui il genitore assente o impedito non può
firmare il consenso;
-
dichiarazione del genitore che, ai fini dell'applicazione della legge dell'8 febbraio
2006, n. 54 - Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento
condiviso dei figli - limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria
amministrazione, il giudice ha stabilito che il genitore esercita la potestà
separatamente;
-
firma del/i genitore/i dichiarante/i.
Dove deve essere archiviato il consenso informato
Il modulo di consenso e la eventuale scheda informativa, redatti e sottoscritti secondo le
modalità descritte in precedenza, insieme ad ogni altra eventuale documentazione inerente
l'acquisizione del consenso informato, devono essere allegati e conservati all'interno della
documentazione clinica di cui divengono parte integrante e quindi, ad esempio, nella cartella
clinica, insieme al referto della prestazione,…38
38
Decreto Assessoriale 13 settembre 2006. Linee guida per la gestione del consenso informato ai fini dell'accreditamento istituzionale delle attività
sanitarie - Indirizzi operativi per le strutture pubbliche e private della Regione siciliana e glossario dei termini utilizzati nell'ambito delle
procedure per la sicurezza del paziente e la gestione del rischio clinico. 8.4). “Il modulo di consenso e la relativa scheda informativa, redatti
e sottoscritti secondo le modalità descritte in precedenza, insieme ad ogni altra eventuale documentazione inerente l'acquisizione del
consenso informato, devono essere allegati e conservati all'interno della documentazione clinica di cui divengono parte integrante.”
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5.9
MARCATURA DEL SITO CHIRURGICO
5.9.1
Quando deve essere marcato il sito chirurgico
Il sito chirurgico deve essere marcato:
5.9.2
-
negli interventi chirurgici caratterizzati dalla lateralità;
-
negli interventi chirurgici su strutture multiple come le dita, le vertebre e i denti.
Quando non deve essere marcato il sito chirurgico
Il sito chirurgico non deve essere marcato:
5.9.3
-
negli interventi su organi singoli,
-
negli interventi in urgenza,
-
negli interventi bilaterali simultanei,
-
nei neonati prematuri, per la possibilità che il pennarello indelebile possa causare un
tatuaggio permanente.
Come deve essere marcato il sito chirurgico
Il sito chirurgico deve essere marcato con una matita dermografica o pennarello indelebile,
tracciando una “X” nella sede dell’incisione o nelle sue vicinanze.
I denti devono identificati, trascrivendo su un polso, con matita dermografica o pennarello
indelebile il numero del dente o dei denti da asportare secondo la numerazione internazionale
dell’FDA.
5.9.4
Chi deve marcare il sito chirurgico
Il sito chirurgico deve essere marcato dal 1° operatore o da altro operatore che sarà presente al
momento dell’intervento, a paziente vigile e cosciente o in presenza del tutore, possibilmente al
momento dell’espressione del consenso informato.
Non è ammesso che il contrassegno sia effettuato dal personale infermieristico, dal paziente e/o
suoi familiari.
5.9.5
Chi deve verificare la marcatura del sito chirurgico
L’infermiere di reparto deve controllare, prima di inviare il paziente al complesso operatorio,
se pertinente, che il lato dell’intervento sia stato marcato.
L’infermiere del complesso operatorio deve controllare, prima di ammettere il paziente in sala
operatoria, che allo stesso sia stato marcato il lato del sito chirurgico, se pertinente. È vietato
ammettere in sala operatoria, il paziente al quale non sia stato marcato il lato del sito
chirurgico, se pertinente.
In tal caso l’infermiere di sala operatoria dovrà avvisare il 1° operatore o da altro operatore che
sarà presente al momento dell’intervento, affinchè questi provveda alla marcatura del sito
chirurgico, prima dell’ammissione del paziente in sala operatoria.
5.10
MISURE PREOPRATORIE GENERALI
5.10.1
Valutazione medica
La valutazione medica è finalizzata alla determinazione del bisogno di salute del paziente e
pertanto deve essere documentata prima dell’anestesia o del trattamento chirurgico.39
Pertanto, il paziente deve essere avviato alla sala operatoria con una cartella clinica che riporti
l’anamnesi, l’esame obiettivo e il diario clinico aggiornato.
39
http://www.gurs.regione.sicilia.it/Gazzette/g06-47o/g06-47o.html
Manuale degli Standard Joint Commission International (JCI) per l’Accreditamento degli Ospedali - 2011 - 3° ed. Standard AOP.1.5.1
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5.10.2
Controllo e gestione del rischio emorragico
Il 1° operatore deve sempre valutare il rischio della perdita di grandi quantità di sangue e, se il
rischio risulta significativo, l’anestesista dovrà provvedere ad assicurare adeguati accessi
venosi.40
Pertanto, nel programma operatorio deve essere indicato se esiste un rischio significativo e
prevedibile di della perdita di grandi quantità di sangue.
5.10.3
Profilassi del tromboembolismo venoso
Ove ritenuto necessario in relazioni al rischio tromboembolico ed alla procedura cui dovrà
essere sottoposto, il paziente deve essere sottoposto a profilassi del tromboembolismo venoso.
I pazienti che devono essere sottoposti ad anestesia spinale non devono essere sottoposti a
profilassi farmacologica prima dell’intervento.5
5.10.4
la doccia preoperatoria
Nel caso in cui il paziente debba essere sottoposto a chirurgia maggiore del collo, del torace,
dell’addome o degli arti, particolarmente se devono essere impiantati dispositivi o protesi, è
raccomandato che la sera prima dell’intervento effettui almeno una doccia.
Nel caso di pazienti non autosufficienti l’operatore che si prende carico dell’igiene del
paziente effettua la detersione riservando particolare attenzione, ove necessario in relazione al
tipo di procedura chirurgica, alle:
-
aree presso le pieghe cutanee (solco mammario, pieghe inguinali,ascelle),
-
area ombelicale,
-
aree interdigitali,
-
area perineale.
Una revisione sistematica della letteratura41 ha analizzato sei studi per un totale di 10.007
partecipanti. Tre degli studi inclusi aveva tre gruppi di confronto. L'antisettico utilizzato in
tutti gli studi è stata del 4% clorexidina gluconato (Hibiscrub). Tre studi condotti su 7.691
partecipanti rispetto clorexidina con un placebo. Il bagno con clorexidina confrontato con un
placebo non ha permesso una riduzione statisticamente significativa in infezioni del sito
chirurgico; il rischio relativo (RR) era 0.91 (intervallo di confidenza al 95% (CI) 0,80-1,04).
Tre studi con 1443 partecipanti che hanno confrontato il sapone con clorexidina, il cui utilizzo
combinato non determinato alcuna differenza nel rischio di infezioni del sito chirurgico (RR
1,02, 95% CI 0,57-1,84). Di due studi con 1092 pazienti, uno rispetto al lavaggio con
clorexidina ha trovato una differenza statisticamente significativa a favore dell’utilizzo della
clorexidina (RR 0,36, IC 95% 0,17-0,79), mentre il secondo, più piccolo, non ha rilevato
differenze tra i pazienti che lavati con clorexidina e quelli che non si lavavano in fase
preoperatoria.
Questa revisione non fornisce alcuna chiara evidenza del beneficio della doccia o il bagno
preoperatorio con clorexidina rispetto ad altri prodotti di lavaggio nel ridurre le infezioni del
sito chirurgico.
5.10.5
detersione del cavo orale
La detersione del cavo orale va consigliata prima dell’intervento chirurgico, tanto nel paziente
con dentatura propria quanto nel paziente edentulo.
5.10.6
rimozione dello smalto dalle unghie
La sensibilità del saturimetro è pregiudicata dalla presenza di carbossiemoglobina, dalla
40
41
Manuale
per
la
Sicurezza
in
sala
operatoria:
Raccomandazioni
e
Checklist
Ottobre
2009
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1119_allegato.pdf
Webster J, Osborne S. Preoperative bathing or showering with skin antiseptics to prevent surgical site infection. Cochrane Database Syst
Rev. 2007 Apr 18;(2):CD004985.
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vasocostrizione, o come più frequentemente può accadere dalla presenza di smalto sulle
unghie, che può cambiare lo spettro della luce riflessa.
È raccomandato di rimuovere sempre lo smalto dalle unghie.
5.10.7
tricotomia
Una revisione sistematica della letteratura ha analizzato undici studi randomizzati.42 Tre studi
condotti su 625 hanno confrontato l’utilizzo della crema depilatoria o rasoio con la mancata
esecuzione della tricotomia e non ha rilevato differenze statisticamente significative tra i
gruppi in termini di infezioni del sito chirurgico. Tre studi condotti su 3.193 persone hanno
confrontato la rasatura con il taglio e hanno concluso che c'erano più infezioni del sito
chirurgico statisticamente significativamente quando la gente era stata sottoposta a rasatura,
piuttosto che al taglio (RR 2,02, 95% CI 1,21-3,36). Sette studi condotti su 1.213 persone
hanno confrontato la rasatura con la rimozione dei peli con crema depilatoria e hanno concluso
che c'erano più infezioni del sito chirurgico statisticamente significativamente quando la gente
era rasata rispetto alla crema è (RR 1,54, 95% CI 1,05-2,24).
Un trial ha confrontatogli effetti della rasatura effettuata il giorno dell’intervento con quella
effettuata il giorno prima dell'intervento e non ha trovato una differenza statisticamente
significativa nel numero di infezioni del sito chirurgico.
La revisione sistematica della letteratura conclude che non esiste alcuna differenza nelle
infezioni del sito chirurgico tra i pazienti sottoposti a tricotomia e quelli non sottoposti.
Non c'è alcuna differenza in infezioni del sito chirurgico quando i pazienti sono sottoposti a
tricotomia il giorno prima o il giorno stesso dell'intervento.
5.10.8
Gli effetti personali
Con il termine di effetti personali si intendono:
-
le protesi acustiche
-
le protesi dentarie mobili
-
le protesi di arto
-
le protesi oculari e lenti a contatto
-
i monili, con specifico riferimento ad anelli, bracciali, collari, pirsing
-
la biancheria.
La rimozione delle protesi acustiche è da valutare in relazione al tipo di intervento in quanto
poter udire garantisce una collaborazione migliore.
Quando non rimosse, và segnalato al personale di sala operatoria che prende in carico il
paziente.
Le protesi dentarie mobili vanno sempre rimosse, anche per gli interventi in anestesia locale e
locoregionale, in considerazione del fatto che non si può a priori escludere la necessità di una
narcosi e quindi della IOT, per evitare cadute delle stesse nel retrobocca o nelle vie
aeree/digestive (se protesi parziali).
Le protesi di arto, protesi oculari e lenti a contatto vanno sempre rimosse.
I monili, con specifico riferimento ad anelli, bracciali, collari, pirsing, devono essere sempre
rimossi.
Ciò, oltre che per prevenire smarrimenti in sala operatoria, anche per il pericolo di ischemia
distrettuale dovuto alla presenza del monile se si realizza una reazione edematosa in corso di
intervento, ovvero di lesioni da elettrocuzione per l’utilizzo di elettrobisturi.
Di norma, in relazione alla procedura chirurgica cui dovrà essere sottoposto, il paziente
42
Tanner J, Woodings D, Moncaster K. Preoperative hair removal to reduce surgical site infection. Database Syst Rev. 2006 Jul
19;3:CD004122.
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dovrebbe accedere alla sala operatoria senza indumenti.
5.10.9
Profilassi antibiotica
5.10.9.1
i fattori di rischio nelle infezioni del sito chirurgico e come condizionano la scelta
di adottare una profilassi antibiotica
I fattori che influenzano l’incidenza di infezione del sito chirurgico sono numerosi. 43-44-45-46-4748-49
Fattori di rischio
Età avanzata
Denutrizione
Obesità
Diabete mellito
Fumo
Infezioni in altri siti
Colonizzazioni batteriche (es.: colonizzazione delle narici da S. Aureus)
Immunosoppressione (es.: terapia con cortisonici o altri farmaci immunosoppressori
Degenza post-operatoria prolungata
Durata del lavaggio chirurgico
Antisepsi della cute
Preparazione preoperatoria della cute
Durata dell’intervento
Profilassi antibiotica
Areazione della sala operatoria
Sterilizzazione inadeguata del materiale
Dispositivi nel sito chirurgico
Drenaggi
Tecnica chirurgica (emostasi, trauma tissutale,…)
Ipotermia post-operatoria
Paziente
Intervento
L’indice di rischio del US Centres for Disease Control’s (CDC) NNIS (National Nosocomial
Infections Surveillance) è il metodo più utilizzato per la valutazione del rischio di infezione del
sito chirurgico50 e si basa su tre principali fattori:
•
classe di intervento,
•
durata dell’intervento,
•
malattie concomitanti.
Altri fattori influenzano l’incidenza di infezione del sito chirurgico in modo indipendente
quali:
•
43
44
45
46
47
48
49
50
impianto di materiale protesico;
Mangram AJ, Horan TC, Pearson Ml, Silver lC, Jarvis WR. Guideline for Prevention of Surgical Site Infection, 1999. Centers for Disease
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Culver DH, Horan TC, Gaynes RP, Martone WJ, Jarvis WR, Emori TG, Banerjee SN, Edwards JR, Tolson JS, Henderson TS, et al. Surgical
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J Med. 1991 Sep 16;91(3B):152S-157S.
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•
5.10.9.1.1
durata della degenza prima dell’intervento;
La classe di intervento
Gli interventi si possono classificare in quattro categorie, a cui corrisponde una crescente
incidenza di contaminazione batterica e conseguente incidenza infezione post-operatoria (tab.
1). 51-52
Classe
puliti
puliti-contaminati
contaminati
sporchi
5.10.9.1.2
Definizione
interventi nel corso dei quali non si riscontra alcun processo flogistico,
in cui la continuità della mucosa respiratoria, intestinale o genitourinaria non viene violata e in cui non si verifica alcuna violazione
delle regole di asepsi in sala operatoria
interventi nei quali la continuità della mucosa respiratoria, intestinale
o genito-urinaria viene violata, ma senza perdite di materiale verso
l’esterno
interventi in cui sono presenti segni di flogosi acuta (senza pus), o
dove vi sia una visibile contaminazione della ferita, come per esempio
perdite copiose di materiale da un viscere cavo durante l’intervento o
ferite composte/aperte (verificatesi meno di 4 ore prima
dell’intervento)
interventi effettuati in presenza di pus o su un viscere cavo
precedentemente perforato o su ferite composte/aperte (verificatesi
oltre 4 ore dall’intervento)
L’impianto di materiale protesico
L’impianto di qualsiasi materiale protesico aumenta il rischio di infezione della ferita e del sito
chirurgico.
Diversi fattori che possono promuovere la colonizzazione microbica:
5.10.9.1.3
a)
la composizione chimica e le caratteristiche di superficie (idrofobicità, rugosità, ecc.)
del dispositivo protesico;
b)
l’avvolgimento della superficie del dispositivo con un biofilm proteico (albumina,
fibrinogeno, fibronectina, ecc.), come risposta biologica dell’organismo ospite alla
presenza di un corpo estraneo;53
c)
l’abilità del microrganismo di produrre una matrice esopolisaccaridica, definita
“slime”, capace di mediare le fasi finali della colonizzazione microbica.54-55
La durata della degenza prima dell’intervento
Nelle 48 ore successive all’ingresso in ospedale, in particolare se durante la degenza viene
somministrata una terapia antibiotica, la cute del paziente viene progressivamente colonizzata
da stipiti batterici di origine nosocomiale.56
Questi stipiti sono spesso resistenti agli antibiotici e possono essere causa di contaminazione
nel corso dell’intervento. Ciò favorisce l’insorgenza di infezioni del sito chirurgico dovute a
germi multiresistenti e può quindi essere causa di allungamento della degenza postoperatoria.
51
52
53
54
55
56
Culver DH, Horan TC, Gaynes RP, Martone WJ, Jarvis WR, Emori TG, Banerjee SN, Edwards JR, Tolson JS, Henderson TS, et al. Surgical
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Per tale ragione è importante limitare i tempi di degenza preoperatoria; nel caso in cui ciò non
sia possibile o in occasione di nuovi interventi eseguiti nel corso della stessa degenza si dovrà
tenere conto di ciò nella scelta dell’antibiotico da utilizzare in profilassi.57
5.10.9.1.4
La durata dell’intervento
La durata dell’intervento chirurgico è direttamente correlata con il rischio di infezione della
ferita e questo rischio si somma a quello della classe di intervento. 58
Nello studio di Culver e coll., confermato da dati nazionali,59 gli interventi di durata superiore
al 75° percentile per la procedura in esame venivano considerati prolungati e quindi a rischio
aumentato.60
5.10.9.1.5
Le malattie concomitanti
La presenza di un punteggio ASA ≥ 2 si associa ad un aumentato rischio di infezione della
ferita e tale rischio si somma a quello della classe di intervento e della sua durata.61
5.10.9.1.6
La probabilità di infezione del sito chirurgico
Diverse linee guida hanno fatto riferimento a pazienti ad alto rischio per le infezioni del sito
chirurgico, ma non forniscono informazioni precise circa la valutazione predittiva del rischio
stesso.
Questi dati dimostrano come le comorbidità e la durata dell’intervento rappresentino un rischio
aggiuntivo alla classe di operazione chirurgica.
La durata dell’intervento e le comorbidità hanno un impatto sul rischio di infezioni analogo
alla classe di intervento. La presenza di due fattori di rischio come la comorbidità (punteggio
ASA ≥ 2) e la durata dell’intervento ≥ 75° percentile può essere usata per calcolare l’indice di
rischio:
•
se l’intervento è contaminato o sporco viene attribuito 1 punto;
•
se il codice ASA è: 3, 4 o 5 viene attribuito 1 punto;
•
se la durata dell’intervento è superiore a quella definita dal 75° percentile viene
attribuito 1 punto.
Il grafico successivo, tratto da un ampio studio epidemiologico sulle infezioni nosocomiali,62-63
e riportato dalla linea guida Antibiotic prophylaxis in surgery dello Scottish Intercollegiate
Guidelines Network,64 mostra come la percentuale di infezioni si modifica applicando tale
indice di rischio.
Il rischio di infezione della ferita per un intervento pulito con entrambi i fattori di rischio
aggiunti era più grande del rischio per un intervento contaminato con nessun fattore di rischio
aggiunto.
57
58
59
60
61
62
63
64
SNLG. Antibioticoprofilassi perioperatoria nell’adulto, 2011
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5.10.9.2
La scelta dell’antibiotico
Una valutazione globale del rischio dovrebbe essere parte del processo di scelta dell’antibiotico
appropriato.65
La scelta dell’antibiotico, pertanto, deve essere effettuata in relazione:
5.10.9.2.1

ai batteri responsabili della contaminazione del campo operatorio;

alle multi resistenze;

alla sede dell’intervento e caratteristiche farmacocinetiche dell’antibiotico;

alla eventuale allergia del paziente ai betalattamici;

alla tossicità intrinseca del farmaco e sue possibili interazioni;

all’ecosistema;

al costo.
Batteri responsabili della contaminazione del campo operatorio
La contaminazione del campo operatorio è un evento frequente nel corso di un intervento
chirurgico: nella maggior parte dei casi è la conseguenza inevitabile di una tecnica chirurgica
che prevede l’apertura di un organo o tessuto non sterile; altre volte è la conseguenza di una
violazione delle tecniche di asepsi.66
Tale evento può causare l’annidamento di microrganismi nella sede chirurgica, oppure
provocare una batteriemia e il conseguente annidamento dei batteri in organi o tessuti lontani
dalla sede dell’intervento. 67
Si distinguono due tipi di contaminazione, quella endogena e quella esogena. 68
La contaminazione esogena è provocata da microrganismi ambientali o comunque non
provenienti dalla flora batterica del paziente; tale contaminazione è la conseguenza del
mancato rispetto delle norme di prevenzione. Poiché la contaminazione esogena è causata da
microrganismi che vengono in contatto con il paziente in modo accidentale, questi non sono
prevedibili a priori. Spesso si tratta di batteri provenienti dall’ambiente della sala operatoria
(stafilococchi, aerobi gram negativi e altri) e la loro sensibilità agli antibiotici dipenderà dalle
abitudini prescrittive locali.69
Si parla di contaminazione endogena quando i microrganismi responsabili della
contaminazione sono i saprofiti presenti sulla cute e/o sulle mucose sede dell’intervento (per
esempio: Staphylococcus aureus e Staphylococcus epidermidis in caso di contaminazione
proveniente dalla cute; Escherichia coli, ovvero un altro enterobatterio o un anaerobio, in caso
di intervento sull’intestino). 70
La contaminazione endogena è causata da microrganismi prevedibili per ogni tipo di
intervento, in quanto espressione della flora batterica saprofita. Sebbene un grande numero di
microrganismi possa teoricamente causare infezioni nei pazienti chirurgici, in realtà le
infezioni del sito chirurgico sono generalmente dovute a un numero limitato di patogeni. 71-72-73
65
66
67
68
69
70
71
72
73
McGowan JE. Cost and benefit of perioperative antimicrobial prophylaxis: methods for economic analysis. Rev Infect Dis 1991; 13: 879-89.
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Se nel periodo immediatamente precedente l’intervento il paziente non ha soggiornato a lungo
in ospedale e/o non è stato sottoposto a terapia antibiotica, il microrganismo contaminante
solitamente non presenta antibiotico-resistenza. 74
È comunque opportuno che in ogni realtà chirurgica locale venga effettuato un periodico
monitoraggio delle specie batteriche responsabili delle complicanze infettive postoperatorie e
della loro sensibilità agli antibiotici utilizzati in profilassi.
Il farmaco scelto per la profilassi dovrà avere uno spettro di azione che garantisca l’efficacia
nei confronti dei probabili contaminanti. È dimostrato che l’efficacia della profilassi si limita ai
contaminanti endogeni; solo questi patogeni possono, infatti, essere ragionevolmente previsti e
quindi «coperti» dalla profilassi antibiotica.75
Nel caso, tuttavia, si verifichi una contaminazione ambientale e questa sia causa di episodi
epidemici di infezione postoperatoria, nell’attesa di individuare e rimuovere la causa della
contaminazione, l’antibiotico usato a scopo profilattico dovrà essere efficace nei confronti del
microrganismo responsabile dell’epidemia.
La rilevanza della profilassi antibiotica perioperatoria è correlata con la gravità delle
conseguenze dell’infezione postoperatoria. Per esempio, nel caso della chirurgia colorettale la
profilassi antibiotica perioperatoria riduce l’incidenza di infezioni del sito chirurgico e la
mortalità postoperatoria.76-77
Nell’intervento per artroprotesi d’anca, ad esempio, la profilassi riduce la morbilità
postoperatoria sul lungo termine.78-79
5.10.9.2.2
Multiresistenze
Lo stato di portatore di MRSA è un fattore di rischio di infezione del sito chirurgico,
specialmente nei pazienti sottoposti a procedure chirurgiche ad altro rischio.
Una meta-analisi sulla profilassi perioperatoria con mupirocina intranasale in pazienti adulti
sottoposti ad interventi di cardiotoracica, ortopedia e neurochirurgia, ha mostrato una
diminuzione dell'incidenza di infezioni del sito chirurgico in due RCT (RR 0,80; intervallo di
confidenza, IC, 0,58-1,10) e tre studi non randomizzati e controllati (RR 0.40, IC 0.29 a 0.56).
Non c'era diminuzione infezioni del sito chirurgico nei pazienti sottoposti ad interventi di
chirurgia generale.80 In uno dei trials, il tasso complessivo di infezioni del sito chirurgico
causate da S. Aureus era simile tra gruppo placebo ed il gruppo trattato con mupirocina.81
In uno studio sul tasso di infezioni endogene da S. Aureus della ferita in chirurgia ortopedica,
(definite come infezioni causate da un ceppo identico quello nasale isolato precedentemente),
le infezioni endogene era cinque volte più basse con la somministrazione perioperatoria
intranasale di mupirocina, anche se non c'era una riduzione complessiva del tasso di infezioni
del sito chirurgico da S. aureus. 82
74
75
76
77
78
79
80
81
82
Del Rocío González Martínez M, Cuellar LE, Navoa-Ng JA, Abouqal R, Guanche Garcell H, Mitrev Z, Pirez García MC, Hamdi A, Dueñas
L, Cancel E, Gurskis V, Rasslan O, Ahmed A, Kanj SS, Ugalde OC, Mapp T, Raka L, Yuet Meng C, Thu le TA, Ghazal S, Gikas A, Narváez
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Una meta-analisi sulla profilassi antibiotica in cardiochirurgia ha dimostrato che glicopeptidi
sono più efficaci dei beta-lattamici per prevenire le infezioni del sito chirurgico causate da
MRSA.83
5.10.9.2.3
Sede dell’intervento e caratteristiche farmacocinetiche dell’antibiotico
L’antibiotico scelto dovrà avere caratteristiche cinetiche che gli consentano di raggiungere la
sede dell’intervento in concentrazioni superiori a quelle minime inibenti (Minimal Inhibitory
Concentration, MIC) per i patogeni bersaglio.84
Tale concentrazione efficace dovrà essere mantenuta per l’intera durata dell’intervento.
5.10.9.2.4
Allergia ai betalattamici
Penicillina e cefalosporina antibiotici sono spesso la pietra angolare della profilassi antibiotica.
Se ad un paziente è stato attribuito erroneamente una allergia alla penicillina, la gestione
ottimale può essere compromessa.85
Pertanto, una attenta anamnesi delle pregresse reazioni allergiche è parte integrante di
valutazione del paziente e dovrebbe comprendere:
5.10.9.2.5

segni

sintomi

gravità

reazioni precedenti

relazione temporale con le manifestazioni allergiche

relazione temporale con altri farmaci somministrati

eventi avversi da altri farmaci
Tossicità intrinseca del farmaco e sue possibili interazioni
Tra i farmaci efficaci la scelta dovrà cadere su quelli con il miglior rapporto rischio beneficio; a
parità di efficacia dovrà infatti essere scelto il farmaco con la minore probabilità di provocare
una patologia d’organo o di interagire con gli altri farmaci somministrati al paziente, in
particolare con quelli utilizzati per l’anestesia.
5.10.9.2.6
Efficacia dimostrata ed effetti sull’ecosistema
Moltissimi sono gli studi clinici randomizzati controllati che nel corso degli anni sono stati
eseguiti per dimostrare l’efficacia degli antibiotici rispetto al placebo nella prevenzione delle
complicanze infettive postoperatorie.
I primi farmaci che hanno dimostrato tale efficacia sono state le cefalosporine di I e II
generazione, le penicilline, i lincosamidi e gli aminoglicosidi e fra questi ultimi in particolare
la gentamicina. Più recentemente sono stati pubblicati studi che dimostrano l’efficacia nella
profilassi di antibiotici utilizzati abitualmente nella terapia delle infezioni nosocomiali da
germi multiresistenti, quali talune penicilline associate a un inibitore delle betalattamasi, le
cefalosporine di III o IV generazione, i carbapenemi, i glicopeptidi.86-87-88-89-90-91-92-93
83
84
85
86
87
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Molto meno numerosi sono gli studi che confrontano l’efficacia nella profilassi dei farmaci
recenti rispetto a quelli in uso ormai da molti anni. Non esistono comunque studi
metodologicamente corretti che dimostrino la superiorità dei farmaci più recenti nella
prevenzione delle ISC; in particolare, nessuno studio o revisione con caratteristiche
metodologiche adeguate ha dimostrato la maggiore efficacia di una cefalosporina di III o di IV
generazione o di questa rispetto ad altri antibiotici.94-95
Uno degli scopi che ci si propone con la razionalizzazione della profilassi è quello di ridurre
l’uso improprio degli antibiotici minimizzandone le conseguenze. Un uso inappropriato della
profilassi antibiotica, infatti, può causare un aumento dell’antibiotico-resistenza. 96
Molte sono infatti le dimostrazioni degli effetti negativi sulla flora batterica (nel singolo
paziente e nell’ecosistema) causati dal cospicuo impiego di tali antibiotici; 97-98-99-100 per
esempio, è dimostrato che la frequenza di stafilococchi meticillino-resistenti è direttamente
proporzionale al consumo di cefalosporine di III generazione.101-102
Se si considerano i farmaci attivi nei confronti di Staphylococcus aureus e di Staphylococcus
epidermidis, la maggior parte degli studi clinici esistenti non dimostra una superiorità dei
glicopeptidi rispetto ai farmaci betalattamici. 103-104
Il 5% degli adulti sani sono portatori di basse concentrazioni di Clostridium Difficile, nel
colon.105
Vi sono evidenze che dosi multiple di cefalosporine aumentano il rischio di infezioni da
Clostridium Difficile rispetto ad una singola dose. In uno studio condotto su oltre 1.800
pazienti sottoposti a chirurgia per frattura d'anca, un cambiamento della politica antibiotica con
la sostituzione di tre dosi di cefuroxima nella profilassi (1,5 g) a una singola dose di
cefuroxima (1,5 g) con gentamicina (240 mg) ha comportato una diminuzione di infezioni da
89
90
91
92
93
94
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98
99
100
101
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Clostridium Difficile dal 4,2% al 1,6% (p = 0,009). 106
5.10.9.2.7
Costo
Nella scelta dell’antibiotico da usare per la profilassi si dovrebbe anche considerare l’aspetto
economico: a parità di efficacia e di impatto ambientale bisognerebbe privilegiare il farmaco
con minor prezzo di acquisto e minori costi di preparazione e somministrazione.
Ove ritenuto necessario, in relazione alla tipologia di procedura ed alla sua durata,
emodiluzione e/o trasfusione, classe ASA del paziente o impianto di dispositivi, il paziente
dovrà essere sottoposto a profilassi antibiotica.
Gli antibiotici utilizzati per la profilassi delle infezioni devono essere somministrati in sala
operatoria entro i 30-60 minuti precedenti l’incisione, con il dosaggio appropriato e con lo
spettro d’azione efficace nei confronti dei probabili agenti contaminanti. 5
5.10.9.3
Scelta della dose
La dose di antibiotico per la profilassi deve garantire concentrazioni plasmatiche di antibiotico
superiori alle minime inibenti (MIC) per i probabili germi contaminanti.107-108
La scelta del dosaggio dell’antibiotico per la profilassi deve essere modificata sulla base di
eventuali fattori di rischio individuali (ad esempio il peso del paziente, diabete mellito, ecc). 109110-111-112
Nel caso si decida di prolungare la profilassi per 24 ore, le dosi da impiegare e gli intervalli di
somministrazione sono mediamente sovrapponibili a quelli utilizzati in terapia.
5.10.9.4
Via di somministrazione
La somministrazione endovenosa dell’antibiotico entro 30-60 minuti dall’inizio dell’incisione
della cute è il metodo più affidabile per garantire una concentrazione efficace del farmaco nel
siero e nei tessuti sede dell’intervento. 113
Al contrario, le concentrazioni seriche successive a una somministrazione orale o
intramuscolare sono condizionate, oltre che dalla dose somministrata, anche dalla velocità di
assorbimento e dalla biodisponibilità del farmaco stesso e quindi possono variare da individuo
a individuo. È inoltre importante considerare che per motivi organizzativi è più problematico il
rispetto dei tempi se la somministrazione dell’antibiotico avviene al di fuori della sala
operatoria. La somministrazione della profilassi antibiotica per via endovenosa e all’interno
della sala operatoria è quindi il solo metodo supportato da un sostanziale insieme di prove di
efficacia.
La somministrazione di fluorochinoloni per via orale raggiunge livelli sierici e tissutali
paragonabili alla profilassi antibiotica per via IV. 114-115-116-117-118
106
107
108
109
110
111
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Uso intensivo di antibiotici, in particolare fluorochinoloni e cefalosporine, contribuisce in
modo significativo alle due grandi questioni di resistenza agli antibiotici che si pongono gli
ospedali di oggi, vale a dire MRSA e Clostridium Difficile.119-120 -121-122
Nei pazienti noti per essere portatori di MRSA non è prudente prescrivere fluorochinoloni e
cefalosporine; ciò può portare alla crescita eccessiva di MRSA con conseguente rischio di
super-infezione. Allo stesso modo, il ricorso ad una profilassi antibiotica di breve durata,
manterrà al minimo il rischio infezione sintomatica da Clostridium Difficile.
5.10.9.4.1
Somministrazione topica
Ci sono evidenze che l'applicazione supplementare di fogli di collagene riassorbibili impregnati
di gentamicina dopo escissione addominoperineale di cancro rettale123 o impianto gentamicinacollagene tra le due metà dello sterno dopo chirurgia cardiaca, può ridurre l'infezione della
ferita.124-125
I risultati degli studi sull'uso di intranasale mupirocina per prevenire le infezioni del sito
chirurgico non sono ammissibili a causa delle piccole dimensioni del campione, le differenze
di progettazione e la composizione mista dei pazienti chirurgici. Una meta-analisi suggerisce
che il suo uso dovrebbe essere considerato nella chirurgia non generale, per le procedure di
esempio, cardiotoracica o ortopedici. 126
5.10.9.4.2
Drenaggio trans-timpanico
Nei pazienti sottoposti ad apposizione di drenaggio trans-timpanico è stato rilevato una
incidenza dell’8,75% nei casi trattati con antibiotici topici per cinque giorni, rispetto al 30%
del gruppo non sottoposto a trattamento. Tale risultato non è significativamente diverso rispetto
ai casi in cui è stato utilizzato un antibiotico orale per cinque. 127
La somministrazione topica di una singola dose di antibiotico è più efficace rispetto a nessun
trattamento nel prevenire l’otorrea postoperatoria (p = 0,029). 128
Non vi sono differenze significative nel ridurre le infezioni post-operatorie dopo l’apposizione
di drenaggio trans-timpanico (8,4% e 8,2%), tra una singola applicazione topica rispetto al
trattamento topico per cinque giorni.129
116
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5.10.9.4.3
Protesi articolari
Un ampio studio retrospettivo, dimostra che l’associazione della profilassi antibiotica IV con
l’impregnazione della protesi articolare è più efficace nella prevenzione delle infezioni del sito
chirurgico, rispetto alla sola profilassi antibiotica IV. 130
5.10.9.4.4
Intervento di cataratta
Negli interventi per cataratta, la somministrazione intracamerale di cefuroxima riduce di un
quinto il rischio di sviluppare una endoftalmite.131
5.10.9.4.5
Lesioni oculari penetranti
La profilassi antibiotica intravitreale (vancomicina e ceftazidime) previene le grave infezioni
intraoculari nelle ferite penetranti.132 In presenza di un corpo estraneo intraoculare, la
somministrazione intracamerale o intravitreale di gentamicina e clindamicina riduce l'incidenza
di endoftalmite.133
5.10.9.4.6
Shunt Ventricolo-peritoneale
Negli adulti, la profilassi antibiotica intraventricolare al momento dell’inserzione dello shunt,
riduce le infezioni del 6% to 0.4%.134
5.10.9.4.7
Impregnazione dei dispositivi in neurochirurgia
Esistono alcuni studi sull’efficacia dell’impregnazione con antibiotico degli shunts CSF nella
prevenzione delle infezioni.135-136-137-138-139
Tuttavia, il gruppo di lavoro che ha redatto la linea guida “Antibiotic prophylaxis in surgery”
del SIGN, ritiene che le evidenze disponibili per raccomandare l’utilizzo routinario
dell’impregnazione con antibiotico degli shunts CSF, sono insufficienti.
5.10.9.4.8
Impregnazione del catetere venoso centrale
Sono disponibili diversi studi sull’efficacia dell’impregnazione dei CVC con antibiotico ed
eparina per prevenire le infezioni. 140
Tuttavia non ci sono prove sufficienti per raccomandare l'uso routinario di CVC impregnati di
antimicrobici.
L'uso di CVC impregnati non deve sostituirsi alla migliore pratica clinica per l'inserimento
CVC.141
130
131
132
133
134
135
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137
138
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5.10.9.5
I tempi della somministrazione
La profilassi antibiotica somministrata troppo tardi o troppo presto riduce l'efficacia
dell'antibiotico ed aumenta il rischio di infezioni del sito chirurgico.142-143-144-145-146
Alcuni modelli animali hanno dimostrato che esiste un periodo critico entro il quale può venirsi
a determinare l’infezione del sito chirurgico e che per ottenere dalla profilassi antibiotica
un’efficacia ottimale vi deve essere a livello dei tessuti un’adeguata concentrazione di
antibiotico dal momento del trauma operatorio fino alla fine dell’intervento. 147-148-149
Tali studi hanno inoltre dimostrato che l’efficacia decresce rapidamente, fino ad annullarsi, ove
la profilassi venga iniziata alcune ore dopo l’inizio dell’intervento o nel periodo
postoperatorio.150-151
Tali dati sono stati confermati da uno studio di coorte prospettico eseguito sull’uomo in cui,
come si può vedere nella tabella 2, la frequenza di infezioni del sito chirurgico aumenta man
mano che la somministrazione dell’antibiotico si allontana dal momento dell’incisione della
cute; una somministrazione che inizi più di 2 ore prima dell’intervento ha una minore
probabilità di essere efficace così come una somministrazione eseguita una o più ore dopo
l’incisione.152
Recenti studi osservazionali dimostrano come una somministrazione imprecisa dell’antibiotico
rappresenta l’errore che incide maggiormente e più negativamente sulla frequenza di infezione
del sito chirurgico.153-154-155
Un recente studio ha dimostrato una relazione non lineare tra la durata dell’intervallo tra la
somministrazione dell’antibiotico e incisione chirurgica e infezione: il rischio più basso
corrisponde alla somministrazione dell’antibiotico 4 minuti prima dell’incisione (IC95%: 0-18
minuti). Il modello proposto suggerisce che un timing ottimale risulterebbe in una riduzione
dell’11.3% delle infezioni. 156
Pertanto la profilassi dovrebbe essere iniziata entro 30-60 minuti dall’incisione chirurgica (120
se si utilizza un glicopetide) con una somministrazione in bolo di un antibiotico per via
endovenosa.157-158 -159-160-161-162
142
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Nella pratica clinica è opportuno inserire la somministrazione dell’antibiotico nelle pratiche da
effettuare immediatamente prima di iniziare l’intervento, evitando possibili interazioni con gli
altri farmaci da somministrare in quel periodo (principalmente quelli anestetici).
5.10.9.5.1
Parto cesareo
Non ci sono evidenze per determinare la tempistica ottimale di somministrazione antibiotica
nel taglio cesareo. Nessuna evidenza suggerisce che la somministrazione di antibiotici sia
prima dell'incisione cutanea o dopo il clampaggio del cordone incida negativamente sulla
morbilità neonatale.
Per consuetudine, l’antibiotico viene somministrato dopo il clampaggio del cordone ombelicale
per evitare l'inutile esposizione del feto all’antibiotico. Recenti linee guida da parte del NICE e
dell’Infectious Diseases Society of America (IDSA) raccomanda che anche per il cesareo, la
somministrazione dell’antibiotico per la profilassi avvenga prima dell’incisione della cute. 163164
5.10.9.5.2
Chirurgia con applicazione di tourniquet
Quando si applica un tourniquet, come in chirurgia ortopedica per effettuare interventi
chirurgici su arto esangue, la necessaria concentrazione tissutale deve essere raggiunta prima
della sua applicazione (poiché il tourniquet impedisce che l’antibiotico eventualmente presente
nel sangue circolante raggiunga il campo operatorio).
5.10.9.6
Dosi addizionali nel corso dell’intervento
5.10.9.6.1
Durata dell’intervento
Molti dei farmaci usati in profilassi hanno emivite relativamente brevi (1-2 ore calcolate in
studi su volontari sani). In queste situazioni è pertanto logico somministrare un’ulteriore dose
di antibiotico se l’intervento dura più di 2-4 ore.
Tuttavia, se paragonati ai volontari sani, i pazienti sottoposti a intervento chirurgico hanno
un’eliminazione rallentata dei farmaci165-166 e ciò è probabilmente dovuto a una combinazione
di diversi fattori. Per esempio, rispetto ai volontari sani i pazienti chirurgici sono, in genere, più
anziani (e quindi hanno una diminuita funzione renale) e presentano spesso malattie
concomitanti.
I pochi dati disponibili mostrano che farmaci come il cefuroxime, che ha una emivita di 1-2 ore
nei volontari sani, ha una emivita di 2-4 ore nei pazienti operati e che concentrazioni efficaci di
antibiotico sono mantenute per almeno 5 ore dopo l’inizio dell’intervento167-168
Non sono disponibili prove definitive a favore o contro la somministrazione di dosi addizionali
159
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di antibiotici nel corso dell’intervento.
In letteratura vi sono opinioni discordanti 169-170 sulla correttezza metodologica degli studi
disponibili.171-172-173-174-175-176-177
In un recente studio di coorte su pazienti sottoposti ad interventi cardiochirurgici, un’analisi
per sottogruppi dimostra che solo per interventi di durata superiore ai 400 minuti dalla prima
somministrazione dell’antibiotico una dose intraoperatoria riduce il rischio di infezioni del sito
chirurgico.178
Una revisione sistematica della letteratura eseguita su pazienti sottoposti a profilassi per la
chirurgia colorettale non ha riscontrato una superiorità dei farmaci a lunga emivita rispetto a
quelli a emivita breve;179 anche in questo caso viene fornita una prova indiretta della scarsa
utilità di mantenere alte concentrazioni plasmatiche di antibiotico per tempi prolungati.
In conclusione, non sono ancora emerse prove definitive a favore o contro la somministrazione
di dosi addizionali di antibiotico nel corso dell’intervento. Tuttavia, la maggior parte delle linee
guida180-181-182-183-184 suggerisce di somministrare una seconda dose intraoperatoria nel caso in
cui l’operazione sia ancora in corso dopo un tempo dall’inizio dell’intervento pari al doppio
dell’emivita del farmaco impiegato e comunque se la durata dell’intervento è ≥ 4 h. 185-186-187188-189
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5.10.9.6.2
Perdite ematiche e reintegrazione di liquidi
Le concentrazioni sieriche di antibiotico si riducono in caso di perdite di sangue o la
sostituzione dei liquidi, soprattutto se avvengono nella prima ora, quando i livelli di farmaco
sono elevati. 190-191-192-193-194
Gli effetti precisi della perdita di sangue e della reintegrazione di liquidi sono difficili da
predire, in quanto dipendono dal momento e dall’entità della perdita e della reintegrazione.195
Comunque, negli adulti l’impatto del sanguinamento intraoperatorio e della reintegrazione di
liquidi sulle concentrazioni seriche di farmaco è abitualmente trascurabile.196-197
In caso di interventi cardiochirurgici in circolazione extracorporea non esistono prove
dell’efficacia di somministrazioni aggiuntive intraoperatorie di antibiotico.
5.10.9.7
Durata della profilassi
La somministrazione di dosi addizionali dopo la fine dell’intervento non si è in genere
dimostrata efficace nel ridurre ulteriormente la frequenza di infezione del sito chirurgico. Per
molte tipologie di interventi chirurgici comuni, esistono robuste evidenze che una singola dose
di antimicrobico a lunga emivita è sufficiente.198-199-200-201-202-203-204 -205
Singoli studi che suggeriscono la somministrazione di dosi addizionali postoperatorie sono
metodologicamente criticabili. Ad esempio, l’uso di osservatori non ciechi rispetto
all’allocazione del trattamento e all’utilizzazione di un tampone della ferita come indicatore di
infezione non sono accettabili.206 Quest’ultimo test è specificamente escluso dalla maggior
parte delle definizioni di infezione della ferita poiché non distingue tra colonizzazione e
infezione207-208
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Inoltre, nei pazienti sottoposti a trattamenti antibiotici prolungati è certamente meno probabile
l’isolamento di batteri dal tampone della ferita.
Lo studio di Gatell e Collaboratori209 è frequentemente citato a supporto dell’efficacia della
somministrazione di dosi addizionali di antibiotici nei pazienti con fratture chiuse. Nel caso
specifico il regime includeva una dose intraoperatoria (2 ore dopo l’inizio dell’intervento) e
una dose postoperatoria e non è chiaro quale sia il beneficio di quest’ultima.
Due pubblicazioni riguardanti pazienti sottoposti a interventi di cardiochirurgia dimostrano
come una maggiore durata della profilassi non modifichi la frequenza di ISC anche sul lungo
termine.210-211
Uno studio italiano di medie dimensioni (206 pazienti), che ha confrontato una singola
somministrazione di piperacillina rispetto a 3 somministrazioni in pazienti sottoposte a taglio
cesareo, non ha riscontrato differenze tra i due gruppi.212
Un ampio studio eseguito su 2.651 interventi per artroprotesi d’anca 213 non ha dimostrato
alcuna differenza nel tasso di infezione della ferita in seguito alla somministrazione di una o 3
dosi di cefuroxime. Dai risultati dello studio è emerso che l’infezione a livello
dell’articolazione si è verificata con minore frequenza nel gruppo con tre dosi (0,45% vs
0,83%), ma la differenza non è risultata statisticamente significativa (OR 0,54; 95% CI 0,201,48).
Un recente studio osservazionale eseguito su pazienti sottoposti ad artroprotesi d’anca
cementate mostra un minor numero di reinterventi per rimozione o sostituzione
dell’artroprotesi quando la profilassi viene continuata per 24 ore e viene aggiunto antibiotico al
cemento.214
Tre studi recenti di cui uno eseguito su pazienti sottoposti ad appendicectomia (per appendice
non perforata), uno su pazienti sottoposti a chirurgia per carcinoma gastrico ed un terzo su
pazienti sottoposte a chirurgia ginecologica confermano che la somministrazione di una singola
dose perioperatoria di antibiotico sortisce lo stesso effetto nella prevenzione delle infezioni del
sito chirurgico rispetto a dosi ripetute.215-216
Non ci sono prove che dimostrano che continuare la profilassi antibiotica in presenza di un
drenaggio riduca le complicanze infettive postoperatorie.
Negli interventi urologici, nei casi in cui la cateterizzazione prolungata segue la procedura (ad
esempio, prostatectomia radicale), la terapia antimicrobica al momento della rimozione del
catetere può essere terapeutica anziché profilattica, poiché è probabile che si sia verificata una
colonizzazione batterica. Tuttavia, la durata della profilassi antibiotica è incerta. Parecchi studi
proseguono la somministrazione dell’antibiotico fino alla rimozione del catetere vescicale.
Non ci sono prove che dosi supplementari debbano essere utilizzate sino alla rimozione di
208
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drenaggi esterni non urinari. 217-218
Pertanto la durata della profilassi non dovrebbe superare le 24 h dall’intervento chirurgico.219220-221-222-223-224
5.10.10
Compiti del medico di reparto
Prima dell’invio del paziente in sala operatoria:
5.10.11
-
redige ed aggiorna la cartella clinica
-
acquisisce il consenso informato
-
identifica il lato del sito chirurgico, ove pertinente
-
indica nel programma operatorio se esiste un rischio prevedibile della perdita significativa
di grandi quantità di sangue
-
verifica che le unità di sangue sacche, se prescritte, siano state ritirate, ovvero siano da
ritirare o che il paziente abbia eseguito il type & screen,
-
prescrive la profilassi antibiotica e del tromboembolismo venoso, ove pertinenti.
Compiti dell’infermiere di reparto
L’infermiere di reparto prima di inviare il paziente in sala operatoria verifica, se pertinente,
che:
-
il paziente sia a digiuno;
-
la disponibilità della cartella clinica;
-
la presenza del consenso informato all’intervento chirurgico e all’anestesia;
-
il paziente abbia il bracciale identificativo e che i dati anagrafici riportati siano corretti;
-
siano presenti le etichette, se in uso nell’unità operativa;
-
il lato dell’intervento sia stato identificato;
-
il paziente sia portatore di pace-maker;
-
il paziente abbia fatto la doccia, eseguito la tricotomia, abbia rimosso le protesi, gioielli e
monili, compreso eventuali piercing, non indossi biancheria intima e non abbia smalto per
le unghie;
-
il paziente sia stato sottoposto alla preparazione intestinale.
Inoltre l’infermiere di reparto prima di inviare il paziente in sala operatoria verifica, se
pertinente, trascrive nel modulo “check-list preoperatoria” la terapia praticata in reparto prima
dell’invio del paziente in sala operatoria, eventuali allergie a farmaci e lattice, la profilassi
della TEV effettuata.
217
218
219
220
221
222
223
224
Berry A, Barratt A. Prophylatic antibiotic use in transurethral prostatic resection: a meta-analysis. J Urol. 2002; 167: 571–577.
American Urological Association. Best Practice Policy Statement on urologic surgery antimicrobial prophylaxis.
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5.10.12
Compiti dell’infermiere di sala operatoria
L’infermiere di sala operatoria prima di ammettere il paziente in sala operatoria, deve
verificare, se pertinente, che:
5.10.13
-
i dati anagrafici del paziente corrispondano al paziente che deve essere sottoposto ad
intervento come da programma operatorio;
-
le sacche di sangue siano state richieste ed eventualmente ritirate;
-
la doccia sia stata effettuata;
-
sia presente o meno il pace-maker;
-
sia stata effettuata la tricotomia;
-
siano state rimosse protesi;
-
siano stati rimossi gioielli e monili (compreso pirsing);
-
sia stata rimossa la biancheria intima;
-
sia stato rimosso lo smalto delle unghie (nel caso di gel segnalarlo nelle note);
-
il paziente sia a digiuno;
-
in cartella clinica sia presente il consenso informato all’anestesia;
-
in cartella clinica sia presente il consenso informato all’intervento chirurgico;
-
il paziente sia protetto da bracciale identificativo;
-
il bracciale identificativo riporti i dati anagrafici correttamente;
-
siano presenti le etichette di identificazione del paziente, se in uso nell’unità operativa;
-
il medico abbia identificato il lato dell’intervento al quale il paziente deve sottoporsi;
-
al paziente sia stata praticata la preparazione intestinale;
-
al paziente sia stato praticato clistere o sono stati somministrati lassativi;
-
sia stata praticata terapia prima dell’intervento;
-
se il paziente è allergico a farmaci;
-
sia stato specificato il tipo di farmaco;
-
il paziente non sia allergico al lattice;
-
siano stati inviati farmaci in sala operatoria;
-
sia stata eseguita la profilassi TEV e se sono indicati i presidi utilizzati.
Compiti dell’anestesista
L’anestesista prima di indurre il paziente deve controllare che:
-
i dati anagrafici del paziente corrispondano al paziente che deve essere sottoposto ad
intervento rilevandoli dal programma operatorio e dalla documentazione sanitaria,
-
il lato del sito chirurgico sia stato identificato.
L’anestesista verifica la profilassi antibiotica 30-60 minuti prima dell’incisione chirurgica.
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5.11
GESTIONE DEL PROGRAMMA OPERATORIO
Il responsabile dell’U.O., in collaborazione con l’anestesista, predispone il programma
operatorio giornaliero.
Nella predisposizione del programma operatorio bisogna prevedere una valutazione della
congruità degli interventi chirurgici rispetto alla complessità del paziente, alla durata
dell’intervento e alla classe dell’intervento (pulito, pulito contaminato, sporco).
Il programma operatorio deve riportare:
-
sala operatoria,
-
cognome, nome e data di nascita del paziente,
-
patologia e tipo di intervento previsto,
-
ora di inizio dell’intervento,
-
durata prevista,
-
équipe operatoria,
-
tipo di anestesia pianificata in relazione alla valutazione preoperatoria,
-
posizione del paziente,
-
necessità di emocomponenti,
-
eventuali allergie,
-
ricovero programmato in terapia intensiva;
In calce al programma operatorio deve essere riportata la data e la firma del responsabile
dell’Unità Operativa o in sua assenza del sostituto designato.
Il programma operatorio deve essere inviato almeno le ore 14 del giorno precedente.
5.12
PREPARAZIONE ED INVIO DEL PAZIENTE IN SALA OPERATORIA
L’infermiere del reparto o l’assistente socio-sanitario accompagna il paziente in sala operatoria
insieme alla cartella clinica, alla documentazione diagnostica (ove presente) ed alla “scheda di
verifica della preparazione del paziente all’intervento chirurgico”.
5.13
ACCOGLIENZA DEL PAZIENTE
L’infermiere di sala operatoria identifica il paziente, lo accoglie prestando attenzione allo stato
d’animo (ansia, panico) del medesimo e verifica:
-
che il suo intervento sia inserito nel programma operatorio;
-
che il paziente sia accompagnato dalla cartella clinica;
-
che in cartella clinica sia presente i moduli di consenso informato debitamente compilati e
firmati dal paziente;
-
la corretta preparazione del paziente secondo l’istruzione operativa (tricotomia e rimozione
di eventuali apparecchi protesici ed effetti personali ecc…);
-
la corretta identificazione del sito chirurgico (ove necessario).
Registra le verifiche nella “scheda di verifica della preparazione del paziente all’intervento
chirurgico”.
Quindi, l’infermiere di sala operatoria immettere il paziente nella sala della preanestesia per
adeguata preparazione all’anestesia e all’intervento (incannulamento di una via venosa
periferica per la terapia infusionale, posizionamento degli elettrodi per l’ECG, ecc…) secondo
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le prescrizioni del 1° operatore e dell’anestesista.
5.14
SIGN IN
Il Sign In si svolge prima dell'induzione dell'anestesia, richiede la presenza di tutti i
componenti dell'équipe e comprende i seguenti controlli:
1. Conferma da parte del paziente di identità, procedura, sito e consenso
Il coordinatore deve verificare verbalmente con il paziente la correttezza dell'identità, del
sito, della procedura e che sia stato dato il consenso all'intervento chirurgico. Se il paziente,
per la propria condizione clinica o per età, non è in grado di rispondere alle domande poste
sulla corretta identificazione, è necessario coinvolgere i familiari o altre persone in grado di
rispondere correttamente.
2. Sito marcato
Il coordinatore dovrà contrassegnare la corrispettiva casella soltanto dopo aver verificato,
guardando, che il sito chirurgico sia stato marcato, ovvero che tale controllo non sia
applicabile al tipo di intervento chirurgico (ad esempio interventi su organi singoli), come
indicato nella raccomandazione n. 3 per la corretta identificazione dei pazienti, del sito
chirurgico e della procedura
3. Controlli per la sicurezza dell'anestesia
Il coordinatore dovrà controllare verbalmente con l'anestesista che siano stati effettuati i
controlli per la sicurezza dell'anestesia (gestione paziente, farmaci e presidi,
apparecchiature) e che sia stato confermato il corretto posizionamento e funzionamento del
pulsossimetro.
4. Identificazione dei rischi del paziente
Il coordinatore dovrà controllare verbalmente con l'anestesista che sia stato valutato il
rischio di reazioni allergiche, di difficoltà di gestione delle vie aeree, di perdita ematica.
5.15
POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE SUL LETTO OPERATORIO
Il posizionamento del paziente sul letto operatorio è un processo complesso e rischioso che
necessita della collaborazione tra chirurgo, anestesista e infermiere e di una pianificazione
efficace, che alla luce delle necessità chirurgiche ed anestesiologiche garantisca una adeguata
protezione del paziente dalle complicanze derivanti da un malposizionamemento.
Nel presente regolamento vengono illustrate quali sono le responsabilità nella pianificazione e
nella esecuzione del posizionamento del paziente in anestesia generale e loco-regionale sul
letto operatorio, quali sono i rischi generali e specifici delle malposizioni e le precauzioni che
bisogna adottare per prevenire le lesioni a carico del sistema nervoso periferico, dell’apparato
muscolo-scheletrico, dell’apparato cardio-respiratorio, dell’occhio e della cute.
Il posizionamento del paziente sul letto operatorio è un processo che prevede la collaborazione
tra chirurgo, anestesista e infermiere.
Nel pianificare e nell’eseguire il posizionamento del paziente sul letto operatorio occorre
perseguire i seguenti obiettivi:
-
esporre adeguatamente il sito chirurgico,
-
assicurare una ventilazione ottimale, mantenendo la pervietà delle vie aeree ed evitando
compressioni sul torace,
-
assicurare una adeguata perfusione evitando compressioni su qualsiasi parte del corpo,
-
assicurare un adeguato accesso alle linee endovenose ed alle apparecchiature di
monitoraggio,
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5.15.1
-
assicurare la protezione da lesioni neurologiche e cutanee,
-
prevenire una embolia gassosa,
-
garantire la dignità del paziente, evitando una esposizione indebita.1
Le responsabilità nel corretto posizionamento del paziente sul letto operatorio
Sebbene nel recente passato l’opinione prevalente fosse che il posizionamento del paziente sul
letto operatorio costituisse per l’infermiere attività ausiliaria o di assistenza al medico, oggi
prevale l’opinione che tutti i componenti dell’equipe operatoria, 1° operatore, anestesista e
infermiere di sala operatoria, ne condividano la responsabilità. 2-3
Il posizionamento del paziente sul letto operatorio deve essere sempre svolto sotto il controllo
del medico anestesista.4
5.15.1.1
1° operatore
Il 1° operatore ha la responsabilità di identificare la posizione che garantisca la migliore
esposizione chirurgica in relazione al tipo di intervento ed alla tecnica chirurgica,
compatibilmente con la necessità di assicurare le migliori condizioni di omeostasi respiratoria e
cardiovascolare, la corretta gestione delle vie aeree, degli accessi vascolari e dei dispositivi di
monitoraggio, indicarla nel programma operatorio e vigilare sulla corretto posizionamento.
5.15.1.2
Anestesista
L’anestesista ha la responsabilità di:
5.15.1.3
-
collaborare con il 1° Operatore nell’identificare la posizione che garantisca la migliore
esposizione chirurgica in relazione al tipo di intervento ed alla tecnica chirurgica,
compatibilmente con la necessità di assicurare le migliori condizioni di omeostasi
respiratoria e cardiovascolare;
-
di vigilare al regolare posizionamento del paziente nel momento stesso in cui questo
avviene;
-
gestire il capo del paziente e le vie aeree;
-
gestire e proteggere gli accessi vascolari e i dispositivi di monitoraggio;
-
proteggere gli occhi.
Infermiere di sala operatoria
L’infermiere di sala operatoria ha la responsabilità di:
-
posizionare il paziente secondo le indicazioni del 1° operatore e dell’anestesista;
-
assicurare la protezione dei punti di compressione;
-
assicurare la contenzione dei segmenti corporei liberi.
5.15.2
La valutazione del rischio e le misure generali per il corretto posizionamento del
paziente sul letto operatorio
5.15.2.1
I pericoli nel posizionamento del paziente sul letto operatorio
Gli esiti che derivano dal malposizionamento del paziente sul letto operatorio possono
riguardare:
1
2
3
4
-
il sistema nervoso periferico,
-
l’apparato muscolo-scheletrico,
ECRI Institute. Healthcare Risk Control. Patient Positioning. 2011; 4:1-9.
Ministero della salute. Manuale per la Sicurezza in sala operatoria, 2009.
Cassazione Penale Sez. IV sentenza n. 19637del 2507-2010.
Cassazione Penale Sez. IV sentenza n. 7082 del 27-07-83.
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5.15.2.1.1
-
l’apparato cardio-respiratorio,
-
l’occhio,
-
la cute.
Le lesioni neurologiche
Le lesioni neurologiche periferiche rappresentano la seconda causa per frequenza di lesioni
perioperatorie (16-19%).5-6
I meccanismi possono essere:
5.15.2.1.1.1
-
lo stiramento,
-
la compressione,
-
ischemia generalizzata,
-
squilibrio metabolico.7
La compressione del nervo sopraorbitale
Il nervo sovraorbitale, o frontale esterno, è uno dei tre rami terminali del nervo frontale, ramo
terminale del nervo oftalmico del trigemino.
Il nervo sovraorbitale fuoriesce dalla cavità orbitale attraversando il foro sopraorbitario, o
l'incisura che lo rappresenta, del margine sopraorbitale dell'osso frontale. Si divide in tre rami
che si distribuirono alla cute della fronte e al cuoio capelluto, alla cute e alla congiuntiva della
parte media della palpebra superiore ed alla tonaca mucosa del seno frontale. 8
Il nervo sovraorbitale è a rischio di compressione nella posizione prona.
5.15.2.1.1.2
La compressione del nervo facciale
Il nervo faciale è un nervo misto. Uscito dal cranio, il nervo faciale si dirige in basso e in avanti
si dirige in basso e penetra nello spessore della ghiandola parotide dove si divide nei due rami
terminali:
-
il ramo temporo-faciale,
-
il ramo cervico-faciale.9
La porzione extracranica del nervo faciale è a rischio di schiacciamento rispettivamente dai
sistemi di fissaggio della maschera e del tubo endotracheale.
5.15.2.1.1.3
La compressione e lo stiramento del plesso brachiale
Le lesioni del plesso brachiale rappresentano le più frequenti lesioni neurologiche periferiche
perioperatorie.10
Il plesso brachiale è formato dai rami anteriori del quinto, sesto, settimo e ottavo (C5-C8)
nervo cervicale, dal ramo anteriore del primo nervo toracico (T1) e da rami anastomotici dei
nervi quarto cervicale (C4) e secondo toracico (T2).
È articolato in tronchi primari e secondari.
I tronchi primari sono situati nella loggia sopraclavicolare maggiore alla base del collo, tra il
muscolo scaleno anteriore (anteriormente) e il muscolo scaleno medio (posteriormente). I
5
Cheney, Frederick W.; Domino, Karen B.; Caplan, Robert A.; Posner, Karen L. Nerve Injury Associated with Anesthesia: A Closed Claims
Analysis Anesthesiology. 90(4):1062-1069, April 1999.
6
Fritzlen T, Kremer M, Biddle C. The AANA Foundation Closed Malpractice Claims Study on nerve injuries during anesthesia care. AANA J.
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7
Knight DJW, Mahajan RP. Patient positioning in anaesthesia. Continuing Education in Anaesthesia, Critical Care & Pain 2004; 4(5):160-163.
8
Testut L. Latarjet A. Anatomia umana. Vol 4. Pag 215, V ed, UTET – Torino. 1971.
9
Testut L. Latarjet A. Anatomia umana. Vol 4. Pag 251, V ed, UTET – Torino. 1971.
10
Fritzlen T, Kremer M, Biddle C. The AANA Foundation Closed Malpractice Claims Study on nerve injuries during anesthesia care. AANA J.
2003 Oct;71(5):347-52.
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tronchi secondari sono situati nel cavo ascellare.11
Particolarmente le radici nervose T1 C8 si trovano in prossimità della prima costa, della
clavicola e dell’omero, e sono particolarmente esposte alla compressione contro queste
strutture.12
5.15.2.1.1.4
La compressione del nervo ulnare
Il nervo ulnare è un nervo misto, contiene cioè fibre motorie e sensitive.
Le fibre motorie innervano:
-
la metà mediale del muscolo flessore superficiale,
-
il capo mediale del muscolo flessore breve del pollice,
-
il muscolo adduttore del pollice,
-
i muscoli dell’eminenza ipotenar (palmare breve, adduttore del mignolo, flessore breve del
mignolo, opponente del mignolo),
-
i muscoli III e IV lombricale della muscolatura intrinseca della mano,
-
i muscoli interossei palmari e dorsali della muscolatura intrinseca della mano. 13
Le fibre sensitive innervano la cute del lato ulnare della mano e la cute del 5° dito e della base
e della metà ulnare del 4° dito.
La compressione del nervo ulnare può avvenire nei punti del suo decorso in cui particolarmente
vulnerabile alla compressione in quanto attraversa strutture delimitate da parti ossee e cioè:
-
a livello della doccia olecranica del gomito delimitata dall’olecrano ulnare e dall’epicondilo
mediale dell’omero,
-
a livello del polso, nel canale di Guyon, delimitato inferiormente dall'osso pisiforme e
dall'apofisi unciniforme dell'uncinato e superiormente da arcate legamentose, espansione
del legamento trasverso del carpo.
Le lesioni del nervo ulnare comportano deficit motori e sensitivi.
I deficit motori della lesione del nervo ulnare sono:
5.15.2.1.1.5
-
l’abolizione dell’estensione delle due ultime falangi del mignolo,
-
l’abolizione di tutti i movimenti del mignolo,
-
la perdita di forza e di agilità nei movimenti fini delle dita,
-
l’atrofia della muscolatura ipotenare,
-
l’atrofia dei muscoli interossei con atteggiamento a griffe delle ultime due dita,
-
la difficoltà ad allargare e avvicinare le dita estese.
-
I deficit sensitivi della lesione del nervo ulnare sono l’ipoestesia del lato ulnare della mano,
del 4° e 5° dito.14
La compressione del nervo radiale
Il nervo radiale è un nervo misto, contiene cioè fibre motorie e sensitive.
Le fibre motorie innervano:
-
i capi lungo, mediale e laterale del tricipite,
-
i muscoli delle logge posteriore e laterale dell’avambraccio.
11
Gray H. Gray’s Anatomy of the Human Body. The Bartleby.com edition of from the classic 1918 publication
Knight DJW, Mahajan RP. Patient positioning in anaesthesia. Continuing Education in Anaesthesia, Critical Care & Pain 2004; 4(5):160-163.
13
Testut L. Latarjet A. Anatomia umana. Vol 4. Pag 105-106, V ed, UTET – Torino. 1971.
14
Bergamini L. Manuale di neurologia clinica. Pag. 540-541. Ed. Libreria Cortina – Torino. 1986
12
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Con il nervo mediano, inoltre partecipa alla innervazione del muscolo abduttore breve del
pollice.
Le fibre sensitive innervano la cute della metà laterale del dorso della mano, del 1° dito, della
prima falange del 2° e del 3° dito, e della metà esterna della prima falange del 4° dito.
La compressione del nervo radiale può avvenire in vari punti del suo decorso, dall’ascella al
polso. Punti di particolare vulnerabilità sono rappresentati dal suo decorso nel solco bicipitale
laterale e nella linea interarticolare del gomito, dove si divide nei due rami:
-
anteriore, sensitivo e superficiale;
-
posteriore, motore e profondo.15
Le lesioni del nervo radiale comportano deficit motori e sensitivi.
La lesione completa si manifesta con:
-
anestesia della cute:
o
o
o
o
-
della metà laterale del dorso della mano,
del 1° dito,
della prima falange del 2° e del 3° dito,
della metà esterna della prima falange del 4° dito,
l’impossibilità a compiere i movimenti di:
o
o
o
o
o
estensione dell’avambraccio sul braccio,
supinazione dell’avambraccio,
estensione della mano e delle dita,
abduzione del pollice,
movimenti di lateralità del pollice.
Le lesioni del nervo lungo il suo decorso, a vario livello distale, comporta una sintomatologia
incompleta.
La lesione del nervo radiale al di sotto del gomito determina esclusivamente l’abolizione dei
movimento di estensione delle dita, mentre tentando l’estensione del polso la mano devia vero
il lato radiale.16
5.15.2.1.1.6
Lo stiramento del nervo ischiatico
Il nervo ischiatico (o sciatico) è un nervo misto, contiene cioè fibre motorie e sensitive.
La componente motoria innerva i muscoli della loggia posteriore della coscia, parte del grande
adduttore e tutti i muscoli della gamba e del piede.
La componente sensitiva innerva la cute posteriore e anterolaterale della gamba e quasi tutta la
cute del piede (ad eccezione della parte dorsomediale).17
Lo stiramento può essere provocato da un eccessiva rotazione esterna dell’arto inferiore e può
comportare, nelle lesioni gravi, la paralisi della gamba e del piede, l’atrofia dei muscoli e
l’anestesia dei territori innervati dallo sciatico.18
5.15.2.1.1.7
La compressione del nervo peroneo comune
Il nervo peroneo comune è un nervo misto, contiene cioè fibre motorie e sensitive.
È il ramo laterale del nervo ischiatico (o sciatico) da cui si distacca a livello della fossa
poplitea.
Dopo aver innervato il muscolo tibiale, si dirige, quindi, obliquamente in basso e verso
l’esterno, fino raggiungere la testa del perone, dove si divide nei nervi peroneo superficiale e
15
Testut L. Latarjet A. Anatomia umana. Vol 4. Pag 105-106, V ed, UTET – Torino. 1971.
Bergamini L. Manuale di neurologia clinica. Pag. 540-541. Ed. Libreria Cortina – Torino. 1986
17
Gray H. Gray’s Anatomy of the Human Body. The Bartleby.com edition of from the classic 1918 publication
18
Bergamini L. Manuale di neurologia clinica. Pag. 540-541. Ed. Libreria Cortina – Torino. 1986
16
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profondo.
-
Il nervo peroneo superficiale innerva i muscoli peroneo lungo ed il peroneo breve e
fornisce fibre sensitive per la metà anteriore ed esterna della gamba e la metà anteriore ed
interna del collo e del doro del piede;
-
Il nervo peroneo profondo innerva i muscoli estensore comune delle dita, estensore
proprio del 1° dito ed il peroneo comune. 19
La lesione del nervo peroneo, nel tratto comune, è conseguente a compressioni a livello della
testa del perone.
Il quadro clinico è contrassegnato da atrofia dei muscoli della loggia antero-esterna della
gamba e impossibilità al movimento di dorsiflessione del piede e delle dita; anche
l’extrarotazione del piede è abolita. Questi pazienti riescono a mantenere la posizione eretta e a
camminare, ma la deambulazione è resa difficoltosa dal “piede pendulo”, con una andatura
steppante o equina: dal lato della lesione possono camminare sulla punta del piede, ma non
riescono ad appoggiare il tallone.20
5.15.2.1.1.8
Lo stiramento del nervo femorale
Il nervo femorale è un nervo misto che origina con tre radici dal plesso lombare.
Innerva il muscolo ileopsoas, i muscoli anteriori della coscia e parte dei muscoli mediali (parte
dell'adduttore lungo).
Innerva inoltre la cute anteromediale di coscia e gamba e la cute dorsomediale del piede.
Lungo il suo decorso, passa al di sotto del legamento inguinale nella lacuna neuromuscolare
assieme all'ileopsoas. In corrispondenza del triangolo di Scarpa si divide nei suoi rami
terminali: il nervo muscolocutaneo laterale, il nervo muscolocutaneo mediale, il nervo del
muscolo quadricipite e il nervo safeno. 21
Lo stiramento può essere provocato da un eccessiva rotazione esterna dell’arto inferiore e
comporta modifiche nella sensazione nella coscia, ginocchio o gamba come intorpidimento,
formicolio, bruciore, una sensazione che il ginocchio “ceda” o, raramente, dolore.
Si può avere, inoltre, una perdita di massa muscolare nel quadricipite della parte anteriore della
coscia.
5.15.2.1.1.9
Lo stiramento del nervo femoro-cutaneo
Il nervo cutaneo laterale della coscia è un nervo sensitivo che origina dal ramo anteriore del 2°
nervo lombare del plesso lombare.
Il nervo emerge dalla faccia laterale del grande psoas e decorre nella fossa iliaca. Passa al di
sotto del legamento inguinale nell'incisura compresa fra le spine iliache anterosuperiore e
anteroinferiore e raggiunge così la coscia, dove si fa sottocutaneo e si distribuisce alla cute
della regione laterale con un ramo gluteo e un ramo femorale. Innerva la cute laterale della
coscia e parte della cute della natica. 22
Lo stiramento può essere provocato dalla eccessiva e prolungata flessione della coscia e
comporta l’insorgenza di dolore urente, parestesia o iperalgesia sulla superficie antero-laterale
della coscia.
5.15.2.1.1.10
La compressione del nervo safeno
Il nervo safeno, ramo terminale del nervo femorale, è un nervo sensitivo.
19
Testut L. Latarjet A. Anatomia umana. Vol 4. Pag 149-167, V Ed, UTET – Torino. 1971
Bergamini L. Manuale di neurologia clinica. Ed. Libreria Cortina. Torino, 1986
21
Gray H. Gray’s Anatomy of the Human Body. The Bartleby.com edition of from the classic 1918 publication
22
Gray H. Gray’s Anatomy of the Human Body. The Bartleby.com edition of from the classic 1918 publication
20
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Decorre profondamente nella coscia a ridosso dell'arteria femorale, con la quale penetra nel
canale degli adduttori. Raggiunge quindi, la regione mediale del ginocchio, dove si divide in
due rami:
-
il ramo infrapatellare (o rotuleo) che si fa superficiale e innerva la cute della regione della
rotula e l'articolazione del ginocchio.
-
il ramo tibiale che rappresenta la diretta continuazione del nervo safeno, che raggiunge la
gamba e decorre come satellite della vena grande safena, prima lungo la faccia mediale
della gamba e poi davanti al malleolo mediale e lungo il margine mediale del piede.
Durante il suo decorso innerva la cute mediale della gamba, la cute dorsomediale del piede e
l'articolazione talocrurale.23
La lesione del nervo safeno, conseguente alla compressione sul condilo mediale della tibia,
comporta ipo-anestesia della cute mediale della gamba e della cute dorsomediale del piede, e
dolore calcaneare.
5.15.2.1.2
Le lesioni oculari
Nonostante la frequenza delle lesioni agli occhi sia molto bassa (<0,1%), 24 l'occhio è
particolarmente esposto al rischio di traumi diretti o indiretti, con una vasta gamma di lesioni
che possono andare da un leggero fastidio alla perdita permanente della vista.
I meccanismi di lesione sono diversi, anche in relazione al tipo di posizionamento.
Tra le lesioni più frequenti sono segnalate le abrasioni corneali, per traumi diretti alla cornea da
corpi estranei (maschere, teli chirurgici, ecc) o per la riduzione della lacrimazione secondaria
ad anestesia generale e alla mancata protezione palpebrale della cornea. Se l'occhio è lasciato
esposto, senza protezione, l’essiccamento corneale può verificarsi in meno 10 min. 25
Lesioni oculari particolarmente gravi sono registrate nella posizione prona per compressione
diretta sull’occhio ed ischemia retinica.
5.15.2.1.3
Le lesioni muscolo-scheletriche
I miorilassanti somministrati in corso di anestesia generale possono favorire l’overstretching di
muscoli, tendini e articolazioni, a carico dei distretti sollecitati, con conseguenti lesioni
osteoarticolari, ad esempio:26
 la perdita della naturale lordosi lombare che si associa ad una lombalgia postoperatoria. 27
 la lussazione.28
Il paziente è a maggior rischio quando arti superiori vengono abdotti per più di 90 ° rispetto al
corpo o disposti in eccessiva rotazione esterna e / o quando la testa e il collo sono iperflessi o
iperestesi.29
5.15.2.1.4
Le lesioni cutanee
Tutte le posizioni del paziente sono associate ad una anomala pressione su parti relativamente
piccole della superficie corporea.
Una riduzione della perfusione può causare ischemia tissutale, lesioni cutanee e lo sviluppo di
ulcere da decubito durante il decorso post-operatorio.30
23
24
25
26
27
28
29
30
Gray H. Gray’s Anatomy of the Human Body. The Bartleby.com edition of from the classic 1918 publication
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L'incidenza delle ulcere da pressione che si verificano a seguito di intervento chirurgico può
attestarsi fino al 66 % (specie nei pazienti anziani con fratture del collo del femore).
Uno degli obiettivi del corretto posizionamento del paziente sul letto operatorio è, pertanto,
anche, la dissipazione delle forze compressive sulla cute, attraverso l’utilizzo di dispostivi
idonei.31
Le lesioni cutanee intraoperatorie sono funzione della intensità e della durata della pressione.
Una elevata pressione di breve durata rispetto ad una bassa pressione per periodi più lunghi
può essere altrettanto dannosa per il tessuto.
Il valore dell’intensità di pressione è definito in 32 mmHg, corrispondente alla pressione
capillare. Questo valore viene attualmente accettato come la soglia di pressione esterna oltre la
quale possono verificarsi ostruzioni del microcircolo.
Il rischio di formazione di ulcere e di altre complicazioni aumenta con la durata della
procedura e quindi della pressione sulla cute. Diversi studi hanno indicato che le procedure di
durata maggiore di 2,5-3 ore aumentano in modo significativo il rischio del paziente per la
formazione di ulcere da pressione.32
Altri fattori secondari contribuiscono alla formazione di lesioni cutanee tra questi l’habitus
costituzionale del paziente, le sue condizioni nutrizionali, l’età, la presenza di comorbidità. 33
5.15.2.1.5
Alterazioni cardio-respiratorie
La funzione respiratoria può essere compressa per una limitazione meccanica della gabbia
toracica, che può verificarsi in certe posizioni (p.es., prona, laterale o litotomica).
Alcune posizioni possono ostacolare la ventilazione o creare altri effetti indesiderabili.
Anestetici e specifiche tecniche chirurgiche possono influenzare la funzione circolatoria, con
conseguente vasodilatazione periferica, ipotensione, riduzione della gittata cardiaca e
inibizione dei normali meccanismi di compenso. L’ipotensione, sia indotta che spontanea,
riduce la perfusione tissutale e aumenta il rischio. Alcune posizioni, tra cui la posizione
litotomica e quella declive possono causare la ridistribuzione del volume plasmatico
sanguigna.34
5.15.3
La valutazione del rischio
Sebbene tutti i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico siano a rischio di lesioni da errato
posizionamento sul letto operatorio, alcuni studi osservazionali riportano che i soggetti affetti
da diabete, neoplasie, carenze vitaminiche, precedenti lesioni neurologiche, fumo, alcolismo,
obesità e preesistenti limitazioni articolari o lesioni post-traumatiche in atto, sottoposti ad un
intervento chirurgico prolungato presentano un rischio aggiuntivo, specie di lesioni oculari e
nervose. 35-36-37-38-39
La valutazione pre-operatoria deve essere pertanto finalizzata anche all’analisi dei fattori di
rischio o di condizioni che espongono il paziente ad un maggior rischio di complicanze
31
32
33
34
35
36
37
38
39
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correlate al posizionamento.
Rispetto all’analisi del rischio nel posizionamento del paziente sul letto operatorio, la
valutazione preoperatoria deve anche comprendere:
-
il sesso,
-
la costituzione,
-
pre-esistenti sintomi neurologici,
-
il diabete,
-
le malattie vascolari periferiche
-
la dipendenza dall’alcol,
-
le affezioni articolari, 40-41
ed inoltre:
-
l’età,
-
il livello di collaborazione,
-
lo stato nutrizionale
-
il range di movimento e le eventuali limitazioni,
-
la presenza di anomalie fisiche o deformità,
-
le preesistenti condizioni patologiche,
-
la eventuale presenza di dispostivi impiantati, come protesi articolari totali.
Ove ritenuto necessario, il posizionamento sul letto operatorio può essere provato a paziente
vigile e cooperante.42
5.15.4
Le misure generali
È sempre necessario proteggere:
-
gli occhi, umidificando la cornea con fisiologica, chiudendo le palpebre e proteggendole
con bende oculari soffici assicurate con cerotto,
-
i punti di compressione, per prevenire le lesioni da pressione della cute e l’alopecia,
specialmente negli interventi della durata presunta > di 3 ore. 43-44-45-46
Inoltre, occorre garantire il mantenimento della normotermia perioperatoria, al fine di
prevenire le lesioni da pressione della cute, sia peri- che postoperatorie.47
È necessario utilizzare gli appositi accessi di contenzione in dotazione al letto operatorio atti a
prevenire le mobilizzazioni accidentali del paziente durante la procedura.
40
41
42
43
44
45
46
47
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5.15.5
La posizione supina
La posizione supina è la posizione di base per la maggior parte degli interventi chirurgici
addominali ed anche la più frequentemente utilizzata in chirurgia ortopedica, urologica,
oftalmologica, otorinolaringoiatrica, plastica e toracica.
Il paziente decubita sul dorso, le gambe sono diritte, le braccia sono lungo i fianchi o su
reggibraccio.48
Variazioni della posizione supina tradizionale includono:
-
la posizione supina sagomata o “in poltrona,
-
la posizione seduta o semi-seduta di Fowler,
-
la posizione supina a “rana”,
-
la posizione supina a “gambe pendenti”.
La posizione supina sagomata o “in poltrona” è una variante della posizione supina
caratterizzata da una flessione di 15° del tronco sulla coscia e della coscia sul ginocchio. 49-50
Le anche e le ginocchia sono cioè leggermente flesse, permettendo il rilassamento della
muscolatura addominale e del dorso ed una posizione più comoda per le gambe.
La posizione supina sagomata o “in poltrona”, pertanto, fornisce un posizionamento più
fisiologico della colonna lombare, dei fianchi e delle ginocchia. Inoltre la leggera elevazione
della testa e delle gambe migliora il ritorno venoso.
La posizione supina sagomata o “in poltrona” aiuta anche a ridurre al minimo la trazione sui
muscoli ventrali addominali, causata da una prolungata estensione delle anche e delle
ginocchia. Tale posizione è più confortevole per i pazienti svegli o sedati e che devono
rimanere immobili per lunghi periodi di tempo.
Nella posizione seduta o semi-seduta o posizione di Fowler,51 il paziente viene posto in
posizione semi-seduta a 45-60 gradi, con le ginocchia piegate o diritte.
Nella posizione supina “a rana” i piedi sono congiunti, gambe extraruotate e flesse. 52
La posizione supina a “gambe pendenti” è utilizzata soprattutto nella chirurgia ortopedica. In
questa posizione, la sezione gambe del tavolo operatorio è abbassata di 90 ° e le gambe
pendono liberamente. Il paziente deve essere posizionato abbastanza caudalmente per evitare la
pressione sul cavo popliteo e sulla superficie posteriore delle gambe.
I rischi della posizione supina sono:
48
49
50
51
52
53
54
-
lo stiramento del plesso brachiale per iperabduzione degli arti superiori,
-
la lombalgia e la compromissione del plesso lombo-sacrale,
-
la compressione della cute,
-
l’alopecia (specie dopo ipotermia, ipotensione, interventi prolungati),
-
le lesioni da pressione del sacro e dei talloni.53-54
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Nella posizione supina i punti di compressione sono:
-
occipite,
-
gomiti,
-
polsi,
-
anca,
-
sacro,
-
talloni.
La protezione dei punti di compressione della posizione supina ha lo scopo di prevenire:
5.15.5.1
-
lesioni dei nervi ulnari, radiale e cutaneo-laterale;
-
lesioni dell’anca;
-
lesioni da pressione della regionale sacrale e dei talloni;
-
alopecia.
La protezione dei punti di compressione della posizione supina
I punti di compressione della posizione supina devono essere protetti interponendo gli appositi
dispositivi tra superficie corporea e letto operatorio (quali ad esempio i dispositivi in gel o
polimero visco-elastico,…).
Il padiglione auricolare dei bambini contiene poca cartilagine e, pertanto, bisogna fornire una
adeguata imbottitura per le orecchie. 55
Inoltre l’anestesista deve verificare l’assenza di compressione del circuito respiratorio sul volto
del paziente.
5.15.5.2
Il posizionamento delle braccia nella posizione supina
Le braccia devono essere posizionate a seconda delle specifiche necessità.
Le braccia del paziente possono essere fissate ai lati del tronco, con le mani ed i gomiti tenuti
vicino al corpo.
Nel caso in cui si renda necessario l’utilizzo di un reggibraccia per estendere l’arto superiore,
occorre preferire negli interventi di lato, ove non controindicato, che l’arto esteso sia opposto a
quello del lato del sito chirurgico.
Per prevenire le lesioni del plesso brachiale occorre che:
-
il capo del paziente sia ruotato di 15° verso lo stesso lato,
-
l’avambraccio sia pronato,
-
l’angolo di abduzione del braccio rispetto al corpo sia sempre inferiore ai 90°.56
Le braccia devono essere assicurate con cinghie imbottite, di materiale non conducente e non
strettamente fissate.
5.15.5.3
Il posizionamento delle gambe e del tronco nella posizione supina
Le gambe devono essere dritte, leggermente separate57 e, per alleviare lo stiramento del rachide
occorre posizionare un cuscino a livello dei popliti, in modo da flettere leggermente le gambe
(di circa 15°).
La cintura di sicurezza deve essere posizionata circa 2 cm sopra le ginocchia, assicurandosi che
55
Basic Principles of Patient
Positioning (A Continuing Education Self-Study Activity). Pfiedler Enterprises, 2009.
http://www.pfiedler.com/1079/1079.pdf
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non sia troppo stretta.58
Nei pazienti con accentuata lordosi occorre posizionare un cuscino anche nella regione
lombare. 59
5.15.6
La posizione declive di Trendelenburg
La posizione di inclinazione con la testa verso il basso si è sviluppata per favorire la
dislocazione dei visceri addominali verso l’alto.
In origine la posizione declive, divulgata da Friedrich Trendelenburg, prevedeva una
inclinazione di 45°. Oggi, il ricorso ad una forte inclinazione della testa verso il basso" (da 30°
a 45°), è stato in gran parte eliminato.
Attualmente si utilizzano gradi minori di inclinazione della testa verso il basso, da 10 ° a 20°. 60
La posizione declive o di Trendelenburg può determinare:
-
aumento del ritorno venoso,
-
aumento della pressione intracranica e intraoculare,
-
diminuzione della capacità funzionale residua (FRC), compliance polmonare e capacità
vitale, ed alterazione rapporto V/Q ventilazione/perfusione,
-
aumento della pressione intragastrica,
-
stasi venosa al capo.61
Per minimizzare gli effetti della posizione declive occorre non prolungare oltre il necessario il
tempo di permanenza.
Nel corso dell’intervento l’anestesista valuta gli effetti del posizionamento e, ove necessario,
avvisa il 1° operatore della necessità di modificare il posizionamento.
Il principale pericolo della posizione declive è la diminuzione degli scambi respiratori a causa
della compressione sul diaframma provocata dalla dislocazione dei visceri contro di esso e a
causa dell’aumentato ritorno venoso.
Inoltre, una pressione eccessiva sulla clavicola può comportare lesioni del plesso brachiale. 62
Nella posizione declive i punti di compressione sono gli stessi della posizione supina, e cioè:
-
occipite,
-
gomiti,
-
polsi,
-
anca,
-
sacro e talloni.
La protezione dei punti di compressione della posizione declive ha lo scopo di prevenire:
5.15.6.1
-
lesioni dei nervi ulnari, radiale e cutaneo-laterale;
-
lesioni dell’anca
-
alopecia.
La protezione dei punti di compressione nella posizione declive
I punti di compressione nella posizione declive devono essere protetti interponendo gli appositi
58
Knight DJW, Mahajan RP. Patient positioning in anaesthesia. Continuing Education in Anaesthesia, Critical Care & Pain 2004; 4(5):160-163.
Knight DJW, Mahajan RP. Patient positioning in anaesthesia. Continuing Education in Anaesthesia, Critical Care & Pain 2004; 4(5):160-163.
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dispositivi tra superficie corporea e letto operatorio (quali ad esempio i dispositivi in gel o
polimero visco-elastico,…).
Inoltre l’anestesista verifica l’assenza di compressione del circuito respiratorio o altro, sul volto
del paziente.
5.15.6.2
Il posizionamento delle braccia nella posizione declive
Le braccia devono essere posizionate a seconda delle specifiche necessità, preferendo negli
interventi di lato, ove non controindicato, che l’arto esteso sia opposto a quello del lato del sito
chirurgico.
Le braccia devono essere assicurate.
Nel caso in cui le braccia siano posizionate su reggibraccia, per evitare lesioni del plesso
brachiale occorre che:
5.15.6.3
-
l’avambraccio sia preferibilmente pronato,
-
il capo del paziente sia ruotato di 15° verso lo stesso lato,
-
l’angolo di abduzione del braccio rispetto al corpo sia sempre inferiore ai 90°. 63
Il posizionamento delle gambe ed il tronco nella posizione declive
Le gambe devono essere dritte, leggermente separate 64 e, per alleviare lo stiramento del rachide
occorre posizionare un cuscino a livello dei popliti, in modo da flettere leggermente le gambe
(di circa 15°).
Nei pazienti con accentuata lordosi occorre posizionare un cuscino anche nella regione
lombare. 65
5.15.7
La posizione antideclive
5.15.7.1
I potenziali effetti della posizione antideclive
Nella posizione antideclive, la testa del paziente viene elevata sopra il livello del cuore per
migliorare il ritorno del sangue e ridurre il sanguinamento nel campo chirurgico.
La posizione anti-declive o di anti-Trendelenburg può determinare:
-
riduzione del ritorno venoso, della gittata e della pressione arteriosa,
-
una migliore FRC, compliance polmonare e capacità vitale.
Le principali complicanze sono rappresentate dall’ipotensione e dall’incremento del rischio di
embolia gassosa. 66
Negli interventi neurochirurgici, la posizione antideclive riduce la pressione liquorale, e
conseguentemente la pressione intracranica, nonché il sanguinamento nel campo chirurgico,
facilitando l’accesso visivo e strumentale per il chirurgo.67-68
Nella posizione antideclive i punti di compressione sono gli stessi della posizione supina e
della posizione declive, e cioè:
63
64
65
66
67
68
-
occipite,
-
gomiti,
-
polsi,
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5.15.7.2
-
anca,
-
sacro e talloni.
La protezione dei punti di compressione della posizione antideclive
La protezione dei punti di compressione della posizione antideclive ha lo scopo di prevenire:
-
lesioni dei nervi ulnari, radiale;
-
lesioni del nervo cutaneo – laterale dell’anca;
-
alopecia.
I punti di compressione della posizione antideclive devono essere protetti interponendo del
cotone o gli appositi dispositivi in gel o polimero visco-elastico tra superficie corporea e letto
operatorio.
Inoltre l’anestesista verifica l’assenza di compressione del circuito respiratorio o altro, sul volto
del paziente.
5.15.7.3
Come devono essere posizionate le braccia nella posizione antideclive
Le braccia devono essere posizionate a seconda delle specifiche necessità, preferendo negli
interventi di lato, ove non controindicato, che l’arto esteso sia opposto a quello del lato del sito
chirurgico.
Le braccia devono essere assicurate.
Nel caso in cui le braccia siano posizionate su reggibraccia, per evitare lesioni del plesso
brachiale occorre che:
5.15.7.4
-
l’avambraccio sia preferibilmente pronato,
-
il capo del paziente sia ruotato di 15° verso lo stesso lato,
-
l’angolo di abduzione del braccio rispetto al corpo sia sempre inferiore ai 90°. 69
Il posizionamento delle gambe ed il tronco nella posizione antideclive
Le gambe devono essere dritte, leggermente separate 70 e, per alleviare lo stiramento del rachide
occorre posizionare un cuscino a livello dei popliti, in modo da flettere leggermente le gambe
(di circa 15°).
Nei pazienti con accentuata lordosi occorre posizionare un cuscino anche nella regione
lombare. 71
5.15.8
La posizione seduta
La posizione seduta è utilizzata quasi esclusivamente dai neurochirurghi per craniotomie
posteriori e procedure riguardanti il rachide cervicale superiore.
Nella posizione seduta neurochirurgica convenzionale, le gambe sono approssimativamente al
livello del cuore e delicatamente flesse sulle cosce, mentre i piedi sono supportati
perpendicolarmente alle gambe. Una imbottitura al livello del gluteo protegge il nervo sciatico.
72
Il posizionamento prevede l’utilizzo di un supporto per la testa del paziente.
5.15.8.1
I potenziali rischi della posizione seduta
La posizione di seduta provoca ipotensione posturale con riduzione del ritorno venoso e della
69
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of Perioperative Peripheral Neuropathies. An Updated Report by the American Society of Anesthesiologists. Anesthesiology, 2011; 114:741-754.
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http://www.pfiedler.com/1079/1079.pdf
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gittata cardiaca. Per tale ragione dovrebbe essere applicato in tutti i casi, il bendaggio degli arti
inferiori.73
La posizione semiseduta permette un miglior ritorno venoso ed una minore instabilità. 74
In posizione seduta, la ventilazione è migliore rispetto alla posizione supina.
Tuttavia, la bassa pressione di perfusione, secondaria alla diminuzione del ritorno venoso, può
influenzare l'ossigenazione. Per tale ragione, la prevenzione dell’ipovolemia ed il
mantenimento della normale pressione di perfusione polmonare sono fondamentali per il
mantenimento di un adeguato apporto di ossigeno. 75
Un rischio della posizione seduta è l’embolia gassosa, dovuta alla pressione venosa negativa ed
all'esposizione delle vene e dei seni venosi ossei. 76-77-78
5.15.9
La posizione prona
La posizione prona è utilizzata per garantire l’accesso operativo per un'ampia varietà di
procedure chirurgiche.
Sono descritte molte posizioni definite dal termine generico di “posizione prona”, ma ciascuna
presenta differenze, vantaggi e svantaggi. 79
5.15.9.1
I potenziali rischi della posizione prona
Molti dei cambiamenti fisiologici che si verificano in questa posizione sono correlati alla
compressione del torace e dell’addome, che comporta:
-
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la riduzione della portata cardiaca, sia per la compressione della vena cava, con la
conseguente riduzione del ritorno venoso, sia per la maggiore pressione intra-toracica che
causa una diminuzione del riempimento arterioso, portando ad un aumento della attività
simpatica attraverso il riflesso barocettoriale;80-81-82-83-84-85-86-87-88-89-90-91-92-93
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-
alterazioni della funzione respiratoria, con aumento della capacità funzionale residua,
modifiche nella distribuzione del flusso ematico polmonare e nella distribuzione della
ventilazione;94-95-96-97-98-99-100-101-102-103-104-105-106-107-108-109
-
lesioni neurologiche centrali da occlusione vascolare,110-111-112-113-114-115-116-117-118-119-120
embolia gassosa, 121-122-123-124 lesioni del rachide cervicale,125-126-127
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-
lesioni neurologiche periferiche, 128-129-130-131-132-133-134
-
lesioni da compressione diretta o indiretta, comprendenti:
-
ulcere da pressione,135
-
dermatite da contatto,136
-
compressione della trachea nei pazienti con scoliosi toracica, sindrome di Marfan o
tracheomalacia,137
-
tumefazione delle ghiandole salivari,138
-
lussazione della spalla,139
-
macroglossia e tumefazione orofaringea,140-141
-
compressione mediastinica,142-143
-
ischemia degli organi addominali,144-145
-
necrosi della testa del femore,146
-
occlusione dei vasi periferici,147
-
sindrome compartimentale e rabdomiolisi,148-149
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-
lesioni oftalmiche.150-151-152
Nella posizione prona i punti di compressione sono:
5.15.9.2
-
gli occhi,
-
il naso,
-
le mammelle,
-
i genitali,
-
le vene del collo,
-
la parete toracica e addominale.
La protezione dei punti di compressione della posizione prona
I punti di compressione della posizione prona devono essere protetti interponendo un cuscino
sotto le creste iliache (per alleviare la compressione del nervo cutaneo laterale dell’anca) e
sotto il torace, per alleviare la compressione toraco-addominale.
5.15.9.3
Il posizionamento del paziente nella posizione prona
Dopo induzione ed intubazione su barella accanto al letto operatorio, il paziente deve essere
ruotato verso la posizione prona sul letto operatorio.
Quando il paziente è prono, deve essere evitata una eccessiva rotazione della testa e del collo.
La testa deve essere mantenuta in posizione mediana. Il collo deve essere mantenuto in
allineamento neutro con la colonna vertebrale e la testa.
Le braccia devono essere posizionate lungo il corpo durante la pronazione, poi abdotte a 90°
dal corpo ad avambracci flesse in pronazione. 153
Il capo può essere ruotato lateralmente sul cuscino o, preferibilmente, a faccia in giù su
apposito supporto frontale forato in gel.
Le anche e le ginocchia devono essere modicamente flesse (per alleviare lo stiramento del
nervo sciatico).
5.15.9.4
La gestione del paziente nella posizione prona
Procedure relativamente semplici o familiari se eseguite sul paziente in posizione supina
diventano più complesse nel paziente in posizione prona.
Occorre, pertanto, adottare tutte le precauzioni necessarie per la dislocazione e/o
inginocchiamento del tubo endotracheale, del catetere urinario e delle linee infusionali.
5.15.10
La posizione litotomica
Nella posizione litotomica, il paziente giace con il tronco in posizione supina, mentre le gambe sono
sollevate. È la posizione più usata nella chirurgia ginecologia, nella chirurgia proctologica e per alcune
procedure urologiche.
Nella posizione litotomica i punti di compressione sono:
-
occipite,
-
scapole,
-
gomiti,
-
anche,
Mar;19(3):218-9.
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-
popliti,
-
sacro.
I potenziali rischi della posizione litotomica
La posizione litotomica può determinare:
-
compromissione cardiorespiratoria nei pazienti a rischio,154
-
dolore lombare post-operatorio (per stiramento delle strutture ligamentose della regione
lombo-sacrale),
-
lesione alle articolazioni dell’anca e del ginocchio,
-
lesione alla cute da scorretto uso dei supporti,
-
stasi venosa agli arti inferiori per eccessiva flessione al ginocchio,
-
ipotensione al ritorno in posizione supina,
-
lesioni ai nervi:
o
o
o
o
-
peroneo comune, per compressione dal lato esterno dell’asta reggigamba
sulla testa del perone;
safeno, per compressione dal lato interno dell’asta reggigamba, sul
condilo mediale della tibia;
femoro-cutaneo, per eccessiva flessione della gamba;
femorale e nervo sciatico, per eccessiva rotazione esterna dell’arto
inferiore;
lussazione dell’anca.155-156
In letteratura, inoltre, sono descritti numerosi casi di sindrome compartimentale da posizione
litotomica, associata ad una prolungata durata della posizione stessa.157-158-159-160-161-162-163
L’anestesia spinale con lidocaina nella posizione litotomica aumentato il rischio di sintomi
neurologici transitori.164-165
5.15.10.2
Il posizionamento delle gambe nella posizione litotomica
La conformazione dell’articolazione coxo-femorale richiede una particolare attenzione nel
posizionamento delle gambe nel paziente anestetizzato e curarizzato.
-
154
155
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164
165
le gambe devono essere sollevate insieme, poi flesse simultaneamente a 90° e messe sul
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reggigambe, inizialmente senza abdurle o ruotarle;
-
5.15.10.3
5.15.11
la coscia deve essere flessa a 90°, successivamente la rotazione esterna deve essere
realizzata in abduzione a 45°.166
Il posizionamento delle braccia nella posizione litotomica
-
elevare il braccio abdotto sopra il piano del letto, tenere la mano in pronazione, posizionare
sotto al braccio un cuscino per evitare compressioni al gomito; non abdurre le braccia oltre
90°;
-
utilizzare solo reggispalle adeguatamente imbottiti quando necessari.
La posizione laterale
Nella posizione laterale standard, il paziente giace su un lato.
Il decubito laterale è utilizzato in chirurgia toracica, nella chirurgia del rene, nelle procedure
ortopediche come la chirurgia della spalla e, talora, in neurochirurgia.
Il lato del paziente che si trova sul tavolo operatorio viene denominato 'dependent', mentre
quello che non tocca il tavolo operatorio è denominato 'non dependent'. 167
Mantenere l'allineamento del corpo è fondamentale per un corretto posizionamento. La colonna
vertebrale, la testa e il collo devono essere tutti in posizione neutra. Possono essere necessari
cuscini per sostenere la testa. Quando la testa è nella sua definitiva posizione, bisogna
assicurarsi che l'orecchio dependent non sia piegato.
Un rotolo deve essere posto sotto il torace appena sotto l’ascella per alleviare la pressione sul
plesso brachiale e vasi ascellari. Anche se spesso chiamato rotolo ascellare, questo non deve
essere collocato nel cavo ascellare. 168-169
Il braccio superiore ‘non dependent’ deve essere posto su un supporto imbottito, neutro rispetto
alla spalla e a 90° dal corpo. Entrambe le braccia devono essere assicurate.
La parte superiore del braccio non dovrebbe mai essere più alta rispetto alla spalla o collocata
in modo tale che si estenda sopra la testa .
La gamba dependent deve essere flessa; ciò fornirà una base stabile per il paziente.
Un cuscino imbottito deve essere collocata tra le ginocchia per evitare la compressione sul
nervo peroneale.
La gamba non dependent dovrebbe essere ulteriormente sostenuta per evitare eccessiva
abduzione e per diminuire il peso sulla la gamba ‘dependent’.
La contenzione del paziente sul tavolo operatorio deve avvenire mediante supporti
stabilizzatori imbottiti posizionati o mediante cinghie posizionate al di sopra la cresta iliaca. Se
queste sono posizionate a livello dell'anca, possono provocare una necrosi avascolare della
testa femorale, mentre il loro posizionamento attorno al torace ne può impedire una ottimale
espansione.170
5.15.11.1
I punti di compressione della posizione laterale
Nella posizione laterale, vengono esercitate pressioni su:
-
capo,
-
spalla,
-
gomiti, parete toracica e addominale,
166
Rank D.S. Patient positioning an OR team effort. OR Nurse 2008; 1:21.
Rank D.S. Patient positioning an OR team effort. OR Nurse 2008; 1:21.
168
Rank D.S. Patient positioning an OR team effort. OR Nurse 2008; 1:21.
169
Rozet I, Vavilala MS. Risks and Benefits of Patient Positioning During Neurosurgical Care. Anesthesiol Clin. 2007;25(3): 631–662.
170
Rank D.S. Patient positioning an OR team effort. OR Nurse 2008; 1:21.
167
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5.15.11.2
-
trocantere,
-
arti inferiori.
I potenziali rischi della posizione laterale
La posizione laterale può determinare:
5.15.11.3
-
instabilità della posizione;
-
lesione del n. cutaneo laterale dell’anca (compressione sulla spina iliaca a.s.);
-
lesione del n. peroneo comune (compressione sul piatto tibiale)
La protezione dei punti di compressione della posizione laterale
I punti di compressione della posizione laterale devono essere protetti interponendo gli appositi
dispositivi tra superficie corporea e letto operatorio (quali ad esempio i dispositivi in gel o
polimero visco-elastico,…).
Inoltre l’anestesista verifica l’assenza di compressione del circuito respiratorio o altro, sul volto
del paziente.
5.15.11.4
Il posizionamento del capo, del collo e del tronco nella posizione laterale
Il capo, il collo e il dorso devono essere sullo stesso piano, cioè allineati, con cuscini o presidio
morbido in polimero visco-elastico.
La posizione del tronco deve essere mantenuta da supporti stabilizzatori imbottiti:
5.15.11.5
-
anteriore, posto sulla superficie toraco-sternale;
-
posteriore, sul gluteo.
Il posizionamento delle spalle e degli arti superiori nella posizione laterale
Per evitare il sovraccarico eccessivo sulla spalla a contatto con il letto utilizzare cuscini e un
rullo ascellare.
L’arto superiore ‘non dependent’ deve essere flesso su supporto all’altezza del capo del
paziente, a non meno di 30 cm di distanza.
5.15.11.6
Il posizionamento degli arti inferiori nella posizione laterale
L’arto inferiore del lato su cui il paziente poggia va flesso, l’altro va esteso; tra loro deve essere
posizionato sempre un cuscino, per contenerne l'adduzione e ridurre il contatto.
5.16
PREPARAZIONE DELL’EQUIPE E COMPORTAMENTO DEL PERSONALE
DURANTE L’INTERVENTO CHIRURGICO
5.16.1
Lavaggio pre-operatorio
-
unghie corte e senza smalto
-
togliere ogni oggetto decorativo dalle mani
-
bagnare uniformemente mani e avambracci
-
prelevare l’antisettico premendo l’erogatore con il gomito
-
Insaponare mani ed avambracci con sapone antisettico-detergente e strofinare per tre minuti
-
usare solo sapone liquido (tipo Betadine o altro prodotto similare)
-
usare spazzolino sterile monouso per zona sottoungueale
-
tenere le mani in alto rispetto ai gomiti durante il lavaggio
-
sciacquare
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5.16.2
5.16.3
5.17
-
ripetere il lavaggio limitandosi alle mani ed al terzo inferiore dell’avambraccio per altri due
minuti (senza usare lo spazzolino)
-
risciacquare
-
asciugare ogni avambraccio con un telo sterile monouso;usare spazzolino sterile per la zona
sottoungueale
-
tenere le mani al di sopra dei gomiti durante il lavaggio
-
risciacquare prima le mani e poi gli avambracci
-
tenere le mani al di sopra dei gomiti
-
prelevare l’antisettico premendo l’erogatore con il gomito
-
lavare mani ed avambracci per circa 2 minuti
-
risciacquare prima le mani e poi gli avambracci
-
tenere le mani al di sopra dei gomiti
-
asciugare con telo sterile prima le mani e poi gli avambracci per tamponamento
Vestizione sterile
-
prelevare il camice senza contaminare mani e camice
-
aprirlo tenendolo per i bordi superiori
-
tenere il camice sollevato rispetto al pavimento e lontana dal proprio corpo
-
individuare le maniche ed infilare le braccia contemporaneamente
-
attendere che l’infermiere di sala allacci posteriormente
-
sistemare la manica ed i lacci (se presenti)
Guanti
-
prendere dalla confezione i guanti sterili incartati
-
aprire tenendo in mano la confezione mettendo in evidenza i guanti con la mano opposta
prelevare i guanti prendendoli dall’interno delle manichette facendo combaciare il pollice
sul pollice
-
calzare il primo guanto
-
calzare il secondo con la mano guantata prendendolo per la manichetta esternamente
TIME OUT
Il time out è un breve momento di “pausa chirurgica” che si svolge dopo l'induzione
dell'anestesia e prima dell'incisione cutanea, richiede il coinvolgimento di tutti i componenti
dell'équipe e comprende i seguenti 5 controlli:
1 se, necessario, presentazione dell'équipe
2 Chirurgo, anestesista ed infermiere confermano il paziente, il sito, la procedura ed il
corretto posizionamento
Il coordinatore chiede all'équipe operatoria di confermare ad alta voce il nome del paziente,
la procedura chirurgica, il sito chirurgico e il corretto posizionamento del paziente rispetto
all'intervento programmato (ad esempio il coordinatore dice ad alta voce: “Adesso è l'ora
del time out”, quindi continua: “Siete d'accordo che il nome del paziente è XY, che sta per
essere sottoposto ad intervento di riparazione di ernia inguinale destra?”). La casella deve
essere riempita soltanto dopo che il chirurgo, l'anestesista e l'infermiere professionale
abbiano dato conferma.
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3 Anticipazione di eventuali criticità
Successivamente ogni componente, a turno, revisiona gli elementi critici del proprio
programma operatorio, utilizzando, come guida, le domande della checklist; (ad esempio il
chirurgo potrebbe dire: “Questo è un intervento di routine di X durata” e successivamente
chiedere all'anestesista ed all'infermiere se ci sono elementi di preoccupazione; l'anestesista
potrebbe rispondere: “non ho particolare preoccupazioni per questo caso”, mentre
l'infermiere potrebbe dire: “La sterilità è stata verificata, non ci sono altri elementi di
particolare preoccupazione”).
4 Profilassi antibiotica
Il coordinatore chiede ad alta voce di confermare che la profilassi antibiotica sia stata
somministrata nei 60 minuti precedenti. Il responsabile della somministrazione della
profilassi antibiotica deve fornire conferma verbale. Nel caso in cui l'antibiotico sia stato
somministrato da oltre i 60 minuti, dovrà essere somministrata la dose aggiuntiva di
antibiotico. Fino a quando la dose aggiuntiva non sia stata somministrata, il coordinatore
deve lasciare la relativa casella in bianco.
5 Visualizzazione immagini
La visualizzazione delle immagini è importante per garantire l'adeguata pianificazione ed
esecuzione degli interventi chirurgici. Il coordinatore deve chiedere al chirurgo se la
visualizzazione delle immagini è necessaria per l'intervento; in caso affermativo, conferma
che le immagini essenziali sono disponibili nella sala e pronte per essere visualizzate
durante l'intervento.
5.18
CONTA FINALE DELLE GARZE, DEGLI AGHI E DEI FERRI
5.18.1
Identificazione del materiale che deve essere sottoposto a conteggio sistematico
Devono essere sottoposti a conteggio sistematico ogni materiale o strumento, anche se unico,
utilizzato nel corso dell’intervento chirurgico, ed in modo particolare:
5.18.2
-
le garze,
-
i batuffoli,
-
i bisturi,
-
gli aghi.
Identificazione dei fattori di rischio
I principali fattori di rischio riportati in letteratura sono:
5.18.3
-
chirurgia toracica ed addominale
-
procedure chirurgiche effettuate in emergenza
-
cambiamenti inaspettati e quindi non programmati delle procedure durante l’intervento
chirurgico
-
obesità
-
interventi che coinvolgono più di una équipe chirurgica
-
complessità dell’intervento
Timing del conteggio dei materiali chirurgici
Il conteggio dei materiali chirurgici deve essere effettuato:
-
prima dell’inizio dell’intervento,
-
prima della chiusura una cavità all’interno di una cavità,
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5.18.4
5.18.5
5.18.6
-
prima di chiudere la ferita,
-
al momento del cambio dello strumentista.
Modalità del conteggio dei materiali chirurgici
-
la procedura di conteggio deve essere effettuata a voce alta,
-
la procedura di conteggio deve essere effettuata da due operatori contemporaneamente
(strumentista, infermiere di sala, operatore di supporto)
-
relativamente al conteggio iniziale delle garze, verificare che il numero riportato sulla
confezione sia esatto, contando singolarmente ogni garza e riportandone il numero
sull’apposita scheda: il conteggio iniziale stabilisce la base per i successivi conteggi,
-
tutti gli strumenti, garze o altro materiale aggiunti nel corso dell’intervento devono essere
immediatamente conteggiati e registrati nella documentazione operatoria,
-
l’operazione di conteggio deve essere sempre documentata mediante firma su specifica
scheda predisposta da allegare alla documentazione operatoria,
-
tutto il materiale che arriva e ritorna al tavolo servitore va controllato nella sua integrità,
-
devono essere utilizzati contenitori per le garze sterili, usate per l’intervento chirurgico,
-
differenziati rispetto ai contenitori che raccolgono altre garze o altro materiale di sala
operatoria,
-
evitare di fare la medicazione di fine intervento con garze con filo di bario rimaste
inutilizzate, per evitare falsi positivi in caso di controllo radiografico.
Modalità di gestione delle discordanze
-
procedere nuovamente alla conta delle garze
-
segnalare al chirurgo
-
ispezionare il sito operatorio
-
ispezionare l’area circostante il campo operatorio (pavimento, tutti i recipienti per i rifiuti e
gli strumenti utilizzati)
-
effettuare la radiografia intraoperatoria con la relativa lettura, prima dell’uscita del paziente
dalla sala operatoria
-
registrare quanto avvenuto e tutte le procedure poste in essere nella documentazione
operatoria del paziente
Registrazione del conteggio del materiale chirurgico
Il risultato delle verifiche deve essere “verbale di dimissione dalla sala operatoria”.
5.19
SIGN OUT
L'obiettivo del Sign Out è quello di facilitare l'appropriato trasferimento delle informazioni
all'équipe ed al personale responsabile per l'assistenza del paziente dopo l'intervento. Il Sign
out dovrebbe essere completato prima che il paziente abbandoni la sala operatoria, può anche
coincidere con la chiusura della ferita chirurgica, dovrebbe essere completato prima che il
chirurgo abbia lasciato la sala operatoria e comprende i seguenti sei controlli:
L'infermiere di sala conferma verbalmente insieme all'équipe operatoria:
-
Nome della procedura chirurgica registrata
Dal momento che la procedura potrebbe essere modificata nel corso dell'intervento, il
coordinatore deve confermare con il chirurgo e con il resto dell'équipe la procedura che è
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stata effettuata (ad esempio potrebbe chiedere: “Quale procedura è stata effettuata?” oppure
chiedere conferma: “Noi abbiamo effettuato la procedura X, è vero?”).
-
Conteggio di strumenti, garze, bisturi, aghi e altro strumentario chirurgico
Il ferrista o l'infermiere di sala operatoria deve confermare ad alta voce l'effettuato
conteggio sulla base delle indicazioni riportate nella Raccomandazione n. 2 per prevenire la
ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all'interno del sito chirurgico. Nel caso in cui
si verifichino discrepanze nel conteggio finale, l'équipe operatoria deve essere avvisata
tempestivamente, in modo da poter adottare gli opportuni provvedimenti.
-
Etichettatura del campione chirurgico (incluso nome del paziente e descrizione)
L'infermiere di sala operatoria conferma la corretta etichettatura dei campioni chirurgici
leggendo ad alta voce i dati anagrafici del paziente e la descrizione dei campioni.
-
Problemi o malfunzionamenti nell'utilizzo dei dispositivi
Il coordinatore assicura che qualora siano emersi eventuali problemi nel funzionamento dei
dispositivi, essi vengano identificati e segnalati, in modo da evitare che il dispositivo venga
riutilizzato prima che il problema sia stato risolto.
-
Revisione degli elementi critici per l'assistenza post-operatoria:
Il coordinatore conferma che il chirurgo, l'anestesista e l'infermiere abbiano revisionato gli
aspetti importanti e gli elementi critici per la gestione dell'assistenza postoperatoria del
paziente, focalizzando l'attenzione sugli eventuali problemi intraoperatori o anestesiologici
che possono influire negativamente sul decorso postoperatorio.
-
Profilassi del tromboembolismo post-operatorio
Il coordinatore chiede conferma al chirurgo che sia stato predisposto il piano per la
profilassi del tromboembolismo postoperatorio, come da procedura aziendale
(mobilizzazione precoce, dispositivi compressivi, farmaci)
5.20
DIMISSIONE DEL PAZIENTE DALLA SALA OPERATORIA
Dopo il risveglio, il paziente viene trasportato nella sala risveglio dove permane fino alla
decisione dell’anestesista.
L’osservazione temporanea del paziente consta di un monitoraggio clinico (respiratorio,
cardiocircolatorio, neurologico, neuromuscolare, colorito cute e temperatura corporea) e, ove le
condizioni del paziente lo richiedano, di uno strumentale (pulsossimetria, elettrocardiogramma,
pressione arteriosa cruenta ed incruenta, impiego di devices attivi e passivi per garantire la
normotermia).
Un report verrà redatto durante tutto il tempo di osservazione. Questi dati possono essere
annotati sulla cartella di anestesia oppure su una scheda apposita da allegare alla cartella clinica
del paziente. Deve essere incoraggiato l’uso di appropriati sistemi a punteggio (tipo Alderete)
al momento della dimissione.
La dimissione dall’area di risveglio viene decisa dall’anestesista dopo aver verificato le
condizioni del paziente.
Prima dell’invio del paziente al reparto il 1° operatore, l’anestesista e l’infermiere di sala
operatoria compilano, per la parte di competenza, “verbale di dimissione del paziente dalla
sala operatoria” indicando anche i parametri vitali da monitorare al reparto.
5.21
ARRIVO DEL PAZIENTE AL REPARTO
All’arrivo del paziente al reparto, l’infermiere annota nel “verbale di dimissione del paziente
dalla sala operatoria” l’ora di arrivo del paziente e si attiene alle prescrizioni contenute nel
modello medesimo.
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5.22
REGISTRAZIONE DELL’INTERVENTO CHIRURGICO
Il l° operatore alla conclusione dell' intervento chirurgico redige il verbale dell’intervento nel
registro operatorio.
Il verbale chirurgico deve comprendere:
-
l'unità operativa dove è ricoverato il paziente;
-
ora di ingresso del paziente e di uscita del paziente dalla sala operatoria;
-
la data dell'intervento chirurgico;
-
l'ora di inizio della procedura chirurgica;
-
l'ora di conclusione della procedura chirurgica;
-
i dati anagrafici del paziente;
-
la classe ASA del paziente come da valutazione preoperatoria;
-
la classe dell’intervento (pulito, pulito-contaminato, contaminato, sporco);
-
il tipo di antibiotico somministrato per la profilassi, la dose, la via di somministrazione, il
numero di dosi intraoperatorie ed il momento della somministrazione;
-
la diagnosi finale;
-
la denominazione della procedura eseguita;
-
la descrizione chiara e sufficiente particolareggiata della procedura attuata;
-
il nome del l° operatore e di quanti hanno partecipato direttamente all'intervento,
specificando nome, cognome e qualifica;
-
la firma del l° operatore;
-
il tipo di anestesia praticata;
-
il nome dell' anestesista;
-
il nome di eventuali farmaci utilizzati dal chirurgo nel campo operatorio.
Il verbale operatorio deve essere trascritto in cartella clinica o una sua copia devono essere
allegati ad essa.
5.22.1
Redazione del verbale operatorio di un intervento chirurgico con più equipe
5.22.1.1
Intervento chirurgico con equipe di supporto
Se l'intervento della equipe 1 (o di un solo componente di una U.O. diversa da quella che ha in
carico il paziente) a supporto dell'equipe 2 (nell'ipotesi che sia 2 ad avere il carico chirurgico e
che quindi il verbale sia stilato da 2), costituisce un inciso rispetto alla complessiva gestione
operatoria di un paziente (nel senso che inizia 2, prosegue per un certo tratto 1 e riprende poi 2)
viene redatto un unico verbale operatorio con descrizione separata dell'operato delle due
equipe, firmata per la parte di competenza dai primi operatori, precisando la durata
dell'intervento di 1 e le generalità degli operatori intervenuti (non solo medici ma anche
infermieri, se diversi oppure ulteriori rispetto a quelli della conduzione operatoria di 2);
5.22.1.2
Intervento chirurgico eseguito congiuntamente da due equipe
Se l'intervento della equipe 1 (o di un solo componente di una U.O. diversa da quella che ha in
carico il paziente) a supporto dell'equipe 2 si concretizza in partecipazione congiunta alla
equipe 2, per tutto o parte del corso operatorio viene redatto un unico verbale operatorio, a
carico di 2, con menzione della partecipazione di 1 e le generalità degli operatori intervenuti
(non solo medici ma anche infermieri, se diversi oppure ulteriori rispetto a quelli della
conduzione operatoria di 2);
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Responsabile: dott. Vincenzo Parrinello
5.22.1.3
Intervento chirurgico eseguito in sequenza da due equipe
Se l'intervento della equipe 1 è successivo a quello dell'equipe 2, la cui operatività è da ritenersi
ultimata vengono redatti due distinti verbali operatori, per la parte di competenza.
5.22.2
Gestione delle correzioni
La connotazione di atto pubblico del registro operatorio fa si che ogni modifica, aggiunta,
alterazione o cancellazione di quanto già scritto si configura come falso in atto pubblico.
Nell'ipotesi di una annotazione errata, è possibile scrivere l'annotazione corretta, senza
modificare le precedenti scritture, che vanno cerchiate e firmate.
Correzioni in epoca successiva devono riportare l’annotazione che dia atto esplicitamente del
pregresso errore.
5.23
INVIO DEL PEZZO IN ANATOMIA PATOLOGICA
Ogni campione (o campioni multipli dello stesso paziente) deve essere accompagnato da
apposita richiesta di esame istologico.
La richiesta di esame deve essere opportunamente protetta dal possibile contatto con liquidi
biologici o fissativi.
5.23.1
Compilazione della richiesta
In ogni richiesta devono essere riportati i seguenti dati, indispensabili per la corretta esecuzione
dell'esame istologico:
5.23.1.1
5.23.1.2
5.23.1.3
5.23.1.4
Identificazione del paziente
-
Cognome e nome scritti in carattere stampatello.
-
Sesso.
-
luogo e data di nascita.
-
Se ricoverato (ricovero ordinario o DH), Day Service, ambulatoriale o libero-professionale.
Identificazione del mittente
-
Ospedale di provenienza.
-
Reparto o ambulatorio dove è stata eseguita la prestazione e relativo recapito telefonico.
-
Reparto di ricovero, se diverso da quello dove è stata eseguita la prestazione.
-
Timbro e/o firma leggibile del medico che ha eseguito la prestazione.
-
Nominativo del medico richiedente la prestazione, se diverso dal medico che l'ha eseguita,
con relativo recapito telefonico.
Identificazione del materiale
-
Tipo di prelievo e/o di intervento effettuato.
-
Localizzazione topografica del prelievo e materiale inviato.
-
Descrizione di eventuali punti di repere chirurgici.
-
In caso di campioni multipli differenziati essi devono essere chiaramente identificati sulla
richiesta mediante lettera alfabetica con indicazione della sede del prelievo.
-
Data del prelievo.
-
Ora del prelievo, ove previsto e specificato nella parte speciale.
Dati clinici
-
Sintesi del referto degli esami istologici/citologici pertinenti già effettuati (se eseguiti in
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altra sede riportare la diagnosi completa).
5.23.1.5
-
Sintesi del referto degli esami radiologici e di laboratorio Significativi.
-
descrizione sintetica do eventuali trattamenti in corso o pregressi.
-
Diagnosi clinica certa o sospetta.
-
Quesiti clinici particolari devono essere chiaramente segnalati.
-
Eventuali patologie infettive rilevanti (TBC, HCV, HIV,…) devono essere segnalate.
Identificazione dei campioni inviati
Il contenitore deve riportare trascritti sulla parete, mai sul tappo, in maniera chiara e
leggibile:
5.23.1.6
-
i dati anagrafici del paziente ed il reparto di provenienza corrispondenti a quelli della
richiesta, ove possibile mediante etichetta prestampata;
-
la data dell'intervento ed il tipo di materiale inviato;
-
in caso di prelievi multipli differenziati deve essere riportato sul contenitore la lettera
alfabetica identificativa del campione e la sede del prelievo, corrispondente a quanto
riportato sulla richiesta.
-
in caso di invio multiplo differito (es.: 1° esame estemporaneo, 2° esame definitivo) i
campioni devono recare lettere successive per evitare che esistano due sedi di prelievo dello
stesso paziente identificati dalla medesima lettera.
-
Sul contenitore deve essere evidenziata l'eventualità di rischio biologico nel caso di
materiali provenienti da pazienti con patologie infettive rilevanti.
Modalità di invio del materiale
Il materiale deve essere inviato integro, senza tagli e dissezioni preliminari, a condizione che il
pezzo giunga in anatomia patologica in giornata.
Qualora il pezzo anatomico non possa essere consegnato in giornata, essi devono essere
sezionati con modalità concordate con il servizio di anatomia patologica di riferimento.
-
Materiale in liquido fissativo
Il materiale deve essere inviato al Servizio in Formalina Tamponata al 10%, salvo i casi
previsti e specificati nella parte speciale.
Per i prelievi bioptici e i campioni di piccole dimensioni la fissazione deve essere rapida ed
immediata.
Il volume del fissativo deve essere circa 10 volte quello del campione prelevato.
La capacità del contenitore deve essere tale da accogliere il prelievo e l'adeguata quantità di
fissativo.
Il contenitore deve essere a chiusura ermetica, per evitare la dispersione di liquidi e
materiale.
Particolare attenzione va riservata ai prelievi bioptici endoscopici che andranno inviati in
contenitori interamente riempiti di liquido fissativo per evitare che, durante il trasporto,
qualche frammento si attacchi alla superficie interna del contenitore e rimanga non più a
contatto con il fissativo sino al momento del campionamento.
-
Materiale allo stato "fresco"
Devono essere recapitati immediatamente.
Devono essere inviati allo stato "fresco", con indicazione dell'ora del prelievo:
-
i tessuti da sottoporre ad esame estemporaneo intraoperatorio.
-
gli organi o tessuti asportati per sospetta patologia linfoproliferativa.
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-
i tessuti sui quali effettuare tecniche di I.I.C. o I.F.
Salvo i casi previsti e specificati nella parte speciale, i tessuti freschi devono essere avvolti
in garze inumidite con soluzione fisiologica.
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Indice di revisione
Motivo della revisione
Data
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Redazione
Data
Verifica
Data
Approvazione
Data
Ratifica
Data
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