Scarica il documento
Transcript
Scarica il documento
Direzione: via Rossini 2/A - 87040 Castrolibero (CS) Telefono 0984 4550100 - 852828 • Fax (0984) 853893 Amministrazione: via Rossini 2, Castrolibero (Cs) Redazione di Reggio: via Cavour, 30 - Tel. 0965 818768 - Fax 0965 817687 - Poste Italiane spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - DCO/DC-CS/167/2003 Valida dal 07/04/2003 Venerdì 2 dicembre 2011 www.ilquotidianodellacalabria.it Conferenza stampa dopo i dieci arresti. Prestipino: «A Milano il modello Reggio» La rabbia della Boccassini «L’antimafia è solo parlata e la ’ndrangheta è trasversale ai partiti» IL GIORNO dopo l’operazione anti ’ndrangheta effettuata dall’asse investigativo Lombardia-Calabria, il pm Ilda Boccassini, in conferenza stampa a Milano insieme a Bruti Liberati, Pignatone e Prestipino, illustra con rabbia e amarezza l’esito di un lavoro complesso. Attaccaduramente «l’antimafia solo parlata» di chi finge di combattere le cosche e dietro le quinte poi le sostiene e dice a chiare lettere che la «’ndrangheta è trasversale a tutti i partiti». Finalmente stanno colpendo la zona grigia di FRANCESCO FORGIONE FINALMENTE, sulla rotta Reggio CalabriaMilano non viaggiano soltanto i boss della ’ndrangheta, i loro soldi, i loro faccendieri e prestanome economico-imprenditoriali, ma anche le inchieste e il lavoro coordinato dei magistrati guidati da Giuseppe Pignatone e Ilda Boccassini. Per troppo tempo non è stato così. L’inchiesta milanese, che prosegue il lavoro avviato oltre un anno fa a Reggio Calacontinua a pagina 23 BALDESSARRO, CORDOVA FRESCA, GALATÀ INSERRA e VERDUCI da pagina 4 a pagina 11 Ilda Boccassini Giuseppe Pignatone Omicidio di Lea Garofalo il processo riparte da zero Condannato per mafia confiscati 30 milioni di beni Quando la mafia ANTONIO ANASTASI ANTONIO ANASTASI e SAVERIO PUCCIO a pagina 16 Lea Garofalo a pagina 11 si prende pure l’antimafia Svolta nell’inchiesta sull’uccisione in casa, a luglio, di Isabella Raso di FILIPPO VELTRI QUANTO è “fico” fare l’Antimafia! Dalla monumentale ordinanza di custodia cautelare del gip di Milano Gennari sulla ’ndrangheta esce fuori anche questo: uno dei colletti bianchi (diciamo così…) finiti in galera perché in combutta con le cosche lo dice chiaro e tondo al suo amico mafioso con tanto di certificato: se si fa un po’ di passerella antimafiosa non fa mai male, qualche bella solidarietà, un comunicato continua a pagina 23 Francesco Arcuri Morì per la rapina, 3 arresti Un giovane di San Calogero confessa e fa prendere i complici TRE persone sono state arrestate per l’omicidio di Isabella Raso, avvenuto a luglio scorso a San Calogero durante una rapina nella sua abitazione. Il primo a essere fermato è stato Domenico Grillo,21 anni.Durante l’interrogatorio ha confessato e ha fatto arrestare i due complici. Presentato il rapporto dell’Aiop Sanità: ospedali calabresi spreconi E oggi sit-in davanti al Consiglio ALEARDO GRANDINETTI a pagina 21 GIANLUCA PRESTIA a pagina 14 Enzo Paolini Domenico Grillo da pagina 49 a 58 Gioia Tauro. L’esplosione la notte scorsa. Nel mirino Pietro Spadafora, trasferito da venti giorni Sombrero Christa Wolf “SOLO qui, sul limite estremo della vita, posso nominarlo: poiché c'è qualcosa di ognuno dentro di me, non sono mai stata completamente di nessuno. In quel momento capii ciò che il Dio aveva disposto: tu dirai il vero, ma nessuno ti crederà. Eccolo quel Nessuno che avrebbe dovuto credermi; e che non poteva farlo, perché non credeva assolutamente a niente. Io resto. Il dolore ci ricorderà di noi. Grazie ad esso, dopo se ci rincontreremo, e qualora un Dopo esista, potremo riconoscerci”. Sono folgoranti parole di Christa Wolf, grande scrittrice tedesca, che ieri ci ha lasciato. Ordigno davanti alla casa dell’ispettore di polizia INTIMIDAZIONE al sostituto commissario di Taurianova, Pietro Spadafora. Una bomba è esplosa davanti alla sua abitazione a Gioia Tauro. MICHELE ALBANESE a pagina 15 Incidente probatorio Bombe a Reggio i dubbi dei periti S. PAPALEO a pagina 16 11202 9 771128 022007 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro ANNO 17 - N. 332 - € 1,20 In abbinata obbligatoria con Italia Oggi. 4 Primo piano Venerdì 2 dicembre 2011 Allarme sui rapporti trasversali dei clan con le istituzioni L’asse Milano-Reggio Esportata la zona grigia «La ’ndrangheta è trasversale alle elezioni appoggia chiunque» Prestipino: «Modello Calabria riprodotto in Lombardia» La Boccassini contro chi finge di combattere le cosche e dietro le quinte le abbraccia e le sostiene di MICHELE INSERRA | dia di Finanza, alla magistratura, alla politica e alle istituzioni che tengono comportamenti non consoni» è un qualcosa duro da digerire. Boccassini lo afferma con grinta, ma anche con la morte nel cuore. Vedere la mafia “infiltrata” nella giustizia non è cosa da poco per chi ha fatto della lotta, concreta, alla criminalità, una ragione di vita. «Non è la prima volta che succede, ma nonostante la mia età me ne rammarico ancora, dover constatare comportamenti superficiali, tentativi di depistaggio da parte di appartenenti alla Gdf, alla magistratura, della politica e delle istituzioni in generale» dice ancora. Ed è sempre la Boccassini a tenere banco con diverse argomentazioni la conferenza stampa di ieri assieme al procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, il sostituto procuratore milanese Paolo Storari, il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Michele Prestipino Al palazzo di Giustizia c'erano anche i due dirigenti della squadra Mobile di Milano Alessandro Giuliani e di Reggio Calabria Renato Cortese. Il magistrato di ferro ha poi spostato l’attenzione sulla politica. La 'ndrangheta è «trasversale, appoggia chiunque nelle campagne elettorali politiche» e «a differenza di Cosa nostra che odiava i comunisti e ha sempre sponsorizzato la Dc, salvo una parentesi per il Psi». E a chi le chiedeva quali responsabilità abbiano, anche di tipo penale, i politici che compaiono nelle carte dell’inchiesta e su cui la 'ndrangheta avrebbe fatto confluire i voti, Boccassini ha risposto: «La Dda di Milano nei confronti delle persone delle istituzioni come dei mafiosi agisce quando ha le prove per affrontare un dibattimento». Poi la Boccassini ha invitato i magistrati e i giornalisti che credono che la 'ndrangheta sia una realtà «parcellizzata in 'ndrine che si scontrano tra loro» a considerare invece la «visione unitaria» di questo fenomeno. E la Boccassini si è poi soffermata sull'importanza della «periferia» per le cosche. «Le zone periferiche sono più importanti per la 'ndrangheta –ha spiegato –anche per l’infiltrazione nell’Expo è più importante l’indotto, in relazione ad esempio ad infrastrutture nei comuni dell’hinterland». L’importanza della cosca Lampada a Milano è indiscutibile. La famiglia calabrese «ha cominciato a vendere panini ed è finita a fatturare miliardi» ha aggiunto. Dalla lettura del provvedimento di custodia cautelare è emerso anche come il boss Giulio Lampada ha ricevuto l'onoreficenza vaticana di Cavaliere di San Silvestro. Un’altra circostanza che per la Boccassini testimonia come la ‘ndrangheta sia riuscita a infiltrarsi in ogni angolo della società nazionale e internazionale. IL PM STORARI | «Le ’ndrine cercano appoggi negli enti locali Il pm Paolo Storari REGGIO CALABRIA - Per la 'ndrangheta è «più importante e vitale» contare sugli appoggi e sulle candidature di figure politiche nelle realtà dell’hinterland, milanese ad esempio, che a livello nazionale. Lo ha spiegato il pm della Dda di Milano Paolo Storari durante la conferenza stampa di ieri a Milano «Avere un candidato, anche se in un comune dell’hinterland - ha chiarito Storari – è per la 'ndrangheta vitale». Il magistrato ha ricordato che l’operazione di merco- ledì, contro la cosca Valle-Lampada e la “zona grigia”, è strettamente connessa all’indagine Infinito del luglio 2010 (110 condanne pochi giorni fa), ricostruendo come in una «riunione elettorale» dei presunti boss delle cosche lombarde del maggio 2009 erano presenti anche esponenti della famiglia Valle, tra cui Leonardo Valle. Gli arrestati in carcere su ordinanza del gip di Milano sono stati trasferiti nella carceri milanesi, tra cui quello di Opera». ste, quella di Milano e Reggio, sono accomunate da un unico personaggio, l’avvocato Minasi che aveva lo studio legale a Palmi, Milano e Lugano. E a Lugano collaborava con il notaio Daniele Borelli. Una collaborazione che aveva portato alla creazione di società in terra straniera per sottrarre i beni dei clan ai sequestri dello Stato. Ma l’assalto dei magistrati alla ‘ndrangheta sta producendo un altro effetto. E lo hanno ben capito anche i mafiosi. Difatti in una delle intercettazioni che vede protagonista l’avvocato Minasi si capisce che c’è preoccupazione: le autorità svizzere parlano con i magistrati italiani e quindi non è più come una volta. Come per dire bisogna cambiare rotta e puntare sugli Stati Uniti e sui paradisi fiscali. A chiarire questo aspetto è sempre Prestipino sottolineando che i mafiosi oggi dicono che «non possono più usare i canali svizzeri, perchè gli svizzeri da un pò di tempo dicono tutto ai magistrati, e quindi sfruttano altri canali arrivando fino negli Usa». E su questo aspetto l’aggiunto di Reggio aveva pertanto lanciato l’allarme: «Facciamo attenzione - disse ai colleghi - le ricchezze dei mafiosi camminano verso il Nord con un professionista che fa da cerniera, transitano per la Svizzera e arrivano in America. La nostra indagine - dice Prestipino - è una piccola parte di una indagine più complessa (il riferimento è a “Cosa mia1” e a “Cosa mia2” che ha duramente colpito i clan di Palmi dei Gallico e dei Bruzzise). Sinora soltanto su quel territorio sono state oltre settanta le ordinanze di custodia cautelare emesse». Due indagini sui reati classici della ‘ndrangheta: infiltrazioni nei lavori dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria ed estorsioni. E lo “stralcio” che ieri ha portato al fermo di sei persone da parte della Dda reggina è stato approfondito in separata sede: già perchè di mezzo c’era la novità della creazione di società off-shore con tanto di meccanismi per il riciclaggio di danaro sporco. E se Milano rischia un commissariamento da parte delle cosche questo, come ha spiegato Ilda La Svizzera è insicura, ora si punta agli Usa Ilda Boccassini durante la conferenza stampa di ieri a Milano È caccia agli infedeli dello Stato. Notizie rivelate su indagini in corso | Aperta un’inchiesta sulle “talpe” alle Procure di Catanzaro e Milano REGGIO CALABRIA - Ci sono talpe di spessore alla Procura di Catanzaro, come in quella di Milano. Ma le ombre più dense sono soprattutto sulla sede giudiziaria del capoluogo calabrese. E i sospetti ci sono da tempo. A confermarlo sono anche le carte dell’ultima inchiesta della Dda di Milano. I boss della ‘ndrangheta avrebbero amici ben introdotti negli ambienti investigativi. Traditori che li informavano sulle inchieste fatte da diverse procure antimafia, comunicando finanche giorno e ora dei blitz e le generalità degli arrestati. Si tratta di una vera e propria “squadra” di infedeli, uomini che in passato avevano giurato fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi, e che oggi, invece baciano le mani ai mammasantissima della ‘ndrangheta. Lo si intuisce, tanto per citare un esempio, da alcune intercettazioni all’interno della casa di Bovalino del boss Giuseppe Pelle. Il capocosca di San Luca fa ben intendere di avere informatori nelle sedi giudiziarie. C’è un’inchiesta aperta oggi, ci sono nomi coperti da “omissis”, e c’è soprattutto la rabbia di magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine fedeli allo Stato. I sostituti della Dda di Reggio e Milano che in queste ultime settimane hanno inferto colpi durissimi ai clan calabresi sono saltati dalla sedia quando hanno ascoltato alcune conversazioni intercettate Dopo gli arresti del magistrato Vincenzo Giglio, del maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Mongelli, e dell’iscrizione nel registro degli indagati del gip di Palmi Giancarlo Giusti ci sono “lavori in corso” a Catanzaro e a Milano sulla possibile presenza di talpe che possano aver rivelato informazioni agli esponenti della criminalità organizzata. A sottolinearlo è stato stato ieri il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, secondo la quale “di talpe probabilmente ce n'è stata più di una”. Potrebbe trattarsi di una vera e propria squadra, insomma. E anche il gip Giuseppe Gennari, che ha firmato gli arresti di mercoledì, nella sua ordinanza ipotizzava la presenza quantomeno di "informatori" speciali in particolare a Catanzaro. Questo, secondo il gip, in relazione a controlli su eventuali indagini in corso. «Ora - scrive ancora il Gip – viene fuori che i Lampada hanno avuto garanzie sull' eventuale iscrizione nel registro Michele Prestipino, Edmondo Bruti Liberati e Giuseppe Pignatone Boccassini, è «dovuto al fatto che questa organizzazione ormai ha una struttura verticistica che permette a Giulio Lampada di muoversi in nome e per conto degli altri clan». Un concetto che più volte ha ribadito il procuratore capo di Reggio Calabria. È una organizzazione, secondo Giuseppe Pignatone, «che ha il suo cuore a Reggio Calabria e proiezioni in Lombardia e altre regioni del nord con una “zona grigia” che oggi definirei internazionale». E poi il procuratore reggino ha ribadito il concetto dell’unitarietà della ‘ndrangheta, che oggi costituisce un elemento di grande pericolosità e di connivenze, sulla sentenza “Reale” che ha inferto un duro colpo alla criminalità organizzata con pesanti condanne. E ora si attende il verdetto sugli imputati dell’operazione “Crimine” quella che scoperchia la cupola calabrese. Pignatone ha puntato l’accento sul valore della collaborazione tra le due procure, una collaborazione che era partita quindici mesi fa. Difatti l’operazione di mercoledì è un seguito delle indagini congiunte della Dda di Reggio DON CIOTTI A COSENZA Calabria e di Milano ma tecnicamente non può definirsi un seguito delle maxioperazioni del luglio 2010 che portarono in carcere centinaia di persone tra Calabria e Lombardia, delineando il quadro delle alleanze e del comando a Milano e a Reggio. Quelle due operazioni – denominate “Crimine” e “Infinito” - scaturite da due diverse ordinanze di custodia cautelare hanno già portato a dibattimenti (a Milano si è concluso con pesantissime condanne una settimana fa), rinvii a giudizio, patteggiamenti, e suggellò il rapporto di collaborazione tra i due uffici giudiziari, impegnati in prima linea nel delineare l'allargamento delle cosche mafiose calabresi fuori regione e soprattutto in Lombardia. L'operazione di mercoledì non è altro che il seguito di quelle indagini congiunte. «Questa sinergia sta dando ottimi risultati, andiamo avanti così» ha assicurato Pignatone. E in pentola bolle di certo altro materiale investigativo che nei prossimi mesi potrebbe portare dietro le sbarre altri “signori” della ‘ndrangheta reggina. mi.in. | «La legalità bandiera agitata da chi la calpesta ogni giorno» di GIULIA FRESCA La Procura di Catanzaro degli indagati sia per quanto riguarda Reggio Calabria che per quanto concerne Catanzaro». Ma Catanzaro secondo il giudice, «non è la sede giudiziaria del magistrato! Come ha fatto a reperire notizie sul quel distretto? Dobbiamo immaginare che lo stesso si sia rivolto ad altri colleghi o a soggetti istituzionali di quel distretto? L'ipotesi – conclude il gip – non è peregrina e dovrà sicuramente essere accertata nella prosecuzione delle indagini». Reggio e Catanzaro sarebbero “unite” dalle talpe. Per questo non è escluso che nei prossimi mesi possano esserci nuovi colpi di scena. m. i. COSENZA - «CHE SI PARLI meno di me e più di noi» ha detto ieri mattina don Luigi Ciotti, alla chiusura del corso “A scuola di antimafia - Il riutilizzo sociale dei beni confiscati” tenuto all'Università della Calabria. «Occorre muoversi nel tempo e non contro il tempo - ha detto don Luigi Ciotti - viviamo sotto la dittatura del presente fatta di qui, ora, subito, dimenticando che il presente è vivo solo in rapporto alla memoria di un passato e di un futuro che deve essere costruito. Se si rincorre il presente si pretendono dal nostro agire risposte immediate. Dimentichiamo così i valori come quello della democrazia. Essa si fonda su due doni - ha continuato - giustizia e dignità umana ma non starà mai in piedi senza la spina dorsale che è rappresentata dalla responsabilità. Occorre dunque educarci alla responsabilità nel senso di colui che risponde, e pertanto siamo chiamati a rispondere al bisogno del “nostro esserci” affinché diventiamo la spina dorsale della democrazia e della Costituzione». Nessuna filosofia si nasconde dietro le parole del presidente di Libera, ma estrema consapevolezza della realtà e concretezza nell'agire ed i riferimenti ai recenti fatti di cronaca non potevano mancare. «La legalità è una bandiera che viene spesso agitata anche da chi la calpesta ogni giorno. È ne- cessario abbattere quella “zona grigia”che è canali, sostegni, alleanze, ed occorre espridi legalità malleabile: un luogo interiore più mere gratitudine al lavoro della magistrache un luogo fisico. La vera forza della mafia tura che lo ha scoperto. Ma chissà quanto alsta fuori dalla mafia e spesso ha il volto di un tro c'è. Ciò che è inquietante è l'omertà esiincensurato». «In questo senso - ha aggiun- stente al Nord dove la mafia esiste da 50 anto don Ciotti - le responsabilità della politica ni e non è più infiltrata ma insediata». Don Ciotti ha poi aggiunto: «La mafia si sono enormi. Serve determinazione e coenutre anche di simboli e tra i beni renza. Lotta alla mafia significa confiscati c'è il Cafè de Paris di lavoro, scuola, cultura e sosteRoma, un simbolo storico dove la gno ai territori più fragili. Non si prossima settimana entreranno i ottengono grandi risultati se creprodotti frutto del lavoro dei giosce lo stato penale e diminuisce vani sulle cooperative confiscate quello sociale. La speranza, in alai mafiosi. Quindi chi andrà a cune parti d'Italia, si chiama giuprendere il caffè troverà il segno stizia sociale ed ha il volto delle del riscatto, delle positività, in opportunità e dei progetti concontrasto con le negatività. La creti. In Italia però abbiamo un confisca è una realtà positiva, ma problema di democrazia e le sue c'è un 55% dei beni confiscati che malattie mortali prendono il nonon può essere destinato a causa me di delega e rassegnazione». delle ipoteche bancarie che graFacendo riferimento al rappor- Don Ciotti all’Unical vano su di essi. Questo è inaccetto del vicedirettore generale della banca d'Italia, Anna Maria Tarantola, ha ri- tabile e la politica anche nei confronti delle chiamato l'attenzione su come il «riciclag- banche deve essere molto chiara». Apprezzamenti a don Luigi Ciotti ed all'igio è un ponte tra la criminalità e la società. Ed i criminali che dovrebbero essere “bandi- niziativa del corso “A scuola di antimafia” ti” dalla società si ritrovano sempre più sono giunti dal dal presidente della Comspesso seduti ai posti di comando delle pub- missione antimafia della Regione Calabria, bliche amministrazioni. C'è un po' di smar- Salvatore Magarò e dai relatori Pietro Fanrimento - ha poi sostenuto facendo riferi- tozzi, Donatella Loprieno, Maria Annunziamento alla recente azione milanese - di fati- ta Longo, Sabrina Garofano e Fabio Regoca. Abbiamo sempre saputo della capacità lo. delle mafie di rigenerarsi, di trovare nuovi E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - L’emergenza 'ndrangheta in Lombardia è una cosa seria. Milano come Reggio Calabria. Ma c’è di più: l'ex capitale morale è letteralmente colonizzata dalle cosche calabresi. Che qui hanno importato il modello Calabria, come lo hanno tra l’altro importato nel resto del mondo: quello che riesce a tenere uniti boss e professionisti, colletti bianchi e politici. Tradotto: la zona grigia. Ne parla il procuratore aggiunto della Dda reggina Michele Prestipino durante la conferenza ieri al palazzo di giustizia di Milano. Conferenza che arriva 24 ore dopo gli arresti che hanno svelato gli inquietanti rapporti dei clan con le istituzioni. Rapporti trasversali: da Palmi a Milano, dalla Svizzera agli Stati Uniti. Prestipino ha spiegato che «con la struttura organizzativa della 'ndrangheta si estendono anche le sue relazioni esterne». Un esempio? «Il professionista che lavora fianco a fianco con la famiglia Gallico a Palmi ha uno studio a Milano e a Como. Il centro dei suoi interessi è in mezzo tra le due regioni e lavora con un professionista che è a Lugano e che sposta i soldi negli Stati Uniti». Il caso è quello dell’avvocato Vincenzo Minasi che cura la gestione economica e patrimoniale dello cosche. Il professionista è stato raggiunto da un doppio provvedimento restrittivo: è stato arrestato in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip di Milano su richiesta della Dda lombarda e, contestualmente, gli è stato notificato un provvedimento di fermo emesso nei confronti suoi e di altre tre persone dalla Dda di Reggio Calabria. Quest’ultimo provvedimento fa riferimento al seguito dell’inchiesta «Cosa mia», condotta nel giugno dello scorso anno contro la cosca Gallico di Palmi. Nell’inchiesta milanese Minasi è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla finalità di favorire l’associazione mafiosa; in quella reggina è indagato per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. E le due inchie- «L’antimafia solo parlata» REGGIO CALABRIA - Quell’antimafia parlata, con l’aggravante di essere di facciata, proprio non va giù. Non va giù più soprattutto a chi mette a rischio la propria pelle e che preferisce i fatti alle chiacchiere. Ilda Boccassini è rabbiosa e nello stesso BRUTI LIBERATI tempo sconcertata dalla facilità e dalla sfacciataggine di chi Non è un processo in apparenza combatte la mafia e dietro le ai magistrati reggini quinte l’abbraccia. Il magistrato ha spiegaL'OPERAZIONE di mercoledì to che gli inquirenti «non è un processo alla magistra- sono rimasti sconcertura di Reggio Calabria, ma ad al- tati da una «campacuni magistrati». Lo ha detto in gna politica per ingraconferenza stampa il procuratore ziarsi l'antimafia, che capo di Milano, Edmondo Bruti Li- non esiste, che è solo berati, che ha anche chiarito che parlata». Una campanon si può «generalizzare» nem- gna proveniente «da meno sulla chi sa che cosa significa trovare un bazooka politica, perchè «al- sotto casa». Il rifericuni politici mento è alle minacce sono vitti- che nell’ottobre del me del ten- 2010 furono messe in tativo di in- atto nei confronti del filtrazione». procuratore di Reggio Il procura- Calabria, Giuseppe Pitore di Mila- gnatone. Pur senza cino ha tenu- tarlo, è apparso eviBruti Liberati to a sottoli- dente che la Boccassineare la collaborazione nella lotta ni si riferisse a Vinalla ‘ndrangheta tra i magistrati mi- cenzo Giglio, il magilanesi e calabresi. Un impegno co- strato, noto per le sue mune, che aveva dato frutti molto iniziative e proclami significativi in passato e che, nelle «antimafia» talvolta di ultime settimane, ha consentito di stampo polemico nei stringere il cerchio sul secondo li- confronti di altri collevello, ovvero su quegli esponenti ghi di Reggio Caladel mondo politico e giudiziario, bria. Tra l’altro anche che avrebbero favorito con le loro autore di un romanzo rispettive attività alcuni esponenti uscito nelle librerie lo della ‘ndrangheta. scorso anno dal titolo «E’ un filone particolarmente signi- “Il mafioso”. Oggi più di ieri la ficativo e delicato per i contatti con il mondo istituzionale» ha spiegato Boccassini non è disposta a fare sconti a Bruti Liberati. nessuno. E per lei è questo «l’aspetto doloroso», probabilmente il più doloroso, dell'inchiesta che ha portato all'arresto di dieci persone, tra cui il giudice del tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giglio, per presunti legami con la ‘ndrangheta. E poi anche di vedere «appartenenti alla Guar- Primo piano 5 Venerdì 2 dicembre 2011 6 Primo piano Venerdì 2 dicembre 2011 Primo piano 7 Venerdì 2 dicembre 2011 Provvedimenti disciplinari per Giglio L’asse Milano-Reggio Il ministro chiede la sospensione da ruolo e stipendio Cancellò dal sito personale la sua foto con Giulio Lampada a un con convegno Voleva eliminare tutte le prove Morelli temeva si scoprisse che aveva quote di tre società Cercò di sbarazzarsene dandole a un prestanome di GIUSEPPE BALDESSARRO Il magistrato di Reggio Calabria Vincenzo Giglio A sinistra il consigliere regionale del Pdl Franco Morelli | LA TELEFONATA | «Non mi preoccupo, sapevamo che prima o poi usciva» NON solo Franco Morelli ma anche la moglie, Ermelinda Pugliese, secondo gli inquirenti, è a conoscenza dell’attività di ricerca di informazioni riservate, tanto da farne esplicito riferimento al telefono. Nello stesso modo la donna teme che possano venire fuori gli affari con i Lampada e non si trattiene dal chiederne conto al marito. La telefonata è del 25 giugno 2010. Ermelinda: Senti, avevo chiamato ma i tuoi numeri non sono come sempre raggiungibili, senti sul Quotidiano c'é… Franco: Si lo so.. lo so.. so tutto..so tutto Ermelinda:Ah…sai già tutto Franco:E va be', che dice di particolare… Ermelinda: No.. no…. niente dice, fra l'altro dice nell'incartamento dell'inchiesta, che sia beninteso non è.. non è a carico di alcuno dei politici regionali né li vede formalmente coinvolti… ci sono una serie di tu… di intercettazioni a carico dell'imprenditore nel…nei…nelle quali Sarra viene citato e persino ascoltato in diretta in occasione di alcuni suoi viaggi milanesi… Franco:Eh.. Ermelinda: Dice che tu li hai portati negli uffici del Garante della privacy per fargli conoscere Chiaravalloti Franco: Si, ma di particolare che dice? Ermelinda: No..niente di particolare, assolutamente niente, comunque chi te l'ha detto? Franco: ….e mi ha chiamato Ciccio Barone. Sei preoccupata per l'articolo? Ermelinda: Ah..no.. non sono preoccupata, lo sapevamo che prima o poi usciva no? Franco: Eh.. appunto, grazie a Dio non è che abbiamo qualcosa… Ermelinda: Ah… è uscito per Sarra.. per Sarra è uscita la cosa di Trematerra…non per Sarra per il presidente per Scopelliti è uscita la solidarietà di Foti e Trematerra come coordinatori del Pdl Franco: Ma quello per quanto riguarda l'articolo di ieri però Ermelinda: No.. per ieri no.. perché voglio dire c'è questi qua che stanno parlando adesso.. Franco: Si ma ieri però. Ieri.. c'era la cosa come si chiama? Ieri c'era un articolo su Scopelliti… Ermelinda: Ah.. ah.. vabbe'… Franco: L'articolo mi pare che non dice niente di che… insomma.. Ermelinda: No niente di che.. Frà.. dice che non si capiscono i rapporti di amicizia.. questo.. che il battesimo della bambina a Roma (N.d.r. la figlia di Giulio Lampada) Franco: ma dico ma ti preoccupa sta cosa…il tuo senso ti dice.. Ermelinda: No.. no.. ma non è che c'è qualcosa Frà? Quell'operazione l'avete poi fatta Giulio.. Frà? (n.d.r. Giulio Lampada in riferimento all'operazione imprenditoriale dei Monopoli) Franco:quell'operazione di polizia in generale…. quale operazione? Ermelinda:Eh…quella che sapevamo Frà.. Franco: Seee… Vabbo.. vabbo… Investigatore al lavoro in sala ascolto Durissima la presa di posizione della sezione reggina di Md «Quei rapporti e quei comportamenti sono incompatibili con la professione» REGGIO CALABRIA - Si sentono traditi, umiliati e offesi i componenti della sezione reggina di Magistratura democratica. L’arresto di Vincenzo Giglio - ex segretario di Md oggi iscritto alla corrente - ma ancor più i contenuti dell’ordinanza di custodia cautelare ha fatto saltare sulla sedia le toghe, che in serata hanno diramato un comunicato durissimo. Senza se e senza ma. In altri termini senza appello. La nota parte con una citazione: « “…il giudice di ogni tempo deve essere ed apparire libero ed indipendente, e tanto può essere ed apparire ove egli stesso lo voglia e deve volerlo per essere degno della sua funzione e non tradire il suo mandato…”». E prosegue: «Ce lo raccomandava il compianto Rosario Livatino e non vogliamo dimenticarlo». Da qui per dire che «a prescindere dagli esiti giudiziari dell’indagine della Procura della Repubblica di Milano in merito alle condotte attribuite nell’imputazione provvisoria ai colleghi Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti, gli atti noti del procedimento mettono in evidenza comportamenti, relazioni personali e familiari, frequentazioni incompatibili per un magistrato che eserciti funzioni giurisdizionali». E tutto ciò «risulta ancora più intollerabile e drammatico in un contesto sociale come quello reggino, dove la ‘ndrangheta è solita insi- Nella “zona grigia” che aiutava i Lampada anche un maresciallo della Guardia di Finanza di PASQUALE VIOLI Soldi al finanziere per evitare i controlli SIDERNO - «Giglio come ha detto che si chiama…operazione “Tenacia”, che ci lavorava il Ros di Milano». E’ uno stralcio dell’intercettazione ambientale captata dagli investigatori in casa del boss di San Luca Giuseppe Pelle “Gambazza”. A parlare il 20 marzo del 2010 erano lo stesso mammasantissima della Locride insieme a Giovanni Zumbo, considerato “la talpa” delle cosche e Giovanni Ficara, esponente dei clan di Reggio Calabria. Nella casa di “Gambazza” a Bovalino, come dimostrato dalle inchieste “Reale”, le riunioni per fare il punto della situazione criminale e politica della provincia reggina erano all’ordine del giorno. A chiedere udienza al boss di San Luca c’erano candidati alle elezioni regionali e uomini della ‘ndrangheta in cerca di affari e alleanze. An- Luigi Mongelli riceveva denaro direttamente dai vertici del gruppo e li spendeva in viaggi all’estero e acquisti in negozi di grandi firme di GIOVANNI VERDUCI SIDERNO - Denaro in cambio di informazioni e di protezione. Sul libro paga della cosca Valle - Lampada c’era anche un maresciallo della Guardia di finanza in forza al comando provinciale di Milano. Luigi Mongelli, alias “Pinocchio”, era dentro la “zona grigia” che proteggeva boss e picciotti nella loro vigorosa crescita economica all’ombra del “Pirellone”. La vicenda di corruzione che vede coinvolto il sottufficiale delle Fiamme gialle, per i magistrati della Procura antimafia di Milano, dimostrerebbe «la spregiudicatezza con cui i Lampada tutelano i propri investimenti, cercando di garantirsi immunità assoluta». Il gruppo criminale, specia- lizzato nel settore delle macchinette per il gioco elettronico, avevano molta paura dei controlli costanti della Guardia di finanza, in particolare del gruppo di investigatori che - come notato durante le indagini aveva spesso contatti con il maresciallo Luigi Mongelli. La gestione contabile delle varie attività, per gli inquirenti, era «assolutamente anomala» ed il rischio di incorrere in pesanti sanzioni era molto elevata. Meglio, quindi, trovare una sponda all’interno delle forze dell’ordine e pagarla per non avere problemi. «E’ interesse primario della famiglia - si legge nelle carte dell’inchiesta - quello di potere contare su sodali pubblici ufficiali che possano dare una mano nei momenti di pericolo». E “pinocchio” faceva al caso loro. Fra il maresciallo barese ed i Lampada esisterebbe «un vero e proprio sistema corruttivo, alimentato da sistematiche dazioni di denaro». Le “ingenti” somme di denaro, poi, venivano consegnate mensilmente al maresciallo Mongelli “brevi manu” dagli emissari della cosca durante incontri faccia a faccia anche nei pressi del comando della Guardia di finanza. Gli scambi, che nelle conversazioni assumevano nomi, sono stati seguiti e monitorati dagli uomini della Squadra mobile. I contatti fra i Lampada e Mongelli si intensificavano in occasione dei controlli delle Fiamme gialle presso le attività della cosca. Per evitare problemi i Lampada pagavano il maresciallo che, con i soldi della corruzione, avrebbe sostenuto un tenore di vita molto superiore alle sue reali possibilità e si sarebbe pagato diversi viaggi all’estero, pranzi e cene al ristorante o acquisti presso negozi “grandi firme”. Un finanziere (immagine di repertorio) nuarsi, con speciale pervasività, nelle reti relazionali torbide ed ambigue, perché fondate su perniciosi rapporti obbligatori in cui – prima o poi – il potere mafioso passa sempre a riscuotere il conto». «Ci avete sentito dire - aggiunge Magistratura democratica - che è necessaria una rivoluzione culturale della nostra società malata. Quando siamo chiamati nelle scuole, nelle assemblee e negli interventi pubblici, invitiamo i cittadini - costretti ad affrontare (senza nessuna protezione autentica) l’aggressivo potere della ’ndrangheta - a recidere i legami relazionali, anche quelli quotidiani, con gli uomini di mafia o con quelli collusi con la mafia, per isolarli e renderli così più deboli. Non smetteremo di farlo, convinti come siamo che solo attraverso una rivoluzione culturale e non già solo attraverso la repressione giudiziaria, si possa sconfiggere questo germe che tenta di insinuarsi in tutti i gangli sociali, per inquinarli e piegarli ai propri infami desideri». Md incalza affermando: «Ma da oggi lo faremo con maggiore umiltà e con la più chiara e netta consapevolezza della nostra debolezza, dei nostri limiti, delle nostre incapacità. Ma proprio questa presa di coscienza ci farà essere più rigorosi ed attenti nella gestione della nostra dimensione privata, per ribadire la credibilità di una Istituzione che - particolarmente in questi ultimi anni - ha mostrato una speciale efficacia nello svelare e sanzionare i sistemi di potere della ndrangheta. Ed infatti, anche quest’ultima indagine - insieme a quelle più recenti condotte dalla Procura della Repubblica e valutate positivamente dai giudici di questa città - è sintomatica della credibilità ed efficacia dell’azione giudiziaria che sempre più chiaramente irrompe, svela e sanziona i sistemi di potere della “area grigia”, senza farsi scrupolo di mostrare pari rigore, quando parti di questi perniciosi sistemi di potere siano magistrati». «Le recenti parole del Presidente della Repubblica a proposito dell’etica professionale e personale nella magistratura - conclude Md - ci stimolano, infine, a sollecitare un dibattito interno alla magistratura reggina, affinchè - preso atto della speciale condizione della nostra società malata - si proceda ad analizzare stili e modelli professionali e personali, per fissare alcune condivise linee di comportamento che debbano necessariamente caratterizzare ed identificare il magistrato che opera in questo difficile distretto». «È necessario un confronto per stabilire assieme un codice» L’Anm reggina ai colleghi «Serve uno stile di vita rigoroso» In casa Pelle “Gambazza” i padrini imbastivano le strategie grazie alle soffiate sui blitz del magistrato Vincenzo Giglio che Giovanni Zumbo era un frequentatore di casa Pelle, e in una delle sue visite a “Gambazza” lo aveva informato di alcune indagini in corso. A riferire a Zumbo delle notizie sui movimenti degli investigatori e della Distrettuale antimafia secondo il pubblico ministero Ilda Boccassini era inequivocabilmente il magistrato Vincenzo Giglio. Pelle: «A noi ci hanno sentito parlare. Hanno le intercettazioni». Zumbo: «Loro hanno tutto». Pelle: «Come Patriarca». Zumbo: «Comunque non sono in grado…». Ficara: «Come ha detto che si chiama Giglio?». Zumbo: «Questa operazione?». Ficara: «Qualche altro pentito, Giglio dice che si chiama “Tenacia”». Zum- bo: «Lavorava il Ros di Milano». Ficara: «Allora quando…». Zumbo: «Sono tutte… partono tutte da Reggio Calabria». Le informazioni in possesso della “talpa” Giovanni Zumbo, e già riferite agli esponenti dei clan erano precise, e secondo la Dda di Milano sul fatto che a fornire queste dritte ai boss fosse il giudice Vincenzo Giglio ci sarebbero pochi dubbi, come confermato in una intercettazione sempre dentro casa Pelle a Bovalino dove a parlare erano sempre il mammasantissima “Gambazza” e Giovanni Ficara, che si lasciò andare in una occasione ad un commento che per la distrettuale antimafia è cristallino. Ficara: «Lui dice certo che se posso trovare una parte te la faccio, Giglio quello è un mangiatario». Billari: «Giglio…». Ficara: «Giglio, che era nella prevenzione». Pelle: «E che ancora è nella…». Le informazioni che arrivavano dal Cedir erano preziose per i boss, talmente preziose da poter addirittura delineare delle strategie criminali cercando di organizzarsi in caso di blitz. Significativa sempre a casa di “Gambazza” è la lezione di Giovanni Ficara che ormai aveva capito, secondo quanto aveva riferito Zumbo, che una retata sarebbe stata prossima. Ficara: «Una volta che li ho informati a tutti i miei sentite voi altri, che io esco con l’avvocato, cinque o sei di noi ci facciamo latitanti, fino a che non escono gli altri, così non lasciamo la batteria scoperta». Pelle: «Per non lasciare campo libero». Dunque, una vera e propria organizzazione che era riuscita, attraverso le soffiate del magistrato di Reggio Calabria ha impostare le strategie anche in caso di un blitz. Ma quello che interessava di più ai boss erano i provvedimenti sui beni, e anche in questo caso le informazioni che la “talpa” Giovanni Zumbo aveva appreso con ogni probabilità da Vincenzo Giglio erano precise. Già nel marzo del 2010 Zumbo sapeva di un sequestro beni a Milano che avrebbe colpito la società Giuseppe Pelle “Perego strade”. «Partono da Milano con la Perego - riferì Zumbo alla famiglia di San Luca - perché dicono che sia la vostra con intestazione fittizia di beni». Le soffiate di Giglio riferite da Zumbo divennero realtà 4 mesi dopo, il 13 luglio del 2010, con il blitz “Crimine”, scattato congiuntamente tra la Dda di Reggio Calabria e quella di Milano. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro REGGIO CALABRIA - Franco Morelli temeva di essere coinvolto nell’inchiesta che aveva portato in carcere alcuni esponenti della famiglia Valle-Lampada. Il consigliere regionale viene avvertito telefonicamente da un suo collaboratore, che lo chiama per informarlo su quanto stanno scrivendo i giornali e dicendo i Tg nazionali. Morelli è allarmato e chiede informazioni sui nomi. Il collaboratore afferma: «Dottore sono preoccupato». E lui: «A me lo dici?». Il politico del Pdl sa di avere i carboni bagnati e sa anche che alcuni fatti possono essere scoperti dall’autorità giudiziaria. Il riferimento è a tre società di cui possiede alcune quote (la Orion, la Sagitta e la Pegasus) formate per tentare di ottenere delle concessioni dai Monopoli di Stato. Così, il consigliere regionale si intrattiene prima con la moglie in una telefonata drammatica nella quale nega ogni suo coinvolgimento e persino i rapporti con i Valle-Lampada. Quindi, rimuove dal suo sito l’immagine che lo ritrae abbracciato con Giulio Lampada ad un convegno. Infine, fa di tutto per cancellare le prove dei suoi rapporti con i boss lombardi della ‘ndrangheta. E cancellare le prove significa sbarazzarsi delle quote societarie in suo possesso. Non sa Franco Morelli che ogni sua telefonata è intercettata dagli uomini della Squadra Mobile, che riferiscono in tempo reale agli inquirenti. Il panico poi gli fa perdere le cautele che anche al telefono ha sempre tentato di avere. Una prima telefonata parte verso lo studio del notaio Francesca Gasbarro (ovviamente all’oscuro di tutto). La registrazione dà conto delle sue spiegazioni alla segretaria e ad una collaboratrice del no- taio, a cui Morelli spiega che vuole liberarsi delle quote delle società «perchè realmente attivate». L’interlocutrice spiega che non è possibile farlo su due piedi e che comunque le quote devono essere cedute a terzi e non possono essere cancellate così di punto in bianco. La professionista spiega che comunque va fatto un atto alla presenza di un notaio di fiducia che può essere ovunque. Da qui molto probabilmente muove l’idea di Morelli di chiamare il notaio Stefano Camilleri (anch’esso inconsapevole) cui chiede di preparare un atto di cessione delle copie. Cosa che avviene. Secondo quanto scritto dai magistrati milanesi Morelli avrebbe trovato un prestanome a cui intestare le quote delle tre società. Nella speranza che non si potesse risalire ai rapporti di affari e d’amicizia tra lui e le famiglie mafiose con cui invece aveva intessuto una serie di soldi legami. Uno sforzo, evidentemente, vano. REGGIO CALABRIA - I no novemila - ha detto ieri il guai per Vincenzo Giglio, il presidente dell’associaziomagistrato arrestato dalla ne nazionale Magistrati LuDda di Milano, sono solo ca Palamara - e ci possono all’inizio. Da una parte do- essere delle situazioni di ervrà vedersela con gli inqui- rore, ma di fronte a comporrenti lombardi che lo accu- tamenti scorretti dobbiamo sano di corruzione e rivela- dare un segnale di netta ferzione di atti d’ufficio. mezza». Luca Palamara, anDall’altra dovrà anche af- ch’esso di orgini calabresi, frontare un lungo iter per commentando l’arresto del difendersi dai provvedi- giudice di Reggio Calabria, menti disciplinari che gli ha aggiunto: «l’inchiesta distanno per fioccare da più mostra che quando i giudici applicano la legge la appliparti. Ieri, infatti, il neo mini- cano anche nei confronti destro della Giustizia Paola gli stessi magistrati». PalaSeverino, ha avviato l’azio- mara ha poi voluto esprimene disciplinare nei suoi con- re il proprio «disagio e indifronti. E intanto il Pg della gnazione» per quanto accaCassazione, Vitaliano Espo- duto. Sulla stessa lunghezza sito ha chiesto la sospensiod’onda la sezione ne del magistrareggina di Anm, to dalle funzioni che in un docue dallo stipenmento, a firma di dio. Tommasina CoL’iniziativa ditroneo e Iside sciplinare del Russo, sottoliministro Severinea come la vino è la prima da cenda che riquando si è inseguarda i colleghi diata in via AreVincenzo Giglio nula ed è stata e Giancarlo Giunotificata alla sti «sia sconcerSezione disciplitante e doloronare del Consisa». glio superiore La Giunta della magistraescutiva dell’Astura, che il 15 disociazione naziocembre prossinale magistratimo esaminerà la di Reggio Calarichiesta del Pg bria auspica «che della Cassazione questi fatti non di sospendere intacchino la creGiglio. Si tratta dibilità dell’istiin realtà di un tuzione giudizia«atto dovuto», ria e non venga nel senso che in Paola Severino meno la fiducia presenza di un provvedimento di custodia dei cittadini verso la magicautelare nei confronti di stratura reggina, da semun magistrato il «tribunale pre impegnata sul versante dei giudici» è tenuto a proce- della legalità». Partendo dall’assunto dere alla sospensione. C’è imbarazzo tra le toghe che non compete all’assoitaliane dopo l’arresto del ciazione entrare nel merito presidente della Corte d’As- della vicenda, «in attesa che sise e della sezione Misure la Giustizia faccia il suo cordi Prevenzione. Imbarazzo so e venga fatta chiarezza». che però fa il paio con la fer- La sezione dell’Anm concluma determinazione ad an- de ricordando: «E’ nostro dare fino in fondo alla vicen- dovere, invece, richiamare da in maniera inflessibile. l’attenzione sulla necessità Chiedendo, tra l’altro, di evi- che il magistrato sia rigorotare generalizzazioni. Nella so nello stile di vita e nelle sostanza dalla vicenda - che frequentazioni, perchè non vede coinvolto anche un se- venga mai neanche appancondo magistrato, Giancar- nata l’immagine di indipenlo Giusti, in servizio al Tri- denza e di imparzialità della bunale di Palmi - emerge magistratura né comprocertamente il male della cor- messa la trasparenza dei ruzione anche tra gli opera- comportamenti anche pertori della giustizia, ma an- sonali dei singoli compoche il fatto che esistono ma- nenti dell’Ordine Giudiziagistrati che non fanno scon- riario. Ogni deviazione da ti a nessuno, colleghi com- questi principi va fermamente stigmatizzata». presi. «In Italia i magistrati sog. bal. 8 Primo piano Venerdì 2 dicembre 2011 Primo piano 9 Venerdì 2 dicembre 2011 Il medico incontrò il colonnello dei servizi segreti per avere informazioni L’asse Milano-Reggio Volevano contatti all’Aisi Uno zio dei presunti boss impegnato nella segreteria dell’allora consigliere L’operazione fallì e l’ufficiale riferì del colloquio alla polizia di CLAUDIO CORDOVA I Lampada legati a Sarra espansionistiche dei due fratelli. Mire che, necessariamente, vogliono far passare da una fitta rete di contatti. Si scopre così che i calabresi trapiantati in Lombardia hanno rapporti diretti con almeno due esponenti politici del posto. Uno è l’assessore provinciale di Milano, Antonio Oliverio (originario di Pedace, in provincia di Cosenza) e l’altro è il consigliere comunale di Milano Armando Vagliati. Persone ritenute dai Lampada “amiche” e “disponibili”. I rapporti con Sarra sono invece di natura economica, anche se l’inchiesta fa emergere come i Lampada «si erano spedi per Sarra, anche dal punto di vista elettorale». Rapporti, in vista di possibili futuri affari da portare a termine. Tra questi viene studiata l’ipotesi di aprire una finanziaria in società e comunque, di mettere assieme le diverse competenze per fare business. Una finanziari da 50 milioni di euro, di cui si discute in auto. Affari leciti, sia chiaro, dei quali peraltro i carabinieri non avrebbero rilevato alcuna traccia. Insomma, solo progetti e buone intenzioni, rimaste sulla carta. Alla luce di quanto accertato a suo tempo, gli inquirenti stanno approfondendo alcuni aspetti della vicenda, anche se gli stessi magistrati scrivono che «gli ultimi rapporti tra Sarra e i Lampada risale al 6 febbraio del 2008». I Lampada poi parlano di Sarra con Morelli a cui riferiscono: «Forse gli danno l’assessorato esterno ...ho sentito dire ... il sindaco ... (riferimento a Scopelliti)». Cosa che si avvera realmente. Tanto che Sarrà «sarà nominato sottosegretario regionale alle Riforme e alla semplificazione amministrativa». g.bal. | Il sottosegretario della giunta Scopelliti Alberto Sarra in una conferenza stampa Sotto Giuseppe Lombardo premiato lo scorso anno con la Gerbera Gialla IL CASO | | «Il padre è socio del colonnello del Ros» REGGIO CALABRIA - Parte delle informazioni riservate giunte alla cosca Lampada sull’inchiesta condotta a loro carico dalla Dda di Milano sarebbero giunte anche da un giovane il cui padre sarebbe stato in società con un colonnello del Ros di Reggio Calabria. La circostanza ha il sapore della millanteria se si considera che proprio grazie a diverse informative del Ros calabrese la cosca Valle-Lambata è stata praticamente messa in ginocchio. Tuttavia l’episodio è contenuto nelle carte dell’inchiesta dei giudici milanesi, che si compone, tra l’altro, anche di pezzi delle informative “Meta”e“Reale”, entrambe condotte dagli uomini comandati prima da Valerio Giardina e poi da Stefano Russo. In ogni caso il dato emerge, come accennato, dall’ordinanza del gip di Milano che ieri ha disposto l’arresto di 10 persone tra le quali il presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giuseppe Giglio ed il il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl). Un aspetto, scrive il gip, «che andrà sicuramente approfondito», dal momento che parte delle informazioni che giungono ai Lampada «sono particolarmente accreditate perchè sembrano provenire da un colonnello del Ros di Reggio». Nell’ordinanza viene riportata l’intercettazione di un colloquio avvenuto il 17 marzo 2010 tra l’avvocato Vincenzo Minasi, arrestato anche lui ieri, Francesco Lampada e Leonardo Valle in La frase contenuta in una intercettazione registrata tra i boss lombardi Ma si pensa che possa trattarsi di una millanteria per nascondere la fonte cui si parla della prima fase dell’inchiesta milanese che porterà qualche mese dopo, nel giugno 2010, ai primi arresti. Minasi, riferendo ciò che gli è stato detto da Giulio Lampada, dice agli altri che un giovane ha fornito alcune notizie sull’inchiesta e aggiunge, con una frase incompleta: «Il papà con il colonnello del Ros». «Allora – chiede Francesco – il papà è in amicizia con un colonnello del Ros?». «E’ socio», risponde Minasi che poi alla successiva domanda «chi è questo colonnello del Ros», risponde: «e che ne so?». Peraltro lo stesso gip di Milano, nell’ordinanza, parlando della genesi dell’inchiesta, aveva sottolineato l’impulso alle indagini dato proprio dai carabinieri del Ros di Reggio Calabria con due informative del 16 novembre 2010 e del 14 febbraio 2008. «In un’altra informativa sempre del Ros di Reggio Calabria - aggiungono i magistrati Lombardi - depositata il 16 febbraio 2009, sono poi compendiati i risultati dell’operazione Meta dei carabinieri, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, che riguarda la cosca dei Condello». E conclude: «Il Ros ha anche realizzato le LA CAMERA PENALE DI PALMI Preoccupazione per l’uso preventivo dello strumento intercettivo LA CAMERA penale di Palmi «preso atto dell’avviso di garanzia e delle perquisizioni eseguite, tra gli altri a carico di due suoi iscritti, indagati per favoreggiamento aggravato commesso, secondo l’accusa, nell’esercizio del mandato difensivo, auspica che i colleghi possano rapidamente dimostrare l’infondatezza degli addebiti con la speranza che la giurisdizione anche in questo caso svolga il suo compito di garanzia»: è quanto si afferma in una nota del direttivo dell’organismo. «Segnala che nel caso – prosegue la nota – le autorizzazioni ad intercettare i colloqui degli avvocati con i loro clienti sono state rilasciate sulla base di mere supposizioni circa il compimento di condotte illecite da parte dei difensori, esprime seria preoccupazione circa l’utilizzo spropositato e sostanzialmente in via preventiva dello strumento intercettivo». intercettazioni a casa del boss Giuseppe Pelle dalle quali è emerso che un commercialista reggino con contatti con i servizi segreti, Giovanni Zumbo, riferiva notizie riservate allo stesso Pelle ed al boss Giovanni Ficara. L’inchiesta portò a numerosi arresti». Per questo gli inquirenti ritengano che si possa trattare di un’affermazione falsa, forse detta per nascondere i veri protagonisti, o pratagonista, della soffiata. GLI AFFARI | Uno 007 parla al telefono Lampada con cui sarebbe in contatto da diversi anni: sarebbe proprio lui, peraltro, a introdurre, nell’abitazione del cugino, in pieno centro a Reggio Calabria, i membri del sodalizio criminale. Almeno cinque incontri filmati dalle telecamere degli investigatori: ulteriore elemento che ha condotto in carcere il magistrato Enzo Giglio, presidente della Sezione Misure di Prevenzione e della Corte d’Assise di Reggio Calabria. E’ il 10 marzo 2010 quando il medico incontrerebbe il Colonnello Cristaudo, dopo aver fissato un incontro il giorno prima. Un medico chirurgo che riesce a conoscere l’identità del capo dei servizi segreti, entrare in contatto e prendere un appuntamento. Un fatto che, di certo, non può non suscitare una serie di interrogativi. Un incontro, quello tra Giglio e Cristaudo, che viene cristallizzato in un’informativa della Squadra Mobile. Gli agenti della Polizia, peraltro, avranno anche un colloquio con il Colonnello Cristaudo che racconterà di aver ricevuto presso il proprio ufficio | quella mattina, il dottor Vincenzo Giglio, di professione medico chirurgo, cugino dell’omonimo magistrato Enzo Giglio. Dall’informativa della Squadra Mobile di Reggio Calabria, diretta da Renato Cortese si evince la deposizione dell’uomo dei servizi. «Nel corso del colloquio il dottor Vincenzo Giglio gli avrebbe chiesto se vi fosse qualche attività investigativa, in corso di svolgimento, nei confronti dei fratelli Lampada Giulio Giuseppe e Lampada Francesco. In quell’occasione Giglio riferiva altresì, che suo figlio sarebbe impiegato in un non meglio indicato esercizio commerciale di Milano, ove presterebbe attività lavorativa per conto dei citati fratelli Lampada». Giglio andrebbe dunque dal capo dei servizi segreti reggini per ottenere informazioni sui Lampada, per salvaguardare l’investimento imprenditoriale del figlio, altrimenti esposto al rischio di entrare in affari con esponenti della ‘ndrangheta. Un tentativo che, però, gli costerà caro visto che il Colonnello Cristaudo racconterà le circostanze agli agenti della Polizia. Ancora dall’informativa della Squadra Mobile: «Inoltre, il predetto (Vincenzo Giglio) comunicava che era stato in compagnia dei fratelli Lampada, recatisi in quei giorni a Reggio Calabria, ed era stato sottoposto ad un controllo, all’uscita del ristorante “Baylik2”, da parte di una pattuglia della Polizia di Stato». Una serie di informazioni preliminari, evidentemente, alla richiesta di informazioni sul gruppo Lampada al capo dei servizi segreti. Gli unici a raccogliere preziose informazioni quel giorno, però, saranno gli agenti della Squadra Mobile. Un tentativo piuttosto goffo, ma che da conto della sfrontatezza con la quale si muoveva il medico reggino, con il vizio di frequentare ‘ndranghetisti e di passare loro informazioni utili a difendersi da eventuali inchieste giudiziarie. Tentativo fallito. L’INIZIATIVA | Le banche a disposizione Istituzioni da bonificare REGGIO CALABRIA - Sono arrivati a Milano con modeste risorse finanziarie, almeno ufficiali, provento di una macelleria e di una pizzeria gestite a Reggio Calabria. Ma nel breve volgere di pochi anni, la famiglia Lampada «acquista una disponibilità economica e finanziaria milionaria, assolutamente sproporzionata rispetto alla precedente situazione». Ed in questo contesto «non possono mancare, così come si era verificato per il ramo Valle della famiglia, rapporti privilegiati con funzionari di istituti di credito». A rilevarlo è il gip di Milano Giuseppe Gennari che afferma come la famiglia avesse, «a disposizione l’amicizia di un direttore di banca che consentì di fare operazioni che agli altri clienti non sarebbero consentite e consente di accedere con più facilità ai crediti». I Lampada, al riguardo, seguivano sempre uno stesso modus operandi, che era quello tipico anche dei Valle. «Tutte le iniziative ufficiali – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – vengono effettuate con finanziamenti bancari, nonostante la famiglia disponga di liquidi- tà notevolissime». Il gip cerca anche di darsi una spiegazione a tutto ciò e giunge alla conclusione che «tale accortezza evita evidentemente sospetti e interrogativi sulla provenienza dei fondi». Nell’ordinanza si danno poi i nomi di due funzionari che «hanno mostrato di intrattenere relazioni di speciale privilegio e compiacenza con i Lampada»: il direttore di un’agenzia Unicredit di Milano e quello di un’agenzia di Paullo del Credito Bergamasco. Da Unicredit, i Lampada avevano ottenuto un finanziamento di 300 mila euro che doveva servire per l’acquisizione delle concessioni dei Monopoli. Finanziamento concesso ma non ancora erogato. Per tale ragione, scrive il gip, «il funzionario ha richiesto ai beneficiari una nota di differimento per mancata fruizione». Anche col funzionario del Credito Bergamasco, scrive il gip, «sono affiorati rapporti che paiono anomali, tanto che il funzionario si è persino recato personalmente varie volte negli uffici dei Lampada per garantire il proprio interessamento alle esigenze del sodalizio». Direttori disponibili a finanziare di ROBERTA PINO REGGIO CALABRIA - L’incursione anti ‘ndrangheta sull’asse Milano-ReggioCalabria, che ha condotto, due giorni fa, all’esecuzione di dieci ordinanze cautelari, smontando così, la cosiddetta “zona grigia”, quella, per intenderci, in cui il confine tra legalità e illegalità è sottile ovvero addirittura nullo, non può non essere al centro della manifestazione della “Gerbera Gialla”, che ieri ha preso il via a Palazzo Campanella, per il progetto 20112012. Un’idea che mira a sensibilizzare gli studenti alla «prevenzione nella lotta alla criminalità organizzata e ad ogni altra forma di violenza». Un’occasione offerta ai ragazzi delle scuole calabresi e di Messina. A loro non è possibile celare la verità. Lo afferma proprio l’ideatrice della Gerbera Gialla, Adriana Musella, «oggi non possiamo disconoscere ciò che è avvenuto - commenta ma c’è magistratura e magistratura, politico e politico. Dire che tutto è bianco o nero è sbagliato. E’necessario prosegue - una seria volontà politica di bonificare, affinchè i ragazzi si abituino ad una coscienza critica. A loro non possiamo raccontare favole». Il sostituto procuratore della Dda reggina Giuseppe Lombardo è tra gli ospiti della manifestazione a Palazzo Campanella. Impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, Lombardo ha subito varie volte intimidazioni e minacce. «Sono parte in causa in questi arresti - commenta a proposito del blitz che ha sconvolto politica e magistratura- l’indagine nasce qualche anno fa a Reggio Calabria ed è legata alla cattura di Pasquale Condello. Da quella attività imponente sono emersi una serie di dati valorizzati al meglio dalla Dda di Milano». Riferimenti agli eccellenti arresti provengono anche dal presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Francesco Talarico. «Occorre distinguere tra responsabilità personali e istituzionali - afferma circa l'arresto del consigliere Morelli - mi auguro che possa dimostrare la sua estraneità da i fatti, non si può, però, screditare l’intero corpo delle assise calabresi. Sulle sue dimissioni, attendiamo le procedure del Ministero». Il rammarico di chi lavora contro i clan E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Raccontò che il figlio doveva aprire un’attività a Milano Nelle carte dell’inchiesta i rapporti tra il sottosegretario e alcune delle persone arrestate dalla Dda milanese REGGIO CALABRIA - Alberto Sarra, attuale sottosegretario della Giunta regionale guidata da Giuseppe Scopelliti, già quando le prime carte usciro nell’ambito dell’operazione Meta e, successivamente, di quella che portò all’arresto di diversi esponenti della cosca Valle-Lampada si era difeso, negando qualsiasi collegamento con gli esponenti del clan in Lombardia. All’epoca aveva spiegato che conosceva qualcuno dei Lampada, ma che con loro c’era stata solo qualche chiacchiera e qualche passaggio dall’aeroporto di Milano fino in città. Nulla di più. Tant’è che quelle intercettazioni erano state tratte da un procedimento che «era stato abbondantemente archiviato». Insomma nessuna responsabilità. Tuttavia, nel provvedimento che ha portato in carcere il giudice Vincenzo Giglio, suo cugino, un esponente della Guardia di Finanza, il consigliere regionale Franco Morelli e alcuni presunti affiliati e boss della cosca, il suo nome riappare. E il Gip di Milano Giuseppe Gennari dedica all’esponente politico calabrese un capitolo. Una ventina di pagine nelle quali i magistrati non vanno certo teneri e nelle quali, però, almeno ufficialmente, non gli viene contestato nulla. Gli inquirenti partono col prendere atto del fatto che nella struttura di Sarra, quando era consigliere regionale, aveva lavorato Giovanni Zumbo, ossia lo spione in odore di servizi pizzicato a raccontare ai boss Giuseppe Pelle e Giovanni Latella, le inchieste della Dda di Reggio e Milano, sulle loro cosche. A questo paragrafo i magistrati aggiungono un altro elemento. Scrivon infatti che «I rapporti tra Sarra e i Lampada, risalgono a diversi anni addietro. Lampada Mario, zio dei fratelli Giulio e Francesco Lampada, ha lavorato dal giugno del 2005 al 30 aprile del 2007 all’interno della segreteria di Alberto sarra, con l’incarico di supporto tecnico». Si legge nelle carte: «Per diverso tempo e fino all’intensificarsi delle indagini che lo dipingevano come politico vicino alla ‘ndrangheta, Sara costituirà uno dei principali punti di riferimento politi per i Lampada». Per gli investigatori, tra l’ex capogruppo regionale e i fratelli Lampada ci sono ottimi rapporti da diverso tempo. Nell’incartamento dell’inchiesta che, sia ben inteso non è a carico di alcuno dei politici regionali ad esclusione del consigliere Franco Morelli, ci sono tutta una serie di intercettazioni a carico degli imprenditori-mafiosi nelle quali Sarra viene citato e persino ascoltato in diretta in occasione di alcuni suoi viaggi milanesi. Le cimici, messe nell’auto, registrano diverse conversazioni, dalle quali si evincono le mire REGGIO CALABRIA - Una storia che farebbe emergere, in tutta la loro chiarezza, le capacità penetrative del tessuto sociale e investigativo del medico Vincenzo Giglio, cugino omonimo del magistrato tratto in arresto su richiesta della Dda di Milano. Una storia contenuta nell’ordinanza firmata dal Gip di Milano Giuseppe Gennari, un’ordinanza che svela un mondo di connivenze e collusioni e che ha portato in manette membri di spicco del clan Lampada-Valle con i soggetti istituzionali che ne avrebbero supportato le azioni, come il magistrato Enzo Giglio, il maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Mongelli e il consigliere regionale Franco Morelli. In una città in cui anche i magistrati stessi non conoscono i vertici dei servizi segreti, il medico chirurgo Enzo Giglio vorrebbe divenire interlocutore del capo centro dell’Aisi (L’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna), con tanto di appuntamento fissato. Il medico Vincenzo Giglio è il cugino omonimo del magistrato che avrebbe incontrato, in diverse occasioni, all’interno della propria abitazione, i membri della famiglia Lampada. Svestito il camice, Giglio, tratto in arresto nella stessa operazione ha condotto in carcere il cugino, sarebbe una vera e propria eminenza grigia. In prima persona, Giglio riuscirebbe a prendere contatti con il Colonnello Antonio Cristaudo, capo centro dell’Aisi (ex Sisde) a Reggio Calabria: Giglio incontrerebbe Cristaudo per avere ulteriori informazioni sulle possibili investigazioni che inquirenti e forze dell’ordine avrebbero messo in atto sul conto del gruppo Lampada. Una richiesta che, evidentemente, il medico metterebbe in atto proprio per aiutare il gruppo dei 10 Primo piano Venerdì 2 dicembre 2011 | L’asse Milano-Reggio di SAVERIO PUCCIO Alla “Zenas llc” erano stati trasferiti i terreni dei Gallico su suggerimento dell’avvocato Minasi L’INTERCETTAZIONE | Il legale batteva cassa POLISTENA - Prima ditutto i soldi. Senza quelli “non si canta messa” o, nel caso specifico, non si seguono le cause in corso con il dovuto impegno. Le pratiche aperte con la cosca Gallico erano impegnative el’avvocato VincenzoMinasi aveva bisogno di liquidi per curarle come dovuto. Il legale, così, davanti a Domenico Nasso (fidanzato con una ragazza dei Gallico), ricordava alla cosca la necessità di avere qualche pagamento. Di lì a poco sulla sua scrivania arriva un acconto di tremila euro, ma è interessante leggere lo stralcio dell’intercettazione riportata nel decreto di fermo. «Vincenzo Minasi: a parte che sapevo com’eri combinato e quindi l’ultima cosa che ti avrei chiesto ti avrei chiesto soldi in quel momento. Però… eh… ho dormito a Roma, ho viaggiato per andare a Roma. Però, vengo qua al processo e vengo a spese mie, fare colloquio oggicon Teresa sapete quant’è costato? Trecento euro di aereo, duecento euro di macchina affittata e sono già cinquecento euro… eh…; Domenico Nasso: no, se… se… se la vinciamo, avvocato, non vi preoccupate che litroviamo e ve lidiamo!; Vincenzo Minasi: ma non è questo il problema! Non fare questi ragionamenti perché non ne faccio cause… cioè io non è che guadagno…allora a mia moglie sai, non le posso dire quando torno a casa: <se vinco la causa mangiamo e ti compro da mangiare, se perdiamo la causa mi dispiace ma…». gio.ve. Domenico Nasso CATANZARO - Nel 2003 è stato uno dei protagonisti di una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni della società Biomasse spa, impegnata nella realizzazione di una centrale a Strongoli, spalleggiato da Salvatore Giglio, ritenuto a capo dell'omonima cosca della cittadina Crotonese. Otto anni dopo, con una sentenza di condanna a tre anni di carcere passata in giudicato, per Francesco Arcuri, 62 anni, imprenditore di Crotone, è arrivato il decreto di confisca di beni per un valore di circa 30 milioni di euro. Troppo evidenti, secondo la Corte d'Appello di Catanzaro che ha accolto la richiesta della Procura generale del capoluogo calabrese, le divergenze tra i redditi dichiarati e i beni accumulati negli anni. Ed ancora, troppo chiari i tentativi di scaricarsi dei beni dopo ogni passaggio cruciale del processo che era scaturito per l'arresto. Così, la Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha preso in esame la mole di documenti aziendali e personali di Arcuri, fino a chiudere il cerchio intorno alle due società che operano nello smaltimento di rifiuti all'interno del porto di Crotone. La confisca ha interessato, infatti, i compendi aziendali delle società “Arcuri Francesco impresa individuale” e “Recycling Srl”, entrambe con sede a Crotone e attive nella raccolta, imballaggio, compattazione, stoccaggio, trasporto dei rifiuti con destinazione al recupero e allo smaltimento; 4 terreni; 11 fabbricati; 6 autovetture; 41 mezzi industriali; 12 rapporti finanziari. Tutti beni affidati al custode giudiziario Nicola Giuseppe Bosco, nominato nel provvedimento dalla L’uomo fu condannato per estorsione mafiosa Teresa Gallico Le rassicurazioni di Minasi alla cosca «A Palmi i giudici sono più morbidi» cialmente lei!--//; Vincenzo Minasi: di GIOVANNI VERDUCI chi?--//; Gesuele Misale: che esca POLISTENA - Fare uscire dal carce- fuori lei almeno! Da qui ad un… un re Teresa Gallico era fondamentale anno, quand’è!--//; Vincenzo Minaper la cosca di Palmi. Per raggiun- si: Perché se usciva Teresa si potegere questo obiettivo i reggenti del- va…--//; Gesuele Misale: per malatla cosca erano disposti a tutto, an- tia…e lo so!--//». L’avvocato Minasi, però, lo stopche a sborsare un pacco di saldi. Naturalmente la strategia difen- pa: «tua moglie, tua moglie in questo preciso momento siva veniva studiata non può uscire. perché? con l’avvocato VincenPerché ci sono due Pubzo Minasi. Il legale palblici ministeri --//; Gemese, profondo conosuele Misale: Di Palma e scitore dei meccanismi Musarò…--//; Vincenzo giudiziari reggini, non Minasi: e il Gip non si lesinava consigli a Gemette contro questi suele Misale, il marito qua.--//; Gesuele Misale: di Teresa Gallico, menlo so.--//; Vincenzo Minatre le microspie piazzasi: non si mette, perché te dalla Squadra mobile non se la prende la renel suo ufficio registrasponsabilità…--//; Gevano tutto. suele Misale: e lo so, lo Per raggiungere so… (incomprensibil’obiettivo, secondo l’avle)... --//; Vincenzo Minavocato Minasi, era ne- Gesuele Misale si: è chiaro! Quando incessario aspettare l’inivece una Corte d’Assizio del dibattimento per se…». presentare un’istanza Riuscire a tirare fuodi scarcerazione per ri dal carcere Teresa motivi di salute. Il motiGallico, quindi,sarebbe vo? presto detto, per il stata una partita difficiprofessionista, infatti, i le, ma l’avvocato Minasi giudici “qui a Palmi sorassicurava i suoi interno più morbidi”. locutori inserendo nel La preoccupazione di discorso la necessità di Vincenzo Minasi era fare effettuare delle pequella di allontanare la rizie mediche alla donpratica il più possibile na e, soprattutto, spiedall’ufficio del giudice per le indagini preliminari che non gando al marito che di fronte al triandrebbe in scontro con i pubblici bunale collegiale di Palmi ci sarebministeri che sostenevano l’accusa bero potute essere più possibilità di vittoria. «Vincenzo Minasi: … e lo contro la cosca Gallico. La discussione dentro lo studio so,main questomomentosai…forlegale di Palmi entra subito nel me- sequi aPalmi inTri…in Corted’Asrito della vicenda e gli operatori del- sise si può… no, io vi dico che forse la sala ascolto hanno modo di regi- questo… qui a Palmi sono più morstrare una lunga conversazione. E’ bidi.--//; Gesuele Misale: sì?--//; Vinil marito di Teresa Gallico ad entra- cenzo Minasi: perché in dibattire subito nel merito della richiesta: mento già è diverso perché sono più «Gesuele Misale: … dobbiamo… morbidi, più… più tranquilli. Un dobbiamo vedere di farne uscire Giudice, capisci, non se la prende la qualcuna… qualcuna buona! Spe- responsabilità». Una malattia per fare uscire dal carcere Teresa Gallico Il ruolo di Alfonso Rinaldi Prestanome per schermare i beni mafiosi Alfonso Rinaldi POLISTENA - Un insospettabile usato per “schermare” i beni della cosca Gallico dagli accertamenti delle forze dell’ordine. Per gli investigatori sarebbe stato questo il compito assolto da Alfonso Rinaldi. Sarebbe stato lui, in qualità di procuratore speciale dei suoceri, a curare il contratto finalizzato alla cessione dei terreni (di fatto di proprietà della cosca Gallico) alla “Zenas LLC”: la società off shore costituita in America per sottrarre ad un eventuale sequestro i beni dei boss di Palmi. Scrivono i magistrati della Procura antimafia nel decreto di fermo: «Alfonso Rinaldi era assolutamente consapevole del fatto che il suocero fosse intestatario dei terreni in questione». Sul ruolo di Alfonso Rinaldi, poi, si sarebbe soffermata anche Teresa Gallico nel corso di uno dei tanti colloqui intercettati dagli investigatori presso la casa circondariale di Carinola. Fra l’altro Rinaldi si sarebbe impegnato a trasferire gli input della cosca al suocero ed a recuperare, per conto della cosca, i fondi pubblici erogati per gli uliveti. Un gruppo di lavoro per aggredire i patrimoni illeciti CATANZARO - Un gruppo di lavoro, coordinato dal sostituto procuratore generale Domenico Prestinenzi, per aggredire i patrimoni della 'ndrangheta. Un'azione coordinata che ha messo insieme le nove procure del distretto della Procura generale di Catanzaro, la Procura nazionale antimafia e le forze dell'ordine, in nome dello scambio di informazioni che possa permettere di coordinare le attività in campo. La strategia è stata evidenziata dal procuratore generale di Catanzaro, Santi Consolo, nel corso della conferenza stampa che si è svolta ieri per illustrare i risultati dell'operazione che hanno portato alla confisca dei beni dell'imprenditore crotonese Francesco Arcuri. «Tutta la magistratura requirente del distretto - ha detto Consolo - è impegnata per garantire alla società civile lo sviluppo sano del terPrestinenzi e Consolo ritorio, aggredendo i patrimoni illeciti che sono il cancro per la libera circolazione deibeni eperla liberainiziativa, scevra di comportamentiestorsivi neiconfronti di persone che vogliono lavorare bene». E per raggiungere l'obiettivo, tra magistratura e forze dell'ordine è stato sottoscritto un protocollo d'intesa che prevede una razionalizzazione e un coordinamento delle attività di verifica. Il procuratore generale Consolo ha ribadito che «le misure di prevenzione patrimoniale costituiscono la strategia di contrasto» alla criminalità organizzata. In questa direzione, mercoledì, si è tenuto anche un vertice tra la magistratura del distretto e le forze dell'ordine durante il quale «si è registrata armonia di intenti che si tradurrà nella circolazione delle comunicazioni, perchè - ha concluso Consolo con l'attività sinergica si possono realizzare risultati soddisfacenti». sa.pu. Attivato dalla Procura generale di Catanzaro Gli uomini della Dia davanti alla villa confiscata Corte d’Appello. Secondo la Corte d'Appello di Catanzaro, con il collegio presieduto da Palma Talerico (Donatella Garcea relatore e Alessandro Bravin consigliere), «appaiono privi di giustificazione non solo gli acquisti immobiliari, ma anche gli acquisti relativi ai beni mobili registrati e intestati direttamente ai coniugi Arcuri e alla ditta individuale Arcuri Francesco, nonché i beni strumentali formalmente intestati alla società “Recycling” e che ne costituiscono il compendio aziendale». Dalle indagini, dunque, è stato possibile appurare che sono «privi di giustificazione i rapporti bancari e postali intrattenuti da Arcuri o contestati alla moglie, nonché i conti correnti intestati alla “Recycling”». Tassello dopo tassello, gli uomini della Dia guidati dal colonnello Antonino Cannarella hanno potuto dimostrare, come evidenzia il provvedimento di confisca, «l'evidente sperequazione tra la rilevata capacità reddituale annuale di Arcuri Francesco e la spesa familiare annua ritenuta necessaria», così come è stata riscontrata «l'assenza di elementi giustificativi da cui desumere la liceità degli acquisti effettuati». Nel provvedimento di confisca sono finiti, dunque, anche la moglie di Arcuri, Paola Turtoro, e i figli della coppia, dal momento che le indagini condotte dalla Dia hanno interessato tutti i passaggi societari e gli spostamenti di denaro compresi tra il 1985 e il 2009. Ventiquattro anni per i quali sono stati passati al setaccio bilanci aziendali e documenti bancari, così come predisposto dal direttore della Dia, Alfonso D'Alfonso. I risvolti dell’attività sono stati illustrati ieri nel corso della conferenza stampa che si è svolta negli uffici della Procura generale di Catanzaro, alla presenza del procuratore generale Santi Consolo, del sostituto procuratore generale, Domenico Prestinenzi, del responsabile della Dia di Catanzaro, Antonio Cannarella. La confisca ai danni di Arcuri, secondo Consolo, «è il risultato felice di un'attività di indagine condotta con scrupolo dalla Dia, con la richiesta che ha trovato integrale accoglimento». Anche il sostituto Prestinenzi si è soffermato sull'importanza del risultato, sottolineando i passaggi giudiziari che hanno portato fino alla condanna passata in giudicato nel 2009 e i vari passaggi societari nel tentativo di difendere i beni da possibili provvedimenti di sequestro e confisca. Dal canto suo, Cannarella ha ricordato che «l'attività è una tappa del progetto avviati due anni fa e che mira a individuare in maniera radicale i patrimoni illeciti, al punto che in due anni abbiamo confiscato oltre 120 milioni di euro». La Capitaneria di porto rinnovò le concessioni Cambi di assetti societari subito dopo i guai giudiziari di ANTONIO ANASTASI CROTONE - La strategia della dismissione non è servita all'imprenditore Francesco Arcuri, di 62 anni, a evitare la confisca di un patrimonio aziendale di oltre 30 milioni. Per eludere la normativa antimafia, in presenza diuna condanna definitiva, si puntava, secondo l’accusa, al riordino degli assetti societari. Nel mirino della Procura generale, che aveva chiesto il sequestro preventivo, sono finiti Arcuri, la moglie Paola Turtoro e la ditta individuale Arcuri Francesco impegnata in attività di recupero e riciclaggio di rifiuti solidi urbani e industriali, lavori edili, stradali nonché il capitale sociale e il compendio aziendale della Recycling srl, attiva nel campo della raccolta, imballaggio, compattazione, stoccaggio, trasporto di rifiuti, progettazione di discariche, gestione di impianti portuali, costruzione e vendita di immobili. I cambi di società avvengono subito dopo i guai giudiziari. Siamo nel 2003. Nel febbraio scattano gli arresti nell'ambito dell'operazione Obra, che fa luce sul racket imposto dalla cosca Giglio di Strongoli alla centrale a biomasse. Arcuri verrà condannato in via definitiva a tre anni, per concorso in tentata estorsione aggrava- Francesco Arcuri ta del metodo mafioso al responsabile dei lavori per la realizzazione della centrale termoelettrica, soltanto nel settembre 2009 (la sentenza di primo grado, del luglio 2005, a sua volta fu confermata in Appello nel giugno 2008). Successivamente allo scadere della concessione del servizio di raccolta di rifiuti concesso dalla Capitaneria di porto, nel dicembre 2004, la Recycling chiede e ottiene il rinnovo dell'attività. La concessione è stata peraltro rinnovata dal 2005 al 2012. Arcuri cede l'intero ramo aziendale di autotrasporto di merci e trasporto di rifiuti speciali e numerosi mezzi di lavoro. Poco prima dellasentenza d'Appello,nell'aprile 2008, Arcuri trasferisce alla Recycling anche il ramo d'azienda avente ad oggetto lo stoccaggio, il recupero e lo smaltimento di rifiuti. «Ulteriori ele- menti - è detto nel provvedimento che scaturisce da accertamenti della Dia di Catanzaro - da cui desumere lariconducibilità dellaRecycling alladisponibilità del condannato si ricavano dal confronto dei dati concernenti il flusso reddituale e il volume di affari». Dagli esami incrociati è emerso che a fronte di un significativo decremento del fatturato della ditta Arcuri dopo la cessione, si registra, invece, un incremento di quello della Recycling. Da accertamenti bancari e presso l'Agenzia delle entrate sono venuti fuori elementi sospetti come «il prezzo irrisorio» della cessione dei rami d'azienda, la tempistica del trasferimento, la giovane età dei soci Pietro, Giovanni e Fabio Arcuri, poco più che trentenni, i redditi «appena sufficienti per vivere e del tutto inidonei a giustificare il presunto acquisto». In questo contesto l'imprenditore ha sostenuto l'impegno per la costruire“Palazzo Arcuri”, sei appartamenti e un magazzino su una superficie di 2000 metri quadrati. Stessa strategia sarebbe stata adottata anche da Massimiliano Arcuri, figlio di Francesco. La Divisione Anticrimine della Questura, in un'informativa del gennaio 2009, evidenziava che il 26 novembre 2008 Massimiliano Arcuri cessava dalla carica di amministratore unico che assumeva Giovanni Arcuri. Un cambio al vertice sempre in presenza di guai giudiziari: l'iscrizione nel registro degli indagati per il reato di tentata estorsione, dal quale Massimiliano Arcurifu prosciolto unanno fa.I fatti? Agosto 2008. Massimiliano Arcuri, secondo l'accusa, avrebbe avrebbe costretto la Compagnia Impresa lavori portuali ad abbandonare la commessa ricevuta dalla Rubino Gru per il disinstallaggio, lo sbarco e lo stoccaggio in banchina di paleeoliche peraffidarlaprimaalla dittaLogi.co e poi alla Recycling. Il settore portuale è cruciale per l'economia di una città di mare come Crotone. I tentacoli della 'ndrangheta si sono spesso allungati sull'infrastruttura e a ditte del comparto sono stati revocati appalti per possibili infiltrazioni mafiose. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro | | Confisca di trenta milioni ai danni dell’imprenditore di Crotone Beni alla società “off shore” Costituita nel 2007 aveva sede operativa a Wilmington AGGRESSIONE AI PATRIMONI Sigilli ai beni di Arcuri La strategia del clan per evitare i sequestri voluti dai magistrati razione, affermava in maniera inequivocabile che la di DOMENICO GALATÀ stessa era stata realizzata al preciso fine di eludere la PALMI - Il sistema é tra i più collaudati: far acquisire normativa in materia di misure di prevenzione patribeni ad una società off shore per evitare che possano moniali: asseriva il legale, al riguardo, che la necesfinire in mano allo Stato. I beni in questione sono dei sità di costituire la società negli U.S.A. era dovuta al terreni agricoli (circa sei ettari, finiti sotto sequestro) fatto che in Svizzera “per i reati di mafia” “non c’è situati nel territorio di Palmi, riconducibili alla cosca neanche il segreto bancario”, per cui l’Autorità Elvetica avrebbe dato alle autorità italiane Gallico, la società è la “Zenas llc”, costitui“tutto… a carte scoperte”. Di conseguenza ta nel novembre del 2007 a Wilmington “l’unica cosa é stata di fare la società Ame(nel Delaware, negli Stati Uniti d’Ameriricana e sapete perché? Perché qui possoca), con domicilio fiscale a Varese, e nata no arrivare, ma qui non arrivano. Perché dalla mente dell’avvocato Vincenzo Minanon arrivano? Perché qui non hanno il si, fermato su richiesta della Dda di Regcertificato…capito?”, per cui “arrivano algio Calabria nell’ambito dell’inchiesta la società, ma non al proprietario della socontro la ‘ndrangheta sull’asse Calabriacietà”. Milano. Di disarmante chiarezza risulta, inolSi tratta di un filone dell’attività investitre, il passaggio in cui l’Avvocato spiegava gativa dei magistrati reggini, in cui Minaai propri clienti ratio e modalità dell’opesi assume per gli inquirenti il ruolo di razione eseguita: “Allora perché abbiamo «consigliori della cosca, quello che ne gefatto tutto questo? Perché: primo, non stiva gli interessi anche dal punto di vista dobbiamo fare atti in Italia. Secondo, non immobiliare ed economico». Tutto iniziedobbiamo girare soldi. Terzo, se ci paga rebbe quando Teresa Gallico, sorella del Vincenzo Minasi estero su estero mettiamo i soldi dove voboss Domenico, riesce a scoprire, dopo opgliamo, senza dirlo a nessuno”. La gestioportune verifiche su un conto bancario ne della Zenas era stata affidata ad un nofatto da un amico che lavora presso un istitaio italo-svizzero, Daniele Borelli, con cui tuto di credito, che Giuseppe Surace, inteMinasi condivideva una studio legale a statario dei terreni in questione per conto Lugano. Il legale svizzero iniziava a didella ‘ndrina, intascava a sua insaputa i ventare troppo costoso ed ecco quindi fondi della comunità europea destinati al l’ipotesi di far assumere i terreni ad un settore olivicolo, la cosiddetta “integraziosoggetto che avrebbe dovuto fungere da ne”. nuovo prestanome. Un’operazione però Per “ovviare” al problema la Gallico ne tutt’altro che semplice: «a questo punto avrebbe parlato a Minasi che la soluzione Gallico Rocco e Gallico Teresa domandal’avrebbe avuta subito a portata di mano: vano al legale se, così facendo, avrebbero costituire una società pronta ad acquisire eliminato i costi relativi alla gestione della i terreni (a parlarne è la stessa donna nel società e il Minasi rispondeva affermaticorso di una conversazione intercettata vamente, precisando che, ovviamente, sanel carcere di Secondigliano con il fratello Domenico, il quale avrebbe dovuto dare il “placet” rebbe spettato a loro trovare una persona di fiducia diall’operazione). A riprova di tale disegno, oltre agli at- sposta a gestirla gratuitamente o a costi modesti». E ancora: «Poi, però, Rocco affermava che sarebbe ti con cui Surace e la moglie cedono i terreni alla Zenas, gli inquirenti citano l’intercettazione di una con- stato rischioso fare tale operazione per la sua famiglia versazione intercorsa tra lo stesso avvocato, Teresa giacché i suoi membri erano stati imputati e condanGallico e il fratello Rocco, in cui si parla anche nati “per reati di mafia”; il legale replicava che, in efdell’eventualità di cedere i terreni della società ad un fetti, sarebbero andati a finire nella bocca del lupo, in nuovo prestanome. «L’avvocato Minasi Vincenzo – quanto per tali reati non opera il segreto bancario e scrivono gli inquirenti citando alcuni passi del dialo- anche le Autorità elvetiche avrebbe consegnato la dogo - spiegando ai due fratelli i vari passaggi dell’ope- cumentazione e i soldi a quelle italiane». Primo piano 11 Venerdì 2 dicembre 2011 Venerdì 2 dicembre 2011 24 ore in Calabria Si tratta di due giovani e un adulto, tutti di San Calogero. Decisivo l’esame del Dna Limbadi Tre fermi per un omicidio Si barrica nel locale e minaccia di darsi fuoco Il delitto di Isabella Raso risolto dai carabinieri di Vibo e Tropea di GIANLUCA PRESTIA SAN CALOGERO - Un delitto efferato per la crudeltà con cui fu messo in atto; una rapina finita in tragedia che sconvolse un’intera comunità. Adesso, a distanza di poco più quattro mesi, la Procura e i carabinieri di Vibo e Tropea sono riusciti a far luce sull’omicidio della 50enne Isabella Raso notificando tre fermi nei confronti di due giovani ed un uomo, tutti compaesani della vittima: Domenico Grillo 21 anni, Luigi Zinnà, 25 anni e Francesco Todarello, 45 anni. Ad incastrare i tre, sia l’esame del dna eseguito su un campione di pelle rinvenuto tra le unghie della donna, il cui corpo fu trovato privo di vita nella sua abitazione la mattina del 17 luglio scorso, e confrontato con uno stratagemma con quello di Grillo, sia la confessione di quest’ultimo, torchiato nell’interrogatorio di ieri mattina, che ha indicato i due complici. L'attività investigativa coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di Vibo, Vittorio Gallucci e con- Da sinistra il 21enne Domenico Grillo, il 45enne Francesco Todarello e il 25enne Luigi Zinnà dotta dal maggiore Vittorio Carrara, dal capitano Francesco Di Pinto e dal marescialloNazzareno Scalzone, pur senza escludere alcuna pista, compresa quella che portava a soggetti extracomunitari o comunque di nazionalità straniera, già nell’immediatezza del fatto si era concentrata su un gruppetto di persone, tra le quali figurava proprio Grillo, solite frequenta- Tribunale di Catanzaro Esec. Imm. n. 28/91 R.G.E. G.E. Dr.ssa Song Damiani In loc. Piano Colle in agro di Cerva: A) Terreno con annesso stabilimento industriale in corso di realizzazione della sup. ha 4.29.80; B) Terreno sito in Cerva loc. Piano; loc. Colle Torchia con annesso magazzino di ca 200 mq e fabbricato di civile abitazione di ca 100 mq ed altro fabbricato di mq. 80 con capannone di mq 600. I suestesi immobili vengono posti in vendita in singoli lotti e precisamente: 1) Palazzina al rustico composta da p. terra e p. primo cui si accede con scala esterna in c.a., mq 263,12. Prezzo base Euro 3.515,75. 2) Edificio industriale n.1 e 2 destinato a caseificio, celle centrale termica ecc., mq 2.356,30. Prezzo base Euro 56.804,81. 3) Edificio industriale n. 3 destinato alle pecore lattifere, mq 991,90. Prezzo base Euro 23.899,64. 4) Edificio industriale n.4 destinato al parto, svezzamento, rimonta ingrasso ed arieti, mq 1972,90. Prezzo base Euro 47.523,60. 5) Edificio industriale n.5 destinato a fienile, mangimificio, silos a torre e ricovero macchine, mq 919,60. Prezzo base Euro 18.712,60. I lotti sopraindicati sono serviti da: a) Zona destinata a viabilità interna, piazzali e parcheggi auto mq 4.200 complessivi; b) Zona di verde mq 5.000 complessivi; c) Recinzione esterna ml. 690 complessivi. 6) Porzioni di terreno ricadenti nell’immobile pignorato: I castaneto da frutto, mq 2.390; II - bosco ceduo, mq 2.390; III - castaneto da frutto, mq 3.300. Prezzo base Euro 2.441,38. 7) P.lla 107-parte, mq 12.000. Prezzo base Euro 6.324,90. Offerte minime in aumento in caso di gara Euro 500,00 per ciascun lotto. Vendita senza incanto 11.01.2012 ore 10.00 presso il Tribunale di Catanzaro. Nella medesima data è fissata l’udienza ex art. 569 cpc in caso di mancanza di offerte d’acquisto. Termine presentazione offerte entro le ore 12.00 del giorno antecedente la vendita presso la Cancelleria del Tribunale di Catanzaro. Curatore Avv. Antonio Giglio con studio in via Fiume Mesina n. 30. Maggiori informazioni in Cancelleria, sito www.asteannunci.it. re, unitamente a personaggi con precedenti penali, un bar del paese. Gente che è stata attentamente monitorata nell'arco delle settimane successive. Appostamenti e accertamenti anche sui mancati alibi dei sospettati hanno fatto pervenire le prime conferme. Ma la prova regina si è avuta quanto i laboratori della Scientifica e del Ris di Messina hanno inchiodato Grillo sulla scena del crimine con l’esito positivo dell’esame dei Dna pervenuto nei giorni scorso. Poi, i consueti tempi tecnici e, infine, l’arresto del 21enne i cui particolari sono stati illustrati, unitamente all’attività investigativa, in una conferenza stampa alla presenza del Procuratore capo Mario Spagnuolo, del comandante provinciale dell’Arma Daniele Scardec- chia, di Carrara e Di Pinto. Fino a quel momento il fermato non aveva ancora reso noti i nomi dei due complici. Cosa che è avvenuta nel primo pomeriggio. E così è stato possibile anche chiudere il cerchio attorno a Zinnà e Todarello. Per tutti e tre l’accusa è di omicidio aggravato in concorso. Isabella Raso, tipo taciturno, schivo, viveva da sola e la notte del 16 luglio era stata sorpresa in casa dai rapinatori ai quali aveva tentato di opporre resistenza. Per questo era stata prima legata mani e piedi e, infine, soffocata con un panno. La scena del crimine aveva fornito molti elementi agli esperti della Sis dell’Arma, tra cui, come detto, anche il Dna di uno dei rapinatori che erano riusciti a portar via solo qualche centinaio di euro. Nel corso delle perquisizioni di ieri mattina i carabinieri hanno sequestrato in casa di Grillo una pistola a salve e cartucce di fucile, mentre in quella del padre (poi arrestato ma non collegato al delitto) una pistola calibro 6.35, munizioni e un coltello. Cosenza. Per gli abusi su un ragazzo disabile Condanne pesanti per il gruppo di “Orchi” di ANTONIO MORCAVALLO COSENZA - Dai cinque ai sette anni di carcere per il gruppo di “orchi” scoperto dai carabinieri dellastazione diCosenza Principale lo scorso mese di aprile e che aveva portato in cella tredici persone. L’accusa era di abusi sessuali di particolare efferatezza su un ragazzo con problemi psichici. Il giudice per le udienze preliminari Salvatore Carpino, chiamato a giudicare nove imputati con la formula del rito abbreviato è andato oltre le condanne a circa 25 anni di reclusione complessivi chiesti dal pm. Quattro anni erano stati sollecitati per Giuseppe Santoro, 55 anni, a cui il pm ha contestato la scarsa collaborazione e pure la particolare violenza di alcune pratiche sadomaso messe in atto nei confronti della vittima, la con- danna per lui è stata a cinque anni, un anno di libertà vigilata e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Tre anni erano stati chiesti per Massimo Lo Monaco, 39 anni, e Ferdinando Mele, 55, cui è contestata solo la violenza semplice e non di gruppo. Per entrambi la condanna è stata di cinque anni, un anno di libertà vigilata e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Così come per il 56enne Aldo De Rose per il quale Tridico aveva chiesto quattro anni. Il pubblico ministero aveva inoltre chiesto tre anni e 4 mesi di carcere per Pasquale Andali, 51, Giuseppe Pugliese, 49, Antonio Donvito, 35 Cosimo Pastorello, 46, Vincenzo Gagliano, 59. Donvito, Andali e Gagliano sono stati invece condannati a sei anni di reclusione e un anno di libertà vigilata. Pastorello è stato condannato acinque an- ni e quattro mesi, un anno di libertà vigilata e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La pena più alta a Giuseppe Pugliese, per lui sette anni di carcere e uno di libertà vigilata. Gli imputati sono stati inoltre condannati al risarcimento danni in favore della vittimacostituitasi partecivile.Le indagini erano partite dalla confessione degli abusi subiti fatta al luogotenente Cosimo Saponangelo. Abusi consumati su Viale Parco, nei bagni delle Calabro Lucane, nela casa abbandonata vicino all’Aci, nella palestra aperta della scuola di via Milelli, in certi casi anche su materassi abbandonati per la strada, delle attenzioni sessuali degli “Orchi”. Il ragazzo ha descritto ai carabinieri ogni singolo episodio e ogni singolo luogo. Ha detto, in sede di denuncia, come ha conosciuto i suoi “Orchi” e come questi alla fine lo abbiano convinto a intrattenersi con loro sessualmente. Sarebbe stato cioè costretto a rapporti anali, orali e sadomaso. Unabuso continuoa cuiha messo l’indagine dei carabinieri e le condanne. Il Presidente, il Consiglio Direttivo, il Direttore ed il personale di Confindustria Cosenza partecipano al dolore per la scomparsa del caro ETTORE LOIZZO collega stimato che ha ricoperto a lungo incarichi di prestigio e di responsabilità in seno al sistema confindustriale Cosenza, 1 dicembre 2011 di NICOLA COSTANZO LIMBADI - Quando ha visto l’ufficiale giudiziario, giunto per dare esecuzione ad un’ordinanza di sfratto, si è chiusa all’interno della sua pizzeria e, cospargendosi di benzina, si è attaccata ad una bombola del gas minacciando di farsi saltare in aria. Il fatto è successo nella piccola Badia di Limbadi, comune a ridosso della fascia costiera del Vibonese. Protagonista della drammatica protesta la titolare del locale, l’Arcobaleno, la signora Francesca Taverniti (46 anni) per la quale il provvedimento del Tribunale di Tropea «è ingiusto». La sua vicenda è raccontata dal suo legale di fiducia, l’avvocato Giacomo Saccomanno: «La signora Taverniti, unitamente alla propria famiglia gestisce, questo ristorante – pizzeria da oltre 25 anni. Con tale attività vivono dignitosamente tre nuclei familiari. La proprietaria dell’immobile, M.M., aveva intimato un ulteriore sfratto per presunta morosità, pur essendo a sua conoscenza che gli importi dei canoni venivano depositati presso la Banca di San Calogero. All’udienza del 22 marzo scorso, il procuratore della proprietaria dell’immobile ha dichiarato la persistenza della morosità, pur avendo la mia assistita ribadito il deposito bancario, indicando il numero dei libretti e gli importi versati. Su tale falso presupposto veniva chiesta la convalida dello sfratto». Solo quando, ben cinque ore dopo l’inizio della protesta, ha ricevuto assicurazione sulla sospensione del provvedimento la donna si è arresa consentendo l’intervento dei vigili del fuoco. La stessa è stata soccorsa dagli operatori del 118 che l’hanno portata all’ospedale di Vibo. Chiara ed Ernesto d’Ippolito piangono l’immatura scomparsa dell’Amico fraterno Ing. Ettore Loizzo e si stringono nel comune dolore a Virginia, Gianni, Fiorella, ed Ettore Jr, e alla famiglia tutta. Cosenza, 1 dicembre 2011 E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 14 Calabria 15 Pietro Spadafora, solo da 20 giorni, dopo altre minacce, era stato trasferito da Gioia Tauro Bomba a casa di un poliziotto Intimidazione con il tritolo al sostituto commissario di Taurianova di MICHELE ALBANESE GIOIA TAURO – Un boato cupo nella notte. Schegge impazzite, il portone che salta , vetri di auto e di finestre in frantumi. Poi il silenzio rotto solo dalle sirene della Polizia. Il messaggio della ‘ndrangheta al sostituto commissario Pietro Spadafora, da circa 20 giorni in servizio presso il Commissariato di Taurianova, è arrivato con una buona dose di tritolo, ieri notte in via Leonardo da Vinci a Gioia Tauro. E quando accadono cose del genere si ha quasi una sorta di certezza che non si mettono in atto quantomeno senza l’avallo di gente che conta. Non ci si avventura a compiere gesti del genere senza che chi comanda non ne sia quantomeno a conoscenza. Perché Gioia Tauro non è una città normale. No! Qui, da sempre, vigono regole precise e ferree all’interno dei gruppi criminali. Per questa ragione quanto accaduto viene ritenuto un fatto grave. L’ordigno, potente ha provocato danni ingenti, ha divelto il portone e gli infissi di alcune finestre e danneggiato le auto che si trovavano nelle vicinanze. E’ stato lo stesso poliziotto, prima in servizio al Commissariato di Gioia Tauro ad avvisare i colleghi che sono corsi subito presso la sua abitazione, vedendo direttamente lo squarcio terrificante che la bomba ha provocato, ma anche i volti tirati e carichi di paura dei residenti . Spadafora nei mesi scorsi era stato minacciato più volte. Qualche settimana fa alcune scritte ingiuriose ed intimidatorie erano comparse lungo la Statale che collega Rosarno a Gioia Tauro e prima ancora nei pressi del lungomare gioiese. Fatti questi che avevano provocato la decisione dei suoi superiori di trasferirlo per precauzione da Gioia Tauro a Taurianova. Di quanto avvenuto sono stati informati subito sia il Procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo che ha definito quanto accaduto come un «fatto gravissimo» che il Questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona che ieri mattina si è subito recato a Gioia Tauro ed ha presieduto una riunione alla quale hanno partecipato i dirigenti dei due commissariati della Piana i ViceQuestori Francesco Rattà e Andrea Ludovico. Il Questore ha imposto indagini serrate che vengono seguite passo passo dalla Procura di Palmi . Arruolatosi giovanissimo in Polizia Spadafora vanta un’esperienza pluridecennale e da quando è arrivato nella Piana ha partecipato a tutte le più delicate indagini condotte contro la criminalità organizzata del territorio non solo recenti: dall’operazione Tirreno che a metà degli anni 90 portò in carcere numerosi esponenti delle cosche della Piana, a quella sulla centrale Enel di Gioia Tauro e per ultime alle operazioni Cent’anni di Storia, ai fatti di Rosarno del gennaio del 2010, all’operazione All Inside di Rosarno. Un funzionario che conosce perfettamente il territorio e che ha contribuito senza alcun risparmio di tempo e di energia ad assestare colpi ingenti alle ‘ndrine nel triangolo Gioia Tauro, Rizziconi, Rosarno. Immediate le reazioni di solidarietà al poliziotto. Tanti i colleghi che si sono recati a casa e tante le telefonate che lo hanno raggiunto. «Piena ed incondizionata solidarietà» gli ha espresso il Sindaco Renato Bellofiore e l'Amministrazione Comunale di Gioia. «Un fatto gravissimo, scellerato, che condanniamo senza appello - lo ha definito Bellofiore - con riferimento al quale auspichiamo che venga al più presto fatta chiarezza». Per il sindaco: «sii tratta di un gesto che ha colpito al cuore tutte le istituzioni e la società ci- vile di Gioia Tauro». Vicinanza alal Polizia e a Spadafora è arrivata dal consigliere regionale dell’Italia dei Valori, Giuseppe Giordano, ma anche dalla Cgil di Gioia Tauro.«La straordinaria azione della magistratura, che ieri, ha portato all’arresto di figure “eccellenti” riuscendo a colpire, la scellerata commistione fra la pessima politica e gli interessi della criminalità organizzata, non è ,purtroppo, servita a dissuadere coloro - ha detto il segretario della Cgil di Gioia Tauro Calogero - che hanno attentato alla vita di un esponente delle forze di polizia da sempre impegnato contro il crimine». In Appello Abusò della figlia Condannato docente di TIZIANA ACETO L’abitazione del sostituto commissario con il portone divelto COSENZA – Abusò della figlia minorenne dal 2002 al 2005, nel processo di primo grado fu condannato a 8 anni e mezzo, ieri la pena è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria. Il docente Unical C. P., le sue iniziali, è stato ritenuto colpevole anche nel giudizio di secondo grado. Dinanzi ai giudici della Corte di Appello di Reggio Calabria (Pratticò presidente) la difesa ha insistito sull’innocenza del docente, chiedendo la sua assoluzione. Di diverso avviso il pg Riva, che ha appunto chiesto la conferma della sentenza di primo grado, che era stata emessa sempre a Reggio dal tribunale, prima sezione penale, presieduto dal giudice Grasso. Richiesta alla quale si è associata la parte civile, rappresentata dall’avvocato Gianluca Bilotta, del foro di Cosenza. I fatti contestati vanno dal 2002 al 2005. Gli abusi si sarebbero consumati tra Reggio Calabria e Rende, dove la giovane vittima (ora quindicenne) abita. Il tutto sarebbe avvenuto in assenza della moglie, dal quale P. C. era separato. La piccola sarebbe stata spogliata, baciata e accarezzata insistentemente. Attenzioni tutt’altro che paterne. L’interavicenda èvenuta agalla nel 2005, la stessa vittima ha raccontato gli abusi subiti alla madre. Lo ha fatto dopo aver visto in televisione papa Giovanni Paolo II parlare deibambini vittima degli abusi. Seguì, era il maggio del 2005, l’arresto del genitore. I carabinieri di Rende andarono a prendere P. C. direttamente in un’aula dell’Università della Calabria, dove stava tenendo una lezione. I militari, inborghese, siavvicinarono e, con discrezione, gli chiesero di seguirli.Il primofascicolofu aperto dalla procura di Cosenza, nella persona del pm Roberta Conforti (ora in servizio a Roma), che trasferì per competenza gli atti alla procura di Reggio Calabria, città dove si era verificato il primo degli abusi sessuali. Nel corso delle indagini si è svolto, come di prassi, l’incidente probatorio, con la piccola vittima che ha ripercorso tutti gli abusi, indicando come responsabile il genitore. Mentre gli avvocati difensori hanno fatto deporre diversi esperti di neuropsichiatria infantile, che hanno cercato di far valere la tesi che la bimba non era credibile. «Piena soddisfazione - ha dichiarato l’avvocato di parte civile Gianluca Bilotta - anche se nessuno potrà ripagare la giovane vittima di quello che ha subito. Questa però rappresenta una giusta pena per il reato commesso». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 24ore Venerdì 2 dicembre 2011 24 ore Venerdì 2 dicembre 2011 Si cerca di scongiurare il rischio di scarcerazioni. Mantovano al ministro: «Il giudice resti lo stesso» Lea, il processo riparte da zero Il nuovo presidente della Corte d’Assise di Milano fissa un calendario serrato di ANTONIO ANASTASI PETILIA POLICASTRO - Il processo sull'omicidio di Lea Garofalo, la testimone di giustizia di Petilia Policastro scomparsa nel nulla nel novembre 2009 e forse sciolta nell'acido, deve ripartire da zero. Lo ha deciso la prima Corte d'assise di Milano, presieduta da Anna Introini, il magistrato che ha sostituito Filippo Grisolia, diventato capo di gabinetto al ministero della Giustizia. E' stata accolta, dopo una breve camera di consiglio, la richiesta delle difese che si erano opposte al mantenimento delle prove raccolte finora nel corso del dibattimento, compresa la testimonianza della figlia di Lea, Denise, ma, come ha precisato l'avvocato Pietro Pitari, hanno comunque «prestato il consenso all'acquisizione di una serie di atti». Procura e parti civili hanno poi chiesto un serrato calendario di udienze che è stato concordato con le difese fino al prossimo marzo. In particolare, la testimonianza di Denise, la figlia che la testimone di giustizia uccisa ha avuto con Carlo Cosco, imputato dell'omicidio della donna, e che vive da tempo sotto tutela, era stata molto coraggiosa. La giovane è parte civile contro i sei imputati tra i quali, oltre al padre, anche il suo ex fidanzato. Il rischio che si tenta di scongiurare è quello della scarcerazione di imputati di un delitto efferato. Il prossimo luglio, infatti, scadono i termini di custodia cautelare e, se non dovesse intervenire la sentenza di primo grado entro quella data, i sei sotto accusa potrebbero tornare in libertà. Denise dovrà pertanto essere riascoltata durante una delle prossime udienze, così come gli altri testimoni che hanno già deposto, tra cui il pentito di Cutro Salvatore Cortese. Sulla vicenda hanno rivolto un appello al ministro della Giustizia, Paola Severino, affinchè il suo nuovo capo di gabinetto possa completare il processo in corso a Milano, Alfredo Mantovano e Guido Crosetto (Pdl). «E' nella prassi - sostengono i due deputati che in casi del genere vi siano effetti negativi sui giudizi in corso che segue chi è chiamato a svolgere il nuovo incarico. Ma è nella me- La testimone di giustizia Lea Garofalo desima prassi, raccomandata dal Csm e dall'Anm, che chi cambia funzione salva le pendenze più importanti, per evitare rischi (sussistenti nel caso specifico) di liberazione per decorrenza termini degli imputati, e comunque gravi disagi per i testimoni». In questa vicenda, proseguo- no, «ciò non è accaduto. Ben consapevoli della sensibilità della professoressa Severino, le rivolgiamo un appello, anche alla stregua della esperienza istituzionale da ciascuno di noi svolta fino a qualche giorno fa, perchè questi rischi e questi disagi, che potrebbero essere irreparabili, siano scongiurati; perchè, quindi, disponga che la completa assunzione del nuovo incarico da parte del dottor Grisolia gli permetta di completare almeno il processo in questione». E' appena il caso di ricordare che Mantovano, ex sottosegretario agli Interni, presiedeva la Commissione centrale che si occupava del programma di protezione da cui la Garfoalo era fuoriuscita quando fu attirata in una trappola. Undici giorni prima di scomparire nel nulla, alla 35enne fu revocato il programma. La richiesta di rinuncia alla tutela la Garofalo la fece il 9 aprile 2009, vale a dire meno di un mese prima di un tentativo di rapimento avvenuto a Campobasso e risalente, in particolare, al 5 maggio. Il programma di protezione era stato revocato dopo la sentenza del Tar del Lazio del 6 febbraio 2006 perché le dichiarazioni della Garofalo non avevano trovato riscontri. Ma il Consiglio di Stato, il 15 luglio 2008, dispose il reintegro nel programma di protezione al quale però successivamente la Garofalo rinunciò. L’INCHIESTA Patenti facili, revocati i domiciliari di De Salvo CATANZARO – Revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari per Gaetano De Salvo e revoca dell'obbligo di dimora per tre delle persone coinvolte nell'inchiesta della Procura di Lamezia Terme “Isola felice”. Sono stati i giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro a revocare alcune delle misure con le quali il 10 novembre scorso era stata fatta luce su una presunta associazione che avrebbe operato per il rilascio di «patenti facili». I giudici del riesame, quindi, hanno rimesso in libertà De Salvo (l'uomo è difeso dagli avvocati Gianni Russano e Francesco Pullano) e per il quale è stata disposta la sola interdizione temporanea, e precisamente per 2 mesi, dall’esercizio di un pubblico ufficio, non ravvisando a suo carico i gravi indizi di colpevolezza per l’associazione a delinquere. Revocata anche la misura dell'obbligo di dimora a carico di Andrea Cristini, Andrea Scalzo e Nicola Sola (difesi dagli avvocati Gregorio Viscomi). Dovrebbe conoscersi oggi, invece, la decisione sulle posizioni delle altre persone finite ai domiciliari: Vincenzo De Sensi, titolare di una scuola guida di Lamezia Terme, e Achille Amendola, suo collaboratore (difesi dall'avvocato Giuseppe Spinelli); Sebastiano Fruci, titolare di una scuola guida a Curinga (difeso da Massimo Carnovale); Luigi Zullo di Catanzaro (difeso dall'avvocato Piero Mancuso) e per Francesco Laudadio (difeso dall'avvocato Piero Chiodo) sottoposte all'obbligo di dimora. b.a. L’incidente probatorio davanti al gip di Catanzaro, Assunta Maiore, è slittato al 19 Bombe a Reggio, i dubbi dei periti Accertata la parziale compatibilità del motorino di Cortese, ma non della tuta di STEFANIA PAPALEO CATANZARO - Nessuna impronta sul bazooka. Nessuna traccia biologica riferibile con certezza ad Antonio Cortese. Adesso, neanche la possibilità di comparare la tuta, che gli era stata sequestrata, nell'immediatezza dei fatti, a casa, con quella, che indossava l'uomo, immortalato dalle telecamere inazione durante l'attentato ai magistrati reggini. Stando alle conclusioni tratte dal perito Michele Mininni e depositate ieri nell'aula dell'Ufficio gip-gup di Catanzaro, in occasione dell'incidente probatorio che, fissato per ieri mattina, è stato rinviato dal gip, Assunta Maiore, al prossimo 19 dicembre, pare, infatti, che l'unica compatibilità, peraltro parziale, già accertata è stata Il filmato del posizionamento delle bomba quella di alcune parti meccaniche del motorino in uso al presunto esecutore materiale dell'attentato dinamitardo ai danni della sede della Procura generale della Corte d'appello reggina, del 2 gennaio 2010, con quello ripreso dalle telecamere analizzate. In maniera approfondita, in ogni caso, se ne parlerà alla prossima udienza, ripercorrendo le fasi convulse di quell'attentato, che aveva visto due persone giungere davanti alla sede degli uffici a bordo di un motorino e lasciare un pacco che esplose poco dopo. Per mano di Antonio Corte- se, ritenuto l'armiere della Lo Giudice, e Vincenzo Puntorieri, conclusero il successivo 30 settembre 2010 il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e il sostituto, Salvatore Curcio, che spedirono i carabinieri di Reggio Calabria a notificargli un avviso di garanzia emesso nell'ambito dell'indagine “Epilogo”, sfociata ad aprile di quest'anno negli arresti dei presunti affiliati alla cosca Serraino in seguito alle dichiarazioni rese dal boss Antonino Lo Giudice, che, nell'autoaccusarsi di avere dato il via alla strategia del terrore in riva allo Stretto, per mandare dei messaggi ben precisi e forti ad ambienti istituzionali che avrebbero tradito il fratello Luciano, detenuto dall'ottobre 2009, tirò in ballo lo stesso Luciano, oltre a Cortese e Puntorieri, anche per gli attentati compiuti contro l'abitazionedel procuratore generale, Salvatore Di Ladro, e le intimidazioni al procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone. Il resto nelle carte dei magistrati del capoluogo, chiamati a portare al traguardo l'inchiesta, che vede impegnata nel collegio della difesa gli avvocati Aldo Casalinuovo, Giuseppe Nardo e Domenico Neto, e che ancora appare costellata da troppi punti interrogativi, come quello relativo alla voce dell'uomo che, da una cabina telefonica situata in via Cardinale Portanova, avrebbe avvertito gli investigatori del bazooka nei pressi del Cedir. Voce che potrebbe non essere stata identificata in quella di Cortese. Anche su questo, in ogni caso, saranno le perizie a fare chiarezza. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 16 Calabria 24 ore Venerdì 2 dicembre 2011 Il Pg chiede l’acquisizione della sentenza della Cassazione sull’associazione per delinquere Why not, comincia l’appello Per Loiero e Chiaravalloti contestato il reato di abuso di ufficio di PAOLO OROFINO Il pg Massimo Lia CATANZARO - Comincia il processo d'Appello per gli imputati dell'inchiesta Why Not, giudicati in primo grado con rito abbreviato, con sentenza emessa dal gup Abgail Mellace. Gli imputati su cui si dovrà pronunciare la Corte d'Appello di Catanzaro sono in tutto dodici. Su tutti l'indagato chiave del caso giudiziario, Antonio Saladino, assolto dall'accusa di associazione per delinquere e condannato per reati minori. Come primo atto del processo di secondo grado la procura generale, rappresentata dai pm Massimo Lia ed Eugenio Facciolla, ieri ha chiesto l'acquisizione della sentenza della Cassazione, relativa ad alcuni proscioglimenti dal reato associativo e non direttamente collegata a questo pro- cesso d'Appello, ma che sicuramente avrà un peso nella prosecuzione del dibattimento. I giudici, infatti, hanno accolto la richiesta della procura generale accogliendo nel fascicolo processuale le motivazioni della suddetta sentenza, con cui la Corte di Cassazione, ha annullato una parte sostanziale del verdetto pronunciato dal gup Mellace. Quella parte dedicata alla negazione dell'esistenza del reato associativo contestato agli imputati Nicola Adamo, Franco Morelli, Ennio Morrone, Dioniso Gallo, Giancarlo Franzè e Aldo Curto, prosciolti dal reato di associazione per delinquere al termine dell'udienza preliminare. I sostituti pg Lia e Facciolla non avendo condiviso tale decisone del gup, ritenendo sussistente l'associazione per delinquere, hanno presentato ricorso ai supremi giudici. Ricorso totalmente accolto dalla Cassazione, che ha demolito alla radice l'impianto con cui il gup aveva motivato la cancellazione del reato associativo, sostenendo che, invece, che vi siano gli estremi per contestarlo. Secondo la pubblica accusa gli effetti della sentenza della Cassazione vanno estesi anche a quei imputati che hanno scelto di essere processati con rito abbreviato e che sono assolti dal reato associativo con la stessa motivazione. Fra questi abbiamo Saladino e Giuseppe Lillo, che, come Franzè, hanno fatto parte del consorzio di società Brutium finito nell'indagine che nel 2006 fu avviata dall'allora pm di Catanzaro Luigi de Magistris. La procura generale ieri ha chiesto di riformulare la sentenza di assoluzione emessa nei confronti dei sue ex governatori calabresi Giuseppe Chiaravalloti e Agazio Loiero e quindi di affermare la loro penale re- sponsabilità in ordine all'ipotisi di abuso d'ufficio. Gli altri imputati del processo d'Appello, la cui posizione verrà trattata dai pm nella prossima udienza, che si terrà il 22 dicembre, sono Enza Bruno Bossio, Pietro Macrì, Gianfranco Luzzo, Nicola Durante, Giuseppe Fragomeni, Tomaso Loiero, Franco Nicola Cumino e Pasquale Anastasi . Si ricorda, che il processo abbreviato si era concluso il 2 marzo del 2010 con otto condanne e trentaquattro assoluzioni. Infine, va registrata la richiesta dell'avvocato Francesco Gambardella, legale di Saladino il quale proprio all'inizio dell'udienza, ha chiesto al collegio giudicante di acquisire presso la procura ordinaria informazioni circa l'attuale posizione della superteste di Why Not, Caterina Merante, bersagliata dal gup Mellace nelle motivazioni della sua sentenza. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 20 Calabria In entrambi i processi l’assoluzione di Franco Perna. Iniziate le discussioni dei legali Missing, si riapre l’istruttoria Accolta la richiesta dell’avvocato Santo. Acquisite le sentenze Chiappetta e Ciack di ANTONIO MORCAVALLO La voce non è la sua La protesta AL PROCESSO Missing viene riaperta l’istruttoria dibattimentale. Lo ha deciso la Corte di Appello di Catanzaro che ha accolto la richiesta avanzato dall’ avvocato Concetta Santo. Il legale che difende Franco Perna, nel procedimento sugli omicidi di mafia nel Cosentino tra la fine degli anni Settanta e Novanta, ha infatti avanzato la richiesta di acquisizione la sentenza relativa al processo sull’omicidio Chiappetta e quella dell’operazione antiestorsioni “Ciack”. La richiesta di Concetta Santo è stata accolta e la documentazione è stata acquisita. Si tratta di un passaggio importante, in quanto, dalle due sentenze Franco Perna era uscito assolto dall’accusa di essere stato il mandante del delitto e di una serie di estorsioni. Ieri intanto sono iniziate le discussioni dei primi legali dei 47 imputati. Si andrà avanti fino a gennaio, mentre la sentenza potrebbe arrivare a fine febbraio. In primo grado il processo si concluse il 17 maggio 2010 con quattro condanne all’ergastolo e altre 32 condanne comprese tra i 12 e i 29 anni di reclusione e 11 assoluzioni. Il sostituto procuratore generale Eugenio Facciolla nell’ultima seduta aveva presentato pesanti richieste di condanna, con conferme e aumenti di pena. Facciolla ha chiesto il non luogo a procedere nei confronti di Osvaldo Bonata e Michele Bruni per morte sopravvenuta. Chieste, invece, le conferme dell’ergastolo per Romeo Calvano, Gianfranco Usura assolto Zomparelli I lavoratori occupano la clinica IL TRIBUNALE di Cosenza in composizione collegiale (presidente Garofalo, a latere Ferrucci e Pingitore) ha assolto per non aver commesso il fatto Maurizio Zomparelli, difeso dall'avvocato CristianCristiano, dal reato dì usura che, secondo l'originaria ricostruzione della Procura, l'imputato aveva commesso, in concorso con altre due persone, ai danni di una donna, vicenda per la quale l'uomo è stato detenuto in carcere per quasi due mesi. Il Tribunale ha accolto integralmente le richieste dell'avvocato che ha sostenuto l'assoluta estraneità ai fatti dell'imputato in favore del quale erano venuti meno, già nel corso delle indagini, i gravi indizi di colpevolezza per come cristallizzato nell'ordinanza con lo quale lo stesso Tribunale nello scorso mese di dicembre aveva disposto l'immediata scarcerazione di Zomparelli. Quest'ultimo era stato arrestato a seguito di alcune intercettazioni telefoniche. Ieri, al termine di una lunga istruttoria durata quasi un anno, il Tribunale di Cosenza anche in ragione della perizia redatta dal professor Romito, perito nominato dal Gip in sede di incidente probatorio, che aveva affermato lo totale difformità tra la voce dell'imputato e lo voce della persona che aveva effettuato le suddette telefonate dal contenuto illecito, ha escluso ogni responsabilità a carico di Zomparelli. I LAVORATORI della Casa di Cura Madonna della Catena hanno occupato la clinica. Il presidio si svolgerà in maniera assolutamente civile e silenziosa dalle 19 alle 7 nelle palestre, che è il luogo più lontano dai piani di degenza, e sarà effettuato dai lavoratori che non prestano servizio in quelle ore, per garantire ai pazienti, come sempre, l'assistenza e la riabilitazione. «Dopo cinque mesi di amministrazione controllata - dicono i dipendenti -, a causa del disastro causato dalla precedente amministrazione, centottanta lavoratori sono arrivati ad avanzare sette mensilità. Eppure la cosa che di più affligge i lavoratori è il loro futuro, lo spettro di rimanere senza un lavoro, cosa che fino a qualche tempo fa era inimmaginabile considerando l'alto livello di qualità che la struttura forniva all'utenza della regione e non solo. Questa clinica deve continuare a vivere perché una regione come la nostra non può permettersi di far morire servizi sanitari fondamentali a gente che, sfortunatamente, si trova in condizioni di disabilità. Noi chiediamo alla regione di intervenire sulla questione affinché si arrivi ad una soluzione condivisa per il rilancio di Madonna della Catena. Il presidio andrà avanti fino a quando non avremo risposte». Il procuratore Eugenio Facciolla e Franco Perna Ruà, Pasquale Pranno e Franco Perna. Facciolla ha poi chiesto l’ergastolo per Giancarlo Anselmo (in primo grado condannato a 25 anni per gli omicidi del piccolo Pasqualino Perri e di Carmine Luce), Lorenzo Brescia (in primo grado condannato a 27 anni per tre omicidi), Santo Carelli, per Franco Muto (che in primo grado era stato assolto), Edgardo Greco (a 25 anni per il duplice omicidio Bartolomeo) e Giuseppe Ruffolo (era stato condannato a 29 anni per quattro omicidi). Le altre richieste avanzate dall’accusa sono per Domenico “Micuzzu” Cicero 30 anni; per Mario Baratta 30 anni di reclusione; per Gianfranco Bruni 30 anni; per Pasquale Bruni 30 anni; per Enzo Castiglia 30 anni; Finiscono alla Corte d’appello i due verdetti per Giulio Castiglia 30 anni, per Silvio Chiodo 30 anni; per Salvatore D’Andrea 30 anni; per Giuseppe Iirillo 30 anni, per Rinaldo Mannarino 30 anni; per Mario Musacco 30 anni, per Sergio Prezio 30 anni; per Fioravante Abbruzzese 30 anni, per Giovanni Abbruzzese 30 anni. Conferme di condanna per l’ex boss dagli occhi di ghiaccio Franco Pino (14 anni e 6 mesi). Conferme di pena anche per i collaboratori di giustizia: Aldo Acri 15 anni e mezzo, Umile Arturi 14 anni; Nicola Belmonte 12 anni e mezzo; Pierluigi Berardi 12 anni; Vincenzo Dedato 12 anni; Franco Garofalo 14 anni e mezzo; Dario Notargiacomo 12 anni; Giuliano Serpa 13 anni; Francesco Tedesco 13 anni e mezzo; Ferdinando, Francesco Saverio e Giuseppe Vitelli, 12 anni e mezzo, 19 e 18 anni e mezzo. Conferma della sentenza di primo grado e rinuncia all’Appello per Paolo Carbone, Giuseppe Cosentino, Roberto Nesci ed Ettore Lanzino tutti assolti in primo grado, e per Antonio De Rose (condannato in primo grado a 16 anni), Claudio Gabriele (16 anni), Vincenzo Bianchino (25 anni), Francesco Pirola (23 anni). Molto folto il collegio difensivo, formato tra gli altri dagli avvocati Luca Acciardi, Aldo Cribari, Concetta Santo, Marcello Manna, Nicola Rendace, Filippo Cinnante, Cesare Badolato, Paolo Pisani, Ninì Feraco, Piergiuseppe Cutrì, Rosario Maletta, Linda Boscaglia, Rossana Cribari, Massimo Picciotto, Ernesto Gallo. Pesanti le richieste di condanna di Facciolla Rappresentato dall’avvocato Gullo Ieri l’udienza preliminare Decesso a Urologia Ospedale citato responsabile civile Morì in corsia Moglie e figli parte civile DURANTE l’udienza preliminare per il decesso di un uomo nel reparto di Urologia c’è stata la costituzione del responsabile civile. L’Azienda ospedaliera di Cosenza è stata citata come responsabile civile e verrà rappresentata dall’avvocato Luigi Gullo. Il gup del tribunale di Cosenza, Enrico Di Dedda, aveva accolto la richiesta che era stata avanzata dagli avvocati di parte civile, Pierluca Bonofiglio e Massimiliano Lata, che rappresentano la figlia e il genero della vittima. Quest’ultima risponde al nome di Ugo Pagliaro,il decessorisale all’11 novembre del 2009. Le indagini eranostate aperte dal pm Tridico a seguito della denuncia presentata dai familiari in Questura poche ore dopo il decesso. Nel loro esposto ricordarono che Ugo Pagliaro era stato ricoverato al reparto di Urologia alle 7 dell’11 novembre del 2009 per un intervento programmato alla prostata. L’operazione iniziò alle 14 di due giorni dopo, ossia il 9 novembre, e terminò intorno alle 20. Le condizioni dopo breve tempo peggiorarono: «Alle 21.15 - dichiarò il genero in fase di denuncia ho notato che mio suocero aveva problemi respiratori. Nello stesso frangente ho notato che da uno dei drenaggi perdeva del sangue. Le sacche si riempivano velocemente e ho notato che pian piano perdeva conoscenza». Seguì la morte. Per questa vicenda la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei dottori Francesco Ventura, Gaetano Rende, Giuseppe Mele e Rosario Mazza, difesi dagli avvocati De Pascale, Bozzi, Feraco e Lucanto. L’udienza è stata rinviata per legittimo impedimento di uno degli avvocati difensori. Si tornerà in aula il 22 febbraio 2012. UDIENZA preliminare dinanzi al gup Enrico Di Dedda, del tribunale di Cosenza, a carico di due medici a loro tempo in servizio presso il reparto di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare dell’ospedale civile dell’Annunziata chiamati in causa per la morte di un paziente, Damiano Spadafora di Mendicino, risalente al 28 novembre del 2010. Ieri si sono costituiti parte civile la moglie e i tre figli di Spadafora rappresentati dagli avvocati Pierluca Bonofiglio, Brunella Bonofiglio e Massimiliano Lata, gli stessi hanno richiestola costituzione delresponsabile civile nell’Azienda ospedaliera di Cosenza. Per i due sanitari, Francesco Intrieri e Salvatore Tarsitano, rispettivamente difesi dagli avvocati Cataldo Intrieri e Salvatore Scarpelli, il pm Paola Izzo, della Procura di Cosenza, aveva sollecitato, a seguito della chiusura delle indagini preliminari, il rinvio a giudizio. Furono i familiari di Spadafora, tramite gli avvocati Pierluca Bonofiglio e Massimiliano Lata, del foro di Cosenza, a presentare la relativa denuncia all'autorità giudiziaria, che aprì un fascicolo. Spadafora era stato ricoverato il 23 novembre dello scorso anno in quanto lamentava forti dolori alla gamba destra. Fu per questo sottoposto ad un intervento tramite una sonda che, inserita nel braccio sinistro, fu fatta giungere alla gamba in questione per rimuovere due occlusioni, una all'aorta e l'altra al polpaccio. Qualcosa andò però storto e Spadafora perse la vita.Il pazienteera compagnodistanza diGiulio Filice, 57 anni di Scigliano, che aveva perso la vita tre giorni prima. Anche su questo caso è stata aperta un'inchiesta. L’udienza è stata aggiornata al 14 marzo 2012. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Cosenza 27 Venerdì 2 dicembre 2011 33 REDAZIONE: Piazza Serravalle, 9 - 88100 Catanzaro - Tel. 0961.792164 - E-mail: [email protected] Free Village. Si torna in aula il prossimo 19 gennaio per le ultime arringhe e la sentenza del gup Chiesti 19 anni per Mongiardo La requisitoria del pm, Vincenzo Capomolla, per l’estorsione al villaggio di BRUNETTO APICELLA IL SOSTITUTO procuratore della Dda, Vincenzo Capomolla, nel processo Free Village, non fa sconti e nella sua requisitoria davanti al gup, Antonio Rizzuti, chiede condanne pesanti per i presunti autori delle estorsioni perpetrate, nel corso degli anni, nel residence turistico di Sant'Andrea sullo Jonio. Estorsioni aggravate dalla modalità mafiose è l'accusa principale rivolta agli indagati del procedimento che sfociò nel blitz del settembre del 2010 degli uomini della Squadra Mobile. Le richieste del pm. È stato il pm della Dda, Vincenzo Capomolla, a ricostruire nel corso della sua requisitoria, il meccanismo che avrebbe operato nel corso degli anni all'interno della struttura turistica. Un meccanismo nel quale, il pm, ha inquadrato le singole posizioni degli indagati e che nello stesso tempo lo hanno portato a chiedere al gup di condannare i presunti autori delle estorsione. Il pm ha chiesto, per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato, rispettivamente la condanna a 19 anni di reclusione per Mario Mongiardo; a 14 anni di reclusione per Francesco Corapi;a 5anni mesi 1e giorni10 per Bruno Ranieri (accusato di tentata estorsione); a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per Cosmina Samà; a 8 annidi reclusioneperFrancescoRanieri; a4anni per Luigi Barbieri. L'udienza, dopo alcune arringhe della difesa, proseguirà il prossimo 19 gennaio, quando, sa- rà discussa anche la posizione di Rosa Criniti per la quale sarà avanzata la richiesta dell'accusa. Nello stesso tempo, non è da escludere la possibilità che le altre persone coinvolte nella vicenda tra cui anche, Daniela Lacusta, Elena Mongiardo, Danilo Varano e Roberto Cosentino, decidano di formalizzare richiesta di abbreviato. In caso contrario si proseguirà con la normale udienza preliminare. (Nel collegio difensivo anche gli avvocati: Francesco Gambardella, Giuseppe Costarella , Francesco Catanzaro, Salvatore Staiano, Natale Ferraiolo, Armodio Migali). Le accuse. Gli investigatori, avvalendosi di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, assieme ad alcune dichiarazioni dei responsabili dell' Iperclub, hanno portato alla luce il presunto sistema estorsivo articolato su più fronti e fondato su un sistema di pressioni ambientali che avrebbe portato i dirigenti delle società "Iperclub" e "Fram Group" ad eseguire le richieste del duo Mongiardo - Corapi, accettandone passivamente ogni azione: assunzioni di personale "fortemente consigliate", forniture di prodotti senza che ve ne fosse l'effettiva necessità e gravi intimidazioni nei confronti di coloro che avrebbero tentato di verificare la legittimità di quelle operazioni. Nella seconda fase dell'inchiesta, invece, gli inquirenti avrebbero evidenziato come Mongiaro, avrebbe pressato i vertici di Iperclub per accaparrarsi, per il 2011, le attività economiche della stessa struttura turistica. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Soverato Venerdì 2 dicembre 2011 35 Venerdì 2 dicembre 2011 Ufficio di corrispondenza: via Virgillo, 3 - 88046 Lamezia Terme - Tel. e Fax 0968/201015 E-mail: [email protected] Claudio Cavaliere replica a Sel: «Reazione scomposta e offensiva. Si guardi la Multiservizi» Speranza disponibile con il Pd Il sindaco auspica un confronto con il Partito Democratico sempre più critico di PASQUALINO RETTURA «SONO disponibile con il Pd per un ragionamento di qualità». Così il sindaco Speranza sulla richiesta del partito democratico (come anticipato dal “Quotidiano”) di azzeramento della Giunta e dei dirigenti comunali per un deciso cambio di rotta dell’amministrazione comunale. Più dura era invece è stata la presa di posizione di Sel, il partito del sindaco, che ieri non le ha mandate a dire al Pd. Non è infatti piaciuta a Sel la dura analisti del Partito democratico che ormai chiede una svolta radicale. Una marcia in più all’amministrazione comunale, soprattutto dopo le dimissioni dell’assessore alla Cultura, Tano Grasso. E sono diverse le questioni sulle quali il Pd intender battere i pugni. In particolare sulla gestione della Lamezia Multiservizi, così come sui dirigenti comunali per i quali il Pd chiede l’azzeramento, alla luce anche dei motivi per i quali Grasso si è dimesso, evidenziando infatti l’inefficienza della macchina comunale. Insomma lo scontro è vicino e più di qualcuno comincia a fare la conta dei consiglieri. Su tutti probabilmente il Terzo Polo che, se compatto, avrebbe la maggioranza in Consiglio e teoricamente potrebbe anche far parte di una eventuale nuova squadra di governo nel caso in cui il Pd dovesse decidere per l’appoggio esterno al sindaco. Fantasie? Si vedrà. E sulla presa di posizione di Sel, Claudio Cavaliere, ex vicesindaco, tra i partecipanti all'assemblea voluta dal commissario cittadino Puccio, evidenziando che «l'incontro mi è parso approfondito, partecipato, competente nell'analisi, e variegato nei contenuti, come siusa in un partitoche discute e si interroga sulla città», giudico «scomposta e offensiva per i tanti in- tervenuti la reazione di Sel». E quanto alla vicenda della Multiservizi non c’è chi non veda nell'attuale e ormai antica conduzione un problema anche di opportunità» Per Cavaliere, «è ormai consuetudine che quando il presidente si esprime nonsi capisce se parli nelle vesti di rappresentante di Sel o di presidente di una società che, è bene ricordare, è patrimonio dell'intera città e non di una forza politica. Personalmente - rimarca - non ho mai nascosto la mia profonda insoddisfazione per tale gestione che considero inefficiente e con tratti fortemente clientelari, cosa che ho ribadito allo stesso commissario nell'incontro». E che il tema delle lottizzazioni delle società pubbliche certo travalica i confini della nostra città. Ciò che appare insopportabile è la dualità di comportamenti e giudizi che si offrono quando le pratiche lottizzatorie appartengono ad altri schieramenti mentre si possono considerare normali quando si praticano». LA PROPOSTA Intitolare una strada in ricordo di Adele Bruno Il Terzo polo resta alla finestra Entrerà in Giunta? Il presidente della Lamezia Multiservizi, Fernando Miletta Fiume Gaccia, ascoltato il consulente della Procura L'INGEGNERE Nigro davanti al gip Barbara Borelli e ai difensori degli indagati dell’inchiesta sui rifiuti al fiume Gaccia di Pianopoli, ha relazionato ieri sulla perizia eseguita relativamente ai rifiuti scoperti negli argini del fiume Gaccia. L'udienza di ieri pomeriggio sull'incidente probatorio chiesto dal pm Domenico Galletta è stata poi rinviata al 12 gennaio quando gli avvocati rivolgeranno delle domande allo stesso consu- lente tecnico e quando saranno sentiti anche i consulenti di parte. Ma su quanto ha stabilito il consulente della Procura si prevede battaglia, tant'è che lo stesso Comune di Pianopoli ha denunciato l'ingegnere Nigro il quale avrebbe causato rimozioni di rifiuti (utilizzando una ruspa) che avrebbero causato ulteriori inquinamenti. Come si ricorda, a luglio del 2010 per questa vicenda l'inchie- sta della Procura della Repubblica sfociò in 11 avvisi di garanzia. Per un un tratto di oltre 4 chilometri del fiume Gaccia, furono scoperti stratificazioni di spazzatura e rifiuti ferrosi e speciali, tra i quali anche eternit. Oltre ai “veleni” agli argini del fiume Gaccia, la Procura ha voluto vederci chiaro sui lavori di sistemazione e tutela del fiume Gaccia appaltati dal Comune di Pianopoli. p.re. Proseguiranno il prossimo 7 dicembre le arringhe dei legali degli imputati Rainbow 2, parlano i difensori HANNO discusso ancora gli avvocati della difesa degli imputati che hanno scelto il rito abbreviato al processo Rainbow 2. Ieri davanti al gup Gloria Gori le arringhe difensive degli avvocati Aldo Ferraro, Michele Amatruda, Pino Spinelli, Eugenio Carnovale e Rita Cellini, difensore del collaboratore di giustizia Angelo Torcasio che nella precedente udienza è stato ascoltato in videoconferenza dichiarando la sua estraneità alle accuse. Tutti gli avvocati difensori hanno articolato le loro arringhe chiedendo alla fine l’assoluzione piena per i propri assistiti. Il prossimo 7 dicembre sarà la volta degli altri avvocati prima di eventuali repliche del pm e quindi, forse, della sentenza. Sono in tutto 18 gli imputati in questo secondo troncone dell'inchiesta Rainbow 2, relativamente alla parte che riguarda gli imputati che saranno giudicati dal gup con il rito abbreviato (per altri 45 imputati il dibattimento davanti al tribunale collegiale è stato fissato per il 22 dicembre prossimo). Il pm Luigi Maffia ha già richiesto oltre 40 anni di carcere complessivi: un anno e 9 mesi per l'imprenditore Roberto Molina- GIRO DI CRONACA Ruba la corrente e viene denunciato Il tribunale di Lamezia ro, difeso dall'avvocato Francesco Gambardella, accusato solo di rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio e calunnia. Per le accuse di concorso in usura, il pm ha invocato 2 anni e 4 mesi per Angelo Torcasio, detto “porchetta”, 6 anni per Peppino Buffone (difeso da Francesco Gambardella e Tiziana D’Agosto), 8 anni per Vincenzo Lo Scavo, 4 anni per Antonio Lo Scavo, un anno e 4 mesi per Maria Sesto e stessa richiesta per Carmela Lo Scavo. Mentre per altre accuse (emissione di fatture per operazioni inesistenti e, per episodi distinti fra loro, di riciclaggio, ricettazione, favoreggiamento) il pm ha chiesto 2 anni nei confronti di Giovanni Aloisio, 9 mesi per Giuseppe Cugnetto Di Cello, Domenico De Marco e Pascucci Natalina, 2 anni e 6 mesi per Eugenio Piccoli ed Elia Procopio, 2 anni per Pietrantonio Sgrò, 9 mesi per Maurizio Vescio, 2 anni e 6 mesi per Angela De Sensi, Domenico Col acino e Bartolomeo Graziano, un anno per Emanuel Muraca e l'assoluzione per Silvana Renne, funzionaria del tribunale di Catanzaro accusata solo di aver rivelato a Francesco Muraca di essere intercettato. SI era allacciato abusivamente alla rete elettrica. Ma, una volta scoperto, è stato denunciato per furto aggravato. Si tratta del proprietario di un alloggio di via Marconi, S.P. di 62 anni, di origini campane. L’abusivo è stato scoperto nell'ambito di una mitata attività di Polizia Giudiziaria diretta dalla Procura della Repubblica lametina e coordinata dal dirigente della polizia municipale. Salvatore Zucco. E’ stata infatti la polizia locale di Lamezia a individuare l’allaccio abusivo alla rete elettrica in un manufatto ubicato in una traversa di via Marconi. L'artificio, emerso a seguito di una perquisizione locale, è stato notato dagli agenti durante l'attività di polizia giudiziaria. Gli stessi, si sono avvalsi, per gli accertamenti tecnici finalizzati a certificare l'attività abusiva, dei tecnici dell'Enel intervenuti sul luogo. Per la particolare ingegnosità della manomissione è stato necessario anche l'intervento della sezione lavori del Comune. UNA strada da intitolare ad Adele Bruno, la giovane lametina uccisa dal suo fidanzato il 30 ottobre scorso. La richiesta arriva dal consigliere comunale del Pdl, Armando Chirumbolo, secondo il quale «ho ritenuto opportuno, quale atto dovuto di civiltà ad espressione di una forte condanna, presentare una interrogazione ed una mozione consiliare, dopo essermi, anche confrontato con il parroco della famiglia Bruno, don Pietro Folino Gallo, con la quale chiedo che venga intesta una strada ad Adelina Bruno, affinché, oltre a ricordare la figura di una giovane perbene, quello che è accaduto a lei, che potrebbe essere la figlia, la sorella o l'amica di ogni lametino, funga da monito per le future generazioni, affinché la donna acquisisca, sempre più, maggiore consapevolezza dei propri diritti e soprattutto, non sia mai più soggetta a tali inconcepibili violenze». «Ho apprezzato molto ha aggiunto Chirumoblo la compostezza ed il riserbo con cui i componenti della famiglia di Adele hanno affrontato questa immane tragedia, che è piombata addosso a tutti loro come un enorme macigno, senza che nulla potessero fare per evitarla». In considerazione di ciò, «rispetto tantissimo questo momento di grave turbamento emotivo - rimarcato il consigliere comunale del Pdl - che stanno vivendo le persone più vicine alla ragazza, e ritengo, comunque, che tale vicenda non possa passare in sordina ed essere dimenticata dalla comunità, in quanto , senza alcun dubbio, essa rappresenta l'aspetto più degradante in cui versa la condizione della donna, soggetta purtroppo, ancora oggi, ad atti di violenza diretti alla sua sottomissione». Proprio qualche giorno fa, ed esattamente il 25 Novembre, ricorda Chirumbolo, «si è celebrata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ed è scandaloso accorgersi, ancora oggi, come molte donne sono sottoposte quotidianamente a forme di violenza inaccettabili, delle quali loro stesse non si rendono conto». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Lamezia 38 Venerdì 2 dicembre 2011 REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected] La Capitaneria rinnovò le autorizzazioni fino al 2012. Elusa la normativa antimafia Sigilli a un patrimonio da 30 mln Confiscate due aziende all’imprenditore Arcuri condannato per ’ndrangheta di ANTONIO ANASTASI CROTONE - I beni rimanevano sempre nella disponibilità di un condannato per mafia. Ma la strategia della dismissione (ce ne occupiamo anche in altra parte del giornale, ndr) non è servita all'imprenditore Francesco Arcuri, di 62 anni, a evitare la confisca di un patrimonio aziendale di oltre 30 milioni. Ovvero due aziende, quattro terreni, undici fabbricati, sei autovetture, 41 mezzi industriali, dodici rapporti finanziari. Ma quella strategia fatta di artifizi volti a eludere la normativa antimafia, in presenza di una condanna definitiva, e che puntava al riordino degli assetti societari, è stata messa a nudo dagli 007 della Dia di Catanzaro. Nel mirino della Procura generale, che aveva chiesto il sequestro preventivo, sono finiti, dunque, l’indagato chiave, la moglie Paola Turtoro e la ditta individuale Arcuri Francesco impegnata in attività di recupero e riciclaggio di rifiuti solidi urbani e industriali, lavori edili, stradali nonché il capitale sociale e il compendio aziendale della Recycling srl, attiva nel campo della raccolta, imballaggio, compattazione, stoccaggio, trasporto di rifiuti, progettazione di discariche, gestione di impianti portuali, costruzione e vendita di immobili. Ma andiamo con ordine. I cambi di società avvengono subito dopo i guai giudiziari. Siamo nel 2003. Nel febbraio scattano gli arresti nell'ambito dell'operazione Obra, che fa luce sul racket imposto dalla cosca Giglio di Strongoli alla centrale a biomasse. Arcuri viene condannato in via definitiva a treanni di reclusione, per concorso in tentata estorsione aggravata del metodo mafioso al responsabile dei lavori per la realizzazione della Nelle immagini alcuni dei beni confiscati dagli agenti della Dia di Catanzaro centrale termoelettrica, Francesco Cardamone, soltanto nel settembre 2009 (la sentenza di primo grado, del luglio 2005, a sua volta fu confermata in Appello nel giugno 2008). Successivamente allo scaderedella concessione del servizio di raccolta di rifiuti concesso dalla Capitaneria di porto, nel dicembre 2004, la Recycling chiede e ottiene il rinnovo dell'attività. La concessione è stata peraltro rinnovata dalla Capitaneria per gli anni dal 2005 al 2012. Arcuri cede l'intero ramo aziendale di autotrasporto di merci e trasporto di rifiuti speciali e numerosi mezzi di lavoro. Poco prima della sentenza d'Appello, nell'aprile 2008, Arcuri trasferisce alla Recycling anche il ramo d'azienda avente adoggettolo stoccaggio,ilre- cupero e lo smaltimento di rifiuti. «Ulteriori elementi - è detto nel provvedimento che scaturisce da accertamenti della Dia di Catanzaro - da cui desumere la riconducibilità della Recycling alla disponibilità del condannato si ricavano dal confronto dei dati concernenti il flusso reddituale e il volume di affari». Dagli esami incrociati è emersoche afrontedi unsignificativo decremento del fatturato della ditta Arcuri dopo la cessione, si registra, invece, un incremento diquello dellaRecycling. Da accertamenti bancari e presso l'Agenzia delle entrate sono venuti fuori elementi sospetti come «il prezzo irrisorio» della cessione dei rami d'azienda, la tempistica del trasferimento, la giovane età dei soci Pietro, Giovanni e Fabio Arcuri, poco più che trentenni, i redditi «appena sufficienti per vivere e del tutto inidonei a giustificare il presunto acquisto». Il resto l'hanno fatto la sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità del condannato e l'assenza di elementi giustificativi circa gli incrementi patrimoniali. In questo contesto l'imprenditore ha sostenuto l'impegno per la fabbricazione di “Palazzo Arcuri”, sei appartamenti e un magazzino edificati su una superficie di Guai giudiziari e riassetti societari 2000 metri quadrati. La strategia della dismissione sarebbe stata adottata anche da Massimiliano Arcuri, figlio di Francesco. La Divisione Anticrimine della Questura, in un'informativa del gennaio 2009, evidenziava che il 26 novembre 2008 Massimiliano Arcuri cessava dalla carica di amministratore unico che assumeva, invece, il fratello Giovanni . Anche in questo casoil cambioal verticesarebbe avvenuto in seguito allo spuntare di guai giudiziari. Ovvero l'iscrizione nel registro degli indagati per il reato di tentata estorsione, dal quale Massimiliano Arcuri fu peraltro prosciolto un anno fa. I fatti? Nell'agosto 2008, Massimiliano Arcuri, secondo l'accusa, avrebbe avrebbe costretto la Compagnia Impre- sa lavori portuali ad abbandonare la commessa ricevuta dalla Rubino Gru per il disinstallaggio, lo sbarco e lo stoccaggio in banchina di pale eoliche per affidarla prima alla ditta Logi.co e poi alla Recycling. Un affare importante, quello dal quale sarebbe stata esclusa la ditta i cui rappresentanti figuravano come parti offese nel procedimento penale. Il settore portuale è uno di quelli cruciali per l'economia di una città di mare come Crotone. I tentacoli della 'ndrangheta si sono spesso allungati sull'infrastruttura e adittedel compartosonostati revocati appalti per possibili infiltrazioni mafiose. Nel capo d'imputazione a carico di Arcuri non si faceva, però, riferimento ad aggravanti mafiose. IL PROFILO Il padre coinvolto nel racket alla centrale Il figlio prosciolto dall’accusa di tentata estorsione a una ditta del comparto marittimo LE vicende giudiziarie della famiglia Arcuri hanno pesato sulla confisca di un patrimonio aziendale da oltre 30 milioni. A cominciare da una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso per cui Francesco Arcuri, 62 anni, di Crotone, destinatario del provvedimento emesso dalla Corte d'Appello di Catanzaro, fu condannatoin via definitiva atre anni di reclusione nel settembre 2009. La Cassazione confermava la sentenza di primo grado del luglio 2005 e quella d’Appello del giugno 2008. Il contesto era quello del racket imposto dal clan Giglio alle ditte impegnate nella realizzazione della centrale a biomasse di Strongoli. In particolare, Arcuri fu condannato per aver agito in concorso col boss Salvatore Giglio nell'imporre a Francesco Cardamone, responsabile dei lavori per la centrale termoelettrica di Biomasse Italia, l'affidamento dell'opera alla ditta Leotta. Nel novembre 2010 si sgonfiò, invece, al vaglio del gup del Tribunale di Crotone, l'inchiesta sullo stoccaggio di pale eoliche e il figlio di Francesco, il 36enne Massimiliano Arcuri, fu prosciolto perché il fatto non sussiste. «Voi siete arrivati bussando con le mani e con i piedi, queste cose non si fanno, io de- vo riferire a qualcuno che già ha detto che non gradisce la questione». E ancora: «Bisogna stare attenti perché i mezzi possono subire qualcosa e le persone anche». Queste le frasi incriminate da cui scaturì un'imputazione di tentata estorsione. I fatti? Siamo nell'agosto 2008. Arcuri, secondo l'accusa, avrebbe pronunciato le frasi di cui sopra in presenza di Massimo Melfa, responsabile della Rubino Gru. Inoltre, in occasione di una riunione tenutasi nei suoi uffici, mostrando la pagina di un giornale in cui erano riportate le foto di 42 persone arrestate nell'ambito dell'operazione Herakles, avrebbe riferito che tra quelle vi era anche un suo parente. Così, sempre secondo l'accusa, l'imputato avrebbe costretto la Compagnia Impresa lavoriportualiad abbandonarelacommessa ricevuta dalla Rubino Gru per il disinstallaggio, lo sbarco e lo stoccaggio in banchina di pale eoliche per affidarla prima alla ditta Logi.co e poi alla Recycling. In quest'ultima società, secondo quanto riferito dagli investigatori, avrebbe un ruolo lo stesso Arcuri. Un affare importante, quello dal quale sarebbe stata esclusa la ditta i cui rappresentanti figuravano come parti offese nel procedimen- to penale. Il settore portuale è uno di quelli cruciali per l'economia di una città di mare come Crotone. I tentacoli della 'ndrangheta si sono spesso allungati sull'infrastruttura e a ditte del comparto sono stati revocati appalti per possibili infiltrazioni mafiose. Nel capo d'imputazione a carico di Arcuri non si faceva però riferimento ad aggravanti mafiose. Ma il nome di Massimiliano Arcuri compare anche come vittima di un processo per concussione per la quale, nel febbraio 2009, furono inflitti tre anni e quattro mesi a Carlo Turino, ex presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale, contestualmente assolto dall'accusa di estorsione. I fatti contestati risalgono all'aprile 2006, quando Turino fu arrestato. I carabinieri lo filmarono mentre, secondo l'accusa, intascava una tangente da 1000 euro da parte di un imprenditore, Massimiliano Arcuri, di 36 anni. Il cinquantasettenne ex consigliere comunale di An, peraltro tra i protagonisti della stagione dei fuochi del '93, era accusato di aver chiesto e ottenuto, indebitamente, nella sua qualità di presidente del Csi, in un primo momento, nel dicembre 2005, la somma di 1500 euro, tramite un assegno bancario versato dallo Francesco Arcuri stesso imprenditore. La seconda tranche della tangente sarebbe stata appunto quella filmata il 25 aprile 2006, lungo la strada statale 106, davanti alla Pertusola, presso l'area in disuso di un distributore di carburante. Mille euro, in due banconote da 500, consegnati dall'imprenditore a Turino, che avrebbe chiesto 0,50 euro per ogni tonnellata di materiali da smaltire presso il depuratore del Csi, somma pari alla metà dello sconto sulla tariffa ordinaria di smaltimento delle acque reflue. a. a. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone Venerdì 2 dicembre 2011 In carcere Domenico Grillo. Dalla sua confessione individuati i complici: Luigi Zinnà e Francesco Todarello Uccisero Isabella Raso, tre fermi IL FILM Due giovani e un uomo, tutti di San Calogero. Decisivo l’esame del Dna La conferenza stampa Le armi sequestrate Il luogo del delitto LA conferenza stampa relativa al primo fermo, quello di Domenico Grillo. I dettagli sono stati illustrati dal procuratore Spagnuolo, dal colonnello Scardecchia, dal maggiore Carrara e dal capitano Di Pinto NEL corso delle perquisizioni nell’abitazione di Grillo e del padre Salvatore sono stati rinvenuti una pistola cal 6,35 con 30 cartucce, una pistola a salve e relative munizioni, atre cartucce di fucile e un coltello L’ABITAZIONE di Isabella Raso il cui corpo è stato rinvenuto privo di vita la mattina del 17 luglio scorso. La donna trovata legata con un panno in bocca che ne aveva decretato la morte per soffocamento di GIANLUCA PRESTIA UN delitto che aveva fortemente turbato il paese del Vibonese. Lei, Isabella Raso, 50enne del luogo era stata rinvenuta priva di vita nella sua abitazione legata con una stoffa ricavata da un copridivano che le avvolgeva mani e piedi. Aveva ancora in bocca il panno per mezzo del quale era stata soffocata. Una rapina finita in tragedia sulla quale i carabinieri avevano avviato le indagini. Quattro mesi di attività investigativa che ieri mattina ha portato il primo, importante risultato con l'arresto di un giovane compaesano della vittima accusato del suo omicidio. Il sole deve ancora sorgere quando i militari dell'Arma della locale Stazione e della Compagnia di Tropea irrompono nell'abitazione del 21enne Domenico Grillo, un giovane con alcuni precedenti di polizia. Devono notificargli il provvedimento di fermo di indiziato di delitto a firma del sostituto procuratore della Repubblica di Vibo, Vittorio Gallucci. È lui, secondo i segugi dell'Arma e magistratura, il responsabile della morte della 50enne nubile sancalogerese. Ma ha agito da solo? Gli inquirenti si sono trincerati nel più stretto riserbo poiché le indagini sono in corso ma in serata è stata diffusa la notizia del fermo di due presunti complici: il 45enne Francesco Todarello e il 25enne Luigi Zinnà. Entrambi compaesani di Grillo. I loro nomi sono stati pronunciati proprio da quest'ultimo torchiato dal pm Gallucci nel corso dell'interrogatorio nel corso del quale sono state ricostruite tutte le fasi di quanto avvenne la notte tra il 15 e il 16 luglio scorso. Sul gruppo di persone si era focalizzata l'attenzione della Benemerita che è riuscita a risalire all'identità del 21enne facendo affidamento a due fattori fondamentali: il Dna rinvenuto tra le unghie della Raso, che aveva cercato, strenuamente ma vanamente, di opporre resistenza, confrontato con quello del ragazzo, e la perfetta conoscenza dell'ambiente criminale del paese. Un mix di aspetti che, unito alla professionalità degli uomini del comandante Di Pinto, ha prodotto i risultati illustrati ieri mattina in conferenza stampa. L'indagine. L'attività investigativa coordinata dal maggiore Vittorio Carrara, pur senza escludere alcuna pista, compresa quella che portava a soggetti extracomunitari o comunque di nazionalità straniera, già dalle prime ore del delitto si è concentrata su un gruppetto di persone, tra le quali figurava proprio Grillo, solite a frequentare un bar del paese. Attività che, secondo quanto riferito dagli inquirenti, era anche meta di Il padre di Grillo arrestato per armi Non è coinvolto nel delitto Domenico Grillo Francesco Todarello Luigi Zinnà Salvatore Grillo (armi) gente con precedenti penali. Tutta gente che, quindi, è stata attentamente monitorata nell'arco delle settimane successive. E con il passare dei giorni, e le prime confermeda partedei laboratoridella Scientifica e del Ris di Messina si è iniziato a restringere il cerchio attorno a Grillo. Per avere la certezze che lui si trovasse nell'abitazione della vittima mancava soltanto il riscontro del Dna. E questo è arrivato pochi giorni fa. Poi i consueti tempi tecnici che hanno portato al suo arresto. Incastrato dal Dna.È stata la prova regina. Quella che ha sgomberato ogni dubbio nella mente di procura e carabinieri: Con gli esiti dell'esame del Dna l'attività inquirente verso i reali autori del gesto ha avuto il suo culmine. L'azione di repertamento svilup- pata parallelamente sulla scena del crimine dai Carabinieri della Sezione investigazioni scientifiche del comando provinciale di Vibo Valentia con il supporto del medico legale, Katiuscia Bisogni, ha messo i militari del Reparto investigazioni scientifiche di Messina in condizione di estrapolare, da un prelievo ungueale della vittima, un profilo genetico maschile. Gli esiti delle analisi biologiche hanno incontrovertibilmente dimostrato che la sostanza biologica rinvenuta nella parte sottostante l'unghia della Raso appartiene ad uno degli autori dell'efferato delitto, graffiato dalla vittima nell'estremo tentativo di difesa. Quindi, il confronto del profilo di Domenico Grillo, rilevato con uno stratagemma,con quello rimasto tra le unghie della 50enne ha dato la certezza della presenza del giovane al momento del delitto. La perquisizione. Nel corso del blitz di ieri mattina, gli uomini della Benemerita hanno anche eseguito alcuni controlli nell'abitazione del giovane e in quella dei nonni rinvenendo una pistola a salve, priva di tappo rosso e relative munizioni, unitamente ad altre 80 cartucce di fucile calibro 12 e 16. Aspetto, questo, che costerà all'interessato anche ildeferimento all'autorità giudiziaria per detenzione di cartucce. La confessione. Nel corso dell'interrogatorio di Grillo, sotto le pressanti domande del pm Gallucci ,del capitano Di Pinto e del maggiore Carrara, è venuta fuori la confessione dell'autore dell'omicidio, il quale ha fatto i nomi di due complici che avrebbero preso parte alla rapina e all'omicidio: Francesco Todarello, 45 anni, e Luigi Zinnà, 25 anni. Entrambi sono stati fermati nel primo pomeriggio dai militari della stazione di stazione di San Calogero agli ordini del maresciallo Nazzareno Scalzone ed, associati, unitamente al 21enne, presso l'istituto penitenziario di Vibo Valentia in attesa dell'interrogatorio del gip. L'arresto del padre. Perquisizioni anche nell'abitazione del genitore del fermato, Salvatore Grillo, sita a San Vito sullo Ionio (Cz) al termine della quale i carabinieri hanno rinvenuto una pistola calibro 6,35, 30 cartucce ed un coltello. Motivi per i quali l'uomo, che gestisce un allevamento di trote nella zona, è stato dichiarato in arresto. La scena del crimine, rimasta intatta, ha fornito elementi decisivi per il buon esito dell’indagine Il procuratore Spagnuolo: «È stato un delitto odioso» La vittima Isabella Raso ANALISI tecniche unite alla conoscenza del contesto criminale del luogo e alla professionalità dei carabinieri. È questo il cocktail di elementi che ha consentito di individuare i presunti responsabili del delitto della 50enne Isabella Raso Un omicidio «odioso» l'ha definito il procuratore capo della Repubblica di Vibo, Mario Spagnuolo all'incontro con i giornalisti giunto al culmine di una serie di rapine a danno di anziani del luogo. Un aspetto, questo, che aveva fatto drizzare le antenne degli uomini della Benemerita che nel momento in cui si era verificato il tragico fatto di sangue, avevano, pur non tralasciando altre piste che con il passare del tempo sono state accantonate, focalizzato la loro attenzione su un gruppetto ristretto di persone. Molto utile alle indagini è risultata l'analisi della scena del crimine da dove si poteva presumere che gli autori della rapina, introdotto- si nottetempo nell'abitazione dalla porta secondaria, avessero immobilizzato ed imbavagliato la vittima dirigendosi verso un armadio in camera da letto dove avevano iniziato a rovistare tra gli effetti personali della donna. I militari della Sis, allora guidata dal maresciallo Natalino Barbagallo, avevano trovato, infatti, un'ingente somma di denaro e titoli di credito. Probabilmente gli autori dell'omicidio erano stati disturbati dalla vittima che a sorpresa era riuscita a liberarsi, costringendoli ad ucciderla non senza avere portato via parte del denaro e alcuni preziosi per un valore, comunque, irrisorio. «È stato un lavoro impegnativo di scrematura e raccolta dei dati su una scena del crimine che è rimasta preservata e che quindi “ha parlato” - ha aggiunto il magistrato L’operato puntuale dei carabinieri ha, dunque, fatto il resto. Con questi fermi pensiamo, dunque, di aver aperto una breccia sul feno- meno delle rapine, che si sono verificate nel territorio di San Calogero». Il colonnello Daniele Scardecchia, comandante provinciale dell'Arma, si è complimentato con i suoi uomini e ha rivolto un pensiero alla vittima «che avrebbe meritato di finire i propri giorni serenamente», mentre i particolari dell'attività investigativa sono stati ampiamente e dettagliatamente illustrati dal maggiore Vittorio Carrara e dal Capitano Francesco Di Pinto che hanno condotto le indagini evidenziando come quella del Dna sia stata la prova regina che ha consentito di incastrare il giovane Domenico Grillo e, dalla sua testimonianza, individuare i suoi presunti complici. gl. p. Durante la rapina rubati pochi euro Analoghi episodi in paese Lo spunto dato da altre rapine PRECEDENTEMENTE all'evento delittuoso del 16 luglio scorso, nel piccolo paese della provincia vibonese si erano verificate altre rapine nei confronti di anziani nonché danneggiamenti. Un mese addietro, la rapina a due pensionati derubati dei loro averi, poi i colpi di arma da fuoco contro la serranda di un parrucchiere, quindi una bomba fatta esplodere di fronte all'abitazione di un commerciante. Ancora prima l'omicidio, davanti una tabaccheria, di Vincenzo Barbieri, considerato esponente di spicco del narcotraffico internazionale. Una situazione di allarme che aveva spinto gli investigatori ad accelerare i tempi e a chiudere il cerchio nei confronti dei tre fermati che avrebbero potuto reiterare le azioni criminose. gl. p. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 26 Vibo Mileto. Nei prossimi tre mesi saranno vagliati altri atti. Il sindaco Varone: «Siamo tranquilli» Antimafia, prorogati i termini Gli uomini della prefettura avranno altri 90 giorni per le loro indagini di FRANCESCO RIDOLFI Vincenzo Varone MILETO – Altri tre mesi, novanta giorni prima di esprimersi. La commissione di accesso agli atti per l’accertamento di eventuali infiltrazioni o condizionamenti nell’attività amministrativa del Comune da parte della criminalità organizzata e, in particolare, mafiosa ha deciso di approfondire maggiormente la propria analisi delle carte comunali chiedendo e ottenendo dal prefetto di Vibo Valentia, Luisa Latella, una proroga del mandato di altri tre mesi al termine dei quali si esprimerà sulla gestione del Comune oggi guidato dal sindaco Vincenzo Varone. La commissione, formata dal viceprefetto Filippo Romano e dai capitani Stefano Di Paolo per i carabinieri e Luca Bonatesta per la Guardia di Fi- nanza, a cui si affiancano, in qualità di consulenti, Luigi Pontuale, dirigente dei servizi economico-finanziari della prefettura, e dal vicequestore Onofrio Marcello, si era insediata il 31 agosto scorso con il compito di studiare le carte e indagare gli atti compiuti dall’amministrazione comunale dalla data del suo insediamento (25 giugno 2009) alla data del 25 agosto 2011. Nel corso dei tre mesi trascorsi dal loro primo insediamento gli uomini inviati a Mileto dal prefetto Latella hanno acquisito documentazione e ascoltato anche alcuni amministratori ma, evidentemente, quanto fatto fino al 30 novembre non è stato sufficiente a chiarire le idee ai commissari e, dunque, si è reso necessario rinviare la propria relazione di altri novanta giorni durante i quali presumibilmente saranno ulteriormente ascoltati gli amministratori comunali e saranno acquisiti nuovi documenti oltre a quelli già recuperati anche se appare credibile l’ipotesi secondo cui questa seconda fase sarà dedicata più che altro a collegare le varie deduzioni fatte dai commissari al fine di tracciare un disegno quanto più verosimile della situazione che possa permettere un giudizio scevro da possibili dubbi. Nel frattempo, il primo cittadino, Vincenzo Varone, ha ribadito con forza la sua piena e incondizionata fiducia nell’operato degli uomini della commissione di accesso agli atti e nei funzionari della Stato, con evidente riferimento al prefetto Latella, nella convinzione che «in questi anni l’intera amministrazione comunale ha operato nel rispetto della normativa vigente e nella piena autodeterminazione, abbiamo lavorato e stiamo continuando a lavorare e governare la città in modo trasparente e sono certo che i commissari stanno effettuando i riscontri loro necessari per operare nel modo più esauriente possibile». A questo punto non resta che aspettare. I novanta giorni richiesti con la proroga scadranno il 28 febbraio del prossimo anno. Nei giorni successivi la commissione di accesso agli atti depositerà la propria relazione in prefettura e il rappresentante del governo sul territorio deciderà se chiedere o meno al Governo, per il tramite del ministero dell’interno, lo scioglimento del Consiglio comunale. In primavera, dunque, il destino dell’amministrazione Varone sarà più chiaro. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Vibo 33 Provincia Venerdì 2 dicembre 2011 Provincia Venerdì 2 dicembre 2011 Serra. Cresce la preoccupazione per i tanti episodi criminosi verificatisi nella cittadina montana Il Consiglio contro la criminalità La proposta di Lo Iacono: «Sul Municipio la targa “Qui la ’ndrangheta non entra”» PIZZO di BRUNO VELLONE SERRA SAN BRUNO – Consiglio comunale fiume che si è caratterizzato soprattutto per le polemiche finali tra l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono, consigliere di minoranza del gruppo “La Serra”, e il consigliere regionale Nazzareno Salerno che fa parte della maggioranza Pdl che sostiene il primo cittadino Bruno Rosi. Lo Iacono infatti, ha rimproverato «il mutismo» degli assessori che quasi mai prendono la parola. Dal canto suo Salerno li ha giustificati dicendo che si tratta della loro prima esperienza nell’assise comunale. Il civico consesso si era aperto con un dibattito circa i recenti episodi di microcriminalità che si sono susseguiti nella cittadina della Certosa. A tal proposito Rosi ha sostenuto come «questi sono episodi che devono far riflettere e mi riferisco all’intimidazione a Sergio Gambino, al danneggiamento all’autovettura di una insegnante della scuola media e a quelli della palestra. Episodi che non devono passare inosservati, la microcriminalità deve essere bloccata sul nascere». Il sindaco ha quindi chiesto alle forze dell’ordine di fare «piena luce su ogni singolo episodio». Il capogruppo Pd Rosanna Federico, consigliere di minoranza, ha manifestato «piena solidarietà alle vittime di questi episodi» sostenendo come il problema della legalità deve essere distinto dal vandalismo causato dal fatto che «i giovani di questo paese non hanno punti di aggregazione». Con il proprio intervento Salerno ha sottolineato come «nessun episodio va sottovalutato e bisogna salvaguardare la comunità da balordi, microcriminalità e criminalità organizzata» chiedendo inoltre che «il verbale di questa seduta venga trasmesso al Prefetto di Vibo Valentia». Lo Iacono ha caratterizzato il suo intervento per la proposta di affiggere la targa “Qui la ‘ndrangheta non entra” alla porta del municipio serrese, «così – ha detto – vogliamo essere protagonisti di una nuova etica anche a livello regionale, questa è una delle nostre proposte per incentivare la legalità». Secondo il consigliere di minoranza Mirko Tassone di “Al lavoro per il cambiamento” «Serra non è più l’isola felice di qualche anno fa e i recenti episodi non sono altro che la punta di un iceberg. Due anni fa – ha ricordato – è stato ucciso un ragazzo (Pasquale Andreacchi ndr) e ancora non è dato sapere quanto sia successo» La ricetta sarebbe «accanto all’intervento repressivo delle forze dell’ordine anche un maggiore intervento di natura sociale. Certo – ha sostenuto lanciando una provocazione – mi sarei aspettato che in questa sede avremmo parlato anche dei problemi dell’ospedale e di quelli inerenti all’acqua». Per quanto riguarda il problema della raccolta dei rifiuti, il primo cittadino serrese, ha annunciato che a breve saranno introdotti i sacchetti con il codice a barre in maniera tale che ciascuno paghi effettivamente quanto dovuto, intanto proseguono le polemiche per le batoste della tassa sui rifiuti che non convince. Passate infine le ratifiche delle delibere di G.C. n.57 del 3/10/2011. e n.71 del 11/11/201. Alla Tonnara prosegue la rassegna cinematografica PIZZO - Prosegue la Rassegna Cinematografica organizzata dall'Associazione Culturale Circolo del Cinema “Lanterna Magica”, presieduta da Antonietta Villella. Domenica , alle ore 18:30, nei locali del Museo della Tonnara , verrà proiettato il cortometraggio dal titolo “In attesa dell'avvento” di Felice D'Agostino e Arturo Lavorato. Il film in oggetto è risultato vincitore della Sezione “Orizzonti” dell'ultimo Festival di Venezia. Al termine dellaproiezione,nelrispetto diunconsolidatocopione che rientra nelle finalità associative e che permette agli intervenuti di poter gustare meglio il momento culturale, seguirà un incontro-dibattito in sala con i registi, ai quali i presenti potranno formulare domande per soddisfare tutte quelle curiosità scaturite dalla visione dell'opera. g. c. Il palazzo municipale Lo sport Calcio a 5 Il Serra fanalino di coda SERRA SAN BRUNO – Una stagione nata sotto una cattiva stella, quella del Serra, battuto dal Fabrizio e relegato all’ultimo posto in graduatoria. La sconfitta, la quinta in nove gare, rappresenta molto di più di un semplice campanello d’allarme, anche perché giunge dopo la battuta d’arresto con il Calabria Ora. Due sconfitte casalinghe in appena sette giorni non possono non destare preoccupazione, tanto più che la classifica, allo stato, è quanto mai impietosa. Cinque punti in nove turni, rappresentano un bottino assai magro che, con ogni probabilità, va molto al di là della più pessimistica delle previsioni. Certo, ad inizio stagione, nessuno si nascondeva le difficoltà della C1, tuttavia, anche in ragione dell’euforia che aveva accompagnato la seconda promozione consecutiva, in molti immaginavano che, spinta dalle ali dell’entusiasmo, la compagine serrese sarebbe stata capace di colmare il divario tecnico. Al contrario, l’iniziale euforia sta cedendo il campo ad pessimismo che, alla lunga, potrebbe rivelarsi il peggiore degli avversari. I ragazzi del presidente Claudio Pisani devono ritrovare l’entusiasmo e l’armonia dei giorni migliori per non veder sfumare, in una manciata di gare, i sacrifici compiuti in questi anni insieme alla dirigenza. Diversamente, lo spettro della retrocessione, che aleggia fin d’ora, potrebbe concretizzarsi con implacabile puntualità. In tal senso, la classifica parla chiaro, all’ultimo posto, in compagnia dei bianco blu, allo stato c’è solo il Città Fiore, mentre un gradino sopra, con una lunghezza di vantaggio, il Citrarum. Terzultima posizione, invece, per il Lokron che, vincendo a Cetraro, si è portato a quota nove, ad un solo punto da Città di Rende e Cataforio. Per quanto riguarda i piani alti, tutto è rimasto invariato, con il trio di testa, composto da Odissea Rossano, Calabria Ora e Atletico Catanzaro, che continua a non perdere un colpo. Attardato di quattro lunghezze, a quota diciassette, segue il Kroton che sente il fiato sul collo di Fabrizio e Catanzarese S. Gallo staccate di un solo punto. Posizione più defilata, invece, per Amantea e Città di Paola attestate, con dodici punti, nella partedella classificain cuiancora è tutto possibile. Una classifica, quindi, che sembra aver delineato con chiarezza le gerarchie. Gerarchie che per il Serra evidenziano una strada tutta in salita, a partire dalla prossima di campionato in casa di un Cataforio. m. t. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 34 Vibo Poste Italiane SpA - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1, comma 1, DR/CBPA-SUD/CS/56/2006 valida dal 06/04/2006 direttore piero sansonetti anno VI numero 332 venerdì 2 dicembre 2011 € 1,00 MILANO Morte Lea Garofalo processo annullato > pagina 13 Anziana soffocata Trepersonefermate VIBO VALENTIA Davanti alle prove schiaccianti, e alle domande pressanti, ha ceduto. Ha confessato. Ha fatto il nome dei suoi presunti complici. Ha ammesso di essersi introdotto nella casa di Isabella Raso insieme ad altre due persone, il 14 luglio scorso. Per fare una rapina. quotidiano d’informazione regionale > pagina 11 BOCCASSINI SHOCK «L’antimafia in Calabria serve solo a far carriera» DI PIERO SANSONETTI La sua vita è cambiata radicalmente quella mattina del 15 luglio 1997. La mattina in cui Gianni Versace, suo compagno di vita, fu ucciso. Nel giorno del suo “compleanno” Antonio D’Amico ricorda lo stilista reggino: «E’ un dolore che mi accompagnerà per il resto della mia esistenza». > pagina 41 > pagina 13 > segue a pagina 10 DI DAVIDE VARÌ La ministra Fornero: «Sì al reddito minimo» > pagina 2 > pagine 6, 7, 8, 9 e 10 REGGIO CALABRIA > pagina 15 In piazza contro i tagli dei treni REGGIO CALABRIA Inizia oggi il “dicembre caldo” della mobilità regionale, che guarda con estrema preoccupazione al taglio dei 21 treni a media e lunga percorrenza da e per la Calabria operata dal gruppo Fs dal 12 dicembre. Giovani e legalità il binomio è ok Una prima selezione avverrà on-line. Basta inviare 3 foto di cui una in primo piano, nome e cognome della protagonista (maggiorenne) all’indirizzo [email protected] Tra le dodici bellezze scelte, verrà poi nominata la miss Calabria Ora che darà il volto alla copertina del calendario. Se sei studentessa, casalinga o professionista poco importa. 2012 Ti aspettiamo. ING T RIO CAALSENDA C quotidiano d’informazione regionale LA SENTENZA Basta multe ai clienti delle lucciole > pagina 14 Bomba contro casa di un poliziotto GIOIA TAURO Una bomba è esplosa la notte scorsa davanti al portone di casa d’un sostituto commissario della polizia di Stato a Gioia Tauro. L’ordigno, secondo quanto appreso nella giornata di ieri, ha provocato danni ingenti: ha divelto il portone della palazzina del quartiere Marina. LUNA ROSSA di Pasquino Fino a 90 anni I vitalizi parlamentari saranno abbattuti a partire dal 2012. I giornalisti, soprattutto quelli televisivi, si dilettano con interviste a deputati e senatori, fuori pericolo o in pericolo. Il meno interessato alla questione si è rivelato il deputato Ignazio La Russa, che ha liquidato il problema, dicendo che lui sarà deputato fino a 90 anni. Dio permettendo. > pagina 17 VI INFORMIAMO CHE IL NOSTRO QUOTIDIANO HA DATO IL VIA AI CASTING PER ESSERE PROTAGONISTA DEL CALENDARIO 2012 direttore piero sansonetti «Senza Gianni che vita è...» ROMA Ilda Boccassini ieri ha pronunciato una frase davvero scioccante: “L'antimafia in Calabria non esiste: è solo un'occasione per fare carriera”. In questo modo “Ilda la Rossa”, e cioè il giudice più famoso e temuto d'Italia, ha scoperchiato clamorosamente tre enormi questioni. La prima riguarda la magistratura calabrese, da diverso tempo impegnata soprattutto nel farsi la guerra. La seconda è la questione della cosiddetta “borghesia grigia”, cioè quel pezzo di società che vive tra politica e affari e che pare abbia contatti troppo stretti con le 'ndrine ( e che fin qui li abbia potuti mantenere indisturbata). E la politica che fa? E’ in “attesa di giudizio”... VERSACE dal POLLINO alloSTRETTO calabria ora VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 6 ’ndrine, giudici e politica «NON SERVE l’antimafia parlata» Ilda Boccassini in conferenza contro magistratura e politica colluse STUPITI E DELUSI Per Ilda Boccassini è stato «doloroso, e non è la prima volta che succede, ma nonostante la mia età me ne rammarico ancora, dover constatare comportame nti superficiali, tentativi di depistaggio da parte di appartenenti alla Guardia di finanza, alla magistratura, della politica e delle istituzioni in generale» REGGIO CALABRIA Collusioni con il mondo politico, imprenditoriale, della magistratura. La “nuova” ’ndrangheta è quella che non si vede perché celata dietro un’apparenza fatta di normalità, vestita in giacca e cravatta, con amicizie importanti. «Milano può diventare Reggio Calabria» dice con una frase efficace il procuratore aggiunto della Dda reggina Michele Prestipino, ospite insieme al capo Giuseppe Pignatone alla conferenza stampa convocata a Milano a ventiquattr’ore dall’operazione che ha sconvolto il mondo politico nazionale con l’arresto del consigliere regionale del Pdl Franco Morelli e un collega degli stessi inquirenti, il giudice Vincenzo Giglio, sempre in prima linea a parlare di legalità e contrasto alla ’ndrangheta in pubblico ma dai rapporti quanto meno dubbi nel privato. Di «doppio ruolo» del magistrato parla infatti il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, che sottolinea la collaborazione con i colleghi reggini e chiarisce che l’operazione coordinata dalla Dda della Madonnina «non è un processo alla magistratura di Reggio Calabria» poiché il caso di Giglio (ma anche del giudice di Palmi indagato a piede libero) rappresenta il singolo e non bisogna generalizzare. Anzi, sottolinea, «la sorpresa dei colleghi che per anni hanno lavorato al fianco di un magistrato arrestato, è comprensibile». Tornano, a distanza di sedici mesi dalle maxioperazioni Infinito-Crimine, i rapporti tra la ’ndrangheta calabrese e le ramificazioni al Nord. Ancora una volta Ilda Boccassini rilancia l’idea unitaria dell’organizzazione criminale più potente al mondo. Con «il suo cuore a Reggio Calabria e proiezioni in Lombardia e altre regioni del Nord con una “zona grigia” internazionale» specifica il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone. Ma che va oltre, si estende anche all’estero. Fa notare Prestipino, in riferimento all’av- vocato Vincenzo Minasi arrestato nell’operazione: «Il professionista che lavora fianco a fianco con la famiglia Gallico a Palmi ha uno studio a Milano e a Como. Il centro dei suoi interessi è in mezzo tra le due regioni e lavora con un professionista che è a Lugano e che sposta i soldi negli Stati Uniti». La ’ndrangheta di ultima generazione non guarda solo agli interessi su grande scala, ma non disdegna affatto la periferia perché è proprio nella periferia, snocciola la Boccassini, che si fanno i veri affari. Si pensi all’Expo 2015. «Per l’infiltrazione nell’Expo – spiega il procuratore aggiunto della Dda di Milano – è più importante l’indotto, in relazione ad esempio ad infrastrutture nei comuni dell’hinterland». A fare scalpore ieri è stato il coinvolgimento del consigliere regionale Franco Morelli. Stupore per i nomi di altri politici citati nell’ordinanza di custodia cautelare ma neppure iscritti nel registro degli indagati. Occorrono le prove, hanno precisato i magistrati. Lo hanno spiegato con questa frase: «La Dda di Milano nei confronti delle persone, delle istituzioni come dei mafiosi agisce quando ha le prove per affrontare un dibattimento». Il pm Alessandra Dolci, che insieme al collega Paolo Storari ha coordinato l’indagine, ha spiegato poi che per contrastare la zona grigia, dove s’incontrano criminalità e istituzioni, «qualora non ci siano elementi per il concorso esterno in associazione mafiosa, valorizzeremo le misure di prevenzione a carattere personale e patrimoniale». Si vedrà. Alla ’ndrangheta servono i contatti non soltanto nazionali ma soprattutto locali, ha rilevato ancora il magistrato milanese. «Avere un candidato, anche se in un comune dell’hinterland – ha proseguito Storari – è per la ’ndrangheta vitale». In più a differenza della mafia siciliana che «odia i comunisti» ha affermato la Boccassini, la ’ndrangheta «è trasversale ai fini elettorali. Appoggia chiunque possa favorire i suoi interessi». Il capo della Procura milanese Bruti Liberati ha poi precisato che «una cosa è il tentativo della ’ndrangheta d’infiltrarsi nella politica, un’altra sono le responsabilità penali individuali». Il procuratore aggiunto di Milano, protagonista del blitz che ha fatto finire dieci persone in carcere, ha poi usato le parole «sgomento e dolore» per definire il comportamento infedele che gli indagati hanno tenuto nei confronti delle istituzioni che rappresentavano, tanto della magistratura che delle forze dell’ordine (nell’operazione è stato arrestato un maresciallo della Guardia di finanza). Per il magistrato è stato «doloroso, e non è la prima volta che succede, ma nonostante la mia età me ne rammarico ancora, dover constatare comportamenti superficiali, tentativi di depistaggio da parte di appartenenti alla Guardia di finanza, alla magistratura, della politica e delle istituzioni in generale». E poi c’è la falsa solidarietà espressa al procuratore Pignatone per le minacce ricevute con un proiettile a corredo del messaggio intimidatorio. Il giudice Giglio aveva inviato una mail al consigliere regionale Franco Morelli con la bozza della mozione che avrebbe dovuto far approvare dall’assemblea legislativa calabrese. «Ho provato sgomento – ha sottolineato la Boccassini – nel vedere sfruttare la vita e il potere per fare una campagna politica per ingraziarsi un’antimafia che spesso non esiste, che è solo parlata». Non ha destato meno scalpore l’importante riconoscimento dato dal Vaticano alla famiglia Lampada. Il boss diventa così Cavaliere di San Silvestro. Una gran bella carriera per i Lampada, «una famiglia – ha spiegato Ilda Boccassini – che ha cominciato a vendere panini ed è finita a fatturare miliardi». ANNALIA INCORONATO [email protected] cosche e politica Ma “dialogare” con i mafiosi non è reato... MILANO Non è previsto nell’ordinamento un «reato di contiguità» e dunque, se non ci sono prove che possono portare a contestare il favoreggiamento o il concorso esterno in associazione mafiosa o la partecipazione all’organizzazione criminale, non si può configurare una responsabilità penale per i politici che “dialogano” con gli esponenti mafiosi. Così qualificate fonti giudiziarie spiegano perché, malgrado nelle carte dell’inchiesta della Dda di Milano sulla cosca Valle-Lampada compaiano numerosi nomi di politici - alcuni dei quali avrebbero anche preso i voti degli affiliati alla ’ndrangheta e dei loro sodali - a questi non si possono attribuire reati. I presunti affiliati al clan Valle, come scrive il gip, infatti, avrebbero fatto Ecco perché «confluinon sono re» i voti verso punibili i politici candidati sostenuti «a loro dalle ’ndrine vicini». E poi nell’ordinanza viene riportato tutto un elenco con molti nomi. Negli ambienti giudiziari, però, viene chiarito che non esiste un reato che punisce il politico che ottiene voti, pur consapevole, da esponenti mafiosi. L’unico reato che potrebbe essere contestato è il voto di scambio o la cosiddetta corruzione elettorale, ma se il candidato non dà al mafioso qualcosa in cambio del voto non c’è rilevanza penale. Anche nell’ipotesi in cui il politico prometta qualcosa, dei lavori ad esempio, ma poi non li conceda, non c’è reato. interrogatori al via Morelli e Giglio oggi davanti al gip REGGIO CALABRIA Sono iniziati ieri i primi interrogatori dei soggetti tratti in arresto nell’ambito dell’operazione “Infinito”. Davanti al gip di Milano, Giuseppe Gennari, sfileranno tutti coloro i quali sono finiti nelle maglie della Giustizia per essere associati o aver favorito la cosca “Valle-Lampada”. Nella mattinata di oggi saranno sentiti i fratelli Lampada (difesi dall’avvocato Giuseppe Nardo), mentre il giudice Vincenzo Giglio risponderà alle domande del gip nella stessa giornata, così come il consigliere regionale del Pdl, Francesco Morelli. Giglio e Morelli dovranno difendersi dalla pesante accusa di corruzione aggravata, mentre il giudice dovrà anche rispondere di rivelazione di segreto d’ufficio per aver passato delle notizie riservate su operazioni di polizia alla cosca che opera nel Milanese. Per Morelli, invece, anche la pesantissima accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Bisognerà quindi vedere cosa accadrà all’esito dell’interrogatorio e, soprattutto, dopo il certo ricorso dinnanzi al Tribunale del Riesame. 7 VENERDÌ 2 dicembre 2011 D A L P O L L I N O Il procuratore aggiunto Prestipino: «Milano può diventare Reggio» calabria A L L O ora S T R E T T O Il capo della Dda reggina Pignatone: «Una “zona grigia” internazionale» ’ndrine, giudici e politica E ora si indaga sui rapporti con i servizi segreti “deviati” Ricompare la figura di Zumbo, lo “spione” amico dei Pelle REGGIO CALABRIA Le parole di Ilda Boccassini non danno margini di dubbio: l’attività della Dda milanese non si arresta certo con l’operazione “Infinito”, anzi, questa, se possibile, diventa solo la punta di qualcosa che potrebbe portare a nuovi terremoti in riva allo Stretto e non solo. «Ci sono indagini in corso, stiamo lavorando in questa direzione» si affretta a ripetere la Boccassini. Ma verso quale direzione? È lo stesso magistrato che lo lascia intendere quando spiega che dovranno essere analizzati i rapporti emersi con esponenti dei servizi segreti. E non è certo un tema nuovo quello che affronta il procuratore aggiunto della Dda milanese. Già in passato era venuto fuori come vi fosse qualcuno all’interno dei servizi che intratteneva rapporti poco chiari. Forse è proprio su questo che i giudici lombardi stanno adesso indagando. Scandagliare la “zona grigia” non può Nel 1996 Giglio prescindere da conferì a Zumbo un’analisi attenta sul ruolo svolto dagli 007 un incarico di che, spesso, lavorano amministratore sul filo del rasoio. E giudiziario non bisogna certo dimenticare che un primo accenno a tale tematica è già contenuto all’interno di “Infinito”. Il ruolo chiave è sempre quello di Giovanni Zumbo, lo “spione”, colui il quale era in rapporti ormai acclarati con i servizi segreti reggini e che aveva informazioni riservate sulle operazioni di polizia giudiziaria. La sua figura torna prepoten- CATANZARO «Né a Catanzaro, né a Reggio». Che fosse venuto indebitamente a conoscenza di ciò che c’era (o non c’era) sul registro degli indagati nella Procura del distretto – quello di Reggio Calabria – nel quale operava, non desta stupore. Ma il giudice Vincenzo Giuseppe Giglio (foto) sapeva pure cosa accadeva a Catanzaro, sede dell’ufficio competente anche per le indagini sui magistrati del Reggino. Perché lì, sospettano i colleghi milanesi che l’hanno fatto arrestare, egli aveva una talpa, che gli forniva notizie riservate che poi spifferava – sostiene l’accusa – ai suoi amici in odor di mafia. Un «particolare assai allarmante», lo definisce il gip Giuseppe Gennari nel valutare un’intercettazione chiave agli atti dell’inchiesta che ha provocato un terremoto nella politica e nella giustizia calabrese. È il 10 marzo 2010 e Giulio Lampada, presunto mafioso della galassia condelliana, dialoga con l’avvocato Vincenzo Minasi: «… la stessa cosa ha detto… Franco dopo due giorni… te anche nell’inchiesta milanese e fa venire fuori uno spaccato che il gip non esita a definire «di eccezionale gravità e allarme». Zumbo, poi arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Il Crimine”, come è ormai noto, era colui il quale a casa del boss Giuseppe Pelle parlava apertamente delle operazioni che dovevano essere eseguite e si mostrava incredibilmente informato su tutto ciò che da Milano o Reggio doveva arrivare. Ma la vera novità che viene fuori da quei dialoghi è che l’uomo legato ai servizi dichiarava (ma non ci sono conferme in tal senso) di poter avvicinare con una certa facilità il giudice Enzo Giglio, anche se nel caso specifico i tempi erano strettissimi e non era facile intercedere per Pelle, così come il boss chiedeva, circa la riduzione di una misura di prevenzione nei suoi confronti. Così Ficara: «E vai e lo trovi domani, domenica, lunedì…» e Zumbo replicava: «No, questo non ho problemi». I problemi erano quelli di riuscire a convincere il magistrato: «Se io lo so venti giorni prima… il primo giorno vediamo come siamo, poi il secondo giorno mi dice: “ma ora vediamo”». E che Giglio e Zumbo si conoscessero è cosa dimostrata, visto che, come riporta il gip, fu proprio il giudice arrestato a conferire allo “spione” un incarico quale amministratore giudiziario di beni sequestrati ai Ficara-Latella nel 1996. Insomma, una brutta storia di giudici, ’ndranghetisti di primo livello e collaboratori “deviati” dei servizi. Ma Zumbo, a quanto pare non è l’unico, se è vero che nelle conversazioni tra l’avvocato Minasi, Francesco Lampada e Leonardo Valle, si parla di un giovane che ha fornito importanti notizie su un’inchiesta, e si afferma che «il papà è in amicizia con un colonnello del Ros». E, sempre spulciando le carte di “Infinito”, si scopre qualcosa di molto strano: Vincenzo Giglio (il medico) prese contatti con un esponente dell’Aisi di Reggio Calabria (servizi segreti) RUOLO CHIAVE Giovanni Zumbo (nel riquadro), arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Il crimine”, aveva rapporti con i servizi segreti reggini ed è colui il quale a casa del boss Giuseppe Pelle parlava delle operazioni che dovevano essere eseguite. Nei dialoghi intercettati dichiarava di poter avvicinare con una certa facilità il giudice Enzo Giglio per avere conferma delle investigazioni in corso nei confronti dei fratelli Lampada. Che parta proprio da qui l’indagine sulla quale la Boccassini sta già lavorando? È solo un’ipotesi, ma che pare sempre più concreta alla luce degli intrecci perversi che stanno emergendo nelle ultime ore. Adesso è caccia alla talpa alla Procura di Catanzaro perché dopo ci siamo visti con Enzo… a Cosenza… e Franco mi ha detto la stessa cosa… ha detto che sul registro non c’è scritto niente né a Catanzaro né a Reggio… stanno soltanto controllando… ci vengono dietro per vedere che cosa facciamo… cosa non facciamo…». Il dialogo Lampada-Minasi giunge all’epilogo di una serie di incontri e contatti attraverso i quali entrano perfino in possesso di atti riservati provenienti dagli uffici giudiziari di Milano. Milano dove stanno i Lampada, e i Valle, ed il loro avvocato. Reggio, dove opera il giudice Giglio e dove vive il cugino omonimo, indicato come l’anello di congiunzione tra le alte sfere della ’ndrangheta milanese ed i colletti bianchi calabresi. E Catanzaro? «Non è la sede giudiziaria del magistrato», scrive il gip Gennari che ci mette pure un punto esclamativo e che aggiunge due interrogativi: «Come ha fatto a reperire notizie su quel distretto? Dobbiamo immaginare che lo stesso si sia rivolto ad altri colleghi o a soggetti istituzionali di quel distretto?». L’ipotesi, stigmatizza il gip meneghino, «non è peregrina e dovrà sicuramente essere accertata nella prosecuzione delle indagini». E le indagini vanno avanti. Sia perché l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini con i pm Alessandra Dolce e Paolo Storari lascia aperte delle autostrade investigative, sia perché la stessa coordinatrice dell’antimafia milanese, nella conferenza stampa di ieri mattina, ha chiarito che «ci sono lavori in corso, non solo a Catanzaro ma anche a Milano». Troppe cose sapevano sulle indagini in corso. Un’altra conversazione, datata 17 marzo 2010, è eloquente. È l’avvocato Minasi stavolta a parlare: «Le indagini le sta facendo la Squadra mobile… i reati sono usura e riciclaggio… sicuramente c’è un politico di Milano, c’era un politico di Cosenza». Risponde Leonardo Valle che, tramite Giulio Lampada, aveva preso visione di un carteggio CONSOLATO MINNITI [email protected] della Squadra mobile di Milano (ottenuto – scrive il gip – «dietro corresponsione di denaro a soggetti non identificati»): «E a Reggio non c’è niente?». Ancora Minasi: «Niente né a Reggio, né a Catanzaro… parte esclusivamente da Milano». Il penalista era aggiornatissimo sull’oggetto delle investigazioni: «Tutti quelli che hanno alloggiato al Brun… ci sono tutti… c’è il medico, c’è Mario… tutti questi ci sono tutti». E più avanti: «E l’indagine non è ancora finita». Il Brun è il quattro stelle, nei pressi di San Siro, nel quale alloggiò anche il giudice Giusti che, sempre a spese dei Lampada, avrebbe beneficiato pure dei servigi di alcune escort straniere. L’indagine, invece, è quella che l’altro ieri ha portato alla notifica delle misure che fanno tremare politica e giustizia calabrese. Indagine che, nonostante ciò, resta ancora aperta ad un epilogo tutt’altro che prevedibile. PIETRO COMITO [email protected] 8 VENERDÌ 2 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica indagini in corso I segreti li rivelava l’amico del figlio del colonnello Ros REGGIO CALABRIA Parte delle informazioni riservate giunte alla cosca Lampada sull’inchiesta condotta a loro carico dalla Dda di Milano sarebbero giunte anche da un giovane il cui padre sarebbe stato in società con un colonnello del Ros di Reggio Calabria. È quanto emerge dall’ordinanza del gip di Milano che mercoledì ha disposto l’arresto di 10 persone tra le quali il presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio, ed il il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl). Un aspetto, scrive il gip, «che andrà sicuramente approfondito», dal momento che parte delle informazioni che giungono ai Lampada «sono particolarmente accreditate perché sembrano provenire da un colonnello del Ros di Reggio». Nell’ordinanza viene riportata l’intercettazione di un colloIl gip: quio avveinformazioni nuto il 17 marzo accreditate 2010 tra È un aspetto l’avvocato da approfondire Vincenzo Minasi, arrestato anche lui ieri, Francesco Lampada e Leonardo Valle in cui si parla della prima fase dell’inchiesta milanese che porterà qualche mese dopo, nel giugno 2010, ai primi arresti. Minasi, riferendo ciò che gli è stato detto da Giulio Lampada, dice agli altri che un giovane ha fornito alcune notizie sull’inchiesta e aggiunge, con una frase incompleta: «Il papà con il colonnello del Ros». «Allora chiede Francesco - il papà è in amicizia con un colonnello del Ros?». «È socio», risponde Minasi che poi alla successiva domanda «chi è questo colonnello del Ros?», risponde: «E che ne so?». Al giudice Giusti piacevano le donne dell’Est Lampada pagava le escort al magistrato che voleva coinvolgere anche il suo collega REGGIO CALABRIA Ma chi l’ha detto che le notti al ritmo di “escort e champagne” sono un’esclusiva della politica nazionale di casa nostra in salsa berlusconiana? Jana, 42 anni, dalla Repubblica Ceca; Zhanna, 36 anni, dalla Russia; Elena, 41 anni, dalla Russia; Olga, 34 anni, dal Kazakistan; Denisa, 27 anni, dalla Repubblica Slovacca. Cinque donne per un magistrato, Giancarlo Giusti, che, è evidente, preferiva le bellezze dell’Europa dell’est. Ma se non vi è nulla di illecito nell’andare a escort, magistrato o Il magistrato Giancarlo Giusti politico che sia, di certo le cose cambiano se il servizio (completo, peraltro) viene interamen- zo era quello “standard” di una doppia, ovvete pagato da un esponente della ’ndrangheta. ro 130 euro. La spesa più impegnativa Giusti, Lì qualcosa non torna. Lampada come Taran- pardon Lampada, l’affrontò nel 2009, quantini? Può essere, ma di certo l’imprenditore do nel mese di gennaio il giudice ebbe la possibilità di stare con la 42enne Jana, provenienpugliese non era legato alla malavita locale. C’è, dunque, uno spaccato interessante che te dalla Repubblica Ceca. Il costo fu di 9600 viene fuori dalle carte di “Infinito”. Teatro di euro, a cui va aggiunta la presenza di una terquesto andirivieni di signore più o meno gio- za persona che alloggiò lì quella notte. Ma Lampada pensava veramente a tutto e vani è sempre lo stesso hotel, il “Brun” di Minon solo all’hotel. Pagava anlano. Che fosse la stanza 432, che i viaggi aerei, con buona o la 530, piuttosto che la 436 Per una serata pace di chi pensava che il poco importava. La cosa imcon la 42enne massimo potesse essere proportante erano le donne. Ancurare le donne alla personache perché a saldare tutto ci Jana il boss lità importante. Tarantini le pensava Giulio Lampada. E ha sborsato selezionava e poi le faceva arnessuno pensi che le suite era9600 euro rivare nella residenza di Berno di quelle che si trovano in lusconi, Lampada, invece, olofferta. L’hotel Brun è uno dei più esclusivi di Milano ed il giudice Giusti riu- tre a scegliere le donne ed a pagarle, saldava sciva a “spendere” (si fa per dire) somme rag- anche il conto dell’hotel ed in alcuni casi delguardevoli: in un colpo solo 2mila euro, anche le cene. Come avvenuto la sera del 18 giugno poco meno di 3mila. Solo in pochi casi il prez- del 2010, quando nell’esclusivo hotel Conven- Crimine, il pm chiede 90 anni per 7 imputati REGGIO C. Novant’anni di carcere. Questa la richiesta complessiva del sostituto procuratore Antonio De Bernardo nell’ambito dello stralcio del processo “Il Crimine”, riunito ieri nel troncone principale che si celebra con rito abbreviato. Il magistrato della Dda di Reggio Calabria ha invocato pene durissime per i sette imputati che devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso ed altri reati. La pena più pesante (16 anni di prigione) è stata invocata per Brunello Franzé; sono stati chiesti 14 anni di reclusione, invece per Vincenzo Commisso; stessa pena richiesta anche per Tonino Schiavo. Leggermente inferiori, invece, le richieste per Bruno Ciancio, Salvatore Femia e Donato Fratto, per i quali il pm ha invocato una condanna a 12 anni di reclusione. Per Claudio Cianciaruso, infine, De Bernardo ha chiesto 10 anni di prigione. Prima dell’intervento del sostituto procuratore della Dda, il gup ha ritenuto di riunire i diversi procedimenti e farli afferire a quello principale che è già in fase avanzata di discussione e la cui sentenza è prevista per gli inizi del febbraio 2012. Successivamente è stato il turno di De Bernardo che ha posto l’attenzione, per quel che concerne Commisso, sulla lavanderia “Ape green”, vero centro all’interno del quale si gestivano gli affari della cosca e venivano prese delle decisioni importanti che coinvolgevano non solo le consorterie di Siderno ma anche quelle dell’Italia settentrionale. Ed è proprio sugli esponenti torinesi che si è concentrata l’atten- tion Center Melià di Milano, Giulio Lampada invita a cena Giusti che, stavolta, si accompagna ad una giovane moldava di nome Victoria, di appena 25 anni. Il prezzo è di 305 euro, pagato tutti in contanti. Insomma, il mondo delle escort sembrava essere molto apprezzato dal magistrato, tanto da pensare di coinvolgere anche un altro giudice, Enzo Giglio. È ormai già tristemente celebre l’intercettazione con la quale Giusti, parlando con Lampada afferma: «Tu ancora non hai capito chi sono io… sono una tomba, peggio di… ma io dovevo fare il mafioso, non il giudice… però l’idea di portarci il presidente (Giglio) a Milano non è male, sai?!?... Lo vorrei vedere di fronte ad una stoccona». Quelle escort, è facile immaginarlo, erano molto avvenenti. E ciò, nell’immaginario di Giusti, avrebbe messo a dura prova il suo collega magistrato. CONSOLATO MINNITI [email protected] < il commento zione del pm, il quale ha poi allargato gli orizzonti andando a trattare le posizioni dei cosiddetti “svizzeri” e dei “tedeschi”. In buona sostanza, quindi, De Bernardo ha sostenuto la trasnazionalità del reato di associazione mafiosa ed ha puntato molto anche sui contrasti nella locale svizzera che hanno portato anche a delle tensioni rilevanti all’interno dell’organizzazione. Al termine della requisitoria, è stato il turno delle parti civili. Successivamente il processo è andato al prossimo 5 dicembre, stessa data nel quale proseguirà anche il troncone principale del procedimento che vede alla sbarra le ’ndrine della provincia reggina nel primo processo che mira a dimostrare l’unitarietà della ’ndrangheta e la sua organizzazione verticistica con la “Provincia” quale organo più importante, con diverse ramificazioni nel Nord dell’Italia, nonché in Europa e nel resto del mondo. cons. min. LA POLITICA? SILENZIOSA glio perverso c’è dentro anche una parte della società civile. È un intreccio che si Ha ragione don Ciotti: la forza della autoalimenta e che si sta appropriando ’ndrangheta non sta dentro la ’ndran- di una parte della nostra regione. E la gheta. La sua vera forza sta fuori. Sta in politica in tutto questo? La politica è in “attesa di giudizio”. Imquella famigerata zona pauriti, smarriti e congrigia fatta di commerfusi, i politici calabresi cialisti, avvocati, politici tira aria pesante non riescono a dire nee addirittura giudici che fanno affari con i clan, nei palazzi reggini anche una parola sensata su quel che sta acche moltiplicano i loro «Chi sarà il cadendo in questi giorsoldi in cambio di voti e ni drammatici. Eppure che spifferano le indagiprossimo?» è la di cose ne sono accaduni delle procure in camfrase-tormentone te. Reggio, se qualcuno bio di una serata con una che circola non se ne fosse accorto, escort. Le mafie, tutte la è sull’orlo del commissamafie, non sarebbero nelle stanze del riamento. Per non parnulla senza questi servi consiglio regionale lare del caso della multisciocchi e senza il sosteservizi, la municipalizgno della politica e l’aiuzata del comune in cui to di una parte della magistratura. Così come molti politici sa- gravitano milioni di euro e centinaia di rebbero dei perfetti sconosciuti se non assuzioni, controllata per buona parte avessero il sostegno dei clan. Senza lo lo- dai clan. Infine gli arresti di Franco Moro capacità di controllare il territorio e i relli, un uomo di punta del centrodestra voti dei cittadini.Perché in questo grovi- calabrese e, come se non bastasse, il coinDI DAVIDE VARÌ 9 VENERDÌ 2 dicembre 2011 D A L P O L L I N O A L L O calabria ora S T R E T T O ’ndrine, giudici e politica la richiesta del ministro «La vera forza della mafia ha il volto di un incensurato» Severino: azione disciplinare contro Giglio Don Ciotti (Libera): necessario abbattere la “zona grigia” COSENZA «La legalità è una bandiera che viene spesso agitata anche da chi la calpesta ogni giorno. È necessario abbattere quella “zona grigia” che è di legalità malleabile: un luogo interiore più che un luogo fisico. La vera forza della mafia sta fuori dalla mafia e spesso ha il volto di un incensurato». Traspare amarezza nelle parole che don Luigi Ciotti ha riservato all’inchiesta della Dda di Milano che due giorni fa ha portato all’arresto di 10 persone, tra le quali il presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio, ed il il consigliere regionale della Calabria Francesco Secondo Morelli (Pdl). Il presidon Ciotti «le dente di Libera, ieri a Cosenza per concludere un responsabilità seminario all’Università della politica della Calabria sui beni sono enormi» confiscati, non ha potuto fare a meno di commentare la bufera giudiziaria che si è abbattuta sul giudice Giglio, l’uomo dello Stato ed esponente di Magistratura democratica al quale l’associazione Libera, nata nel 2005 per combattere le mafie e diffondere la cultura della legalità, si rivolgeva ogni qual volta doveva parlare di beni confiscati alla ’ndrangheta. Ma i rifermineti di don Ciotti non si fermano qua. E tira in ballo anche «le responsabilità della politica» che, dice, «sono enormi». «Serve determinazione e coerenza - ha continuato -. Lotta alla mafia significa, lavoro, scuola, cultura e sostegno ai territori più fragili. Non si ottengono grandi risultati se cresce lo stato penale e diminuisce quello sociale. La speranza, in alcune parti d’Italia, si chiama giustizia sociale ed ha il volto delle opportunità e dei progetti concreti». AMAREGGIATO Il presidente di Libera, don Luigi Ciotti «C’è un po’ di smarrimento - ha poi so- ma c’è un 55% dei beni confiscati che non stenuto - di fatica. Abbiamo sempre sa- può essere destinato a causa delle ipoteputo però la capacità delle mafie di rige- che bancarie che gravano su di essi. Quenerarsi, di trovare nuovi canali, sostegni, sto è inaccettabile e la politica anche nei alleanze, dunque non stupisca questo. confronti delle banche deve essere molto chiara». Gratitudine al lavoro del«A volte - ha concluso la magistratura che lo ha «A volte ci sono - ci sono delle battute scoperto». Don Ciotti ha delle battute d’arresto che lasciano un poi aggiunto: «Tra i beni po’ d’amarezza dentro. confiscati c’è il Café de d’arresto Scoprire che chi si occuParis di Roma, un simche lasciano pava di queste cose era al bolo dove la prossima amarezza» servizio di qualcun alsettimana entreranno i tro... Questo non deve prodotti frutto del lavoro dei giovani sulle cooperative confisca- impedire di guardare oltre e di essere cate ai mafiosi. Quindi chi andrà a prende- pace di unire di più le forze perché è il noi re il caffé troverà questi prodotti. È un se- che vince. Ognuno con la propria compegno delle positività in contrasto con le ne- tenza e professionalità». d. m. gatività. La confisca è una realtà positiva, ROMA Il ministro della Giustizia Paola Severino ha avviato l’azione disciplinare nei confronti del magistrato Giuseppe Vincenzo Giglio arrestato nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano. E intanto il Pg della Cassazione Vitaliano Esposito ha chiesto la sospensione del magistrato dalle funzioni e dallo stipendio. In realtà l’iniziativa disciplinare del ministro Severino è un “atto dovuto”, nel senso che in presenza di un provvedimento di custodia cautelare nei confronti di un magistrato il “tribunale dei giudici” è tenuto a procedere alla sospensione. Si tratta cioé di una richiesta di un provvedimento in via d’urgenza, non ancora dell’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti dello stesso magistrato. Il presidente dell’Anm Luca Palamara con riferimento alle indagini che hanno portato all’arresto di Giglio ha detto che «al di là del merito dell’inchiesta, di cui non possiamo discutere, in questo momento abbiamo molto disagio e una profonda indignazione per quanto accaduto». Palamara ha poi sottolineato che da questa vicenda emerge comunque un aspetto positivo: «La magistratura applica la legge nei confronti degli stessi magistrati senza esitazioni». «La vicenda che riguarda i colleghi Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti ci sconcerta ed addolora». Così il presidente Iside Russo e il segretario Tommasina Cotroneodell’Anm, sezione Reggio Calabria, che auspicano «che questi fatti non intacchino la credibilità dell’istituzione giudiziaria e non venga meno la fiducia dei cittadini verso la magistratura reggina, da sempre impegnata sul versante della legalità». Magistratura democratica- distretto di Reggio Calabria - sollecita invece «un dibattito interno alla magistratura reggina, affinché si proceda ad analizzare stili e modelli professionali e personali, per fissare alcune condivise linee di comportamento». E IN “ATTESA DI GIUDIZIO” Grasso: alto l’allarme sulle infiltrazioni volgimento di due giudici dell’antimafia. simo?”, è la frase che più di ogni altra cirEcco, di fronte a questo quadro così cola nelle stanze del consiglio regionale. drammatico, la politica è lì, immobile e si- La sensazione, infatti, è che l’arresto del lenziosa. A parte qualche frase di circo- consigliere Franco Morelli sia soltanto stanza, la gran parte dei nostri politici l’inizio di una valanga che di qui a poco travolgerà la politica casono sostanzialmente labrese. Ma nel frattemdefilati. Tutti. Anche chi po l’immagine pubblica ha avuto un ruolo storise ci manca calabrese è devastata. co in questa regione Quello che è emerso in sembra sparito nel nulla voglia... questi ultimi mesi rila. Nessuna notizia di Ci troveremo manda a una situazione Minniti, di De Sena, tanto per fare qualche noancora nelle mani di irreversibilità. E finme. Persone di spessore ché la politica non decidi un giudice nazionale che molto dederà di fare pulizia, pumilanese che vono a questa terra. Anlizia vera, nei propri orche loro, come la gran ganigrammi, la situaviene a far pulizia parte dei loro colleghi cazione è destinata a pega casa nostra labresi, sono intrappolagiorare. Ma nessuno ti in un incomprensibile sembra intenzionato a immobilismo. Forse sofare questo primo pasno in attesa che la magistratura, la ma- so. E così ci troveremo ancora nelle magistratura milanese però, finisca il pro- ni di un giudice milanese che viene a far prio lavoro. Finisca di far pulizia. pulizia in casa nostra perché noi non ne In effetti tira un’aria pesante nei pa- abbiamo la forza. E forse non ne abbialazzi del potere reggino. “Chi sarà il pros- mo neanche voglia. lo magistratura e forze di polizia riescono a contrastare efficacemente queste organizzazioni. Anche se purtroppo sono solo alcuni i casi che diventano oggetto di indagine e probabilmente rappresentano la punta di un iceberg di un fenomeno più esteso». «Ciascuno nel suo ambito - è l’appello del capo della Dna le forze sociali e gli ordini professionali, dovrebbero vigilare per evitare l’inquinamento della vita democratica da parte di organizzazioni che creano spesso un collante tra criminalità, affari e politica». «Le cricche - aggiunge Grasso - i comitati di affari e tutti quei comportamenti che cercano di creare una sorta di “club” che offrono privilegi e movimentano capitali anche verso l’estero, che creano fondi neri o sfruttano le minori ROMA «Magistratura e forze di polizia non abbassano mai la guardia ma l’allarme criminalità esiste per la ’ndrangheta e per ogni altro tipo di organizzazioni criminali» che puntano ad «infiltrarsi nella società civile, nell’economia e nella politica». Lo dice all’Adnkronos il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso (nella foto). «È un discorso che abbiamo sempre fatto - rimarca Grasso - ma vediamo che so- sanzioni del falso in bilancio, creano quell’economia sommersa che è stata valutata intorno a un terzo dell’economia generale italiana». «Questo - rimarca il procuratore nazionale antimafia - finisce per incidere sull’eguaglianza tra i cittadini, soprattutto sotto il profilo dell’equità fiscale perché sottrae all’imposizione non solo i beni provenienti dalla criminalità organizzata ma anche quelli che vengono da evasione fiscale e corruzione. Da uno studio di Confindustria - ricorda Grasso - la valutazione sulla sottrazione all’imposizione fiscale è stata valutata in 270 miliardi di euro. È ovvio che in questo momento la percentuale dovuta al fisco su questa somma, potrebbe risolvere gran parte dei problemi dell’economia italiana». 10 VENERDÌ 2 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O ora ’ndrine, giudici e politica dalla prima L’ANTIMAFIA SERVE SOLO A FAR CARRIERA (...) La terza questione è un vecchio tema, che fu sollevato tanti anni fa da un grande intellettuale italiano, e cioè da Leonardo Sciascia: quello dei “professionisti dell’antimafia”. Ha ragione la Boccassini? Penso di sì. Mi pare che con l’autorevolezza che le deriva dalla sua lunga carriera (e persino dal curriculum “ultralegalitario” che l’ha trasformata nell’icona del partito dei giudici) abbia toccato un tema delicatissimo e complicatissimo che in genere è quasi impossibile affrontare. Noi di “Calabria Ora” da diverso tempo cerchiamo di proporre questo problema e di offrirlo alla discussione pubblica. Con poco successo, perché a nessuno piace discutere, tutti preferiscono lanciare anatemi e avvolgersi in grandi bandiere che danno identità e moralità a buon mercato. Adesso, finalmente, non sarà più possibile negare che la questione c’è. L’antimafia è diventata un simbolo stinto, privo di valore, una grande impalcatura burocratica e inefficiente che raccoglie cittadini sinceri e coraggiosi insieme a un bel gruppetto di “professionisti”, mestieranti, gente in cerca di collocazione, carrieristi, e persino personaggi dello Stato che hanno buoni rapporti con le cosche. Naturalmente si può immaginare che sia semplicemente una questione di doppio-gioco. E cioè che basti individuare un certo numero di giudici o poliziotti infedeli e il problema è risolto. Ma purtroppo non è così, e la denuncia di Ilda Bocassini è più drammatica: quando dice che l’antimafia non esiste più, segnala una realtà evidentissima: ci spiega che la vecchia antimafia è pura retorica, è inutile e va rifondata. Già. Bisognerà ricominciare a ragionare sulla Calabria, sulla ’ndrangheta e sui rapporti che esistono tra mafia e società calabrese. Chiedendo ai giudici di fare il loro lavoro, seriamente, ma restando fuori dalla politica e da un generico impegno civile. E alla politica - se ancora ne è rimasto qualcosa di vivente - di affrontare il problema di fondo: l’assenza dello Stato in Calabria, non nel senso dello Stato-repressione, delle manette, ma dello Stato che “investe” e che regola i rapporti personali, quelli sociali, il lavoro, l’economia, la produzione, la distribuzione della ricchezze. Giorni fa abbiamo scritto una lettera all’allenatore della nazionale italiana, Prandelli - quando l’Italia è venuta a giocare una partita in Calabria per testimoniare il proprio impegno antimafia - e gli abbiamo detto che che in questo modo non faceva niente di buono. Semplicemente indicava la Calabria come una terra che ha un problema solo: la mafia. E cioè faceva esattamente quello che la mafia vuole che si faccia. Voi pensate che la mafia abbia paura delle manifestazioni, delle grida sui giornali, delle frasi fatte dell’indignazione? No: se ne frega. E talvolta riesce anche a trovare un accordo con alcuni degli indignati. La mafia ha paura di una sola cosa: di una grande riforma che spezzi i rapporti padronali, lobbistici, medievali che regolano la vita di questa regione. Ha paura di un ritorno dello Stato e della politica. Per ora, sembra, può dormire sonno tranquilli... Piero Sansonetti Lampada anticipò l’imminente nascita del “Terzo Polo” Il presunto boss intuì le strategie centriste Voleva approfittarne per lanciare Giglio Pierferdinado Casini Savino Pezzotta CATANZARO Politici, giudici, medici, nani, ballerine, affaristi, questuanti, scambisti, millantatori, frequentatori di zone grigie, conoscenti di malavitosi, yes man. Nell’ordinanza del gip di Milano Giuseppe Gennari c’è una vasta carrellata di personaggi che descrivono un mondo levantino che tresca, costruisce guadagni, ipotizza inganni, prefigura carriere, intreccia ambizioni, coltiva sogni sociali, immagina scenari rosé. Nell’ombra. E nelle pieghe delle conversazioni captate dagli investigatori salta fuori anche la politica nature nature. Addirittura l’alta politica. In modo lucido e profetico. Al punto di anticipare la nascita del Terzo Polo. Mai sottovalutare le risorse nascoste dei presunti affaristi. Nelle pagine 351 e 352 della citata ordinanza si legge una conversazione di Vincenzo Giglio, medico, con Giulio Giuseppe Lampada. Quest’ultimo si dimostra un politologo sopraffino, sempre sulla notizia, capace di anticipare gli scenari politici. Attenzione alla data. La conversazione è stata registrata alle ore 15,47 del 7 febbraio 2008. Si parla di “Rosa Bianca”, il movimento cattolico di Savino Pezzotta, che flirta con l’Udc di Pierferdinando Casini. E, infatti, il 28 febbraio 2008, ovvero 21 giorni dopo, nasce ufficialmente la “Rosa Bian- Bruno Tabacci ca” che firma un accordo politico dell’Udc in vista di un Terzo Polo che ancora non è stato neppure concepito. Il via libera arrivò dopo un lungo e tormentato ufficio politico della “Rosa Bianca” riunito negli uffici di via Ludovisi 35. Il comunicato formale arrivò intorno alle 13. Poche ma eloquenti righe. Soprattutto fu il via libera che in via Due Macelli, sede dell’Udc, aspettavano dalla notte precedente. Un disegno già presente nella mente di Giulio Lampada, che parla di tattiche strategie. Lo stesso Lampada si sbilancia con il suo interlocutore: il Terzo Polo prende il 10 per cento ed Enzo Giglio diventa deputato. Minchia, direbbe Camilleri. Questo signore, che conosce la storia di Andreotti e Martinazzoli, ha la vista della lince, il fiuto del segugio e le orecchie del pellerossa. E’ meglio, come politologo, di Stefano Folli. Di seguito riportiamo la trascrizione integrale della parte creativa del colloquio telefonico tra Lampada e Giglio. GIGLIO: Amore LAMPADA G.: e tanta pappida (canta) GIGLIO: viva la rosa bianca LAMPADA G.: la rosa bianca .. ti piace vero la rosa bianca? GIGLIO: ci penso a queste cose io vedi co- me ho pensato poi ad un’altra cosa io non è che .. queste cose mi piacciono queste iniziative LAMPADA G.: ti piacciono vero .. mi muovo bene vero? GIGLIO: ma non sono sbagliate perché sai come tutte le cose dopo potrebbe essere tutto un flop se ti ricordi quando nacque la .... LAMPADA G.: sicuramente .... GIGLIO: ... democrazia cristiana di Andreotti per il movimento che ha creato è fallito LAMPADA G.: Martinazzoli .. Martinazzoli era .. Martinazzoli per ... GIGLIO: è fallito è fallito il progetto LAMPADA G.: sì sì sì GIGLIO: eppure c’erano nomi di spessore il povero (u maru) Armando Veneto era sottosegretario con l’Udeur LAMPADA G.: rifletti un attimo rifletti un attimo ma se per puro caso questi signori calcolano che devono prendere un quattro GIGLIO: bravo LAMPADA G.: e questo terzo polo prende il dieci Enzo Giglio diventa deputato a Roma GIGLIO: guarda tu che .. guarda tu che cosa ci è capitato (n’ imbattiu) guarda tu LAMPADA G.: mi hai capito ... GIGLIO: quante persone si sono sistemate LAMPADA G.: mi hai capito qual è il mio concetto? GIGLIO: però bisogna creare i contatti subito con questa gente e vedere come sono posizionati in campo LAMPADA G.: eh e scu .. scusami un secondo .. e a Zobbi che lo vogliamo GIGLIO: si è vero è vero LAMPADA G.: eh eh eh (ride) io già mi sono calmato nel mio cervello .. pure .. perché ce l’ho libero con la grazia di Dio .. sono uscito ora compare poi parliamo … con calma di queste cose .. sono uscito ora GIGLIO: lui LAMPADA G.: sì GIGLIO: Zobbi Zobbi dov’è messo in quale LAMPADA G.: con Casini .. Casini GIGLIO: alt è vero sì sì LAMPADA G.: tu pensi che non è in buoni rapporti con Tabacci o Baccini? GIGLIO: sì sì se li ha sdoganati Casini, sì è vero LAMPADA G.: e chi li ha sdoganati .. mia sorella? GIGLIO:se c’è un benestare di Casini a questo movimento allora sì LAMPADA G.: e anche se non c’è lo .. incomp .. compare .. pure che non c’è. .. ce lo deve presentare per vedere quello che dobbiamo fare. Lampada è informatissimo perché Bruno Tabacci e Mario Baccini divorzieranno da Casini, perché il primo andrà all’Api e il secondo nel Pdl. BRUNO GEMELLI [email protected] dietro le quinte Franco Morelli? “Scaricato” perché... CATANZARO Gianni Alemanno, leader della destra sociale nonché sindaco di Roma, quando gli garba è sibillino. Di Franco Morelli ha detto: «che faceva parte del Pdl». E’ stato già liquidato, cancellato. Eppure il 29 marzo 2010 lo stesso Alemanno (nella foto) sostenne la campagna elettorale di Morelli che in uno spot arringava: «Votatelo, lui è la persona giusta, che indica la strada». Il realtà bisogna capire Alemanno quando parla di Morelli al passato. Egli nella componente anennina è stato un ospite. Gradito, illustre. Ma ospite, nel senso che il consigliere regionale non veniva dall’esperienza della destra missina. Arriva nell’ambiente relativamente da poco. Dal 2010, o poco prima. Franco Morelli nasce politicamente vicino a Riccardo Misasi anche se la sua esposizione partitica è invisibile. Cioè: non si conosce all’esterno. Poi nel 2000 Giuseppe Chiaravalloti lo chiama quale capo gabinetto della presidenza della giunta regionale. Morelli diventa il Gianni Letta della Calabria. E’ cortese, parla a bas- sa voce, disponibile, curiale. Sembra un camerlengo. Don Peppino gli assegna tutta la tastiera della stanza dei bottoni, e assolve con garbo le emergenze, accoglie tutti e, quasi sempre, convince tutti. Insomma, ci sa fare. In cinque anni ha tessuto tante relazioni, ha visto tanta gente, ha ricevuto tanti questuanti, a ciascuno una parola di confronto e di incoraggiamento. Nel frattempo intesseva rapporti stretti con la destra di Alemanno, tanto da diventarne un punto di riferimento. Alle elezioni del 2010 scassa. Migliaia di voti. Si aspetta un assessorato, come minimo. Magari da potere scegliere. Scopelliti non lo fa entrare ed Alemanno invita Morelli a non fare lo schizzinoso, a prendere la presidenza della commissione regionale bilancio che non da è sputare. Ma l’interessato coltiva sempre il sogno di entrare in giunta. L’occasione era a portata di mano perché sembrava che il rimpasto fosse dietro l’angolo. Poi... br. gem. 11 VENERDÌ 2 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O Uccisa e sciolta nell’acido Il processo è da rifare Con il cambio del giudice accolte le richieste della difesa COSENZA omicidio di lea garofalo Tutto da rifare, il processo sulla morte di Lea Garofalo ripartirà da zero. Gli interrogatori dei testimoni non potranno essere utilizzati in fase dibattimentale e dovranno essere ripetuti. Così come dovrà essere nuovamente ascoltata Denise, figlia della vittima, che con la sua deposizione è riuscita a dare una svolta al processo diventando teste chiave per l’accusa. Ci vorrà un vuovo processo. E’ un colpo di scena inatte- cusate a vario titolo di aver seso che rischia di fare dilatare questrato la donna, nella noti tempi previsti per la senten- te tra il 24 e il 25 novembre za di primo grado portando 2009, di averla torturata e uccome conseguenza alla scar- cisa per poi scioglierla nelcerazione degli imputati. In- l’acido in una campagna del Milanese. fatti, se entro A fare “salluglio non tare” il prodovesse arriinterrogatori cesso in corvare il primo so è stata la verdetto del da rifare decisione del giudice le La figlia dovrà giudice Gripersone arreessere riascoltata solia che ha state ad ottobre dello così come gli altri accettato la a cascorso anno testi. «Per Denise nomina po di gabiper il delitto netto del della testisarà una nuova nuovo minimone di giusofferenza» stro di Giustizia tornestizia creanrebbero in libertà per dedo un caso correnza dei termini di custo- sul quale si era mobilitato andia cautelare. Eventualità che il presidente del Tribunaquesta che farebbe gridare al- le di Milano Livia Pomodoro, nel tentativo di far proseguire lo scandalo. Ieri i giudici della prima il processo tenendo valide le Corte d’assise di Milano, pre- testimonianze registrate agli sieduta da Anna Introini che atti. Gli avvocati della difesa, a ha sostituito Filippo Grisolia hanno accolto le richieste del- causa del cambiamento nella la difesa decidendo di azzera- composizione della Corte, re il processo nel quale sono hanno negato il consenso alla imputati l’ex convivente di “continuità” perché: «Il giuLea Garofalo, Carlo Cosco e dice che andrà in camera di altre cinque persone tutte ac- consiglio deve essere lo stesso Carlo Cosco che ha partecipato all’assunzione delle prove». Una richiesta procedurale che il collegio ha accolto disponendo di rinnovare l’attività istruttoria non potendo limitarsi alla lettura delle dichiarazioni rese. Occorrerà risentire i testi per «garantire il rispetto dell’oralità del dibattimento». Nel motivare la decisione di “azzerare” il processo i giudici hanno citato una sentenza della corte di Cassazione, intervenuta il 6 aprile 2011 su un caso simile, e hanno disposto di «dare rinnovo all’attività istruttoria non potendosi limitare alla lettura delle dichiarazioni rese», ordinando di «risentire i testi e ripartire tenendo salvo l’ordine di ammissione». La notizia ha provocato la ferma reazione dei legali rappresentanti delle parti civili che hanno chiesto venga imposto dal Tribunale un ritmo serrato alle udienze e che, entro luglio, si arrivi a una sentenza di primo grado. «La difesa ha esercitato la sua facoltà - ha spiegato Roberto D’Ippolito, il legale della madre e della sorella di Lea Massimo Sabatino Vito Cosco Giuseppe Cosco Garofalo - purtroppo il rischio gni erano stati gli autori del concreto è quello che gli im- delitto di Lea. Dichiarò di non putati tornino in libertà, e su aver mai avuto il coraggio di questo bisognerà vigilare». parlare perché temeva di es«I familiari - ha aggiunto sere ammazzata così come l’avvocato- sono rimasti scon- avevano fatto con la madre. certati da Per affretquesta decitare i tempi sione e per ed evitare le giustizia Denise torscarcerazioni nare in aula il pm Marcela rischio sarà una lo Tatangelo Entro luglio il nuova soffeha già ricontermine per renza ma è vocato in aula una ragazza i primi testiemettere molto forte. I moni, ed ha la sentenza miei assistiti subito dato dopo aver seguito alla ed evitare le appreso la sostituzione scarcerazioni notizia hanuno dei legali no reagito degli imputati, l’avvocato tutti con molta determinazione decisi Vincenzo Minasi, arrestato a ottenere giustizia in nome mercoledì in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip di Lea». Come gli altri testimoni an- di Milano per l’inchiesta delche Denise dovrà ripetere la la Dda contro la cosca dei Valdeposizione resa in aula a set- le-Lampada con l’accusa di tembre ripercorrendo l’odis- concorso esterno in associasea vissuta tra il 2002 e il zione mafiosa, rivelazione di 2008 assieme alla madre. In segreti d’ufficio e intestazione quell’occasione, la 19enne ri- fittizia di beni. Per procedere in maniera ferì al giudice di quando andò a vivere dal padre e per un an- spedita è stato fissato un fitto no fece finta di nulla pur sa- calendario di udienze. Sei a pendo che lui e i suoi compa- gennaio, sette a febbraio e al- Confiscati beni per 30 milioni Il patrimonio era di propietà dell’imprenditore Arcuri CATANZARO Beni mobili e immobili sono stati confiscati dagli uomini della Direzione investigativa Antimafia di Catanzaro, per un valore di 30milioni di euro all’imprenditore crotonese, Francesco Arcuri, di 62 anni di origine crotonese. Un’indagine nata dopo che l’imprenditore è stato condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per il reato di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose il 15 aprile 2009 nell’ambito dell’operazione “Obra”. Confiscati due aziende di Crotone, la “Arcuri Francesco impresa individuale” dedita al recupero, riciclaggio di rifiuti solidi urbani ed industriali e la società “Resycling srl” che si occupa del riciclo di rifiuti, trasloschi e compattazione di container, 4 terreni, 11 fabbricati, 6 autovetture, 41 mezzi industriali e 12 rapporti finanziari. Il personale della Dia ha com- La conferenza stampa tenutasi a Catanzaro e in alto il 62enne Francesco Arcuri, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione piuto una serie di verifiche ed accertamenti sul patrimonio di Arcuri e su altri componenti del suo nucleo familiare. Dai rilievi svolti sarebbe emersa una sproporzione enorme tra i redditi dichiarati ed i beni materialmente in loro possesso. Accertamenti che hanno riguardato l’arco tempo- rale compreso tra il 1985 ed il 2009, e riferiti ai cespiti diretti e indiretti in qualunque modo riconducibili ad Arcuri, attraverso l’analisi dei bilanci aziendali, la copiosa documentazione bancaria, allo scopo di dimostrare, la netta sproporzione tra il reddito dichiarato ai fini delle impo- ste dirette e le attività economiche esercitate. Il provvedimento di confisca è stato adottato dalla Corte di Appello di Catanzaro su proposta della Procura generale, in seguito agli accertamenti eseguiti dalla Dia di Catanzaro. I dettagli dell’operazione sono sta- tre sei a marzo, con l’obiettivo di arrivare alla sentenza di primo grado prima di luglio. Ciò secondo il ministro della Giustizia Paola Severino dovrebbe assicurare una celebrazione del processo in tempi rapidi, «tali da riassorbire le conseguenze del mutamento nella composizione del collegio». Intanto un appello al ministro della Giustizia, Paola Severino, affinché il suo nuovo capo di gabinetto Filippo Grisoli, possa completare il processo è stato lanciato da Alfredo Mantovano e Guido Crosetto (Pdl). «È nella prassi - sostengono i due deputati - che in casi del genere vi siano effetti negativi sui giudizi in corso che segue chi è chiamato a svolgere il nuovo incarico. Ma è nella medesima prassi, raccomandata dal Csm e dall’Anm, che chi cambia funzione salva le pendenze più importanti, per evitare rischi (sussistenti nel caso specifico) di liberazione per decorrenza termini degli imputati, e comunque gravi disagi per i testimoni». In questa vicenda, proseguono, «ciò non è accaduto. Ben consapevoli della sensibilità della Severino, le rivolgiamo un appello, anche alla stregua della esperienza istituzionale da ciascuno di noi svolta fino a qualche giorno fa, perché questi rischi e questi disagi, che potrebbero essere irreparabili, siano scongiurati; perché, quindi, disponga che la completa assunzione del nuovo incarico da parte di Grisolia gli permetta di completare almeno il processo in questione». FRANCESCO FERRO [email protected] ti illustrati nel corso di una conferenza stampa negli Uffici della Procura generale di Catanzaro alla presenza del procuratore generale di Catanzaro Santi Consolo, Domenico Prestinensi e il coordinatore della Dia di Catanzaro Antonio Cannarella. «Tutta la magistratura requirente del distretto è impegnata nel garantire lo sviluppo sano dell’economia del territorio - ha detto Consolo - che si attua anche aggredendo il patrimonio illecito che costituisce il limite e il cancro alle libere iniziative del cittadino scevre anche da comportamenti estorsivi nei confronti di chi invece vuole lavorare onestamente». È la tappa di un progetto, come ha sottolineato Cannarella:« che parte da un’attività d’indagine durata due anni e che mira ad individuare in maniera radicale tutte le ricchezze patrimoniali illecite che possono essere aggredite con gli strumenti che il legislatore mette a disposizione». Secondo le indagini dell’ epoca, l’estorsione sarebbe avvenuta ai danni di un responsabile della Biomasse spa impegnata nella realizzazione di una centrale a Strongoli. Gabriella Passariello 12 VENERDÌ 2 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O Violentarono un disabile Stangata per gli “Orchi” Per i 9 imputati pene più severe rispetto alle richieste del pm COSENZA Condanne decisamente più pesanti di quelle chieste dal pubblico ministero: le ha inflitte il giudice del tribunale di Cosenza Salvatore Carpino ai 9 imputati del processo (celebrato con il rito abbreviato) per violenza sessuale. La sentenza è stata emessa ieri intorno all’una. Le pene vanno dai 7 ai 5 anni di reclusione. Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli di aver ripetutamente abusato di un ragazzo disabile. I fatti sono avvenuti a Cosenza tra il 2003 e il 2010. Inizialmente gli imputati erano 13. Sono quattro, dunque, quelli che saranno giudicati con il rito ordinario (Mario Aiello, Eugenio De Cicco, Franco Adamo Spadafora e Antonio Spadafora). Il dibattimento è iniziato lo scorso 8 novembre. Ed ecco le condanne: 7 anni di reclusione per Giuseppe Pugliese ; 6 anni di reclusione SENTENZA DI PRIMO GRADO LE CONDANNE DEL GIUDICE Giuseppe Pugliese 7 anni Pasquale Andali 6 anni Antonio Donvito 6 anni Vincenzo Gagliano 6 anni Cosimo Pastorello 5 anni e 4 mesi Giuseppe Santoro 5 anni Aldo De Rose 5 anni Massimo Lo Monaco 5 anni Ferdinando Mele 5 anni per Pasquale Andali, Antonio Donvito e Vincenzo Gagliano; 5 anni e 4 mesi per Cosimo Pastorello; 5 anni per Aldo De Rose, Massimo Lo Monaco, Ferdinando Mele e Giuseppe Santoro. Gli imputati sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al risarcimento della parte civile, rappresentata dall’avvocato Valeria Baffa. Il giudice ha disposto per tutti, infine, COLPEVOLI I nove imputati sono stati riconosciuti tutti colpevoli di aver abusato più volte di un ragazzo disabile. Il processo scaturisce dall’operazione “Orchi”. Nella foto in alto la conferenza stampa, accanto il pm Tridico l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Decisive ai fini della condonna sono state le perizie psichiatriche fatte sulla vittima. I grandi interrogativi di questo processo erano sostanzialemente: può una persona affetta da disabilità psichica dare il proprio consenso a fornire consapevlmente prestazioni sessuali? E soprattutto, può essere definito vittima di violenza una persona che in diverse circostnze è stato anche parte attiva nei rapporti sessuali con gli imputati? La risposta che si è dato il giudice, evidentemente, è no. Che poi è la tesi sostenuta dal pubblico ministero sia nella requisitoria sia nelle repliche alle discussioni degli avvocati. Il processo scaturisce dall’operazione Orchi, del 5 aprile scorso. Quel giorno finiro- no in manette 13 persone accusate di aver ripetutamente abusato sessualmente di un ragazzo disabile. Una brutta storia che racconta della depravazione di un gruppo di persone ma anche del degrado del contesto sociale nel quale si sono svolti i fatti. Un contesto sottolineato sia dal pubblico ministero Antonio Bruno Tridico sia dagli avvocati difensori, che non rappresenta certamente un’attenuante, ma che comunque contribuisce a spiegare fatti altrimenti incredibili. Le indagini vennero condotte dai carabinieri della stazione di Cosenza centro storico, guidati dal maresciallo Cosimo Saponangelo, che avevano capito da tempo che c’era qualcosa che non andava nella vita del ventottenne Andrea Posteraro. Un giorno si presentarono a casa del ragazzo chiedendogli spiegazioni a proposito di certe voci e lui si confidò col ma- resciallo. Secondo l’accusa dietro le violenze non c’era una regia. Gli imputati sarebbero entrati in contatto con il disabile attraverso un diabolico passaparola che lo segnalava come soggetto disponibile e che col tempo ha dato vita a una sorta di club dei pervertiti. Il giovane raccontò come avvenivano gli incontri, i posti dove gli orchi lo portavano per consumare i rapporti, le violenze e le perversioni alle quali lo sottoponevano. Un campionario degli orrori che fece rabbrividire gli inquirenti e l’opinione pubblica. Gli avvocati difensori degli imputati (tra gli altri Matteo Cristiani, Dario Scrivano, Amalia Falcone, Giuseppe Lanzino, Angelo Nicotera, Paolo Pisani, Luigi Bonofiglio e Giuliana Ricioppo) hanno preannunciato il ricorso in appello. ALESSANDRO BOZZO [email protected] attentato alla procura di reggio «Compatibilità parziale» La perizia sul motorino di Cortese e quello del video della bomba CATANZARO Compatibili ma solo parzialmente le parti meccaniche del motorino di Antonio Cortese, ritenuto l’esperto di esplosivo e mercenario al servizio dei grandi casati mafiosi reggini con il fogramma che si vede nel video dell’attentato alla Procura generale. Mentre sono risultati incompatibili i pantaloni della tuta indossati dallo stesso Cortese. Una conclusione che si evince dalla perizia effettuata da Michele Mininni e depositata ieri davanti al gip di Catanzaro, Assunta Maiore, che ha acquisito gli esiti degli accertamenti tecnici nel corso dell’incidente probatorio. Due dei diversi quesiti relativi all’integrazione peritale nell’ambito dell’inchiesta sulle bombe fatte esplodere lo scorso anno contro la Procura generale di Reggio e l’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro, e sull’intimidazione al procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, con un bazooka fatto trovare davanti la sede della Dda reggina, sono stati, quindi, svelati. Il prossimo 19 dicembre verrà ascoltato il perito in merito alla consulenza depositata in atti dallo stes- “Free village” Chieste 6 condanne per estorsione L’immagine della videosorveglianza sulla bomba piazzata alla Procura il 3 gennaio so Mininni. L’incidente probatorio si è focalizzato proprio su quel ciclomotore Honda SH300 sequestrato a Cortese, modello analogo rispetto a quello che risulta dal fotogramma. In altre perizie sono state trovate numerose tracce di im- CATANZARO Sei condanne sono state chieste dal pubblico ministero, Vincenzo Capomolla, nel processo con rito abbreviato per le presunte estorsioni nei confronti di una società che gestisce un villaggio turistico a Sant’Andrea dello Jonio. Il processo è in corso davanti al giudice per le udienze preliminari, Antonio Rizzuti. Il pubblico pronte digitali, ma su nessuna di queste è stata possibile effettuare una comparazione. In altri termini, non si sono potuti utilizzare i numerosi frammenti di impronte digitali trovati su alcuni elementi. I periti non hanno trovato nessu- ministero ha chiesto la condanna a 19 anni di reclusione per Mario Mongiardo, ritenuto dagli inquirenti un elemento di spicco della cosca Gallace di Guardavalle; 14 anni di reclusione per Francesco Corapi, 5 anni un mese e 10 giorni per Bruno Ranieri, 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per Cosmina Samà, 8 anni di reclusione per Francesco Ranieri na traccia biologica dalla quale si nascosto sotto un vecchio materaspossa estrarre il Dna. Nell’ambito so abbandonato ai margini di una dell’inchiesta sulle intimidazioni ai strada utilizzata dagli uomini del magistrati reggini nei mesi scorsi pool antimafia nei loro spostamensono state arrestate 4 persone, rite- ti da e per gli uffici giudiziari ospinute mandanti ed esecutori della tati al Cedir, il centro direzionale della città. strategia della tensione. Accertamenti saranno compiuti L’inchiesta ha avuto un impulso decisivo dalle dichiarazioni del boss anche sulla cabina telefonica dalla pentito Antonino Lo Giudice, che si quale Cortese, secondo l’accusa, ha è auto accusato di essere il mandan- avvertito il 113 della presenza del te ed ha chiamato in causa il fratel- lanciamissili, e sulla registrazione lo Luciano ed altre due persone: della telefonata per avere la certezAntonio Cortese e Vincenzo Punto- za che a chiamare sia stato proprio il presunto artificierieri, legato allo re della cosca, l’uostesso Cortese, acmo indicato dal cusati dell’esecuzioi risultati boss pentito Antone materiale dell’atnino Lo Giudice, ditentato. della perizia feso dai legali Aldo La perizia si è foSono risultati Casalinuovo e Filipcalizzata su alcuni incompatibili i po Caccamo, che ricapi d’abbigliamensponde come preto trovati a casa di vestiti di Cortese sunto istigatore dei Cortese e Puntoriecon quelli due attentati, perri che, secondo l’acché all’epoca dei cusa, sarebbero indossati da uno fatti era detenuto. compatibili con dei due attentatori Cortese è stato sotquelli indossati da toposto a perizia uno dei due attenantropometrica per tatori, il Cortese appunto, ripreso da una telecamera al confrontare i dati ottenuti dall’esamomento di sistemare l’ordigno la- me del filmato registrato dalla telesciato davanti la Procura generale. camera dell’impianto di video sorDa analizzare anche i resti delle veglianza sistemata all’esterno delbombe fatte esplodere in via Cimi- la Procura generale. no e in via Rosselli, oltre al bazooka GABRIELLA PASSARIELLO fatto ritrovare su un marciapiede, [email protected] e 4 anni per Luigi Barbieri. Al termine della requisitoria il processo è stato aggiornato al 19 gennaio quando inizieranno le arringhe difensive. Nell’inchiesta sono coinvolte complessivamente nove persone di cui cinque hanno scelto il processo con rito abbreviato mentre per gli altri quattro è in corso l’udienza preliminare. L’accusa sostiene che la società Iperclub di Roma, proprietaria di 120 appartamenti nel villaggio e gestore dell'albergo, era costretta a pagare ingenti somme di denaro sotto varie forme. Alla società, inoltre, venivano imposte anche le forniture di materiale e l’assunzione di personale che, pur avendo un regolare stipendio, non si presentava a lavoro. 13 VENERDÌ 2 dicembre 2011 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O intimidazione GIOIA T. (RC) Una bomba è stata fatta esplodere la notte scorsa davanti al portone di casa d’un sostituto commissario della polizia di Stato a Gioia Tauro. L’ordigno, secondo quanto appreso nella giornata di ieri, ha provocato danni ingenti: ha divelto il portone della palazzina del quartiere Marina della città del porto dove vive il poliziotto insieme alla sua famiglia, gli infissi di alcune finestre e danneggiato le autovetture che si trovavano nelle vicinanze dell’abitazione del sostituto commissario Piero Spadafora. Il poliziotto, dopo un lungo servizio al Commissariato di polizia di Gioia Tauro, è stato poi trasferito cautelativamente a quello di Taurianova dopo che è stato minacciato più volte anche attraverso delle scritte sui muri della città. Il sostitu- Una bomba sotto casa del poliziotto Con un ordigno fanno saltare in aria il portone dell’abitazione di Spadafora to commissario Spadafora è uno degli uomini della polizia di Stato più conosciuti e stimati nella Piana di Gioia Tauro, un investigatore che ha partecipato praticamente a tutte le più delicate indagini condotte contro la criminalità organizzata nel territorio negli ultimi 20 anni. Da quanto appreso, la bomba - forse rudimentale - è stata piazzata proprio davanti al portone d’ingresso della palazzina dove abita Spadafora. L’esplosione sarebbe avvenuta intorno alle 3 e mezza di mercoledì notte. La notizia è circolata in città fin dalle prime ore del mattino. Un coro di solidarietà si è sollevato da parte della politica e della società civile gioiese che ha condannato in modo duro l’atto intimidatorio. «Piena ed incondizionata solidarietà è stata espressa dal sindaco Renato Bellofiore e da tutta l’amministrazione comunale, al sostituto commissario, per il vile atto intimidatorio. Un fatto gravissimo, scellerato, che condanniamo senza appello e con riferimento al quale auspichiamo che venga al più presto fatta chiarezza. Si tratta di un gesto che ha colpito al cuore tutte le istituzioni e la società civile di Gioia Tauro, ma che non può e non deve indebolire la forza e la determinazione de- gli operatori dello Stato che con coraggio, onestà e spirito di abnegazione prestano il proprio servizio a favore della comunità. Siamo qui a dare un messaggio tangibile della nostra vicinanza al Commissario, uomo dello Stato al quale va la nostra sincera riconoscenza e ammirazione per la encomiabile attività svolta a Gioia Tauro». L’attentato a Spadafora è solo l’ultima di una serie di violenze consumate nella città del porto negli ultimi mesi. Violenze contro commercianti e privati cittadini che hanno spinto il primo cittadino a chiedere un tavolo di confronto con il prefet- Anziana rapinata e uccisa In manette i tre banditi Fermato il primo, confessa tutto. Arrestato anche il papà VIBO VALENTIA Davanti alle prove schiaccianti, e alle domande pressanti, ha ceduto. Ha confessato. Ha fatto il nome dei suoi presunti complici. Ha ammesso di essersi introdotto nella casa di Isabella Raso insieme ad altre due persone, il 14 luglio scorso. Per fare una rapina. Una rapina finita nel peggiore dei modi. La Raso, casalinga che viveva da sola a San Calogero, comune del Vibonese, il 16 luglio era stata ritrovata cadavere. Soffocata perché aveva tentato di divincolarsi dalle grinfie dei suoi aguzzini. Da quel giorno i carabinieri di San Calogero e della Compagnia di Tropea, diretti dal capitano Francesco Di Pinto, e i loro colleghi del Reparto operativo, guidati dal maggiore Vittorio Carrara, avevano avviato indagini ad ampio spettro, battendo da cima a fondo gli angoli del paese, i luoghi frequentati da pregiudicati, qualsiasi posto in cui si poteva raccogliere anche un solo elemento utile. Questo lavoro sul campo, unito alla scrupolosità con la quale è stata preservata la scena del crimine, ha permesso di accumulare le prove che oggi inchiodano Domenico Grillo, 21 anni di San Calogero, raggiunto da un provvedimento di fermo di indiziato di delitto vergato dal procuratore di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, ed eseguito dai militari del comandante provinciale Daniele Scardecchia. Mentre il positivo esito delle indagini - culminate col fermo del giovane e anche di suo padre, Salvatore Grillo, 50 anni, accusato di porto d’arma clandestina - veniva illustrato nel corso di una conferenza stampa negli uffici della Procura dagli inquirenti, il pm Vittorio Gallucci, il luogotenente dell’Arma della sezione di pg, Le armi trovate in casa di Salvatore Grillo Dmenico Grillo (21 anni) Salvatore Grillo (50 anni) Stefano Marando ed alcuni mi- entrambi di San Calogero e litari della stazione di San Ca- pregiudicati. Adesso tutti e tre, logero, mettevano sotto tor- rinchiusi nel carcere di Vibo chio il presunto assassino. Un Valentia, dovranno rispondeinterrogatorio re di omicidio terminato con e rapina agGrillo cede e fa la confessione gravati in subito i nomi dei da parte del concorso. giovane, tra Nel corso complici mentre l’altro con dell’incontro a casa del padre precedenti, il con i giornalisi trovano armi quale, incalsti il procurazato dagli intore Spavestigatori, infine faceva il no- gnuolo ha voluto sottolineare me di altre due persone, suc- il lavoro capillare svolto dai cacessivamente individuate e fer- rabinieri, parlando delle indamate dai carabinieri di Tropea: gini che continueranno - ma si tratta di Francesco Todarel- che stando all’evolversi della silo, operaio di 45 anni, e Luigi tuazione sono terminate prima Zinnà, nullafacente di 25 anni, del tempo - e del contesto nel quale si verificano questi episodi criminali, «che colpiscono sempre, e non è un caso, persone deboli, spesso sole, che però mettono qualche risparmio da parte e magari lo tengono in casa. Insomma - ha chiarito Spagnuolo - chi colpisce va a colpo sicuro». Il tenente colonnello Daniele Scardecchia ha voluto volgere un pensiero proprio a chi non c’è più, la signora Raso, e ai suoi familiari, ringraziando al contempo «i miei carabinieri, che - ha affermato - si sono dimostrati ancora una volta all’altezza della situazione, raggiungendo risultati importanti per garantire la sicurezza della collettività». Il capitano Di Pinto, invece, ha spiegato nel dettaglio i passaggi dell’indagine, per la quale ci si è avvalsi del lavoro degli agenti della Scientifica e del medico legale Katiuscia Bisogni nell’immediatezza dell’accaduto; ma che poi è proseguita con un’opera di intelligence: «Abbiamo battuto a tappeto soprattutto i locali frequentati da pregiudicati. In particolare, dagli elementi in nostro possesso, siamo riusciti a stabilire una relazione tra un bar e chi ci praticava, e la rapina finita in tragedia nella casa di Isabella Raso». Il comandante della Compagnia di Tropea, poi, ha spiegato anche che, sempre ieri, è stato fermato il padre del giovane Grillo, Salvatore, residente a San Vito sullo Ionio, nel Catanzarese. All’alba i militari hanno bussato alla sua porta, e sotto il letto dove stava dormendo è stata ritrovata una pistola clandestina e un coltello, insieme ad altre munizioni. Di questo reato dovrà rispondere il padre. Mentre per Domenico Grillo, Francesco Todarello e Luigi Zinnà la situazione appare ben più grave. GIUSEPPE MAZZEO [email protected] to di Reggio Calabria Luigi Varratta durante il quale si discuta delle contromisure da prendere. La prefettura, nella giornata di ieri, ha accolto l’appello del sindaco convocando a Gioia Tauro per mercoledì prossimo Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Francesco Altomonte infrastrutture Nuova aerostazione Sacal incassa il sì dall’Ue LAMEZIA TERME (CZ) La commissione europea ha ritenuto «ammissibile» il progetto denominato “Nuova Aerostazione di Lamezia Terme”, presentato dalla Giunta regionale della Calabria. Lo rende noto la Sacal, la società di gestione dello scalo, che ha espresso «grande soddisfazione per la notizia ed ha ringraziato per la positiva attenzione dimostrata il presidente Giuseppe Scopelliti e gli assessori Giacomo Mancini, che guida il dipartimento programmazione nazionale e comunitaria, nonché l’assessore ai Lavori Pubblici, Pino Gentile». Nel sottolineare «l’importanza di questo ulteriore passo in avanti verso la realizzazione di un’infrastruttura fondamentale per lo sviluppo economico e sociale dell’intera Calabria», il presidente della Sacal, Vincenzo Speziali, è scritto in una nota, «ha ricordato che il prossimo dicembre si terrà a Lussemburgo, alla Commissione Ue, un’apposita riunione che accanto ai vertici della Regione Calabria e degli ingegneri Laganà e Zinno che stanno curando la pratica presso i competenti organismi dell’Unione Europea, vedrà anche l'ingegnere Clericò e il dottor De Grano per conto della Sacal. Nel corso del vertice verranno illustrati gli aspetti tecnici e amministrativi legati alNel corso di un l’opera». internazionavertice europeo le «L’aeroporto di Lamezia Terme - proseverranno esibiti gue la nota - nodo strategico il sistema di trasporti in gli aspetti tecnici per Calabria e primaria porta dell’opera d’accesso per la regione, proprio nei giorni scorsi ha raggiunto il significativo traguardo dei due milioni di passeggeri. L’aumento delle rotte e del traffico ha già comportato la realizzazione, in tempi rapidi, di un nuovo terminal, struttura modulare e prefabbricata inaugurata il 12 novembre scorso. L’imponente ritmo di crescita dell’aeroscalo impone l’avvio di servizi sempre più efficienti e moderni, ma potrà essere adeguatamente supportato dalla realizzazione di una nuova Aerostazione che sarà capace di assicurare la movimentazione di circa quattro milioni di passeggeri. La Giunta regionale ha ricordato che tale opera si inquadra in un programma pluriennale di interventi volti al potenziamento e all’ammodernamento delle infrastrutture aeroportuali calabresi, in un disegno di sviluppo che ha privilegiato grandi interventi strategici rispetto a interventi a pioggia giudicati inidonei a cambiare il volto della Calabria». Speziali, infine, ha ricordato che dal primo dicembre scorso è stata aperta al pubblico la nuova Sala Business, intestata alla memoria di Gianni Versace, uno dei migliori esempi del genio e della laboriosità di Calabria. VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 17 l’ora di Reggio tel. 0965 324336-814947 - fax 0965 300790 - mail [email protected] - indirizzo via Nino Bixio, 34 MELITO PORTO SALVO BAGNARA - GRAMUGLIA Bilancio di previsione Ecco la relazione Scuola media: anullare la convenzione > pagina 25 > pagina 27 PALMI BIANCO Camera penale: «C’è un clima inquietante» Il sindaco: «L’Arpacal è attendibile» > pagina 30 > pagina 36 Giovani e legalità, binomio ok Gerbera gialla all’ombra della cronaca. Musella: «Non possiamo fare finta» «Siamo ancora più decisi di prima a proseguire l'impegno per la legalità sostenendo iniziative come quelle di “Riferimenti” che mirano a diffondere la cultura del rispetto delle regole tra i giovani. Non si può fare di tutta l'erba un fascio per episodi singoli screditando istituzioni, magistratura e forze dell'ordine. Siamo, in maggioranza, gente perbene che s'impegna a fondo per la propria terra. Tutti questi ragazzi ci danno maggiore forza per andare avanti. Ciò che distingue il politico sono i fatti e la politica deve stare attenta ai suoi comportamenti». Il presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico cerca di infondere serenità in occasione della presentazione, ieri mattina a palazzo Campanella, del nuovo programma nazionale “Gerbera Gialla” dell'associazione “Riferimenti” rivolto agli studenti della scuole all'indomani del podero- Da sinistra Lombardo,Varratta, Musella,Talarico, Nicolò, Nunnari, Angelosanto, Di Gesù so blitz antindrangheta che ha portato all'arresto di 7 persone, tra cui il consigliere regio- gazzi – con questi arresti che ci lasciano sgo- la che ripercorre il tragico decennio di sangue nale Francesco Morelli e il giudice del tribu- menti e disorientati, per non dire nauseati. 1982-1992 di tante vittime della mafia, ricorNon vi vengono offerti riferimenti certi ma date, durante la presentazione, con un video nale di Reggio Vincenzo Giglio. «Ci auguriamo che possa provare la sua in- noi lavoriamo sempre con voi per sviluppare molto toccante che ha portato all'attenzione nocenza», afferma Talarico. Una vicenda in- la vostra coscienza critica in modo da poter dei ragazzi il significato profondo dell'iniziativa. quietante i cui echi imbarazzanti non pote- giudicare e scegliere liberamente. «Alla nostra Calabria dobbiamo le origini e La mafia è impersonificata vano certo lasciare indifferentanto del nostro essere e quindi dobbiamo rinon da chi spara ma dalla zote una sala Calipari colma di Le iniziative na grigia». Pensiero, quest'ul- cambiarla con il massimo impegno per la sua studenti, provenienti dalla ricorderanno timo, condiviso anche da Ta- crescita», sottolinea il pm reggino Giuseppe Calabria e dalla Sicilia per un larico, condividendo che Lombardo. «Per ottenere questo obiettivo – progetto di legalità, sposato il ventennale «non bisogna fare di tutta prosegue – dobbiamo capire che per fare delproprio dal Consiglio regiodelle stragi l'erba un fascio. Il presidente le scelte bisogna conoscere e solo chi è in granale. L'iniziativa, partita ieri, in Sicilia del Consiglio regionale pro- do di compierle è un uomo libero». Ai ragazsi concluderà a maggio dopo muove il nostro progetto e zi lancia un invito forte consegnando loro le una serie di incontri e seminari nelle scuole con una manifestazione na- quindi non tutti i politici sono uguali. Gli uo- chiavi del futuro: «Non esprimete mai giudizionale in occasione del trentennale della mini passano, le istituzioni no quindi massi- zi sommari. Solo comprendendo le ragioni morte dell'imprenditore Gennaro Musella, mo rispetto. Noi ci siamo». “Non li avete uc- del vostro studio potrete camminerete con le padre di Adriana, leader di “Riferimenti”, bar- cisi: le loro idee camminano sulle vostre gam- vostre gambe. Se la Calabria non vi piace sta baramente ucciso dalla 'ndrangheta nel 1982. be”. Il contenuto del progetto di “Riferimen- a voi farla diventare qualcosa di diverso». «Non posso certo far finta che non sia succes- ti” sta tutto in questa frase posta come maniALESSANDRO CRUPI so niente – dice la Musella rivolgendosi ai ra- festo del calendario 2012 della Gerbera [email protected] Il Riesame accoglie l’istanza degli avvocati difensori Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria (Caterina Catalano presidente, Eugenio Aliquò e Margherita Amodeo a latere) ha accolto il ricorso in appello dei difensori di Vincenzo Verduci, gli avvocati Antonino Napoli e Luciano Battista, avverso il rigetto dell’istanza di scarcerazione nell’ambito del processo “Meta”. A Verduci viene contestato il reato di estorsione e danneggiamento aggravato dal metodo mafioso per aver organizzato il tentativo di estorsione di un fon- do di proprietà di Vincenzo Buceto e nell’interesse del quale avrebbero agito Rocco Morfea (deceduto), Giuseppe Antonio Italiano (deceduto), Giasone Italiano e Domenico Rugolo anche con la commissione di diversi atti intimidatori e di danneggiamento di beni nella disponibilità della famiglia Buceto (un frantoio oleario della cooperativa “Delia” di cui era presidente Giuseppe Guadagnino, genero di Vincenzo Buceto e dieci bobine di reti per la raccolta delle olive). Le indagini avevano portato a individuare in Vincenzo Verduci il “Cecè” a cui si faceva riferimento nell’intercettazione ambientale captata a Reggio Calabria nell’abitazione di Cosimo Alvaro. Dopo le indagini difensive sul colloquio ambientale intercettato sono emersi una serie di elementi idonei a determinare la revoca della custodia cautelare in carcere durata quasi un anno e sette mesi. Durante le indagini preliminari la difesa aveva chiesto un incidente probato- DIVIETI DI SOSTA PER LE POTATURE CEDIR OFF LIMITS Avvocati sul piede di guerra contro il Comune di Reggio Calabria. Pomo della discordia, ancora una volta, i parcheggi del Cedir. Come era già successo poche settimane fa, di nuovo ieri è stata disposta la potatura degli alberi di mattina. Proprio nel momento del giorno in cui c’è una maggiore affluenza di persone in quell’area tra avvocati, imputati a piede libero, utenti degli uffici che si trovano al centro direzionale, personale degli stessi uffici. Se già di solito è difficile trovare posto, con la concomitante pulizia degli alberi che ha ridotto lo spazio, ieri è diventata quasi una mission impossible. Oltre ai comprensibili disagi, nel parcheggio del Cedir si sono presentati agenti della polizia municipale in forze e carro attrezzi che hanno rimosso le auto posteggiate “per necessità”. Il presidente dell’ordine degli avvocati Vincenzo Panuccio ha scritto nuovamente la propria contrarietà all’accaduto. «Inutilmente –rileva- si è già richiesto che i servizi di manutenzione dell’area Cedir siano effettuati in orari pomeridiani proprio per non limitare il già esiguo numero di parcheggi. Si rammarica –prosegueche la più volte manifestata disponibilità, per ultimo con telegramma del 15 novembre 2011, a trovare soluzioni alternative ai giornalieri disagi che l’avvocatura reggina affronta non abbiano trovato risposta». IN CITTA’ operazione meta Verduci torna in libertà > parcheggi rio al fine di identificare esattamente il soggetto che i conversanti nelle intercettazioni ambientali chiamavano con l’appellativo “Cecè”. La perizia ha escluso che i conversanti abbiano mai pronunciato il cognome Verduci. La difesa ha inoltre dimostrato l’erroneità del presupposto accusatorio attinente all’interesse di Vincenzo Verduci sul fondo di Vincenzo Buceto. Tutti i soggetti escussi hanno riferito che Verduci «era interessato all’acquisto del fondo appartenente a Domenico Buceto giammai a quello di cui era titolare Vincenzo Buceto, suocero di Giuseppe Guadagnino, oggetto dei gravi atti di intimidazione e danneggiamento per il rifiuto opposto alle richieste loro rivolte». Non rispetta gli obblighi e torna dietro le sbarre I carabinieri della Stazione di Reggio Calabria-Rione Modena hanno eseguito un’ordinanza custodia cautelare a carico di A.P., di 35 anni. Il provvedimento scaturisce da inosservanza degli obblighi imposti con la misura cautelare in atto, accertati dai carabinieri della Stazione Rione Modena. Automobile distrutta in un incendio doloso È stata incendiata nella notte tra mercoledì e giovedì la Suzuki Gran Vitara di proprietà di P. S. di 53 anni. Le fiamme hanno distrutto completamente il mezzo e danneggiato la parte anteriore della Fiat Punto di proprietà di M.T. di 57 anni che era parcheggiata nelle vicinanze. VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 30 l’ora della Piana Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected] PORTO OSPEDALI 0966 588637 AUTORITA PORTUALE CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911 0966 765369 DOGANA 0966 51123 GUARDIA DI FINANZA POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610 CARABINIERI 0966 52972 0966 52111 VIGILI DEL FUOCO GIOIA TAURO FARMACIE 0966 52203 PALMI 0966 267611 CITTANOVA 0966 660488 OPPIDO 0966 86004 POLISTENA 0966 942111 TAURIANOVA 0966 618911 Rosarno Ioculano 0966 51909 Rechichi 0966 52891 Tripodi 0966 500461 Alessio 0966 773237 Borgese 0966 712574 Cianci 0966 774494 Paparatti 0966 773046 Palmi Barone Galluzzo Saffioti Scerra Stassi 0966 479470 0966 22742 0966 22692 0966 22897 0966 22651 Taurianova Ascioti 0966 643269 Covelli 0966 610700 D’Agostino 0966611944 Panato 0966 638486 Palmi, la Camera Penale «Il clima è inquietante» Avvocati indagati, durissime critiche alla magistratura PALMI Più che un comunicato stampa sembra una dichiarazione di guerra. La Camera penale di Palmi, presieduta dall’avvocato Armando Veneto, ha diramato nella giornata di ieri una nota nella quale attacca frontalmente la magistratura, in merito al coinvolgimento di due dei suoi iscritti in una inchiesta della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria contro la cosca Gallico di Palmi. Nella giornata di mercoledì, infatti, l’avvocato Vincenzo Minasi è stato arrestato dalla squadra mobile di Milano con l’accusa di assiciazione mafiosa e una serie di altri reati. Lo stesso penalista è rimasto coinvolto, però, anche nell’indagine dell’antimafia reggina, accusato di avere favorito la cosca Gallico. In quest’ultima inchiesta è coinvolto anche un altro penalista palmese, Francesco Cardone, il cui studio, mercoledì scorso, è stato passato al setaccio dagli uomini del commissariato di Palmi. I due penalisti, in riferimento a quest’ultima inchiesta in cui sono stati arrestati tre presunti affiliati al clan Gallico di Palmi, sono accusati di favoreggimento a quella cosca FURIOSO Armando Veneto aggravato dalle modalità mafiose. Accuse pesantissime, alle quali la Camera penali di Palmi risponde a muso duro, schierandosi a fianco dei suoi due iscritti. In gioco, per i penalisti iscritti all’associazione, c’è «il diritto di difesa» che secondo gli avvocati «va sempe garantito proprio perché il diritto alla difesa si realizzi concretamente in assoluta libertà». «Il direttivo delle Camere penali di Palmi “Silipigni” - si legge nella nota a firma di Veneto - preso atto dell’avviso di garanzia e delle perquisizioni eseguite, tra gli altri a carico di sue suoi iscritti accusati di favoreggiamento aggravato commesso, secondo l’accusa, nell’esercizio del proprio mandato» auspica «che i colleghi possano dimostrare l’infondatezza degli addebiti con la speranza che la giurisdizione anche in questo svolga il suo compito di garanzia». Conclusa la parte relativa alla difesa dei due colleghi indagati, i penalisti si scagliano contro le «autorizzazioni ad intercettare i colloqui degli avvocati con i loro clienti» che per i penalisti sarebbero state rilasciate «sulla base di mere supposizioni circa il compimento di condotte illecite da parte di difensori». Proprio per questo motivo, la Camera penale «esprime seria preoccupazione circa l’utilizzo spropositato e sostanzialmente in via preventiva dello strumento intercettivo che incide sullo spazio che va sempre garantito proprio perché il diritto alla difesa si realizzi concretamente in assoluta libertà». Una posizione, quella delle Camere penali italiane già manifestata nelle scorse settimane quando i penalisti avevano indetto 5 giorni di astensione dalle udienza dal 14 al 18 novembre. Posizione, per altro, fortemente contestata dal procuratore Giuseppe Creazzo durante un CINEMA Gioia Tauro convegno svoltosi a Palmi e indetto dall’Ordine degli avvocati sulla deontologia professionale e il rapporto tra categorie, nel quale il capo della procura criticava aspramente la forma usata dalle Camere penali per motivare l’astensione accusando i penalisti di fornire ai cittadini un messaggio errato, quando paventavano una sorta di sottomissione della magistratura giudicante rispetto a quella requirente. Le critiche di Creazzo sono state contestate dal presidente dell’Ordine degli avvocati Francesco Napoli, che ha ricordato a Creazzo che gli avvocati «stanno cercando di mettere ordine al loro interno» attraverso una riforma che già è approdata in Parlamento e che lo stesso non si poteva dire della magistratura. Sulla scia della prima uscita delle Camere penali nazionali si innesta il comunicato di ieri che denuncia «il clima sempre più inquietante che si sta creando» e che «provoca oggettiva preoccupazione negli avvocati penalisti e spinge verso un modello di difesa marginale e allineata». Lo scontro sembra solo all’inizio. FRANCESCO ALTOMONTE [email protected] Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498 Chiuso Cittanova “Gentile” 0966 661894 Chiuso Polistena “Garibaldi” 0966 932622 Chiuso Laureana “Aurora” Chiuso ambiente Sequestrati due opifici e denunciati i proprietari GIOIA TAURO Con la Calabria in perenne emergenza rifiuti, le regole per lo smaltimento delle scorie provenienti dalla lavorazione delle olive, sono spesso messe in secondo piano dai produttori agricoli del comprensorio, quando non letteralmente ignorate. Come nel caso dei due frantoi sequestrati nella giornata di ieri dagli uomini del corpo forestale dello Stato. Un problema vecchio quello dello smaltimento delle scorie e delle acque reflue utilizzate nel procedimento di pulizia dei frutti, e che si ripresenta puntualmente nei mesi invernali in concomitanza con la stagione del raccolto e della spremitura. La forestale, impegnata in attività di controllo del territorio contro i reati ambientali, ha infatti scoperto che nell’opificio dall’ottantaduenne G.P., così come in quello gestito dal cinquantatreenne F.I., gli scarichi della produzione (i residui cioè della lavorazione della sansa e le acque utilizzate per la decantazione del prodotto) finivano semplicemente per essere veicolati in canaloni di scolo senza passare per alcun procedimento di smaltimento. I primo dei due frantoi sequestrati – i cui gestori sono stati entrambi denunciati alla Procura della Repubblica – situato in contrada Piana, per smaltire le scorie si era “organizzato” costruendo una canalina di scolo in cemento che a sua volta, tramite un tubo in pvc, convogliava e scaricava il percolato della sansa direttamente nel vallone antistante, senza che lo stesso subisse alcun trattamento. Anche le acque reflue impiegate per la pulitura delle olive, provenienti dalle vasche di lavaggio e decantazione, venivano convogliate e riversate direttamente nel vallone tramite un altro tubo in pvc. L’illecito veniva perpetrato grazie ad un rubinetto a saracinesca, occultata ad arte, che gli operai azionavano all’occorrenza. Il secondo opificio, a contrada Fiumarolo aveva sistemato sul piazzale antistante, un accumulo di sanza umida, il cui percolato si riversava direttamente su di un terreno limitrofo coltivato ad ulivi. Questo ha portato ad un più approfondito controllo dell’attività svelando, anche in questa circostanza, uno scarico illecito delle acque di lavaggio delle olive, provenienti da tre vasche separate. [email protected] GIOIA il caso Ordine pubblico Mercoledì tavolo con la Prefettura Durante la predica l’attacco all’antimafia Festa di S.Barbara, il parroco punta il dito contro lo scioglimento del Consiglio GIOIA TAURO «Sono cappellano del porto da tre mandati. In questi anni ho visto diversi cambiamenti, e altri ce ne dovranno ancora essere. Ho visto anni fa un comune a Gioia Tauro funzionare davvero bene, e siccome funzionava anche troppo bene, si è insinuato il dubbio, che ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose». Forti e sorprendenti le parole di don Natale Joculano riferendosi all’amministrazione Dal Torrione, durante la celebrazione della messa officiata ieri alla Capitaneria di porto di Gioia Tauro, in occasione della ricorrenza di Santa Barbara, patrona della Marina militare e del Corpo nazionale dei Vi- Un messaggio deciso quello di don gili del fuoco. “A che cosa ha portato Natale, comunicato con la pacatezza tutto questo? – ha proseguito il parro- che lo contraddistingue da sempre, co – Solo a far credere ai giovani che da anni dedito alla vita del porto e dei le istituzioni non siano un punto fer- marittimi stessi, fondando il centro di accoglienza “Stella Mamo e che di queste non ci si possa fi«Siccome l’Ente ris”, ma dal quale forse non ci si aspettava quedare. Stesso difunzionava sto tipo di riferimento. scorso vale per il porto. Negli anni Ad ascoltare le parole davvero bene splendidi era la del parroco, erano presi è insinuato gioia di tutti, oggi senti tutti i rappresenil dubbio» sta finendo. Ci autanti delle forze dell’orguriamo che ciò dine, in alta uniforme, non accada, ma se malauguratamen- e la maggior parte dei volti è sembrate dovesse succedere, che cosa gene- ta quantomeno colpita da una presa rerà nella mente dei giovani? Che di posizione così evidente da parte di l’unica cosa che rimane è la mala vita”. don Natale, che si è lanciato in una di- chiarazione avventata sul consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose. Sebbene l’intento fosse quello di far si che i giovani abbiano maggiore credibilità nei confronti delle istituzioni, l’esempio fornito è forse sembrato singolare, per di più in una cerimonia istituzionale come quella di ieri. EVA SALTALAMACCHIA [email protected] Il Prefetto Luigi Varratta, raccogliendo la richiesta del sindaco di Gioia Bellofiore, ha convocato per mercoledì prossimo il comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica per un aggiornato esame della situazione della sicurezza pubblica in quel comune. La tematica ha già formato oggetto di preliminare trattazione nella riunione tecnica di coordinamento interforze tenutasi in Prefettura lo scorso 29 novembre. r. p. VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 17 l’ora di Cosenza Tel. 0984 837661-402059 Fax 0984 839259 Mail: [email protected] COSENZA CASTROVILLARI Violentò la figlia Condannato docente Unical > pagina 19 CORIGLIANO La terra trema Altre 5 scosse in meno di 24 ore PAOLA Il caso infinito dell’autoparco incompleto > pagina 25 Delitto Serpa Individuati gli assassini > pagina 32 > pagina 37 Da Scopelliti a Gentile, tutti volevano frenarne l’ascesa Ecco gli intrighi politici che hanno preceduto l’arresto MORELLI troppi nemici per un misasi boy Non c'è solo un profilo penale nell'inchiesta che coinvolge Franco Morelli. Dagli atti d'indagine, infatti, emergono numerosi retroscena che confermano quanto, in parte, già era noto: ovvero, l'isolamento nel contesto politico calabrese del consigliere regionale originario di San Benedetto Ullano. Isolamento che, in alcuni casi, era diventato un vero e proprio accerchiamento. I “nemici”, infatti, Morelli li aveva in casa, all'interno del suo partito. Nel Pdl aveva attratto a sé un cospicuo seguito di militanti e quadri intermedi che rappresentavano la sua forza elettorale, insieme a un bagaglio di consensi personali provenienti dal mondo dell'associazionismo, in particolare da quello cattolico. Tuttavia, se da un lato la base lo adorava, dall'altro c'erano i big del partito a mettergli i bastoni tra le ruote. Dal gruppo vicino al governatore Scopelliti, passando per gli aficionados dei fratelli Gentile, nessuno faceva eccezione a tentare di ostacolare l'ascesa dell'ex misasiano. E' la regola della politica e succede un po' in tutti i partiti, ma stavolta c'è un pugno di intercettazioni telefoniche a dimostrare qualcosa in più. Captazioni che partono dall'aprile del 2010, a circa tre settima- tutta un'organizzazione fatta apposta». Va da sé ne di distanza dall'elezione che aveva sancito la che, lo scrutinio avvenuto pochi giorni prima lo riconferma di Morelli in consiglio regionale. Ri- avesse incoronato proprio come alternativa poconferma ottenuta con un boom di consensi, in litica ai Gentile, al punto che l'ex misasiano era particolare nella città di Cosenza. In quei giorni, arrivato a contendere a Pino Gentile il primato proprio lui era in corsa per un assessorato nella di voti nella città dei Bruzi. E non solo. «Si sono neonata giunta Scopelliti, ma inspiegabilmente, organizzati apposta per farci fuori - ribadiscono alla fine non se ne fece nulla. Da i suoi collaboratori nello stesso un dialogo tra due suoi collaboL’intercettazione: colloquio telefonico - e il primo ratori, registrato dagli inquirenè Scopelliti». Se così fosse, si «Tonino ha ti, si percepisce il loro punto di tratterebbe di una storia vecvista sul perché di quell'escluchia. Fin dai tempi di Alleanza mosso le acque sione. E cioè, che il senatore Tonazionale, infatti, non era mai in commissione nino Gentile potesse aver moscorso buon sangue tra Morelli antimafia» so le acque in commissione an(schierato con la Destra sociale timafia (di cui peraltro è comdi Gianni Alemanno) e la cerponente) per far uscire le voci su Morelli. Sareb- chia dell'attuale governatore, fedele alla linea di be questa la ragione per cui egli, temendo di es- Maurizio Gasparri. Al di là delle beghe corrensere indagato dalla magistratura, si sarebbe tizie, però, c'era soprattutto il pericolo che un ex rivolto al giudice Giglio per ottenere informa- dc come lui s'imponesse all'interno di An, prozioni al riguardo. Ma sarebbe anche questa, in spettiva che gli ex missini vedevano come il fuparte, la motivazione della sua bocciatura poli- mo negli occhi. Da qui, dunque, le ragioni di tica, o meglio ancora del «golpe» come lo chia- un'ostilità antica ed estesa anche ai suoi stessi mano i due intercettati. «La verità è questa. E' compagni di “corrente”: il deputato Giovanni Dima e il senatore vibonese Franco Bevilacqua. «Alemanno è una belva - chiacchierano i due morelliani - hanno chiamato Giovanni Dima e gli hanno detto: come mai non hai difeso la corrente?». Si riferiscono ancora al presunto “golpe”. Di Bevilacqua, invece, parla apertamente il diretto interessato, Franco Morelli, in un colloquio telefonico con il sindaco di Roma. «Dici che lui ti ha bruciato la trattativa?» gli chiede Alemanno, facendo riferimento all'assessorato regionale ormai sfumato in luogo di una più “tiepida” commissione Bilancio. «Dico solo e semplicemente che ci hanno preso in giro» gli ribatte l'ex delfino di Chiaravalloti con malcelata delusione. Morelli contro tutti, insomma. E niente di nuovo sul fronte calabrese. E' lo scenario che precede l'irruzione sulla scena della magistratura: con le manette, il trasferimento nel supercarcere di Opera e un carico d'accuse ancora tutte da dimostrare. Punto di domanda: può la situazione sopra descritta aver influito, anche solo in minima parte, sul precipitarsi degli eventi? A saperlo... Marco Cribari la scomparsa La massoneria piange Loizzo Addio al “muratore” comunista La notizia è balzata dal nord al sud dell’Italia nel giro di mezz’ora e anche meno, sulle reti telefoniche dei Fratelli. Uno dei vertici storici della Massoneria tradizionale tricolore, Ettore Loizzo, all’età di 85 anni si è spento. Meglio, «è passato all’Oriente Eterno», per i Liberi Muratori. Ingegnere di professione, Ettore Loizzo ha lasciato la sua vita terrena senza aver accumulato ricchezze materiali ma con una lunghissima e molto intensa esperienza ai massimi livelli del “potere” massonico. Iniziato all’Arte della Libera Murato- ria nel 1951, trent’anni dopo indossa i paramenti delle cariche più alte che il Grande Oriente d’Italia possa conferire ad un confratello. Nei primi anni Ottanta il suo partito, il Pci, solleva una questione d’incompatibilità con la Massoneria. Loizzo sceglie di abbandonare il partito. Tra il 1985 e il 1993 è uno dei due Gran Maestri Aggiunti dell’Ordine. Carica che ritorna a Cosenza solo dopo quasi tre lustri, con l’elevazione allo stesso rango dell’avvocato Antonio Perfetti. Ma il periodo cui toccò ad Ettore Loizzo, 33° grado del Rito Scozzese (Gran Tesoriere del Supremo Consiglio in carica sino ad oggi), incarnare il potere esecutivo del Goi in Italia, la Massoneria viveva forse uno dei suoi periodi più controversi dell’intera sua storia moderna, dove a fare da sfondo v’erano interessi torbidi e le relazioni interne si caratterizzavano per la loro asperrima conflittualità. «La Massoneria è la più grande scuola di ipocrisia che possa esistere», andava quasi predicando il Gran Maestro Aggiunto Loizzo, che per un breve periodo ha occupato lo scranno più elevato di Gran Maestro del Goi. La figura di Loizzo è stata certamente la sintesi calabrese di quel tempo che ha caratterizzato la Massoneria italiana, quando davvero i Fratelli erano organici ai massimi poteri istituzionali, ed il cui sistema degenerativo sfociò nella P2 di Licio Gelli. L’ingegnere cosentino fu un fervido promotore di nuove logge per quelle aree calabresi in cui non ve n’erano, come la locride, la piana di Gioia, lo Jonio cosentino. Le sue spoglie saranno esposte stamattina a mezzogiorno presso il Tempio sito in via Pietro De Roberto, nei pressi dell’ispettorato provinciale del lavoro. Luigi Guido 18 VENERDÌ 2 dicembre 2011 calabria ora C O S E N Z A il caso Solo la fuga gli è riuscita. Anche se per un pelo. Sono tornati a casa a mani vuote, i due rapinatori che ieri mattina hanno assaltato l’ufficio postale di Marano Marchesato. Sono entrati a volto coperto. Decisi, sapevano cosa fare. Uno di loro aveva in mano una mazzetta da carpentiere, l’altro una mitraglietta (non è stato possibile appurare, però, se fosse un’a arma giocattolo). Resta il fatto che i due hanno puntato dritto verso il vetro che divide la sala principale dagli uffici degli impiegati. Non c’è voluto molto, a ridurla in frantumi con una gragnuola di colpi. Il loro pia- Mitra e mazze per rapinare la Posta Assalto alla filiale di Marano. Ma i cassieri riescono a sventare il colpo no era chiaro: infilare un braccio nel buco per girare la chiave e accedere alle postazioni dei cassieri. Stavolta hanno sbagliato i calcoli. Dopo le tante rapine il personale si è fatto furbo anche grazie ai suggerimenti dei carabinieri. Al momento dell’irruzione, al di là della vetrata c’erano la direttrice della filiale e un impiegato: i due hanno prontamente azionato l’allarme per poi chiudersi in bagno. A quel punto i ladri hanno capito che non era aria e sono andati via. Decisione saggia visto che una pattuglia della stazione dei carabinieri di Castrolibero, diretta dal maresciallo Vincenzo Cozzarelli, si trovava Marano Principato. Subito sono dunque partiti alla volta dell'ufficio. Ma i due sono riusciti comunque a farla franca, saltando in sella a una potente motoenduro poco prima che i militari arrivassero sul posto. Da lì si sarebbero diretti versi Rende, ma se ne sono poi perse le tracce. Non ci si potrà avvalere dell’aiuto di un filmato. Semplicemente perché, nonostante le rapine del passato, le Poste di Marano risultano ancora sprovviste di telecamere. Alle ricerche dei due rapinatori hanno partecipato anche i militari della compagnia di Rende. ANTONELLA GAROFALO [email protected] Il vetro infranto a colpi di mazza all’ufficio postale di Marano «Ecco perché Baratta va assolto» Missing, il suo difensore si è richiamato all’inattendibilità dei pentiti Nuova udienza del procesposte/2 so Missing, ancora con Mario Baratta nel ruolo di protagonista. Ieri, infatti, a prendere la parola in aula è stato uno dei suoi difensori, il legale Piergiuseppe Cutrì, che in quattro punti, ha illustrato ai giudici della Corte d’appelLitigano alla posta e finiscono all’ospedalo le ragioni per cui, a suo avle. Il fatto è accaduto ieri mattina negli uffici viso, Baratta deve essere ascentrali di Poste italiane in via Veneto tra un solto. Anzitutto, la pretesa uomo e una dipendente allo sportello. Un epiinattendibilità dei collaborasodio confusionario che, molto probabilmentori di giustizia, vero motore te, seguirà le vie legali ma, per il momento, ridel maxiprocesso, la cui gemane solo qualche graffio e un gran vociare. stione, però, è caratterizzata Secondo i presenti sembrerebbe che già di da diverse ombre messe nero primo mattino un gruppo di persone fosse su bianco da alcune sentenze re l’azione criminosa, dunque meno la sentenza che condavanti l’ingresso chiuso dell’ente, in fila, per del passato: da “Garden” a non può essere punito per un dannava Baratta per associanon perdere la priorità di arrivo all’apertura “Luce”, passando per quella delitto a cui non ha preso zione mafiosa. Lo scorso andegli uffici. parte». L’ul- no, infatti, la sentenza “Gardel duplice Per evitare disagi e parole inutili hanno detima questio- den” che all’epoca lo condandelitto NiTra le altre ciso di auto numerarsi con pezzi di carta e minciati a volare fogli di carta e oggetti prene sollevata nò all’ergastolo era stata angro-Portoraquestioni numeri scritti a mano. Arrivato il momento senti sul bancone. Chi abbia fatto tale gesto riguarda il ri- nullata (ragione che ha porro, Cutrì le ha dell’apertura al pubblico ognuno si è diretto non si sa, però un’ambulanza è giunta davanconoscimen- tato alla sua scarcerazione). passate tutte sollevate: verso l’elimina code per ritirare il numero co- ti alla sede centrale per trasferire i due litito delle atte- Ora quel processo contro di in rassegna, un vizio di forma minciando ad attendere il proprio turno. Un ganti in ospedale, dopo essere stati soccorsi nuanti gene- lui andrà rifatto, ma nel fratrichiamannell’estradizione riche che, in tempo, non può essergli con- uomo di 44 anni con in mano i due numeri si dagli stessi impiegati e clienti all’interno dei dosi poi a un caso di con- testata alcuna recidivanza. è recato allo sportello esibendo quello scritto locali che hanno cercato anche di fermare la vizio contea penna ed esigendo di essere servito. Ma chiassosa discussione che ha movimentato nuto nel decreto d’estradizio- danna, l’accusa vorrebbe ne- Prossima udienza il 9 diceml’impiegata ha spiegato che non era possibi- una giornata noiosa di lunghe attese. ne con cui, nel 2001, Baratta gare a tutti gli imputati. A tal bre con le discussioni di altri le innescando una discussione in cui sono coDeborah Furlano fu trasferito dal Brasile in Ita- proposito, Cutrì ha ricordato avvocati. mcr lia, ponendo così fine ad al- come, di recente, sia venuta cuni anni di latitanza. In quel documento, però, erano specificati solo i reati a lui contesos lavoro stati nel processo “Garden”. L’estradizione, dunque, per essere valida anche nell’inchiesta Missing, avrebbe dovuto essere integrata con i delitti Drago, Scaglione e Valder, ma ciò non è stato fatto. E per la difesa, questo inghippo invalida le accuse mosse contro l’imputato. La terza Al freddo ed al buio i 180 dipen- verso 18 famiglie, molte monoredragione riguarda un particodenti della casa di riabilitazione dito e oberati dai debiti. Franca lare già emerso durante il Madonna della Catena di Lauri- Sciolino segretaria della Cgil fp è processo di primo grado, gnano, hanno deciso di protestare accanto a loro a combattere e soconclusosi un anno fa con la silenziosamente ogni notte per fa- stenerli. «Questa struttura nonocondanna di Baratta a 23 anre arrivare la loro voce disperata al stante le sollecitazioni dei sindacani di reclusione. Riguarda presidente della ti in questi anni per i problemi sui l’omicidio di Giovanni Draregione Scopelliti salari, ha continuato ad investire e I 18 dipendenti go, il cognato di Franco Pino che intervenga probabilmente a sperperare. Oggi senza stipendio che nel 1981 restò vittima di nell’ennesimo i lavoratori sono senza stipendio La protesta dei dipendenti un agguato a cui avrebbe pardramma che da sette mesi ma soprattutto non da mesi tecipato anche Baratta. Il stanno vivendo le sanno cosa succederà domani, te- blica su quanto sta avvenendo». alle istituzioni regionali chiedendo L’appello pentito Francesco Saverio Vicase di cura della mono la chiusura considerato che Solidale il sindaco di Dipignano un rilancio industriale della clinica a Scopelliti telli, però, sosteneva che al provincia cosenti- anche i commissari al tavolo pre- Guglielmo Guzzo tra di loro a per ridare l’eccellenza di un tempo momento degli spari, Baratta na. Ieri sera intor- fettizio non hanno dato alcuna cer- esprimere la solidarietà di tutta e soprattutto un volano determi(che nel commando avrebbe no alle 19 nelle palestre situate ad tezza sul futuro di questa casa di l’amministrazione comunale che nante per l’economia del territoavuto il ruolo di autista) se la un piano della struttura distante cura. Come Cgil abbiamo presen- lunedì scorso ha sollevato il grave rio. La casa di cura sarà occupata diede a gambe. «Se così fosdai malati così da non disturbare il tato denuncia alla Procura della momento che vivono gli operai pacificamente tutte le notti mense - ha sottolineato Cutrì - saloro riposo, i lavoratori hanno ri- Repubblica. Questo dei lavoratori della struttura che con abnegazio- tre il giorno sarà assicurata l’assirebbe la prova che desistette preso in mano gli striscioni per è un gesto eclatante per sensibiliz- ne e sacrificio cercano di tenere at- stenza ai malati. deb. fur. volontariamente dal compieprotestare contro il disinteresse zare le istituzioni e l’opinione pub- tiva la clinica. Il sindaco si appella Rissa nell’ufficio di via Veneto tra un correntista e un’impiegata Alla Madonna della Catena la protesta si fa in notturna 22 VENERDÌ 2 dicembre 2011 calabria ora C O S E N Z A artigianato E’ stata presentata, nella sala consiliare del Comune di Mendicino, la prima edizione della “Fiera dell’artigianato delle Serre cosentine”, che ha preso il via ieri e si concluderà domenica. Un evento ospitato nel Centro commerciale Metropolis di Rende, una mostra mercato dell’artigianato tipico, artistico ed enogastronomico che vede coinvolti ben otto comuni della provincia cosentina: Mendicino, Carolei, Cerisano, Domanico, Dipignano, Marano Marchesato, Marano Principato e Paterno Calabro. Evento al quale hanno partecipato i sindaci dei rispettivi otto comuni partecipanti all’iniziativa, l’assessore regionale alle Attività produttive, Antonio Caridi, il presidente della Camera di commercio di Cosenza, Giuseppe Gagliotti, il presidente provinciale Confartigianato, Roberto Matagrano, il presidente provinciale Cna, Mauro La benedizione di Caridi alla “Fiera delle Serre” L’assessore regionale alla prima dell’evento che coinvolge 8 centri Zumpano, il presidente Coldiretti, Pietro Molinaro e l’assessore comunale alle Attività produttive, nonché ideatore e coordinatore dell’evento, Francesco Gervasi. «Noi abbiamo un patrimonio importantissimo che va valorizzato - ha affermato il sindaco Piscitelli - e noi vorremmo far uscire fuori questi tesori cercando prima di tutto di difenderli e poi di valorizzarli». Una massa tra otto comuni, quindi, che ha pensato e creato un evento atto a valorizzare il territorio, le sue tradizioni, in questo caso con specifico riferimento alle L’assessore regionale Caridi attività artigianali che vedrà in questi giorni la partecipazione di numerose aziende. Inoltre, nelle giornate di domani e di domenica ci saranno anche delle visite guidate, con itinerari già predisposti negli otto comuni coinvolti, grazie a dei pulmini messi a disposizione dalla Provincia. Evento importante e molto soddisfacente, che ha visto per la prima volta una rete istituzionale aggregata e ben organizzata. Ad affermarlo è stato anche il Presidente Gagliotti, che si è complimentato con l’assessore Caridi per la sua tenacia, vo- lontà e voglia di fare per questo territorio. «Sono manifestazioni importanti - ha detto Caridi - che mettono in mostra il territorio e le sue peculiarità e questo è molto importante per lo sviluppo del territorio stesso. Se vogliamo essere competitivi a livello nazionale e internazionale dobbiamo lavorare per l’interesse della Calabria». La conferenza si è poi spostata al Metropolis, dove l’assessore ha visitato ogni stand e ha consegnato ai titolari delle aziende partecipanti un attestato di adesione alla prima edizione della fiera. Un’opportunità del tutto nuova per il territorio calabrese, che si spera sia di buon auspicio per le prossime ed eventuali edizioni della mostra, ma soprattutto un punto di partenza per lo sviluppo dell’intera Regione. Maria Dora De Caria «Giustizia e dignità al primo posto» Con la visita di don Ciotti all’Unical si chiude “A scuola di antimafia” «A scuola di antimafia pone il primo mattone verso la costruzione di un progetto di democrazia fondato sulla giustizia e sulla dignità umana». Sono alcune delle frasi di Don Luigi Ciotti, presidente di Libera che ieri mattina hanno risuonato nell’aula magna dell’Unical di Rende, nella giornata conclusiva del corso indirizzato al riutilizzo sociale dei beni confiscati, durato due mesi, con un parterre di presenze illustri che ancora una volta hanno saputo regalare perle di saggezze ai presenti. Al tavolo insieme a don Ciotti a catturare l’attenzione di tutti erano presenti il prefetto Raffaele Cannizzaro, il magistrato Fabio Regolo, segretario di Magistratura democratica, Piero Fantozzi, direttore del dipartimento di Sociologia e Scienze politiche, Donatella Loprieno, docente scuola superiore scienze delle amministrazioni pubbliche e Ercole Giap Parini responsabile tecnico del corso, in collaborazione a Sabrina Garofalo dell’associazione Libera e Maria Annunziata Longo presidente del Csv. Un ringraziamento è andato Silvio Gambino direttore della scuola superiore di formazione per avere creduto nel progetto. In sala presenti oltre le forze dell’ordine anche il consigliere regionale Salvatore Magarò presidente della commissione regionale Antimafia. Loprieno, Fantozzi e Parini aprono i lavori parlando di «un corso in cui c’è un pezzo della Calabria migliore. Due mesi di studio in cui si è cercato di trasferire le conoscenze che siano alimento di antimafia sociale con una rete di relazioni e una capacità di mescolare quelle alchimie che compongono le relazioni sociali, trame virtuose di una Calabria che negli ultimi anni si sta riscattando». Un particolare sguardo è stato indirizzato al- A sinistra il pubblico presente ieri all’aula magna dell’Unical In alto da sinistra Giap Parini, Garofalo e Don Ciotti la pubblica amministrazione ritenuta ancora una zona grigia mentre dovrebbe operare nel principio della legalità in quanto «faccia dello Stato». Ed è il prefetto Cannizzaro che spiega come la pubblica amministrazione deve essere la relazione tra la responsabilità pubblica e la società civile sottolineando l’impegno proprio e con rigore e dei funzionari di palazzo di governo verso il territorio. «La rivoluzione la facciamo con le nostre idee ha concluso Cannizzaro - e non solo con l’intervento pubblico, altrimenti non avremmo una storia nuova». La volontà e l’impegno di schierarsi in prima linea richiamati dal prefetto vengono ripresi dal giudice Regolo che li definisce benzina dell’anima. «La Calabria è fatta di persone per bene, ma troppo spesso silenziose e con la testa china che non riescono a fare squadra contro la mafia. Lo Stato deve essere forte mettendo il Tribunale nelle condizioni di operare grazie alle misure di Tiscali tende la mano ai Comuni «Così si semplifica la tecnologia» In un’era in continua trasformazione, l’innovazione tecnologica diventa fattore principale per evolversi verso strade sempre più avanzate e semplici da L’azienda percorrere. Queeroga servizi sto è ciò che fa Tiscali. Mette a diper aiutare sposizione i suoi le pubblica strumenti nella amministrazione pubblica amministrazione per permettere d’innovarsi in maniera sempre più facile. Così come spiegato ieri nel convegno “Tiscali per la Pa: l’innovazione si fa semplice”, tenutosi alla Fattoria Stocchi di Rende. «Stiamo organizzando eventi in tutt’Italia - ha spiegato Stefano Pibi, responsabile pubblica amministrazione per cercare di raccontare quello che Tiscali fa per la pubblica amministrazione. E’ un’azienda che non compare molto in tv, abbiamo altri canali. Siamo i più piccoli rispetto altre aziende ma gli unici italiani e cerchiamo di mantenere questa identità». Oggi Tiscali conta oltre 600mila clienti. E’ tra i primi tre portali più visti in Italia, con 20 milioni di visitatori al mese. In Calabria 113 Pa sono clienti. Questi solo alcuni dei numeri. L’obiettivo è avvicinare la tecnologia agli utenti ma soprattutto ridurre i costi. «La piattaforma è una - continua Pibi - i servizi so- no uguali per tutti, ma il canone non può essere uguale per tutti. E il ridimensionamento è quello che noi riteniamo vincente per le Pa. Tiscali ci crede molto, ha iniziato a lavorarci da tempo con particolare riferimento al nuovo codice dell’amministrazione digitale. In alcune cose però non abbiamo esperienza per essere leader, per questo ci siamo affi- prevenzione patrimoniale che sono in una terra del Sud un simbolo di presenza dello Stato. Ma il gioco di squadra conclude Regolo - con la società civile è la rivoluzione culturale che porta al cambiamento di quello che si vuole essere». Marta Perrotta a nome dei corsisti ha ringraziato per l’occasione di dire ancora più forte «no alla mafia». Battute finali a don Ciotti che parla di «democrazia composta dalla giustizia, dalla dignità umana e soprattutto dalla responsabilità, spina dorsale della stessa democrazia e della costituzione che precede la legalità, perché se non si è responsabili non si possono rispettare le regole. Noi abbiamo fame di cultura che è lo stato di salute della democrazia di un Paese insieme alla speranza che ha il volto dell’opportunità e si chiama giustizia sociale». DEBORAH FURLANO [email protected] dati ai migliori sul mercato: Arionline/ApSystems, Infocert e Blom Cgr». Molti i servizi offerti da Tiscali, illustrati uno ad uno: accesso ai dati, come relazionarsi con i cittadini e imprese, cloud computing e digital Pa. «ApSystem - dichiara il Resp.Pappaciccia - offre 9 aree di software Asp con oltre 35 moduli applicativi integrati in grado di gestire backoffice e front-office di ogni tipo di Ente locale. La nostra piattaforma NetCloud permette di erogare dati con la massima fruibilità e sicurezza».Sulla tecnologia cloud si basa anche Blom Cgr acronimo di compagnia generale riprese aeree. Operativo in 11 paesi, si occupa di analisi del territorio, della verifica e fattibilità di nuove infrastrutture, controllo sicurezza urbana, piani di sviluppo di nuove aree rurali e altro ancora. Valentina Mollica VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 37 l’ora di Paola Redazione viale Ippocrate (ex Madonna della Grazie) - Telefono e fax 0982583503 - Mail: [email protected] SANITÀ & FARMACIE tel. 0982/5811 tel. 0982/581224 tel. 0982/581410 tel. 0982/581286 tel. 0982/587316 tel. 0982/612439 tel.0982/582276 ospedale civile pronto soccorso guardia medica centro trasfusionale farmacia Arrigucci farmacia Cilento farmacia Sganga EMERGENZA carabinieri commissariato polizia stradale polizia municipale guardia di finanza corpo forestale vigili del fuoco croce rossa italiana tel. 0982/582301 tel. 0982/622311 tel. 0982/622211 tel. 0982/582622 tel. 0982/613477 tel. 0982/582516 tel. 0982/582519 tel. 0982/613553 COMUNE (112) (113) (117) (1515) (115) centralino ufficio tributi bibioteca comunale ufficio relazioni pubblico ufficio presidenza consiglio ufficio affari generali ufficio contenzioso tel. 0982/58001 tel. 0982/5800301 tel.0982/580307 tel. 0982/5800314 tel. 0982/5800212 tel. 0982/5800218 tel. 0982/5800207 Delitto Serpa, stub positivi Svolta nell’omicidio del mandriano. A breve i mandati di cattura E’ svolta nelle indagini sull’omicidio del mandriano Guido Serpa, quarantunenne paolano assassinato sabato 26 febbraio scorso in località Cozzo Castagna di Paola con quattro colpi di pistola calibro 7.65. Due prove stub - il cosiddetto “guanto di paraffina” che rileva tracce di polvere da sparo - sono risultate essere positive. Gli specialisti della polizia scientifica sono in possesso di gravi indizi di colpevolezza. Gli uomini del commissariato della polizia di Stato di Paola, agli ordini del vice questore aggiunto Raffaella Pugliese, conoscono dunque i nomi dei presunti autori materiali dell’eliminazione fisica del pastore e a giorni potrebbero scattare due fermi di indiziato di delitto. Non si esclude - secondo quanto si è appreso da ambienti giudiziari accreditati il coinvolgimento di una terza persona che potrebbe essere indagata per favoreggiamento personale. Alla base del “regolamento di conti” vi sarebbero contrasti sorti nell’ambito delle attività che ruotano attorno al settore della pastorizia. Guido Serpa è stato cioè “giustiziato” da altri mandriani per aver “dato fastidio”. E la sentenza di morte è stata eseguita all’esito dell’ennesima scomparsa di bestiame, quindi all’indomani dell’ennesimo litigio. Al mandriano è stato teso un agguato ed i suoi assassini hanno sfruttato sia l’effetto sorpresa, sia - chiaramente - il fatto di essere armati di calibro 7,65 mentre la vittima, nota alle forze dell’ordine, era in quel momento disarmata. L’accusa a carico dei sospettati è quella di omicidio colposo aggravato. Già nel marzo scorso, com’è noto, Calabria Ora scriveva testualmente: “Le indagini di polizia sarebbero concentrate su un sospetto, un pastore residente sul territorio, peraltro noto alle forze dell’ordine, che avrebbe litigato con la vittima per interessi economici qualche giorno prima dell’omicidio. La lite, in particolare, sarebbe scoppiata per l’ennesimo furto di animali che, secondo i sospetti del presunto killer, era da attribuire proprio a Guido Serpa. Insomma, un contrasto sorto nell’ambito delle attività che ruotano attorno al settore della pastorizia avrebbe portato alla consumazione dell’omicidio. V’è da dire, comunque, che gli inquirenti, in attesa di raccogliere gravi indizi di colpevolezza, non escludono a priori alcuna pista. E, difatti, il guanto di paraffina ed una serie di altri controlli operati alcuni giorni addietro su sospettati di Paola individuati nell’ambito di fatti e circostanze LA VITTIMA In alto il pastore Guido Serpa ucciso con quattro colpi di pisola calibro 7.65 A sinistra la zona dove è avvenuto il delitto ben definite, allo stato fanno capire che non viene escluso alcun movente. Si sta lavorando, tra l’altro, sull’alibi fornito da un soggetto ascoltato a verbale nonchè sui tabulati telefonici dell’utenza intestata a Guido Serpa e ad alcuni suoi parenti. La polizia scientifica, inoltre, sta cercando di mettere assieme una serie di tasselli che potrebbero portare all’individuazione dell’assassino”. Insomma, il guanto di paraffina ha dato esito positivo. Due persone potrebbero aver premuto il grilletto contro Guido Serpa, attesa la presenza, addosso e sui vestiti di polvere da sparo dello stesso tipo di quella prelevata sul luogo costruzione dell’agguato, è emerso che il killer era nascosto tra la stalla dove Guido Serpa custodiva i suoi cavalli e il punto in cui la vittima parcheggiava solitamente il camioncino Iveco adibito al trasporto di animali da cortile, ieri posto sotto sequestro per indagini di merito. Quando il pastore si è incamminato per raggiungere la struttura di sua proprietà, il killer è saltato fuori ed ha iniziato a sparare dietro la vittima e poi su un fianco (un colpo ha centrato la spalla ed un altro ha trapassato il polmone di Serpa), colpendolo poi all’ascella (braccio alzato per proteggere il volto) e alla testa. I nomi dei presunti assassini sono noti alle forze dell’ordine. Si tratta di allevatori residenti sulla costa dell’omicidio. Il quarantunenne, peraltro, è stato ucciso da qualcuno che conosceva i suoi spostamenti ed i suoi orari, quindi anche i luoghi della “Castagnella”. Secondo la ri- Sul luogo era presente un complice che potrebbe aver sparato con un‘altra calibro 7,65 e, comunque, ha prestato il fianco all’assassino. Guido Scarpino le analisi scientifiche Calibro 7,65 sospetta Una perizia balistica inchioda i killer Gli esperti della polizia scientifica hanno operato una puntigliosa perizia balistica sul tipo di proiettile estratto dal corpo della vittima e sui bossoli rinvenuti nel luogo dell’agguato, effettuando al contempo una serie di approfondite prove stub a carico di soggetti indiziati del delitto. Alcuni “guanti di paraffina”, operati nella fase immediatamente successiva all’omicidio, sono risultati essere negativi. La prova stub era stata tra l’altro effettuata a carico di un altro pastore di Paola con cui, anni addietro, Guido Serpa era venuto alle mani per questioni di pascolo ma anche a carico di un cugino della vittima con cui lo stesso Serpa aveva litigato per una vicenda sentimentale. Entrambi, però, sono risultati essere assolutamente “puliti”. Nelle fasi successive alle indagini, tuttavia, sono state effettuate altre prove stub, alcune delle quali - all’esito delle verifiche di polizia scientifica giunte dopo alcune settimane sono risultate essere positive. Gli uomini del commissariato di Paola e gli inquirenti della locale Procura della Repubblica, sarebbero quindi a conoscenza dei nomi di coloro i quali, quella mattina del 26 febbraio scorso (o la sera del 25 febbraio), data del ritrovamento del cadavere, hanno teso un agguato al mandriano, fulminandolo a colpi di 7,65. g. s. 39 VENERDÌ 2 dicembre 2011 calabria AMANTEA - CAMPORA - SCALEA - FUSCALDO - ORSOMARSO ora Droga, contrasti sullo spaccio Un cane sciolto ha deciso di mettersi in proprio per gestire il mercato AMANTEA L’aver tratto in arresto boss e picciotti appartenenti alla locale cosca ha creato, ad Amantea, una situazione molto pericolosa. Stando, infatti, ad attendibili indiscrezioni assunte sul territorio, in città è in atto una ribellione contro i “soliti padroni” da parte di un “cane sciolto” (più che noto alle forze dell’ordine) che avrebbe deciso di mettersi in proprio per gestire soprattutto il mercato della droga, senza disdegnare le estorsioni. Detto soggetto si sta muovendo sul territorio già da un pò di tempo, unitamente ad un gruppo di giovani delinquentelli (tra cui alcuni minorenni): per quanto concerne le estorsioni, l’amanteano avrebbe operato anche alla recente “Fiera dei morti” andando a chiedere soldi agli ambulanti. Qualcuno - che conosce bene la pericolosità del soggetto - avrebbe pagato abbassando la testa, qualcun’altro, invece, avrebbe provato a manifestare qualche disappunto, superato dopo aver visto la pistola che l’amanteano deteneva sotto la giacca (è probabile che fosse un giocattolo, ma gli esercenti hanno preferito non scoprilo). Come se ciò non bastasse, i ragazzacci al soldo del “cane sciolto” pare si rechino con frequenza in alcuni negozi della città (tabacchini, alimentari ecc), asportando della merce e, con la filosofia del “poi passa” tizio e caio “a pagare”, vanno via a bordo della vettura di proprietà del loro capo. In merito, invece, allo spaccio della droga, la situazione è quanto il clan non fa paura Sotto il nuovo padrone ci sono già 6 adepti. Si vuole portare in città l’eroina fornita da alcuni napoletani Militari dell’Arma durante un servizio di controllo sul Tirreno cosentino molto più complicata. In tale contesto va detto che il soggetto in questione ha sempre operato con un gruppo di spacciatori cosentini. Poi, pro- prio per questioni di droga, era finito in carcere. Qui dentro il tizio avrebbe preso confidenza con napoletani specializzati nello smercio, i quali gli avrebbero chiesto di spacciare eroina ad Amantea in nome e per conto loro. Una proposta allettante anche se un pò azzardata per via della presenza in città di altri uomini appartenenti al clan locale. Prima della “Fiera di Amantea”, però, è accaduta qualcosa. I carabinieri della Compagnia di Paola, infatti, hanno tratto in arresto a Fiumefred- do Bruzio uno dei più grossi spacciatori presumibilmente vicini alla cosca amanteana. Un arresto che ha portato i militari dell’Arma anche ad effettuare un maxi sequestro di droga, armi e soldi. A seguito di tale evento, il “cane sciolto” avrebbe acquisito sicurezza al punto di prendere contatti con questi suoi amici napoletani che, stando sempre alle informazioni assunte sul territorio, avrebbero preso parte anche alla “Fiera dei morti”. In buona sostanza, questo primo incontro tra le parti sarebbe servito per capire bene come far entrare la “merce” in città, quanto farla pagare, la spartizione dei guadagni, ecc ecc STEFANIA SAPIENZA [email protected] SCALEA Omicidio, slitta il processo Bruno Pizzimenti è stato accusato dell’uccisione di Aden Onlu Prosegue il processo a carico di nei confronti dei due imputati. A cauGiuseppe e Bruno Pizzimenti accu- sa, però, dell’assenza del giudice a lasati, rispettivamente di alcuni reati tere, Lo Feudo, non è stato possibile consumati in danno del cittadino tur- procedere oltre. In virtù di ciò, perco Aden Onlu. Ieri tanto, il processo è mattina, infatti, presslittato al 13 dicemAl cugino bre. In questa data la so la Corte D’Assise Giuseppe pubblica accusa, dodi Cosenza, ed inpo aver effettuato le nanzi al collegio pecontestato un requisitorie, avanzenale (presidente tentativo di rà le sue richieste di Gallo ed a latere Lo estorsione condanna. Poi, come Feudo), era stata da calendario, il 29 programmata l’udienza nella quale il pubblico mi- dicembre sarà dato spazio ai difensonistero, Roberta Carotenuto, avreb- ri degli imputati - Giuseppe Bruno, be dovuto effettuare la requisitoria Enzo Lo Giudice e Sabrina Mannari- no del foro di Paola, Giancarlo Pittelli e Sergio Rotunno (penalisti del catanzarese) - per le arringhe finali. Per quel che concerne il procedimento penale in questione, lo ricordiamo, nello specifico a Bruno Pizzimenti viene imputato l’omicidio e l’occultamento del cadavere, mentre al nipote Giuseppe un tentativo di estorsione perpetrato nei confronti del cittadino turco. La vicenda di cronaca, dai profili inquietanti , si è verificata tra il mese di aprile e il mese di maggio del 2007 ed ha visto scomparire nel nulla Alan Onlu, dipendente dell’azienda agricola intestata pro- FUSCALDO prio a Giuseppe Pizzimenti. Una scomparsa che, a seguito delle indagini effettuate nelle immediatezze dalle forze dell’ordine, è stata subito collegata ai due congiunti. s. s. ORSOMARSO Duro scontro sui rifiuti, Cavaliere ribatte a Trotta Il vicesindaco esprime rammarico per le critiche ricevute e bacchetta l’ex vice assessore “Tirato mio malgrado per la giacchetta, corre l’obbligo rispondere alle dichiarazioni del consigliere comunale Settimio Trotta, apparse in questi giorni sugli organi di stampa”. E il vice sindaco di Fuscaldo, Paolo Cavaliere, interviene sulla vicenda della raccolta dei rifiuti ingombranti, replicando al rappresentante del gruppo “Fuscaldo europea”, Settimio Trotta, che ha più volte denunciato una serie di disservizi. “E’ noto a tutti – scrive Cavaliere - che ci sono nel mondo esseri viventi che dividono la loro esistenza in due periodi: uno di presenza e l’altro di profondo torpore e la precedente amministrazione, di cui faceva il vice assessore alla sanità Trotta, ha vissuto le due fasi. Certamente è un bene occuparsi della salute dei cittadini, ma non soltanto quando si è seduti sui banchi dell’opposizione. Domando a Trotta dove si trovava quando per le vie del paese giacevano rifiuti tossici di amianto ? Ricordo a me stesso che, nonostante le numerose segnalazioni, le lastre sono rimaste a lungo esposte alle intemperie a grave rischio della salute pubblica. Come mai, in quel caso, non si adoperò con altrettanta sollecitudine al fine di salvaguardare l’ambiente e la pubblica incolumità? Un’aula di giustizia do è cosa ben diversa. Nessuna zona del paese è da noi considerata di serie b ed è pretestuoso dichiarare il contrario. Se, invece, Trotta vuole offrire collaborazione, eviti la polemica sterile, evitando di fornire immagini falsate e negative in sul servizio di raccolta dei rifiuti. Si proponga di svolgere un attivo ruolo educativo e preventivo verso chi ritiene di poter abbandonare su tutto il territorio comunale, in qualunque momento, rifiuti ingombranti, contro ogni legge e a danno del decoro pubblico nonché della saIl consigliere lute dei fuscaldedi minoranza si. Il sottoscritto è sempre disposi è svegliato nibile ad accooggi che si trova gliere ogni utile all’opposizione contributo di qualunque colore politico, ma rifiuta, in modo categoriPaolo Cavaliere co, polemiche sterili, con la speranza di non dover, per l’avvenire, essere oggetto Qualche disservizio, probabilmente – di false insinuazioni – le conclusioni di prosegue il vice sindaco - si sarà pur ve- Paolo Cavaliere - che non favoriscono, sirificato con l’avvento della nuova ammi- curamente, una convivenza civile, serena nistrazione, anche se le dichiarazioni de- e proficua”. gli operai del settore testimoniano il conGIOVANNI FOLINO trario; ma arrivare ad affermare l’[email protected] Detenzione di armi Orsomarsese in manette Detenzione irregolare di armi, arrestato un uomo di Orsomarso. I carabinieri della compagnia di Scalea, agli ordini del capitano Luca Giandominici, di concerto con i colleghi della stazione di Orsomarso guidati dal maresciallo Angelo Marino, hanno arrestato in flagranza di irregolare detenzione armi, F.C. 72 anni del posto. Il settantaduenne, pensionato, incensurato, nel corso di una verifica, è risultato essere irregolare nella detenzione di vari fucili sia intestati a lui che ad alcuni familiari. Le armi sono state sottoposte a sequestro per ulteriori accertamenti. L’udienza di convalida del settantaduenne, si è tenuta nella stessa giornata di ieri presso il tribunale di Paola. In questo periodo, sono stati molteplici i controlli effettuati dai carabinieri della Compagnia di Scalea, sulla regolarità della detenzione di armi da cac- cia. Nel corso delle verifiche presso i titolari delle armi in più occasioni è stata accertata la detenzione irregolare di fucili. In alcuni casi è scattata la denuncia penale e sono state comminate le previste sanzioni amministrative, mentre in altri casi, è scattato l’arresto. In passato nel corso di alcune perquisizioni rientranti nell’ambito dell’attività di controllo della pratica venatoria, sono state infine rinvenute e sequestrate da parte degli uomini del Corpo Forestale, alcune armi da pesca utilizzate nel fiume Lao, illegalmente detenute. Il monitoraggio dell’attività di caccia vede quindi una sempre maggiore collaborazione tra le diverse forze, a tutela della legalità ed a vantaggio non solo della fauna selvatica ma anche della maggioranza della componente venatoria che esercita correttamente la caccia. Eugenio Orrico 20 VENERDÌ 2 dicembre 2011 calabria ora C A T A N Z A R O Sei le richieste di condanna nell’ambito del giudizio abbreviato per gli incolpati coinvolti nell’inchiesta “Free Village”, che ha portato la Squadra mobile di Catanzaro a sgominato, all’alba del 6 settembre 2010, una presunta banda dedita al racket. Il pm della Dda, Vincenzo Capomolla, dopo una lunga requisitoria in cui ha ricostruito le singole posizioni degli imputati ripercorrendo il presunto meccanismo estorsivo ai danni delle società “Iperclub” di Roma, proprietaria di 120 appartamenti nel villaggio turistico “Sant’Andrea”, sulla costa jonica catanzarese, ha chiesto 19 anni (14 per l’estorsione e 5 per reati di armi) di reclusione per Mario Mongiardo, 14 anni di reclusione per Francesco Corapi, 5 anni un mese e 10 giorni per Bruno Ranieri (accusato di tentata estorsione), 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per Cosmina Samà, 8 anni di reclusione per Francesco Ranieri e 4 anni per Luigi Barbieri. L’udienza, dopo alcune arringhe della difesa, proseguirà il prossimo 19 gennaio, quando, sarà discussa anche la posizione di Rosa Criniti, che intende sottoporsi ad interrogatorio. Nello stesso tempo, non è da escludere la possibilità che le altre persone coinvolte nella vicenda tra cui anche, Daniela Lacusta, Elena Mongiardo, Danilo Varano e Roberto Cosentino, decidano di formalizzare la richiesta di abbreviato. In caso contrario si proseguirà con la normale udienza preliminare. E per il 19 gennaio dovrebbe anche essere letto il dispositivo della sentenza. L’accusa per loro e per altri 10 incolpati è di aver messo in piedi un presunto sistema estorsivo aggravato dalle modalità mafiose, che si sarebbe Gli arresti La retata della Squadra mobile avvenne nel mese di settembre del 2010 e sgominò una banda dedita alle estorsioni DOPO IL BLITZ La conferenza stampa in Questura dopo gli arresti dell’operazione “Free village”. A lato Mario Mongiardo Il racket sulla costa Chieste sei condanne “Free village”, mano pesante del pm per Mongiardo alimentato con richieste di cospicue somme di danaro e con imposizioni di forniture. L’operazione “Free Village” portò all’arresto di Mario Mongiardo, elemento di primo piano della cosca Gallace di Guardavalle, con le accuse di estorsione continuata ed aggravata dalle modalità mafiose, Francesco Corapi, la moglie di Mongiardo, Cosmina Samà, e la figlia Marianna. Il primo ad imporre una tangente di almeno 36mila euro suddivise in tre trance da12mila euro l’anno, sarebbe le perquisizioni stato, dal 2003 al 2005, Francesco Corapi, che si sarebbe fatto forte di fronte ai direttori dell’Iperclub della sua appartenenza alle cosche nell’esigere il danaro. Sarebbero riconducibili a Francesco Corapi beni sequestrati dalla Polizia del valore di 2,8 milioni di euro. Nel 2010, negli “affari di famiglia” sarebbe subentrato il boss Mario Mongiardo, che avrebbe richiesto il pagamento di 2mila euro mensili costringendo, in concorso con altre persone, la società Iperclub e la Fram Group ad assumere varie persone, tra le quali la moglie e la figlia, che avrebbero percepito fior di soldi senza svolgere alcuna attività lavorativa. Il presunto boss, poi, in concorso con Francesco Corapi, Erminia Loreni, Sergio Mastroianni e Bruno Ranieri avrebbe preteso dalla società la pianificazione per la stagione del 2011 di strategie finalizzate all’accaparramento, alla gestione e al controllo delle attività economiche svolte all’interno del villaggio Sant’Andrea. Nel collegio difensivo compaiono antievasione anche i nomi dei legali Francesco Gambardella, Giuseppe Costarella , Francesco Catanzaro, Salvatore Staiano, Natale Ferraiolo, Armodio Migali. Il boss, poi, in concorso con Francesco Corapi, Erminia Loreni, Sergio Mastroianni e Bruno Ranieri avrebbe preteso dalla società la pianificazione per la stagione del 2011 di strategie finalizzate all’accaparramento, alla gestione e al controllo delle attività economiche svolte all’interno del villaggio Sant’Andrea. In relazione, poi, all’acquisizione I processi In sei hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato. Oggi davanti al tribunale collegiale il giudizio immediato per altri tre Le richieste Il pm ha invocato 19 anni di carcere per Mongiardo e pene dai quattro agli otto anni per i coimputati finiti davanti al gup dell’attività di competenza del supercondominio avrebbero costretto il direttore pro tempore del villaggio turistico ad indire una riunione dei componenti del supercondominio per estromettere con una nuova votazione l’amministratore in carica per eleggere, “il loro amico” Bruno Ranieri insegnante in pensione. Gabriella Passariello “isola felice” Presunta truffa dieci gli indagati Scatta il sequestro Patenti facili, il Tdl per 200mila euro “libera” De Salvo Sono dieci gli indagati, alcuni dei quali con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, di una inchiesta della Procura di Catanzaro scaturita dal racconto di un collaboratore della giustizia. Ieri la Guardia di Finanza ha effettuato diverse perquisizioni in due studi medici e uno legale i cui verbali hanno arricchito il fascicolo sul tavolo del sostituto procuratore Paolo Petrolo. L'indagine, che comunque è alle fasi iniziali, coinvolge allo stato diversi professionisti. In particolare due i legali indagati Genna- Gli uomini della polizia condotto mirati ed approtributaria della Guardia di fonditi accertamenti volti ad Finanza di Catanzaro su de- individuare il patrimonio da lega della Procura della Re- sottoporre a sequestro. «La pubblica del capoluogo han- Procura della Repubblica no eseguito un decreto di se- si legge nella nota del coquestro preventivo per cir- mando provinciale della ca 200 mila euro, emesso Guardia di Finanza di Cadal Gip del tanzaro - riteTribunale Provvedimento nendo che la Livio Sabadisposu una società libera tini, nei nibilità, da confronti parte dell’inoperativa dell’ammidagato, delnel settore nistratore l’ammontare costruzioni di una socorrisponcietà che dente all’imesercita in città l’attività di posta evasa, potesse aggracostruzione di edifici resi- vare e protrarre le consedenziali e non residenziali. guenze dell’illecito commesNell’ambito delle indagini, so, ha richiesto al Gip l’emische hanno avuto origine da sione di un decreto di sequeuna verifica fiscale eseguita stro per equivalente pari a dall’agenzia delle entrate circa 194 mila euro, cioè della direzione provinciale l’ammontare dell’imposta di Catanzaro e che si è con- evasa, per recuperare ed asclusa con l’informativa di sicurare allo stato le somme reato nei confronti dell’am- evase». Nella giornata di ieministratore della predetta ri i finanzieri hanno posto società, segnalato per il rea- sotto sequestro disponibilità to di dichiarazione infedele, finanziarie e beni immobili le Fiamme Gialle hanno per circa 200 mila euro. ro Pierino Mellea, 35 anni, già consigliere comunale e Antonio Bressi, 41 anni, di Badolato. Ancora, nell’elenco degli iscritti nel registro degli indagati ci sono Raoul Mellea, 32 anni, di Catanzaro; Fabrizio Nicoletta, 38, di Catanzaro; Francesco Giglio, 40, di Catanzaro; Murica Rosario, 34, di Catanzaro, Bruno Candeloro, 42, di Catanzaro;Vitaliano Mirarchi, 32, di Catanzaro. Coinvolti nell’inchiesta pure i medici Maurizio Caglioti e Raffaele Gangale, rispettivamente di 54 e 47 anni. Le dinamiche della presunta truffa sono al vaglio dei finanzieri. Gaetano De Salvo, direttore facente funzione della Motorizzazione civile di Catanzaro e posto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Lamezia Terme su presunte irregolarità nel rilascio delle patenti di guida, è tornato in libertà. I giudici del riesame di Catanzaro, davanti ai quali era comparso accompagnato dai suoi legali di fiducia, Gianni Russano e Francesco Pullano, infatti, hanno sostituito la detenzione domiciliare con la sospensione per due mesi dall’esercizio del pubblico ufficio. L’operazione che vede coinvolto De Salvo denominata “Isola felice” portò all’esecuzione di diciassette ordinanze nei confronti di altrettante persone, di cui otto sono finite agli arresti domiciliari e nove, invece, hanno ottenuto l’obbligo di dimora. Per tutti l’accusa, a vario titolo, è di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, all'abuso d'ufficio, al falso ed alla truffa ai danni dello Stato. Altre 144 persone, invece, nella maggior parte coloro che hanno ottenuto le certificazioni senza aver sostenuto alcun esame, invece sono state denunciate in stato di libertà. Secondo l’accusa, gli indagati avevano ideato un giro di certificazioni Adr (obbligatorie per condurre veicoli per il trasporto di merci pericolose) e di trasformazione di mezzi, senza far sostenere gli esami ai diretti interessati o senza nemmeno far sostenere il corso o effettuare i prescritti collaudi. Nell’ordinanza, il Gip ha anche disposto il sequestro preventivo di 66 patenti di guida, 50 certificati di formazione professionale Adr e 195 veicoli sottoposti a collaudo straordinario mediante la produzione di relazioni tecniche apocrife. Saveria M. Gigliotti 2 Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 3 Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 Attualità Attualità . . L’INCHIESTA DDA La conferenza stampa della Boccassini IL CONSIGLIERE REGIONALE I fratelli Lampada ospiti a Cosenza dell’esponente politico arrestato ’Ndrangheta trasversale: appoggia tutti i partiti La ricca cena in casa di Morelli L’assalto alla concessione per la raccolta delle scommesse a distanza Arcangelo Badolati COSENZA Rapporti politici e d’affari, cene e informazioni riservate: il senso dell’amicizia di Franco Morelli con Giulio Lampada andava molto oltre quella «condivisione» di cristiana ispirazione che il consigliere regionale richiamava spesso, ad effetto, nei suoi discorsi pubblici. In ballo c’erano, infatti, pacchetti di voti e lucrose operazioni finanziarie. Franco il “cattolico”, amico di prelati e uomini di chiesa, di presunti mafiosi e faccendieri, si ritrova nel bel mezzo d’un inferno giudiziario. Chiuso in una cella di Opera deve difendersi da accuse pesantissime. Verrà interrogato oggi pomeriggio nel carcere milanese, alla presenza del suo legale, l’avvocato Franco Sammarco del foro di Cosenza. Nella città dei bruzi, l’esponente del Pdl, legato alla corrente del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, aveva persino ospitato, nel settembre del 2009, come piacevoli commensali Francesco e Giulio Lampada con tanto di famiglie al seguito. Una festa, celebrata in nome della creazione di una sinergia d’interessi che avrebbe dovuto spingere il gruppo Lampada-Valle ad ottenere la concessione per l’esercizio e la raccolta delle scommesse a distanza da effettuare nei cosiddetti centri “Punto it”. Una operazio- In corso accurate indagini sia in Calabria che a Milano sull’operatività delle “talpe” esiste». Il riferimento è alla finta solidarietà manifestata, stando all’accusa, dal Giglio al procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, destinatario del bazooka trovato nei pressi del Palazzo di Giustizia a Reggio il 5 ottobre dello scorso anno. «È doloroso vedere – ha aggiunto – comportamenti non consoni da parte di politici, appartenenti alla Guardia di Finanza e alla magistratura». L’inchiesta non può conside- Paolo Toscano REGGIO CALABRIA «La ’ndrangheta è trasversale a tutti i partiti, mentre la mafia odia i comunisti». Concetto elaborato ed espresso dal procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini nel corso della conferenza stampa dell’operazione che mercoledì ha portato agli arresti eccellenti in Calabria. In manette sono finiti, tra gli altri il consigliere regionale del Pdl Francesco Morelli e il presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Giuseppe Vincenzo Giglio mentre il gip del Tribunale di Palmi Giancarlo Giusti, risulta indagato. Il procuratore Bruti Liberati ha parlato del coinvolgimento dei due giudici: «Non è un processo alla magistratura di Reggio Calabria, ma ad alcuni magistrati». Il capo dei pm milanesi ha invitato a non «generalizzare» nemmeno sulla politica, perchè, ha detto, «alcuni politici sono vittime del tentativo di infiltrazione». Aggiungendo che «una cosa è il tentativo della ’ndrangheta d’infiltrarsi nella politica, un’altra sono le responsabilità penali individuali». La Boccassini ha ripreso un episodio monitorato in sede di indagini sulle attività criminali della cosca Valle-Lampada, costituita, secondo l’accusa, da esponenti di due famiglie originarie della periferia Nord di Reggio ed emigrate a Milano dove hanno il centro dei loro interessi: «Ho provato sgomento – ha detto – nel vedere un magistrato che si presta a sfruttare la vita e il potere per ingraziarsi un’antimafia che non LOTTO Vincenzo Giuseppe Giglio rarsi esaurita. C’è da chiarire come Giglio sia venuto a conoscenza delle notizie coperte da segreto. Per questo le indagini continuano a Milano, Reggio e Catanzaro per ricostruire l’operatività delle talpe al servizio della cosca. Tra gli arrestati di mercoledì ci sono anche l’avvocato Vincenzo Minasi e il maresciallo delle Fiamme Gialle Luigi Mongelli. Alla conferenza stampa erano presenti il procuratore di Reggio Giuseppe Pignatone, l'aggiunto calabrese Michele Prestipino, i so- Estrazioni di giovedì 1 dicembre 2011 84 59 43 14 26 55 30 75 30 15 12 BARI CAGLIARI FIRENZE GENOVA MILANO NAPOLI PALERMO ROMA TORINO VENEZIA NAZIONALE 60 38 15 7 59 5 23 31 53 89 53 SUPERENALOTTO 86 69 65 2 60 54 85 23 47 57 55 61 65 58 83 27 3 59 20 44 1 36 45 63 60 17 49 44 74 15 3 13 19 Combinazione vincente: 4 10 ● 29 ● 41 ● 54 ● 74 ● ● Numero Jolly 14 ● Numero Superstar 25 ● Montepremi di concorso: 2.487.514,35 Nessun Jackpot: Nessun Ai 14 Ai 1.538 Ai 54.522 € 37.756.317,36 “5+1” “cinque”: “quattro”: “tre”: € € € 26.651,94 242,60 13,68 Nessun Ai 4 Ai 241 Ai 3.779 Ai 22.243 Ai 46.328 “5” “4” “tre”: “due”: “uno”: “zero”: € € € € € 24.260,00 1.368,00 100,00 10,00 5,00 10 e LOTTO numeri vincenti € “sei” 5 - 7 - 14 - 15 - 23 - 26 - 30 - 31 - 38 - 43 53 - 55 - 59 - 60 - 65 - 69 - 75 - 84 - 86 - 89 stituti Paolo Storari e Alessandra Dolci, il capo della squadra mobile milanese Alessandro Giuliano e quello della squadra mobile reggina Renato Cortese. Secondo Michele Prestipino, con le attuali modalità d’azione della ’ndrangheta, «Milano può diventare come Reggio Calabria». Il magistrato ha spiegato che «con la struttura organizzativa della ’ndrangheta si estendono anche le sue relazioni esterne: Milano può diventare come Reggio Calabria». «Il professionista che lavora fianco a fianco con la famiglia Gallico a Palmi ha uno studio a Milano e a Como – ha aggiunto in riferimento all’avvocato penalista Vincenzo Minasi –. Il centro dei suoi interessi è in mezzo tra le due regioni e lavora con un professionista che è a Lugano e che sposta i soldi negli Stati Uniti». Per la ’ndrangheta è «più importante e vitale» contare sugli appoggi e sulle candidature di figure politiche nelle realtà dell’hinterland, milanese ad esempio, che a livello nazionale. Lo ha spiegato Paolo Storari ricordando che l’operazione di ieri, contro la cosca Valle-Lampada e la “zona grigia”, è strettamente connessa all’indagine Infinito del luglio 2010 (110 condanne pochi giorni fa). Ieri sono anche iniziati gli interrogatori di garanzia. Vincenzo Giuseppe Giglio e Francesco Morelli saranno sentiti stamane nel carcere di Opera. Intanto il ministro della Giustizia Paola Severino ha chiesto per Giglio la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio. Ilda Boccassini, Michele Prestipino, Edmondo Bruti Liberati e Giuseppe Pignatone nel corso della conferenza stampa EMERGE UNO SCENARIO «DI ECCEZIONALE GRAVITÀ E ALLARME» Un’inquietante ragnatela di rapporti che lambisce anche i servizi segreti Alessandro Sgherri Rapporti tra un giudice, un commercialista legato ai servizi e boss della ’ndrangheta informati sugli sviluppi delle inchieste in corso: è uno spaccato «di eccezionale gravità ed allarme», come scrive il gip di Milano nella sua ordinanza, quello che emerge dall’operazione coordinata dalla Dda di Milano che mercoledì scorso ha portato all’arresto di dieci persone tra le quali il presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giu- seppe Giglio e il il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (PdL). Il gip fa riferimento a Giglio e alla figura di Giovanni Zumbo, un commercialista reggino in contatto con i servizi segreti, arrestato in un’inchiesta della Dda reggina dopo essere stato filmato e registrato dal Ros dei carabinieri, nei primi mesi del 2010, a casa del boss Giuseppe Pelle di San Luca e ritenuto un informatore di Giovanni Ficara, elemento di spicco dell’omonima famiglia operante a Reggio Calabria. Boss che «era- no in possesso di particolari assolutamente precisi» sull’inchiesta Crimine (luglio 2010) cinque, sei mesi prima dell’esecuzione degli arresti. Inchiesta «costellata da gravissime fughe di notizie». Dalle intercettazioni in casa di Pelle emerge – scrive il gip di Milano – «che il magistrato Giglio, con il quale Zumbo esibisce, a parole, grande familiarità, viene esplicitamente indicato come fonte di notizie relative alla indagine “Tenacia”, come personaggio avvicinabile per ottenere favori su procedimenti di prevenzione, come personaggio notoriamente corrotto (“mangiatario”)». «Al momento – prosegue il gip – abbiamo solo la parola di Zumbo, di Pelle, di Ficara e di Billari. E questo non è sufficiente per contestare fatti specifici a Giglio. Tuttavia sono legittime alcune considerazioni: i personaggi che parlano sono criminali di notevole spessore che discutono di cose estremamente serie che li riguardano direttamente; il contesto è estremamente riservato e reputato sicuro, cosicché i partecipi si sentono liberi di parlare anche di aspetti molto delicati; l’ipotesi di calunnia è del tutto fantascientifica». Inoltre – sottolinea il gip – la conoscenza tra Giglio è Zumbo è verificata. Infatti, nel 1996, il giudice nominò Zumbo amministratore di alcuni beni sequestrati alla cosca Latella-Ficara. Il ministro Severino interviene sul caso Giglio, all’esame del Csm venerdì 16 LE INDAGINI E IL DIRITTO DI DIFESA «Sospendere quel magistrato dalle funzioni e dallo stipendio» «Allarme intercettazioni» dai penalisti di Palmi REGGIO CALABRIA . Il ministro REGGIO CALABRIA . Nell’ambi- della Giustizia, Paola Severino, ha chiesto al Consiglio superiore della magistratura di sospendere in via cautelare dalle funzioni e dallo stipendio di magistrato il giudice Vincenzo Giuseppe Giglio. Giglio, presidente della sezione delle misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, arrestato nell’ambito dell’operazione della Dda contro la ’ndrangheta con le accuse, di corruzione, favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio con l’aggravante dell’articolo 7. Della vicenda del giudice Giglio si occuperà la sezione disciplinare del Csm il 16 dicembre. È stato l'ufficio di presidenza dello stesso Csm a sollevare l’attenzione del Pg della Cassazione e della I commissione di palazzo dei Marescialli. «A prescindere dagli esiti giudiziari dell’indagine della Procura di Milano in merito alle condotte attribuite nell’imputazione provvisoria ai colleghi Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti, gli atti noti del procedi- Paola Severino, ministro della Giustizia mento mettono in evidenza comportamenti, relazioni personali e familiari, frequentazioni incompatibili per un magistrato che eserciti funzioni giurisdizionali». È quanto si afferma in un comunicato di Magistratura democratica di Reggio Calabria in relazione all’arresto di giudice Vincenzo Giglio, iscritto alla componente. «È tutto ciò risulta ancora più intollerabile e drammatico – prosegue la nota – in un contesto sociale come quello reggino, dove la ’ndrangheta è solita insinuarsi, con speciale pervasività, nelle reti relazionali torbide e ambigue, perchè fondate su perniciosi rapporti obbligatori in cui, prima o poi, il potere mafioso passa sempre a riscuotere il conto. Ci avete sentito dire che è necessaria una rivoluzione culturale della nostra società malata. Quando siamo chiamati nelle scuole, nelle assemblee e negli interventi pubblici, invitiamo i cittadini a recidere i legami relazionali, anche quelli quotidiani, con gli uomini di mafia o con quelli collusi con la mafia, per isolarli e renderli così più deboli. Non smetteremo di farlo, convinti come siamo che solo attraverso una rivoluzione culturale e non già solo attraverso la repressione giudiziaria, si possa sconfiggere questo germe che tenta di insinuarsi in tutti i gangli sociali, per inquinarli e piegarli ai propri infami desideri».(r.rc) to dell’operazione contro la cosca Valle-Lampada sono state eseguite alcune perquisizioni. Due hanno interessato gli studi degli avvocati Francesco Cardone, del foro di Palmi e Giovanni Marafiori, del foro di Vibo. All’iniziativa della magistratura ha reagito con una nota il direttivo della Camera penale “Vincenzo Silipigni” di Palmi che «preso atto dell’avviso di garanzia e delle perquisizioni eseguite, tra gli altri a carico di due suoi iscritti, indagati per favoreggiamento aggravato commesso, secondo l’accusa, nell’esercizio del mandato difensivo, auspica che i colleghi possano rapidamente dimostrare l’infondatezza degli addebiti con la speranza che la giurisdizione anche in questo caso svolga il suo compito di garanzia». Nella nota viene segnalato che nella vicenda giudiziaria «le autorizzazioni ad intercet- tare i colloqui degli avvocati con i loro clienti sono state rilasciate sulla base di mere supposizioni circa il compimento di condotte illecite da parte dei difensori, esprime seria preoccupazione circa l’utilizzo spropositato e sostanzialmente in via preventiva dello strumento intercettivo che incide sullo spazio che va sempre garantito proprio perchè il diritto di difesa si realizzi concretamente in assoluta libertà». La Camera penale segnala «il clima sempre più inquietante che si sta creando e che provoca oggettiva preoccupazione negli avvocati penalisti e spinge verso un modello di difesa marginale e allineata». Nella nota viene ribadito l’impegno «a seguire gli sviluppi della vicenda per orientare gli iscritti affinchè, nel rispetto delle norme, assumano tutte le iniziative atte a garantire la piena e incondizionata difesa dei cittadini».(p.t.) ne vantaggiosissima per la quale il politico aveva messo a disposizione le sue influenti «amicizie» partitiche. Un affare che, tuttavia, non si sarebbe concretizzato. E sempre i Lampada, in riva al Crati, c’erano tornati nel febbraio del 2010, rimanendo per un giorno interno in compagnia di Franco il “cattolico” per discutere della possibile esistenza di inchieste antimafia aperte a loro carico. Gl’investigatori della Mobili di Milano e Reggio Calabria hanno documentato tutto, nonostante le precauzioni poste in essere dal consigliere regionale che usava un telefono cellulare intestato a un extracomunitario e le cabine pubbliche romane per comunicare con gli «amici» residenti in Lombardia. Ai Lampada aveva persino procurato un incontro in casa del magistrato Vincenzo Giglio, presidente del Tribunale per le misure di prevenzione di Reggio. Ai due fratelli era legato da un rapporto consolidato pure attraverso l’incrociata partecipazione degli uni e dell’altro a cerimonie di battesimo e cresima avvenuti in Vaticano ed a Lamezia Terme. Nella città calabrese ad officiare la cerimonia riguardante una stretta congiunta di Morelli c’era stato addirittura un vescovo. Scrive il gip di Milano, Giuseppe Gennari: «Morelli non è solo il politico spregiudicato che cerca i voti della ‘ndrangheta. Morelli è in tutto e per tutto uno sostegno Il consigliere regionale Franco Morelli è ora detenuto nel carcere milanese di Opera costante alle iniziative, lecite e illecite, dei Lampada. Morelli è il grimaldello che consente ai Lampada di entrare nel grande mondo della politica e delle istituzioni». Le parole del magistrato sono sorrette da una enorme mole di indizi raccolti pazientemente dalle Dda milanese e reggina. Quanto i Lampada si fossero introdotti negli ambienti che con- tano lo dimostra una strana telefonata che Giulio fa alla moglie. L’uomo si vanta con la coniuge d’essere in un posto importantissimo. «Sono» dice, «alla Presidenza del Consiglio dei ministri». Poi si corregge «al Garante della privacy». I germani hanno peraltro già fatto il loro esordio in “società” e lo hanno fatto in grande organizzando al Caffè de Paris un incontro elettorale al quale hanno preso parte il sindaco Alemanno, il deputato Bonfiglio, Morelli, politici di vario spessore ed esponenti istituzionali. Il Lombardia come in Calabria, i Lampada si danno da fare per organizzare una «corrente» e sostenere candidati che potranno rivelarsi utili ai loro scopi. Un “compare” d’origine reggina, Antonino Cotroneo, chiede a Francesco d’intercedere con Franco Morelli per sostenere un cugino che si presenta alle elezioni comunali di Rogliano, piccolo centro del Cosentino. «C’è un mio cugino» dice ignaro d’essere intercettato dalla Polizia, «che si presenta a Rogliano, non so se lui può dargli una mano». La risposta è possibilista. «Bisogna parlare, magari di presenza». I tempi però stanno cambiando. I fratelli Lampada, pochi mesi dopo, comprendendo di essere al centro di verifiche giudiziarie, scelgono di darsi alla latitanza volontaria all’estero per alcune settimane. Poi tornano e chiedono notizie e conforto al loro amico politico. Che ostenta l’appartenenza all’Opus Dei e si vanta di legami con settori della magistratura. Morelli perciò s’informa a Catanzaro e Reggio. E cominciano le telefonate con linguaggio «criptico» e gl’incontri furtivi. Franco il “cattolico” sente però odore di bruciato. Ma certo non immagina d’essere destinato a finire in un inferno...giudiziario. L’ASCESA DELLA FAMIGLIA LAMPADA, APPRODATA IN SETTENTRIONE CON MODESTE (ALMENO “SULLA CARTA”) RISORSE ECONOMICHE Quelle relazioni privilegiate con funzionari degli istituti di credito Cristiano Leoni Sono arrivati a Milano con modeste risorse finanziarie, almeno ufficialmente, provento di una macelleria e di una pizzeria gestite a Reggio Calabria. Ma nel breve volgere di pochi anni la famiglia Lampada «acquista una disponibilità economica e finanziaria milionaria, assolutamente sproporzionata rispetto alla precedente situazione». E in questo contesto «non possono mancare, così come si era verificato per il ramo Valle della famiglia, rapporti privilegiati con funzionari di istituti di credito». A rilevarlo è il gip di Milano Giuseppe Gennari nell’ordinanza che ha fatto finire in carcere esponenti di spicco della famiglia Lampada, ritenuta legata ai Condello di Reggio Calabria, oltre al presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo Giuseppe Giglio e al consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (PdL). D’altra parte – prosegue il gip – «avere a disposizione l’amicizia di un direttore di banca consente di fare operazioni che agli altri clienti non sarebbero consentite e consente di ac- cedere con più facilità ai crediti». I Lampada, al riguardo, seguivano sempre uno stesso modus operandi, che era quello tipico anche dei Valle. «Tutte le iniziative ufficiali – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – vengono effettuate con finanziamenti bancari, nonostante la famiglia disponga di liquidità notevolissime». Il gip cerca anche di darsi una spiegazione a tutto ciò e giunge alla conclusione che «tale accortezza evita evidentemente sospetti e interrogativi sulla provenienza dei fondi». Nell’ordinanza si danno poi i nomi di due funzionari che «hanno mostrato di intrattenere relazioni di speciale privilegio e compiacenza con i Lampada»: il direttore di un’agenzia Unicredit di Milano e quello di un’agenzia di Paullo del Credito Bergamasco. Da Unicredit, i Lampada avevano ottenuto un finanziamento di 300 mila euro che doveva servire per l’acquisizione delle concessioni dei Monopoli. Finanziamento concesso ma non ancora erogato. Anche col funzionario del Credito Bergamasco, scrive il gip, «sono affiorati rapporti che paiono anomali». IL FIGLIO DELL’AMICO DEL COLONNELLO Parte delle informazioni riservate giunte alla cosca Lampada sull’inchiesta condotta a loro carico dalla Dda di Milano sarebbero giunte anche da un giovane il cui padre sarebbe stato in società con un colonnello del Ros di Reggio Calabria. È quanto emerge dall’ordinanza del gip di Milano che mercoledì scorso ha disposto l’arresto di 10 persone. Tra le intercettazioni quella di un colloquio avvenuto il 17 marzo 2010 tra l’avvocato Vincenzo Minasi, uno degli arrestati di mercoledì scorso, Francesco Lampada e Leonardo Valle in cui si parla della prima fase dell’inchiesta milanese che porterà qualche mese dopo, nel giugno 2010, ai primi arresti. Minasi, riferendo ciò che gli è stato detto da Giu- “CORRUZIONE AGGRAVATA” Il vicepresidente del Consiglio lombardo risponderà al pm soltanto quando avrà «visto gli atti» Nicoli Cristiani: pronto a rinunciare alle cariche Stefano Rottigni MILANO Il vicepresidente del Consiglio lombardo Franco Nicoli Cristiani si riserva di rispondere al magistrato che ha disposto il suo arresto per corruzione aggravata soltanto dopo aver potuto consultare gli atti che stanno alla base delle accuse che lo hanno portato in carcere mercoledì scorso. Spiega, però, attraverso il suo legale, l’avvocato Piergiorgio Vittorini, che intende rinunciare a qualsiasi carica e funzione politica non appena gliene sarà data la possibilità. Questo per far venir meno l’unica esigenza di custodia cautelare ala base del suo arresto: il pericolo di reiterazione del reato. Il legale ha chiesto gli arresti domiciliari e il gip Cesare Bonamartini si è riservato sulla decisione: ha un termine di cinque giorni per decidere se accogliere l’istanza. Ha invece cercato sin da subito di chiarire la sua posizione, Giuseppe Rotondaro, il responsabile degli staff dell’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) lombarda. Roton- daro è anch’egli accusato di corruzione aggravata perchè ritenuto dai pm bresciani il tramite tra Pierluca Locatelli, imprenditore bergamasco nel settore dello smaltimento dei rifiuti, e Nicoli Cristiani per quella presunta tangente da 100mila euro per sbloccare l’autorizzazione per smaltire amianto nella discarica di Cappella Cantone, nel Cremonese. Rotondaro, qualche giorno dopo, avrebbe ricevuto 10mila euro per il disturbo. Il funzionario dell’Arpa, assistito dall’avvocato Giuseppe Lucibello, ha sostenuto che quella somma ricevuta da Locatelli era il pagamento di una consulenza che aveva in atto con il gruppo dell’imprenditore e non aveva alcuna relazione con il suo ruolo nell’agenzia per l’ambiente. Il funzionario ha anche dato la sua interpretazione della vicenda dei 100mila euro che i carabinieri hanno trovato nell’abitazione di Nicoli Cristiani all’atto dell’arresto. Gli stessi, ritengono, della tangente. Pierluca Locatelli e la moglie, Orietta Rocca, quando gli consegnarono quel pacco, il 26 settembre dell’anno scorso, l'a- vrebbero definito genericamente «un regalo» da consegnare all’uomo politico. Quindi, quando portò il pacco al ristorante Berti, non distante dal palazzo della regione Lombardia, dove si trovava Nicoli, non aveva la consapevolezza che si trattasse di denaro. I pm di Brescia e i carabinieri che hanno svolto le indagini la pensano in modo diverso: le attività tecniche hanno consentito di sapere come Nicoli era cliente abituale del ristorante Berti e sulla scorta dell’analisi delle celle telefoniche gli investigatori hanno stabilito che l’uomo politico quel giorno era al ristorante Berti. «In via logica – scrive il gip – l'individuazione del Nicoli Cristiani quale destinatario della somma di 100.000 euro viene, poi, confortata dal riferimento fatto dal Rotondaro alla consegna della busta nella macchina dell’autista, circostanza compatibile solo con l'incontro con una personalità politica di rilievo, quale l'attuale vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia. «D’altro canto – conclude il giudice – lo stesso importo della somma consegnata, lio Lampada, dice agli altri che un giovane ha fornito alcune notizie sull'inchiesta e aggiunge, con una frase incompleta: «Il papà con il colonnello del Ros». «Allora – chiede Francesco – il papà è in amicizia con un colonnello del Ros?». «È socio», risponde Minasi che poi alla successiva domanda «Chi è questo colonnello del Ros?», risponde: «E che ne so?». assai elevato, deve ritenersi indicativo della destinazione della stessa a soggetto di rilevante spessore in seno all’amministrazione regionale lombarda». Inevitabile che gli amministratori della più grande regione del Nord s’interroghino. Da una parte c’è il rischio di infiltrazioni profonde della criminalità organizzata nel tessuto economico, dall’altra il timore che le inchieste giudiziarie che vedono coinvolti alcuni amministratori pubblici possano minare la credibilità della politica. Corre su questo doppio binario la nuova “questione morale” in Lombardia, dopo che sono venute alla luce contemporaneamente le indagini della Dda sugli affari della ’ndrangheta e quelle che contestano fra l'altro un giro di tangenti legate ai rifiuti, con il clamoroso arresto di Nicoli Cristiani. Storie separate, è vero, ma la coincidenza temporale ha moltiplicato le richieste di trasparenza e di maggiori controlli nella zona grigia che si trova tra politica e affari. «È un momento difficile, anzi veramente pericoloso per lo sviluppo del territorio», ha per esempio riconosciuto il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Aggiungendo però che «sindaco, Giunta e Consiglio comunale di Milano hanno fatto finora tutto il possibile per creare gli argini contro le infiltrazioni mafiose». Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 11 Calabria . PETILIA POLICASTRO Già risentiti tre testimoni nel dibattimento che si tiene in Assise a Milano sull’omicidio della 36enne poi sciolta nell’acido Il processo per Lea Garofalo riparte da zero Appello dei deputati Mantovano e Crosetto al ministro affinchè Grisolia possa presiedere la Corte Carmelo Colosimo PETILIA POLICASTRO Riparte da zero il processo di Milano per la morte di Lea Garofalo. Ma insieme al presidente della Corte d’Assise cambia anche uno dei difensori degli imputati. L’avvocato Vincenzo Minasi di Palmi (difendeva Massimo Sabatini), arrestato l’altro ieri su richiesta del coordinatore della Dda milanese Ilda Bocassini, per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato infatti sostituito da un collega. È accaduto nell’udienza di ieri del procedimento che è già ripartito daccapo. Dopo una breve camera di consiglio, i giudici della prima Corte d’Assise di Milano, presieduta da Anna Introini, che ha sostituito Filippo Grisolia, diventato capo di gabinetto al ministero della Giustizia, hanno deciso, accogliendo le richieste presentate dalle difese, che il processo per la morte di Lea Garofalo, sciolta nell’acido, deve ripartire da zero, perchè «il giudice che andrà in camera di consiglio deve essere lo stesso che ha partecipato all’assunzione delle prove». Occorre quindi risentire i testi per «garantire il rispetto dell’oralità del dibattimento». Nonostante le rassicurazioni del ministero, il processo viene quindi azzerato perchè il presidente della Corte d’Assise Filippo Grisolia ha lasciato il Tribunale di Milano dopo la nomina a capo di gabinetto del Ministero della Giustizia. Gli avvocati difensori, tra cui quelli di Carlo Cosco, marito della vittima accusato dalla figlia Denise, non hanno dato il consenso per mantenere valide le prove finora raccolte in dibattimento, tra cui la testimonianza di Denise, la figlia che la testimone di giustizia uccisa ha avuto con Carlo Cosco e che vive da tempo sotto tutela. La notizia è arrivata poco dopo la vigilia del secondo anno della sparizione di Lea Garofalo, la testimone di giustizia scomparsa la notte tra il 24 e il 25 novembre 2009, a Milano. Per la pubblica accusa quella sere Lea venne sequestrata su ordine dell’ex convivente, torturata, uccisa e sciolta nell’acido. Di quell’orrendo crimine sono accusate sei persone, tra cui lo stesso ex compagno di Lea, Carlo Cosco, i suoi fratelli Vito e Giuseppe, e poi: Rosario Curcio, Carmine Venturino e Massimo Sabatino. Il pm Marcello Tatangelo ha già riconvocato in aula i primi testimoni, tre dei quali sono stati ascoltati già ieri mattina. «Speriamo che il Tribunale imponga un ritmo serrato alle udienze, e che entro luglio si arrivi a una sentenza di primo grado», è l’auspicio dei legali delle parti civili. «La difesa ha esercitato la sua facoltà», ha spiegato Roberto D’Ippolito, il legale della madre e della sorella di Lea Garofalo. «Ma purtroppo – ha aggiunto – il rischio concreto è quello che gli imputati tornino in libertà, e su questo bisognerà Vigilare». Nell’udienza di ieri come già detto è stato sostituito da un collega uno dei legali degli imputati, l’avv. Vincenzo Minasi (difendeva Massimo Sabatino), arrestato in esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip di Milano per l’’inchiesta della Dda contro la cosca dei Valle-Lampada. Minasi è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio e intestazione fittizia di beni. Intanto l’ex viceministro agli Interni Alfredo Mantovano e l’on. Guido Crosetto (Pdl) hanno lanciato un appello al ministro della Giustizia, Paola Severino, affinchè il suo nuovo capo di gabinetto Filippo Grisolia, presidente del collegio giudicante, possa completare il processo in corso a Milano. «È nella prassi – hanno sostenuto i due deputati – che in casi del genere vi siano effetti negativi sui giudizi in corso che segue chi è chiamato a svolgere il nuovo incarico. Ma è nella medesima prassi, raccomandata dal Csm e dall’Anm, che chi cambia funzione salva le pendenze più importanti, per evitare rischi (sussistenti nel caso specifico) di liberazione per decorrenza termini degli imputati, e comunque gravi disagi per i testimoni». «Ciò non è accaduto», hanno sostenuto i due esponenti del Pdl. «Ben consapevoli – hanno aggiunto – della sensibilità della prof.ssa Severino, le rivolgiamo un appello, anche alla stregua della esperienza istituzionale da ciascuno di noi svolta fino a qualche giorno fa, perchè questi rischi e questi disagi, che potrebbero essere irreparabili, siano scongiurati; perché, quindi, disponga che la completa assunzione del nuovo incarico da parte del dott. Grisolia gli permetta di completare almeno il processo in questione». Il primo bloccato all’alba dall’Arma dopo i riscontri sul dna Donna soffocata durante una rapina Fermati tre uomini di San Calogero SAN CALOGERO. Al fermo ese- Lea Garofalo (in nero) insieme alla figlia Denise a Milano prima di scomparire guito all’alba, ne sono seguiti altri due. Una giornata frenetica, quella di ieri, per i carabinieri della Compagnia di Tropea, della Stazione di San Calogero e del Comando provinciale di Vibo Valentia, i quali sono riusciti a dare un nome e un volto ai presunti autori della rapina compiuta lo scorso mese di luglio (tra il 14 e il 16) e sfociata poi nell’omicidio, per soffocamento, di Isabella Raso, 50 anni, nubile, casalinga di San Calogero. Le indagini, ma soprattutto la non contaminazione del luogo del crimine, hanno consentito di identificare, attraverso la comparazione del Dna, Domenico Grillo, 21 anni, del luogo. In pratica a mettere nei guai il giovane sarebbe stato un frammento di materiale organico prelevato, dal medico legale Katiuscia Bisogni, sotto le unghie della vittima dal quale è stato estrapolato dal Ris di Mes- sina un profilo di Dna maschile. Profilo compatibile con quello del ventunenne che, all’alba di ieri, è stato sottoposto a fermo in quanto ritenuto responsabile dell’omicidio della donna e della rapina. Infatti, mentre a Messina i carabinieri del Ris procedevano con le analisi, a San Calogero i militari svolgevano le indagini che li portavano a circoscrivere il raggio d’azione in un bar della zona frequentato, tra gli altri, anche da Domenico Grillo. La comparazione del Dna e la compatibilità tra il profilo estrapolato e quello del giovane consentiva così di chiudere il cerchio sul ventunenne. Ma considerato che la rapina non sarebbe stata compiuta da una sola persona, i carabinieri – coordinati dal cap. Francesco Di Pinto, comandante della Compagnia di Tropea – non hanno ritenuto la questione chiusa con il fermo di Grillo. Sviluppi che si sono avuti nella stessa giornata di ieri con l’emissione, da parte del sostituto procuratore Vittorio Gallucci, di altri due fermi. Infatti, nel primo pomeriggio sono stati fermati Francesco Todarello, 45 anni, operaio edile e Luigi Zinnà, 25 anni, disoccupato. Il primo di San Calogero, il secondo della frazione Calimera, ed entrambi con precedenti alle spalle, nei cui confronti a seguito del fermo di Grillo sarebbero emersi gravi indizi di colpevolezza. Omicidio e rapina aggravati, in concorso, i reati loro contestati. In particolare Todarello sarebbe stato sorpreso dai carabinieri mentre stava preparando la valigia. L’operaio, inoltre, aveva poco prima prelevato una somma di denaro e non è da escludere che si accingesse a partire. I due sino a tarda sera sono stati ascoltati dal sostituto Gallucci e dal procuratore di Vibo Mario Spagnuolo. (m.c.) GIOIA TAURO Gravissima intimidazione nei confronti di un sostituto commissario. Il prefetto convoca il Cosp Bomba esplode sotto l’abitazione di un poliziotto Gioacchino Saccà GIOIA TAURO Non si ferma l’escalation della criminalità organizzata a Gioia Tauro. Nella notte da mercoledì a giovedì un altro episodio gravissimo si è registrato al quartiere “Jossa” dove, in via Leonardo da Vinci, ignoti hanno fatto esplodere un potentissimo ordigno rudimentale sistemato davanti la porta di ingresso dell’abitazione di un funzionario di Polizia, Pietro Fausto Spadafora, sostituto commissario, in servizio presso il Commissariato di Taurianova. I dinamitardi hanno agito con eccezionale determinazione; la bomba artigianale, secondo i primi accertamenti confezionata con un chilo abbondante di polvere nera miscelata a fremmenti metallici e fornita di detonatore collegato ad una miccia a rapida combustione, ha divelto un pesante portone in alluminio anodizzato ridotto in mille pezzi, provocando anche danni all’interno, ovvero ad un ambiente dal quale si dipartono le scale che portano al primo piano. Danni all’interno dello stesso fabbricato ma anche agli stabili contigui e posti frontalmente sono stati provocati dalla fortissima deflagrazione percepita alle tre e quaranta in punto in tutta l’area urbana. Per sistemare l’ordigno presso il portone contrassegnato dal numero 68 di via Leonardo da Vinci (che incrocia via Vespucci dove, proprio a pochi passi, appena una settimana addietro raffiche di mitraglietta sono state esplose contro un negozio di abbigliamento) i malviventi, con un lavoro da specialisti, hanno operato con tutta calma e tantissimo sangue freddo. Tutto il quartiere era infatti da alcune ore al buio e il black out dell’impianto di pubblica illuminazione era stato provocato dagli stessi malviventi che avevano proceduto a disattivare dalle cen- La bomba ha distrutto il portone traline dell’Enel l’energia elettrica. Spadafora con la famiglia (la moglie e due figli che frequentano lo Scientifico a Palmi, una figlia più grande studia al Nord) erano a letto al piano superiore e sono stati svegliati dal boato che ha letteralmente distrutto il portone e che ha mandato in frantumi i vetri del caseggiato e di fabbricati vicini. Sul posto nel giro di pochissimi minuti sono intervenute numerose volanti, agenti della Sezione Investigativa col Vicequestore Francesco Rattà e gli specialisti della Scientifica che hanno proceduto a tutti i rilievi. Nella primissima mattinata in via Leonardo da Vinci sono giunti il questore Carmelo Casasbona col vicedirigente della Mobile di Reggio, Luigi Silipo, il vicequestore Andrea Ludovico, dirigente del Commissariato di Taurianova, dove Spadafora presta servizio da appena un mese, e il capitano Ivan Boracchia, comandante la Compagnia dei carabinieri di Gioia, col tenente Gianluca Ceccagnoli. Le indagini sono coordinate personalmente dal Procuratore della Repubblica di Palmi, dott. Giuseppe Creazzo, e dal sostituto di turno dott. Luigi Dolce. Ieri sono state effettuati controlli e verifiche unitamente a perquisizioni domiciliari che hanno interessato le abitazioni di pregiudicati e di soggetti con precedenti penali di un certo rilievo. L'anno scorso, in piena estate, qualcuno aveva scritto minacce nella zona del Lungomare. Le intimidazioni lasciate sui muri con l’uso di vernice spray erano forse ancora più pesanti. Da qui la decisione di spostare il funzionario, molto stimato da colleghi e superiori, probabilmente in attesa di altro provvedimento definitivo, al Commissariato di Taurianova. Il sindaco Bellofiore incontrando ieri Spadafora gli ha espresso piena ed incondizionata solidarietà. Il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, accogliendo la richiesta del primo cittadino, ha convocato per il prossimo 7 dicembre il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica per approfondire l’escalation di attentati sul territorio di Gioia Tauro. REGGIO Moto sequestrata compatibile con quella ripresa dalle telecamere COSENZA Condannato a 5 anni per aver violentato una sua cliente in Puglia nel 2001 Attentato alla Procura generale Depositata la consulenza tecnica Mago catanese in manette per stupro CATANZARO. La compatibilità tra COSENZA il motorino filmato dalle telecamere della Procura generale di Reggio Calabria e quello sequestrato dagli inquirenti nell’ambito delle indagini sulle intimidazioni ai magistrati reggini è parziale, mentre non ci sarebbero elementi sufficienti per stabilire la compatibilità tra una tuta sequestrata ad Antonio Cortese, ritenuto uno degli esecutori materiali dell’attentato dello scorso 3 gennaio, e l’abbigliamento che si nota dai filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza. Sono questi i due passaggi-chiave della relazione del perito nominato dal giudice per le indagini preminari di Catanzaro, Assunta Maiore, che ieri ha acquisito gli ulteriori esiti degli accertamenti tecnici durante un incidente pro- batorio. In particolare, la perizia sul motorino riguarda la bomba fatta esplodere lo scorso anno contro la Procura generale di Reggio Calabria. Le telecamere di videosorveglianza registrarono le fasi dell’attentato; nelle immagini si notano due persone a bordo di un motorino che raggiungono la sede della Procura generale, prima che uno dei due lasci la bomba esplosa poco dopo. Secondo il perito quel motorino è parzialmente compatibile con quello trovato dagli investigatori nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Catanzaro per competenza territoriale, mentre non ci sono elementi sufficienti per stabilire la compatibilità tra la tuta di Antonio Cortese e l’abbigliamento immortalato dai filmati. Dopo il deposito degli accertamenti l’incidente probatorio è stato aggiornato al 19 dicembre prossimo quando sarà sentito il perito. Nell’ambito dell’inchiesta sulle intimidazioni ai magistrati reggini dello scorso anno sono state arrestate quattro persone, ritenute mandanti ed esecutori della strategia della tensione. L’inchiesta ha avuto un impulso decisivo dalle dichiarazioni del boss pentito Antonino Lo Giudice, che si è autoaccusato di essere il mandante ed ha chiamato in causa il fratello Luciano ed altre due persone, Antonio Cortese, ritenuto l’esperto di esplosivo della cosca, e Vincenzo Puntorieri, legato allo stesso Cortese, accusati dell’esecuzione materiale dell’attentato.(g.l.r.) Fabio Melia I suoi poteri magici questa volta lo hanno tradito, impedendogli di prevedere l’arrivo dei carabinieri. E così Alfio Conti, 45enne originario di Aci Castello (Catania), meglio noto come il “Mago Conti”, nei giorni scorsi è stato ammanettato dai militari della Stazione di Mendicino, cittadina alle porte di Cosenza dove s’era stabilito ormai da tempo. Il veggente e sensitivo – come lui stesso si definisce nei cartelloni propagandistici affissi sui muri della provincia bruzia – ha inanellato nel corso degli anni diversi problemi con la giustizia, finendo nei guai per truffa, porto abusivo d’arma e possesso ingiustificato di valori. Questa volta, tuttavia, gli L’ordine di carcerazione è stato notificato dai carabinieri di Mendicino uomini guidati dal maresciallo Gregorio Santoro gli hanno notificato un ordine di carcerazione piuttosto pesante. Conti è stato infatti condannato a cinque anni di reclusione per violenza sessuale, un reato consumato nel 2001 a Casarano, in provincia di Lecce. In quel periodo il sensitivo siciliano si faceva chiamare il “Mago di Oggi”, e riceveva i suoi clienti in diverse località del Mezzogiorno, Puglia compresa. Secondo l’accusa, approfittando dello stato di soggezione della sua vittima, Conti avrebbe ripetutamente violentato una giovane con la scusa di dover compiere dei particolari riti magici. Sceneggiate avvalorate dalla presenza di un talismano d’oro, ricolmo di chissà quali influssi ultraterreni, costato alla ragazza piombata suo malgrado al centro di questa vicenda la bellezza di 5 milioni di lire. Durante le sedute magiche, tra l’altro, il fidanzato della giovane salentina rimaneva tranquillamente seduto in sala d’attesa, ignaro di quanto stesse accadendo al di là della porta. Lui, purtroppo, di magia e affini non se ne intendeva. Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 31 Calabria . La Dia di Catanzaro ha confiscato buon parte del patrimonio di Francesco Arcuri, comprese due società che si occupano dello smaltimento di rifiuti industriali Crotone, sotto chiave beni per 30 milioni Il procuratore generale Consolo: è l’unica via per contrastare la criminalità organizzata. Costituito un staff operativo Giuseppe Lo Re CATANZARO «C’è solo un modo per contrastare davvero la criminalità organizzata: aggredirne i patrimoni illecitamente accumulati». Insediato da qualche mese, il procuratore generale Santi Consolo ha costituito uno specifico gruppo di lavoro coordinato dal sostituto per Domenico Prestinenzi. E ieri, proprio all’indomani di una riunione allargata di questo gruppo di lavoro, l’attività di verifica e riscontro in materia di patrimoni illeciti ha registrato un importante risultato con la confisca, eseguita dagli specialisti della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, di beni per oltre 30 milioni di euro riconducibili al 62enne Francesco Arcuri, crotonese, imprenditore condannato in via definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il provvedimento di confisca è stato adottato dalla Corte d’Appello di Catanzaro su richiesta della Procura generale, che ha fatto proprie le risultanze degli accertamenti della Dia. Sotto chiave sono finiti: il patrimonio aziendale dell’impresa individuale denominata “Arcuri Francesco” con sede a Crotone e dedita al recupero e al riciclaggio di rifiuti solidi urbani e industriali; il patrimonio aziendale e il capitale sociale della “Recycling srl”, con sede a Crotone e dedita alla raccolta, imballaggio, compattazione, stoccaggio e trasporto dei rifiuti con destinazione al recupero e allo smaltimento, compresi quelli delle piattaforme petrolifere; 4 terreni; 11 fabbricati fra cui un villa a più piani dove risiede la famiglia Arcuri; 6 auto; 41 mezzi industriali; 12 rapporti finanziari. Arcuri era stato coinvolto nell’operazione “Obra” ed era sta- to condannato a 3 anni di reclusione con pena diventata definitiva dopo il passaggio in Cassazione, risalente al 15 aprile 2009. Secondo le indagini dell’epoca, l’estorsione sarebbe avvenuta ai danni di un responsabile della società “Biomasse spa” impegnata nella realizzazione della centrale termoelettrica di Strongoli, in provincia di Crotone. La Dia di Catanzaro ha eseguito gli accertamenti che hanno riguardato, per un arco temporale compreso tra il 1985 ed il 2009, tutti i cespiti in qualunque modo riconducibili ad Arcuri ed ai componenti del suo nucleo familiare, «documentando fra l’altro – ha rilevato il sostituto pg Prestinenzi – la netta sproporzione tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte dirette e le attività economiche esercitate». La Corte d’Appello ha ritenuto la richiesta degli investigatori guidati da Antonino Cannarella «meritevole di accoglimento – si legge nel provvedimento – perché sussiste, nel caso di specie, il duplice presupposto della sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità diretta o indiretta del condannato e l’entità del reddito dichiarato e dell'assenza di elementi giustificativi che consentano di ricondurre gli incrementi patrimoniali a delle operazioni lecite non solo sul piano strettamente giuridico, ma anche su quello economico». I dettagli delle indagini sono stati illustrati ieri nel corso di una conferenza stampa tenuta dal pg Consolo, dal sostituto Prestinenzi e dal responsabile della sezione operativa catanzarese della Dia Cannarella. Consolo ha colto l’occasione per illustrate le strategie della Procura generale in tema di contrasto alla criminalità organizzata. «Tutta la magistratura requirente del Distretto – ha rilevato il magistrato – è impegnata CATANZARO A carico di 16 imputati Why Not, iniziato ieri il processo d’appello CATANZARO. È iniziato ieri con Il sequestro della villa della famiglia di Francesco Arcuri; sotto Prestinenzi, Consolo e Cannarella durate la conferenza stampa per garantire alla società civile lo sviluppo sano del territorio, aggredendo i patrimoni illeciti che sono il cancro per la libera circolazione dei beni e la libera iniziativa». Il pg ha aggiunto che in questi giorni «le nove Procure del Distretto, la Procura generale e la Procura nazionale antimafia sono pervenute ad un protocollo d’intesa per razionalizzare le attività»; infatti la Procura generale ha messo in piedi un vero e proprio «progetto organizzativo» affidando il gruppo di lavoro al sostituto Prestinenzi, «magistrato capace e di grande esperienza». In quest’ottica, proprio mercoledì si è tenuto un vertice operativo nel quale «si è registrata un’armonia di intenti che si tradurrà nella circolazione delle comunicazioni, perché soltanto con l’attività sinergica si possono ottenere risultati soddisfacenti». COSENZA I giudici hanno confermato la sentenza di primo grado (8 anni e mezzo) Le mani “allungate” sulla figlia di dieci anni docente universitario condannato in appello Giovanni Pastore COSENZA La discesa agli inferi d’un professore universitario di Statistica cominciò in una tiepida mattina di maggio di cinque anni fa, in un’aula dell’ateneo calabrese durante una lezione agli studenti. Due uomini in divisa s’avvicinarono con discrezione al docente sussurandogli qualcosa all’orecchio. Poco dopo, il professore era già in stato d’arresto davanti a un ufficiale dei carabinieri che gli leggeva i suoi diritti e lo invitava a nominare un difensore di fiducia. Era stata sua figlia, la sua bambina a trascinarlo nel fango d’una storia turpe, imprigionato in un tunnel senza uscita. E quelle accuse hanno inchiodato il cattedratico al legno della croce con una condanna che, ieri mattina, è stata ribadita dalla Corte d’appello di Reggio Calabria (presidente: Maria Teresa Pratticò). L’accusa per il professore è di quelle fanno inorridire: abusi sessuali su una minore, sulla sua bambina. Una storia tremenda, che è stata ripercorsa anche in secondo grado dopo quattro anni di dolorose udienze celebrate davanti al Tribunale con una sessantina di testimoni escussi. E in queste ultime settimane, nell’aula della Corte d’appello sono state, inevitabilmente, rivissute le scansioni temporali di quei giorni che avrebbero lasciato il segno nella testolina della bimba, come ha sottolineato il È stata la bimba ad accusare suo padre patrono di parte civile, l’avvocato Gianluca Bilotta che assiste l’angioletto e sua mamma. Accuse che il procuratore generale ha rafforzato nel corso della sua requisitoria conclusa sollecitando la conferma della sentenze di primo grado che il Tribunale di Reggio aveva condensato nella condanna a otto anni e mezzo di carcere completata dall’interdizione dai pubblici uffici, dalla perdita della patria potestà e da un risarcimento del danno in sede civile con una provvisionale alle vittime quantificata in 50mila euro. Il docente di Statistica si è sempre detto innocente e ha respinto fin dall’inizio ogni accusa. I suoi legali, il professor Guglielmo Gullotta, e gli avvocati Nico D’Ascola e Giorgio Misasi, avevano presentato ricorso in appello, convinti di riuscire a modificare l’iniziale verdetto. La storia torbida è affiorata per caso nel 2005. Anna (il nome è di fantasia, ndr) piangeva di rabbia e viveva di incubi notturni. A dieci anni appena sapeva già com’era fatto l’inferno. Ma taceva e inghiottiva le sue lacrime per vergogna. Una sofferenza silenziosa, uno stato di disagio che a un certo punto divenne una zavorra insopportabile tanto da spingere la bambina a parlare. In un giorno di maggio di sei anni fa, Anna si sciolse e si confidò con la madre. Alla donna, la piccola avrebbe confidato quei dettagli che erano sconvolgenti. Si scoprì così la terribile verità. Una presunta verità angosciante. La mamma ascoltò il racconto dell’orrore e pianse pure lei con la sua bambina prima di correre dai carabinieri a denunciare l’ex uomo della sua vita. Davanti agl’investigatori dell’Arma, la piccola rese delle dichiarazioni scioccanti. Racconti che avrebbero alimentato l’idea dell’ipotetico papà “orco”. Incubi reali per il pm Roberta Conforti che inizialamente s’occupò del caso prima di trasferire il fascicolo a Reggio Calabria dove i primi ipotizzati abusi sarebbero maturati. L’inchiesta venne completata dal pm Giovanni Musarò che ottenne la condanna in primo grado del professore universitario. Nella fase delle indagini preliminari, c’era stato anche un incidente probatorio con la bambina che, assistita da una psicologa dell’età evolutiva e alla presenza degli avvocati dell’indagato, aveva ricostruito gli episodi di violenza. L’accertamento avrebbe evidenziato la piena credibilità della bambina. Conclusioni che, evidentemente, hanno pesato sulle sentenze pronunciate dai giudici. I legali del professore attenderanno di conoscere le motivazioni della condanna e hanno preannunciato ricorso per Cassazione, l’ultimo grado di giudizio prima che la sentenza diventi definitiva. le eccezioni preliminari e la prima parte della requisitoria del procuratore generale, il processo d’appello nei confronti di sedici persone coinvolte nell’inchiesta “Why Not”, che riguarda un presunto comitato d'affari che avrebbe illecitamente gestito i soldi destinati allo sviluppo della Calabria. Oltre all’acquisizione di una sentenza della Cassazione, l'avvocato Francesco Gambardella, legale del principale imputato, l’imprenditore Antonio Saladino, ha chiesto ai giudici della Corte d’appello di acquisire la documentazione dalla quale si accerti se la principale teste d’accusa, Caterina Merante, è indagata in procedimento connesso. La richiesta deriva dal fatto che, al termine del processo di primo grado, il Giudice per le udienze preliminari, Abigail Mellace, aveva chiesto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per valutare eventuali irregolarità. Su entrambe le eccezioni preliminari i giudici si sono riservati la decisione. La parola poi è stata presa dal sostituto procuratore generale Massimo Lia che ha ripercorso l’intera fase del processo che si è tenuto col rito abbreviato davanti al giudice per le udienze preliminari. Secondo il procuratore «esisteva una associazione per delinquere, costituita da soggetti privati, che aveva stretto accordi con pubblici ufficiali della Regione Calabria per ottenere finanziamenti pubblici», oltre al fatto «che ci può essere una associazione per delinquere costituita solo da soggetti privati che si avvaleva di volta in volta dell’apporto di di singoli pubblici ufficiali». Il sostituto procuratore generale ha poi illustrato le modalità con le quali veniva affidato alla società Why Not lo svolgimento di progetti finanziati con fondi pubblici. Stilato anche un primo calendario delle udienze: la requisitoria proseguirà il 22 dicembre ed il 13 e 24 gennaio. Poi la parola potrebbe passare alla difesa qualora il pg riesca a terminare la requisitoria per il 24 gennaio. Tra gli imputati del processo d’appello ci sono i due ex presidenti della Regione Calabria, Agazio Loiero, e Giuseppe Chiaravalloti, entrambi assolti in primo grado; alcuni funzionari regionali e imprenditori, tra cui, appunto, Antonio Saladino, condannato a due anni di reclusione per il reato di abuso d’ufficio. La Procura generale ha presentato ricorso contro l’assoluzione di alcuni imputati dal reato di associazione per delinquere mentre, per tutti gli altri, l’appello riguarda il reato di abuso in atti d’ufficio.(g.m.) Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 33 Cronaca di Reggio Via Diana, 3 - Cap 89123 Tel. 0965.897161 / Fax 0965.897223 [email protected] Concessionaria: Publikompass S.p.A. Via Diana, 3 - Cap 89123 Tel. 0965.24478 / Fax 0965.20516 [email protected] Consiglio Provinciale È stato convocato per il prossimo martedì il Consiglio provinciale per discutere il piano scolastico . IL TORNADO MILANESE Oggi pomeriggio nel carcere di Opera si svolgerà l’interrogatorio di Vincenzo Giglio, cugino omonimo del magistrato arrestato Quel medico con il vizio della politica Gli inquirenti ritengono che ambisse alla direzione dell’Asp e che fosse il tramite tra Lampada e Morelli Piero Gaeta Un ruolo di primo piano in questo intrigo mafioso-politico-giudiziario, che parte da Reggio e finisce a Milano, lo riveste il medico Vincenzo Giglio, 57 anni, cugino omonimo del magistrato arrestato e con una sfrenata passione per la politica. L’accusa di cui deve rispondere il medico reggino è di concorso esterno in associazione mafiosa. E comincerà a farlo questo pomeriggio alle 14.30 nel carcere di Opera, quando, assistito dal suo legale di fiducia Andrea Alvaro, dovrà rispondere – se vorrà– alle domande del gip Giuseppe Gennari, il quale nell’ordinanza ha tratteggiato un ritratto poco raccomandabile dell’indagato. «A dispetto del fatto che Vincenzo Giglio non compare in reati fine (sebbene egli contribuisca in modo decisivo alla raccolta di notizie riservate, aspetto sul quale si dovrà meditare) – scrive il gip – si tratta di personaggio fondamentale nello snodo di rapporti coltivati dai Lampada. Giglio è il medico che introduce Lampada presso Morelli, procurando la nascita e il consolidamento del rapporto tra i due personaggi. La circostanza – evidenzia Gennari – emerge in modo chiaro nel mese di aprile 2008, durante una conversazione tra Mario Giglio (fratello dell’indagato) e Lampada, subito dopo una serata al Cafè de Paris di Roma, alla quale aveva partecipato anche il consigliere regionale Franco Morelli e quest’ultimo aveva poi mandato un sms al Lampada in cui lo ringraziava per la splendida serata ed L’ex consigliere regionale Franco Morelli è stato arrestato per ordine del gip di Milano esaltava «l’amicizia vera quella con la A maiuscola». Un messaggio talmente apprezzato da Giulio Lampada che voleva dirlo «a mia mamma di farmi fare un quadretto di questa cosa e me lo appendo in ufficio!». Vincenzo Giglio sostiene attivamente anche la campagna elettorale di Leonardo Valle a Cologno Monzese nel 2009. Una candidatura “strana” quella di Valle tanto che la stampa locale si era soffermata prima delle elezioni indicandola come un tentativo della ’ndrangheta di infiltrarsi nella politica milanese. Ma il “pallino” delle elezioni Vincenzo Giglio l’ha sempre avuto recitando un ruolo attivo con i suoi fratelli anche in città. Vincenzo Giglio, inoltre, è stato l’uomo che ha presentato il giudice Giancarlo Giusti a Giulio Lampada in occasione di di un convegno giuridico tenutosi a Venezia nel settembre del 2008; e la stessa cosa ha fatto presentando poi il Lampada al cugino magistrato. Secondo le indagini degli investigatori milanesi, durante gli incontri reggini dedicati alla raccolta delle notizie, il medico Giglio opera come «intermediario riservato» tra il cugino magistrato e i fratelli Lampada. Vincenzo Giglio e Lampada si sarebbero adoperati per procurare sostegno elettorale a Franco Morelli in vista degli attesi vantaggi che sarebbero potuti derivare dal politico cosentino. Da alcuni dialoghi intercettati dai pm milanesi è emerso che Giglio puntava alla direzione dell’Azienda sanitaria provinciale. In una telefonata Giglio riferisce a Lampada: «No, con Franco mi disse... il fatto... dell’Asl, la direzione... mi disse tu andrai lì all’Asl, dove ti ho detto...». E Vincenzo Giglio è anche presente al pranzo organizzato dai fratelli Lampada a Gambarie il 4 settembre 2009 cui parteciparo- Il procuratore antimafia Giuseppe Pignatone ha squarciato il velo sulla cosiddetta “zona grigia” che aiuta la ’ndrangheta a diventare sempre più forte no, tra gli altri, Franco Morelli, il neurologo Gabriele Quattrone e il figlio Diego. Secondo il gip milanese il pranzo aveva un duplice scopo: festeggiare il successo dell’operazione condotta da Morelli, che aveva collocato Diego Quattrone presso la Commissione europea di Bruxelles e soprattutto consolidare i rapporti tra le famiglie Lampada-Valle e il politico cosentino, come si evince dal “brindisi” documentato dalla Squadra mobile reggina: «... ho il piacere di avere a tavolo oggi una persona molto autorevole... brindisi faccio all’onorevole!». Per i magistrati lombardi, dunque, Giglio «contribuisce in modo determinante ad ampliare la rete di relazioni costituente la “zona grigia” che poi gli associati sfruttano per assumere notizie riservate, per ottenere favori nelle aste immobiliari, per allargare le proprie relazioni istituzionali e la capacità di penetrazione nel tessuto economico e istituzionale». Il nostro ordinamento non prevede il reato di contiguità Il voto di scambio non è configurabile se non c’è prova d’un effetto concreto Non è previsto nell’ordinamento un «reato di contiguità» e dunque, se non ci sono prove che possono portare a contestare il favoreggiamento o il concorso esterno in associazione mafiosa o la partecipazione all’organizzazione criminale, non si può configurare una responsabilità penale per i politici che “dialogano” con gli esponenti mafiosi. Così qualificate fonti giudiziarie spiegano perchè, malgrado nelle “carte” dell’inchiesta della Dda di Milano sulla cosca Valle-Lampada compaiono numerosi nomi di politici – alcuni dei quali avrebbero anche “pre- Mentre Palamara osserva che su novemila magistrati qualche caso può capitare La giunta esecutiva della sezione Anm esprime «sconcerto e dolore» per i colleghi «La vicenda che riguarda i colleghi Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti ci sconcerta ed addolora». La Giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati – sezione di Reggio Calabria – auspica che «questi fatti non intacchino la credibilità dell’istituzione giudiziaria e non venga meno la fiducia dei cittadini verso la magistratura reggina, da sempre impegnata sul versante della legalità». «Non ci compete entrare nel merito della vicenda, in attesa che la Giustizia faccia il suo corso e venga fatta chiarezza – prosegue la dichiarazione dei magistrati reggini –. È nostro dovere, invece, richiamare l’attenzione sulla necessità che il magistrato sia rigoroso nello stile di vita e nelle frequentazioni, perchè non venga mai neanche appannata l’immagine di indipendenza e di imparzialità della magistratura nè compromessa la trasparenza dei L’Anm reggina ha espresso «sconcerto e dolore» per i colleghi comportamenti anche personali dei singoli componenti dell’Ordine giudiziario. Ogni deviazione da questi principi va fermamente stigmatizzata». Sul caso ha preso posizione anche il presidente nazionale dell’Anm, Luca Palamara. «In Italia i magistrati sono novemila e ci possono essere delle situazioni di errore, ma di fronte a comportamenti scorretti dobbiamo dare un segnale di netta fermezza», ha detto commentando l’arresto di un giudice di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Infinito” contro la ‘'ndrangheta e la cosiddetta zona grigia. «L'inchiesta – ha aggiunto il presidente dell’Associazione nazionale – dimostra che quando i giudici applicano la legge la applicano anche nei confronti degli stessi magistrati». Palamara ha poi voluto esprimere il proprio «disagio e indignazione» per quanto accaduto».(pitos) Sono molti i politici che parlano con la ’ndrangheta so” i voti degli affiliati alla 'ndrangheta e dei loro sodali – a questi non si possono attribuire reati. I presunti affiliati al clan Valle, come scrive il gip Gennari, infatti, avrebbero fatto «confluire» i voti verso candidati «a loro vicini». E poi nell’ordinanza viene riportato un elenco contenente molti nomi. Negli ambienti giudiziari, però, viene chiarito che non esiste un reato che punisce il politico che ottiene voti, pur consapevole, da esponenti mafiosi. L’unico reato che potrebbe essere contestato è il voto di scambio o la cosiddetta corruzione elettorale, ma se il candidato non dà al mafioso qualcosa in cambio del voto non c’è alcuna rilevanza penale. Anche nell’ipotesi in cui il politico prometta qualcosa, dei lavori ad esempio, ma poi non li conceda, non c’è reato.(pitos) Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 34 Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 Cronaca di Reggio 35 Cronaca di Reggio . . IL TORNADO MILANESE La criminalità organizzata è sempre più vorace e cerca di costruirsi una facciata rispettabile col sostegno della zona grigia L’affermazione è contenuta in uno dei passaggi cruciali della relazione dell’Antimafia La ’ndrangheta in Lombardia con un disegno di colonizzazione Valle-Lampada, ’ndrine partite da Archi unite da due solidi matrimoni incrociati «Le cosche hanno messo radici riproducendo il loro schema criminale» Prima lo sbarco a Vigevano, poi il salto a Milano. Slot-machine per arricchirsi e il miraggio della politica Chi sono le famiglie mafiose Valle e Lampada? Tutte e due le componenti, scrive il gip Giuseppe Gennari, «rappresentano i tasselli inscindibili di una realtà criminale sostanzialmente unitaria, non solo sotto il profilo degli interessi, ma della stessa componente familiare che ne costituisce il fondamento». I Valle sono una famiglia da sempre accreditata di appartenenza ‘ndranghetista e sono spinti (con il “nonno” Francesco) al trasferimento al Nord da una sanguinosa guerra tra clan. I Valle sono descritti in due recenti ordinanze: «Esercitano una carica intimidatoria incontrastata, risalente negli anni, inducono una situazione di omertà generalizzata, esercitano un capillare controllo del territorio, potendo fare leva su simpatizzanti pronti a segnalare presenze estranee, intrattengono rapporti di affari e comparaggio con altri esponenti ‘ndranghetisti». Da Archi a Vigevano, un viaggio lungo. Entrambe le famiglie sono originarie di Archi. I Valle arrivano a Vigevano alla fine degli anni Settanta, dove vengono accolti dal locale boss Giovanni Cotroneo, calabrese anch’egli. Giunto al nord nel 1968, Cotroneo grazie a usura ed estorsioni ha costruito un impero nel settore del commercio e della ristorazione. Seguendone l’esempio, i Valle, che si affiliano proprio al clan Cotroneo che vantava legami con Condello e Imerti (a Reggio e Villa San Giovanni) e con gli Ursino di Gioiosa Jonica e i Pesce-Bellocco di Rosarno, in pochissimo tempo accumulano un ingente patrimonio. Alla fine degli anni Novanta, più volte colpiti dall’autorità giudiziaria ma mai al tappeto, i Valle trasferiscono i loro interessi nel Milanese, dove proliferano: assommano soldi, potere, e capacità di intimidazione. Storica, ormai, la frase dell’ex direttore Asl di Pavia: «Tra i Valle e la magistratura preferisco avere dietro le spalle la magistratura; è chiaro che ad un certo punto preferivo una condanna piuttosto che avere i Valle dietro le spalle». Anche i Lampada giungono a Vigevano, ma all’inizio degli Ilda Boccassini ha coordinato le scottanti indagini che hanno scosso la Calabria Investigatori della Polizia per le vie del quartiere di Archi La lezione di don Luigi Ciotti La forza. «Non dimentichiamo che la forza delle mafie non sta dentro le mafie, ma sta fuori di esse. I fatti di questi giorni, purtroppo, lo dimostrano ancora una volta». Lo ha detto don Luigi Ciotti, che guida l’associazione antimafia Libera. Il quartiere di Archi è sempre stato considerato la “culla” della ’ndrangheta reggina. Anche la storia delle famiglie Valle e Lampada parte dalla periferia nord di Reggio anni Novanta, guidati da Maria Concetta Lampada, moglie di Leonardo Valle. Dopo Vigevano, tutti i Lampada si trasferiscono in blocco a Milano. Tra le due famiglie vige un forte legame parentale: il 20 aprile 1991 viene celebrato a Vigevano il matrimonio tra Maria Concetta Lampada (sorella di Francesco e Giulio) e Leonardo Valle (figlio di Francesco Valle cl. 1937). Quindici anni dopo, i Lampada-Valle rinsaldano i loro vincoli con un altro matrimonio, mandando in sposa al giovane Francesco Lampada la ultimogenita del clan Valle, Maria, figlia di Francesco Valle. Secondo gli investigatori, che non sottovalutano l’aspetto simbolico dei matrimoni in seno alle famiglie di ‘ndrangheta, tutti i membri della famiglia Valle e della famiglia Lampada entrano così a far parte di un nuovo organismo collettivo, che se da un lato comporta nuovi doveri, al contempo determina un aumento della ca- In relazione alla gestione della “Sempione” I rapporti con i Tegano nati da una controversia I rapporti tra Giulio Lampada e Bruno Tegano emergono a proposito di una controversia che oppone i Lampada a Giovanni Barbaro, in relazione alla gestione della società “Sempione”. Giovanni Barbaro è figlio di Giuseppe Barbaro, cugino di Pasquale Condello. Si parla, quindi, di un membro di sangue della famiglia Condello. Il sistema societario costruito dalla consorteria consentiva l’agevole inserzione o alienazione nelle cariche sociali di fiduciari, anche portatori di omologhi interessi mafiosi, con il vantaggio che l’eventuale insorgenza di conflitti permane endogena e intestina alle cosche, piuttosto che deflagrare all’esterno con ricadute che potrebbero calamitare l’attenzione delle autorità di vigilanza. In questo senso, per gli investigatori, è macroscopico il caso della ditta “Sempione” in cui è esploso un contenzioso che ha compromesso gli equilibri esistenti tra le consorterie Lampada e Condello e ha richiesto la diretta interposizione di due emissari appositamente convenuti a Milano da Reggio. Sostanzialmente, il dissidio in parola e concretizzato in una lite pacità economica e sociale della nuova “entità”. Secondo l’accusa, insomma, il doppio matrimonio tra appartenenti alle due famiglie ha determinato un nuovo status per tutti gli appartenenti. Osservazioni analoghe anche per i battesimi: cerimonie che rivestono una portata sociale. Così gli inquirenti spiegano il conto di oltrre 15 mila euro pagato per il ricevimento da 70 invitati in un ristorante romano per il battesimo, celebrato l’8 giugno 2008 in Vaticano, della figlia di Giulio Lampada e Giuseppa Immacolata Zema. Le due famiglie operano nello stesso settore di impresa: il noleggio di macchinette videopoker. Un’attività che frutta a entrambe anche la proprietà e la gestione diretta di numerosi esercizi commerciali. In entrambi i casi, però, gli inquirenti ci vedono una sistematica evasione delle imposte e del prelievo erariale unico sulle somme giocate.(pie.ga.) tra i Lampada e Giovanni Barbaro che, con il fratello Salvatore, conduce il bar milanese “Gran bar Sempione”, a piazza Gramsci, appartenente alla società “Sempione”, piuttosto importante perché già proprietaria degli esercizi commerciali “El Tabachè” di viale Ungheria, nonché del “Tabacchi dolci” di via Dolci. Il conflitto Lampada-Barbaro era sembrato esaurirsi con l’estromissione di Giovanni Barbaro dalla conduzione del bar dei Lampada; invece, l’escluso era evidentemente andato a perorare la propria causa a Reggio, rendendosi nel frattempo irreperibile, salvo poi rientrare a Milano insieme a soggetti invitati a sostenere le ragioni presso i Lampada. Nel contempo, proprio per scongiurare il coinvolgimento di soggetti mafiosi reggini, i Lampada lo avevano insistentemente cercato.(do.mal.) I numeri 1970 Arrivano i Valle Alla fine degli anni Settanta, i Valle lasciano Archi e arrivano a Vigevano dove vengono accolti dal locale boss Giovanni Cotroneo, calabrese anch’egli. Seguendone l’esempio, i Valle, che si affiliano proprio al clan Cotroneo che vantava legami con Condello e Imerti 1990 Ecco i Lampada All’inizio degli anni Novanta arrivano anche i Lampada a Vigevano e poi si trasfericono con i loro interessi a Milano. 15.000 Il conto del banchetto È la cifra spesa (arrotondata per difetto) per festeggiare il battesimo della figlia di Giulio Lampada avvenuto in Vaticano. 2 I matrimoni incrociati Il 20 aprile 1991 viene celebrato a Vigevano il matrimonio tra Maria Concetta Lampada (sorella di Francesco e Giulio) e Leonardo Valle (figlio di Francesco Valle cl. 1937). Quindici anni dopo, i Lampada-Valle rinsaldano i loro vincoli con un altro matrimonio, mandando in sposa al giovane Francesco Lampada la ultimogenita del clan Valle, Maria. Il ricco business gestito della ’ndrangheta Le macchinette mangiasoldi legano i Lampada ai Condello Esistono rapporti di profonda reciprocità criminale, tra i fratelli Lampada e gli esponenti della cosca Condello, nella gestione, il commercio e il noleggio di slot-machine. Un'attività particolarmente remunerativa, sviluppatasi sull'asse criminale Milano-Reggio Calabria, che vedeva da una parte, i Lampada e dall’altra esponenti di spicco dei Condello, nella veste di gestori delle attività illegali riferibili alle slot machine in argomento, nell'area dello Stretto. L’analisi, scaturita dalle attività investigative, ha permesso di accertare che i Lampada costituivano, nell’insieme, una vera e propria filiera produttiva di natura criminale, nell'ambito di una nuova strategia operativa economica avviata dalla cosca Condello, attraverso l’utilizzo di slot machine: una fonte di guadagno derivante dall’installazione di apparecchi non regolari e non collegati in rete, in maniera da sottrarre illecitamente le somme destinate al fìsco. Il principale interlocutore dei Lampada, in questo specifico settore, viene identifica in Domenico Condello, detto “gingomma”, 39 anni. Una prima interessante conversazione telefonica, intercettata alle ore 10.30 dell'11.09.2007 intercorreva tra Giulio Lampada – quello che gli inquirenti ritengono essere la vera e propria mente della famiglia – e il sidernese Michele Circosta. «Vedi che hanno sequestrato a Milano ah», con questa affermazione, il Lam- pada veniva informato di alcuni sequestri di macchinette da gioco, operati dalle Forze di Polizia. La risposta del Lampada, nell'immediatezza, era oltremodo lapidaria («hanno cominciato a rompermi i coglioni allora»), facendo emergere lo stato di irritazione e preoccupazione, non tanto per le conseguenze penali o amministrative, ma quanto per il rischio che si sarebbe corso nell’individuare i meccanismi connessi alla truffa in danno del Monopolio di Stato. La conferma che l'attività, condotta dal Lampada, fosse attuata attraverso modalità operative illecite, lo si percepiva dall'affermazione del suo interlocutore che raccomandava una più oculata attenzione: «Hanno cominciato mmh un poco più d'occhio tò». Ed è importante – per i magistrati milanesi – , anche sottolineare, che il predetto Circosta è risultato amministratore della società "Milano Games Srl", (con sede legale in Milano, via Melzi d'Eril Francesco nr. 29 iscritta al Rea nr. MI-1855190 in data 04.10.2007), operante nel settore del noleggio di macchine, attrezzature ed apparecchi da intrattenimento, direttamente controllata dalla famiglia Dalla cattura del boss Pasquale Condello sono partite numerose indagini Lampada, in considerazione che, i genitori, Lampada Grazia (30.07.1934), e Antonia Giuseppina Tripodi (24.04.1948), detengono una quota pari a cinquemila euro. L’illecita gestione delle macchinette da gioco emergeva anche da un’altra conversazione telefonica tra Francesco Lampada e il fratello Giulio, nel corso della quale veniva commentato l'insorgere di un problema, nel capoluogo lombardo, legato alla conformità delle precitate macchinette, tenuto conto che erano stati opposti alcuni sigilli, da parte di una non meglio specificata Forza di Polizia di Milano, a carico di alcune macchinette da gioco gestite dagli stessi Lampada. Era il 14 settembre 2007, quando si riscontrava, in maniera inconfutabile, l'inserimento degli appartenenti alla potente famiglia Condello, nell'ambito della gestione della lucrosa attività delle slot machine, atteso che , veniva intercettata una conversazione, intercorsa tra Giulio Giuseppe Lampada e Domenico Condello, alias “gingomma”. Il dialogo aveva per oggetto la consegna di dieci macchinette da gioco, che il Lampada avrebbe dovuto inviare, per l'evidente collocazione nel capoluogo reggino, così come attestano anche altre conversazioni telefoniche intercettate, a cui seguiva un evidente utilizzo illegale delle “magiche” slot machine che riuscivano a ingannare coloro che giocavano e pure lo Stato.(p.g.) Le collusioni. «La forza della mafia e della ’ndrangheta e della camorra sta proprio nelle collusioni – ha continuato il battagliero preste antimafia –, sta in quei professionisti che si prestano a fare favori, a creare quei percorsi che permettono alle mafie di fare i loro affari e raggiun- gere i loro obiettivi» La politica. Don Ciotti non risparmia la politica: «La forza della ’ndrangheta sta in quei segmenti della politica che appoggia, direttamente e indirettamente i mafiosi. Ma non bisogna mai generalizzare». REGGIO CALABRIA. In Lombardia la 'ndrangheta «si è diffusa non attraverso un modello di semplice imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono sistemi organizzativi e di azione dei gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di colonizzazione, cioè di espansione su un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso». È un passaggio cruciale dell’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia. La 'ndrangheta in Lombardia, sostiene la Dna, «ha messo radici, divenendo col tempo un’associazione dotata di un certo grado di indipendenza dalla “casa madre” con la quale però continua ad intrattenere rapporti molto stretti e dalla quale dipende per le più rilevanti scelte strategiche». Insomma, «in Lombardia si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio lombardo; ciò significherebbe non solo banalizzare gli esiti investigativi a cui si è potuti giungere con le indagini collegate, ma anche contraddire la realtà che attesta tutt'altro fenomeno e cioè che gli indagati operano secondo tradizioni di 'ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ‘ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza». Piazza Duomo, un simbolo di Milano, che la ’ndrangheta vuole conquistare La Dna rileva poi come l’organizzazione criminale calabrese «malgrado l’incisiva e straordinaria attività di contrasto dispiegata, si manifesti e si espanda sempre più sul piano nazionale ed internazionale, puntando a riaffermare la propria supremazia con immutata arroganza, soprattutto sul piano delle disponibilità finanziarie, che sono ormai illimitate, e raffinando ulteriormente il proprio agire criminale». Dal territorio calabrese, spiega la relazione, «la 'ndrangheta si è da tempo proiettata verso i mercati del Centro-Nord Italia, verso l’Europa, il Nord America, il Canada, l’Australia. L'infiltrazione e la penetrazione di questi mercati ha comportato la stabilizzazione della presenza di strutture 'ndranghetiste in continuo contatto ed in rap- porto di sostanziale dipendenza con la casa madre reggina». Intanto, le inchieste Crimine-Infinito cominciano a trovare riscontri della loro bontà anche in sede di giudizio. Il 19 novembre scorso il gup di Milano ha condannato 110 presunti affiliati alle cosche operanti in Lombardia, confermando così l'impianto accusatorio della Dda milanese guidata da Ilda Boccassini, a pene pesantissime, molte delle quali superiori ai 10 anni e la più alta a 16. Per altri 33, tra cui l’ex direttore della Asl di Pavia Antonio Chiriaco e il boss Pino Neri, il processo è in corso. Sul ramo calabrese, inoltre, è attesa la sentenza del gup di Reggio. Anche in questo caso, l’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, è andata giù con la mano pesante: 118 richieste di condanna, delle quali 16 a 20 anni di reclusione e molte altre a pene superiori ai dieci anni. Per altri 36 imputati è stato disposto il rinvio a giudizio con rito ordinario. La pena più alta è stata chiesta per Domenico Oppedisano, l’ottantenne capo «crimine», il “grande vecchio”, che è il «custode delle regole» della nuova 'ndrangheta, non più divisa in un insieme di famiglie scoordinate tra loro ma un’organizzazione strutturata su «mandamenti» (Tirrenico, Città e Ionico) e con organismi di vertice che dalla Calabria decidono e pianificano le mosse in ogni parte del mondo in cui le cosche operano, a cominciare dalla Lombardia, dove agisce la mafia imprenditrice che fa soldi e s’infiltra nel tessuto politico e istituzionale.(pitos) 39 Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 Cronaca di Reggio . Interrogazione dell’on. Francesco Nucara al ministro dei Trasporti Presentato il libro del vaticanista Accattoli Le Fs negano ai calabresi il diritto alla mobilità violando la Costituzione Tre giorni da certosino per comprendere l’attualità del Vangelo Domenico Malara Sulla stessa linea il consigliere regionale Giovanni Nucera. Oggi i sindacati portano la protesta in piazza Pino Toscano Trenitalia lede l’articolo 16 della Costituzione perché limita la libertà del cittadino calabrese di spostarsi nel Paese. Lo afferma l’on. Francesco Nucara, segretario nazionale del Pri, in una interrogazione al ministro Passera. Ricordate le condizioni disastrose del trasporto aereo e autostradale, Nucara osserva: «La Città Metropolitana di Reggio Calabria, di recente istituzione, non potendo usufruire delle vie di comunicazione necessarie per essere trasformata in un’area produttiva e di auspicabili insediamenti economici, è condannata a rimanere un ghetto isolato dal resto del Paese e questo non per decisione politica ma per decisione di Aziende che dovrebbero invece adeguare i propri piani aziendali alle scelte che il Parlamento adotta nell’interesse dell’intero sistema Italia. In sostanza il piano commerciale di Trenitalia Spa relativo al biennio 2011/2012, in vigore dal prossimo 11 dicembre, penalizza la viabilità su rotaia dell’intera Regione Calabria, con conseguenti ripercussioni in Sicilia, con una previsione di riduzione dei convogli notturni del 70% e la diretta ripercussione sull’occupazione. Ancor più grave – sottolinea il segretario del Pri – è il fatto che i tagli riguardino maggiormente i convogli a lunga percorrenza con la conseguente penalizzazione della mobilità verso la Capitale e verso le altre città del Nord Italia. La politica commerciale di Trenitalia, eliminando le linee che secondo la Società aumentano le perdite e privilegiando i collegamenti con i treni veloci Frecciarossa e Frecciargento, risponde ad una logica privatistica che contrasta anche con la volontà del Governo di rilanciare l’economia meridionale e aumenta il divario, sociale ed eco- nomico, tra le popolazione del Sud e il resto della Penisola. Contestualmente – aggiunge Nucara – l’amministratore delegato delle Ferrovie, ing. Mauro Moretti, pensa a quattro diverse classi di utenza per i treni Frecciarossa, mentre ritiene non necessario intervenire sulla pulizia delle toilettes dei treni che vanno verso l’altra italia (quella con la i minuscola). L’ing. Moretti, che ha esperienze sindacali di prim’ordine, dovrebbe avere maggiore sensibilità sociale, come maggiore sensibilità sociale dovrebbero avere i sindacalisti Angeletti, Bonanni, Epifani che il percorso ferroviario Roma-Reggio Calabria l’hanno praticato di recente insieme all’ex ministro Tremonti e ne hanno potuto apprezzare la velocità da lumaca e gli odori da discarica incontrollata». Per tutti questi motivi, Nucara chiede di sapere dal ministro Passera cosa intenda fare per eliminare questa ingiustizia». L’on. Francesco Nucara, segretario nazionale del Pri Insiste sulla lesione del principio costituzionale anche il segretario questore del consiglio regionale Giovanni Nucera, annunciando la sua partecipazione allo sciopero indetto per oggi dai sindacati dei trasporti. «Il Mezzogiorno è ormai isolato dal resto del Paese – lamenta Nucera – e Trenitalia ha deciso di privatizzare gli utili e socializzare le per- dite. Non si spiega altrimenti la scelta di puntare tutto sui collegamenti più redditizi, sui Frecciarossa e sugli Eurostar che da Napoli in su determinano lauti guadagni ad una azienda il cui pacchetto azionario è detenuto dallo Stato e che, proprio per questo, è chiamata ad offrire un servizio conforme ai bisogni di tutti i cittadini del Paese». Il presidente Formigoni premia Pasquale Pacetta per il progetto “Instradando in campo” dal senso civico del suo ideatore e di tutti i componenti il team. Questa sensibilità culturale e sociale mi piace molto e la sposo volentieri». Con un pizzico di commozione il reggino Pasquale Pacetta ha ringraziato e poi ha aggiunto: «Sono felice di aver ricevuto questo importante riconoscimento regionale che interpreto anche come un segnale che siamo sulla strada giusta. Siamo fieri dell’arrivo di Luca Antonini nella nostra squadra – ha concluso – e siamo certi che grazie a lui il nostro messaggio arriverà sempre più lontano ed a sempre più persone». Un vigile reggino si fa onore a Milano Ancora un bel risultato per il progetto socio-educativo “Instradando In Campo” e un’altra bella soddisfazione per il suo ideatore reggino Pasquale Pacetta, originario del quartiere di Sbarre, che adesso lavora come agente della polizia locale a San Giuliano Milanese, nell’hinterland meneghino. Nei giorni scorsi, infatti, nell’ambito della prima giornata regionale della sicurezza stradale, istituita e organizzata dal settore Protezione civile, Polizia locale e sicurezza della Regione Lombardia, il governatore Roberto Formigoni ha consegnato proprio a Pacetta un riconoscimento per il suo progetto “Instradando In Campo” definendolo «una delle iniziative più efficaci nella lotta all’incidentalità stradale». Il riconoscimento è stato assegnato solo a sette dei cin- quanta progetti che sono stati presentati. Era presente, ed ha ritirato il premio insieme con Pacetta, anche il testimonial del progetto “Instradando In Campo”: il giocatore del Milan Luca Antonini. E, al termine della manifestazione, Antonini ha dichiarato: «Sono molto contento di rappresentare un progetto come “Instradando In Campo” che nasce dalla coscienza e Annullata l’ordinanza di rigetto del Tribunale della Libertà Processo “Meta”, la Cassazione dispone un nuovo esame per Greco La prima sezione della Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dall’avvocato Giovanna Beatrice Araniti, ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale della Libertà reggino aveva rigettato l’istanza di riesame presentata nell’interesse di Giuseppe Greco (cl. 1970), finito in carcere nell’ambito dell’operazione “Meta”. L’operazione nasceva da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia sulle attività delle cosche di ’ndrangheta attive in città e nei centro dell’hinterland tirrenico. Giuseppe Greco risponde del reato di tentata estorsione. Il coinvolgimento dell’imputato nasceva dall’intercettazione di una telefonata nel corso della quale, secondo gli inquirenti, avrebbe minacciato la presunta vittima. L’avvocato Giovanna Beatrice Araniti, rivolgendosi al Tribunale della Libertà reggino, in sede d’appello, aveva evidenziato la gravità delle condizioni di salute del suo assistito, affetto da una grave patolgia determinandone l’incompatibilità col regime carcerario (c’è da ricordare che nelle more il gup, in sede di udienza preliminare, ha accordato a Greco il beneficio degli arresti domiciliari presso Avv. Giovanna Beatrice Araniti una clinica) e la valorizzazione di un elaborato redatto dal consulente di parte, dott. Antonio Nucera, che metteva in luce, sul piano processuale, la possibilità di spiegare il presunto comportamento illecito ascritto al ricorrente alla luce della risalente patologia da cui era affetto. Una situazione che portava all’esclusione dell’aggravante prevista dall’articolo 7, ovvero del favoreggiamento mafioso, e di conseguenza a un giudizio che avrebbe dovuto determinare la revoca della misura cautelare. Nonostante gli esiti favorevoli di un supplemento di perizia disposto dal Tribunale della libertà, l’appello di Greco era stato rigettato. Contro il provvedimento dell’organo di garanzia ha proposto ricorso per cassazione l’avvocato Araniti, rilevando la totale mancanza di motivazione e l’irrazionalità della stessa, soprattutto nella parte in cui pur riconoscendo l’esistenza di una grave malattia, non veniva effettuata alcuna disamina sulla circostanza che proprio quest’ultima avrebbe avuto un peso fondamentale nella vicenda processuale oggetto dell’ordinanza di custodia cautelare a suo carico. Il difensore ha evidenziato che il mantenimento della custodia preventiva (pur attenuata), nel caso precipuo, appariva atto contrario al senso di umanità e in violazione dei principi costituzionali, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché dei principi di proporzionalità ed adeguatezza della misura cautelare al caso concreto. La Cassazione, accogliendo i rilievi difensivi, ha annullato l’ordinanza del Tribunale della Libertà reggino, rinviando gli atti per un nuovo esame.(p.t.) Luca Antonini con Pasquale Pacetta Tre giorni da certosino per comprendere l’umanità di oggi, l’attualità del Vangelo nel terzo millennio, per sperimentare la possibilità dell’incontro col Signore nel silenzio e nella preghiera in un’epoca di crescente stordimento. Ma soprattutto per riscoprire un Dio della misericordia e del perdono che accoglie e non giudica. Un’esperienza unica che lo scrittore e giornalista Luigi Accattoli ha vissuto e voluto raccontare nel volumetto “Solo dinanzi all’Unico. Colloquio con il priore della Certosa di Serra San Bruno” (Rubettino editore). Il volume è stato presentato nel corso di un incontro promosso all’auditorium “Cipresseto” dall’associazione culturale “Il teatro dei semplici”, durante il quale Accattoli ha spiegato come è nato questo viaggio all’interno della Certosa di Serra San Bruno e il suo incontro col priore padre Jacques Dupont. Ne viene fuori un racconto affascinante e una riflessione profonda sulla vera essenza della vita. Giornalista vaticanista di grandissima esperienza, Accattoli non nasconde il suo stupore nel raccontare la sua breve seppur intensa esperienza certosina. «Non mi aspettavo la “messa senza ministro” che il certosino sacerdote – spiega lo scrittore – celebra da solo in aggiunta a quella conventuale; non sospettavo l’esistenza del rito certosino e del suo confiteor che dice di “aver molto peccato per superbia in parole, opere e omissioni”. Mi ha spiazzato anche la prostrazione sia liturgica sia privata, ognuno nella sua cella. Così come non immaginavo la sepoltura nella terra, senza bara e senza nome. Né il pane contadino infornato una volta alla settimana, duro ma buono inzuppato nel latte». «Nei tre giorni alla Certosa – prosegue Accattoli – ho ascoltato parole insolite e coraggiose. Ho compreso che padre Jacques è un cristiano pensante di rara Luigi Accattoli tempra e fegato in questi tempi sfiduciati. In questi tre giorni ho visto e accompagnato la comunità nella sua liturgia, ho mangiato come loro da solo nella stanza della “foresterie interna” che mi era stata assegnata, prendendo i cibi dal “portapranzo” che un fratello converso posava alla giusta ora davanti alla porta. Ho compreso che nella Certosa quando si è insieme si canta. E ho intuito che anche in questo c’è insegnamento». Infine, Accattoli svela un aspetto paradossale per un monaco: il suo essere esperto in ateismo. E lo fa con le parole di padre Jacques Dupont: «Il contemplativo conosce l’angoscia della notte oscura, sperimentata anche da Cristo sulla croce. Ma anche al di fuori di quella tragica esperienza, è ben chiaro che il Dio della Bibbia si è rivelato a noi come “sconosciuto” e inaccessibile in questa vita. Ed ecco che anche noi monaci cerchiamo Dio ma non lo troviamo mai, nel senso che non arriviamo mai a possederlo, perché egli è sempre “oltre”. Dunque per la sua familiarità con un Dio che è assente, il contemplativo è forse maggiormente in grado di comprendere l’atteggiamento di coloro che sono lontani dal mistero divino». Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 40 Catanzaro - Provincia . S. ANDREA Udienza rinviata al 19 gennaio. Oggi il processo “immediato” davanti al Tribunale collegiale Free Village, chieste le prime pene Nei confronti dei sei imputati che hanno chiesto al gup il rito abbreviato Giuseppe Mercurio CATANZARO È cominciata ieri con le prime richieste di pena da parte del sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, l’udienza preliminare a carico delle numerose persone coinvolte nell'inchiesta denominata “Free village” e raggiunte da un provvedimento cautelare in due operazioni consecutive, eseguite dalla Squadra mobile con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, con le accuse di estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Nella tarda mattinata di ieri il sostituto procuratore Capomola ha iniziato la requisitoria davanti al gup Antonio Rizzuti (cancelliere Paola Mondelo) ripercorrendo per ogni capo d’imputazione contestato agli imputati che hanno già chiesto il rito abbreviato (che in caso di condanna comporta los conto di pena di un terzo), tutte le fasi delle indagini che ha riguardato gli indagati e chiedendo, alla fine, diciannove anni di reclusione per Mario Mongiardo, ritenuto un elemento di primo piano della cosca “Gallace” di Guardavalle, 14 anni per Francesco Corapi, 8 anni per Francesco Ranieri, 6 anni per Cosmina Samà, moglie di Mongiardo, 4 anni per Luigi Barbieri, 5 anni per Bruno Ranieri (tra gli avvocati impegnati Francesco Gambardella, Armodio Migali, Francesco Catanzaro, Fabrizio Costarella, Sergio Callipari). L’udienza, terminata nel tardo pomeriggio, proseguirà il 19 gennaio prossimo quando, alle posizioni dei sei imputati già citati, potrebbero essere aggiunte quelle di altri imputati che, nel frattempo, potrebbero anche chiedere di essere giudicati col rito ab- Daniele Vacca, Biagio Cantisani, Saverio Putortì e Andrea Iovine SOVERATO Convegno al Geometri I lavori pubblici sono ormai diventati una vetrina di idee Maria Anita Chiefari SOVERATO L’ingresso del villaggio turistico Santandrea indiretto protagonista dell’indagine che ora è giunta alle prime richieste di condanna breviato piuttosto che con la normale udienza preliminare. Oggi, invece, toccherà ad altri imputati di “Free Village” (dovrebbero essere cinque) comparire davanti ai giudici del tribunale collegiale per il giudizio immediato chiesto dalla Procura. La motivazione con la quale il giudice per le indagini preliminari ha disposto nello scorso luglio il giudizio immediato si ispira al principio che «la prova appare evidente», ritenendo così di accogliere la richiesta avanzata dalla Dda catanzarese e considerando che «gli elementi raccolti a carico degli imputati concretano un solido quadro indiziario per cui non è ipotizzabile l'eventualità che il contraddittorio instaurato all'udienza preliminare possa portare ad una sentenza di proscioglimento». Le indagini avviate dalla Polizia lo scorso anno presero vita nell'àmbito degli accertamenti sulla guerra tra cosche che, a quel tempo, era in atto nella zona del Basso Jonio catanzarese. Allora gli investigatori, avvalendosi di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, assieme ad alcune dichiarazioni dei respon- sabili dell' “Iperclub”, hanno portato alla luce il presunto sistema estorsivo articolato su più fronti e fondato su un sistema di pressioni ambientali che avrebbe portato i dirigenti delle società “Iperclub” e “Fram Group” ad eseguire le richieste del duo Mongiardo-Corapi, accettandone passivamente ogni azione: assunzioni di personale «fortemente consigliate», forniture di prodotti senza che ve ne fosse l'effettiva necessità e gravi intimidazioni nei confronti di coloro che avrebbero tentato di verificare la legittimità di quelle operazioni. Nella seconda fase dell'inchiesta (quella dello scorso dicembre), gli inquirenti avrebbero fatto luce su alcuni presunti tentativi di accaparrarsi il controllo del villaggio turistico. Mario Mongiardo avrebbe pressato i vertici di “Iperclub” per accaparrarsi, per il 2011, le attività economiche della struttura mirando, secondo l’accusa, all'acquisizione del “supercondominio”, dal giro di affari annuo di circa 300mila euro con l'inserimento di un proprio amministratore, oltre a farsi pagare tangenti e affidando ad “amiche” le attività di turismo estero. Si è svolto ieri pomeriggio nella sala conferenze dell’Itg di Soverato un incontro-dibattito su “Lavori pubblici: tra concorsi e affidamento”. Ha introdotto l’argomento Biagio Cantisani, presidente dell’Ordine degli Architetti di Catanzaro, il quale ha sinteticamente illustrato le due procedure che vengono adottate dalle pubbliche amministrazioni nel reperimento di risorse tecniche. «Obiettivo principale - ha sostenuto l’arch. Cantisani - del dibattito è offrire una valida occasione di confronto tra professionisti ed enti istituzionali nonché stimolare dinamiche condivise per favorire opportune modalità per l’affidamento degli incarichi professionali e, nello stesso tempo, riconsiderare il concorso di progettazione come strumento utile a stimolare una sana competizione tra le idee ed in grado di favorire l’ottimizzazione degli investimenti e la qualità delle trasformazioni urbane». La parola è stata poi presa da Daniele Vacca componente Angia (l’ “Associazione nazio- nale giovani architetti”) , nonché consigliere dell’ Ordine professionale di Catanzaro, la quale ha posto in evidenza i vantaggi del concorso di architettura, che è un concorso di idee e di progetti molto conveniente in termini di costi per un ente locale. Ha dato lo stesso taglio nel suo intervento Andrea Iovine, dirigente del Comune di Lamezia Terme, il quale ha relazionato sul concorso di architettura indetto per la realizzazione del nuovo Palazzetto e della cittadella dello sport di Lamezia Terme. Il progetto è stato anche commentato dal suo creatore, nonché vincitore del concorso, l’arch. Vittorio Grassi di Milano. Di diverso taglio il contributo di Saverio Putortì, dirigente dell’assessorato Urbanistica della Regione Calabria, che ha illustrato le manovre che l’Ente sta operando per attuare i processi di trasparenza ed equità che, oggi più che mai, sono importanti e ha evidenziato l’impatto della trasformazione del territorio che incide notevolmente sul processo di sostenibilità in cui tutti dobbiamo imprescindibilente essere coinvolti. SOVERATO Il primo cittadino sarebbe stato contrariato da alcuni servizi giornalistici PETRIZZI Iniziativa della “Marincola Politi” Taverniti non accetta le critiche e attacca la stampa Ricordata la figura di padre Bernardo Lezioni per badanti Prorogata la scadenza di iscrizione ai corsi Cesare Barone SOVERATO Dibattito sereno in consiglio comunale tra maggioranza e minoranza. I lavori si sono soffermati sui danni provocati dal nubifragio del 22 e 23 novembre. È toccato al primo cittadino Leonardo Taverniti effettuare, dapprima, una sorta di “lectio magistralis” sull’educazione dei giornalisti e dell’informazione per poi fare il punto della situazione e tutto il lavoro svolto nei due giorni di emergenza. «L’amministrazione comunale -– ha affermato - ha eseguito decine di interventi di ricognizione con i tecnici. Ha redatto diverse ordinanze di sgombero e chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado. Sono stati pianificati gli interventi più urgenti, come la pulizia dei fossi “Marino” e “Caramante”. È stata, inoltre, gestita un’emergenza nell’emergenza in quanto la discarica di Pianopoli è rimasta chiusa e in città sono arrivati dei container dove sono stati depositati i rifiuti. Il mercatino del venerdì è stato fatto per volontà dei commercianti che si sono presi l’onere di ripulire l’area mercatale di piazza “Cimarosa”». Degno d’attenzione l’intervento del capogruppo di “Amo Soverato”, Antonio D’Amato, che ha proposto di convocare un consiglio comunale aperto con la partecipazione di tutte le parti interessate dall’allu- Leonardo Taverniti vione. « La convocazione del tavolo tecnico - ha ribadito D’Amato nel corso del civico consesso - si rende necessaria per verificare se ci sono stati dei punti di criticità negli interventi. In secondo luogo, il consiglio farà in modo di programmare le future emergenze. Per non farci arrivare impreparati.» Molto critico D’Amato anche sulla pulizia dei fossi: « Erano davvero puliti?» si è chiesto con una punta di sarcasmo l’esponente politico. In ogni caso, la seduta di ieri ha messo in risalto la coesione di maggioranza e opposizione su un problema che ha messo in ginocchio Soverato. S. ANDREA Nota dell’opposizione sull’inatteso allagamento del sottopasso ferroviario «Se qualcuno ha sbagliato ora deve pagare» Francesco Ranieri SANT’ANDREA JONIO La viabilità interna squassata dal maltempo si pone al centro del confronto politico andreolese con le relative interrogazioni presentate dal gruppo consiliare di opposizione “Primavera andreolese”. In merito all’incredibile allagamento del sottopasso ferroviario realizzato da “Rfi” (inaugurato il 30 maggio e inutilizzabile dal nubifragio del 9 novembre) i consiglieri Giuseppe Antonio Commodari (capogruppo), Maurizio Lijoi, Tito Ranieri e Ivan frustagli chiedono all’amministrazione comunale guidata dal sindaco Gerardo Frustaci di sapere se siano state accertate o meno le responsabilità dell’accaduto, che ha portato all’apertura di un varco temporaneo in corrispondenza del vecchio passaggio a livello per evitare l’isolamento della zona sotto ferrovia. «Le spese per riparare i danni gravano sulla collettività» spiega l’opposizione, evidenziando che «il Comune ha assunto un impegno di spesa di 7.000 euro per lavori di somma urgenza e un altro impegno per 1.200 euro destinati all’alimentazione elettrica di un box messo a disposizione da Rfi per il proprio personale» che garantisce la sicurezza in prossimità del passaggio a livello provvisorio. «Tali importi - scrive la minoranza - si sommano a quelli già riconosciuti dall’amministrazione comunale e non dovuti a “Rfi”». Si tratta di spese, secondo “Primavera andreolese”, «che si aggiungono a quelle che il Comune ha impropriamente sostenuto e sta sostenendo per realizzare della suddetta opera, pur non avendo alcuna responsabilità su eventuali errori di progettazione e di realizzazione». Il sottopasso allagato dalla pioggia Salvatore Giuseppe Alessio PETRIZZI Prima domenica di avvento, veramente da ricordare per i fedeli e per l’intera comunità. Infatti è stata un’occasione più unica che rara per rievocare la figura di Padre Bernardo, al secolo Tobia Francesco Cosentino, a cui i Cappuccini di Chiaravalle Centrale gli hanno dedicato la chiesa del noto cenobio nella ricorrenza del primo centenario della stessa, con una santa messa. Il ringraziamento da parte dei monaci è per gli sforzi profusi da Padre Bernardo, il quale si impegnò nella ricostruzione del tempio del convento. Presenti, tra gli altri, alla commemorazione sacra, una delegazione dell’amministrazione comunale di Petrizzi (con il labaro), guidata dal sindaco Domenico Paravati, assieme al vicesindaco Domenico La Valle e all’assessore al Turismo Maria Giorla. Durante la funzione religiosa l’arcivescovo metropolita della diocesi di Catanzaro - Squillace, Vincenzo Bertolone, ha tracciato un’excursus dell’opera portata avanti dal religioso. In particolare, nel 1901, dopo la celebrazione del Capitolo Provinciale nel monastero di Chiaravalle il francescano venne eletto ministro provinciale della sola Provincia di Catanzaro-Reggio Calabria, con il consenso di tutti i frati fino al 1904. CATANZARO. Ottimizzare le pre- stazioni, migliorare la sicurezza e la qualità di vita dell'utente. Creare nuova occupazione. Sono questi gli obiettivi del corso base per assistenza agli anziani (badante), promosso dalla Fondazione “Marincola Politi” e pubblicato sul portale del “Centro per l'impiego” della Provincia di Catanzaro. È stato ora prorogato di 30 giorni il termine per le iscrizioni al corso, la cui nuova scadenza è fissata ora per il 4 gennaio 2012 con inizio nella sede della Fondazione Marincola Politi a Soverato, nell'ex complesso salesiano. L’importanza del corso, come evidenzia una nota stampa, non sta soltanto sulla scelta dell’insegnamento, ma sulla sua qualità. L'ente no profit, infatti, si fregia della scuola “SimulUniversity”, una struttura tecnologicamente avanzata in grado di offrire una formazione rivoluzionaria, grazie anche all'uso di simulatori-robot. Il corso, della durata di 200 ore, consiste in un percorso di alta formazione, rivolto a coloro che già svolgono o desiderano svolgere un lavoro di assistenza agli anziani, che mediante una parte teorica, composta da cinque moduli, e una parte pratica con l'ausilio anche di simulatori (pazienti robot), si propone di trasmettere competenze socio - relazionali, giuridiche, igienico - organizzative e di assistenza fondamentali per affrontare il difficile e delicato lavoro Corso di qualificazione per badanti di assistenza agli anziani. Una formazione completa, dunque, che punta a sfornare figure professionali consapevoli e responsabili in grado di comprendere la situazione familiare, sociale, patologica del destinatario delle cure, nonchè capaci di costruire una relazione con il sistema sanitario attraverso l’uso delle moderne tecnologie. «In Calabria ciò che manca ¸spesso è la qualità del lavoro, poichè l'improvvisazione prevale sulle competenze», ha affermato il dott. Antonio Domenico Marincola, presidente della Fondazione “Marincola Politi”. Per visualizzare il bando e scaricare la domanda di iscrizione è possibile consultare il sito internet dell’Ente www.fondazionemarincolapoliti.com e dei centri dell’impiego della Provincia di Catanzaro ( www.lavoro.provincia.catanzaro.it). Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 41 Reggio Tirrenica . GIOIA TAURO Il funzionario di Polizia, trasferito per motivi di sicurezza a Taurianova, era già stato bersaglio di minacce e offese. Ieri notte la bomba Raffica di attentati, si muove il prefetto Comitato per l’ordine e la sicurezza sull’escalation di intimidazioni. Reazioni del sindaco e della Cgil GIOIA TAURO. Ore tre e quaranta della notte da mercoledì a giovedì. Una bomba rudimentale ma ad altissimo potenziale esplode a Gioia Tauro, in via Leonardo da Vinci, davanti la porta di ingresso di una funzionario di Polizia, il sostituto commissario Pietro Fausto Spadafora. La sensazione è stata enorme e le reazioni, è facile immaginarlo, non si sono fatte attendere. Non a caso il prefetto ha subito convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubbliche che si svolgerà il prossimo 7 dicembre, con all’ordine del giorno l’escalation di attentati sul territorio di Gioia Tauro. Il sindaco avv. Renato Bellofiore ha fatto pervenire a Spadafora la sua piena ed incondizionata solidarietà anche a nome dell’intera Amministrazione comunale. E in un comunicato diramato ieri sera afferma: «Si tratta di un gesto che ha colpito al cuore tutte le istituzioni e la società civile di Gioia Tauro, ma che non può e non deve indebolire la forza e la determinazione degli operatori dello Stato che con coraggio e spirito di abnegazione prestano il proprio servizio a difesa della comunità. Al sostituto commissario Spadafora, uomo dello Stato, va la nostra sincera riconoscenza e l’ammirazione per l’encomiabile attività svolta a Gioia Tauro: sempre in prima linea per garantire il rispetto delle regole di convivenza democratica. Sicuramente – afferma ancora Bellofiore – è grave la situazione per l’ordine pubblico a Gioia Tauro e non possiamo non considerare che la fredda determinazione degli esecutori materiali di questo codardo attentato ha esposto a gravissimi rischi l’incolumità di persone oneste ed innocenti. È improcrastinabile una risposta forte da parte dello Stato. Riba- diamo – conclude il primo cittadino – l’impegno rivolto a contribuire con l’ausilio di tutte le forze dell’ordine e della Magistratura a far sì che a Gioia vengano ristabiliti la sicurezza e il rispetto delle regole». E ancora ieri seral'avv. Bellofiore ha preannunciato che si terrà oggi un incontro dei capigruppo degli schieramenti presenti in Consiglio comunale per concertare una seduta straordinaria da tenere possibilmente nella stessa giornata di domani. Sul fronte delle reazioni si mobilita anche la Cgil: «Il continuo susseguirsi di simili azioni, che vanno a colpire la persona e suoi più cari affetti – scrive il segretario Antonino Calogero – non devono più essere tollerati. Crediamo, infatti, che non ci si possa più limitare alle semplici espressioni di cordoglio, contenuti nei gesti o nei comunicati stampa, ma che sia giunto il momento di mettere in campo un forte impegno sociale e civile. Accade, oggi, che l’azione forte della magistratura e delle forze di polizia non riescono a minare il consenso e ad intimorire le organizzazioni criminali. Manca la reazione vera della società civile e delle istituzioni locali. Pensiamo che le amministrazioni comunali debbano farsi promotori di momenti forte di coinvolgimento della cittadinanza. Come Cgil della Piana abbiamo convocato a Gioia Tauro per mercoledì 7 dicembre l’assemblea generale delegati per mettere al centro della crisi sociale e del lavoro il tema principe della Legalità». Solidarietà al funzionario di Polizia è stata espressa anche da Italia dei Valori, Astra (Associazione autotrasportatori), dal vicepresidente del Consiglio comunale, Angelo Guerrisi e dal consigliere comunale del Pdl Anna Maria Stanganelli(g.saccà) Il sostituto commissario Pietro Fausto Spadafora Operai al lavoro sotto l’abitazione del funzionario di Polizia dopo l’attentato GIOIA TAURO Il consorzio Piana Sicura non ha più un centesimo. Il generale Pellegrini: «Troppe chiacchiere» Senza fondi la videosorveglianza resterà... al buio PIANA. Interesse a parole sì e pu- re tanto, impegno di soldi meno, anzi quasi zero. Risultato: casse totalmente vuote e progetti che inevitabilmente si fermeranno. Il Consorzio Piana Sicura continua a andare avanti e nel corso della riunione del consiglio di amministrazione di mercoledì, ha preso atto che non ci sono i fondi per fare la gara sulla manutenzione dell’impianto di videosorveglianza, in scadenza al 31 dicembre prossimo. Una crisi di liquidi- tà che ha messo in ginocchio il consorzio presieduto dal generale Angiolo Pellegrini che continua ad andare avanti nonostante la maggior parte delle istituzioni non risponde alle richieste dell’ente che è impegnato sul fronte della legalità. Progetti fermi, in ultimo due progetti in altrettanti beni confiscati alla ’ndrangheta a Gioia Tauro e Rosarno che per il momento sono congelati in attesa di tempi migliori. Pellegrini, come sempre, non si scoraggia: «Non posso più impegnare spese perché non ci sono soldi, ma rimango qui, ci sono le possibilità per andare avanti e soprattutto ci sono progetti che devono essere avviati. I quest’ultimo periodo ho notato l’amministrazione Provinciale reggina molto propensa verso il consorzio; alla precedente ho dovuto persino inviare una messa in mora con ufficiale giudiziario per le somme dovute. Di certo, però, non mi tirerò indie- tro». La speranza adesso è puntata sui comuni intenzionati ad aderire al Consorzio. Si doveva svolgere ieri, ma a causa dell’indisponibilità di qualche primo cittadino, si è deciso di rinviarla. Anche su questo fronte istituzionale, però, si assiste ad un certo immobilismo, in questo caso più politico. Si deve eleggere il nuovo presidente dell’assemblea dopo le dimissioni del sindaco Saccà. È da circa un anno che si insiste per il rinnovo dell’impor- tante carica, ma per il momento tutto tace. L’occasione della prossima riunione assembleare, prevista per la prossima settimana, dovrebbe essere la volta buona. Quello che più fa riflettere è la mancanza di un forte un interesse che sembra messo nel cassetto. Cosa abbastanza strana per un territorio che ha necessità di sicurezza e vessato dalla criminalità organizzata. Ecco che la battuta finale di Pellegrini: «Più fatti e meno parole».(a.n) TAURIANOVA In Consiglio l’ipotesi che sarà approfondita ROSARNO ROSARNO Aggiudicato l’appalto. Sarà una struttura moderna Dismissione del poliambulatorio? La maggioranza prende tempo Il Comune ha avviato la selezione di 2 avvocati Centro di accoglienza per i migranti da realizzare su terreno confiscato Domenico Zito AURIANOVA Sono stati approvati una decina di provvedimenti nel corso dell’ultima riunione del civico consesso dove si sono alternati momenti di convergenza tra le forze di maggioranza e quelle di opposizione a fasi di confronto più o meno acceso. Solo un punto è stato rinviato, mentre a breve dovrebbe tenersi una riunione straordinaria per discutere sulla sanità. L’argomento è stato sollevato nel corso di un intervento del consigliere Salvatore Zucco, che ha letto un’interpellanza al sindaco anche a nome dei colleghi di minoranza Giuseppe Rigoli, Loredana Pileggi, Francesco Leva e Francesco Sposato. In questo documento, dopo aver ripercorso le varie tappe della vicenda che ha portato alla soppressione dell’ospedale Principessa di Piemonte ed al ridimensionamento anche del servizio di emergenza, i cinque consiglieri di opposizione hanno rivolto la sindaco le seguenti richieste: «Quali sono le iniziative che l’Amministrazione comunale ha adottato o intende adottare per la salvaguardia e la tutela del diritto alla salute dei cittadini taurianovesi? E come mai non è stato chiesto un incontro al Governatore della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, per chiedere spiegazioni su queste scelte, a nostro avviso molto discutibili, che penalizzano fortemente sul piano della sicurezza sanitaria, l’intero territorio taurianovese? Scelte che prevedevano anche, stante ai si dice, la realizzazione di un poliambulatorio, Giuseppe Lacquaniti ROSARNO L?Amministrazione comunale vuole rafforzare il fronte legale. In questo senso è stata indetta dal Comune di Rosarno la procedura selettiva per il conferimento a due avvocati di incarichi legali di assistenza e rappresentanza processuale in giudizio per tutte le controversie, civili, penali, amministrative, tributarie, ecc., nelle quali sia parte, attiva o passiva, il Comune. I due professionisti entreranno a far parte dello staff dell’Ufficio legale, posto all’interno della VII Ripartizione, diretta dall’avv. Francesco Giovinazzo. L’incarico avrà la durata di anni due, con effetto dalla data fissata nell’apposito disciplinare di incarico. Il corrispettivo per la prestazione professionale viene stabilito in euro 10.000 annuali, oltre Cpa, rimborso forfettario ed Iva. Inoltre, in caso di esito vittorioso di qualsiasi lite attiva o passiva, le competenze di giudizio liquidate dal Giudice in favore dell’Ente, saranno corrisposte ai professionisti nella misura del settanta per cento. Il termine per partecipare alla selezione scade alle ore 13 del 7 dicembre 2011. Un’opportunità per due professionisti. (g.l.) ROSARNO. Il Consiglio comunale che si è riunito a Taurianova quando a Taurianova un poliambulatorio già esiste ed è funzionale. Forse perché c’è la volontà da parte della Regione Calabria di procedere alla vendita, a società private, dell’edificio sede dell’attuale poliambulatorio e quindi creare un’ulteriore spoliazione delle strutture pubbliche di Taurianova?». La proposta di discutere durante la stessa seduta del problema sanità è stata respinta dalla maggioranza, che però si è impegnata ad indire un consiglio apposito a breve. Una mozione bipartisan è stata poi approvata contro la chiusura dell’Ufficio del Giudice di Pace di Taurianova, che alla luce della riforma delle circoscrizioni giudiziarie rischia la soppressione. Tutti hanno manifestato l’assoluta importanza di mantenere questo presidio di giustizia, che tra l’altro è uno dei più importanti e produttivi del comprensorio e che ben potrebbe invece ospitare altre piccole sedi che verranno, esse si, inevitabilmente ridotte. Dopo alcune questioni di carattere finanziario, ci si è bloccati sul riconoscimento di un debito fuori bilancio che è stato contestato dalle opposizioni e che è stato ritirato per essere eventualmente ripresentato in altra seduta. Si è poi provveduto ad approvare altre due importanti delibere, il regolamento per l’istituzione ed il funzionamento del Consiglio Tributario e quello per il Consiglio comunale dei ragazzi. In materia di sviluppo economico sono stati approvati due punti riguardanti il Pisl in tema di qualità della vita e di sistemi agroalimentari e dei distretti rurali. È passato pure l’assestamento di bilancio. È stato aggiudicato definitivamente l’appalto per la progettazione esecutiva e per l’esecuzione dei lavori “chiavi in mano” del Centro di accoglienza e di formazione per i migranti, atto a favorire il loro inserimento sociale e lavorativo nel Comune di Rosarno, che dovrà sorgere in località Carmine su un terreno confiscato alla mafia. Il verbale di gara è stato approvato dal responsabile della terza ripartizione comunale, arch. Luciano Antonio Macrì, che ha preso atto della determinazione con cui il 12 novembre scorso il dirigente della Stazione Unica Appaltante Provinciale (Suap) ha disposto l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto al Consorzio Stabile Aedars, con sede in Roma, che ha indicato quale consorziata esecutrice dei lavori l’impresa Impresig s.r.l., anch’essa con sede in Roma. L’importo dei lavori ammonta ad euro 1.306.117, al netto del ribasso offerto del 10,185%, sul prezzo a base d’asta di euro 1.454.230 (costituito da importo lavori, forniture e servizi), oltre euro 16.724 per oneri per la sicurezza ed Iva al 21%. Il progetto per la costruzione del Centro di accoglienza e formazione per migranti è stato presentato, qualche mese dopo la rivolta dei migranti del gennaio 2010, dai commissari straordinari (Domenico Bagnato, Francesco Campolo e Rosario Funaro) e approvato nell’ambito del Programma operativo nazio- Il cerchio rosso mostra il punto dove sarà realizzato il Centro di accoglienza nale “Sicurezza per lo Sviluppo”, con un finanziamento di 2 milioni di euro da parte del Ministero dell’Interno e dell’Unione Europea. Sull’area interessata ai lavori, posta a circa un km dalla periferia cittadina, lungo la strada provinciale che da Rosarno porta a Laureana di Borrello, in atto sorgono un fabbricato di circa 400 metri quadri alto 7 metri e un piccolo fabbricato limitrofo a due piani, che per le cattive condizioni in cui versa dovrà essere demolito. Il progetto prevede la creazione di 3 grandi spazi: uno dedicato all’intrattenimento e al supporto scolastico per bambini; un altro destinato agli sportelli sociali; ed il terzo alla formazione professionale con aule e laboratori vari. Una volta ultimato, il Centro dovrebbe essere assegnato, attraverso un bando dell’Amministrazione comunale, ad un’associazione o cooperativa specializzata nella gestione di strutture sociali complesse, in modo da corrispondere alle finalità per le quali è stato progettato, quelle, cioè, di consentire un efficace inserimento dei giovani migranti nel tessuto sociale ed economico cittadino. Potrà costituire un modello d’eccellenza, esportabile altrove, atto a dimostrare come si possa operare con intelligenza per una politica dell’accoglienza fondata su realtà concrete, capaci di rendere fattibile la pratica dell’integrazione. Sarà, infine, un’occasione di alto profilo per dimostrare quanto grande sia la carica di generosità del popolo rosarnese. Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 42 Cosenza - Provincia . CASSANO Ieri a Catanzaro l’udienza preliminare di “Ultimo Atto” POLLINO Il collaboratore Falbo ripercorre in aula tutte le fasi salienti dell’omicidio “Popin” La terra trema ancora Ieri scossa da 3.3 gradi Alla sbarra alcuni presunti affiliati al clan Forastefano Il gup pronuncerà la sentenza entro la fine di gennaio Fabio Melia CASSANO Il bagno di sangue che inondò la Sibaritide ritorna nelle aule di giustizia. S’è tenuta ieri, a Catanzaro, l’udienza preliminare nei confronti degli imputati coinvolti in “Ultimo Atto” che hanno optato per il rito abbreviato. Si tratta di Vincenzo e Leonardo Forastefano (38 e 53 anni), Vincenzo Cosentino (34), Francesco Caporale (32), Saverio Lento (52), Giuseppe Garofalo (32), Archentino Pesce (40), Luciano Oliva (37), Giuseppe De Rose (38) e Domenico Falbo (30). Quest’ultimo, che ha deciso di collaborare con la giustizia ormai da qualche anno, è stato ascoltato proprio ieri dal gup distrettuale, che ha accolto l’istanza di accesso al rito abbreviato condizionato avanzata dal suo legale, l’avvocato Claudia Conidi. Il pentito ha ripercorso uno dei tre omicidi al centro dell’inchiesta, quello di Antonio Bevilacqua, alias “Popin”, ucciso nel febbraio 2004 a Doria, una frazione di Cassano allo Jonio, durante il tragico scontro tra le due fazioni ‘ndranghetiste dominanti sul territorio: il clan dei Forastefano e quello degli zingari. Secondo le dichiarazioni rilasciate da diversi colla- boratori di giustizia – tra questi c’è anche Lucia Bariova, compagna di Vincenzo Forastefano – Bevilacqua si sarebbe macchiato di una colpa molto grave: aver ricoperto il ruolo di “specchietto” nell’uccisione di Francesco Salerno. “Popin”, del resto, sarebbe stato molto vicino al gruppo dei Forastefano, dai quali avrebbe acquistato nel corso del tempo ingenti quantità di stupefacenti utilizzate per rifornire la sua rete di spacciatori. Falbo ha rievocato quella tragica sequela di eventi, incalzato a più riprese dalle domande del pm antimafia Vincenzo Luberto, titolare dell’inchiesta per conto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Il nutrito collegio difensivo (composto dagli avvocati Nicola Rendace, Enzo Belvedere, Mario Rosa, Lucio Esbardo, Giorgio Misasi, Ettore Zagarese e Rossana Cribari) ha preferito astenersi dal porre domande al collaboratore di giustizia. Il gup distrettuale, terminato l’esame di Falbo, ha fissato le date che porteranno alla conclusione dell’udienza preliminare e alla relativa sentenza di primo grado. Il prossimo 9 gennaio toccherà all’accusa, rappresentata dal pm Luberto, che terrà la sua re- quisitoria. Il 10, il 12 e il 13 gennaio, invece, sarà il turno degli avvocati di parte civile seguiti dai difensori degli imputati, impegnati nelle loro arringhe. Due settimane dopo (questa data potrebbe però cambiare in corso d’opera) il giudice deciderà in merito alle singole posizioni delle persone coinvolte. Oltre all’omicidio “Popin”, in “Ultimo Atto” vengono ricostruiti altri due terribili fatti di sangue che sconvolsero la Sibaritide. Il primo fu l’assassinio di Nicola Abbruzzese, esponente di spicco della cosca degli zingari, che venne ammazzato mentre si stava recando dai carabinieri per assolvere alla misura cautelare dell’obbligo di firma. Il secondo, risalente all’estate del 2009, è l’omicidio di Fazio Cirolla, un uomo innocente trucidato al posto del vero obiettivo dei killer: Salvatore Lione, ex esponente di spicco della cosca Forastefano, oggi collaboratore di giustizia. La decisione di saltare il fosso nacque proprio dopo quel tragico episodio. Al pm Luberto raccontò infatti di aver riconosciuto quelle armi che avrebbero dovuto ucciderlo, poiché sarebbe stato lui stesso a consegnarle ai Forastefano del tutto inconsapevole del suo destino. CASSANO Continua la polemica sull’incompatibilità del sindaco Gallo si dice pronto alle dimissioni «Favorirò l’anticipo delle elezioni» Gianpaolo Iacobini CASSANO Manca la pubblicazione sul Burc, non viene inserita all’ordine del giorno la discussione sull’incompatibilità del sindaco, che però conferma: «Andrò via, per favorire elezioni anticipate». È ciò che in consiglio non si è discusso a fare notizia. Alla vigilia della seduta del parlamentino civico, infatti, era attesa la possibile integrazione dell’ordine del giorno, da parte del presidente Rosella Garofalo, con la questione riguardante l’incompatibilità del primo cittadino, richiesta dal centrosinistra. Punto tuttavia non inserito dall’ufficio di presi- denza, che ha probabilmente ritenuto fondate le obiezioni sollevate in conferenza dei capigruppo dall’Udc, secondo la quale di decadenza potrà iniziarsi a discutere solo quando la sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma regionale taglia-incompatibilità sarà stata pubblicata sul Burc. Ad ogni modo, Gallo ha garantito che «se la decadenza non dovesse essere dichiarata in tempi utili, come pure auspicato, rassegnerò le dimissioni, per favorire l’indizione di elezioni anticipate». Posizione apprezzata dal capogruppo pidiellino Roberto Falvo, che non ha mancato di criticare quanti, «tra le fila del cen- Gianluca Gallo Gli inquirenti davanti alla concessionaria di Cassano dove venne trucidato Fazio Cirolla CASTROVILLARI Ancora molti dubbi sull’orario dell’assassinio Delitto Anghel, effettuata l’autopsia CASTROVILLARI. La Procura del- le Repubblica di Castrovillari ha conferito al dottor Walter Caruso l’incarico di effettuare l’esame autoptico sulla salma di Adrian Anghel, 34 anni, cittadino romeno trovato senza vita in un’abitazione popolare alle spalle della Chiesetta delle Pentite. L’obiettivo degli inquirenti è quello di capire con precisione l’orario del decesso ed il numero dei colpi inferti con l’accetta sul capo del giovane rumeno. Per il momento Carmine Francesco Oliveto (di- trosinistra, parlano a sproposito, ignorando le norme ed il diritto». Nel corso della serata s’è poi proceduto all’approvazione dell’assestamento di bilancio (con l’astensione delle opposizioni), al dibattito sulle ventilate modifiche al regolamento sull’imposta di soggiorno, al via libera all’istituzione del consiglio tributario (richiesto dal capogruppo del Pd-Alicorno, si farà, ma sarà composto da tre membri che non si vedranno riconosciuta alcuna indennità, come invece richiesto dal consigliere Udc Francesco Lombardi). Tutto bene, dunque, per la maggioranza centrista. O quasi. Perché a completamento delle cronache va segnalata la contemporanea assenza (politicamente tutta da decifrare) di tre esponenti dello scudocrociato: la stessa presidente del consiglio ed i consiglieri Mario Guaragna e Leonardo La Regina. TREBISACCE I vertici dello scudocrociato si preparano all’appuntamento con il voto Amministrative, le linee programmatiche dell’Udc Rocco Gentile TREBISACCE I programmi dell’Udc per le prossime elezioni amministrative. I vertici locali dello scudocrociato si sono ritrovati presso la sede cittadina, guidata dall’assessore comunale Davide Cavallo, per l’elaborazione delle linee programmatiche per le amministrative 2012. Nel corso dell’assemblea, dopo una breve introduzione dell’avvocato Giuseppe Pagliaminuto, membro del coordinamento e responsabile della predisposizione della bozza di programma, ciascuno dei presenti ha partecipato alla discussione sui vari argomenti in agenda. Tante le idee proposte nel corso della serata, durante la quale sono state individuate alcune aree tematiche e registrate le prime indicazioni per la stesura del programma politico. Per il settore ambientale, si è valutata la possibilità di rivisitare il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti allo scopo di migliorare lo stesso, insieme alla predisposizione di un servizio di controllo capillare diretto a garantire il rispetto delle norme vigenti in materia ambientale da parte dei cittadini. In ordine al turismo ed allo sport è stata prospettata la necessità di valorizzare il centro storico, di rivisitare il Piano Spiaggia, attraverso l’adozione di una variante che possa meglio recepire le istanze ed esigenze degli operatori di settore. Il recupero delle aree sportive esistenti, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni sportive presenti sul territorio risulta essere importante da ogni punto di vista. Trattando poi le politiche economiche e commerciali si è valutata l’opportunità di istituire uno sportello “Informagiovani” come ausilio alle nuove generazioni per l’accesso ai finanziamenti finalizzati alla nascita di imprese, nonché la necessità di una rivisitazione e riorganizzazione del mercato mensile. L’Udc tiene anche a cuore il riordino della viabilità attraverso l’adozione di un piano viario, la rimodulazione dei progetti dei lavoratori socialmente utili al fine di valorizzare ed ottimizzare l’impiego delle risorse umane, il sostegno e collaborazione con le associazioni di volontariato presenti sul territorio al fine di migliorare il servizio offerto, l’istituzione dei Comitati di quartiere per una democrazia partecipativa e popolare. feso dall’avvocato di fiducia Luca Donadio) è accusato del reato di omicidio volontario. Rimane complicato capire se possano configurarsi o meno eventuali aggravanti. Gli esiti dell’esame autoptico – già espletato dall'anatomopatologo – saranno depositati entro 60 giorni presso la cancelleria del sostituto procuratore Grazia Anastasia. Per il momento non è trapelata alcuna nuova indiscrezione. A breve sarà dato il nullaosta alla pietosa sepoltura della salma. I fatti ri- salgono a domenica scorsa, vale a dire quando alle 3 del mattino i due protagonisti della vicenda si trovavano nell’appartamento che sorge alle spalle della chiesetta delle Pentite. I due, sempre secondo gli investigatori, avevano bevuto molto e, dopo aver visto numerosi film pornografici, si sarebbero azzuffati per delle avances di tipo sessuale andate male. L’italiano, dopo essere stato brutalmente malmenato per il suo rifiuto, avrebbe poi ucciso il romeno.(ang.bis.) CASTROVILLARI. Continua lo sciame sismico che sta colpendo da diversi mesi l’area compresa tra il massiccio del Pollino ed il Monte Alpi Sirino. La terra, infatti, è tornata a tremare ieri con movimenti tellurici che rientrano tra i 2 ed i 3.3 gradi della scala Richter. La zona dell'epicentro è sempre la stessa: Mormanno, Orsomarso, Papasidero, Laino Borgo, Laino Castello ed altri comuni che, come Rotonda, Viggianello e Castelluccio, si trovano in una vasta zona ormai al centro di un processo di collisione, compressione ed innalzamento, che riguarda da vicino l’Appennino calabro-lucano. Anche in questi ultimi movimenti tellurici l’energia s'è sprigionata ad un profondità di circa 10 chilometri circa dalla superficie. Le ultime scosse sono state localizzate da ben 26 stazioni facenti parte della Rete Sismica nazionale ed i dati relativi all’evento sono stati comunicati, dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, al Dipartimento della Protezione Civile per tutte le più opportune determinazioni. Fortunatamente non sono stati registrati danni a persone o a cose. Ma è chiaro che le forze dell’ordine, unitamente ai sindaci dei comuni interessati, mantengono alta l’attenzione in ordine ad eventi che stanno procurando una situazione di panico diffuso tra la popolazione.(ang.bis.) CASTROVILLARI Partecipate nel mirino CASSANO Scintille in Consiglio tra la maggioranza e la presidente Urso “Tracce del tempo” al via giovedì 8 dicembre Angelo Biscardi CASTROVILLARI L’ultimo consiglio comunale non ha fatto registrare soltanto l’approvazione dell'assestamento di bilancio. Infatti, sui “titoli di coda” la discussione si è rivelata scoppiettante a causa di un disguido tra la presidente Marisa Urso e l’assise al momento di decidere sull’adozione dell’atto riguardante il mantenimento, da parte dell’ente, di partecipazioni nelle società Gas Pollino e Pollino Gestione Impianti, votato solo dalla maggioranza con parere contrario del Pd. Questo per aver accolto, dimenticando di far esprimere ai gruppi le consuete dichiarazioni di voto, la richiesta proveniente dalla maggioranza, attraverso il consigliere Riccardo Rosa, di votare la proposta così come era stata presentata, invece di verificare la richiesta di emendare il documento, avanzata dalla minoranza e valutata in un momento di sospensione, o rinviare il tutto per approfondirlo nell’apposita commissione consiliare e cercare, come precisato dal consigliere del Pd, Domenico Lo Polito, di ampliare le competenze delle suddette due società. Ciò ha creato una certa tensione tra i gruppi, registrando anche l’allontanamento del presidente dopo uno scambio di vedute piuttosto acceso con il sindaco. Il punto era stato introdot- to dal primo cittadino e ulteriormente spiegato dal segretario Ceccherini che ribadivano l’importanza dell’adozione della delibera, atto dovuto dal Consiglio che doveva essere assunto secondo quanto previsto dalla legge finanziaria del 2008, riguardante semplicemente la ricognizione sul mantenimento delle società partecipate e dove si spiega che queste sono fondamentali per i servizi che offrono al Comune. Subito dopo in merito all’approvazione del regolamento per il funzionamento della commissione comunale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, il Pd abbandonava l’emiciclo in segno di solidarietà alla presidente del Consiglio per le contestazioni subite. Altra sorte ha, invece, interessato l’istituzione del consiglio tributario che ha registrato il voto unanime da parte della maggioranza, del Pd e del consigliere Conte. L’organismo collaborerà con l’Agenzia delle Entrate per combattere l’evasione. A tal riguardo sono intervenuti l’assessore Orazio Attanasio, il segretario generale Maurizio Ceccherini, il capogruppo dei democrats Lo Polito, nonché i consiglieri Di Gerio e Pompilio che hanno ribadito l’importanza di questo nucleo di lavoro. Come hanno fatto dal canto loro il sindaco Blaiotta ed il consigliere Francesco Condemi, entrando nello specifico del dibattito. Luigi Franzese CASSANO In riferimento all’articolo apparso ieri a pagina 36 attinente la manifestazione denominata: “Tracce del tempo-C’era ‘na vota a strèata Maistra”, si precisa che, erroneamente a quanto pubblicato, detta manifestazione avverrà in Corso Cavour l’otto dicembre in occasione della festa della Madonna Immacolata. Ci scusiamo con i lettori e con il presidente dell’associazione suddetta per l’involontario errore. C’è fin da ora, quindi, una grande attesa per una giornata all’insegna del tradizionale viaggio nel secolo scorso con le botteghe di un tempo, riaperte per l’occasione. A proposito di questa “full immersion” nel passato, il sindaco Gianluca Gallo ha dichiarato: «Arriva dicembre. Torna, per fortuna, l’appuntamento con “Tracce del tempo” a me particolarmente caro. È infatti un bene, per Cassano e per l’intera Calabria, che questa manifestazione, giunta alla sua settima edizione, continui nel suo cammino”. La mattina inizierà alle ore 10.30 con saluti di autorità militari, civili, esponenti del mondo della scuola, della cultura. In serata, alle ore 19, ci sarà la rappresentazione del presepe vivente dal titolo: “Cassano Cuma ‘nu prisebbiju”. Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 44 Reggio Ionica . BIANCO La vittima, Giovanni Spatara, fu colpito al torace e subì un intervento chirurgico CASIGNANA Accoltellò il compagno di tressette ha patteggiato due anni e otto mesi Interrogati Zoccali e Tallariti: «Hanno chiarito tutto» Non andrà in carcere Carmelo Cotroneo, custode del campo sportivo LOCRI. Hanno risposto all’in- Rocco Muscari LOCRI Era degenerata in una rissa, finita con una coltellata al torace una partita a “tressette” tra due persone, lo scorso mese di marzo in quel di Bianco. Con l’accusa di lesioni personali Carmelo Cotroneo, 64 anni, il “feritore” di Giovanni Spatara 66 anni, ha patteggiato una pena di due anni e otto mesi di reclusione davanti al giudice dell’udienza preliminare di Locri, giudice Andrea Amadei. Il patteggiamento è stato concordato dalle parti, da un lato la difesa di Cotroneo, avvocati Adriana Bartolo e Vincenzo Muscoli, dall’altra la Procura della Repubblica di Locri, rappresentata dal sostituto Debora Rizza. Considerata l’entità della pena, per il 64enne di Bianco, custode del locale campo sportivo, attualmente sottoposto all’obbligo di dimora presso la propria abitazione, comunque non si apriranno le porte del carcere. Il fatto, come ricostruito dagli inquirenti, ha avuto luogo nelle pressi di un bar, in una zona del centro della cittadina costiera locridea, e a poca distanza dal palazzo municipale. I due amici stavano giocando a tressette quando, per alcune incomprensioni emerse nel corso della partita, hanno iniziato a litigare. La lite, dopo un violento alterco, è poi degenerata in una rissa che ha avuto come conseguenza il ferimento di Giovanni Spatara. Prontamente soccorso il pensionato 66enne, residente ad Il consigliere comunale Antonio Zurzolo BOVALINO L’invito di Zurzolo (“Nova”) «Maggioranza divisa Mittiga prenda atto e dia le dimissioni» Giuseppe Pipicella BOVALINO Il luogo del ferimento, avvenuto la notte tra il 29 e il 30 aprile di quest’anno Carmelo Cotroneo Africo, è stato trasportato presso l’ospedale di Locri e sottoposto a un intervento chirurgico. L’immediato intervento dei carabinieri della locale compagnia, all’epoca diretta dal capitano Andrea Caputo, ha portato all’individuazione di Cotroneo, quale presunto feritore. Quindi, a distanza di un’ora dall’accoltellamento, i militari dell’Arma, dopo aver approfondito i sospetti, hanno arrestato Carmelo Cotroneo, tra l’altro notato mentre si allontanava repentinamente e con fare sospetto dal luogo del ferimento a bordo di un ciclomotore, lo hanno arre- BRANCALEONE Al 22enne il gup ha inflitto 5 anni di carcere Deteneva un’arma “da guerra” pesante condanna per Benavoli LOCRI. Condannato a cinque anni di reclusione, oltre a una consistente multa, Paolo Benavoli, 22 anni originario di Brancaleone, accusato di detenzione di armi. Lo ha disposto il gup di Locri, giudice Andrea Amadei, che dopo le richieste delle parti si era riservato di entrare in camera di consiglio dopo l’audizione di un perito balistico, chiamato a deporre in merito alla qualificazione di una pistola, ritenuta dall’accusa “da guerra”, mentre per la difesa, composta dagli avvocati Sandro Furfaro e Pietro Bertone, si sarebbe dovuta intendere quale “arma comune da sparo”. Il perito, escusso ieri mattina, ha rilevato che l’arma poteva es- sere inclusa in quelle da “guerra”, quindi fuori commercio e attestante una pericolosità ulteriore. Proprio questa testimonianza ha visto la Procura di Locri, ieri rappresentata dal pm Debora Rizza, ribadire la richiesta a 5 anni di reclusione nei confronti del 22enne. Paolo Benavoli è stato tratto in arresto nel febbraio scorso dal personale della Squadra Mobile reggina, unitamente agli agenti del Commissariato di polizia di Condofuri, in esecuzione dell’ordinanza di accoglimento della richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, emessa in dal gip di Locri. L’arresto del 22enne era sca- Paolo Benavoli BRANCALEONE Comune capofila del progetto sui sistemi turistici Il Consiglio approva all’unanimità il protocollo d’intesa sui “Pisl” Francesca Dieni BRANCALEONE Consiglio comunale convocato per l’approvazione dello schema di protocollo di intesa per i tre progetti integrati di sviluppo locale (Pisl) “Sistemi turistici locali - destinazione turistiche locali Area Grecanica”, “Borghi d’eccellenza” e “Area tematica qualità della vita”. Anche l’opposizione ha votato a favore. Il progetto ricomprende quattro comuni, Brancaleone, Palizzi, Bova e Con- dofuri. «Il partenariato – ha sottolineato il sindaco Francesco Moio – nasce dall’importanza di ottenere i migliori risultati». Brancaleone è capofila per i Sistemi turistici (per i Borghi d’eccellenza è Bova, per la Qualità della vita Melito). Ed è proprio in riferimento ai sistemi turistici che Brancaleone ha presentato un ambizioso progetto per la realizzazione di un polo di attrazione turistica di natura biologica: si tratta di una megastruttura di grande livello, del valore di circa Il centro recupero tartarughe stato e, dopo gli adempimenti di rito, dalla caserma lo hanno trasportato nel carcere di Locri. A seguito dell’interrogatorio di garanzia gli avvocati Bartolo e Muscoli hanno ottenuto la misura dell’obbligo di dimora e, ieri, in accordo con la Procura, il gup Amadei ha disposto la pena pattuita. Il feritore è sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora nella propria abitazione turito dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, nella fase successiva alla perquisizione che aveva portato al rinvenimento e al sequestro di un considerevole quantitativo di armi e munizionamento di vario calibro, nonché di attrezzature varie per il loro caricamento, ed all’arresto dei congiunti Giuseppe Benavoli, 56 anni, e del figlio Fortunato, di 24 anni. Nell’interesse di Benavoli gli avvocati Sandro Furfaro e Pietro Bertone ieri hanno ribadito la richiesta della derubricazione del reato in possesso di arma comune da sparo, domandando la concessione delle attenuanti generiche ed il minimo edittale. A seguito del supplemento istruttorio il giudice Andrea Amadei ha ritenuto le prove a carico di Benavoli concordanti rispetto alle richieste della Procura di Locri, disponendo la condanna del giovane a 5 anni, e non concedendo la misura degli arresti domiciliari.(r.m.) 3 milioni di euro che ricomprende in un unicum strutturale il Cts, il Museo navale e un acquario, oltre a un attracco portuale che interagisca col polo biologico. È stato anche evidenziato l’importante risultato ottenuto dall’Amministrazione con l’ottenimento di un sostanzioso finanziamento per la realizzazione di un percorso ciclabile che andrà a realizzarsi come via di collegamento tra i vari siti di interesse storico tra Brancaleone e Bianco. Rientrano nel percorso, tra gli altri, il borgo storico di Brancaleone Superiore, la chiesa bizantina di Tridetti e il borgo antico di Bruzzano. L’amministrazione infine ha inteso mettere in evidenza anche il finanziamento ottenuto (700 mila euro) per la messa in piena operatività del nuovo depuratore. L’evidente frattura politica all’interno della maggioranza apertasi nel corso della riunione consiliare di mercoledì, dimostra ancora una volta che nella «squadra guidata dal sindaco Tommaso Mittiga ognuno continua a “giocare” per proprio conto. Tanto è vero che l’ex sindaco Francesco Zappavigna ha sottolineato che «quando non sono i consiglieri di minoranza a fare determinate osservazioni o contestazioni, queste arrivano dalla stessa maggioranza. che dimostra di non avere un progetto politico e di non fare buona amministrazione». Ieri il consigliere di minoranza di “Nova Bovalino” Antonio Zurzolo, anche a nome del collega di lista Enrico Tramontano, ha espresso «forte preoccupazione per il futuro della collettività» per quello che sta avvenendo all’interno della maggioranza. «Ad ogni seduta consiliare – ci ha dichiarato Zurzolo – si evidenziano fratture politiche insanabili che sono il segnale evidente che nella lista guidata dall’attuale sindaco non esisteva e non esiste un progetto politico-amministrativo. La mancata assunzione di responsabilità da parte di elementi di spicco dello schieramento, la tecnica dello scaricabarile che ormai continua ad essere sempre più una costante all’interno della maggioranza, il fatto che non si riesca ad avere un interlocutore o un capogruppo con il quale confrontarsi , sono fatti sintomatici di un malessere evidente. È necessario che tutti si mettano la mano sulla coscienza e decidano di staccare la spina, rimettendo il mandato agli elettori». Zurzolo sottolinea poi che a soffrire è la collettività nella sua interezza_ «Se poi si guarda alla situazione in cui si trova Bovalino l’unico e ultimo atto di responsabilità da parte della maggioranza consiste nel prendere atto della situazione attuale e, per il bene del paese, trarre le opportune decisioni senza demagogia e infingimenti e mettere fine al poco edificante spettacolo cui assistiamo ad ogni riunione consiliare. Si è fuori dal mondo – ha concluso Zurzolo – se la maggioranza non prende atto delle insanabili fratture, ponendo fine all’amministrazione». terrogatorio di garanzia, davanti al gip reggino Antonino Laganà nell’ambito dell’inchiesta “Black Garden”, gli indagati Giuseppe Saverio Zoccali e Stefano Tallariti. Per loro l’interrogatorio si è concluso nella tarda serata di mercoledì, alla presenza del pm Sara Ombra, della Dda reggina, titolare dell’operazione eseguita dai carabinieri che ha portato all’esecuzione di cinque misure, di cui quattro ai domiciliari, compresi i fratelli Pietro, sindaco di casignana, e Antonio Crinò. Zoccali, difeso dagli avvocati Marco Tullio Martino e Domenico Neto, ha risposto alle domande sulla sua posizione rispetto alla liceità dell’operato della “Zetaemme”, della quale è socio, spiegando il senso di alcune intercettazioni telefoniche in cui è coinvolto. In particolare l’avv. Martino ha ribadito che la difesa si è riservata di produrre un’ampia documentazione sulla titolarità della società ad operare nella discarica di Casignana, laddove invece l’accusa ha rilevato la mancanza di licenza della “Zetaemme”. Inoltre la difesa di Zoccali ha annunciato l’intenzione di smentire che all’interno della discarica sia stato scarico materiale non autorizzato. Ha respinto ogni addebito anche Stefano Tallariti, assistito dagli avvocati Rocco Tallarida e Caterina Condemi. Nei prossimi giorni i difensori, come anticipato dagli avvocati Antonio Speziale e Giacomo Crinò, nell’interesse dei fratelli Crinò, avanzeranno istanza di scarcerazione per i propri assistiti al Tdl.(r.m.) ARDORE Col club “Ala Azzurra” di Bianco CASSAZIONE Alfredo a quasi 80 anni è tornato a volare Con il suo deltaplano Sequestro Cartisano, non ci sarà revisione I deltaplanisti del club bianchese. La freccia indica Alfredo Meleca BOVALINO. Non finisce di stupire il deltaplanista più anziano della Calabria: alla soglia degli 80 anni (li compirà il 29 gennaio), Alfredo Meleca, ex commerciante, bovalinese trapiantato ad Ardore, dopo aver superato al meglio alcuni problemi fisici, è tornato a “volare” in lungo e in largo, da solo e in compagnia, ricevendo applausi e pacche sulle spalle in tutti i luoghi in cui fa “scalo”. Con la sua tuta rossa e le vele tinteggiate con i colori della bandiera nazionale, ha controllato il suo velivolo ed è partito per sorvolare ancora quella zona di Calabria, che definisce «la terra più bella del mondo». In compagnia dei soci del club “Ala Azzurra” di Bianco, approfittando di una giornata limpida e soleggiata, ha deciso di fare il giro d’Aspromonte toccando lo Jo- nio e il Tirreno con due scali tecnici nei pressi di Pietra Kappa e sui pianori di Condofuri. Capo squadriglia il figlio Domenico (gli altri erano Ottavio Strangio, Enzo Commisso con la moglie Roxana, Alfredo e Domenico Meleca, Sebastiano Chiarantano, Giuseppe e Pasquale Maressa, Antonio Nucera e Roberto Foti) i deltaplanisti si sono inoltrati verso Aspromonte ammirando ogni anfratto e ogni pianoro, Polsi ed i sentieri del Parco nazionale. «Che grande gioia aver potuto ammirare ancora le bellezze della nostra amata Calabria, da Polsi a Pietra Kappa, e attraversare quelle bianche nuvole che ti fanno sognare» ci ha detto Alfredo Meleca, mentre ci raccontava della nuova “transvolata” da un mare all’altro. Auguri e... alla prossima.(g.p.) BOVALINO. Si chiude definitivamente la storia processuale del sequestro di Lollò Cartisano. Ieri la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal collegio di difesa che chiedeva la revisione del processo a conclusione del quale i fratelli Santo e Leo Modaffari sono stati condannati a 30 anni di reclusione per il sequestro del fotografo di Bovalino. Adolfo “Lollò” Cartisano fu rapito nel luglio del 1993: venne pagato un riscatto di 200 milioni di lire ma il suo corpo fu trovato solo nel 2003 ai piedi di Pietra Cappa. Per il sequestro e la morte di Lollò Cartisano sono stati condannati gli africesi Carmelo Modafferi, i figli Santo e Leo Pasquale, e Santo Glicora, genero di Modafferi, arrestato dai carabinieri nel giugno scorso dopo oltre dieci anni di latitanza, e condannato a 25 anni di carcere. La richiesta di revisione del processo, già rigettata nel dicembre del 2010 dalla Corte d’appello di Catanzaro, si basava su nuovi elementi di prova acquisiti dalla difesa degli imputati, in particolare quella dei fratelli Santo e Leo Modaffari, e sulla dichiarazione di un uomo, Giavanni Criaco, che si era autoaccusato del sequestro. La Cassazione, ieri, nel rigettare la richiesta difensiva, ha chiuso ogni prospettiva per i condannati di riaprire il processo.(r.m.) 45 Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 Reggio Ionica . REGGIO Il processo con rito abbreviato dell’inchiesta “Crimine” SAN LUCA “Locale di Singen” la Procura della Dda chiede 88 anni per sette imputati Operai Afor ricevuti dal sindaco Giorgi Antonio Strangio SAN LUCA Tra loro il sidernese 75enne Vincenzo Commisso, inteso “u logico”: rischia 14 anni di reclusione Rocco Muscari LOCRI Il sostituto procuratore della Dda Antonio De Bernardo, al termine della requisitoria, ha chiesto 88 anni di reclusione, in rito abbreviato, nei confronti di sette imputati, sei dei quali riconducibili al filone tedesco della maxi inchiesta della Distrettuale Antimafia denominato “Crimine”. L’udienza camerale, che si è tenuta davanti al gup presso il Tribunale di Reggio Calabria, giudice Giuseppe Minutoli, ha visto il pm De Bernardo formulare le seguenti richieste di pena: Bruno Ciancio (12 anni), Brunello Franzé (16 anni), Salvatore Femia (12 anni), Donato Fratto (12 anni), Tonino Schiavo (12 anni), Claudio Cianciaruso (10 anni). I sei sono ritenuti partecipi della presunta articolazione tedesca della ‘ndrangheta, denominata “locale di Singen”. Mentre nei confronti di Vincenzo Commisso (cl. 36), inteso “u logico”, la cui singola posizione è stata discussa nell’udienza successiva davanti allo stesso gup, la Procura distrettuale ha chiesto 14 anni di carcere, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Le sette posizioni sono state comunque riunite al fascicolo principale del processo Crimine, in corso di definizione in abbreviato, dove la Procura distrettuale ha chiesto pene detentive per oltre 1500 anni nei confronti di 118 imputati. Ritornando al filone dell’operazione “Crimine 2”, eseguita lo scorso 8 marzo quale naturale prosecuzione dell’operazione “Crimine” conclusa con centinaia di arresti nel luglio del 2010, l’inchiesta è stata coordinata dalla Dda reggina, diretta dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e dall’aggiunto Nicola Gratteri, ed è stata condotta congiuntamente da carabinieri e polizia con la collaborazione degli investigatori esteri, in particolare della polizia federale tedesca dell’LKA. Con questo secondo filone della maxi inchiesta sulla ndrangheta la Distrettuale di Reggio Calabria, oltre ad aver delineato le dinamiche delle ’ndrine presenti all’estero, ha ricostruito alcune importanti dinamiche presenti all’interno della ‘ndrangheta reggina, compresi i riti, le cerimonie e i gradi di affiliazione del sodalizio. Per monitorare l’evoluzione delle dinamiche criminali in terra tedesca, in particolare a Singen e Francoforte sul Meno, i ma- gistrati della Distrettuale hanno attivato lo strumento della rogatoria internazionale presso la competente autorità giudiziaria tedesca. E proprio nel corso di alcune intercettazioni ambientali, captate all’interno di un bar-ristorante di Singen, gli investigatori avrebbero registrato anche un rito di affiliazione detto “vespero”. Secondo la Procura il capo del locale di Singen sarebbe Bruno Nesci, per il quale nel processo principale sono stati chiesti 20 anni di carcere. Nesci, in particolare, avrebbe coordinato i locali della Germania e mantenuto i contatti con gli esponenti di vertice della “Provincia”, più compiutamente con il presunto “capo crimine”, il rosarnese Domenico Oppedisano. Il pm De Bernardo, nel corso della requisitoria nei confronti dei sei imputati di “Crimine 2”, ha rilevato la fondatezza delle prove, sottolineando la loro partecipazione attiva al “locale tedesco”, con il compito di assicurare la comunicazione tra gli associati, partecipando alle riunioni ed eseguendo le direttive imposte dai vertici del sodalizio. Nei loro confronti l’accusa ritiene sussistenti gli elementi per una condanna per associazione di stam- PLACANICA «Spesso resta chiuso senza alcuna spiegazione» Poste, una petizione popolare sulla “sorte” dell’unico ufficio Imma Divino PLACANICA Una petizione popolare per scongiurare il perdurare di disservizi e disagi nell’ufficio postale, l’unico presente sul vasto territorio placanichese che comprende anche sette frazioni. L’iniziativa, partita nei giorni scorsi, sta registrando l’adesione di tanti cittadini esasperati e stanchi di subire una scelta che appare “figlia” di una politica miope, che mira al raggiungimento del massimo profitto, ma che penalizza quelle aree che sono considerate meno “remunerative”. «L’ufficio di Placanica – scri- vono i cittadini in una lettera indirizzata alla direzione di Poste italiane – ha un bacino d’utenza di 1.200 abitanti, mentre l’organico impiegatizio è di una sola persona«. Una situazione di incertezza aggravata anche dalla chiusura, senza preavviso, dell’ufficio: «Sono sempre più numerose – sottolineano i sottoscrittori della lettera – le occasioni in cui, con fantomatici cartelli, si avvisa l’utenza che l’ufficio resta chiuso e senza addurre alcuna motivazione». Una situazione che sta generando una forte sofferenza sociale soprattutto tra i pensionati e i residenti nelle frazioni, molti dei quali sono costretti a percor- Le Poste di Placanica (ARCHIVIO) Antonio De Bernardo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia reggina po mafioso, aggravata dall’essere un’associazione armata e transazionale. Per quanto riguarda la discussione in abbreviato del collegio di difesa il gup Minutoli ha rinviato al 25 gennaio. In quella data l’avv. Leone Fonte, che rappresenta le posizioni di Femia e Cianciaruso, si è riservato di proporre alcune questioni preliminari, tra le quali un presunto problema legato alle rogatorie. Rispetto alla posizione di Vincenzo Commisso, difeso dagli avvocati Giuseppe Oppedisano e Antonio Speziale, ieri sostituito in udienza dall’avv. Angela Commisso, il gup ha rinviato al 5 dicembre per stabilire la data della discussione, per la quale il collegio difensivo ha già prodotto documenti a discarico. rere tanti chilometri a piedi per raggiungere l’ufficio postale per poi, magari, trovarlo chiuso. «La direzione di Locri lo scorso anno aveva comunicato che l’ufficio di Placanica era a rischio chiusura perché non produce a sufficienza, ma non in termini di operazioni di sportello (che sono tante, ma non contano) bensì di vendita di prodotti finanziari. Considerazione questa – puntualizzano ancora nella missiva – che troviamo completamente fuori luogo in quanto, considerato il numero degli abitanti, se l’ufficio non produce i numeri sufficienti ciò è dovuto al fatto che il servizio non è adeguato e a questo dovrebbe solo provvedere Poste italiane potenziandolo e non riducendolo alla chiusura». La speranza è che Poste Italiane non continui a fare orecchie da mercante: ma, dopo tante proteste e tanti appelli rimasti inascoltati, lo scetticismo è d’obbligo. SIDERNO Di Antonio Ferreri, il popolare “Carbonella”: due cartelli sulla porta di casa “Plateale” solidarietà al sindaco di Casignana Aristide Bava SIDERNO Singolare attestazione di solidarietà al sindaco di Casignana, Pietro Crinò, agli arresti domiciliari perché implicato nell’operazione “Black Garden” legate alla vicenda della discarica del suo comune. Arrivano da Antonio Ferreri, dai più conosciuto come “Carbonella” , eccentrico personaggio della vita politica locale (di recente è stato candidato a sindaco di Siderno) che ha deposto, con tanto di firma, sulla porta d’ingresso dell’abitazione sidernese del sindaco di Casignana (Pietro Crinò ha acquistato casa a Siderno anni addietro), in piazza Portosalvo due vistosi cartelloni. Tracciate con grossi pennarelli neri, in uno campeggiava la scritta «Esprimo la mia solidarietà al dottore Crinò» e nell’altro: «Non lo ritengo responsabile: lui la vita la salva non la toglie». Entrambi sono firmati Antonio Ferreri detto Carbonella. Crinò è agli arresti domiciliari perché accusato, unitamente ad altre persone tra le quali il fratello Antonio, di essere responsabile della cattiva gestione della discarica di Casignana, il cui percolato secondo l’accusa ha inquina- to l’ambiente e si sversava in mare. I due vistosi cartelli, data anche la centralità della zona in cui è ubicata l’abitazione sidernese del professionista – Crinò è anche medico e comproprietario del Centro Specialistico di Siderno, una struttura che dispone di attrezzature all’avanguardia, non solo in Calabria – hanno subito richiamato l’attenzione di numerosi cittadini sino a quando, per volontà della moglie di Crinò, la signora Mena, sono stati rimossi. Ferreri ha rivendicato senza esitazione la paternità dell’iniziativa dicendosi «assolutamente convinto» di quanto ha scritto. Un cartello prima della rimozione Vincenzo Commisso Donato Fratto Una delegazione di operai dell’Afor, è stata ricevuta dal sindaco Sebastiano Giorgi e dall’assessore alla Forestazione Francesco Murdaca. Oggetto dell’incontro, che ha registrato momenti di tensione sedati a stento, la decisione della Regione di collocare in cassa integrazione gli operai, per tutto il mese di dicembre, con riserva di proroga fino al 28 febbraio 2012. Una decisione avvallata dalle organizzazioni sindacali (erano presenti Santino Aiello per la Flai-Cgil, Giuseppe Gualtieri, Fai-Cisl e Nino Merlino, Uila-Uil), che suona come un vero e proprio campanello d’allarme per il futuro del settore. Secondo gli operai che hanno annunciato azioni eclatanti se in tempi brevi non saranno chiariti tutti i termini dell’accordo di programma firmato a Catanzaro, si tratta di un provvedimento iniquo che ancora una volta tende a penalizzare un settore di vitale importanza per la Calabria. Il comparto in Calabria occupa circa 8.000 operai, di cui 400 a San Luca, in media tra i 40 e i 50 anni. Il sindaco ha assicurato che sarà al fianco degli operai se il prossimo 2 gennaio i cantieri non riapriranno. E ha esibito una lettera datata 28 novembre a firma del governatore Giuseppe Scopelliti, nella quale egli invita i sindaci, ove possibile, ad utilizzare gli operai forestali per tutte le necessità dei mesi invernali. Nella stessa giornata, il governatore firmava l’accordo di programma che collocava in cassa integrazione tutti i forestali. ROCCELLA JONICA Dal civico consesso GROTTERIA Lotta all’evasione istituito all’unanimità il Consiglio tributario Statale 106 s’inaugura la galleria “Pergola” Stefania Parrone ROCCELLA Seduta squisitamente tecnica e tranquilla nei toni della discussione, per il civico consesso riunitosi in via straordinaria, per questioni di natura finanziaria. Unica eccezione ai temi di natura contabile predominanti nell’odg, tutti illustrati dall’assessore al Bilancio Vittorio Zito, sono stati due interventi del sindaco Giuseppe Certomà: in apertura dei lavori per rivolgere un omaggio alla memoria del regista Vittorio De Seta, ricordando il legame affettivo che aveva con Roccella, protagonista di iniziative dell’Associazione Culturale jonica, e in chiusura per presentare la richiesta di autorizzazione alla stipula dei protocolli d’intesa tra gli enti coinvolti nel progetti Pisl. Richiesta accolta all’unanimità. Novità emersa è l’istituzione del “Consiglio tributario” e l’approvazione (all’unanimità) del regolamento per il suo corretto funzionamento. «Il Consiglio tributario – ha spiegato Vittorio Zito – opererà come organismo di supporto alle attività di partecipazione del Comune all’accertamento dei tributi erariali, fornendo suggerimenti e collaborazione con l’Agenzia del territorio ai fini del monitoraggio degli immobili non accatastati. Il modello di Consiglio tributario che viene fuori dal regolamento è quello di un organo di coordinamento degli uffici impiegati nella lotta all’evasione fiscale, vero dramma che mina in profondo la coesistenza sociale». Il civico consesso, dopo aver ratificato all’unanimità una delibera di giunta relativa a una variazione di bilancio ha preso atto (si è astenuto il consigliere Francesco Scali) della delibera della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, sul bilancio di previsione 2011 dell’ente. Si tratta di alcune irregolarità che a parere della Corte (la quale tuttavia si è pronunciata non sulla “legittimità” ma a scopo collaborativo per migliorare la gestione finanziaria) vanno corrette, come ha chiarito Zito, per non pregiudicare gli equilibri ed il rispetto del patto di stabilità. Le osservazioni della Corte riguardano, tra le altre cose, il ricalcolo del costo del personale (l’assessore Bombardieri ha auspicato che si possano eliminare le spese per la stabilizzazione degli Lsu - Lpu dal Patto di stabilità), il piano delle alienazioni e le sanzioni del codice della strada con riscossioni più basse rispetto al 2010. Su quest’ultima osservazione il consigliere di minoranza Francesco Scali ha elogiato il nuovo indirizzo attuato quest’anno, rispetto al metodo usato nel 2010 che portò a un elevato numero di multe a cittadini e turisti. Infine con i soli voti della maggioranza (astenuto Francesco Muscolo del Pri, contrario Scali) è stato approvato l’assestamento generale del Bilancio di previsione 2011. Piero Roberto GIOIOSA JONICA Alla presenza del presidente della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti, dei sindaci di Gioiosa Jonica, Grotteria, Mammola, Siderno, Locri, Ardore, dei commissari prefettizi di Marina di Gioiosa, dei vertici dell’Anas e della società Astaldi costruzioni, delle varie istituzioni del comprensorio della Locride stamattina alle 11, verrà inaugurato un chilometro di scavo attraverso l’abbattimento dei diaframmi a doppia canna della galleria Pergola, in territorio di Marcinà di Grotteria, dove sono in corso i lavori di costruzione della nuova Statale 106 Jonica, da Ardore a Marina di Gioiosa. Dopo il taglio del nastro, verrà officiata in galleria, alle 12,30 dal vescovo di Locri-Gerace, mons.Giuseppe Fiorini Morosini, la messa in onore di Santa Barbara, patrona dei minatori. La doppia canna in costruzione 35 Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 Cronaca di Cosenza . IL FATTO Il gup Salvatore Carpino ha irrogato pene pesanti nei confronti dei nove imputati che hanno scelto d’essere giudicati col rito abbreviato Orchi, condanne per mezzo secolo di carcere Sette anni inflitti a Giuseppe Pugliese, sei a Vincenzo Gagliano, Pasquale Andali e Antonio Donvito Giovanni Pastore «In nome del Popolo italiano...», la voce del gup Salvatore Carpino affonda come una lama nell’aula silenziosa. Gli avvocati ascoltano nervosi, gli imputati sembrano spaventati, confusi, increduli. Percepiscono appena quei numeri, anni di galera, anni che rischiano di passare in una cella. In tutto, mezzo secolo di carcere per nove persone. Le pene irrogate vanno anche oltre le richieste del pm Antonio Tridico. La condanna più alta è quella inflitta a Giuseppe Pugliese: sette anni di reclusione più l’interdizione dai pubblici uffici. Sei, invece, gli anni di reclusione disposti per: Vincenzo Gagliano, Pasquale Andali, Antonio Donvito. Cinque anni e quattro mesi per Cosimo Pastorello; cinque anni, infine, per Aldo De Rose, Giuseppe Santoro, Massimo Lo Monaco, e Ferdinando Mele. Un verdetto che non tiene conto delle generiche attenuanti invocate dal collegio difensivo (Matteo Cristiani, Dario Scrivano, Luigi Bonofiglio, Amalia Falcone, Giuseppe Lanzino, Angelo Nicotera, Pasquale Vaccaro e Paolo Pisani) e dallo stesso pm Tridico che aveva invocato come pena massima quattro anni di reclusione nei confronti di Giuseppe Santoro. Terminata la lettura del dispositivo, gl’ipotetici “orchi” lasciano silenziosi l’aula e con la mente ritornano a quei giorni, una vergogna lunga otto anni. Una turpe storia raccontata nelle carte dell’inchiesta “Orchi” che i carabinieri della Stazione principale hanno sviluppato nel più assoluto riserbo. Dagli atti emerge una vicenda atroce di tredici uomini che avrebbero giocato, più o meno consapevolmente, con la vita d’un ragazzo affetto da disturbi mentali. È una storia che va al di là di ogni immaginazione. L’orrore si girava dappertutto, in ogni angolo della cit- tà. Ed è sul tema del degrado culturale che s’impalca la trama di questo racconto, un degrado emerso chiaramente anche dalle confessioni che alcuni degli indagati avevano reso davanti al pm Tridico. Per molti di loro s’è trattato di confermare quelle ammissioni già fatte al gip Lucia Marletta in sede d’interrogatorio di garanzia. Ipotetiche verità che avevano sigillato definitivamente il castello d’accuse costruito dalla Procura guidata da Dario Granieri col cemento e i mattoni forniti dalle scrupolose indagini dei carabinieri della Stazione principale. I detective del luogotenente Cosimo Saponangelo hanno ricostruito gli otto anni vissuti all’inferno dal ventisettenne individuando i presunti demoni che avrebbero infierito sulle sue ingenue carni. Per tre mesi, gl’investigatori sono andati alla ricerca di prove dell’ipotizzato orrore tra i vicoli della città vecchia, nei capannoni abbandonati sul viale Mancini, nelle case degl’indagati, nei boschi di San Fili, seguendo la stessa traccia della miseria culturale per fare luce sulle violenze sessuali. In questo racconto infernale c’erano dei nonni che prendevano per mano quel giovane e lo portavano nei cortili, dietro la villetta dell’autostazione, nei garage del centro e della periferia, nei magazzini, dietro il mercato, su materassi lerci, su vecchie poltrone consumate. Era lì che si girava la squallida pellicola, ogni volta che qualcuno di loro aveva voglia di sentire il profumo delle carni innocenti di quel ragazzo. Sul suo corpo resteranno le stimmate delle violenze subìte, più morali che fisiche. Violenze per le quali l’avvocato Valeria Baffa, che assiste l’ipotetica vittima, ha chiesto e ottenuto il riconoscimento del danno che dovrà essere quantificato in sede civile, così come ha stabilito il gup Carpino. In breve MORTE IN CORSIA Azienda ospedaliera responsabile civile Giuseppe Pugliese Pasquale Andali Giuseppe Donvito Vincenzo Gagliano L’Azienda ospedaliera è responsabile civile nel processo che dovrà fare luce su una morte in corsia. L’ente si è costituito, attraverso l’avvocato Luigi Gullo, davanti al gup, Enrico Di Dedda, che aveva accolto la richiesta degli avvocati Pierluca Bonofiglio e Massimiliano Lata che assistono i familiari di Ugo Pagliaro, spirato a 74 anni, nel reparto di Urologia. DITTA PAGHERÀ 33MILA EURO Infortunio sul lavoro Dipendente risarcita Cosimo Pastorello Massimo Lo Monaco Fernando Mele Giuseppe Santoro Sette anni e mezzo a Francesco Cozza e sei anni a sua moglie Patrizia Mandarino Video a luci rosse con ricatto e prestiti a strozzo Marito e moglie condannati per estorsione e usura. Il Tribunale cittadino (presidente: Giovanni Garofalo; a latere: Giusy Ferrucci e Claudia Pingitore) ha inflitto sette anni e mezzo di reclusione a Francesco Cozza, 45 anni, e sei anni a Patrizia Mandarino, 41 anni. Il verdetto era stato invocato dal pm Paola Izzo al termine d’una articolata requisitoria nel corso della quale aveva ricostruito la vicenda giudiziaria. Una storia di ricatti sessuali che avrebbe celato una più ampia illecita attività creditizia. Il primo a finire in manette fu l’uomo. Lo arrestarono i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria per aver promesso il silenzio in cambio di quattrini a una donna ripresa in atteggiamenti intimi con un amante. L’uomo era finito in possesso del video nel quale erano conservati i momenti di passione della coppia clandestina in una casa del centro cittadino, e pretendeva del denaro a cadenza mensile per non spifferare tutto. Complessivamente le aveva chiesto 15 mila euro, ma le aveva permesso di pagare a rate, consegnandogli 375 euro al mese. Il blitz dei finanzieri scattò proprio mentre Cozza stava incassando una rata dalla vittima. Quel filone d’inchiesta venne approfondito e portò ad accertare l’ipotetica resposanbilità della moglie di Cozza che pare conoscesse la Francesco Cozza donna vessata. Dagli accertamenti sarebbe emerso che proprio Patrizia Mandarino aveva consegnato all’amica le chiavi dell’appartamento nel quale potersi incontrare con Il fondatore di “Libera”, don Luigi Ciotti anticipa la “riconversione” dello storico locale sottratto alla ‘ndrangheta Nel “Cafè de Paris” i prodotti simbolo dell’antimafia Elvira Madrigrano Il “Cafè de Paris” sequestrato a Roma dalle forze dell’ordine Don Luigi Ciotti ha concluso ieri all’Unical i lavori del seminario sui beni confiscati Una iniziativa nuova e interessante. Un seminario sui beni confiscati che ha visto come protagonisti, ieri, nell’aula magna dell’Università della Calabria, i professori Giap Parini e Piero Fantozzi, i ragazzi di “Libera”, guidati da Sabrina Garofalo e Marta Perrotta, il magistrato Fabio Regolo, il prefetto Raffaele Cannizzaro, e tanta gente intervenuta a presenziare alla fase finale dell’iniziativa culturale e didattica. «La legalità è una bandiera – ha detto don Luigi Ciotti chiudendo i lavori – che viene spesso agitata anche da chi la calpesta ogni giorno. È necessario abbattere quella “zona grigia” che è di legalità malleabile: un luogo interiore più che un luogo fisico. La vera forza della mafia sta fuori dalla mafia e spesso ha il volto di un incensurato. In questo senso – ha aggiunto – le responsabilità della politica sono enormi. Serve determinazione e coerenza. Lotta alla mafia significa, lavoro, scuola, cultura e sostegno ai territori più fragili. Non si ottengono grandi risultati se cresce lo stato penale e diminuisce quello sociale. La speranza, in alcune parti d’Italia, si chiama giustizia sociale ed ha il volto delle opportunità e dei progetti concreti». «C’è un pò di smarrimento – ha poi sostenuto – di fatica. Abbiamo sempre saputo però la capacità delle mafie di rigenerarsi, di trovare nuovi canali, sostegni, alleanze, dunque non stupisca questo. Gratitudine al lavoro della magistratura che lo ha scoperto». Don Ciotti ha poi aggiunto: «Tra i beni confiscati c'è il Cafè de Paris di Roma, un simbolo dove la prossima settimana entreranno i prodotti frutto del lavoro dei giovani sulle cooperative confiscate ai mafiosi. Quindi chi andrà a prendere il caffè troverà questi prodotti. È un segno delle positività in contrasto con le negatività. La confisca è una realtà positiva, ma c'è un 55% dei beni confiscati che non può essere destinato a causa delle ipoteche bancarie che gravano su di essi. Questo è inaccettabile e la politica anche nei confronti delle banche deve essere molto chiara». «A volte – ha concluso – ci sono delle battute d’arresto che lasciano un pò d’amarezza dentro. Scoprire che chi si occupava di queste cose era al servizio di qualcun altro. Questo non deve impedire di guardare oltre e di essere capace di unire di più le forze perchè è il noi che vince. Ognuno con la propria competenza e professionalità». lo stallone che le aveva fatto perdere la testa. Dalle indagini affiorò, pure, la storia dei prestiti a strozzo. Cozza e la moglie, secondo le Fiamme gialle, avrebbero concesso un prestito a strozzo a un’altra donna, dalla quale, sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, avrebbero preteso 250 euro d’interessi al mese per un prestito d’appena mille euro, applicando cioè un tasso d’interesse del 300% annuo. Elementi fatti emergere nel corso dell’istruttoria dibattimentale dal pm Izzo e che il legale di fiducia dei due imputati, l’avvocato Giuseppe Malvasi, ha tentato inutilmente di demolire. (g.p.) Un supermercato è stato condannato a risarcire una dipendente che il 7 settembre del 2005 scivolò sul pavimento bagnato dei servizi igienici. Per quell’infortunio, l’azienda è stata condannata dal Tribunale a pagare un risarcimento di 33 mila euro, in accoglimento delle richieste dell’avvocato Giovanni Carlo tenuta. FAMILIARI PARTE CIVILE Spirò in corsia Due medici imputati I familiari di Damiano Spadafora, morto a 66 anni, nel reparto di Chirurgia Vascolare, si sono costituiti parte civile (che sono assistititi dagli avvocati Pierluca Bonofiglio, Brunella Bonofiglio e Massimiliano Lata) nel corso dell’udienza preliminare che si celebra davanti al gup Enrico Di Dedda. Due i medici imputati: Francesco Intrieri, 55 anni, primario del reparto di Chirurgia vascolare, e Salvatore Tarsitano, 57. Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 39 Cosenza - Provincia . PAOLA Campagna elettorale entrata nel vivo in vista del voto AMANTEA Amministrative 2012 Clima già arroventato Il Pdl avverte Perrotta «No a stangate fiscali» Evento della Fidapa sul ruolo della donna Il partito di Alfano presenta una proposta che mira a restituire l’Iva sulla Tarsu a tutta la cittadinanza Gaetano Vena PAOLA Con la campagna amministrativa per il rinnovo del consiglio comunale in primavera, già da tempo iniziata, si infittiscono e diventano sempre dure e aspre le polemiche e gi attacchi. Il clima diventa sempre più rovente anche perché si prevedono molte liste e coalizioni che scenderanno in campo per la conquista del potere al Palazzo, ormai ridotto da 20 a 15 consiglieri e da 7 a 5 assessori che saranno nominati dal sindaco. Diminuiscono i numeri dei rappresentanti eletti nel consiglio comunale e nell’esecutivo, mentre di conseguenza aumentano gli aspiranti a candidarsi, rimpinguando il numero delle liste che concorrono alla vittoria. Il Pdl presenta una proposta «per restituire Iva sulla Tarsu ai cittadini. La giunta invece prevede “stangata retroattiva su Ici terreni”». È questo il titolo di un comunicato del coordinamento del circolo locale del partito di Alfano. Qual è il contenuto? «L’amministrazione comunale “spreme” i contribuenti paolani e approva una stangata per Natale al fine di fare cassa. Il Pdl invece chiede di tutelarli e di rim- borsarli, secondo la legge, in una fase di crisi economica come questa. Se si tratta di “prendere” dai cittadini l’amministrazione comunale si attiva subito e anche con strumenti discutibili sul piano amministrativo, ma quando si tratta di “dare” o meglio di restituire la giunta è immobile». Dopo altre considerazioni nella nota si rileva: «A tal proposito il capogruppo del Pdl in consiglio comunale ha presentato un emendamento per prevedere in bilancio la somma necessaria per restituire ai cittadini il 10 per cento di Iva sulla tassa dei rifiuti solidi urbani. In particolare - si chiarisce - il capogruppo Ferrari ha proposta all’amministrazione comunale di prevedere nell’atto di assestamento 2011 del bilancio di previsione del Comune di Paola, l’iscrizione delle somme complessive da restituire ai cittadini per la Tarsu, nonché la previsione di nuova entrata Iva derivante dalle variazioni sulle prossime fatture». Tale proposta del Pdl nasce dal fatto che la «Suprema Corte di cassazione ha stabilito la tassa sui rifiuti solidi urbani è di fatto una tassa e buona tariffa; che di conseguenza i comuni hanno applicato l’Iva su un importo dove non doveva essere applicato in quanto appunto “tassa”; che pertanto tutti gli utenti hanno diritto al rimborso del 10 per cento dei 10 anni retroattivi. Il Pdl contesta invece - si evidenzia - il fatto che tale proposta di restituzione, ragionevole e applicabile, non è stata inserita nell’assestamento di bilancio dalla giunta, pur essendo un diritto dei cittadini e pur mettendo a rischio di contenzioso il Comune, vista la decisione della Suprema Corte. Non solo l’amministrazione comunale al contrario - si sottolinea - ,ha deciso praticamente di modificare il bilancio comunale prevedendo un conguaglio per i cittadini che dovranno pagare maggiore Ici sui terreni. Un “regalo” di Natale fatto di tasse. L’amministrazione comunale - si aggiunge - infatti con delibera dell’8 novembre 2011 ha attribuito un nuovo valore Ici ai terreni solo potenzialmente edificabili ,precedentemente agricoli. Tutto ciò senza prendere in considerazione l’approvazione del Psc. Tutto ciò prevedendo un’entrata maggiore di oltre il 2 milioni che dovrebbero, attraverso un conguaglio, pagare i paolani, anche in forma retroattiva. Una vera e propria stangata contro ogni diritto dei consumatori, giusto per fare cassa». CAMPORA Dopo la delibera di giunta il “Longo” verrà accorpato Autonomia scolastica in discussione I genitori degli alunni pesano al Tar CAMPORA SAN GIOVANNI. Campora San Giovanni non ci sta. Perdere l’autonomia scolastica ed essere accorpati ad Amantea è un atto che non può essere accettato, soprattutto nei confronti di coloro che in passato si sono prodigati per l’ottenimento di tale status. Questo è il pensiero dei genitori dell’Istituto comprensivo “Alessandro Longo”. I fatti. Il comune di Amantea, con l’adozione della delibera numero 240, ha approvato il dimensionamento in «ordine alle istituzioni scolastiche dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado». Il piano in questione prevede la costituzione dell’Istituto comprensivo “Goffredo Mameli” con un totale di 781 alunni e dell’Istituto comprensivo “Alessandro Manzoni” per un totale di 1025 alunni. L’Istituto comprensivo “Alessandro Longo” di Campora San Giovanni, a causa del basso numero degli iscritti, dovrebbe essere annesso al plesso scolastico di via Garibaldi, ma una parte della popolazione camporese ritiene un atto doveroso il mantenimento della gestione amministrativa dell’Istituto nella stessa frazione. È bene sottolineare che il numero degli alunni frequentanti le scuole dell’obbligo del comprensorio nepetino non permette il mantenimento amministrativo di due istituti ad Amantea e di uno a Campora San Giovanni, come ac- Il sindaco Franco Tonnara Il Palazzo comunale di Paola AMANTEA Albergatori preoccupati: comprensorio-pattumiera Fiume Oliva a rischio, altre denunce Ernesto Pastore AMANTEA L’inquinamento del fiume Oliva preoccupa non soltanto la popolazione che vive lungo le sponde dell’alveo o nelle zone collinari circostanti, ma soprattutto gl’imprenditori turistici, una categoria che prima delle altre risente dei fattori di rischio ambientali. In attesa di capire quale sia la reale entità dell’emergenza che si è conclamata in quella che viene comunemente chiamata valle caduto fino ad ora. I genitori pertanto auspicano una suddivisione paritaria: un istituto ad Amantea ed uno a Campora San Giovanni. Partendo da questo presupposto è stato avviato un confronto molto serrato tra l’esecutivo guidato da Franco Tonnara e gli stessi genitori. Nei giorni scorsi si sono svolte alcune riunioni, ma la soluzione del caso sembra essere ancora lontana. Mercoledì sera si è tenuto un vertice di maggioranza che ha confermato la perdita dell’autonomia amministrativa dell’Istituto comprensivo “Alessandro Longo” di Campora San Giovanni per la mancanza di un numero sufficiente di alunni. A tale decisione i genitori si sono opposti, producendo un parere legale, ma la giunta, infatti, ha confermato quanto disposto nella delibera 240. L’intenzione è quella di rivolgersi al Tribunale amministrativo regionale di Catanzaro che dovrà pronunciarsi in merito. (ern.pas.) AMANTEA Nel frattempo la magistratura indaga sui mancati lavori post-sequestro Depurazione, definite le strategie operative AMANTEA. Alla presenza del vice sindaco Michele Vadacchino, del primo cittadino di Belmonte Calabro Francesco Bruno, dei consulenti legali dell’ente municipale nepetino e di alcuni esponenti della giunta, si è tenuto nei giorni scorsi un vertice per definire le strategie operative da seguire sul fronte depurazione. In particolare l’incontro è servito per costituire un fronte comune contro l’iscrizione nel registro degli indagati dei sindaci di Amantea, Belmonte Calabro, Nocera Terinese e Falerna decisa dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme per il mancato intervento di potenzia- mento del depuratore consortile di Nocera Terinese, utilizzato anche da alcuni comuni del Basso Tirreno cosentino. La magistratura lametina intende accertare i motivi per i quali non sono stati eseguiti alcuni lavori decisi all’indomani del sequestro dell’impianto operato nel luglio del 2010. L’apposizione dei sigilli era stata effettuata dai Carabinieri di Lamezia Terme e dal Nucleo operativo ecologico di Catanzaro che avevano rilevato un malfunzionamento del depuratore. Circostanza confermata dalle analisi che certificavano il superamento dei limiti d’inquinamento per scarichi in acque superficiali. Il controllo svolto dalle forze dell’ordine aveva evidenziato, inoltre, una parziale riduzione della capacità di depurazione dell’impianto «a causa di una consistente quantità di fanghi nei sedimentatori, superiore a quella consentita, che provoca un inquinamento che si ripercuote sulla salubrità del mare». A queste accuse ha già risposto in parte il sindaco di Belmonte Calabro Francesco Bruno che ha evidenziato come «sia stata inviata nello scorso mese di luglio una missiva all’attenzione dei giudici per segnalare alcune inadempienze pregresse riguardanti specificamente coloro che hanno costruito il depuratore e lo hanno gestito fino al 2009». «Ad oggi – ha affermato lo stesso Bruno – per quanto è in mia conoscenza non ci sono riscontri sull’atto di collaudo e non so se esistono normative che possono supplire a tale mancanza con la sola messa in funzione». La riunione che si è svolta a porte chiuse è servita non soltanto per un confronto tra le parti, ma anche per determinare le eventuali responsabilità degli stessi comuni. In primis l’ente municipale di Nocera Terinese. Come comune capofila avrebbe dovuto garantire il funzionamento dell’impianto.(ern.pas.) dell’inferno, gli albergatori del Consorzio Isca Hotel chiedono chiarezza, sostenendo l’azione investigativa della Procura della Repubblica di Paola, culminata nei giorni scorsi con l’arresto di Cesare Coccimiglio, che deve rispondere di disastro ambientale, violazione in materia di trasporto dei rifiuti e inquinamento delle falde acquifere. Secondo l’accusa l’uomo, in concorso con altri quattro soggetti residenti nella zona, avrebbe messo in piedi un sistema complesso di smaltimen- to di rifiuti industriali. «L’intero comprensorio nepetino – spiega il presidente degli albergatori, Gabriele Perri – si riscopre un’enorme pattumiera contenente i più disparati e pericolosi inquinanti. Le indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Paola se da una parte ci confortano, perché dimostrano che le istituzioni operano per il bene della collettività, dall’altra ci preoccupano: vogliamo difendere il nostro lavoro e tutelare la nostra salute e quella dei nostri figli». AMANTEA. Parte con il piede giusto la nuova Consulta sulle pari opportunità voluta dal presidente del consiglio comunale ed unica donna in giunta Monica Sabatino. Lo scorso fine settimana, nella sala consiliare si è tenuto un incontro sul tema “Pari opportunità... occasione sui generis”. La manifestazione, organizzata dal circolo nepetino della Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni ed affari), coordinato dalla presidente Franca Dora Mannarino, ha analizzato il ruolo sociale svolto dalla donna, evidenziandone i punti di forza ed i meriti acquisiti sul campo. La discussione è stata moderata dalla giornalista Lucia Baroni Marino che riveste anche il ruolo di presidente della Commissione pari opportunità del comune di Paola. Nel corso del suo intervento introduttivo, la presidente Mannarino ha ringraziato la Provincia e il Comune di Amantea per il supporto fornito nell’organizzazione dell’evento. Nel corso dell’incontro la stessa Sabatino ha ufficialmente comunicato l’istituzione da parte del civico consesso della Consulta delle pari opportunità. Interessanti ed apprezzate le relazioni proposte da Giuliana Mocchi dell’Università della Calabria e da Katia Stancato presidente del Comitato imprenditoria femminile, incentrati rispettivamente in materia di leadership e di configurazione del ruolo della donna all’interno del terzo settore. Le conclusioni sono state affidate alla parlamentare Doris Lo Moro.(ern.pas.) SAN LUCIDO Appuntamento a lunedì AMANTEA Dipendenti comunali a caccia di certezze incontrano Mancini “Pro Loco nel cuore” Domani la 1. edizione Maria Francesca Calvano SAN LUCIDO Lunedì prossimo si deciderà se quello in arrivo sarà un Natale economicamente sereno per i dipendenti del Comune di San Lucido. In quella data una delegazione degli stessi impiegati e l’Amministrazione comunale al gran completo si recheranno infatti presso la Regione (in particolare al Dipartimento Bilancio) per rappresentare le difficoltà che l’attuale situazione comporta per l’intera collettività locale, dal momento che sessanta dipendenti – tra coloro che sono impiegati nel palazzo municipale e quanti svolgono servizio nella struttura d’accoglienza per anziani Casa serena – sono senza stipendio. Una garanzia in tal senso era giunta con l’incontro dei giorni scorsi tra il sindaco Antonio Staffa e il presidente della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti che si era concluso con l’intento espresso da Catanzaro di stanziare un anticipo di 140mila euro sul contributo annuale per la data del 10 dicembre: la quota però basterebbe per garantire una sola mensilità delle tre (più la tredicesima) che spetta agli impiegati entro la fine del mese. È chiaro che il personale non poteva restare indifferente rispetto ad una circostanza simile, tra l’altro da confermare sulla base degli esiti delle verifiche contabili che gli uffici regionali dovranno effettuare sul rispetto del patto di stabilità. Sono dunque certezze quelle che amministratori e lavoratori chiedono a Catanzaro e nello specifico all’assessore al Bilancio Giacomo Mancini. Certezze sui tempi e sulle modalità d’accredito della somma. Certezze su ciò che i dipendenti dovranno aspettarsi per le prossime settimane. Certezze sull’entità complessiva del contributo economico che la Regione intende erogare (in applicazione della legge regionale numero 19 del 1994) per la gestione della struttura per anziani: sarà garantita o meno la somma storica di un milione e 32 mila euro per il 2011 che – nonostante si sia giunti oramai a conclusione dell’anno – non è ancora stata stanziata? E in quali tempi? Durante l’incontro tra il presidente Scopelliti e il sindaco Staffa era stata prospettata la possibilità di stanziare l’intero contributo per la gestione di Casa serena relativo all’anno in corso entro il 10 gennaio prossimo. Risposte esaurienti anche su quest’aspetto è ciò che amministratori e lavoratori sperano d’ottenere con la “protesta-incontro” di lunedì, anche in vista della conclusione dell’anno contabile che chiuderà i rubinetti degli stanziamenti regionali. Si tratterà di una manifestazione pacifica ma finalizzata ad obiettivi specifici. AMANTEA. Si svolgerà domani nel centro congressi dell’hotel village “La Principessa” la prima edizione del premio “Pro loco nel cuore” indetto dalla sezione regionale dell’Unpli (Unione nazionale Pro loco d’Italia). «L’evento – spiegano i coordinatori del progetto – vuole rappresentare un momento di coinvolgimento e di aggregazione tra tutte le sezioni calabresi della Pro loco e tra i tesserati che si prodigano per valorizzare i propri territori d’appartenenza. Un particolare riconoscimento verrà consegnato a coloro che sostengono e condividono le finalità che sono alla base dell’esistenza stessa delle Pro Loco. Allo stesso modo il premio vuole essere un’attestazione verso l’impegno mostrato e le capacità messe in campo a supporto del turismo, senza dimenticare le iniziative organizzate in ambito culturale e sociale». Il premio, realizzato dal giovane maestro orafo Domenico Tordo, sarà consegnato durante una particolare cerimonia dove parteciperanno i vertici nazionali e regionali dell’Unpli. Subito dopo avrà luogo una serata di gala alla quale presenzieranno i delegati di tutte le Pro loco calabresi, i presidenti dei comitati provinciali, i componenti della giunta regionale dell’Unione ed il presidente nazionale Claudio Nardocci. (ern.pas.) Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 42 Cronaca di Lamezia . Appuntamenti con la musica nella prossima settimana In breve Il pianista Mabern e Dom Famularo chiudono la stagione di “Lamezia Jazz” CALCIO Traversa e Ferro invitati al derby Un invito al presidente della Provincia Wanda Ferro e al sindaco di Catanzaro Michele Traversa ad assistere al derby di domenica Vigor-Catanzaro è stato rivolto da Gianni Speranza. La presidente e il sindaco del capoluogo, secondo Speranza, hanno assicurato che faranno di tutto per essere presenti in tribuna al “Guido d’Ippolito” per assistere alla partita del campionato Lega Pro. Il batterista calabrese Massimo Russo scelto per la Wizdom drumshed schools italiana CULTURA Harold Mabern Appuntamento col batterista e maestro Dom Famularo previsto per martedì prossimo alle 21 all’Umberto. È un fuori programma di “Lamezia Jazz” che invece nel cartellone prevede per sabato sempre all’Umberto il quartetto del pianista Harold Mabern. Anche quest’anno la rassegna è riuscita ad imporsi come uno delle iniziative culturali più importanti della regione con i concerti di Mike Stern, Louis Haynes e Fabrizio Bosso. Organizzata dall’associazione “Bequadro” e dal Comune ha conquistato grande interesse grazie al sapiente mix d’entusiasmo e competenza nel dare forma ad una manifestazione nata soprattutto per diffondere in una terra difficile il piacere del sapere storico ed estetico legato al jazz in tutte le sue forme. In questo ultimo appuntamento della stagione “Lamezia Jazz” propone un pianista eccezionale come Harold Mabern accompagnato da Piero Odorici al sax, John Webber al basso e alla batteria Joe Farnsworth. La progressione artistica del pianoforte nel jazz ha avuto un’evoluzione costante, un’infinita ricerca di sonorità, un mo- saico di artisti che si sono confrontati con questo strumento ruscendo ad esprimere la loro personalità musicale ed umana. Il pianoforte è uno strumento fatto di rigore e abbandono, astrattismo e canzoni, melodia e composizione, ritmi e non-ritmi; uno strumento eccezionale che anche nel Jazz ha saputo dare bellezza e profondità, leggerezza e logica. Harold Mabern è più che mai punto di riferimento tra i pianisti del modern jazz. La sua carriera si sviluppa intorno agli anni Cinquanta suonando con i grandi come Miles Davis, Benny Golson, Sonny Rollins. Accompagnatore di cantanti, tra cui Sarah Vaughan, si conferma raffinato arrangiatore ed armonizzatore. Negli anni Ottanta entra a far parte del gruppo del sassofonista George Coleman. Il batterista Dom Famularo offre una parentesi interessante. È uno dei migliori insegnanti di batteria al mondo, è stato il primo batterista occidentale a Il pianista Mabern accompagnato da un terzetto eseguirà classici del jazz tenere corsi in Cina. L'elenco dei musicisti di fama con i quali ha suonato è lungo, così come quello dei luoghi in cui ha tenuto concerti. È da tempo consulente per lo sviluppo di prodotti Vic Firth, Evans e Sabian, e sovrintende al Learning advantage program di Mapex. La sua didattica è rinomata per come Dom ha saputo innovare e perfezionare le tecniche dei maestri del passato, da Buddy Rich a Joe Morello, a Jim Chapin: sulla base del loro insegnamento, Dom ha sviluppato tecniche avanzate di piedi e di mani. Da citare in particolare il perfezionamento della Moeller, che l'ha reso famoso nel mondo. Dom ha aperto la Wizdom drumshed schools, scuole di percussioni affidate ai suoi allievi più promettenti in Usa, Canada, Francia e Germania. Per questa scuola in Italia Dom ha scelto il talento di Massimo Russo, concertista e docente da anni nonostante la giovane età, che avremo modo di ascoltare nello stesso concerto. Russo è anche il batterista della formazione con cui si esibisce spesso Egidio Ventura, il pianista che guida l’associazione “Bequadro” ed è direttore artistico di “Lamezia Jazz”. RAINBOW2 Udienza aggiornata a mercoledì prossimo Sfilano gli avvocati difensori davanti al Gip del Tribunale Giuseppe Natrella È proseguito ieri con le arringhe di alcuni avvocati difensori il processo a carico di 20 persone coinvolte nel processo “Rainbow2” che hanno scelto il rito abbreviato. Dopo l’arringa del pubblico ministero, e le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Torcasio secondo cui da parte della Dda di Catanzaro «ci sono dei lavori in corso», ieri è stata la volta degli avvocati davanti al Gip Gloria Gori, del Tribunale di Crotone (tutti quelli lametini sono incompatibili). Gli avvocati Francesco Gambardella e Tiziana D’Agosto difensori di Peppino Buffone, han- no chiesto l’assoluzione perché l’imputato sarebbe estraneo ai fatti che gli vengono contestati. Gambardella ha discusso anche per l’imputato Roberto Molinaro, ex candidato a sindaco alle scorse elezioni. Gli altri difensori sono stati gli avvocati Aldo Ferraro e Pino Spinelli. Al termine delle arringhe difensive il processo è stato rinviato al prossimo 7 dicembre con la discussione di altri avvocati. I reati contestati a vario titolo vanno dall’estorsione ed usura ai danni di alcuni imprenditori, truffa, favoreggiamento, rivelazione di segreto d’ufficio. Il pubblico ministero Luigi Maffia chiese l’assoluzione per Angelo Torcasio Mike Stern Premio “Anthurium” al Teatro Umberto Fabrizio Bosso In scena il dramma della giornalista russa Politkovskaja Con Ottavia Piccolo parte stasera la stagione di prosa al Politeama Ottavia Piccolo, fata del teatro italiano, inaugura questa sera la stagione di prosa organizzata dal Comune al Politeama. “Donna non rieducabile” è lo spettacolo che apre il cartellone e ripropone la tragica vicenda della giornalista russa Anna Politkovskaja, assassinata dal regime perché ritenuta una voce scomoda. Il regista Silvano Piccardi ha riadattato dei brani autobiografici e degli articoli della corag- Silvana Renna, 53 anni, e la condanna per il resto degli imputati: Peppino Buffone, 56 anni (6 anni di reclusione); Giovanni Aloisio, 49 anni (2 anni); Domenico Colacino, 55 anni di Tiriolo (2 anni e mezzo); Giuseppe Cugnetto Di Cello, 58 anni (9 mesi), Domenico De Marco, 40 anni (9 mesi); Angela De Sensi, 37 anni (2 anni e mezzo); Bartolomeo Graziano, 40 anni (2 anni e mezzo); Antonio Lo Scavo, 31 anni (4 anni); Carmela Lo Scavo, 28 anni (1 anno e 4 mesi); Vincenzino Lo Scavo, 54 anni (8 anni); Roberto Molinaro, 47 anni (1 anno e mezzo); Emanuel Muraca, 34 anni (1 anno); Natalina Nunziata Pascucci, 44 anni (9 mesi); Eugenio Piccoli, 34 anni (2 anni e mezzo); Elia Procopio, 56 anni (2 anni e mezzo); Maria Sesto, 51 anni (1 anno e mezzo); Pietrantonio Sgrò, 55 anni (2 anni); Angelo Torcasio, 28 anni (2 anni e 4 mesi) e Maurizio Vescio, 30 anni (9 mesi). giosa cronista a cui Ottavia Piccolo dà vita; sul palcoscenico anche l'arpista Floraleda Sacchi che esegue dal vivo sue composizioni. Costruito come una serie di istantanee, il percorso seguito da Anna, scandito dal particolare suono dell’arpa, viene intensamente rivissuto dalla protagonista. Una scena scarna, il mutare delle atmosfere accompagnato da un gioco di luci. Con pochi ma emblematici elementi, Ottavia Piccolo dà voce alla determinazione ed alla dignità di una giornalista tenace ma che alla fine è rimasta sola ed indifesa, barbaramente uccisa per il coraggio delle sue scelte. L’attrice che da tempo non calcava i palcoscenici lametini, offre al pubblico un’interpretazione intensa e molto vissuta della giornalista che ha lottato fino alla morte per le sue idee. Il lavoro teatrale in esclusiva regionale, sarà replicato anche domani sera.(m.s.) Stasera al Teatro Umberto la 24esima edizione del premio “Anthurium” promosso dal centro studi omonimo presieduto da Francesco Ruberto. A sostenere l’evento, oltre a Comune e Provincia, anche la Camera di commercio del capoluogo, la casa editrice Rubbettino e le Terme Caronte che, molto probabilmente, il prossimo anno ospiteranno nuovamente la manifestazione. PALAZZO PANARITI Primo vernissage all’Atelier d’artista Domani alle 18 Palazzo Panariti aprirà le porte al vernissage “Il sospiro della luce” di Francesca De Bartolo in arte Mistral, vincitrice con altri quattro maestri del progetto “Atelier d'artista” promosso dal Comune. Al vernissage le opere più rappresentative e suggestive della collezione Mistral, giovane ma apprezzata artista calabro-romana, con uno stile molto personale. KARATE Mercuri e Di Cello parteciperanno ai Mondiali Due medaglie d’oro nazionali conquistate da giovani lametini Matteo Mercuri ha conquistato la medaglia d'oro a soli 10 anni, Martina Di Cello s’è aggiudicata il primo podio con gli elogi del selezionatore della Nazionale per l'ottima prestazione. Tanto che è stata convocata per la Coppa del Mondo a Lignano Sabbiadoro in questo weekend. Ottima prova anche per Veronica Palmieri e Luca De Fazio premiati con medaglia di bronzo. Si tratta di piccoli atleti lametini che hanno sfondato nei campionati italiani di karate a Tivoli. I giovani sono stati preparati dal maestro Aldo Mercuri nella palestra “Esprit” della città. Mercuri è cintura nera sesto I campioni lametini dan, preparatore atletico e fisioterapista, che vanta importanti risultati nazionali e internazionali. Il piccolo Matteo Mercuri, figlio del maestro Aldo, è il nuovo campione italiano della sua categoria vincendo contro una concorrenza forte e determinata, dimostrando abilità e intelligenza tecnica. Grazie all’organizzazione della Fik, la Federazione italiana karate guidata dal presidente Daniele Lazzarini, ai campionati nazionali di Tivoli c’erano circa mille atleti arrivati da tutta Italia e oltre 400 società sportive iscritte. Una partecipazione che a Lignano sarà ancora più numerosa e importante domani e domenica, ma anche una sfida per i giovanissimi atleti lametini. Agenda telefonica cittadina FARMACIE DI TURNO DIACO - Corso Numistrano - Tel. 096821068 INTERNAZIONALE - Via Marconi - Tel. 096821950 DE SANDO - Via Libertà - Tel. 0968437238 FARMACIA NOTTURNA COTRONEO - Corso Numistrano - Tel. 096821005 GUARDIA MEDICA NICASTRO NORD tel 096822150 NICASTRO SUD tel. 0968461584 SAMBIASE tel. 0968433491 SANTA EUFEMIA tel. 096853424 OSPEDALI OSPEDALE CIVILE - Viale Perugini tel. 0968/2081 (centralino) OSPEDALE CIVILE - Pronto soccorso tel. 0968/208464 OSPEDALE CIVILE - Direzione sanitaria tel. 0968/208253 OSPEDALE CIVILE SOVERIA MANNELLI Centralino 0968662171 - Pronto soccorso 0968/662210 - 0968662222 PRONTO SOCCORSO Tel. 0968208962 - 0968462860 POLIAMBULATORIO NOCERA TERINESE, 0968/91107 AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE CZ AREA LAMEZIA N. verde Cup (Centro prenotazioni) 800 006662 Centralino 0968/2081 Direzione generale ambito 0968/208704 Sportello informazione 0968/208410 Responsabile Ufficio relazioni pubbliche 0968/208815 (anche fax) Direttore distretto sanitario del Lametino 0968/208443 Direttore dipartimento prevenzione 0968/208421 Assistenza sanitaria di base e specialistica 0968/208419 Assistenza farmaceutica 0968/462167 Igiene e sanità pubblica (dip. prov.) 0968/208304 CENTRO TRASFUSIONALE Numero Tel. 0968/208525 ASS.NZA TOSSICODIPENDENTI SERT, tel. 0968208763 TRIBUNALE DEI DIRITTI DEL MALATO Numero tel. 0968/208625 ASSOCIAZIONE PER LA LOTTA ALLA MUCOVISCIDOSI Tel. 0968/439066 ASSOCIAZIONE ANTIRACKET Tel. 329/0566908 TELEFONO AZZURRO Linea emergenza tel. 19696 (gratuito) Linea istituzionale tel. 051/481048 EMERGENZA INFANZIA Tel. 114 (24 ore su 24) sulla salute psico-fisica di bambini e adolescenti in pericolo immediato. TELEFONO AMICO Parrocchia S. Francesco di Paola (Sambiase) tel. 0968/439020 TELEFONI UTILI CARABINIERI comp. tel. 0968/21037 CARABINIERI soccorso pubblico tel. 112 POLIZIA tel. 0968/203211 POLIZIA pronto intervento tel. 113 POLFER tel. 0968/419292 AEROPORTO LAMEZIA tel. 0968/414333 - 414111 POLARIA tel. 0968/419296 CINEMA THE SPACE CINEMA Programmazione dal 2 al 6 dicembre Sala 1 3D «Il Re Leone» Spett sab e dom 14.15 Sala 1 3D «Happy feet 2» - Ore: 16.30 - 18.45 Sala 1 «The Twilight Saga Breaking Dawn (Dgt)» - Spett. ore: 22 tutti i giorni. Sab. e domenica ore 0.30. Sala 2 «Anche se l’amore non si vede» Spett. ore: 16 sab. e dom.; 18.10 - 20.20 - 22.30 tutti i giorni. Solo sabato 0.45 Sala 3 «Midnight in Paris» - Sab e dom ore 15.45; tutti i giorni ore 17.55 - 20.05 22.15; solo sab 0.25 Sala 4 «Il giorno in più» - Spett. ore: 17 - 19.25 - 21.50 tutti i giorni. Sabato e domenica: 14.35. Solo sabato: 0.15 Sala 5 (35mm) «Happy feet 2»Sabato e Domenica 15; tutti i giorni: 17.30. Sala 5 «The Twilight Saga Breaking Dawn» Ore: 20 - 22.30 Sabato e domenica apertura ore 14.15. Gli altri giorni apertura 16. Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud 50 Cronaca di Vibo . Fra il magistrato Giglio, marito dell’ex commissaria Asp, e il consigliere regionale Morelli coinvolti nell’inchiesta della Dda di Milano Fitto scambio di sms per “sistemare” la Sarlo Ma per il gip la spinta decisiva sarebbe arrivata dal consigliere regionale Fedele Giuseppe Baglivo Sarebbe stato il consigliere regionale del Pdl, Luigi Fedele, a riuscire a far sì che Alessandra Sarlo, moglie del giudice Vincenzo Giglio, presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio, venisse nominata commissario dell’Asp di Vibo nel luglio 2010. Un incarico mantenuto sino al gennaio scorso quando l’Asp è stata sciolta per infiltrazioni mafiose, col ritorno della Sarlo alla Provincia di Reggio Calabria. Secondo la relazione della Commissione d’accesso agli atti dell’Asp, nominata nell’ottobre 2010, la ‘ndrangheta si sarebbe inserita in diversi appalti dell’Azienda sanitaria ed alcuni dirigenti avrebbero «favorito appalti a ditte riconducibili ad esponenti di spicco della criminalità». Tali criticità, secondo la Commissione, sarebbero perdurate anche durante la gestione della Sarlo. Che dietro la sua nomina si siano però mossi diversi personaggi per scopi ben distanti dal miglioramento dell’offerta sanitaria, è l’inchiesta della Dda di Milano, condotta dal pm Ilda Boccassini, a svelarlo concretamente. Per la nomina della Sarlo viene infatti ipotizzato il reato di corruzione a carico del marito, il giudice Vincenzo Giglio, e del consigliere regionale del Pdl Franco Morelli. Il magistrato, «violando i suoi doveri di imparzialità, probità ed indipendenza, nonché il dovere di riservatezza tipici della funzione giudiziaria» si sarebbe messo a disposizione di Morelli rivelandogli notizie riservate tra cui la mancata iscrizione del politico sul registro degli indagati per il reato di associazione mafiosa. A spedire con un fax a Morelli tale notizia riservata, secon- do i pm, sarebbe stata Alessandra Sarlo. In cambio, Morelli avrebbe soddisfatto «le esigenze lavorative» della moglie del giudice, intervenendo per favorirne la nomina alla guida dell’Asp di Vibo. L’8 giugno 2010 Franco Morelli viene quindi nominato presidente della Commissione Bilancio della Regione e le pressioni del magistrato per la nomina della moglie si intensificano attraverso un fitto scambio di sms in cui Giglio, il 21 maggio 2010, chiede a Morelli se anche «Luigi può impegnarsi in questo senso», con chiaro riferimento a Luigi Fedele. Firmato: «un marito stressato». Ancor più degno di nota, secondo la Dda, l’sms di risposta di Morelli: «Con viva solidarietà maschile ci impegneremo con la forte convinzione di riuscire. Con grande condivisione». Il 18 giugno 2010 è poi il magistrato a comunicare via sms a Morelli la probabile nomina della moglie alla guida dell’Asp vibonese. L’esultanza di Morelli è racchiusa in un sms che recita: «Evviva, Evviva, Evviva ex malo bonum. Un abbraccio e gioisco insieme a voi». Un incarico, quello della Sarlo, che il gip definisce «prestigioso e redditizio», ma anche frutto di corruzione fra Giglio e Morelli e per il quale la “spinta” decisiva sarebbe comunque arrivata dal consigliere regionale del Pdl, Luigi Fedele. Morelli si sarebbe però subito preoccupato di raccogliere la “gratitudine” della Sarlo. Preoccupazione ben compresa da Fedele, che avrebbe così rassicurato l’amico Morelli: « io le ho detto che ti sei messo totalmente a disposizione e lei ha apprezzato». Nella serata del 12 luglio 2010 arriva la nomina tanto attesa. La Sarlo «è sistemata», afferma Fedele. Fatto che viene commentato da Morelli, scrive il gip, «con la fine tribolazione: “Deo gratias”». L’ex commissaria dell’Asp, Alessandra Sarlo GARUFI: NON SI TRATTA DI MELE MARCE MA È L’INTERO CESTO CHE VA CAMBIATO Malaffare, la Cgil sprona la società civile a reagire Operazione Ragno, dopo 4 giorni si costituisce Fabio Buttafuoco Fabio Buttafuoco Agenda telefonica cittadina FARMACIA NOTTURNA IORFIDA - Viale delle Industrie (Vibo Marina) - Tel. 0963572581 GUARDIA MEDICA Orario: prefestivi: dalle ore 10 alle ore 20; festivi: dalle ore 8 alle ore 20; notturni: dalle 20 alle 8 all’Ufficio sanitario, tel. 93808 e Vibo Marina tel. 572621 ACQUARO tel. 353289 ARENA tel. 355312 BRIATICO tel. 391946 CAPISTRANO tel. 325548 CESSANITI tel. 501005 DINAMI tel. 0966/904478 DRAPIA (Brattirò) tel. 68455 FABRIZIA tel. 314156 FILADELFIA tel. 0968/724425 GEROCARNE (Ciano) tel. 356314 JOPPOLO tel. 883336 LIMBADI tel. 85990 MAIERATO tel. 253399 MILETO tel. 336303 MONGIANA tel. 311214 MONTEROSSO CALABRO, 325557 NARDODIPACE tel. 313135 NICOTERA tel. 886222 PIZZO tel. 534102 PIZZONI tel. 358688 POLIA tel. 321157 RICADI tel. 663818 ROMBIOLO tel. 366011 SAN CALOGERO tel. 361092 AMBULANZE Croce Rossa italiana tel. 43843. Mimmo Polistena Onlus, 0963/94420 «118» Servizio d’emergenza sanitaria. OSPEDALE CIVILE Centralino tel. 9621 Pronto soccorso tel. 962352 CARITAS - CENTRO SERVIZI Piazza Luigi Razza, 10 (Santa Maria del socc.) tel. 0963/471750 COMUNE Tel. 0963/599111 CONSULTORIO FAMILIARE Viale Matteotti - Tel. 0963 42014-472105 CHIAMATA TAXI Tel. 41490 La sede dell’Azienda sanitaria provinciale CONFERENZA STAMPA tualmente “all’appello” manca soltanto Francesco Parrotta, 28 anni di Ionadi. Quest’ultimo, insieme a Buttafuoco che mercoledì sera si è però costituito, il 26 novembre scorso è riuscito a sfuggire alla cattura. Secondo quanto emerso dalle indagini, condotte dai militari della Stazione di Vibo, coordinati dal luogotenente Nazzareno Lopreiato, la cosca dei Soriano di Filandari avrebbe compiuto, in quattro anni, una cinquantina di attentati (soprattutto incendi) e cento intimidazioni. Nel mirino del gruppo, che si sarebbe avvalso della forza intimidatrice e delle modalità mafiose, oltre a imprenditori e commercianti sarebbero finiti anche esponenti delle forze dell’ordine e giornalisti. SAN COSTANTINO CAL., 331574 SAN GREGORIO D’IPPONA 261483 SAN NICOLA DA CRISSA, 73013 SANT’ONOFRIO tel. 267214 SERRA SAN BRUNO tel. 71354 SIMBARIO-SPADOLA tel. 74776 SORIANO CALABRO tel. 351433 SPILINGA tel. 65500 STEFANACONI tel. 508637 TROPEA tel. 61366 VIBO VALENTIA tel. 41774 VIBO VALENTIA MARINA tel. 572621 ZAMBRONE tel. 392450 ZUNGRI tel. 664404 Oggi alle 17 in via Sacra Famiglia nell’Istituto di Scienze religiose S. Giuseppe Moscati sarà inaugurato il circolo Acli “Don Luigi Sturzo”. All’iniziativa parteciperà Gaspare Sturzo pronipote dello stesso don Sturzo. Tema: “Luigi Sturzo e il ruolo dei cattolici nella prospettiva del terzo millennio”. Modererà il giornalista Nicola Rombolà. La precisazione arriva direttamente alla Drusal Calcestruzzi di Lamezia Terme. L’azienda in questione non è fallita come erroneamente riportato nell’articolo di ieri pubblicato a pag. 44. L’articolo dava notizia di un procedimento penale a carico di due presunti estorsori ai danni della Drusal Calcestruzzi. Il giovane si presenta ai carabinieri della Stazione di S. Costantino FARMACIA DI TURNO FARMACIA CENTRALE - Corso Vittorio Emanuele III n. 51 - Tel. 096342042 Oggi l’inaugurazione del nuovo Circolo Acli «Drusal Calcestruzzi non è fallita» dell’ordine, imprenditori e mafiosi che dominano tutto ciò che dipende dalla mano pubblica. Dal controllo delle istituzioni regionali, alla sanità, a settori decisivi dell’economia». Un quadro preoccupante la cui lettura, per il segretario della Cgil, non può limitarsi al dire che si tratta di “mele marce”. «Ormai è chiaro – sottolinea – che è il cesto che va cambiato per evitare che il marciume regni incontrastato. È dunque finito il tempo del silenzio e dell’acquiescenza. dell’operazione, hanno sistematicamente fatto terra bruciata intorno a lui perquisendo e controllando abitazioni e proprietà di amici e parenti. Fabio Buttafuoco si trova ora rinchiuso nel carcere di Catanzaro in attesa della convalida del provvedimento di fermo emesso dalla Dda. Associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento, minaccia, incendio, detenzione e porto di armi ed esplosivi i reati contestati ai dieci indagati coinvolti nell’operazione “Ragno”. At- ISTITUTO SCIENZE RELIGIOSE LA PRECISAZIONE La recente operazione della Dda e gli arresti sull’asse Lombardia-Calabria, per il segretario generale della Cgil, Franco Garufi, fanno emergere con forza – «tanto che anche chi si ostina a non voler vedere non può fare a meno di constatarlo» – il sistema di potere diffuso e capillare «che inquina la vita economica, politica e sociale di vasti territori della nostra regione». Per Garufi è evidente l’intreccio «apparentemente inestricabile, tra politici di rango, magistrati, esponenti delle forze Si è consegnato nella tarda serata di mercoledì ai carabinieri della Stazione di San Costantino Calabro, Fabio Buttafuoco, 22 anni, sfuggito alla cattura nel corso dell’operazione “Ragno”, portata a termine qualche giorno fa dai militari della Compagnia di Vibo Valentia contro la cosca Soriano di Filandari. Il giovane, secondo gli inquirenti, è stato spinto a consegnarsi dalla pressione esercitata su di lui dagli uomini della Benemerita che, dal giorno In breve IGIENE PUBBLICA Tel. 0963 962541-962537 ITALGAS Ufficio guasti tel. 800 900 999 POLIZIA MUNICIPALE Tel. 0963/599606 TELEFONO AZZURRO Linea di emergenza tel. 19696 (gratuito) Linea istituzionale tel. 051/481048 EMERGENZA INFANZIA tel. 114 (24 ore su 24) sulla salute psico-fisica di bambini e adolescenti in pericolo immediato. VIGILI DEL FUOCO Chiamata di soccorso 115 Sala operativa tel. 0963/9969 Uffici tel. 0963591648 Distaccamento portuale 0963572900 BENZINAIO NOTTURNO Self-Serv. TAMOIL Mesiano di Filandari OSPEDALE CIVILE DI PIZZO Centralino - Tel. 0963/962983 OSPEDALE CIVILE DI SORIANO Centralino - Tel. 0963/962700 OSPEDALE CIVILE DI SERRA SAN BRUNO Centralino - Tel. 0963/777111 OSPEDALE CIVILE DI TROPEA Centralino - Tel. 0963/962800 CARABINIERI Via Pellicanò, 19 tel. 0963/592404 Pronto intervento, 112 QUESTURA Via S. Aloe, tel. 0963/965111 Pronto intervento, 113 Ufficio stranieri tel. 0963/965515 Ufficio Relazione Pubb., 0963/965549 POLSTRADA Via Manzoni, tel. 0963/996611 SCUOLA ALLIEVI AGENTI Piazza D. Taverna, tel. 0963479111 GUARDIA DI FINANZA Comando provinciale Via Emilia, 11 - Vibo Marina tel. 0963/573707 Pronto intervento: 117 Roan: tel. 0963/572082 NUCLEO DI PT E COMPAGNIA Corso Umberto I, 152 tel. 0963/42160 CAPITANERIA DI PORTO Vibo Marina, tel. 0963/5739201 Soccorso in mare, 1530 CORPO FORESTALE DELLO STATO Via Roma, 30 Mongiana tel. 0963/311022 Pronto intervento, 1515 ADMO Via ipponio, 10 tel. e fax 0963/43075. Questa è la stagione dell’assunzione delle responsabilità e dell’impegno di ciascuno per spezzare i meccanismi che contribuiscono alla vischiosità della situazione calabrese». E nel rilevare che la somma delle ultime inchieste delinea una situazione «di diffusa illegalità nel Reggino e nel Vibonese, dove una percentuale significativa dei rapporti politici, sociali ed economici appare regolata dall’intermediazione mafiosa», Garufi ritiene che la questione investa «di- rettamente il governo di centrodestra della Regione e il presidente Scopelliti non può continuare a fare finta di niente». Al tempo stesso nel ribadire che non si può affidare solo all’autorità giudiziaria e agli apparati repressivi il compito di ripulire il territorio dal malaffare, Garufi sprona la società civile «a schierarsi nella lotta per la liberazione della Calabria dalla malapolitica, dalla ‘ndrangheta e dall’economia illegale. La Cgil farà fino in fondo la sua parte». (m.c.) Idv conferma la sua capacità di coesione Oggi alle 11 nella sede provinciale di Italia dei valori in via E. Gagliardi, 76 alla presenza della senatrice Giuliana Carlino e dei vertici locali e regionali del partito (De Masi, Giordano, Talarico, Tromba e Servello) si terrà la conferenza stampa che annuncierà l’adesione del sindaco di Francavilla Angitola, Carmelo Nobile (nella foto), a Idv. CASO CUTRUPI La decisione del gup Falsificazione della cartella clinica Medico a giudizio Falsificazione della cartella clinica di Domenico Cutrupi, 52 anni, deceduto il 10 gennaio 2009. Questa la contestazione costata al dottore Francesco Lombardi Satriani, 74 anni, medico di guarda dell’unità di chirurgia generale dell’ospedale “Jazzolino” il rinvio a giudizio deciso dal gup Lucia Monaco al termine dell’udienza preliminare. Secondo le indagini condotte dal pm Michele Sirgiovanni, il medico «al fine di assicurare a sé o ad altri, l’impunità per il reato di omissione nell’esercizio delle funzioni, alterava la cartella clinica redatta presso l’Asp relativa al ricovero del paziente». La vicenda è approdata dinanzi al gup dopo un precedente rinvio a giudizio del professionista (29 settembre 2010), per il reato di omissione di atti d’ufficio in relazione alla stessa vicenda (il processo è ancora in corso). Sempre il 29 settembre 2010 il gup aveva però disposto la trasmissione degli atti al pm per procedere contro il medico in ordine alla supposta falsificazione della cartella clinica che sarebbe stata alterata con l’aggiunta della frase: «h 4,00 condizioni stazionarie e migliorate». Tale presunta falsificazione sarebbe stata commessa al fine di «occultare il reato di omissione e rifiuti in atti d’ufficio in ordine all’intervento richiesto tramite il personale infermieristico di turno». Secondo la ricostruzione del COMITATO PROVINCIALE CONI La Santa Messa degli sportivi Domani alle 17,30 nella cattedrale di Nicotera sarà celebrata dal vescovo della Diocesi mons. Luigi Renzo la Santa Messa degli sportivi organizzata dal Comitato provinciale del Coni. L’iniziativa ideata da Rocco Cantafio (presidente provinciale Coni) vuole essere segno di legame e di collaborazione. UNIONE CIECHI Disabili e tagli del Governo Domenico Cutrupi pm Sirgiovanni, nel dicembre 2008 Domenico Cutrupi, malato terminale, si era ricoverato allo “Jazzolino”, poi era stato dimesso ed il 3 gennaio 2009 era stato nuovamente ricoverato. La notte del 9 gennaio, però, la somministrazione al paziente di alcuni antidolorifici, ai quali sarebbe stato allergico, avrebbero causato un peggioramento delle condizioni. Il 10 gennaio, quindi, il decesso. Il dott. Lombardi Satriani è difeso dagli avv. Gaetano Scalamogna e Vincenzo De Fina, mentre i familiari di Cutrupi – la moglie Maria Rosa Luzza, vice prefetto di Vibo, e la figlia Alessandra Cutrupi – si sono costituite parti civili con gli avv. Francesco Tassone e Francesco Iannello. Il processo si aprirà il 26 gennaio prossimo.(g.b.) Le conseguenze per i disabili derivanti dai tagli previsti dal Ddl 4566 sarà l’argomento al centro del convegno che si svolgerà domani alle 9,30 nella sede dell’Archivio di Stato a cui parteciperà Raffaele Blandino (Cisl) e l’avv. Rognetta che relazionerà sul tema dei tagli del Governo in materia di disabilità. Nel corso dell’iniziativa si aprirà un confronto con le forze politiche, sindacali e sociali. 51 Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011 Vibo - Provincia . SAN CALOGERO A distanza di circa cinque mesi i Carabinieri sono riusciti a dare un nome e un volto ai presunti autori dell’efferato delitto In tre accusati di aver ucciso Isabella Raso In carcere nella giornata di ieri sono finiti Domenico Grillo, Luigi Zinnà e Francesco Todarello Guido Galati SAN CALOGERO Il cerchio gli investigatori dell’Arma, coordinati dal sostituto procuratore Vittorio Gallucci, l’hanno chiuso nella giornata di ieri, mettendo un punto fermo sulla sconvolgente vicenda dell’uccisione di Isabella Raso, la donna cinquantenne morta soffocata durante un tentativo di rapina avvenuto nella sua abitazione di via Tommaso Campanella nelle notti precedenti il 16 luglio scorso. I suoi presunti assassini, a distanza di circa cinque mesi dal delitto, hanno, finalmente, un nome e un volto. A uccidere la poveretta, che dopo la morte dei genitori viveva da sola nella casa paterna, sarebbero stati Domenico Grillo, 21 anni, Luigi Zinnà, 25 anni, di Calimera, e Francesco Todarello, operaio edile, 45 anni. Gli arresti sono stati eseguiti, in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Vibo Valentia, dagli uomini del maresciallo Salvatore Scalzone, comandante della stazione “Achille Mazza”, e dai colleghi della Compagnia di Tropea, personalmente diretti dal capitano Francesco Di Pinto, in due fasi diverse. Grillo, trovato, peraltro, in possesso di una pistola giocattolo con relative munizioni a salve, è stato ammanettato nella casa dei genitori alle prime luci dell’alba, mentre gli ultimi due nel tardo pomeriggio dopo che, da opportune e ulteriori verifiche, erano emersi gravi indizi di colpevolezza, forse una chiamata in correità da parte di Grillo. Secondo quanto riferito dai Carabinieri, Todarello, che poco prima aveva prelevato da un suo libretto di risparmio una consi- stente somma di danaro, stava preparando la valigia con la chiara intenzione di tagliare la corda. Pesante il capo d’imputazione di cui dovranno dar conto: omicidio e rapina aggravati in concorso. A incastrare il terzetto, oltre all’attività investigativa svolta dai Carabinieri del Sis del Comando provinciale, è stato il Dna maschile estrapolato dagli specialisti del Ris di Messina da un brandello di cute rinvenuto dal medico legale Katiuscia Bisogni nelle unghie della vittima e risultato coincidente con quello del più giovane degli indiziati. Un impulso alle indagini è stato anche offerto dal lavoro d’intelligence svolto dai Carabinieri della locale Stazione che, da subito, hanno puntato la loro attenzione su un bar del luogo, monitorandolo costantemente e riuscendo ad acquisire elementi utili alla soluzione del caso. Nel corso della conferenza stampa, dove sono stati illustrati i particolari dell’operazione, presenti il sostituto Gallucci, il comandante provinciale dell’Arma, tenente colonnello Daniele Scardecchia, il capitano Francesco Di Pinto e il maresciallo Salvatore Scalzone, il procuratore capo, dottor Mario Spagnuolo, nel dichiarare la sua soddisfazione per essere riusciti a mettere le mani sulla banda di criminali, ha esaltato l’azione portata avanti con particolare professionalità dai carabinieri della Stazione, l’impegno del medico legale Katiuscia Bisogni, che ha dato fondo a tutta la sua dote di conoscenze scientifiche per mettere gli inquirenti sulla pista giusta, e del suo sostituto Vittorio Gallucci che ha coordinato le indagini appare particolarmente complesse fina dalle prime battute. LA VICENDA Soffocata durante un tentativo di rapina SAN CALOGERO. La triste vi- Il maggiore Vittorio Carrara, il procuratore Mario Spagnuolo, il tenente colonnello Daniele Scardecchia, e il capitano Francesco Di Pinto (nel riquadro Domenico Grillo) LA PERQUISIZIONE CONDOTTA A CASA DEI GENITORI DI UNO DEGLI ARRESTATI Nascondeva una pistola e un coltello sotto il letto SAN CALOGERO. Le indagini sull’omicidio di Isabella Raso hanno avuto un’appendice a San Vito sullo Ionio, centro della provincia di Catanzaro. I Carabinieri hanno, infatti, bussato alla porta di Salvatore Grillo, 51 anni, allevatore, padre di Domenico per completare il loro lavoro con la perquisizione dell’abitazione. I militari pensavano di trovare elementi che potessero in qualche modo supportare il lavoro investigativo che aveva condotto all’indivi- duazione di uno dei presunti autori dell’omicidio. Sotto il letto dove l’uomo dormiva, i Carabinieri hanno rinvenuto una pistola e un coltello di genere vietato, la prima detenuta senza autorizzazioni perchè clandestina. Per questo motivo, anche Grillo padre è stato tratto in arresto. I Carabinieri hanno tenuto a precisare l’estraneità di Salvatore Grillo rispetto ai reati, ben più gravi, che sono invece contestati al figlio. Salvatore Grillo dovrà infatti difendersi dall’accusa di detenzione illegale di armi. Lo stesso, dopo le rituali formalità di legge, è stato associato alle carceri di Vibo Valentia e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria. Sarà sentito dai magistrati, alla presenza del suo legale, nelle prossime ore. Accertamenti, nel frattempo, sono stati disposti sull’arma ritrovata sotto il letto per capire se sia stata utilizzata in qualche fatto di sangue. (g.g.) Salvatore Grillo cenda, che all’epoca suscitò l’unanime sdegno e la netta condanna della cittadinanza sancalogerese, risale allo scorso 16 luglio, giorno in cui il maresciallo Salvatore Scalzone, allertato dai vicini di casa, che da qualche giorno avevano perso di vista la povera Isabella Raso e notato l’ingresso secondario socchiuso e mancante del cilindretto della serratura, accertò cos’era effettivamente accaduto nei giorni in cui la donna era scomparsa. Ignoti criminali si erano introdotti nell’abitazione della donna e, prima di rovistare nell’armadio e d’impossessarsi di parte del danaro contante, di preziosi e di titoli di credito ivi custoditi, per ridurla all’impotenza e non farla gridare l’avevano legata e imbavagliata, stringendole attorno alla bocca e al naso uno straccio, una manovra maldestra che ne decretò il decesso per soffocamento. Il delitto, che seguiva una serie di rapine e di scippi che si erano consumati nel comprensorio nell’arco di qualche giorno, suscitò subito grande impressione tra la popolazione che temeva di non essere più al sicuro neanche tra le mura di casa. Ora l’attesa svolta nelle indagini. (g.g.) MILETO La commissione di accesso agli atti ha ottenuto una proroga di 90 giorni SERRA SAN BRUNO Argomento discusso anche in consiglio L’ispezione ai tempi supplementari Ordine pubblico e atti vandalici, allarme alto ma non c’è emergenza Lidia Ruffa MILETO Sono stati prorogati di altri novanta i giorni i termini a disposizione della commissione d’accesso agli atti, per concludere l’indagine ispettiva, avviata a fine agosto, all’interno del comune di Mileto. La comunicazione da parte dell’ufficio territoriale del governo di Vibo Valentia, è arrivata ieri mattina. La decisione anche se ha lasciato un po’ d’amaro in bocca, non ha del tutto stupito gli amministratori comunali, dato che in altri comuni del territorio provinciale, sottoposti alla medesima indagine, la commissione ha avuto bisogno di ulteriori mesi a disposizione Il municipio di Mileto per concludere il proprio lavoro. A Mileto quindi, si continuerà ad amministrare nonostante pesi come un ghigliottina sulle spalle dei consiglieri, il giudizio della commissione d’accesso agli atti. Dal canto suo, il sindaco Vincenzo Varone, continua a dirsi asereno ed estremamente fiducioso nel lavoro che gli inquirenti stanno portando avanti, all’interno degli uffici comunali. Ogni atto da noi prodotto – ha ribadito – è assolutamente trasparente e scevro da qualsiasi tipo di condizionamento». All’orizzonte dunque per l’amministrazione comunale targata Varone, si profila un percorso del tutto insidioso. I motivi che hanno portato la Prefettura di Vibo Valentia ad inviare la commissione d’accesso a Mileto, ancora non si conoscono, certo è che l’organo ispettivo ha il preciso compito di verificare che all’interno dell’ente comunale nessuno documento sia stato prodotto in base a condizionamenti di tipo mafioso. Anche il gruppo di minoranza, capeggiato da Francesco Maria Pititto, nel corso dell’ultima seduta consiliare ha precisato che disconoscendo i motivi che hanno portato all’insediamento della commissione a Mileto, i quattro consiglieri, tra le fila del Pdl, hanno deciso di non essere ascoltati dagli inquirenti. SERRA SAN BRUNO Manifestazione di protesta promossa dai comitati civici Ospedale, oggi l’esodo verso Reggio Calabria SERRA SAN BRUNO. Centinaia di persone, oggi, davanti la sede del Consiglio regionale della Calabria, nella città dello Stretto. Gli autobus che trasportano i manifestanti partono stamattina, alle 7.30, da piazza Pasquale Tozzo, equipaggiati di tutto punto per portare la protesta in favore del diritto alla salute nel luogo più appropriato e direttamente al cospetto dei consiglieri regionali di qualsiasi colore politico, purché sensibili al grido di aiuto delle popolazioni delle aree interne. In testa ai manifestanti i comi- tati civici dei comuni di Serra San Bruno, Soveria Mannelli, Acri e San Giovanni in Fiore, tutti interessati al mantenimento in funzione degli “ospedali di montagna” per i quali si reclama il potenziamento e lo stop ai continui tagli che li hanno ormai ridotti a semplici postazioni sanitarie, prive dei reparti essenziali e messi sull'orlo della totale chiusura. Già nel pomeriggio di ieri era stata fatta, in sordina, la prova generale. Striscioni, manifesti, slogan e gli immancabili fischietti erano stati pre- parati e distribuiti a tutti i partecipanti. Le adesioni per prendere parte alla manifestazione sono state raccolte fino all’ultimo minuto e già in serata si cominciavano ad avere problemi di posti a sedere sugli autobus che, all’ultimo momento sono aumentati di numero. L’appuntamento è per tutti alle 10, a Reggio dove è in programma la seduta del Consiglio regionale della Calabria per discutere di sanità. I comitati civici sono intenzionati fino in fondo a far sentire la propria voce e quella di oggi ha il carattere di una vera e propria mobilitazione generale che vede coinvolti quattro grossi comuni dove, nei mesi scorsi, sono state effettuate svariate manifestazioni di protesta sotto l’egida dei vari comitati, sorti in forma spontanea per la difesa del diritto alla salute dei cittadini in ognuno di questi centri. Se la manifestazione di oggi davanti la sede del Consiglio regionale non dovesse sortire l’effetto sperato, sono in programma altre iniziative che verranno messe in atto in forma più incisiva e radicale. (f.o.) Francesca Onda SERRA SAN BRUNO «Qui la ‘ndrangheta non entra»: è questo lo slogan da esporre a caratteri cubitali all’entrata del Comune. La proposta è partita dal consigliere di minoranza Raffele Lo Iacono, nel corso della discussione sul primo punto iscritto all’ordine del giorno della seduta del Consiglio comunale che si è svolta nella sala delle riunioni del palazzo Chimirri, regolarmente convocata dal presidente Giuseppe De Raffele. Ad aprire l’argomento è stato il sindaco Bruno Rosi il quale ha espresso solidarietà alle persone prese di mira negli ultimi eventi criminosi verificatisi nella cittadina. «Gli episodi accaduti in questo ultimo periodo – ha detto Rosi – ci devono far riflettere. Sono atti che non possono passare inosservati e per questo noi come maggioranza abbiamo ritenuto opportuno aprire un dibattito in Consiglio su un tema importante come la legalità e la pubblica sicurezza». Alle parole del primo cittadino hanno fatto seguito quelle del consigliere Rosanna Federico (Pd). «Occorre distinguere – ha detto – il problema della legalità da quello del vandalismo. Nel nostro centro mancano punti di aggregazione e adeguate strutture formative». D’accordo con la Federico anche il consigliere Mirko Tassone che ha invitato l’amministrazione comunale ad attivarsi per creare le strutture di cui il territorio è carente. Dal consigliere Salerno è, poi, partita la proposta di elaborare un do- La seduta di mercoledì scorso del consiglio comunale cumento da presentare al Prefetto di Vibo Valentia evidenziando, oltre la solidarietà del Consiglio a chi è stato colpito da queste azioni, la condanna di questi episodi, integrando nello stesso documento anche le proposte suggerite dalla minoranza. «Quanto è accaduto – ha detto Salerno – è allarmante, ma si deve dare il giusto peso a questi episodi anche perché abbiamo forze dell’ordine molto qualificate nello svolgere il loro lavoro in modo meticoloso e diligente». Il Consiglio è passato, quindi, all’esame dei successivi cinque punti dell’ordine del giorno riguardanti le sentenze emesse dal giudice di pace in ordine al pagamento da parte del Comune di danni contro terzi, computati nei debiti fuori bilancio. A parere del consigliere Salerno, questi danni avrebbero dovuti essere pagati dal Comune una volta ac- certata la propria responsabilità senza andare in contenzioso aggravando ancora di più le spese. «Occorre – ha evidenziato Salerno – fissare un metodo di accertamento da affidare agli uffici ed evitare contenziosi in cui il Comune ne esce soccombente». Dopo aver rinviato l’argomento sull'approvazione del regolamento per l’istituzione e il funzionamento del Consiglio tributario, il civico consesso ha ratificato alcune delibere di giunta relative a all’inserimento nei prospetti contabili dei contributi regionali assegnati per la recente visita del Papa. Discussione accesa tra maggioranza e minoranza sull'assestamento generale al bilancio di previsione 2011. L’argomento, tuttavia, è stato approvato con i voti determinanti del Pdl che ha rigettato le argomentazioni dell’opposizione.