Il Murdoch del Venezuela

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Il Murdoch del Venezuela
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RICHARD GOTT*
Il Murdoch del Venezuela
(maggio-giugno 2006)
Grazie al suo patrimonio che supera i 4 milioni di dollari,
Gustavo Cisneros ama presentarsi come l’uomo più ricco e il
magnate dell’informazione più potente dell’America Latina,
l’equivalente di Murdoch o di Berlusconi. Dal 1961 l’Organización Cisneros è proprietaria di Venevisión, il principale
canale televisivo commerciale del Venezuela – noto all’estero
soprattutto per la sua fanatica opposizione a Chávez durante il colpo di Stato del 2002 e per aver accusato ripetutamente i suoi sostenitori di essere «criminali» e «scimmie». A
partire dagli anni Ottanta, Cisneros ha esteso il suo impero
in tutta l’America Latina acquistando anche Chilevisión in
Cile e Caracol TV in Colombia, e diventando il maggior azionista di Direct TV Latin America, la televisione satellitare che
trasmette eventi sportivi, quiz, telenovele e notiziari preconfezionati in venti Paesi del Sud e del Centro America. Cisneros possiede anche una quota molto redditizia di Univisión,
la principale TV in spagnolo degli Stati Uniti, e ha realizzato
* Giornalista e storico britannico. Nella sua carriera si è occupato principalmente dell’America Latina. È autore di saggi fondamentali sulla
politica sudamericana, tra i quali: Cuba: A New History (2004) e Hugo
Chávez and the Bolivarian Revolution (2005).
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una joint venture con AOL-TimeWarner per la gestione di
Internet in America Latina.
Al pari di molti latinoamericani facoltosi, Cisneros è un
uomo con molte nazionalità. Teoricamente dovrebbe essere
venezuelano, essendo nato a Caracas nel 1945 da padre cubano e da madre venezuelana (negli Stati Uniti ha studiato e
fatto l’apprendistato nel campo dei media) ma, per interessamento del re Juan Carlos in persona, ha ottenuto anche la
cittadinanza spagnola. Inoltre, è americano a New York, cubano a Miami e dominicano nella Repubblica Dominicana
dove ha la residenza principale, la Casa Bonita, in prossimità
della spiaggia turistica di La Ramona e a un tiro di palla da
golf dalle sontuose dimore di altri miliardari cubani che si sono arricchiti con lo zucchero, il rum e le proprietà immobiliari. Grazie al suo stile di vita cosmopolita, Cisneros fuoriesce dagli orizzonti limitati di un Paese di serie B. Secondo un
antico e irriverente proverbio latinoamericano, un venezuelano è un panamense che si crede argentino. Come tanti altri
ricchi dell’America Latina, Cisneros ha sempre giudicato il
proprio Paese troppo piccolo per il suo talento e troppo insicuro per il suo patrimonio. Come altri oscuri personaggi
che, in patria, appoggiano politicamente il capitalismo americano, è un esempio del perché in Venezuela non esiste una
vera borghesia locale. Legato mani e piedi all’impero Usa,
Cisneros ne è stato ripagato profumatamente.
Molto abile nel farsi propaganda, oggi può vantarsi della
brillante biografia che ha scritto su di lui Pablo Bachelet,
corredata peraltro di un panegirico introduttivo a firma di
Carlos Fuentes, il romanziere messicano di orientamento liberal. I motivi per cui Bachelet – un giornalista finanziario,
per metà cileno, naturalizzato americano, ex collaboratore di
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Dow Jones e ora di Reuters – si è imbarcato nell’impresa sono evidenti. La biografia – un’opera di piacevole lettura, per
la cui stesura l’autore ha goduto di un’accoglienza privilegiata nella casa del magnate – è la riproduzione fedele delle dichiarazioni di Cisneros, che probabilmente ha anche fornito
le foto in cui è ritratto accanto al papa, al Dalai Lama, a
Henry Kissinger, Deng Xiaoping, Lech Walesa, Nelson Mandela, Benjamin Netanyahu, Giovanni Agnelli e Margaret
Thatcher, nonché ovviamente ai presidenti Carter, Reagan,
Bush padre, Clinton e Bush figlio. Perché un passato pilastro
della letteratura progressista latinoamericana ed ex sostenitore della rivoluzione cubana come Fuentes abbia scelto di
montare sul carro di un personaggio come Cisneros, mentre
altri scrittori voltagabbana simili a lui dei Paesi anglosassoni
ed europei esiterebbero ad assumere un ruolo analogo nei
confronti di Murdoch e Berlusconi, è un fatto che si può
spiegare soltanto prendendo in considerazione il contesto latinoamericano.
Gustavo è il quarto genito di Diego Cisneros, un cubano
divenuto importante imprenditore a Caracas, che alla morte
prematura del padre si trasferì con la madre nel dominio britannico di Trinidad, dove frequentò la scuola. Terminati gli
studi, Diego ritornò a Caracas e in breve tempo, negli anni
Trenta, grazie al notevole fascino e alla padronanza dell’inglese divenne concessionario di importanti case automobilistiche statunitensi, quali la Chrysler e la Studebaker, di cui
vendeva le macchine sul mercato venezuelano in pieno sviluppo. Al tempo stesso gestiva una compagnia di trasporti
utilizzando ex camion trasformati in autobus che facevano
servizio fra Catia, un quartiere operaio sulle colline, e il centro di Caracas. La fortuna della famiglia Cisneros decollò al267
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la fine della seconda guerra mondiale quando ottenne l’esclusiva per imbottigliare e vendere la Pepsi Cola. Secondo
una leggenda locale (di cui però Bachelet non fa menzione),
gli uomini di Diego avrebbero spinto in un burrone i camion
della Coca Cola per privare il concorrente delle caratteristiche bottiglie che poterono essere sostituite solo dopo la guerra. In tal modo, la Pepsi diventò la bevanda numero uno in
Venezuela – e tale rimase per molti anni –, caso unico in
America Latina. Come riferisce compiaciuto Bachelet, Cisneros padre riuscì in poco tempo a controllare ogni elemento utile alla produzione della Pepsi: vetro, bottiglie, tappi, zucchero, anidride carbonica, casse da imballaggio. In seguito la società cominciò a operare in altri Paesi dell’America Latina, prima in Colombia e poi in Brasile. Negli anni
Cinquanta, Diego fece il suo ingresso nell’industria televisiva, allora allo stato embrionale, e nel 1961 fondò una nuova
rete, Venevisión, alla quale Gustavo avrebbe dedicato un’attenzione particolare.
Negli anni Cinquanta e Sessanta la società dei Cisneros
occupava una posizione strategica che le permise di fare da
battistrada al capitale americano e di entrare a far parte di
una nuova élite che in Venezuela riuscì a prosperare grazie
alla generosa distribuzione da parte dello Stato (o meglio da
parte dei partiti politici) delle crescenti entrate del petrolio.
Con la rapida decadenza dell’agricoltura all’inizio del XX secolo, il potere e la ricchezza dei proprietari terrieri avevano
cominciato rapidamente a decadere. Nel periodo postbellico, la crescita dell’urbanizzazione e del settore del pubblico
impiego avevano fatto sì che l’attività più redditizia fosse
l’importazione di prodotti, soprattutto dagli Stati Uniti. I Cisneros, al pari di altre famiglie imprenditoriali di coloni bian268
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chi in molti Paesi latinoamericani, si erano dedicati all’importazione di prodotti tipici della civiltà americana – alimenti, cultura, divertimenti, cosmetici – destinati alla borghesia
in rapido sviluppo.
Diego Cisneros era un buon amico di Rómulo Betancourt, fondatore e capo di Acción Democratica, che lo aveva
aiutato a far decollare Venevisión. I suoi familiari sarebbero
rimasti in stretto contatto con i successivi capi di quel partito che dal 1958 in poi si è alternato per quarant’anni al governo del Venezuela con il COPEI, l’altro importante partito
borghese. In particolare, avrebbero intrattenuto buoni rapporti con Carlos Andrés Pérez, presidente sia nel periodo
più prospero a metà degli anni Settanta sia durante la crisi
dei primi anni Novanta, quando venne destituito per essersi
appropriato di fondi pubblici. Un altro alleato vitale era il
potente banchiere di Acción Democratica, Pedro Tinoco,
che svolgeva il ruolo di «consigliere» della famiglia Cisneros
nelle trattative con le società statunitensi. Tinoco, che ricoprì
la carica di ministro delle Finanze fra il 1969 e il 1972, e quella di presidente della Central Bank sotto Pérez fra il 1989 e
il 1992, morì prima che il crollo del Banco Latino, di cui era
stato presidente, innescasse la crisi venezuelana del 1994.
Quando nel 1970 il padre fu colpito da ictus, il venticinquenne Gustavo assunse la direzione degli affari di famiglia.
Laureatosi al Boston College nel 1968, aveva in seguito lavorato per due anni alla ABC Television a Detroit, Chicago, Los
Angeles e New York. Nel 1970, con una «semplice cerimonia» nella cattedrale di Saint Patrick a Manhattan, contrasse
matrimonio con l’americana Patty Phelps, erede di un’altra
potente dinastia. Il padre aveva accumulato un’ingente fortuna vendendo, come Diego Cisneros, automobili Ford a Ca269
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racas, macchine da cucire Singer e macchine per scrivere
Underwood. I Phelps erano anche fondatori e proprietari di
Radio Caracas, che controllava la RCTV, la principale televisione concorrente di Venevisión.
In quel periodo, il Venezuela, ricco di petrolio, fu inondato dai petroldollari. Nonostante i suoi legami politici, nel
1975 Cisneros non riuscì a realizzare l’ambizioso tentativo di
acquistare una catena di impianti petroliferi facendosi finanziare in parte dallo Stato. Bachelet riferisce amareggiato che
«non gli era bastato convincere il presidente» Carlos Andrés
Pérez e che il suo progetto Pentacom era stato bloccato per
la dura opposizione di alcuni deputati – di cui Bachelet nel
suo evasivo racconto non rivela i nomi – i quali temevano che
avrebbe consegnato alle compagnie transnazionali un’industria strategica per il Paese. Ma nel 1976, anno in cui entrò in
vigore il Patto andino, l’impero dei supermercati latinoamericani che la famiglia Rockfeller possedeva in America Latina si disgregò e i Cisneros, con l’aiuto di Pedro Tinoco, riuscirono a impadronirsi in un sol colpo di 48 supermercati e
di una decina di «soda fountains», dove si vendevano bevande non alcoliche. Ormai erano in grado di integrare i loro diversi interessi, usando gli uni per promuovere gli altri. Venevisión, diventata la più importante TV del Paese, pubblicizzava i prodotti dei supermercati CADA e, nelle soap opera
che mandava in onda, gli attori bevevano lo champagne di
cui i Cisneros avevano l’esclusiva o usavano lo shampo Cisneros. Le «soda fountains» comprate da Rockfeller furono
presto trasformate in Burger King. Oltre a ciò i Cisneros ottennero l’esclusiva di Taco Bell e di Pizza Hut, ampiamente
pubblicizzate in TV, e acquistarono i grandi magazzini Roebuck, in seguito ribattezzati Maxys.
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Sempre aperta alla modernità e alle innovazioni made in
USA, la famiglia Cisneros aveva favorito fin dall’inizio una
blanda pornografia, gestendo la «Miss Venezuela Organization» che preparava le giovani aspiranti ai concorsi di bellezza nazionali e internazionali. Le ragazze, in abiti succinti e
con la pelle di un bianco spettrale in un Paese abitato prevalentemente da indiani e neri, non solo comparivano regolarmente nei Maxys e sugli schermi di Venevisión, ma erano anche testimonial delle merci in vendita nei supermercati dei
Cisneros. Al momento dell’acquisto dei diritti di Playboy TV
per l’America Latina, il nipote Carlos avrebbe dichiarato con
orgoglio: «Abbiamo capito che [Playboy] era l’unica cosa
preziosa non ancora importata dagli Stati Uniti nella cattolica America Latina».
Le ingenti entrate provenienti dalla vendita del petrolio
negli anni Settanta furono utilizzate dai governanti venezuelani per finanziare una vasta rete clientelare e un piccolo numero di progetti pilota per le infrastrutture. Quando il prezzo del petrolio cominciò a scendere, i governi Pérez ed Herrera cercarono di sostenere la diarchia AD-COPEI concedendo loro maggiori finanziamenti. Nel 1979, a seguito del rialzo dei tassi di interesse USA, il debito estero del Paese crebbe vertiginosamente e, nel 1982, raggiunse i 31 miliardi di
dollari. L’economia subì una brusca contrazione, l’inflazione
salì e la fuga dei capitali si accentuò, provocando una crisi
che la debole moneta nazionale non poteva regge. Per calmierarne i disastrosi effetti, nel 1983, il governo intervenne
per mantenere il controllo sui cambi e svalutare la moneta:
due decisioni che Bachelet analizza solo per l’impatto – «un
duro colpo» – sulle élite, la cui avidità aveva contribuito a
determinare la crisi. Secondo quanto scrive Julia Buxton in
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Economic Policy and the Rise of Chávez, recenti indagini hanno rivelato che i partiti di governo hanno dirottato circa 11
miliardi di dollari delle riserve statali in valuta straniera verso i «clienti» preferiti per rifinanziare le loro casse. Nei sei
anni di controllo sui cambi, i salari sono diminuiti del 20%,
la spesa pubblica è stata drasticamente ridimensionata, la disoccupazione ha superato il 10% e l’inflazione ha raggiunto
il 40%. Nel 1978, solo il 20% dei venezuelani era povero,
dieci anni dopo il 39% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà.
Di fronte alla crisi, Cisneros e quelli della sua risma reagirono trasferendo i capitali all’estero. Bachelet, dopo aver riportato il motto dei Cisneros «le migliori opportunità nascono dalle crisi», descrive nei dettagli come quel denaro venne
investito. Nel 1984 fu acquistata la Spalding, la gigantesca catena USA di articoli sportivi, e successivamente le Galerias
Preciados di Madrid, un emporio di grande prestigio. Ma i risultati furono disastrosi: l’imprenditore immobiliare inglese
che Cisneros aveva sperato di coinvolgere nell’affare perse
tutto il suo denaro nel crollo di Wall Street del 1987, e invece di contanti Cisneros si trovò fra le mani un terreno di notevole valore vicino alla cattedrale di St Paul a Londra, verso
il quale aveva già manifestato interesse il principe di Galles,
rivendicandone strumentalmente l’importanza storica. Cisneros, ansioso di compiacere il principe, ma soprattutto desideroso di incassare il denaro che un eventuale sviluppo urbanistico del terreno gli avrebbe fruttato, presentò a Carlo, nella
residenza dell’ambasciatore britannico a Caracas, i progetti di
Arup per il sito. Ma il principe li bocciò con decisione, chiedendo che venissero costruiti edifici più bassi e negozi, e Cisneros fu costretto ad abbandonare il progetto.
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Nel 1988 i salari reali diminuirono del 40%, e gli interessi del debito pubblico salirono a 5 miliardi di dollari l’anno.
A dicembre, dopo una campagna basata sull’evocazione degli
anni del boom e dei grandi investimenti del mandato precedente, Carlos Andrés Pérez fu rieletto presidente. Tuttavia,
una volta insediato, Pérez cambiò rotta, si impegnò ad attuare il programma di aggiustamento strutturale del Fondo Monetario Internazionale, prese una serie di provvedimenti neoliberisti, tagliò i fondi ai servizi pubblici e abrogò il controllo
dei prezzi. In un anno l’economia subì un calo dell’8%. Fra il
1988 e il 1989 i poveri passarono dal 44 al 67%, e quelli che
vivevano in condizioni di estrema indigenza dal 14 al 30%.
Nel febbraio 1989, quando il costo dei trasporti andò alle stelle a causa dell’aumento della benzina, a Caracas ci furono
sommosse e saccheggi. Quattro supermercati dei Cisneros
vennero devastati. Alla fine i soldati riuscirono a soffocare la
rivolta, nota come il Caracazo, durante il quale vennero uccise più di mille persone.
Nel difendere «l’equilibrato pacchetto di provvedimenti»
presi da Pérez, Bachelet ammette che «durante la campagna
elettorale il Venezuela non era stato preparato ad affrontare
la realtà». Ma quello che gli interessa maggiormente è la sorte del suo eroe. Per Cisneros il Caracazo rappresenta una
svolta decisiva perché gli fece capire che a Caracas la sua ricchezza non era più al sicuro. Il ruolo, semplice e redditizio,
di ancella del capitalismo che il Venezuela aveva svolto fino
ad allora era seriamente minacciato. Lo Stato venezuelano
era al collasso, minato alle fondamenta. Cisneros decise
quindi di trasferire il grosso della sua fortuna all’estero. Mentre la terapia d’urto continuava, l’economia subiva un’ulteriore contrazione e il numero dei poveri continuava ad au273
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mentare. Nel 1992 Chávez, all’epoca colonnello, tentò senza
successo un colpo di Stato nel tentativo di fermare la valanga neoliberista che Pérez aveva messo in moto. Mettendo Venevisión a disposizione di Pérez e offrendogli l’opportunità
di mandare in onda il suo discorso il giorno del fallito colpo
di Stato, Cisneros riuscì a salvarsi politicamente. Ma l’impopolarità di Pérez era tale da contagiare l’emittente televisiva.
Lo share diminuì vistosamente, provocando un notevole calo degli introiti pubblicitari, e Venevisión riconquistò il primato solo nel 1994, quando trasmise i Mondiali di calcio negli Stati Uniti.
Nella primavera del 1993, il governo Pérez cadde anche
in seguito alle accuse mosse al presidente di essersi appropriato di 250 milioni di bolivar (2,8 milioni di dollari) in fondi governativi – un episodio su cui Bachelet stende un velo
pietoso, torcendosi invece le mani dalla disperazione per l’instabilità della democrazia in Venezuela. Alle nuove elezioni
che si tennero in dicembre Acción Democratica uscì sconfitta e Cisneros perse il suo alleato a Palazzo Miraflores. Nel
gennaio 1994, la principale banca del Paese, il Banco Latino,
fu posta sotto amministrazione controllata, il che metteva a
rischio i risparmi della borghesia. La famiglia Cisneros rimase pesantemente coinvolta nella débâcle: all’epoca in cui era
presidente del Banco Latino, il loro amico Tinoco aveva fatto entrare Ricardo, il fratello di Gustavo, nel consiglio di amministrazione. Quando Ricardo fu travolto da un turbine di
accuse, Gustavo apparve sugli schermi di Venevisión per denunciare la campagna contro il fratello ed esternare il dolore
che gli aveva procurato. Sebbene Bachelet glissi sullo scandalo, lasciando che i sentimenti fraterni occupino il posto dei
fatti, il colpo subito dalla reputazione dei Cisneros fu note274
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vole. Gli effetti sull’economia furono anche peggiori. Il governo di Rafael Caldera dovette impiegare il 12% del PIL del
1994 per stabilizzare le finanze del Paese. La fuga di capitali
e la svalutazione fecero salire l’inflazione a oltre il 70% e costrinsero il governo ad applicare tagli ancor più drastici nel
settore pubblico.
Cisneros intensificò le iniziative per portare le sue ricchezze all’estero. Svendette la Pepsi alla rivale Coca Cola –
lasciando sbigottiti i fautori del libero mercato e dimostrando
una volta di più che i ladri non hanno onore – e i supermercati Maxys e CADA a una catena colombiana, liberandosi infine anche della Spalding. Con il ricavato acquistò negli Stati Uniti i supermercati Pueblo Xtra, i cui punti vendita si trovavano in regioni più tranquille come la Florida e Puerto Rico. I capitali investiti precedentemente in beni di consumo di
massa, supermercati, fast food, fabbriche di gelati e di shampo li dirottò verso fonti di guadagno all’epoca più redditizie:
televisione, telecomunicazioni, Internet, musica pop e, ovviamente, il loro corollario di bevande analcoliche e birra.
Dalla svendita del patrimonio restò esclusa Venevisión, il
cui valore apparve evidente quando le telenovelas ebbero un
successo internazionale e, negli anni Novanta, uscirono dai
confini del mercato latinoamericano per diffondersi in tutto
il mondo. La formula, per quanto di cattivo gusto, si rivelò
irresistibile: una trama intessuta di grandi ambizioni, di
drammi sentimentali lacrimevoli e di un pizzico di moderata
pornografia. Grazie al trionfo delle telenovele, Cisneros sperava di inserirsi nel mercato televisivo degli Stati Uniti, dove
vivevano milioni di latinoamericani. Il suo amico Emilio
Azcárraga, proprietario di Televisa in Messico, aveva già fatto un simile tentativo negli anni Ottanta, creando la società
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Univisión, che era stato però costretto a vendere nel 1986
dopo uno scontro con la Federal Communication Commission che mirava a limitare le proprietà degli stranieri negli
Stati Uniti. Azcárraga, pur essendo di quindici anni più vecchio di Cisneros, gli somigliava per alcuni aspetti: anche lui
era figlio di un magnate locale che aveva consolidato e trasformato l’azienda di famiglia facendola diventare un’impresa panamericana. Bachelet parla dei continui viaggi che
Azcárraga fece con il suo yacht nella Repubblica Dominicana per incontrarsi con Gustavo. Cisneros gli propose fiduciosamente di formare una joint venture con un socio americano per calmare la FCC. L’affare venne concluso nel 1992, e
Univisión cominciò a trasmettere negli Stati Uniti programmi prodotti in Messico e in Venezuela: telenovele, talk-show
e notiziari. Quelle trasmissioni potrebbero essere considerate una forma di imperialismo al contrario, ma in pratica si
trattò semplicemente di diffondere fra gli spettatori latini degli Stati Uniti dei programmi già fortemente americanizzati
all’origine. Ironia della sorte, Venevisión si vide costretta a
introdurre una dimensione multietnica che, pur essendo in
totale contrasto con l’atmosfera razzista di Caracas, era però
un sine qua non per la cultura statunitense dell’epoca.
Nel 1996, il traballante governo Caldera dovette rivolgersi all’FMI. Il «Venezuela Accord», le cui norme erano particolarmente dure, aveva infatti abolito, fra le altre cose, il controllo dei prezzi, e fatto salire l’inflazione di oltre il 100%.
Alla fine dell’anno i poveri erano l’85% mentre il 65% viveva nell’estrema indigenza. Quel periodo rappresentò un ritorno agli anni della gioventù per Cisneros che prese subito
il controllo della quota azionaria di Azcárraga in Univisión e,
con il consenso degli Stati Uniti, cominciò a comprare reti te276
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levisive in America Latina: in particolare Chilevisión in Cile
e Caracul TV in Colombia. Nel 1995 creò Direct TV in società con la Hugues Communications, un ramo della General Motors. Nonostante fosse apparsa sul mercato contemporaneamente a Sky di Murdoch, che in Brasile aveva già
stretto un accordo con Televisa e Globo di Roberto Marino,
Direct TV dopo cinque anni superò il milione di abbonati. È
stato allora che Cisneros volse la sua attenzione a Internet,
creando una joint venture per estendere la copertura di AOL
(America on Line) all’America Latina.
Nel 1998, all’epoca delle elezioni in Venezuela, la classe
politica era completamente screditata. Chávez, arrestato subito dopo il colpo di Stato e rimasto in carcere per due anni, godeva di un forte sostegno popolare per il suo rifiuto
dell’ortodossia neoliberista e per l’esplicita difesa dei poveri che costituivano la maggioranza della popolazione. Nelle
elezioni del dicembre di quell’anno, stravinse ottenendo il
56% dei suffragi. Al pari di altri oligarchi della finanza, Cisneros sperava di piegare ai suoi voleri quell’ufficiale non
ancora messo alla prova. La notte stessa delle elezioni, ebbe
un incontro amichevole con Chávez negli studi di Venevisión. Bachelet parla di altre conversazioni che si svolsero in
seguito, durante le quali Cisneros assicurò il presidente di
essere favorevole alla solidarietà sociale. In un incontro di
cui Bachelet non fa menzione, Cisneros chiese che uno dei
suoi uomini fosse messo a capo delle Commissione Nazionale delle Telecomunicazioni, un ente statale che avrebbe
potuto far molto per appoggiare i progetti dell’Organización Cisneros. Ma Chávez, che intendeva portare avanti il
suo programma di ricostruzione senza l’aiuto delle élite politico-finanziarie che avevano governato il Paese fino ad al277
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lora, respinse la proposta. E nel novembre 2001 varò una serie di leggi relative alla riforma agraria, agli idrocarburi e alla previdenza sociale. Ben presto Cisneros si unì all’opposizione che, con toni sempre più aspri, protestava che il Paese era in balìa di un despota populista e puntava il dito contro i continui disastri economici – provocati in realtà molto
prima dell’elezione di Chávez da una serie di governi cui Cisneros e soci avevano assicurato il totale appoggio.
Cisneros fu un membro influente del gruppo che, nell’aprile del 2000, progettò di rovesciare Chávez. Nella notte
dell’11 aprile, dopo che Chávez fu fatto uscire da palazzo
Miraflores sotto la minaccia delle armi, i cospiratori si riunirono nella suite di Cisneros a Venevisión (secondo Bachelet,
che cerca di dimostrare l’estraneità di Cisneros nel colpo di
Stato approvato dagli Stati Uniti, la suite era solo un luogo
frequentato in tempo di crisi da leader politici, uomini d’affari, dirigenti sindacali e intellettuali). Il giorno seguente Pedro Carmona, presidente della Confederazione dei datori di
lavoro, annunciò dall’emittente di Fuerte Tiuna, la principale base militare della capitale, di essere il nuovo presidente – con grande sorpresa di Cisneros, secondo quanto scrive
Bachelet, il quale ritiene inutile precisare che quando il 13
aprile Cisneros andò a palazzo Miraflores lo trovò già circondato da una folla furiosa che chiedeva il ritorno di Chávez. Carmona aveva appena comunicato la chiusura del
Congresso e della Corte Suprema, nonché la soppressione
della Costituzione. Giunto a palazzo con i rappresentanti
dei media locali, Cisneros propose a Carmona di affidare loro la strategia comunicativa del governo. Carmona accettò
con gratitudine. Ma pochi minuti dopo che la delegazione di
Cisneros ebbe lasciato il palazzo, i soldati della guardia pre278
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sidenziale lo riconquistarono e arrestarono i responsabili del
colpo di Stato, mentre Carmona riuscì a fuggire.
Bachelet sorvola anche sull’ordine impartito da Cisneros
alle sue reti di non diffondere notizie sul controcolpo di Stato e di non mandare in onda le immagini di decine di migliaia
di persone accorse dalle baraccopoli per assicurarsi che il
«loro» Presidente fosse tornato – Bachelet accenna soltanto
ad «alcune contromanifestazioni in favore del capo di Stato
deposto».
Per il resto della giornata, sugli schermi delle TV di Cisneros apparvero vecchi film e cartoni animati. Solo la CNN
diede notizia di ciò che era accaduto nella capitale. Il ritorno
di Chávez al potere il 14 aprile non impedì a Cisneros e agli
altri sostenitori dell’opposizione di tentare un altro putsch,
organizzando nel dicembre 2002 un blocco dell’industria petrolifera. Ma Chávez sopravvisse sia al blocco – che si dice sia
costato al Paese 6 miliardi di dollari – sia al referendum indetto nell’agosto 2004.
All’inizio della campagna referendaria Chávez dichiarò:
«Verrà il giorno in cui avremo giudici impavidi che agiranno
nel rispetto della Costituzione e manderanno in prigione i capi mafia come Gustavo Cisneros.» L’esistenza di un governo
radicale come quello di Chávez, che rappresenta un’alternativa al progetto liberista cui oggi sono favorevoli Fuentes e molti ex militanti della sinistra, spiega il panegirico barocco dedicato dal romanziere liberal al milionario di destra. Visto attraverso le lenti adulatorie di Fuentes, Cisneros appare un cittadino modello, un visionario, un imprenditore «globale». Il
venditore di soap opera, che ha riempito gli studi televisivi di
giovani donne bionde e i supermercati di shampo è elogiato
per aver diffuso in America Latina una cultura degli affari «pa279
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ragonabile per profondità e tenacia» alle tradizioni letterarie
ed estetiche del continente. I suoi instancabili affari in campo
immobiliare a Madrid hanno «annullato l’oceano». Gustavo
Cisneros è stato «il paladino della lingua spagnola nel cuore
dell’America anglofona». Nei suoi rapporti con il mondo degli affari statunitense si è comportato come «un adelantado» –
un audace avventuriero spagnolo dell’epoca coloniale –,
«stringendo relazioni di reciproca convenienza». In particolare, quando «è stato costretto a ricoprire un ruolo politico nel
nativo Venezuela», Cisneros ha saputo creare una «forza democratica di centro» opponendosi al presidente, qui (ovviamente) paragonato a Hitler, Mussolini e Péron. Fuentes non fa
nessun cenno alla forma che il suo intervento «illuminato» ha
preso – il colpo di Stato del 2002 che mirava all’annientamento della democrazia venezuelana nel quale Venavisión, dentro
e fuori dagli schermi, ha assolto un ruolo di primo piano mentre Cisneros è stato uno dei più attivi nel rimescolare le carte.
Se volgiamo lo sguardo all’indietro, l’entusiasmo di Fuentes per Cisneros non appare del tutto sorprendente. Figlio di
un diplomatico messicano, Fuentes appartiene allo stesso
mondo transculturale dell’imprenditore venezuelano. Anche
lui, quando le circostanze lo richiedono, può essere americano a New York o europeo a Parigi e Madrid. Le sue idee preconcette sulle tradizioni rivoluzionarie dell’America Latina,
accentuatesi nel corso degli anni, ne hanno influenzato l’atteggiamento verso Chávez, da lui condannato ancor prima
che iniziasse la sua rivoluzione bolivariana. Un atteggiamento tanto velenoso, accompagnato spesso da venature razziste
ed elitarie, è alquanto diffuso in America Latina non solo fra
le classi abbienti, viziate e filoamericane, ma anche fra gli intellettuali di sinistra.
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Il buffo è che, dopo l’insuccesso del referendum del 2002
che avrebbe dovuto spodestare il presidente, l’adelantado
osannato da Fuentes sembra aver adottato una linea più cinicamente realistica. Chávez è sempre stato visto come una
minaccia soprattutto per la sua capacità di proporre una politica alternativa a quella filoamericana, basata su un’estensione reale, seppur parziale, delle misure sociali. La ridistribuzione della ricchezza messa in atto da Chávez ha appena
sfiorato le fortune che Cisneros e i suoi omologhi hanno accumulato in decenni di corruzione e di aiuti finanziari elargiti dalle banche amiche, a spese della popolazione venezuelana. Nel 2004, grazie all’intermediazione di Jimmy Carter, Cisneros incontrò Chávez per informarlo che, se lo avesse introdotto presso il governo Lula in Brasile, Venevisión avrebbe notevolmente ridimensionato la propaganda contro di lui.
Da allora Cisneros ha intensificato le sue attività «caritatevoli» in Venezuela, molte delle quali gestite dalla moglie – «una
magnifica alleata» a detta di Fuentes – la cui collezione di
opere d’arte europee del XX secolo e dell’espressionismo
astratto latinoamericano è servita a coprire con una spessa
vernice culturale l’Organización Cisneros. Sempre attenta alle nuove mode, Patty Phelps Cisneros ha rivolto il proprio
interesse alle tribù dell’Orinoco, invitando alcuni vip a trascorrere le vacanze in un campeggio da lei organizzato sulle
sponde dell’omonimo fiume e accumulando una ricchissima
collezione di manufatti indigeni. Il suo interesse per la regione attraversata dall’Orinoco coincide con quello del marito
che, nella vicina Guyana, possiede una miniera d’oro per il
cui sfruttamento si è associato con la compagnia sudafricana
Gold Fields Ltd.
Sebbene abbia preso le distanze dal suo adulatore, Cisne281
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Richard Gott
ros gli ha reso un grande favore, che senza dubbio supera il
compenso nominale di Fuentes, imitando nella vita reale un
personaggio di fantasia. Nessuno romanziere potrebbe ambire a un riconoscimento più grande. Infatti il protagonista
di La morte di Artemio Cruz, il primo e più celebre romanzo
di Fuentes, pubblicato nel 1962, è un Cisneros ante litteram:
un uomo che afferra la fortuna ogni volta che può, un uomo
d’affari ricco e corrotto che esercita il potere attraverso le industrie, i giornali di sua proprietà, i suoi molti contatti, le sue
ricchezze.
I prestiti a breve scadenza e a forte interesse ai contadini dello
Stato di Puebla alla fine delle rivoluzioni; l’acquisto di terreni
vicini a Puebla, prevedendo la crescita della città; grazie a un
amichevole intervento dell’allora Presidente in carica, terreni
da lottizzare a Città del Messico; acquisto del giornale nella capitale; acquisto di azioni minerarie e creazione di ditte miste
messico-americane, nelle quali tu hai figurato come uomo di
paglia, per soddisfare ai requisiti di legge…
Tutta una parete del tuo ufficio sarà occupata da un grafico
che rivela l’estensione e le relazioni dei tuoi giri d’affari: il giornale, gli investimenti immobiliari – Città del Messico, Puebla,
Guadalajara, Monterrey, Culicán, Hermosillo, Guaymas, Acapulco – i depositi di zolfo a Jáltipan, le miniere nello Stato di
Hidalgo, le concessioni di boschi nella Sierra Tarahumara, le
compartecipazioni nella catena di alberghi, la fabbrica di tubi,
il commercio del pesce, le società finanziatrici di altre società
finanziarie, la rete di operazioni in Borsa, le rappresentanze legali di compagnie americane, l’amministrazione del prestito
ferroviario, la carica di consigliere in istituti di credito, le azio282
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Il Murdoch del Venezuela
ni di ditte straniere – coloranti, acciaio, detergenti – e un dato
non riportato nel grafico: quindici milioni di dollari depositati
nelle banche di Zurigo, di Londra e di New York.
Quando alla fine anche Cisneros giacerà nel suo letto di
morte, forse evocherà gli ultimi momenti del suo alter ego:
Sì – sospirerai e chiederai un fiammifero a Padilla – vent’anni
di fiducia, di pace sociale, di collaborazione fra le classi;
vent’anni di progresso… vent’anni di protezione per gli interessi delle tue società, di dirigenti sottomessi, di scioperi abortiti. A questo punto ti porterai la mano al ventre e la tua testa
canuta e crespa, dal volto olivastro, sbatterà seccamente sul
cristallo del tavolo e di nuovo, vicinissima, vedrai l’immagine
riflessa del tuo gemello malato, mentre tutti i rancori, ridendo,
scapperanno fuori dalla tua testa e il sudore di tutta quella
gente ti circonderà, la carne di tutta quella gente ti soffocherà,
ti farà perdere i sensi… e non saprai quali dati formeranno la
tua biografia e quali saranno taciuti, nascosti. Non lo saprai
mai… Però ricorderai altre cose, altri giorni… giorni in cui il
tuo stesso destino ti inseguirà con un fiuto da segugio, ti troverà e salderà i conti con te.*
(Recensione del libro di Pablo Bachelet, Gustavo Cisneros:
un empresario global, Organización Cisneros,
Caracas 2004 e Planeta, Barcelona 2004.)
* Carlos Fuentes, La morte di Artemio Cruz, Feltrinelli, Milano 1966,
pp. 15-16, 18. [N.d.T.]
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