Il mIo successo dIpende dal tuo

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Dicembre 2009
N° 0
Anno XVII - euro 1,03 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1, DCB/CN - Iscrizione Trib. di Cuneo -14/6/1989 n. 426 - Edito dal C.S.I. Cuneo - Contiene I.P. Direttore Responsabile: Fabrizio Pepino
infrastrutture
La Granda davanti
alle sfide di oggi
e a quelle di domani
paolo ragazzo e ilario bruno a pag.
4,5,6
L’editoriale
Qualcosa
è cambiato
controtendenza
dolciario
Un settore che
non sente la crisi
ilaria blangetti a pag.
7
banche-impresa
Dalla stretta del
credito alla crisi
Rapporto sul credit crunch
sonia pellegrino a pag.
8
l’azienda
La tradizione
delle fucine
Porte aperte alle Falci
fabrizio gardinali a pag.
17
bordiga
Sigillo d’oro al re del Genepy
paolo ragazzo a pag.
15
Il mio successo dipende dal tuo
ricetta per uscire (insieme) dalla crisi
La crescita di un’impresa dipende dalla capacità di costruire una società dove gli interessi privati portino un vantaggio a tutti
Giorgio Chiarva
Michele Ajmone Cuneo
Simone Ghiazza
Filippo Monge
U
na delle prime cose che
la Presidente Nicoletta
Miroglio fece notare
quando ancora era solo
candidata era che la visibilità di
Confindustria Cuneo era ai minimi
livelli. Tutto ciò nonostante la produzione di una corposa comunicazione
soprattutto di ordine tecnico e su
temi specifici.
Le consigliammo di riprendere in
mano la riprogettazione del giornale Provincia Oggi.
Oggi siamo fieri di presentarvi il
primo risultato degli sforzi che già
erano iniziati sotto la presidenza
Antoniotti ma che in questi ultimi mesi hanno ricevuto una decisa
accelerazione proprio per festeggiare oggi insieme a tutti voi questa
novità.
Premettiamo che il giornale che ora
avete in mano non è il prodotto finito, abbiamo solo iniziato, dobbiamo
ancora lavorare molto ma abbiamo
chiare le idee, chiari i contenuti,
chiari i modi per presentarli.
Il nostro obiettivo è un giornale che
sia letto e considerato per quanto
contiene e soprattutto dovrà essere il
mezzo per riaffermare la nostra cultura d’impresa e il nostro pensiero
che oggi è lasciato alla sporadiche
espressioni dei singoli esternate in
sedi diverse.
Segue a pag. 3
l’imprenditore
Franco Adriano
Cronista parlamentare “Italia Oggi”
Corrispondente Class-cnbc
È
ragionevole cercare di
costruire una impresa e una
società dove gli interessi
di ognuno siano per tutti.
Risponde ad un interesse pratico perché al contrario non è ragionevole
desiderare di vivere in una realtà dove
non ci si possa fidare degli altri, dove
si debbano costruire regole sempre
più dettagliate e perciò inefficienti,
dove ogni tanto scoppia una nuova
crisi sempre più devastante.
A questo ha pensato, in sintesi, Guido Corbetta, professore di
Strategia aziendale della Bocconi,
quando ha finito di leggere il saggio
“Mantenere il successo. Lezioni di
vantaggio competitivo dalle grandi imprese famigliari” del canadese
Danny Miller, uno degli studiosi di
management più famosi del mondo.
In questo libro si tenta di spiegare il
successo prolungato nei decenni di
alcuni grandi gruppi aziendali come
Cargill, Bombardier, Ikea, Michelin,
ma ben presto leggendolo ci si accorge che sono storie paradigmatiche
di ogni azienda che si rispetti. Sì, a
guardare bene la realtà, si tratta di
vicende che centrano con qualcosa di
più profondo, come fosse situato nel
cuore di tutti gli uomini. Si trovino
ad operare nelle mitiche lande americane, come nelle struggenti brume
delle Langhe o nello splendido scenario imbiancato del Monviso.
Secondo Miller, infatti, in queste
imprese “i figli dei proprietari hanno
passato decenni accanto ai genitori
assorbendo costantemente la passione per la missione e per la società,
in condizioni emotivamente affascinanti e non sentono che l’azienda
appartiene a loro, ma che loro appartengono all’azienda, e che devono
esserne all’altezza”.
In queste stesse imprese, i dipendenti
si affezionano alla società perché la
identificano con una famiglia e la
famiglia proprietaria, dal canto suo,
si impegna a scegliere, far socializzare, formare e seguire i propri dipendenti perché sono loro che hanno
il compito di badare all’impresa, il
loro bene più prezioso. Nei contatti
con i partner commerciali, poi, le
relazioni “eccedono di gran lunga il
periodo, lo scopo e il potenziale delle
episodiche transazioni di mercato
o contrattuali” per fondarsi, invece,
sulla convenienza di lungo termine.
Non c’è dubbio. Si tratta di una
lezione che nella Granda deve essere pronunciata con modi sommessi,
tanto esprime il comune spirito di
intrapresa qui da noi.
Tuttavia, cos’è che manca a chi pure
si riconosce in questi valori come
base comune per sentirsi parte di
un’azione sola? Cos’è che genera
più facilmente delle divisioni rispetto
alla necessaria unità?
Eppure, le emergenze della provincia
di Cuneo sono evidenti e condivise
da ogni parte politica o sociale.
Dalle pagine di questo giornale verranno approfondite ancora meglio:
dall’annosa carenza delle infrastrutture alla piaga della disoccupazione,
che sta riprendendo i valori del passato, passando per la formazione e il
riassetto del sistema dell’istruzione
e dell’università e dunque dell’educazione, chiave per ogni possibile
accesso al futuro. Ecco perché questo
giornale vuole offrirsi come luogo
fisico di dibattito franco, serrato, non
mediato. Non lasciando fuori nulla.
Quale ruolo per l’associazione degli
industriali?
Segue a pag. 3
le firme
A questo numero
hanno collaborato:
Annalisa Audino, Franco Adriano,
Pierpaolo Bindolo, Ilaria Blangetti,
Ilario Bruno, Giorgio Chiarva,
Gianna Gancia, Fabrizio Gardinali,
Paolo Gerbaldo, Beppe Malò,
Gilberto Manfrin, Maurizio Marello,
Silvia Marra, Nicoletta Miroglio,
Sonia Pellegrino, Paolo Ragazzo,
Paolo Taricco, Alberto Valmaggia
IRRIGAZIONE
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le firme
Dicembre 2009
comune di alba
politica e industria in
difesa dell’università
Comitato editoriale
Giorgio Chiarva (responsabile)
Giuliana Cirio (coordinatrice)
Michele Ajmone Cuneo
Simone Ghiazza
Filippo Monge
Fabrizio Pepino
Direttore responsabile:
Fabrizio Pepino
Redazione: Autorivari
studio associato
Corso IV Novembre, 8
12100 - Cuneo
Tel. 0171.601962
Fax 0171.436301
[email protected]
Editrice: C.S.I.
Centro servizi per l‘industria
Corso Dante, 51 - 12100 - Cuneo
Tel. 0171.455455
Stampa: ROTOSERVICE srl
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Tel. 0171.934616
Pubblicità: PARTNERS srl
Via Statuto, 6 - 12100 - Cuneo
Tel. 0171.697232
Chiusura: 14/12/2009
Tiratura: 10.000 copie
M
i è gradito poter, per la
prima volta, usufruire di
“Provincia Oggi” per far
pervenire il mio augurio agli imprenditori ed ai cittadini del
nostro territorio albese e della provincia
di Cuneo. Il nostro Paese sta attraversando una crisi davvero dura. Nonostante
i troppi ottimismi incautamente sparsi,
da noi non ha ancora manifestato tutti i
suoi effetti. Ci attendevamo organici ed
incisivi interventi governativi, che finora
non si sono visti. Gli enti locali hanno
a disposizione strumenti limitati. Molti
- e tra questi il Comune di Alba - hanno
impegnato consistenti risorse per fronteggiare le situazioni più delicate nell’ambito sociale, con particolare riguardo alla
casa, ad un accesso facilitato a certe
provvidenze, al non aumento del costo di
servizi fondamentali. Potremmo dare un
contributo rilevante attivando programmi
di opere pubbliche già predisposti e per
cui disponiamo dei fondi necessari. Però
il Patto di stabilità interno, concepito con
una logica che sfugge al comune buon
senso, impedisce tutto ciò. Di conseguenza i Comuni sono costretti a ritardare in
modo indecente i pagamenti per lavori
già fatti ed a non avviare altri lavori. Tutto ciò crea negli amministratori
locali un senso di crescente frustrazione.
Contiamo che queste norme insensate
vengano modificate, a partire dalla Legge
finanziaria, dando sollievo all’economia
reale. Spero che anche altri grandi investimenti possano realizzarsi molto presto.
Evidentemente penso in primo luogo ai
lotti albesi dell’autostrada, indispensabili
anche come collante strutturale per questa provincia per molti aspetti slabbrata e
soggetta a spinte centrifughe. Mi auguro,
infine, che si trovi una soluzione per non
affievolire la presenza delle università in
provincia. Sono una imperdibile occasione di arricchimento sociale e culturale,
capace di eliminare quel gap formativo
di cui purtroppo soffriamo. Una voce
autorevole del mondo imprenditoriale
che affianchi in questa battaglia gli enti
locali sarebbe la benvenuta.
Maurizio Marello
Sindaco di Alba
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N° 0
comune di cuneo
Dialogo nel rispetto
delle diverse posizioni
V
orrei iniziare questo breve
intervento con un sincero
augurio di Buon Natale
e felice anno nuovo a
tutta l’industria cuneese, sicuramente
uno dei settori più penalizzati dalla
crisi economico-finanziaria globale
in corso. Sarebbe desiderio di tutti
che sotto l’albero quest’anno ci fosse
come regalo l’anticipo di quella ripresa di cui tanti stanno parlando ma che
nei fatti fatica ancora a vedersi.
Detto questo accolgo con piacere
la decisione di Confindustria Cuneo
di fare del suo autorevole giornale,
“Provincia Oggi”, uno spazio in cui
il mondo politico e quello imprenditoriale si possano confrontare e
incontrare al di là delle fazioni e
nel rispetto dei rispettivi ruoli che
ciascuno deve svolgere all’interno
della società.
Mai come in questo tempo il dialogo
è una carta indispensabile da giocare,
a tutti i livelli, per evitare l’aggravarsi di situazioni aziendali e politiche
quanto mai delicate e le pagine di un
giornale sono senza dubbio un luogo
idoneo per spostare la discussione dal
piano istituzionale a quello sociale.
Da parte mia metto in campo tutta
l’apertura di cui credo di aver sem-
pre dato prova e accetto volentieri
un terreno di confronto neutrale in
cui tutti i protagonisti sono disposti
a far valere le proprie posizioni ma
anche a perderle se questo serve alla
causa del raggiungimento di un bene
comune maggiore.
Infine, non posso non mandare il
mio ultimo augurio e pensiero a tutte
quelle famiglie della nostra provincia
in cui, per una causa più grande
di noi, qualcuno abbia perso o stia
perdendo il posto di lavoro. Anche
e soprattutto per loro ha senso che
impresa e politica facciano quadrato
per impegnarsi a fare il possibile per
trovare una soluzione alle situazioni
più drammatiche. Buon Natale e felice 2010 a tutti.
Alberto Valmaggia
Sindaco di Cuneo
Dicembre 2009
le firme
N° 0
provincia di cuneo
collaboriamo insieme
nell’interesse comune
L
a Granda conta 80 mila
imprese, la maggior parte
a carattere familiare con
alcune grandi realtà industriali di livello internazionale. La
crisi economica in atto ha colpito
tutti i comparti: lo dimostrano le
numerose vertenze aziendali degli
ultimi mesi e i dati, preoccupanti, sul
fronte occupazionale. In quest’ottica sono particolarmente soddisfatta
dell’attenzione dedicata ad istituzioni ed organi politici da parte di
Confindustria: il lavoro congiunto
di enti locali ed associazioni di categoria è infatti risorsa fondamentale
per la crescita del territorio e per la
ripresa economico-produttiva della
Granda. Il rilancio passa anche
attraverso la riduzione della carenza infrastrutturale che pregiudica
seriamente lo sviluppo della Granda:
penso a colle di Tenda, Asti-Cuneo,
statale 28 del Col di Nava, statale 21
del Maddalena, ma anche ad un futuro collegamento diretto alla Liguria,
come l’Armo-Cantarana.
Per poter liberare risorse destinate agli investimenti dovremo essere
capaci di incidere sulla spesa pubblica meno produttiva. In quest’ottica si pone il recente varo della
Finanziaria provinciale: il documento mette in campo misure puntuali ed
articolate di contenimento e di riqualificazione della spesa. La Provincia,
di concerto con enti ed istituzioni del
territorio, continuerà poi l’impegno
diretto all’anticipazione della cassa
integrazione straordinaria, oltre alle
tante iniziative a sostegno di lavoratori e mondo dell’imprenditoria.
Un impegno che sarà più forte ed
efficace se condiviso.
Con l’auspicio di una collaborazione
crescente nell’interesse del territorio,
rivolgo a tutti gli industriali cuneesi i
migliori auguri di un sereno Natale e
di un 2010 ricco di soddisfazioni dal
punto di vista personale e in campo
professionale.
Gianna Gancia
Presidente della Provincia
ricetta per uscire (insieme) dalla crisi
Il mio successo dipende dal tuo
Segue da pag. 1
Le istituzioni locali: verso una ricerca
di maggiore autonomia ed una fiscalità di vantaggio o sempre più integrate
per cercare di drenare meglio le risorse dal centro? Le banche locali e la
loro trasformazione in tempo di crisi.
Il loro legame con le imprese e chi si
affaccia all’impresa. Le agenzie culturali quanto incidono e quanto sono
autoreferenziali. I movimenti politici
che si calano dall’esterno e quelli
che nascono all’ombra dei campa-
nili. Sarà il nuovo spirito di queste
pagine, maturato a caro prezzo nella
teoria e nella prassi economica della
massimizzazione del profitto e del
valore azionario che abbiamo visto
miseramente andare in crisi dove
non supportato da un quid in più di
lungimiranza. Un contributo offerto a
chi, insieme agli imprenditori cuneesi
e al loro giornale, vuole costruire una
realtà bella e utile per tutti.
Franco Adriano
Cronista parlamentare “Italia Oggi”
Corrispondente Class-cnbc
confindustria cuneo
coesione sociale come
fattore di sviluppo
L
a lettura dell’enciclica di Papa
Benedetto XVI, Caritas in veritate, ha rappresentato un’esperienza intensa e stimolante che
mi ha spinto a riflettere non solo sui temi
che riguardano i destini del mondo e della
nostra comunità, ma anche sulla mia
esperienza imprenditoriale e associativa.
Caritas in veritate esprime un senso del
presente “costruito” a partire da un pensiero forte, chiaro, radicato nel Vangelo
e nella dottrina millenaria della Chiesa,
che va ben al di là degli eventi contingenti dell’economia. Un messaggio rivolto
a un’umanità segnata da cambiamenti
epocali e da grandi sofferenze indotte o
acuite dalla grave crisi finanziaria ed economica che ciascuno di noi sta vivendo. Il
Papa abbraccia, con un unico, profondo
e coerente sguardo, tutti gli elementi
che segnano la nostra esistenza: dalla
tecnologia alla politica, dall’economia
all’ambiente, dalla genetica alla povertà e
al sottosviluppo.
Della “lettera” papale molto è stato detto e
scritto, io mi limito ad osservare che essa
ha ricordato, prima di tutto, che è responsabilità degli uomini orientare la crescita
materiale in coerenza con la dimensione
sociale e la centralità della persona. Un
insieme di elementi che, nella nostra
provincia, si sono intrecciati con grande
efficacia e originalità. Cuneo, infatti, è
una realtà che ricorda quella “società
della piccola impresa” descritta da alcuni
tra i più attenti economisti e sociologi
italiani. Mi riferisco a un territorio fattivo nel quale è protagonista un capitalismo “popolare” fondato sulla cultura
del “rischio” diffusa, sulla dimensione
personale e, dunque, sulla responsabilità
individuale. Gli esiti di questo sono sotto
gli occhi di tutti: il nostro è, da tempo, un
ampio e differenziato sistema produttivo
che saprà dimostrarsi competitivo anche
nel nuovo scenario che sta davanti a noi.
In pochi decenni la nostra comunità ha
conosciuto una mobilità sociale che ha
pochi precedenti in Italia e in Europa.
Possiamo e dobbiamo essere orgogliosi di
questo risultato: la crescita sociale è vita,
è dinamismo positivo, è la rappresentazione quotidiana della possibilità di migliorare la propria condizione nel rispetto dei
valori condivisi dalla legalità.
Certo, sono ben consapevole di quanto sia
oggi difficile e delicato parlare del rapporto tra economia e società, così come
della qualità delle relazioni tra aziende
e lavoratori. Sappiamo bene, infatti, che
in questi difficili mesi l’oggettività delle
tensioni commerciali e finanziarie, cui
sono sottoposte le nostre imprese, paiono portare in secondo piano le ragioni
delle persone. Ma, come nella parabola dei “talenti”, dobbiamo tutti sentirci
impegnati a tutelare e valorizzare il vero
grande “tesoro” che la nostra provincia
custodisce. Mi riferisco a quella coesione sociale che rappresenta il primo e
autentico fattore di sviluppo. Nella consapevolezza di ciò dobbiamo continuare a
dialogare, a costruire coesione riuscendo,
nello stesso tempo, ad elaborare le idee,
i programmi e le azioni per il nostro
rinnovamento. Un impegno da portare
avanti perseguendo una visione positiva
e condivisa del futuro. Dobbiamo sentirci
tutti impegnati ad affrontare questa sfida.
Si tratta di un percorso praticabile, ma
che impone alla nostra comunità anche
di superare scalini, gestire contrasti, correggere squilibri e ricollocare fattori da
un utilizzo ad un altro. Naturalmente sono
ben consapevole dei rischi che la crisi ci
propone ogni giorno, ma sono altrettanto
certa che riusciremo a sconfiggerla. Per
avere successo dobbiamo attingere a quella stessa forza morale che i nostri padri
seppero esprimere in anni nei quali le uniche risorse erano la speranza e la fiducia
nelle proprie capacità. Ieri è l’esperienza.
Domani è la speranza. Oggi, significa passare dall’una all’altra nel miglior modo
possibile. Insieme ci riusciremo. Questo è
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L’immagine che di noi industriali
viene spesso proposta è un’immagine non positiva.
è purtroppo molto comune vederci
indicati come sfruttatori della manodopera piuttosto che evasori delle
tasse, senza che vi sia una voce in
nostra difesa, una voce che dichiari
quello che pensiamo, cosa facciamo,
quali fatiche, quali angosce, quante
notti insonni, quanti dubbi, per quali
scopi, con quali mezzi, ecco, oggi
noi vorremmo che questo giornale
diventasse il mezzo col quale esprimerci e raccontarci.
Noi industriali vogliamo dire la
nostra perché siamo fieri di cosa
stiamo facendo, perché siamo fieri
di essere una delle colonne portanti
della società e perché non abbiamo
paura di confrontarci.
Come detto prima questo non è il
prodotto finito e anche se riteniamo
di avere le idee chiare per fare
un giornale che sia di gradimento
alla maggioranza di voi riteniamo
altresì che qualunque suggerimento, consiglio e anche critica sia un
ausilio indispensabile per ottenere
il risultato che ricerchiamo.
Per questa ragione dai prossimi
numeri inizierà un forum al quale
chiunque, anche non associato,
potrà partecipare. Queste sono le
ragioni per le quali stiamo ristrutturando il nostro giornale, per
essere presenti e per fare opinione
ma dove chiunque potrà intervenire
per concordare o per criticare, non
importa. Perché crediamo che solo
confrontando tutte le tesi e le opinioni possiamo crescere, tutti insieme.
Perché tutti insieme si cresce, o, al
contrario, tutti insieme no.
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qualcosa
è cambiato
Segue da pag. 1
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L’editoriale
infrastrutture - il domani
Dicembre 2009
N° 0
per una provincia al passo coi tempi
non basta colmare il gap col passato
La realizzazione dell’Asti-Cuneo e del Tenda bis, non fanno altro che recuperare un ritardo infrastrutturale cronico. E poi?
Paolo Ragazzo
D
a dove iniziare a sbrogliare la matassa per
rilanciarsi fuori dalla
crisi? Su quale fattore
occorre investire?
C’è chi dice che non possiamo
tollerare oltre la sofferenza del
comparto edile e che lì bisogna
intervenire. Per qualcuno il “new
deal” passa per le energie alternative. Come dimenticare, poi, l’affanno del settore primario: “senza
agricoltura si muore”, recitano cartelli di protesta sparsi per i cortei
di mezza Italia. “Le nuove infrastrutture sono quelle informatiche,
sapranno far recuperare il divario
tecnologico e snelliranno i processi
lavorativi”, sostiene qualcuno.
Potremmo portare tanti altri esempi di “ricette” che esperti, economisti, sociologi e politici stanno in
questi mesi elaborando; da quando
il 15 settembre 2008 (crack di
Lehman Brothers in Usa) il mondo
si accorse che i progetti umani di
crescita infinita avrebbero dovuto
fare i conti con una crisi epocale
alle porte. Il dibattito è molto aperto anche in provincia di Cuneo,
dove il difficile momento economico ha reso ancora più evidenti
quelle lacune che il sistema produttivo locale da anni conosce,
ma che da troppo tempo restano
senza risposta. È quasi immediato
il riferimento alla mancanza di
grandi opere di collegamento con
il resto del Paese: la “telenovela”
per il completamento della AstiCuneo e la partenza dei lavori per
il raddoppio del Tenda, sono gli
esempi più noti.
Su entrambi i fronti ci sono stati
negli ultimi mesi importanti passi
in avanti e da più parti è stato assicurato che nel giro di qualche anno
le opere potranno finalmente essere
consegnate alla collettività. Dopo
decenni di attesa i cuneesi dovranno pazientare ancora un po’, ma
all’orizzonte si intravedono schiarite che inducono a essere ottimisti.
Una domanda, tuttavia, sorge spontanea: basterà recuperare il gap di
infrastrutture per consentire alla
Granda di competere alla pari con
altri territori? O sono necessari
investimenti anche in altre direzioni per sostenere un sistema che ha
le potenzialità per primeggiare in
Italia e in Europa?
Lo abbiamo chiesto a quattro imprenditori associati a
Confindustria Cuneo che, per
esperienza e competenza dirette,
si possono a ragione considerare
dei buoni conoscitori del modello
economico cuneese.
Il doppio ponte sul fiume Stura dell’attraversamento Est-Ovest della città di Cuneo in una foto aerea
infrastrutture viarie
piattaforma logistica
Prevediamo le ricadute sul territorio
Prima bisogna ultimare la rete viaria
Filippo Monge
Imprenditore con delega alle Infrastrutture e all’Università
Presidente Ance Cuneo
Giovanni Battista Mellano
Presidente Nord-Ovest srl
Membro di Giunta Camera di commercio di Cuneo
“Dobbiamo capire fin da adesso che servono sane e intelligenti politiche di
investimenti, come già avviene nella vicina Francia del sud, in Galles ma
anche in Germania e persino in Irlanda. Non serve avere una capillare catena di bed & breakfast, se poi non abbiamo la rete stradale necessaria per
far arrivare i turisti. Servono, invece, strategie di marketing territoriale condivise ed efficaci. È ora di finirla con i convegni, bisogna passare alla fase
attiva. In questo senso sarebbe molto interessante rivedere il ruolo di una
società come Fingranda, che potrebbe fare le veci di un’agenzia di gestione
e promozione del territorio attraendo e incanalando nuovi investimenti. È
chiaro che i progetti futuri vanno pensati sulla linea dei due grandi corridoi
che attraversano l’Europa passando nella nostra provincia, il corridoio 5
Lisbona-Kiev e il corridoio 24 Genova-Rotterdam, ma è necessario che tutti
gli assessori alle Attività produttive dei Comuni della nostra provincia si
coordino per agire all’unisono. Perché bisogna pensare che la realizzazione
di qualsiasi infrastruttura, grande o piccola che sia, modifica inequivocabilmente la geografia urbana ed economica del territorio su cui insiste.
Per fare un esempio: la realizzazione della circonvallazione di Sommariva
Perno, spostando il traffico pesante dal centro cittadino, penalizzerà l’attività delle microimprese che lavorano su un’arteria che vede transitare
ogni giorno dieci mila mezzi, per andare a creare opportunità di lavoro e di
sviluppo ad altre attività altrove. Non è sufficiente realizzare le opere, ma
bisogna prevedere le ricadute delle infrastrutture sul territorio”.
“Senza alcun dubbio la piattaforma logistica è un’opera necessaria per
la nostra provincia, ma con una proiezione che va da qui ai prossimi
vent’anni. Risulta difficile, infatti, pensare alla realizzazione di una
piattaforma senza che la nostra provincia si sia prima dotata di una rete
infrastrutturale viaria che permetta il normale svolgersi dei collegamenti
stradali di base. Quindi, prima ultimiamo l’autostrada, mettiamo a posto
i valichi, ottimizziamo la rete ferroviaria: poi penseremo a come e dove
fare la piattaforma. Anche perché bisogna intendersi su cosa intendiamo
oggi, quando diciamo piattaforma logistica. Pensiamo ad una struttura
in cui pervengono tutte le merci destinate alla provincia e da cui esse
partano, tramite diversi mezzi di trasporto, per le loro destinazioni finali,
oppure ad uno snodo merci funzionale soprattutto agli spedizionieri e
agli autotrasportatori? Purtroppo è difficile dire, oggi come oggi, qual
è la soluzione migliore. Certo è che, nell’attesa, tante aziende si sono
già messe a posto costruendosi ciascuna la sua piccola piattaforma.
Infine, non si può pensare ad una piattaforma logistica guardando solo
alla nostra provincia, ma l’idea va contestualizzata almeno in un ambito
regionale. A questo proposito resta da chiedersi come mai nel recente
piano della Regione Piemonte non figuri nessuna piattaforma sita in
provincia di Cuneo. Bisogna pensare ad una piattaforma in grado di
dialogare con il resto del territorio, integrata con le altre piattaforme
delle province limitrofe, altrimenti non serve a nulla”.
Dicembre 2009
infrastrutture - il domani
N° 0
divario digitale
deficit energetico
Un duro colpo alla competitività delle aziende
Energia dai rifiuti senza pregiudizi ideologici
Mauro Gola
Vice presidente Confindustria Cuneo
Presidente Comitato Piccola Industria Cuneo
Alessandro Battaglia
Imprenditore con delega a Energia e Ambiente
Presidente Gruppo Giovani Imprenditori
“La nostra provincia, anche a causa
della sua conformazione morfologica, è in una zona di divario digitale,
inteso come mancanza di accesso e di fruizione alle tecnologie
di comunicazione e informatiche
basate su Internet a banda larga,
la cui diffusione è considerata un
fattore di crescita economica e
occupazionale per qualsiasi Paese.
Purtroppo, questo divario tende
progressivamente ad aumentare
con lo sviluppo tecnologico, che
da una parte offre sempre maggiori
possibilità di sviluppo di servizi e
di business, ma dall’altra penalizza
sempre più marcatamente chi sta
all’interno delle aree non sviluppate. Oltre ad avere un’importante valenza sociale, il problema rappresenta un ostacolo significativo alla competitività delle aziende: mai come in questo momento,
infatti, le tecnologie non sono neutre e dal tipo di scelte derivano diversi modelli di organizzazione
del lavoro e di strategia di sviluppo. Quotidianamente molte imprese ci segnalano problemi di qualità e di continuità di servizio e soffrono la non affidabilità delle infrastrutture di comunicazione
e la non chiarezza degli sviluppi strategici. Per ovviare a questa situazione, occorre sviluppare le
infrastrutture necessarie a raccordare gli utenti finali (aziende, strutture di ricerca, luoghi di pubblica utilità e singoli cittadini), collocati sul territorio provinciale, al nodo di backbone locale. Solo
in tal modo, infatti, saremo in grado di creare le condizioni tecnologiche e di mercato affinché
l’opportunità di accesso risulti realmente diffusa, anche nei confronti dei cittadini. Per raggiungere questi obiettivi la Regione Piemonte ha avviato il programma Reduce Digital Divide, mentre la
nostra associazione si è già mossa da tempo favorendo la nascita di Granda in Rete (consorzio che
raggruppa operatori dell’Ict della provincia focalizzati su soluzioni Wireless out door) e cercando
contatti istituzionali con Telecom e altri operatori, al fine di governare a favore delle imprese del
territorio i progetti per ridurre il digital divide”.
“Il tema energetico riveste un’importanza molto grande per le
imprese e per la società. In questi anni l’inefficienza del settore
energia in Italia ha avuto riflessi
esiziali sul conto economico e
sulla possibilità di operare di
molte aziende. È utile ricordare
due macro dati: in primo luogo il
costo dell’energia in Italia è significativamente superiore rispetto a
tutti i Paesi competitors (in Francia
la media industria paga l’energia
elettrica circa la metà che in
Italia); in secondo luogo la nostra
provincia ha un saldo negativo tra
produzione e consumo di energia
elettrica del 35% (produce il 35% in meno di quanto produce), l’Italia di poco più del 10%.
Il Paese e il territorio devono lavorare per eliminare o almeno ridurre le inefficienze e le
differenze ricordate in precedenza. Alcuni degli strumenti necessari possono essere individuati in un quadro normativo più chiaro ed efficace, nella sburocratizzazione degli iter
autorizzativi, nel sostegno alle energie rinnovabili (con particolare attenzione all’idroelettrico
e alle biomasse), nella valutazione attenta e senza pregiudizi delle potenzialità dei rifiuti, nel
superamento di posizioni solo ideologiche non supportate da riscontri scientifici (Nimby).
Imboccare la strada delle energie rinnovabili consentirebbe di avvicinare due grandi obiettivi: permetterebbe di provare a tendere al target 20-20-20 che prima (2020) o dopo (2030?)
il mondo e l’Italia dovranno raggiungere e di svincolare parzialmente il fabbisogno energetico
della nostra economia dal petrolio. Inoltre i “green jobs” (lavori che impiegano persone nelle
attività connesse allo sviluppo di fonti di energia alternativa come l’energia idroelettrica,
eolica, etc.) potrebbero permettere di riassorbire parte della crisi occupazionale che colpisce
settori più tradizionali dell’economia. Confindustria deve dare un contributo a questa azione
in termini di proposte, di analisi e di rappresentazione dei bisogni delle aziende”.
infrastrutture - l’oggi
Dicembre 2009
N° 0
grandi opere - lo stato dell’arte
priorità all’asti-cuneo e al tenda bis
La Provincia assicura un repentino ok ai tratti albesi dell’autostrada, mentre nel 2010 partiranno i lavori per il secondo valico
Ilario Bruno
M
entre continuano le
preoccupazioni degli
amministratori locali
per la nuova organizzazione del collegamento ferroviario Cuneo-Nizza, l’attenzione del
mondo politico e imprenditoriale è
concentrata sulle prossime tappe dei
lavori delle due opere considerate,
in questo momento, prioritarie: AstiCuneo e Tenda bis.
Con un occhio alle prospettive di
una migliore fruibilità di tali infrastrutture per inserire finalmente la
Granda al centro di alcuni snodi
viari importanti verso la Francia e la
penisola Iberica da una parte e verso
la pianura Padana e l’Est Europa
dall’altra. In merito a questo problema il senatore cuneese Giuseppe
Menardi ha proposto la riattivazione
del Comitato di monitoraggio per i
valichi alpini.
“La necessità di rendere permeabili
le Alpi - ha detto il vice presidente
della Commissione Lavori Pubblici
e Comunicazioni del Senato - è per
recuperare il ritardo infrastrutturale
della nostra provincia che ha collega-
Il Natale
che hai
sempre
sognato!
Giuseppe Menardi
menti risalenti all’epoca napoleonica,
come nel caso del tunnel di Tenda. In
tal senso potrebbe servire una commissione-osservatorio che sia anche
cabina di regia sopranazionale per le
comunicazioni transfrontaliere”.
Il Comitato dovrebbe coinvolgere,
oltre ai francesi, coloro che si occupano di valichi in Italia, allo scopo di
integrare i rapporti in modo fattivo.
Tra l’altro, con il rischio saturazione
dovuto all’aumento del transito di
auto e Tir attraverso l’arco alpino,
si condivide l’essenzialità della linea
ferroviaria Torino-Cuneo-Nizza,
rispetto al quale il ministro Altero
Matteoli in persona ha assunto l’im-
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pegno di trovare un accordo tra enti
per il finanziamento di installazioni
di un doppio impianto di sicurezza su
un certo numero di convogli, per evitare interruzioni nel collegamento.
Intanto, al bando di gara per il Tenda
bis, sono 27 le aziende che hanno
chiesto di partecipare alla gara di
appalto, che prevede sia la redazione
del progetto esecutivo delle opere sia
la loro realizzazione. Ai concorrenti
in possesso dei requisiti richiesti,
l’Anas ha inviato due mesi fa la lettera d’invito per la presentazione delle
offerte. L’aggiudicazione definitiva
dell’appalto è prevista per maggio
2010, termine a partire dal quale
potranno iniziare subito i lavori del
nuovo tunnel a doppia canna e le
opere accessorie.
“Sul cronoprogramma dell’intervento - dichiara la presidente della
Provincia, Gianna Gancia - abbiamo
risparmiato qualche mese, perché non
dovranno essere anticipati i lavori,
dapprima considerati propedeutici,
sull’opera di presa della sorgente San
Macario”.
La consegna della nuova canna del
Tenda, a conti fatti, potrà avvenire
nel 2014 (poi si passerà all’adeguamento della vecchia) quindi grosso
modo in coincidenza con la consegna
dell’Asti-Cuneo. E sulla nuova autostrada, mentre proseguono i lavori
sul versante cuneese, c’è attesa per
l’autorizzazione ministeriale relativa
ai tratti albesi più complessi, che
prevedono i due tunnel di Verduno
e sotto Alba.
Si prevede una risposta a breve.
Soltanto quando l’iter di valutazione
di impatto ambientale sarà concluso
ci si potrà confrontare con un cronoprogramma dei lavori finalmente
definitivo e potranno decollare i lotti
2.5 e 2.6, che peraltro ancora fanno
discutere poiché da qualcuno considerate soluzioni non idonee. Ma
sul punto il vice presidente della
Provincia Giuseppe Rossetto è tassativo: “Per il lotto 2.5 di Alba e il lotto
2.6 di Verduno sono state valutate
diverse ipotesi di tracciato e si è giunti alla decisione di realizzare delle
gallerie sotto la collina di Verduno
e il fiume Tanaro per salvaguardare
i paesaggio, limitando così l’impatto
ambientale, altrimenti elevato nelle
zone di Vivaro e Mussotto. Questo
permetterà inoltre di salvaguardare
la tangenziale di Alba, evitando la
commistione del traffico locale con
quello autostradale”. Ritornando al
tratto cuneese, c’è da aggiungere che
per il lotto 1.6 di collegamento con
l’Est-Ovest la Provincia sta valutando con i Comuni interessati, ovvero
Cuneo e Cervasca, la fase istruttoria.
Il tratto cuneese dell’autostrada sarà
consegnato verosimilmente a cavallo
tra 2011 e 2012, poi ci vorrà qualche
mese per l’innesto sulla Est-Ovest.
In attesa che il tempo passi e porti
i risultati attesi, il 1° dicembre
si è tenuto un tavolo di lavoro in
Provincia con i vertici di Anas e
società Asti-Cuneo spa per definire
alcune migliorie alla strada statale
231. Obiettivo: scoraggiare il traffico
pesante attualmente concentrato sulla
statale, indirizzandolo all’utilizzo
dell’autostrada. Per quanto riguarda in specifico la questione degli
abbonamenti agevolati per i residenti nella tratta Asti-Cuneo, l’amministratore delegato della società
Giuseppe Sambo ne ha annunciato
l’introduzione con il nuovo anno,
con uno sconto rilevante.
l’intervista - giuseppe menardi
verso Un “nuovo Mercantour” per
dare senso alla viabilità esistente
Giuseppe Menardi, senatore, è
vice presidente della Commissione
Lavori Pubblici e Comunicazione
del Senato.
è sua la proposta di pensare ad un
“nuovo Mercantour” per offrire una
risposta alle domande del traffico
commerciale, collegando la Francia
con Milano passando attraverso
Cuneo.
Senatore Menardi, ci parli del suo
progetto e dei vantaggi che ne deriverebbero per i collegamenti...
“La mia proposta è di pensare ad un
nuovo Mercantour, per favorire un
collegamento tra Aix-en-Provence e
Milano che, guardando la cartina, si
comprende come passi dal Colle della
Maddalena. Dobbiamo dare un senso
alla viabilità esistente, guardando al
medio periodo, quando l’Asti-Cuneo
nel 2014 sarà ultimata e non potrà
limitarsi a servire la città di Cuneo
con il suo bacino di 100 mila abitanti, ma avrà un senso se farà parte di
un collegamento internazionale che
potrebbe essere tra Aix-en-Provence
(dove c’è un’autostrada che arriva
fino a Tallard) e Cuneo. Questo
progetto consentirebbe di utilizzare
una viabilità già pronta sul versante francese, dando quindi un senso
a una viabilità esistente. Il costo
potrebbe essere ammortizzato negli
anni, ricorrendo anche ad una concessione a tempi lunghi, cercando di
reperire fondi sul mercato internazionale, ancorché lo Stato italiano possa
intervenire direttamente”.
Sul raddoppio del Tenda non ci
sono più dubbi. L’opera era attesa
ed è importante ma servirà soprattutto il traffico turistico…
“è evidente che il valico serve
soprattutto un traffico turistico e, al
di là del fatto che i francesi sono
contrari ad un suo utilizzo a fini
commerciali, anche per ragioni di
tipo finanziario, vi sono impedimenti
oggettivi in tal senso, considerando
che la viabilità in tutta la valle Roja
sarebbe da rivedere. Dobbiamo quindi sin d’ora pensare risposte alternative a una domanda che arriva da chi
utilizza i valichi per esigenze di tipo
commerciale”.
C’è il Frejus…
“Ormai è diventato una gallina dalle
uova d’oro. Ho già preparato un’interrogazione parlamentare, perché
abbiamo una gestione dei valichi
in regime di sostanziale monopolio,
dove possono essere imposte tariffe
anche al di là di ritorni. E la società
che gestisce il Frejus ha di nuovo
aumentato il pedaggio. Non dimentichiamo che in passato gli investimenti sono stati quasi tutti pubblici, e
oggi il Frejus è una gallina dalle uova
d’oro per il concessionario”.
Come la mettiamo con la prossima
interruzione della linea CuneoVentimiglia-Nizza?
“Proprio nei giorni scorsi ho avuto
assicurazione dal direttore regionale di Trenitalia Claudio Teti che
il provvedimento non pregiudica
in alcun modo i collegamenti sulla
linea Cuneo-Ventimiglia-Nizza. Il
contratto di servizio in essere tra le
Regioni Piemonte e Liguria con le
Fs garantisce la piena funzionalità
sulla tratta italiana, che continuerà in
modo diretto da Torino a Bordighera. Il cambio di convoglio a Breil riguarderà esclusivamente i viaggiatori
diretti a Nizza. Per ovviare a questa
situazione sarà importante concentrare gli sforzi politici e istituzionali
nei prossimi mesi, in stretto raccordo
con gli amministratori francesi della
regione confinante del Paca. Darò il
mio pieno appoggio, in questo senso,
a tutte le iniziative che si renderanno
necessarie per arrivare a una soluzione del problema”.
Dicembre 2009
oltre la crisi
N° 0
settore controtendenza
il dolciario non sente la recessione
Gli indicatori di crescita e il portafoglio ordini dei due colossi del panettone, Balocco e Maina, oscillano dal + 10 al +18 %
Ilaria Blangetti
S
i parla di crisi e di momento
difficile ma c’è un settore
che, soprattutto in coincidenza del periodo natalizio,
proprio non si può lamentare.
Stiamo parlando del settore dolciario, dove il mercato va semplicemente bene. “Operiamo in un settore anticiclico - commenta Alberto
Balocco, amministratore delegato
della Balocco - che prescinde dai
principi macroeconomici del sistema. Noi produciamo prodotti da
ricorrenza e prodotti continuativi,
quali i biscotti per la prima colazione e notiamo un rafforzamento dei
consumi domestici, un consumo più
controllato che premia la colazione a
casa rispetto a quella al bar. Forse sì,
questo può essere effetto della crisi,
ma noi registriamo un forte sviluppo
della quota di mercato riservata ai
biscotti per il mattino. Siamo molto
soddisfatti anche per quanto riguarda
la produzione da ricorrenza: anche
se è ancora presto per fare bilanci
abbiamo già degli indicatori di crescita che oscillano tra il 15 e il 18%
e anche la Pasqua 2009 si era chiusa
in cifre
I consumi
alimentari
nella Granda
Spesa media mensile familiare in euro
Pane e cereali
Dolciumi e drogheria
Carni e salumi
Pesce
Oli e grassi
Latte, formaggi e uova
Legumi e ortaggi
Frutta
Bevande
Totale
Fonte: Unioncamere Piemonte
59,21
47,36
61,41
16,69
8,92
55,46
26,83
23,90
21,50
321,29
con un segno positivo”. La fossanese
Balocco è la seconda azienda in
Italia nel settore dolciario, “con un
fatturato in costante crescita da ormai
cinque anni - continua Balocco - e
quest’anno arriveremo ad un fatturato di 120 milioni di euro”.
Anche l’altra grande azienda leader nella produzione di panettoni, la
Maina, si dice più che soddisfatta.
“Il portafoglio ordini indica un più
10% - commenta Marco Brandani,
amministratore delegato della Maina
-. In generale il mercato del panettone è in controtendenza con altri
settori in crisi, si tratta di un prodotto
da ricorrenza al quale difficilmente
le famiglie italiane sono disposte a
rinunciare. Qualcosa a livello italiano ha perso, circa un 1%, ma non
è un’oscillazione dettata dalla crisi.
Non abbiamo registrato battute d’arresto neanche l’anno scorso, quando
si parlava fortemente di Natale povero. Sicuramente questo successo è
dato anche da fattori psicologici, in
un clima di insicurezza non si rinuncia ai simboli della tradizione e al
buon Natale all’italiana”.
Natale vuol dire panettone ma anche
i.p.
nuova sede a parigi nel 2010
per la “bios management”
Dopo un 2008 all’insegna di una forte crescita, Bios ha potuto affrontare il 2009 con un
organico ricco e completo, che le ha permesso
di sostenere progetti di consulenza e sviluppo
sempre più complessi e di collaborare con
aziende di dimensioni sempre più rilevanti.
Ne sono testimonianza, tra le altre, le collaborazioni iniziate con Unifarma Distribuzione,
leader nazionale nella produzione e distribuzione di prodotti farmaceutici, con l’istituto di
riabilitazione Santo Stefano, struttura sanitaria
di primaria importanza della regione Marche
e, negli ultimi mesi, con il Gruppo Iride, società
quotata, nata dall’integrazione fra Aem Torino
e Amga Genova, con la quale è in atto un
importante progetto di elaborazione di reportistica direzionale ad hoc per l’Ad.
Queste ed altre realtà si sono affiancate ad un
parco clienti che, dal settore bancario al no
profit, dall’automotive al food&beverages, ha
potuto godere di un servizio sempre più efficiente e di grande qualità.
Altro punto chiave di un ottimo 2009 è il crescente interesse che Bios ha suscitato all’estero,
con diversi incontri commerciali e collaborazioni con importanti aziende francesi, che
porterà il prossimo anno ad aprire una sede
Bios anche a Parigi.
Nelle parole di Fabio Ghi, Ceo di Bios, tutta
la soddisfazione per un anno che si chiude
con ottimi risultati e prospettive per il futuro
altrettanto buone: “Come ogni anno, dicembre
“Nel 2008 - spiega Fabio Ghi abbiamo avuto un rilevate
incremento di fatturato e la qualità
del lavoro è aumentata
significativamente, anche grazie
ad un’offerta più ampia”
è il mese in cui ci volgiamo indietro e proviamo
ad analizzare il percorso degli ultimi 12 mesi.
Anche quest’anno possiamo essere soddisfatti
di quanto abbiamo fatto. C’è stato un rilevante
incremento di fatturato e, in generale, la qualità del lavoro (intesa come soddisfazione dei
clienti) è aumentata significativamente, grazie
anche ad un’offerta più ampia, sia in termini
di prodotti che di competenze. Vorrei quindi
ringraziare a nome di Bios tutti i collaboratori
che hanno contribuito a questo successo e
naturalmente tutti i clienti che hanno voluto
rinnovare la loro fiducia in noi. Due menzioni
particolari vanno ad altrettanti partner d’eccezione: Board, che anche quest’anno ci ha supportato con grande disponibilità e tempestività,
e Servizi bancari associati, con cui proseguono
proficuamente diversi progetti e con cui si sta
ormai consolidando un rapporto di fiducia
reciproca destinato a durare nel tempo. A tutti
quanti e a voi lettori, da parte di Bios i migliori
auguri per un felice Natale ed un 2010 ricco di
soddisfazioni”.
cioccolato, alimento che ormai è
entrato nelle nostre abitudini alimentari quotidiane. “Il picco di Natale
- dicono Gibi e Alberto Mantelli,
rispettivamente direttore commerciale e marketing della Venchi e
amministratore delegato del Relais
Cuba Chocolat - è sempre più diluito, infatti il cioccolato è sempre
più un alimento che prescinde dall’idea regalo. Il cioccolato, poi, ha un
impatto antidepressivo e difficilmente, anche in un periodo non prospero, i clienti decidono di privarsene.
Per quanto riguarda il cioccolato
da regalare stiamo riscontrando un
trend positivo in linea con la passata
stagione. Il nostro è un prodotto che
offre un’ottima qualità, sbilanciata
a favore di un prezzo accessibile.
La nostra azienda esporta cioccolato
in 46 Paesi che rappresentano il
15% del nostro fatturato annuo, con
alcuni negozi monomarca sparsi per
l’Europa”.
“Noi non produciamo nello specifico prodotti natalizi - commenta
Luca Bonelli, direttore generale di
Orsobianco dolciaria - ma prodotti
dolciari di qualità, a prezzi compe-
titivi, presenti sulle nostre tavole
tutto l’anno. Abbiamo aperto appena
un anno fa lo store a Borgo San
Dalmazzo e siamo molto soddisfatti:
la nostra azienda registra un netto
segno positivo”.
Un settore che traina il mercato quindi, ma non si registra nessuna criticità? “I problemi possono arrivare
dalla distribuzione organizzata che
non sempre è composta da commercianti solidi ed affidabili - commenta
Balocco -. In un momento come questo bisogna essere cauti nella scelta
dei centri da rifornire con i nostri
prodotti. Soffre un po’ il mercato
estero, dove il panettone viene visto
come un prodotto facilmente sostituibile e non necessario per festeggiare il Natale, ma l’impatto sulle
nostre aziende è minimo”. “Siamo
stati costretti a fare delle scelte di
distribuzione - aggiunge Brandani
- ma le difficoltà del nostro settore
in realtà sono quelle legate a tutto il
mondo imprenditoriale, ossia troppa
burocrazia e normative locali che
non permettono a tutti i produttori,
a parità di sforzi, di lavorare nello
stesso modo”.
dentro la crisi
Dicembre 2009
N° 0
rapporto banche/imprese
dalla stretta del credito alla crisi
La crisi ha accresciuto il fabbisogno di finanziamento delle aziende: la recessione è conseguenza, non causa della restrizione del credito
Sonia Pellegrino
“L
a flessione dei prestiti bancari in Italia
e nell’eurozona è
stata finora contenuta, soprattutto se rapportata alla
caduta del Prodotto interno lordo,
e ciò sembra escludere l’esistenza
di un vero e proprio credit crunch.
Ma le indagini qualitative indicano
che la stretta selettiva del credito
alle imprese e, in minor misura, alle
famiglie ha preceduto la contrazione
di investimenti e consumi, mentre la
crisi ha accresciuto il fabbisogno di
finanziamento delle aziende. Come
dire: la recessione è una conseguenza
e non una causa della restrizione del
credito”.
Così Mauro Gola - vice presidente
di Confindustria Cuneo, presidente
del Comitato Piccola Industria, coordinatore dell’Unità di Crisi attivata
dall’organizzazione degli imprenditori cuneesi e imprenditore con delega per il settore banche e credito commenta i dati contenuti nella nota
del Centro Studi di Confindustria
nazionale circa la stretta creditizia.
Il documento, oltre ad analizzare
Mauro Gola
che cos’è
Credit Crunch
è un’improvvisa riduzione della disponibilità di credito, indipendente dall’andamento dei tassi di interesse governati
dalle banche centrali. Perciò è originato
da fattori interni al sistema bancario e
finanziario. In presenza di una variazione dei tassi di interesse ufficiali diventa
più difficile valutare se sia in atto effettivamente un crunch creditizio, perché
questa variazione muta le condizioni in
cui il sistema bancario opera e non fa
quindi emergere appieno le conseguenze di quei fattori interni.
la congiuntura economica, spiega il
reale significato di una locuzione,
quella di credit crunch, tristemente
abusata in questo periodo, ma di cui,
forse, non tutti conoscono la reale
accezione.
Il credit crunch è un’improvvisa
riduzione della disponibilità di credito, indipendente dall’andamento
dei tassi di interesse governati dalle
banche centrali, perciò è originato
da fattori interni al sistema bancario
e finanziario. In presenza di una
variazione dei tassi di interesse ufficiali diventa più difficile valutare se
sia in atto effettivamente un crunch
creditizio, perché questa variazione
muta le condizioni in cui il sistema
bancario opera e non fa quindi emergere appieno le conseguenze di quei
fattori interni.
Certo è che le indagini condotte in
questi mesi non solo da Confindustria,
ma anche da autorevoli società di
ricerca sia a livello globale sia in
ambito nazionale, forniscono tutte
le medesime indicazioni: le imprese sostengono che si è verificato
un irrigidimento delle condizioni di
accesso al credito attraverso spread
più alti e costi non legati al tasso di
interesse, richiesta di ulteriori garanzie, anche personali, e minore disponibilità delle banche a erogare, con
allungamento dei tempi di delibera
dei prestiti.
Se questi indicatori non sono di per
sé un segnale della stretta creditizia, il Centro Studi di Confindustria
si sofferma ad analizzare dei dati
interessanti, contenuti nelle ricerche
della Markit o della Bce, circa il
fabbisogno di credito delle imprese manifatturiere: entrambi gli studi
confermano un incremento del fabbisogno di prestiti bancari sia tra le
piccole e medie imprese sia tra le
grandi imprese.
Tra i fattori che spiegano l’incremento del fabbisogno di credito da parte
delle imprese c’è, almeno in Italia,
l’allungamento dei tempi di pagamento. Questi sono già molto lunghi
nel confronto internazionale, essendo tra le imprese del nostro Paese
pari a 88 giorni (68 di prassi più 20 di
ritardo), contro 65 in Francia, 51 nel
Regno Unito e 46 in Germania (dati
Intrum Justitia 2008). Con la crisi
si sono ulteriormente dilatati. Altro
aspetto evidenziato dal Centro Studi
di Confindustria è la diminuzione
dell’erogazione dei prestiti.
Il non certo roseo status quo porta
l’organizzazione degli industriali a
fare delle richieste ben precise per
sostenere il fabbisogno di credito
delle imprese.
“Contro la restrizione del credito che
incombe sulle pmi - spiega ancora
Mauro Gola -, si chiede che vengano allentati, per 18 mesi, i vincoli
patrimoniali imposti da Basilea 2,
che frenano le banche nel concedere finanziamenti alle imprese.
Occorre garantire in via automatica
e immediata la deducibilità fiscale
delle perdite su crediti, qualora si
ricorra agli strumenti studiati per
aiutare le imprese a superare la crisi e
quindi consentire agli istituti bancari
minori accantonamenti a fronte dell’erogazione dei prestiti alle picccole
e medie imprese, rendendo meno
stringenti i vincoli patrimoniali e
diluendo la valutazione del rischio
del credito. Una misura che però si
deve riflettere integralmente su una
maggiore erogazione di credito alle
imprese”.
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conduzione familiare nella
delicata fase del passaggio
generazionale, quali sono
le richieste a cui deve rispondere questa tipologia di azienda per vincere
la difficile sfida della competizione
in un mondo sempre più globalizzato e, soprattutto, quali strumenti
ha a disposizione. Per chiarire questi
e altri punti si è svolto il 3 dicembre scorso, in Confindustria a Cuneo
il convegno “Crescita e governance
nelle imprese familiari”, organizzato
da Intesa Sanpaolo Private Banking
e Confindustria Cuneo. Il vice presidente di Confindustria Cuneo, Mauro
Gola, ha aperto il seminario ricordando come “le imprese familiari costituiscono il cuore del tessuto produttivo
della Granda ed è quindi sempre più
necessario che esse conoscano le possibilità tecniche per garantire un adeguato e sicuro passaggio del testimone
da una generazione ad un’altra”. Fare
impresa oggi non è un gioco facile per
via delle complessità che interessano
non solo l’economia, ma anche la
società e le dinamiche familiari, e
nel corso dell’incontro i rappresentati
del gruppo Intesa San Paolo hanno
fornito indicazioni molto utili per
Da sinistra: Stefano Marchesotti, Umberto Strano e Flavio Ravera
le aziende cuneesi. Alla presenza di
Paolo Bagetta, coordinatore Liguria e
Piemonte Sud Intesa Sanpaolo Private
Banking (Isbp), il primo a prendere
la parola è stato Fabrizio Guelfa del
Servizio Studi del gruppo bancario,
che ha illustrato le previsioni di sviluppo delle aziende italiane, concentrandosi sulle ripercussioni della crisi in
atto e sulle strade da percorrere per un
rilancio delle nostre Pmi. Si è passati,
poi, ad analizzare gli aspetti tecnici e
fiscali legati all’utilizzo dei Trust con
Flavio Ravera (responsabile Wealth
Management Intesa Sanpaolo Private
Banking); questo particolare istituto
del sistema giuridico è uno strumento
di origine anglosassone sempre più
usato anche nel nostro Paese e serve
a regolare una molteplicità di rapporti
giuridici, in particolare in materia di
successione e diritto societario.
È toccato, poi, a Stefano Marchesotti
della Sirefid, fiduciaria del gruppo
Isbp, spiegare cosa sono e come funzionano i Patti di Famiglia, contratti
utilizzati dall’imprenditore per trasferire, in tutto o in parte, la propria
azienda ad uno o più discendenti. Il
convegno è stato chiuso, infine, da
Umberto Strano (direttore generale
Intesa Sanpaolo Trust Company) che è
ritornato a parlare di Trust connessi al
passaggio generazionale, definendone
gli attori, i beni oggetto del conferimento, il ciclo di vita, gli ambiti di
intervento e, soprattutto, confrontandoli con i Patti di Famiglia, per far
capire la convenienze nell’usare l’uno
piuttosto che l’altro strumento.
Dicembre 2009
dentro la crisi
N° 0
convegno - “le opportunità di credito per i giovani”
le banche devono “cambiare rotta”
Un cliente su quattro non è soddisfatto del rapporto con il proprio istituto. I giovani chiedono una diversa concessione del credito
Annalisa Audino
U
n anno dopo la crisi finanziaria, la battaglia tra
debito, credito e crescita
è al centro dell’economia
mondiale, con ovvi riflessi anche nel
dibattito della politica economica. Nei
prossimi mesi le prospettive economiche mondiali dipenderanno in larga
parte dalle scelte governative e le
più recenti previsioni suggeriscono
come, in diverse parti del mondo, la
crescita potrebbe avere la meglio sul
debito poiché, come ci insegna la storia economica dei grandi “rientri” dal
debito pubblico, l’unico modo credibile per ripagare imponenti espansioni
fiscali rimane quello della crescita.
Rallegrandoci per queste previsioni, non dobbiamo però dimenticare
che il ritorno alla crescita è in larga
parte alimentato da notevoli stimoli di
politica economica e finanziaria, che
hanno solide radici già nel semplice
comportamento che imprese ed enti
bancari e finanziari avranno intenzione di adottare.
In particolare, dato che la difficile
battaglia si sta giocando anche in
casa nostra, sembra essere fondamentale per l’economia locale l’investimento sulle piccole e medie aziende,
con particolare attenzione ai progetti
giovani, non solo per creazione, ma
anche per risorse umane principali.
Giovani e futuro è infatti un binomio da sempre strettissimo, che negli
ultimi tempi, anche grazie alla crisi,
sembra avere qualche difficoltà a farsi
garante di crescita, sviluppo e innovazione. In realtà bisogna ammettere
che, da alcuni anni, numerose sono le
iniziative che hanno cercato di favorire le politiche giovanili: l’economia è stata infatti testimone di un
riordino dell’accesso alle professioni,
vari riconoscimenti delle associazioni professionali, un raccordo con la
normativa dell’istruzione secondaria
Da sinistra: Dario Perucca, Claudio Rovere, Matteo Nasi, Matteo Borgogno e Alessandro Battaglia confindustria e coldiretti
“Non basta essere giovani per ottenere del credito”
Al convegno non potevano certo mancare i diretti interessanti, i
giovani, che sono intervenuti su più fronti portando attuali spunti
di discussione ai convenuti. Tra questi particolarmente interessante l’intervento del presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di
Confindustria Cuneo, Alessandro Battaglia, che ha introdotto la sua
relazione con un concetto provocatorio: non si ha credito solo perché
si è giovani. Essere giovani non basta. “Le opportunità di credito
infatti - ha spiegato Battaglia - devono essere erogate quando il
progetto è credibile, ossia, quando alla base della proposta ci sia
la volontà e uno studio della possibilità che questo si realizzi realmente. È indubbio, analizzati i dati enunciati durante il convegno
e i canali ufficiali di informazione, che la banche eroghino credito,
ma ci si chiede a chi venga dedicato. La risposta è contraddittoria:
si dice che la percentuale dei prestiti sia accelerata del 2% e che
la percentuale di credito dato alle imprese italiane corrisponda al
138%, ma una parte ancora troppo ampia viene riservata alle multinazionali o ai grandi gruppi, danneggiando il sistema locale, vale
a dire le piccole aziende che vogliono e hanno le qualità di nascere
e svilupparsi sul territorio portando ricchezza e sviluppo. A queste
imprese, ad esempio, che hanno spesso meno di 20 addetti, è stato
riservato solo lo 0,8% dei prestiti del 2009”. La ripresa economica,
secondo i dati riportati da Battaglia, è ancora molto instabile e nervosa: “La realtà, purtroppo, - ha concluso Battaglia – è che ci sono
poche possibilità per i giovani: l’Italia è il paese occidentale più protettivo nei confronti dei propri figli, ma anche quello che sta agendo
maggiormente contro di loro. Su ogni giovane italiano gravano 80
mila euro di debito pubblico e 250 mila euro di debito pensionistico.
È quindi fuorviante pensare che ci sarà un’immediata ripresa e che
soprattutto il credito sia l’unica soluzione”. Tra i dati riportati da
Battaglia, anche la scoraggiante diminuzione dei finanziamenti
all’agricoltura, confermata dal presidente dei Giovani Coldiretti,
Dario Perucca: “Siamo i testimoni di una fase di cambiamento: a
differenza dei nostri genitori, siamo ormai consapevoli che è necessario creare una filiera interamente italiana, compatta e tutelata,
che ci permetta di essere buoni produttori, ma anche responsabili
e capaci nella vendita del nostro prodotto. Il rapporto della giovane
agricoltura con il mondo bancario sta migliorando, benché ancora
oggi sia molto problematico perché vittima di una severa selettività
e diffidenza sia da parte dei produttori che degli economisti”. Per far
fronte a questo problema e per creare un istituto di intermediazione
tra giovani e mondo finanziario in campo agricolo, la Coldiretti ha
quindi creato la Agricolfidi, importante mezzo per gestire e aiutare
le aziende agricole italiane (il cui 91% è ancora a conduzione
famigliare) a unirsi in consorzi e creare i presupposti per aprirsi a
nuovi mercati e radicarsi ancora di più sul territorio. Al termine degli
interventi il moderatore ha aperto la “tavola rotonda”: protagonisti
non solo i relatori, ma soprattutto il giovane pubblico che ha avuto
modo di richiedere ulteriori informazioni, dando vita ad un dialogo
interessante e votato alla praticità degli interventi. Le domande
sono state principalmente poste da alcuni giovani interessati a far
finanziare un progetto imprenditoriale e quindi intesi ad approfondire maggiormente la figura del “Business Angel”. Questo operatore
finanziario è infatti apparso, agli occhi dei giovani imprenditori, una
carta vincente e non troppo difficile da ottenere per offrire valore
aggiunto al proprio lavoro attraverso il sostegno di persone esperte
in un determinato settore che insieme all’imprenditore si impegnino
al massimo, non solo dedicando cospicue somme di denaro, ma
anche competenze e tempo allo sviluppo del progetto.
superiore e universitaria, vari protocolli d’intesa per finanziamenti agevolati e numerose iniziative a favore
delle imprese di ogni dimensione. Il
convegno “Le opportunità di credito
per i giovani”, organizzato dall’Associazione Alumni Bocconi, presso
la Casa Montis Regalis di Vicoforte,
sabato 28 novembre, ha cercato di
analizzare e approfondire proprio tutte
quelle iniziative rivolte a offrire ai
giovani credito finanziario, commerciale e professionale, in particolare
in questo periodo economicamente
difficile. Dopo un breve saluto delle
autorità intervenute all’incontro, tra
cui il sindaco di Vicoforte, Gian Pietro
Gasco, il vescovo Mons. Luciano
Pacomio e l’assessore provinciale al
Lavoro, Pietro Blengini, il moderatore
ed organizzatore dell’evento, Matteo
Nasi, ha introdotto i numerosi relatori.
Il convegno ha vantato la presenza
e gli interventi di amministratori e
funzionari dei più importanti enti bancari e finanziari della Regione (Crt,
Banca di Credito Cooperativo, Cassa
Rurale di Savigliano, Eurofidi, Iban,
Camelot, etc), oltre che personalità
carismatiche della politica locale e
delle associazioni di categoria. Dalle
parole dei relatori e dall’interessante
tavola rotonda è trapelato che, nonostante le previsione di una modesta
ripresa per il 2010, con una crescita
dello 0,5% annuo l’Italia riuscirà a
tornare al livello di reddito pre-crisi,
ossia relativo al 2007, soltanto nel
2020 circa. Inoltre, se il livello di soddisfazione del rapporto tra banche e
clienti, secondo i sondaggi, è oggi pari
al 75% circa, ci sono ancora criticità
che devono essere risolte velocemente
per poter rimettere in modo la macchina produttiva ed economica. Appare
evidente come le banche debbano
introdurre un’inversione di tendenza, sia orientandosi verso una diversa
concessione del credito, sia investendo
maggiormente sul territorio.
10
agroindustria
Dicembre 2009
N° 0
vitivinicoltura - “boroli wine forum 2009”
serve più qualità ad un costo minore
Solo in questo modo il vino potrà rappresentare un motore di sviluppo per il territorio provinciale e per la sua economia
Beppe Malò
I
l vino può o potrà rappresentare
un motore di sviluppo per il territorio e la sua economia?
La questione, quanto mai vitale
per un comprensorio che guarda al
turismo come volano economico, è
stata affrontata e sviluppata nel corso
di una giornata di studio promossa da
Achille Boroli presso la cantina “La
Brunella” e svoltasi a Castiglione
Falletto lo scorso 27 novembre.
Alla prima edizione del “Boroli Wine
Forum” hanno portato il loro contributo il vice ministro dell’Economia e
Finanze Giuseppe Vegas, il segretario nazionale della Lega Nord e capogruppo del Carroccio alla Camera dei
Deputati Roberto Cota, Costantino
Charrère, presidente della Federazione italiana dei vignaioli indipendenti,
il giornalista Cesare Pillon e il vitivinicoltore Bruno Ceretto. Il “Boroli Wine Forum” è stato introdotto e
condotto, nel ruolo di moderatore,
dall’economista Oscar Giannino.
L’intento della prima edizione del
Forum è stato quello di sollecitare
una forte coesione tra i produttori del
settore per far rendere al meglio il
Parterre d’eccezione: da sinistra, Giuseppe Vegas, Oscar Giannino, Bruno Ceretto e Cesare Pillon (Foto: Malò)
potenziale espresso dai territori d’eccellenza del vino italiano.
“Quella del Forum - ha spiegato
Achille Boroli - è una nuova opportunità per costruire una vera e propria piattaforma d’informazione e di
pianificazione per mettere in luce lo
stato dell’arte del nostro settore in un
momento, quello di poco successivo
alla vendemmia, idoneo a tracciare
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La seconda edizione
del Forum di Achille Boroli
è nato con l’obiettivo
di tracciare le linee guida
per la nuova annata
vitivinicola all’indomani
della vendemmia
le linee guida per lo sviluppo della
nuova annata vitivinicola. A muovere il nostro interesse, motivando me
e mio padre Silvano a mettere mano
all’iniziativa, è la necessità di riflettere sul modo migliore per diffondere la cultura del buon bere, dei valori
culturali del vino e dei suoi territori
facendo di un patrimonio unico del
Paese, una risorsa fondamentale per
la nostra economia”.
In questa direzione l’obiettivo che
il convegno si è posto è stato quello
di individuare le future direttrici di
crescita e le tendenze del consumo
e dare impulso alla ricerca dei valori
collegati al territorio, alla valorizzazione delle cantine e delle aziende
del settore e alla ricerca di prodotti
d’eccellenza quali “testimonial” dell’autenticità e della qualità del made
in Italy.
Nel suo intervento Costantino
Charrère ha affrontato il tema delle
nuove norme europee che regolano
le produzioni agroalimentari tra cui
il vino.
“Una serie di norme - ha sottolineato - che in questo momento tutelano
maggiormente il processo di trasformazione della materia prima e molto
meno tutto ciò che concerne il territorio che l’ha prodotta. Il vino rischia
perdere le sue caratteristiche e valori
di autenticità e qualità superiore per
via degli stessi meccanismi globalizzanti che già hanno messo in crisi il
made in Italy nel settore della moda.
Inquadrati nell’ambito di una “Dop
Europa” i nostri vini perderebbero
gran parte della capacità di attrazione
nei confronti del mercato che guarda
ai valori aggiunti espressi dal “Terroir”.
“Ecco perché - ha concluso - è sempre più urgente fare sistema intorno
alle nostre specificità, creando una
‘nuova cultura del territorio’ su cui
fare perno per dare un futuro a tutta
l’economia italiana”.
Timori e rivendicazioni che hanno
anche una data a cui fare riferimento. Il 2015, anno in cui è prevista la
liberalizzazione degli impianti e la
delocalizzazione delle attività produttive al fine di abbattere i costi di
produzione, ma scollegando definitivamente i prodotti dalla loro origine
e specificità.
Valori determinanti, la cui importanza fondamentale è stata analizzata da
Cesare Pillon - giornalista e critico
enologico - che ha dedicato il suo
intervento al tema dell’eccellenza in
campo vitivinicolo.
“Noi italiani - ha esordito Pillon stiamo compiendo passi importanti
sul tema della qualità ormai da 30
anni. In questo senso ricordiamo però
molto bene che i nostri principali
antagonisti - i colleghi francesi - lavorano sulla qualità già da 300 anni.
Abbiamo fatto passi avanti molto
consistenti lavorando con creatività e
fantasia applicate non solo al prodotto, ma alla confezione, al design, alle
strategie di marketing e promozione.
Ci siamo fatti onore e spazio conquistando consistenti spazi di mercato,
spesso in sinergia col settore della
ristorazione. Abbiamo indiscutibilmente recuperato molto terreno, ma il
settore ha costruito la sua dimensione
qualitativa, la sua eccellenza fuori spesso contro - un sistema di regole
condivise. Il sistema italiano dell’eccellenza si è formato all’esterno di
un contenitore legislativo condiviso,
affidandosi quasi sempre a iniziative
brillanti, ma carenti sotto il profilo
della coordinazione”.
La soluzione, quindi, è tornare alla
storia. “Dobbiamo impegnarci per
dare valore alla nostra storia - ha ribadito Pillon -, alla tradizione, alla
geografia locale per non correre il
rischio di cadere nel calderone omologante di un sistema di Dop su base
continentale. E impegnarci a vendere qualità, sicurezza e tracciabilità.
La riqualificazione delle produzioni
italiane deve passare attraverso lo
strumento della volontarietà su cui
costruire un’immagine di fiducia e
rigore nei confronti del prodotto con
un feed back che si riverbera in breve
sui dati di mercato. Infine dobbiamo
puntare sul fatto che il vino dovrà
avere una qualità certa per ogni scaglione di prezzo. Diversamente, non
essendo alimento fondamentale, il
consumatore ne prenderà le distanze.
I consumatori hanno aspettative costantemente in evoluzione: occorre
che i produttori non restino immobili
di fronte al mutare di queste richieste. La chiave del futuro sarà coniugare maggiore qualità e minori costi
al consumo”.
In questo senso il sistema delle “menzioni geografiche aggiuntive” - la via
italiana ai cru - potrebbe non essere
la strada migliore per collegare qualità, tipicità e territorio. “Un percorso orizzontale di spartizione dei cru
- hanno fatto rilevare i relatori - che
non ha nulla a che vedere con la ‘piramide’ francese messa in funzione
oltre 200 anni fa per regio decreto,
dove ad ogni scalino corrispondono
ben precise referenze territoriali”.
Ovvero: se una bottiglia di “Romanèe
Conti” costa 3.000 euro, questo significa che proviene da un vigneto
storico, che ha caratteristiche uniche
e che produce pochissime migliaia di
bottiglie e non tutti gli anni. Il tutto
verificabile, tracciabile e qualitativamente ai massimi livelli. Il mercato
poi, a questi livelli, non conosce crisi.
Bruno Ceretto ha puntato il dito
contro lo spreco di risorse pubbliche in campagne promozionali inefficienti e messo in guardia contro
l’incontrollato estendersi dei vigneti
anche in zone relativamente vocate
col pericolo che i grandi rossi del
Piemonte finiscano per essere vittime
di una pericolosa inflazione e di un
pericoloso declassamento.
Buone notizie, in conclusione e come
viatico per il futuro, sono giunte dal
vice ministro Vegas, che ha ribadito
come il settore vitivinicolo sia attualmente e stabilmente la seconda voce
dell’export agroalimentare italiano,
facendo registrare nel 2009 una lieve
contrazione dei volumi, ma non una
diminuzione del fatturato.
Dicembre 2009
agroindustria
N° 0
11
ortofrutta - progetto di tecnogranda
i piccoli frutti possono vivere di più
Il nuovo packaging permette di allungare, senza additivi chimici, di 3 giorni la vita delle fragole e di 60 quella dei mirtilli
Ilaria Blangetti
I
consumi alimentari favoriscono
sempre di più i prodotti freschi
dell’ortofrutta.
Da questa semplice convinzione nasce un ambizioso progetto targato Tecnogranda, ossia un
packaging innovativo per i piccoli frutti, presentato mercoledì 9
dicembre nell’ambito del convegno
“L’innovazione come strumento per
superare la crisi”, promosso proprio
da Tecnogranda, associazione Air,
Mark Up e Sole 24 Ore Businness.
“Vogliamo sostenere una delle vocazioni locali più importanti del nostro
territorio, l’ortofrutta, che gode di un
mercato sano, oltre a un’estensione
importante in termini di stagionalità
e a una leadership di mercato - commenta Alessandro Ferrario, direttore
Tecnogranda -. Abbiamo deciso di
concentraci sui piccoli frutti, sperimentando con l’aiuto del Politecnico,
della Facoltà di Agraria di Torino e
della Novamont, un’azienda leader
per la produzione di materie plastiche biodegradabili, un packaging
innovativo per conservare bene e
naturalmente i prodotti freschi”.
Un packaging innovativo che permette di allungare, senza additivi
chimici, di tre giorni la vita delle
fragole e di 60 quella dei mirtilli,
risultati ottenuti attraverso uno studio che parte dal prodotto vivo e lo
caratterizza. Si tratta di un sistema
di imballaggio semichiuso, senza i
tipici “forellini”, che permette al
prodotto fresco di evolversi in modo
controllato. La plastica utilizzata è
biodegradabile, prodotta a partire
dagli amidi di mais, un progetto ad
hoc, ancora da perfezionare, ma che
già in questa fase promette grandi
opportunità.
“Sappiamo che una non buona conservazione dei prodotti significa una
perdita per la filiera agricola - commenta Ferrario -. I prodotti che non
arrivano in tavola a causa di una
conservazione non ottimale devono
essere eliminati e, dato che non esiste
un sistema per smaltire separatamente i prodotti misti, frutti più imballo,
tutto ciò si traduce in costi per l’ambiente e problemi di sostenibilità per
la filiera”.
La plastica a base mais e i frutti possono invece essere smaltiti insieme,
in quanto entrambi prodotti biodegradabili, “e questo è un dato importantissimo - aggiunge Ferrario - se
pensiamo che il 50% di tutti i rifiuti
urbani è rappresentato dagli imballaggi dell’industria alimentare”.
I risultati fin qui ottenuti, seppur
ancora in uno stato embrionale del
progetto, hanno permesso di raggiungere interessanti obiettivi: disaccoppiare il momento della raccolta
il convegno
la crisi si vince solo con l’innovazione
Con quali strumenti si può trasferire il sapere tecnologico alle imprese e come implementare da subito le innovazioni? Per rispondere a queste domande è stato organizzato il convegno “L’innovazione come strumento per superare
la crisi. Le potenzialità dell’agroalimentare”, che si è svolto mercoledì 9 dicembre al Mater Amabilis di Cuneo. Ad
aprire i lavori Stefano Siccardi, responsabile del corso di Laurea in Giurisprudenza a Cuneo, che ha sottolineato l’importanza dell’ateneo cuneese per quanto riguarda la ricerca. La parola è passata, poi, al presidente della Fondazione
Crc, Ezio Falco, che ha sottolineato la necessità di creare un sistema a “cerniera” tra le imprese - spesso piccole e
strutturalmente inadeguate per innovare da sole -, i centri di competenza e le banche. Parole confermate dai fatti,
visto che la Fondazione Crc nel 2009 ha portato al 7% le erogazioni destinate all’innovazione, con uno stanziamento
annuale di oltre 2 milioni di euro. Anche il Parco Scientifico Tecnologico Tecnogranda condivide la strada della
ricerca e i risultati si vedono: sono 50, in media, i tecnici impegnati nei laboratori e le oltre 370 aziende interessate
a partecipare ai progetti del Polo di Innovazione Agroalimentare, di cui la struttura dronerese è ente gestore. “Una
risposta concreta - ha evidenziato il presidente di Tecnoganda, Mario Chiotasso – anche per dimostrare che attività
di ricerca a livelli di eccellenza possono essere intraprese sul nostro territorio”. L’assessore provinciale all’Ambiente
Luca Colombatto si è soffermato sul difficile equilibrio tra paesaggio e infrastrutture per le energie rinnovabili,
mentre Piera Magnatti (Centro Studi Nomisma) ha individuato nelle piccole dimensioni delle aziende, nel loro lento
ricambio generazionale e nella non adeguata formazione degli imprenditori del settore i principali handicap che
l’agroalimentare sconta in Italia. È pur vero, però, che nell’ultimo decennio l’agricoltura è stata soggetta a notevoli
cambiamenti. L’assessore regionale all’Agricoltura Mino Taricco ha parlato di “rivoluzione copernicana”, riferendosi
ai mutati gusti dei consumatori, a una nuova geografia per la coltivazione di alcuni prodotti e alle nuove regole
varate dall’Unione europea. A conclusione della prima sessione di lavori sono intervenuti, Franco Chittolina, responsabile del Centro Studi della Fondazione Crc, e Carlo Mango, direttore dell’area Ricerca Scientifica e Trasferimento
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da quello della vendita, con meccanismi di governo migliori, permette
ai coltivatori di spuntare risultati
migliori sul mercato, con un guadagno pari a un più 30%. Inoltre si
riduce il prodotto buttato, gestendo
dinamicamente, come detto, in modo
naturale le date di scadenza del prodotto. Infine tutto ciò permette un
posizionamento diverso sul mercato
di questi produttori rispetto alla grande distribuzione.
“Questo progetto è nato da un mix
di competenze imprenditoriali e
del mondo della ricerca, - conclude
Ferrario -, nel pieno rispetto dei
principi di Tecnogranda, che si pone
come ente facilitatore per far incontrare i vari ambiti di ricerca”.
“Il progetto è sostenuto anche dall’Air, l’Associazione innovazione e
ricerca creata nel novembre 2007
su iniziativa della Fondazione Cassa
di Risparmio di Cuneo, con la partecipazione dell’ente Provincia di
Cuneo e dell’Università degli Studi
e del Politecnico di Torino - spiega
Ezio Falco, presidente Fondazione
Crc -. L’obiettivo era ed è quello di
avere uno strumento flessibile tra le
mani, per mettere in rapporto università e impresa, finanziando progetti
di ricerca. Contribuiremo al progetto Tecnogranda con 200 mila euro
all’anno (150 mila dalla Fondazione
e 50 mila dalla Provincia) per quattro anni, perché crediamo nelle ricerche applicative finalizzate al nostro
territorio. La Fondazione Crc ha
aumentato, nel corso degli anni, i
fondi destinati alla ricerca arrivando
al 7% del totale budget a disposizione; consideriamo questo un segnale
forte e speriamo che il territorio sia
in grado di coglierlo”.
L’innovazione per superare la crisi,
dunque, perché “solo con l’innovazione l’uomo può evolversi - commenta Elisabetta Barberis, preside
della facoltà di Agraria di Torino -.
Noi come università provvediamo a
formare bene le persone che dovranno poi fare ricerca, in un sistema
competitivo ed elaborato. Lo sappiamo, l’innovazione è possibile solo
con una buona ricerca e la ricerca è
possibile solo con un buon sistema
generale”.
Una testimonianza transfrontaliera è giunta, infine, da Jaques
Bardouin, professore dell’Université Européenne Saveurs Senteurs
di Forqualquier, che è intervenuto sui progetti innovativi intrapresi
nella regione Provence-Alpes-Côte
d’Azur per la produzione di cosmetici, essenze e profumi, osservando
come gli investimenti in ricerca e
sviluppo siano ormai imprescindibili anche per aziende di piccole
dimensioni.
12
Confindustria notizie
Dicembre 2009
N° 0
nuova sede - restauro casa betania
Vince il progetto del gruppo bonicco
Dopo un’attenta fase di valutazione dei 28 progetti presentati al concorso di idee, la Commissione giudicatrice ha scelto il vincitore
il progetto
Trasparenze eclettiche
Un rendering del progetto di ristrutturazione di Casa Betania vista dall’ingresso (Foto: Gruppo Bonicco)
I
l Gruppo Bonicco, studio di
architettura di Cuneo, si è
aggiudicato il primo premio del
concorso di idee per il restauro
di Casa Betania - futura nuova sede
dell’associazione - indetto con un
bando pubblicato nella scorsa primavera. Il progetto vincitore non è
tuttavia quello definitivo. Gli associati potranno prendere visione delle
tavole progettuali e dei plastici presso la sede di Confindustria Cuneo.
Fino a fine gennaio saranno raccolti
i suggerimenti e le segnalazioni che
perverranno e che saranno presentati
nel corso di una Giunta straordinaria
appositamente convocata.
“Quello di Casa Betania - commenta Nicoletta Miroglio, presidente di
Confindustria Cuneo - è un progetto
che rimarrà nella storia dell’associazione. Per questa responsabilità della
mia presidenza, che sento molto
forte, desidero il supporto che tutti
gli associati mi vorranno offrire con
i loro suggerimenti, in modo da arrivare a una Giunta straordinaria in cui
prenderemo la decisione definitiva
sul progetto da attuare”.
Il concorso di idee per il restauro di
Casa Betania ha preso il via con il
bando pubblicato da Confindustria
Cuneo lo scorso 14 aprile. Il 29 maggio, ultimo giorno per partecipare,
i progetti pervenuti in associazione
erano 28, presentati da diversi studi
di architettura provenienti da tutto il
territorio nazionale.
Il 7 agosto si è chiusa la prima
fase, con la pubblicazione della graduatoria generale che ha permesso
l’accesso alla seconda fase dei primi
tre progetti classificati: quello del
Gruppo Bonicco, poi risultato vincitore, insieme a quelli dei gruppi
Nasetta e Botto.
Lo scorso 30 ottobre i tre progetti finalisti sono stati presentati alla
giunta dalla Commissione incaricata,
formata da Giovanni Battista Mellano
(presidente della Icc Immobiliare
Confindustria Cuneo), Piera
Spotorno (presidente dell’Ordine
degli Architetti) e Luigi Asteggiano
(direttore di Confindustria Cuneo).
La giunta di venerdì 27 novembre
ha visto la chiusura del bando e
la pubblicazione della graduatoria
finale. Durante l’incontro, il presidente della Commissione incaricata
Giovanni Battista Mellano, ha illustrato i tre progetti finalisti e le loro
caratteristiche, proiettando anche un
breve filmato relativo al progetto vincitore. La motivazione che ha portato
a scegliere il progetto del Gruppo
Bonicco è riconducibile “all’alta
capacità espressiva del progetto in
cui l’ente si può ‘riconoscere’, date la
complessità delle richieste funzionali
avanzate dal bando e delle incertezze
normative rilevate, nella consapevolezza che la qualità architettonica è
un valore aggiunto imprescindibile
dal costrutto”.
Il secondo premio è stato assegnato
ex aequo al Gruppo Nasetta, “per
la capacità di fondere innovazione
e tecnologia in un dosato rapporto
ambientale” e al Gruppo Botto, “per
un inserimento volumetrico, esteso ai
massimi termini, dialogante agilmente con l’edificio eclettico”. Gli elaborati (tavole, relazioni e plastici) sono
a disposizione degli imprenditori che
ne vorranno prendere visione presso
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L’adeguamento dell’edificio storico di
Casa Betania alle nuove esigenze funzionali si configura a tutti gli effetti come
un’importante occasione di riqualificazione urbana in cui convivono aspetti storici,
architettonici, urbanistici e di attenzione
alle risorse ambientali; in questo senso
tra gli obiettivi di fondo del concorso vi
è la riduzione del consumo di risorse non
rinnovabili e dell’emissione di gas serra,
nonché l’uso marcatamente innovativo di
fonti energetiche rinnovabili.
Il progetto si confronta con due problematiche: la riqualificazione di un patrimonio
edilizio esistente, composto dal complesso
di Casa Betania e dal relativo parco storico e la costruzione di un ampliamento
in misura del 30% della Superficie Utile
Lorda esistente.
Lo spazio che circonda Casa Betania ha
una forma ben delimitata, che definisce un
chiaro rapporto di pieno/vuoto tra l’edificio
e il relativo spazio aperto. La proposta qui
descritta è basata sul rafforzamento di
questo rapporto, che si concretizza sinteticamente nella scelta di:
1. non aggiungere alcuna volumetria
edilizia all’interno del parco;
2. far coincidere la costruzione dell’ampliamento con il rifacimento di una
porzione degradata del vecchio edificio.
Questa semplice operazione consente di
densificare il tessuto urbano esistente
evitando un ulteriore consumo di suolo. In
questo senso va precisato che qualsiasi
volumetria edilizia inserita nel parco, a
meno che non venga realizzata in forma
ipogea, proietterebbe coni d’ombra su
Casa Betania e questo aspetto non è particolarmente efficiente dal punto di vista
energetico.
Il complesso edilizio di Casa Betania risale agli anni ‘40 del secolo scorso e ha
un carattere architettonico che il Piano
Regolatore di Cuneo definisce come “eclettico”. Il termine “eclettismo” in architettura indica un genere nato nel ‘700 che
riprende le principali caratteristiche delle
forme artistiche precedenti, modellandole e adattandole a nuove esigenze. Nel
concetto di “eclettismo” è quindi insita
la contaminazione non solo tra forme e
linguaggi, ma anche tra tecnologie e materiali molto diversi tra di loro, che trovano
un nuovo equilibrio all’interno della logica
di un progetto. Casa Betania nasce come
edificio destinato alle attività di raccoglimento e preghiera e per questo mostra
un carattere introverso nei confronti del
tessuto urbano circostante. L’alto muro di
recinzione in mattoni, che perimetra l’intera superficie della proprietà, impedisce
non solo il pubblico accesso, ma anche la
visuale verso il parco interno.
L’insediamento di un’istituzione importante come Confindustria all’interno del complesso storico di Casa Betania presuppone
un adeguamento dell’edificio che non può
limitarsi agli aspetti funzionali, ma deve
fondarsi sulla ricerca di una nuova identità
e sull’instaurazione di un diverso rapporto
con la città. L’edificio così come si presenta oggi deve cambiare letteralmente pelle,
rivelando in modo trasparente la nuova
destinazione d’uso e aprendo alla visuale
pubblica uno spazio verde che sinora è
stato “nascosto” da una parete in mattoni.
Il nuovo intervento utilizza forme, materiali
e tecnologie marcatamente contemporanee
e improntate alle logiche di sostenibilità e
risparmio energetico, che si diversificano
da quelle appartenenti al complesso originario senza però esservi estranee.
La trasparenza con cui l’istituzione
Confindustria si pone nei confronti del
tessuto urbano e, in senso più ampio,
della città di Cuneo è evidente sia nella
recinzione a pannelli metallici traforati che
perimetra il parco storico, sia nelle doppie
pareti vetrate con cui è tamponato il volume che sostituisce la vecchia copertura a
falde. Tale sistema vetrato funziona come
una serra solare, in grado di accumulare e
sfruttare l’energia termica per la climatizzazione della parte terminale dell’edificio.
Il rifacimento della copertura di Casa
Betania è interpretato come un’occasione
per rafforzarne il carattere eclettico: il
vecchio tetto a falde viene sostituito con
un volume trasparente caratterizzato dalla
forma semplice, che ripercorre il perimetro
delle vecchie pareti murarie in mattoni.
Questa semplice operazione consente da
un lato di ridurre sensibilmente le dispersioni di calore della costruzione esistente
e dall’altro di concentrare la volumetria
dell’ampliamento nella parte dell’edificio
che gode della migliore esposizione solare,
nonché di un’ampia visuale verso la città
e verso l’arco alpino.
La nuova copertura è quindi il risultato
finale della sovrapposizione di due esigenze fondamentali:
- ricercare l’orientamento e le inclinazioni
che sfruttino al massimo l’efficienza dei
pannelli solari termici e fotovoltaici. I pannelli forniscono energia elettrica e acqua
calda alla pompa di calore geotermica che
regola il funzionamento dell’impianto di
climatizzazione;
- rendere invisibili tutti i pannelli e gli
impianti tecnici dal parco storico e, più
in generale, dallo spazio pubblico della
strada.
La trasparenza dell’ampliamento viene
regolata, durante il giorno e al variare delle
stagioni, dal movimento automatizzato di
tende schermanti arrotolabili. Tali schermature sono intessute con una particolare
trama decorativa che da un lato richiama
in modo esplicito i motivi Art Nouveau tipici dell’epoca in cui Casa Betania è stata
costruita, dall’altro le serigrafie stesse
contribuiscono a incrementare il livello di
schermatura dell’ambiente interno dalle
radiazioni solari estive.
Un semplice elemento tecnologico valorizza dunque l’identità storica dell’edificio e al tempo stesso rende mutevoli e
affascinanti gli spazi degli uffici, della
Sala del Consiglio Direttivo e del giardino
d’inverno. Quest’ultimo in particolare rappresenta in modo chiaro e inequivocabile
l’attenzione ai temi ambientali sposata da
Confindustria Cuneo.
Claudio Bonicco
Dicembre 2009
Confindustria notizie
N° 0
13
ance cuneo
Premiati due impresari e un dirigente
Riconoscimenti a Sergio Occello di Savigliano e Antonio Viglietti di Montanera. Targa di ringraziamento ad Adolfo Zanlungo
Giovedì 3 dicembre, come da tradizione, nel corso del consiglio direttivo pre-natalizio allargato a tutti gli
imprenditori che ricoprono cariche
all’interno della sezione dei costruttori edili della provincia, l’Ance
Cuneo ha premiato due imprenditori
edili che si sono distinti per la loro
pluriennale attività sul territorio. I
riconoscimenti sono andati a Sergio
Occello della Maes srl di Savigliano
e Antonio Viglietti della Viglietti
Antonio e figlio snc di Montanera.
Nel corso della serata è stata consegnata una speciale targa di ringraziamento ad Adolfo Zanlungo, dirigente
sindacale della sezione, già vicedirettore di Confindustria Cuneo, per
l’impegno profuso a supporto della
sezione edile provinciale, regionale
e nazionale.
Sergio Occello, presidente della
Maes srl di Savigliano, nasce l’8
luglio 1931 a Murello, da dove si trasferisce nel dopo guerra per frequentare l’Istituto Tecnico per Geometri,
prima a Torino e successivamente al
Vescovile di Mondovì, dove si diplomò nel 1950. Con il conseguimento
del diploma, inizia l’attività di professionista che lo riporta a Murello
e a Cavallermaggiore, dove apre lo
studio. Durante l’attività di professionista, nei primi anni Sessanta,
conosce Caterina Gagne, che sposerà
alcuni anni più tardi, ma che nel frat-
Da sinistra: Luigi Asteggiano, Marisa Tomatis, Antonio Viglietti, Sergio Occello, Filippo Monge e Adolfo Zanlungo
tempo lo incoraggia a intraprendere
l’attività di rivenditore di pavimenti
e rivestimenti. Nel 1962 nasce quindi
la Maes con sede in corso Marconi a
Savigliano, costituita con la futura
moglie. Sono gli anni del boom economico edilizio e la Maes si impone
subito come punto di riferimento per
le molteplici imprese che operano
non solo sul territorio, ma anche in
Francia e in Liguria. Nel 1968 viene
aperta la nuova sede con esposizione,
che si rivolgerà in maniera più com-
i corsi di formazione di gennaio
CORSO CONTABILITÀ FISCALE E DI MAGAZZINO
21 gennaio, h. 9-13/14-18 – Confindustria Cuneo, corso Dante, 51
Il corso intende affrontare le problematiche riguardanti l’impianto delle scritture e gli adempimenti fiscali, nonché fornire le informazioni necessarie per una corretta impostazione delle
procedure di gestione dei magazzini. Si rivolge a titolari, amministratori, dirigenti e impiegati
amministrativi contabili delle aziende che seguono la contabilità generale e di magazzino,
nonché impiegati tecnici addetti alle movimentazioni del magazzino e/o alla produzione.
CORSO PREVENZIONE INCENDI
27 gennaio, h. 9-13/14-18 – Confindustria Cuneo, corso Dante, 51
È indirizzato a lavoratori incaricati di attuare le misure di prevenzione incendi in luoghi di
lavoro classificati a livello di rischio di incendio medio. Si vogliono fornire ai partecipanti le
conoscenze di base per lo svolgimento dei compiti previsti a carico dei lavoratori addetti alla
prevenzione incendi, attraverso l’erogazione dei contenuti previsti dal D.M. 10 marzo 1998
CORSO PRONTO SOCCORSO BASE AZIENDE GRUPPO A
28/29 gennaio, h. 9-13/14-18 – Confindustria Cuneo, corso Dante, 51
È rivolto ai lavoratori incaricati di attuare le misure di pronto soccorso in aziende o unità
produttive classificate nelle tipologie di gruppo A (art. 1 del D.M. 388/2003) e intende fornire ai partecipanti le conoscenze e le capacità operative di base necessarie per l’attuazione
degli interventi di primo soccorso in caso di infortunio sul lavoro.
CORSO SPESE DI RAPPRESENTANZA, OSPITALITÀ E TRASFERTA
29 gennaio, h. 9-13/14-18 – Confindustria Cuneo, corso Dante, 51
Il corso si prefigge di aggiornare i partecipanti sulle regole fiscali in materia di spese di
rappresentanza, di ospitalità e di trasferta, alla luce delle più recenti novità normative e
regolamentari. Vengono passate in rassegna varie casistiche: spese di vitto e alloggio, quelle
per somministrazione di alimenti e bevande e per prestazioni alberghiere, possibili intrecci
tra spese di trasferta, spese di rappresentanza e spese di ospitalità. Si definisce qual è la
documentazione necessaria e quali sono gli adempimenti amministrativi e contabili.
Come partecipare: contattare l’ufficio Formazione di Confindustria Cuneo (tel:
0171/455.532/425/424 – fax: 0171/697.544 – mail: [email protected]). Verrà fornita
scheda tecnica, modulo di partecipazione e segnalato se il corso beneficia del contributo
della Camera di commercio. Su richiesta i corsi si possono tenere anche presso l’azienda.
pleta anche al privato e ai professionisti aggiungendo, nel corso degli
anni, il servizio di progettazione, ad
incrementare in maniera significativa
l’organico dei piastrellisti. Nel 1976
nasce il figlio Roberto, che nel 1995,
conseguito il diploma di geometra a
Savigliano, entra anch’egli in azienda e coadiuva il papà Sergio, che
nonostante i 47 anni di attività nel
settore e i precedenti da professionista, continua con passione il suo
percorso imprenditoriale.
Antonio Viglietti, socio amministratore della Viglietti Antonio e
figlio snc di Montanera, nasce a
Montanera il 31 maggio 1934. Si
sposa con Margherita Giubergia il
9 settembre 1961 e a ottobre dello
stesso anno inizia l’attività di autotrasportatore in proprio, con un
autocarro usato acquistato a rate.
All’inizio degli anni 70 intraprende l’attività di scavi e movimento
terra e per alcuni anni opera nel
settore privato, prima con un solo
dipendente, poi via via aumentando il personale. Nel 1986 l’impresa individuale si trasforma in
società e, coadiuvato dalla moglie
e dal figlio Ilario, Antonio nel
1987 ottiene l’iscrizione all’Albo
Nazionale dei Costruttori, e inizia
a operare nel settore pubblico realizzando opere stradali, idrauliche
e di difese spondali. Per poter produrre in proprio il materiale inerte,
indispensabile per la realizzazione
dei lavori, amplia l’attività nell’ambito delle cave e si aggiudica
importanti lavori sia nel settore
pubblico che privato.
In un crescendo continuo, l’Impresa ottiene nel 2002 l’attestazione
SOA e nel 2005 la certificazione
ISO 9001/2000. Attualmente la
ditta conta 23 dipendenti e partecipa all’esecuzione di importanti opere quali la realizzazione
dell’autostrada Asti-Cuneo e altri
lavori significativi, sia nel settore
pubblico che privato.
Antonio Viglietti, dopo 48 anni di
attività in proprio, continua ancora
oggi con passione la sua infaticabile
attività, con il desiderio che, nonostante il periodo di crisi economica
che il settore sta attraversando,
il frutto di una vita di sacrifici e
di lavoro, possa essere raccolto e
possa contribuire al proseguimento del cammino dell’impresa con le
future generazioni.
14
aziende e imprenditori
Dicembre 2009
N° 0
fedeltà al lavoro e progresso economico - 57 a premiazione
“sigilli d’oro” 2009 a tre industriali
La metà dei sei riconoscimenti consegnati sono andati a imprenditori associati a Confindustria Cuneo
Paolo Ragazzo
L
a Granda ha premiato i
cuneesi che si sono distinti
per aver messo il lavoro al
centro della loro vita. L’8
dicembre scorso nel padiglione del
centro “BraSport”, nella città della
Zizzola, oltre 200 industriali, artigiani, agricoltori e commercianti, infatti,
hanno ricevuto i tradizionali diplomi
e le medaglie d’oro. La Camera di
commercio di Cuneo ha così voluto
riconoscere l’operato di eccellenti
esempi di “Fedeltà al Lavoro” e protagonisti infaticabili del “Progresso
Economico” del territorio.
Nel corso della cerimonia, giunta
alla sua 57^ edizione, Ferruccio
Dardanello, presidente della
Camera di commercio di Cuneo
e di Unioncamere, ha consegnato
il “Sigillo d’Oro” a tre iscritti a
Confindustria Cuneo: Pier Giovanni
Bordiga di Confreria (Cuneo), presidente dell’omonima azienda che
produce liquori e distillati, Matteo
Bosco di Castiglione Falletto, delle
Terre del Barolo, ed Ernesto Testa di
Lagnasco, a capo della T&G Sistemi.
La motivazione: “Si sono particolarmente distinti nel campo economico
e sociale o hanno dimostrato particolare capacità ed impegno nel settore
in cui svolgono la loro attività”.
Uguale riconoscimento è andato
anche a Beppe Ballauri di Mondovì,
Francesco Bono di San Rocco
Bernezzo e Giusi Masante Pollano
di Farigliano. Il premio speciale di
“Cuneese nel mondo”, invece, è stato
assegnato quest’anno Carlin Petrini,
patron di Slow Food, che partendo
da Bra è riuscito a sdoganare a livello
internazionale i principi del buono,
pulito e giusto. In questo speciale
albo d’oro succede all’imprenditore
Valter Lannutti che si era aggiudicato il titolo nel 2008. Durante la mat-
tinata sono stati premiati inoltre: 59
commercianti e 67 artigiani con 35
anni di ininterrotta attività o appartenenti a famiglie titolari di aziende da
almeno 80 anni, 67 coltivatori con
50 anni di lavoro; 6 affittuari con
35 anni di conduzione di un fondo
agricolo e la cooperativa “Cantina
di Clavesana” attiva da oltre mezzo
secolo.
Tra le numerose autorità che hanno
preso parte alla cerimonia c’era
anche il sottosegretario allo Sviluppo
economico, Alfredo Urso, che ha
portato il saluto del Governo agli
imprenditori della Granda e ha ricordato loro che: “L’Italia è un paese
di “formiche produttive”, grazie alle
risorse accantonate riusciremo ad
uscire dalla crisi economica in atto
con meno affanno rispetto ad altri
Paesi”.
piergiovanni bordiga
Il re del Genepy e dei distillati alle erbe cuneesi
Pier Giovanni Bordiga, nato nel
1927 a Torino da famiglia cuneese, ancora liceale inizia a lavorare nell’azienda di famiglia, la
Cav. Pietro Bordiga; dopo la laurea in Ingegneria al Politecnico
si occupa di impianti idroelettrici
in Piemonte e Valle d’Aosta. La
sua grande capacità gli vale subito l’incarico di direttore Enel del
distretto regionale della Valle d’Aosta, per poi arrivare, dopo numerosi incarichi in giro per l’Italia,
a coordinare nel 1980 le attività
dell’ente per l’energia elettrica in
Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
Nel 2000, con la scomparsa del
fratello Mario e della sorella Maria
Paola, prende in mano le redini
dell’azienda di famiglia, insieme
alla figlia Susanna.
Da quel momento si dedica anima
e corpo allo sviluppo dello stabilimento che produce antichi distillati alle erbe cuneesi, coniugando il
rispetto della tradizione con l’adeguamento alle moderne situazioni
di mercato. L’ingegnere Bordiga
è presidente dell’Associazione per
la Tutela e la Valorizzazione del
Genepy delle valli occitane piemontesi, che coordina la raccolta,
la coltivazione dell’erba e la produzione del tradizionale liquore,
secondo precise norme disciplinari.
matteo bosco
ernesto testa
L’anima delle “Terre del Barolo”
Industriale con passato artigiano
Matteo Bosco è nato a La Morra
nel 1951. Figlio di uno dei primi
soci della cooperativa “Terre del
Barolo” di Castiglione Falletto,
prima di avvicinarsi alla realtà
aziendale è insegnante di scuola
media dove si occupa prevalentemente dell’inserimento e del
sostegno degli alunni svantaggiati. Dal 1977 siede nel Consiglio
di Amministrazione della coo-
perativa. Nel 1990 viene eletto
presidente, carica che ricopre
ancora oggi. Oltre ad essere stato
per un triennio alla guida del
Consorzio di Tutela del Barolo
e del Barbaresco, lo si ricorda
anche in qualità di amministratore della “cosa pubblica”, essendo stato sindaco del suo paese
(La Morra) dal 2004 al 2009. Fa
parte del cda di Banca d’Alba e
dell’Enoteca Regionale Cavour di
Grinzane Cavour. “Desidero condividere questo importante riconoscimento con i circa 400 soci
della cooperativa - ha dichiarato
Matteo Bosco -; grazie allo spirito
di gruppo la cantina è cresciuta
fino a festeggiare i suoi 50 di
vita, ha raggiunto un fatturato di
14 milioni di euro e dà lavoro a
una trentina di dipendenti stabili,
oltre agli stagionali”.
Ernesto Testa è un volto già noto
all’opinione pubblica, cuneese e
non, per essere stato alla guida
della Confartigianato Cuneo dal
1997 al 2001 e vice presidente
nazionale dell’associazione degli
artigiani dal 2000 al 2004. I
cittadini di Lagnasco dal giugno scorso lo conoscono anche
in veste di politico, essendo
stato eletto sindaco del Comune
saluzzese. Nel 1979 costituisce
insieme a Bruno Gozzarino la
Testa&Gozzarino, specializzata
in impianti elettrici industriali. Nel 1994 dà vita alla T&G
Sistemi (automazioni industriali
e consulenza energetica), che
sviluppa hardware e software
per il controllo dei processi e
l’elaborazione dei dati di attività
industriali, con applicazioni dal
sud America all’India. Dal 2004
l’azienda si occupa anche di
energie rinnovabili, realizzando
impianti fotovoltaici, solare termico e investendo costantemente
in ricerca e sviluppo. Nel 2006
la T&G Sistemi entra a far parte
della società Agritracer (sistemi
di tracciabilità nel settore agroalimentare) e della Grand Soleil
Sarl, per cogliere le opportunità
del mercato francese nel campo
delle nuove energie.
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Dicembre 2009
aziende e imprenditori
N° 0
Il personaggio
L’ingegner Bordiga
Congratulazioni ingegner Bordiga. Non è la
prima volta che la sua azienda ottiene un
riconoscimento simile in 121 anni di storia,
ma questa volta ha forse una valenza più personale. Quale significato ha per lei?
“Quando ho ricevuto la telefonata di Dardanello,
che mi comunicava la decisione di riconoscermi questo premio al lavoro, devo ammettere
che mi sono emozionato. La mia vita si lega
indissolubilmente alla vita dello stabilimento che dirigo; anche durante i miei anni di
servizio nell’Enel in giro per l’Italia, sono
sempre stato partecipe alle decisioni aziendali
e proprio in azienda ho iniziato a lavorare fin
da giovanissimo.
Per svolgere al meglio i suoi incarichi da direttore Enel è stato costretto a trasferirsi anche
fuori regione, ma quale rapporto ha mantenuto
con la sua città d’origine?
“Cuneo è sempre stata un punto di riferimento
nella mia vita; anche quando ero distante per
lavoro non ho mai perso ogni occasione utile
per ritornare nella mia città, a far visita alla
famiglia e alla azienda”.
La sua impresa è un esempio di successo del
“sistema Cuneo”. Purtroppo, però, la crisi si
sta abbattendo sulle nostre aziende senza
risparmiare nessuno. Come resistono ai venti
di tempesta i liquori, i vini aromatizzati e gli
sciroppi “targati” Bordiga?
“Il mercato è cambiato molto in questi anni,
ma abbiamo sempre saputo adattarci alle sue
dinamiche e alle esigenze della clientela: gli
sforzi compiuti per mantenere una dimensione
ridotta, garanzia della tradizione locale e della
qualità dei prodotti, fino ad ora sono stati
sempre premiati”.
Nel solco della tradizione risiede quindi il
segreto della “Cav. Pietro Bordiga”?
“Si, ma non solo. La nostra filosofia è stata
anche quella di valorizzare il prodotto del
territorio; negli anni ’70, per esempio, mio
fratello Mario si trovò ad affrontare il problema
della carenza di Genepy in montagna, dovuta
in parte anche allo spopolamento delle vallate.
Da allora ci siamo impegnati a diffondere le
tecniche di coltivazione di questa pianta. Dopo
anni di lavoro scientifico, grazie all’impegno di
Provincia e Regione, siamo riusciti a radunare
coltivatori e produttori nell’Associazione per la
Tutela e la Valorizzazione del Genepy delle valli
occitane piemontesi”.
Oggi il vostro mercato è rappresentato perlopiù
dal Piemonte. Non crede che con la globalizzazione si potrebbero cogliere nuove opportunità,
aprendosi a rapporti commerciali con l’estero?
“Ci stiamo pensando. Molto dipenderà, per
esempio, dall’esito dei lavori per dare vita a un
disciplinare europeo che tuteli la produzione
del Genepy delle Alpi italiane e francesi; dopo
anni di studi, ora siamo in attesa del riconoscimento da parte delle autorità europee. Solo
servendoci di chiari principi, che definiscono e
tutelano la qualità e le specifiche del prodotto,
potremo iniziare a commercializzare il nostro
liquore di montagna fuori dai confini regionali
e nazionali, al pari di ciò che fa la Sardegna
con il Mirto o la Campania con il Limoncello”.
Quali sono, dunque, le strategie di sviluppo per
i prossimi anni?
“Da quando ho assunto il timone dell’azienda
il mio primo obiettivo è stato di garantire
continuità, adesso con l’ingresso di due nuovi
soci stiamo studiando interessanti strategie di
sviluppo e promozione, sempre mantenendo
forte la vocazione territoriale. Da qualche giorno abbiamo lanciato sul mercato il Vin Brulè
in bottiglia, caldo prodotto tipico delle nostre
montagne, che rappresenta un ritorno gradito
per i vini aromatici Bordiga”.
15
ceretto
2a stella michelin a enrico crippa
L
Lo chef del ristorante Piazza Duomo di Alba, entra nella Top 40 dei cuochi italiani
a Guida Michelin ha assegnato ad
Enrico Crippa e al ristorante “Piazza
Duomo” la seconda stella con cui la
prestigiosissima guida francese premia gli chef che proseguono il già rigoroso e impegnativo percorso che li ha portati a fregiarsi
prima stella. Sono solo quaranta, in tutta Italia,
gli chef “doppiamente stellati” e questa cifra, da
sola, racconta quanto il traguardo sia difficile da
raggiungere. La dote maggiore di Enrico Crippa
è la capacità di sintesi tra fantasia e rigore, qualità che - nel 2003 - hanno indotto la famiglia
Ceretto a sceglierlo come coprotagonista del
progetto “Piazza Duomo”. Lo strumento che
estrinseca la capacità di Crippa è senza dubbio
il rigore: una disciplina ben sorretta dal perse-
guimento della perfezione del piatto attraverso
la purezza del procedimento e della tecnica. La
sua è una cucina limpida ed equilibrata fondata su sensibilità, cultura e intuito, competenza
tecnica e rara capacità analitica. Tutto ciò dà
vita a piatti molto personali ed attuali, armonici,
leggeri, sapidi, a base di prodotti scelti con cura
maniacale ed elaborati con precisione micrometrica. Se si domanda a Enrico Crippa quali sono
i suoi obiettivi, risponde semplicemente: “La felicità dei miei ospiti e, di conseguenza, la mia”.
Enrico Crippa è nato a Carate Brianza nel 1971.
La prima esperienza nel campo della ristorazione avviene a sedici anni nello storico ristorante
milanese di Gualtiero Marchesi. Inizia così una
carriera che gli darà modo di collaborare con al-
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Arabian al Ledoyen di Parigi, Antoine Westermann al Buerehiesel di Strasburgo, Michel Bras
a Laguiole, Ferran Adria a El Bulli di Roses.
Nel 1996 approda in Giappone dove per tre anni
svolge l’attività di chef prima a Kobe, per Gualtiero Marchesi, poi ad Osaka, per il Rhiga Royal
Hotel. Qui conosce l’autentica cucina giapponese che lo affascina profondamente, soprattutto
sotto il profilo filosofico. Nel 2003 ha iniziato
a progettare, insieme alla famiglia Ceretto, il
ristorante Piazza Duomo che l’artista Francesco
Clemente ha impreziosito con un affresco che
decora completamente la sala da pranzo.
Beppe Malò
16
aziende e imprenditori
Dicembre 2009
N° 0
egea
L’eccellenza dell’energia cuneese
Con tre miliardi di kWh venduti per il 2010, l’azienda albese entra nella Top 10 degli operatori nazionali
I
UFFICIO
DIVISIONE
l risultato al termine della
cosiddetta “campagna elettrica”
della multiutility provinciale
con sede ad Alba parla chiaro:
per l’anno 2010 sono stati sottoscritti
contratti per oltre 3 miliardi di kWh,
una quantità di energia equivalente
al fabbisogno di più di 1 milione di
famiglie (stimandone i consumi medi
annuali in 3 megawattora), occupando così la sesta posizione a livello
nazionale tra i più grandi operatori dell’energia elettrica nel mercato
libero. Egea ha saputo cogliere al
meglio le opportunità offerte alle
aziende più solide e strutturate dall’attuale momento di trasformazione
e in parte di sconvolgimento finanziario. E’ sotto gli occhi di tutti
come tutto l’anno sia stato segnato
dalla crisi economica nazionale e
mondiale. Di conseguenza, i prezzi
dei prodotti petroliferi e di tutte le
commodities hanno avuto un crollo
da novembre 2008 ad aprile 2009,
provocando quindi forte disagio tra
i clienti industriali che avevano concluso contratti di fornitura di energia elettrica a prezzi sensibilmente
più alti; questo fatto ha messo in
crisi parecchi operatori di mercato in
quanto non è stato possibile rinegoziare anche a monte, sul fronte degli
approvvigionamenti all’ingrosso.
Nonostante questa criticità, Egea è
comunque riuscita ad andare incontro alle esigenze dei così chiamati
Grandi Clienti, rinegoziando in parte
i prezzi applicati ai contratti per la
fornitura di energia elettrica relativa
all’anno 2009: tutto ciò grazie al
fatto di aver identificato, insieme ai
clienti stessi, la giusta mediazione
che ha portato a soddisfare il cliente
sul lato prezzo e a raggiungere un
accordo sul 2010 per bilanciare lo
sforzo fatto da Egea sul 2009.
Il risultato è stato reso possibile anche
dalla notevole opportunità offerta
dall’ampio quantitativo di energia
l’intervista
Pierpaolo Carini, Ad Egea SpA
La sede dell’Egea ad Alba
elettrica autoprodotta da Egea in centrali localizzate nella nostra provincia, oltre che dalla scelta di fare leva
sulla flessibilità e sulla dinamicità
della struttura commerciale (sia lato
supply sia lato sales). Attraverso
un’attenta strategia di approvvigionamento, di trading e con il supporto
dell’unità di risk management, la
parte commerciale ha potuto seguire
le oscillazioni dei mercati energetici
e consentire ai clienti di sfruttare al
meglio le finestre di mercato che si
sono create periodicamente. E tutto
ciò è stato apprezzato non solo dai
clienti maggiormente fidelizzati, ma
anche dalle nuove aziende contattate
portando a concludere contratti ben
oltre i confini del Nord Ovest.
Fra i nuovi contratti, sono per
esempio particolarmente significativi quelli per l’approvvigionamento sia di energia elettrica, sia
di gas alla Brembo di Bergamo
(del Vice Presidente Nazionale di
Confindustria, Bombassei) ed alle
Vetrerie Bormioli di Parma.
Egea può quindi oggi contare su
clienti in tutte le provincie italiane; la
sua campagna commerciale è durata
8 mesi, da aprile a novembre 2009,
con il risultato di un incremento
del 75% dei volumi acquisiti: oltre
a mantenere i clienti in portafoglio
ha acquisito oltre 1 miliardo di kWh
di nuovi clienti. Ed è molto forte la
convinzione che la crescita avuta
sul mercato industriale sarà ulteriormente rafforzata anche sul mercato
residenziale, dove i clienti ad oggi
sono già più di 30.000.
L’azione effettuata sul versante elettrico è stata replicata anche sul mercato gas, nell’ambito del quale le
vendite sono passate da circa 140
milioni di mc a quasi 200 milioni di
mc venduti. Il risultato combinato
delle due operazioni proiettano il
fatturato di Egea Commerciale verso
i 450 milioni di euro per l’anno 2010.
E se come tutti auspichiamo l’Italia
dovesse uscire dalla crisi a metà
dell’anno prossimo probabilmente il
fatturato potrebbe ancora crescere
sensibilmente fino a superare i 500
milioni di euro.
Ing. Carini, con questo risultato Egea si
attesta tra i primi operatori nazionali
nella vendita di energia elettrica.
“Sì, anche se la forte vocazione territoriale dell’azienda si ritrova nel fatto
che il 20% dei kWh vengono venduti in
provincia di Cuneo ed il 75% in tutto il
Piemonte. Con il 52% di quota di mercato
siamo largamente il primo operatore in
provincia”.
Ed anche nel teleriscaldamento la vostra
è una società di rilievo nazionale.
“Siamo il quarto operatore nazionale
per volumi serviti, dopo A2A di MilanoBrescia, Iride di Torino-Genova ed Hera
di Bologna. Ma siamo largamente l’operatore più significativo per Città sotto i
100.000 abitanti. E, in questo caso, tutte
le realtà da noi servite sono attualmente
in Piemonte”.
E nell’acqua….
“Siamo il secondo operatore della nostra
Regione, e quindi meno significativi a
livello nazionale”.
Sono comunque tante le eccellenze
nazionali di Egea...
“Ovviamente fa piacere che lei lo sottolinei. Ma tornerei anche ad evidenziare che
tutto ciò si sostiene proprio sui clienti
e sugli impianti che abbiamo in questa
regione, ed ancor più in questa provincia:
è un radicamento che ci privilegia e di cui
andiamo orgogliosi. Ma, soprattutto, la
nostra forza è che testa, cuore e braccia
sono qui, di questa provincia; degli oltre
400 dipendenti del Gruppo più del 90%
sono della provincia di Cuneo, provenendo
ormai da tutte le aree che la compongono:
tutte persone dalla capacità ed efficacia
straordinaria. è anche per noi importante
che il centro decisionale degli azionisti,
degli Organismi sia di Gestione sia di
Sorveglianza, dei Dirigenti e dei Quadri,
insomma tutta la testa sia cuneese e,
mi perdoni il gioco di parole, con la testa
dei cuneesi. Questo è essenziale per dare
concretezza, semplicità, onestà ed efficacia al nostro lavoro. In questo emerge
molto ancora una volta la radice locale
(oggi si direbbe anche glocal) del nostro
Gruppo; e del resto tutti insieme abbiamo
l’ambizione, col nostro lavoro, di concorrere al benessere non solo delle nostre
famiglie, ma del territorio in cui viviamo e
con questo, tutto sommato, di valorizzarci
al meglio anche come persone”.
Che ruolo da al rapporto coi Soci pubblici e privati di Egea?
“Egea ha tratto e continua a trarre grande
slancio dal fatto di poter essere un punto
di incontro facilitato e trasparente tra il
mondo delle Amministrazioni Pubbliche
e quello delle industrie, entrambi fortunatamente più forti qui da noi che non
nella media nazionale. E, tutto sommato,
diverse cose sono state fatte negli ultimi
anni; pensiamo solo ai circa 100 milioni
di euro investiti negli ultimi due anni
negli impianti energetico-ambientali.
Egea di fatto è nata ed esiste per erogare
e migliorare i servizi resi da un lato al
Pubblico e dall’altro alle industrie del
territorio, unendoli ed armonizzandoli al
fine di incrementare l’efficienza energetica ed ambientale: a consentire la
grande crescita dell’azienda sono stati
questa eccezionale base clienti, unite
al progetto integrato dei servizi, che va
ad unire territori, produzioni e tessuti
variegati. Ma quello di cui vado davvero
orgoglioso è il fondamento etico su cui si
basano e si sostengono reciprocamente
tutti i collaboratori e gli stake holders
del Gruppo”.
Servizi a cura di Paolo Taricco
(ufficio stampa Egea)
le produzioni
energetiche
MOBILI
c a s a , u ffi c i o
CENTALLO | CUNEO
Sereno ha dato un tetto alla sua anima ecosostenibile, sostituendo 4000 mq di
ethernit con pannelli fotovoltaici e augura a tutti un futuro sempre più sereno
La crescita nella vendita di Egea si è
fortemente alimentata dal vasto parco
di produzioni energetiche su cui la
multiutility cuneese può contare. Si
tratta sempre di centrali ad altissimo
rendimento, di norma collegate alle
numerose reti di teleriscaldamento di
Egea; si sfrutta così la possibilità di
recuperare anche il calore delle produzioni: si va quindi dalla centrale di
AlbaPower, Langhe e Roero Power ed
Elea, realizzate in partnership ed al
servizio di Ferrero, Miroglio e Michelin,
ad altre di proprietà ad Alba, Acqui
Terme, Canale, Carmagnola, Piossasco,
Cherasco e Cortemilia. Attraverso esse
Egea può contare su quasi un miliardo
di kWh annui autoprodotti.
Dicembre 2009
aziende e imprenditori
N° 0
17
falci - calvi
la tradizione secolare delle fucine
Le origini della lavorazione del ferro a Dronero risalgono al 1385. Oggi l’azienda lavora anche per la Nasa
Fabrizio Gardinali
è
porte aperte
Alcune immagini della giornata
di “Porte aperte” organizzata
dalle Falci di Dronero
sabato 5 dicembre
con la presenza dei coltellinai
bergamaschi
Si tratta della bealera, o canale, oggi
conosciuto come “Marchisa”, lungo
il quale furono costruiti, fra Dronero
e Pratavecchia, ben sette salti d’acqua, utili a fornire energia ai magli
e ai macchinari, in origine di cinque
fucine, due in territorio di Dronero, e
un mulino.
Nel 1757 Nicolas di Robilant, nelle
sue ricognizioni per il Piemonte
minerario nota che a Dronero vi è
un insediamento per la lavorazione
metallurgica di notevole importanza,
con ben nove “fucine di ferro” di
altrettanti proprietari. In realtà con la
denominazione di “ferro” si andava
ad indicare un acciaio a basso contenuto di carbonio che era ottimamente
adatto ad essere trasformato in stru-
menti da taglio particolarmente affilati, come le falci appunto. Mentre
altri utensili metallici per i lavori
agricoli, che non necessitavano di
tali caratteristiche, si ricavavano per
lo più dalla fusione di rottami di
ferro, un’attività basata quindi prevalentemente sul recupero e il riciclo
dell’esistente.
In epoca napoleonica, dai dati di
censimenti effettuati dal Prefetto del
Dipartimento dello Stura sulle attività produttive dell’area nel periodo
1809-1813, si parla di “fonderie di
gueuse”, cioè di pani di ghisa, di
Dronero. Ci si riferisce agli insediamenti lungo il canale Marchisa,
i più importanti di tutto il territorio
dell’amministrazione francese della
MEDICINA
ESTETICA
S E D E
e una d’argento nelle Esposizioni
della Provincia di Cuneo e di Torino
nel periodo 1895-1905 e nel 1912 un
Ambrogio Simondi ebbe la soddisfazione della medaglia d’oro addirittura alla Esposizione Universale
di Parigi.
Se si vuole arrivare più indietro
nella ricostruzione delle attività dei
lavoratori del ferro di Pratavecchia,
si può citare un documento del
1385: un atto di donazione del
Marchese di Saluzzo alla badessa del
Monastero di Sant’Antonio, Antonia
di Montemale, di trenta giornate di
terra con annesso diritto di prelevare
acqua per l’irrigazione delle stesse
dal canale marchionale, detto “della
Prata”.
N U O V A
stata un successo l’iniziativa “Falci porte aperte”,
con oltre mille persone
che sabato 5 dicembre
hanno visitato l’antica fabbrica di
Dronero che per la prima volta, nella
sua lunga storia, ha aperto le porte
al pubblico, consentendo, così, di
vedere coi propri occhi un’azienda di elevata specializzazione nella
lavorazione dei metalli, dai quali
si ricavano attrezzi per l’agricoltura
e semilavorati per l’industria conosciuti ed apprezzati non solo in Italia,
ma anche all’estero.
è da ricordare che la Falci è una
delle maggiori esportatrici al mondo
di laminati scelti e ha una posizione
leader nel settore della costruzione di
pale speciali di alluminio per l’industria aeronautica. Inoltre è stata addirittura scelta dalla Nasa, l’agenzia
spaziale statunitense, come fornitrice
di attrezzi, in particolare lime, per gli
utensili in dotazione delle navicelle
del programma “Apollo”.
L’iniziativa, voluta dal Comune di
Dronero in collaborazione con la
Calvi, la multinazionale attualmente
proprietaria della Falci srl, si è inserita nei festeggiamenti di Sant’Eligio,
coordinati anche dall’omonima
Compagnia della cittadina della Val
Maira, che, non a caso, è il patrono
dei fabbri, in quanto pure lui era
dedito a questo antichissimo mestiere, e tanto abile da cesellare il trono
d’oro di re Clotario II e divenire
direttore della Zecca di Marsiglia.
A titolo di curiosità storica, fra i primi
atti scritti nel 1685 nel “Registro
della Compagnia dei Santi Biagio e
Magno” di Pratavecchia è indicato
che già allora l’Università (cioè l’associazione) dei ferraioli faceva celebrare la festa di Sant’Eligio, come
detto il loro patrono, ogni anno il
25 luglio, con grande importanza
coronandola di tutta una ampia serie
di eventi di natura sia religiosa sia
ludica.
La fabbrica di Dronero, oggi inserita
nel Gruppo Calvi, ufficialmente ha
una prima origine nel 1922 quando
sei fabbri costituirono la “Società
Cooperativa Falci” e l’anno successivo, 1923, le fucine si fusero
in un’unica struttura: “Fabbriche
Riunite Falci”, di proprietà delle
famiglie Simondi e Conte, per la
produzione di attrezzi agricoli, in
particolare falci, appunto, e falciole.
I Simondi, originari di Revello, avevano fin dal 1830 a Pratavecchia
la “Fucina di Simondi Ambrogio
e Figli”, ditta che ebbe, fra fine
Ottocento e Novecento, numerosi
riconoscimenti pubblici per la propria
attività. Quali tre medaglie di bronzo
zona, che contavano undici opifici, la
maggior parte dei quali dotati sia di
forno, per ottenere dalla fusione della
ghisa il ferro, sia di magli e martinetti, mossi dall’energia idraulica dei
sette salti d’acqua, per forgiare gli
attrezzi agricoli.
Diversi anni dopo, G. Casalis nel
“Dizionario geografico storico - statistico - commerciale degli Stati di
S.M. il Re di Sardegna”, del 1840,
parla, nella zona di Dronero, dell’esistenza di tredici fucine, occupate
totalmente nella produzione di strumenti per la lavorazione dei campi,
e calcolava che il numero totale delle
falci che uscivano da dette aziende artigianali superasse le tremila
dozzine, cioè più di 36.000 “pezzi”
all’anno.
In effetti dai registi parrocchiali di
Pratavecchia dell’anno precedente alla pubblicazione del Casalis,
il 1839, risulta che ben trentanove
uomini esercitavano la professione
di “ferraiolo” nelle varie fucine del
territorio; dato curioso: erano lo stesso numero le donne che, invece,
erano occupate nelle filande. Risulta,
inoltre, l’esistenza di una fonderia di
proprietà di tale famiglia Bernardi
che produceva lingotti di acciaio per
rifornire i vari artigiani della zona.
Con gli anni Venti del Novecento si
assiste alla trasformazione di questa
attività artigianale in industria, la
Falci appunto. I vecchi laboratori vengono chiusi, alcuni verranno
convertiti in centraline idroelettriche, sfruttando ancora una volta la
notevole portata d’acque e i dislivelli
artificiali del canale Marchisa, e si
trasferisce la produzione in un’unica
struttura, meglio rispondente alle esigenze di concorrenza e competitività
sul mercato, pur mantenendo, come
si è visto, inalterato il patrimonio
tecnico e l’abilità umana di un lavoro
che ha radici secolari.
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18
aziende e imprenditori
Dicembre 2009
N° 0
cantina griffata/16
cascina rizzi e i primi Vini “co2 free”
L’azienda di Barbaresco è dotata di un impianto fotovoltaico solare che la rende autosufficiente dal punto di vista energetico
l’impianto
Con i suoi 112 pannelli solari
installati sul tetto, con una
potenza di 170 W ciascuno,
Cascina Rizzi dispone di circa
20 kW di potenza e produce
23.500 kWh all’anno,
raggiungendo in questo modo
la pressoché totale
autosufficienza energetica
Beppe Malò
L
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’azienda Rizzi nasce nel
1974 per opera di Ernesto
Dellapiana, sugli antichi
poderi ottocenteschi di famiglia. Cresciuto con la passione della
terra e delle vigne, nel 1973 decide
di abbandonare la città e un’avviata
industria cartotecnica, per seguire il
suo grande sviscerato amore: la terra,
la terra di Langa, con le sue impervie
colline: coltivare le viti e fare il vino.
Per fare ciò ha ricostruito la cascina
di famiglia, riaccorpando i pezzi che
erano stati dispersi per eredità, l’ha
ingrandita e l’ha completamente trasformata, riadattando i locali esistenti
per farne cantine, magazzini di stoccaggio, di invecchiamento e di lavorazione per i vini. Ed è del 1974 la prima vinificazione in proprio. Nel 1984
ha riacquistato la confinante cascina
Boito di circa 14 ettari, che già apparteneva alla sua famiglia, ma che era
stata dispersa per questioni ereditarie.
Al 1993 risale l’acquisto della cascina Villa Manzola. Già famosa
nell’antichità, ai tempi dei romani,
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era una importante stazione di sosta
sulla strada “Magistra Langorum”
che transitando per Treiso (dal latino
Tres), univa Alba Pompeia al mare.
Alla Villa Manxionis, i cavalli e le
carrozze che venivano da Asti e Incisa e da altre località limitrofe della
zona si fermavano qui per essere ripuliti, messi in ordine; i viandanti si
ristoravano, si riposavano, per poi fare
ingresso in Alba per essere ricevuti
con onore e curiosità.
Infine nel 2004 è avvenuta l’ultima
acquisizione aziendale: un bellissimo vigneto di oltre un ettaro nel cru
Pajorè. Nel corso degli anni il titolare
si è impegnato in un continuo ampliamento e miglioramento sia quantitativo che qualitativo dell’azienda e dei
vini prodotti facendola diventare, con
i suoi 35 ettari, una delle più ampie,
interessanti e sicuramente importanti
realtà nella zona del Barbaresco. Tale
impegno si è dimostrato anche in campo enologico, con la continua ricerca
di un prodotto di qualità sempre più
elevata, cercando di conciliare le tecniche e gli strumenti di lavorazione
più innovativi alla più classica tradizione di Langa. Dal 2004 al lavoro del
titolare si è aggiunto quello di Jole ed
Enrico Dellapiana, i figli di Ernesto,
che sono entrati attivamente nelle
attività dell’azienda. Jole ha iniziato
occuparsi in particolare della gestione
commerciale e contabile dell’azienda,
collaborando principalmente con gli
importatori, e seguendo anche la rete
vendita in Italia. Enrico, laureatosi in
Viticoltura ed Enologia alla Facoltà di
Agraria dell’Università di Torino, ha
incominciato ad occuparsi, sempre in
stretta collaborazione col padre, della
gestione tecnica dell’azienda agricola
e dalla cantina, seguendo tutte le problematiche di produzione.
Cascina Rizzi è il vero nucleo e
cuore dell’azienda, sede amministrativa e sede delle cantine.
Il nome Rizzi deriva dal piemontese
“riss”, ovvero ricci, i piccoli e graziosi animali spinosi che popolavano il
sottobosco ed erano assai diffusi nella
zona. La cascina Rizzi, edificata alla
fine del ‘700 e da sempre appartenuta al patrimonio di famiglia, si trova
sul crinale dell’omonima collina, dalla quale ha preso il nome. Già nella
cartina del 1898 del prof. Domizio
Cavazza, preside della scuola enologica di Alba a fine 1800 che per primo valorizzò il vino barbaresco, il crü
Rizzi compare come una delle zone a
maggiore vocazione per la produzione
del Barbaresco.
Questa rubrica si occupa in modo prevalente di aziende vitivinicole che abbiano eseguito lavori di rinnovamento o di prima costruzione all’insegna
del design abbinato alla funzionalità
tecnica e produttiva. In questo numero diamo conto di un progetto, unico
in Piemonte e tra i più importanti in
Italia, di azienda vitivinicola i cui
vini sono prodotti “Co2 free” ovvero
in modo totalmente esente dall’immissione in atmosfera di anidride
carbonica. Tutta l’energia necessaria
alla produzione è, infatti, prodotta
utilizzando energia rinnovabile: quel-
la prodotta dal sole e trasformata in
corrente elettrica per mezzo di pannelli fotovoltaici collocati sui tetti di
cascina Rizzi.
“Sui tetti della nostra azienda - spiega
Ernesto Dellapiana - il 9 novembre
2006 è entrato in funzione un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica. Con orgoglio
possiamo dire che siamo la prima
cantina in provincia di Cuneo ad aver
installato un impianto solare di queste
dimensioni. L’impianto dispone, infatti, di 20 kW (19,80 kW) di potenza
installata. Il numero totale di pannelli
installati è 112 e la potenza di ogni
pannello è di circa 170 W. In base
ai dati ricavati dal sito del ministero
dell’Ambiente, la produzione media
per un impianto di circa 20 kW per
il Nord Italia è di circa 23.500 kWh/
annuo. Questo valore, considerando
l’attuale consumo aziendale di circa
25-30.000 kWh/annuo, ci permette
di affermare, che la nostra azienda
sia totalmente autosufficiente in ambito energetico. In altre parole grazie
all’impianto solare installato, i nostri
vini possono definirsi “Co2 free”,
in quanto tutte le attività lavorative
svolte in cantina avvengono grazie
all’energia pulita da noi stessi prodotta. La tutela dell’ambiente e la valorizzazione del territorio sono linee
guida imprescindibili nell’operato
dell’azienda Rizzi. Questo concetto
di rispetto dell’ambiente - conclude
- è poi un po’ il filo conduttore della nostra filosofia aziendale. Negli
ultimi anni abbiamo sempre seguito
e rispettato gli obiettivi previsti dal
Regolamento CEE 2078/92”.
La potenza energetica prodotta in
eccesso o non utilizzata, ad esempio
nel periodo di chiusura estiva, viene
venduta e immessa nella rete Enel,
passando per un contatore. Viceversa
si preleva energia dalla rete quando
servono, in un breve arco di tempo,
grandi quantitativi come nel corso
delle operazioni collegate alla vendemmia. In questo modo viene sempre garantito all’azienda un approvvigionamento energetico ecologico.
Un impianto di misurazione raccoglie
tramite specifici sensori (insolazione, temperatura esterna) e contatori
(rendimento solare, energia immessa
nella rete pubblica, energia prelevata)
tutti i dati necessari per determinare
con precisione la resa dell’impianto
e redigere un accurato bilancio energetico. Al momento dell’attivazione
quest’impianto fotovoltaico è uno
dei più grandi impianti in Italia per la
produzione di energia elettrica solare
ad uso non abitativo e consente di
soddisfare oltre il 90% del fabbisogno energetico della cantina e di tutti i
suoi macchinari, compreso l’impianto
di climatizzazione, e degli uffici.
Dicembre 2009
impresa e cultura
N° 0
19
archeologia industriale
La tradizione dolciaria provinciale
Da attività artigianale nel Medioevo all’industria alimentare nel Novecento. Come si è sviluppato un settore trainante della Granda
Pierpaolo Bindolo
L
’analisi dei modelli di
consumo rappresenta uno
studio ricco di spunti, in
quanto ai processi legati
alla tradizione e alle consuetudini
alimentari sono riconducibili i rapporti economici e sociali e lo sviluppo dei mercati e degli scambi. La
storia e la tipicità dei dolci fabbricati nei Comuni e borghi della nostra
provincia hanno origini antichissime
e testimoniano il forte legame con la
tradizione religiosa e le abitudini della società civile. La documentazione
contenuta nelle carte dei monasteri,
degli enti religiosi o civili o nei libri contabili delle famiglie nobiliari
ci offre la possibilità di ricostruire seppur sommariamente e a partire dal
Medioevo - la storia della produzione
dolciaria locale.
Ad esempio è veramente rilevante,
in un periodo in cui il pane e i dolci
venivano cotti nei forni domestici, la
presenza di oltre dieci fornai a Mondovì, nel 1396. Nei forni pubblici
del capoluogo del Monregalese si
era soliti far cuocere in apposite
“tortelerie” delle grandi torte dolci, così come risulta dai conti della
castellania di Mondovì del 1397. A
seconda dell’area geografica in cui
veniva prodotta la pasticceria, essa
evidenzia delle differenze sia nella
composizione e preparazione sia nell’utilizzo degli ingredienti.
Casimiro Turletti, membro dell’Accademia di Storia ecclesiastica subalpina, ci ricorda che nel XIV secolo,
fra le specialità che conferirono fama
ai cittadini saviglianesi, vi era la
confezione di dolci e confetti. Per la
loro bontà e squisitezza la pasticceria
prodotta a Savigliano era “oggetto di
commercio in molti altri paesi”. Il
canonico e storico Turletti ci segnala,
inoltre, che in tale città i pasticceri, fin
dall’epoca medioevale, “fecero dei
buoni affari”, tanto da indurre molti
altri artigiani a seguire tale pratica
e mestiere. I ricercatissimi confetti,
tanto apprezzati dalla nobiltà locale
e dalla gerarchia ecclesiastica, erano
dei particolari zuccherini ripieni di
spezie o frutta secca e candita.
Nel medesimo periodo, nella vicina
città di Fossano invece si producevano dei pasticcini chiamati “tortelli”, a
base di pasta di “ciambella” o farina
di castagne e marmellata, da consumarsi soprattutto durante le festività
natalizie. L’elemento simbolico legato al consumo dei dolci variò inoltre a
seconda delle epoche, delle condizioni e delle tradizioni di un determinato
luogo. Infatti “uno tra gli usi più antichi delle famiglie nobiliari piemontesi” era quello della cerimonia della
“focaccia dei Re Magi”. Nel giorno
i dolci delle feste
Biscotti allo zenzero (sopra)
o alle nocciole (a sinistra), la
tradizione dolciaria delal nostra
provincia da sempre è stata
legata ai prodotti locali e alla
festività religiose.
In alto a sinistra, la copertian
del manuale medievale del
mastro dll’arte del cucinare
Bartolomeo Scappi
Nel Dopoguerra, grazie
all’espansione di alcune
realtà manifatturiere,
ai miglioramenti tecnici
e agli sviluppi dell’industria
alimentare locale, alcuni
prodotti dolciari della nostra
provincia cominciarono
a diffondersi e ad acquistare
importanza in campo
nazionale ed internazionale
dell’Epifania era consuetudine in
Piemonte che le famiglie della nobiltà più influente offrissero in dono a
tutta la popolazione e ai poveri torte e biscotti confezionati per quella
particolare occasione. Con questi atti
e cerimonie “il signore o il principe
dimostrava la sua benigna sovranità
la sua munificenza ed insieme la sua
autorità e potenza”.
Sarà però la più grande scoperta del
Cinquecento, quella dell’America
(1492), a incidere profondamente sui
consumi delle popolazioni di tutto il
vecchio continente. Ad esempio alcuni alimenti come il cioccolato caratterizzeranno in maniera preponderante il gusto e le pratiche alimentari
dei secoli successivi. Non bisogna
dimenticare che la presenza sulle
nostre tavole e nelle cucine di alcuni prodotti come il mais, le patate, i
pomodori e il cacao (per ricordare i
più importanti) avvenne con lentezza
e gradualità.
I primi viaggi commerciali di cacao
verso l’Europa vennero effettuati solamente a partire dagli ultimi decenni
del 1500. Nel secolo successivo dalla Spagna il cacao raggiunse i porti
di Venezia e di Genova e da qui il
nord d’Italia. In quel periodo, per
l’elevato costo, il consumo di cioccolato era anzitutto un elemento di
distinzione sociale, un vero e proprio
status symbol della cucina d’élite,
che poteva permettersi tale ricercatissimo prodotto. Nel Cuneese, così
come dimostrano indagini e statistiche “di alcune cose usate per il vitto
e mantenimento degli abitanti della
nostra Provincia”, abbiamo notizia
fin dal XVIII secolo della presenza
sui mercati locali di discrete quantità
di “cioccolatte fino cannella e ordinario”. Da quel periodo, con la diffusione del prodotto “cacao”, i cuochi
e pasticcieri crearono ed elaborarono
sempre nuove ricette, inventando originali versioni di bevande e dolci a
base di cioccolato.
L’alimentazione, oltre ad un modello culturale, è anche produzione,
scambio e commercio. In alcune statistiche del Settecento come quelle
curate dal vice intendente Giovanni
Eandi di Saluzzo relative al “commercio d’esportazione”, vengono
menzionati fra i prodotti esportati
della provincia di Cuneo i “biscotti o
vecchioni di Boves e della Chiusa di
Pesio”. Ad esempio i biscotti prodotti
alla Chiusa, per la loro bontà e delicatezza, erano particolarmente richiesti
in tutto il Piemonte. Così come è documentato dai dati contabili del tempo, con la vendita e il commercio di
tali dolci i produttori e i negozianti
effettuarono considerevoli guadagni.
A fronte di questi casi molto significativi e importanti in tutta la regione
almeno fino alla metà del Novecento,
la cucina popolare e il commercio
di dolci rimaseo fortemente legati
al territorio. Nel Dopoguerra, invece, grazie all’espansione di alcune
importanti realtà manifatturiere, ai
miglioramenti tecnici e agli sviluppi dell’industria alimentare locale,
alcuni prodotti dolciari della nostra
provincia cominciarono a diffondersi
e ad acquistare importanza in campo
nazionale e internazionale.
La scelta della tipologia dei cibi da
consumare e l’elaborazione di usi e
costumi a tavola, sono tutti elementi che indicano come in provincia di
Cuneo la tradizione dolciaria sia stata
un elemento importante nella costituzione dell’identità culturale e dello
sviluppo economico.
auguroni
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impresa e cultura
Dicembre 2009
N° 0
storia locale - aspettando il 150° anniversario di fondazione
cuneo prima di diventare provincia
Furono i quattro prefetti napoleonici del Dipartimento della Stura, nell’Ottocento, a preparare il terreno per la nascita della Granda
Paolo Gerbaldo
C
Giuseppe Pietro Bagetti, Entrée des Francais dans la ville de Coni, 29 avril 1796 (Paris, Versailles)
governo centrale aumentò infatti nel
momento in cui il Piemonte, a partire
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un amministratore generale: un’unica
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dell’interesse per le attività produttive, mutato
rapporto tra governo e cittadini, tra
centro e periferia, sviluppo delle
scienze agrarie e mediche: tutto questo, all’inizio dell’Ottocento, impose,
al governo del territorio, la ricerca di
un difficile equilibrio: tra l’esibizione
del potere e l’esaltazione del governo
rivolto all’utile; tra le guerre e la qualità del vivere; tra una centralizzazione dell’apparato legislativo e una
riflessione sulla propria storia e sulla
propria identità. In questo frangente
il Piemonte, per la sua lontananza dai
teatri delle campagne napoleoniche,
acquisì una relativa stabilità che permise significativi esperimenti di governo. Uno dei più riusciti fu il dipartimento della Stura, con capoluogo
a Cuneo, suddiviso nei circondari di
Alba, Mondovì, Savigliano, Saluzzo,
le cui vicende si identificarono fortemente con quelle dei suoi prefetti.
Il peso dei rappresentanti in loco del
posta proprio tra i prefetti e Parigi.
La legge del 28 piovoso anno VIII
(7 febbraio 1800) aveva infatti chiaramente disegnato la figura istituzionale del prefetto come unico organo
esecutivo delle direttive ministeriali
senza interporre altre figure istituzionali.
Il dipartimento della Stura, già elaborato all’inizio del 1799, con la vittoria di Marengo del 14 giugno 1800,
trovò una sua identità ben definita
allorché, formalmente nel 1802, la
parte continentale degli antichi Stati
Sardi venne annessa alla Francia e vi
si instaurò l’organizzazione amministrativa napoleonica.
Nei dipartimenti francesi del
Piemonte, la composizione del corpo
prefettizio ebbe una iniziale prevalenza di prefetti di estrazione locale a
cui seguirono, a partire dalla seconda
decade del primo decennio dell’Ottocento, quelli di origine francese.
I prefetti del dipartimento della Stura, fino alla Restaurazione, furono
perciò due italiani e due francesi rispecchiando, in questo, i mutati atteggiamenti della Francia nei confronti
di un Piemonte da francesizzare rapidamente. Il primo ad essere nominato fu Maurizio Pellisseri avvocato
di Castiglione Falletto, collaboratore
del rivoluzionario Buonarroti a Nizza e membro del “Comitato di resistenza all’oppressione francese”. Le
convinzioni politiche del Pellisseri
erano però di natura indipendentista, unitaria, e non certo favorevoli
all’annessione alla Francia: per tali
motivi, il 28 aprile 1801, egli rinunciò ad assumere la carica.
Toccò allora a Giovanni Lorenzo De
Gregori conte di Marcorengo essere
il primo prefetto ad arrivare effettivamente a Cuneo. Nato a Torino il
10 agosto del 1746 da una famiglia
dell’aristocrazia sabauda, egli, dopo
la laurea in legge, viaggiò in Inghilterra, Francia, Germania e Italia, interessandosi particolarmente all’economia e praticando anche il volo
aerostatico. L’ormai francesizzato
Degrégory, entrato nell’amministrazione francese nell’aprile 1799, fu
prima Commissario presso il tribunale della Sesia e poi, l’anno seguente,
diventò sottoprefetto a Biella. La
sua consacrazione politica avvenne
però con la nomina provvisoria, il 9
maggio 1803, a prefetto del dipartimento della Stura. Nomina divenuta
effettiva il 2 giugno. Il 29 agosto
1803 Napoleone lo elevò senatore.
Nell’autunno del 1803, lasciò perciò
il Dipartimento e si trasferì a Parigi.
Cavaliere della Legione d’onore, il
28 febbraio 1804, sarà ancora insignito, il 26 aprile 1808, del titolo di
Conte dell’Impero. Nonostante queste onorificenze, nell’aprile 1814,
riabbracciò la causa dei Savoia. Morì
a Torino il 16 aprile 1817.
Ad occupare la carica di prefetto,
Parigi inviò allora Pietro Amedeo
Vincenzo Giuseppe Maria Arborio
Biamino dei Conti di Caresana Blot,
che, nominato il 21 settembre 1803,
assunse la carica il 31 ottobre 1803.
Egli rimarrà a capo del Dipartimento per sette anni dando un notevole
contributo alla francesizzazione e al
processo di modernizzazione, già peraltro avviato dal suo predecessore, e
di cui ricordiamo, a Cuneo, la biblioteca, il teatro e la società d’agricoltura.
Nello stato di servizio dell’Arborio,
nato a Vercelli il 29 marzo 1767,
leggiamo che l’ex-ufficiale dell’esercito sabaudo nel reggimento d’Aosta,
fu prima maire di Vercelli e poi
sottoprefetto sia a Lille che a Douai.
Nominato sia Cavaliere dell’Impero,
il 10 settembre 1808, che Barone, il
9 marzo 1810, venne infine scelto
come prefetto del Lys, nelle Fiandre,
dal 30 novembre 1810, carica tenuta
fino alla morte, avvenuta a Bruges il
14 agosto 1811.
Un mese dopo, il 14 settembre, a
Cuneo, si svolse il suo solenne funerale nella Parrocchia della Madonna
del Bosco. Il caso del Barone Arborio,
nell’ambito dei prefetti napoleonici,
si dimostrò particolarmente significativo in quanto egli sarà anche
impiegato in un dipartimento lontano
da quello di nascita.
Ad Arborio successe, Auguste
Joseph Baude de La Vieuville che
ottenne buoni risultati tanto da meritarsi la Legione d’Onore. Nato a
Châteauneuf-d’Ille-et-Villaine l’11
settembre 1769, località dove morì
il 26 aprile 1835, colonnello della
guardia dal 1789, emigrato nel 1791,
divenne ciambellano nel 1804.
Nominato prefetto della Stura il 30
novembre 1810, si insediò il 12 febbraio 1811. Rimase a Cuneo fino alla
nomina a prefetto dell’Haut-Rhin (12
marzo 1813). Dopo la caduta di
Napoleone riprese la carriera prefettizia rimanendo in servizio fino
al 1820. Deputato d’Ille-et-Villaine,
dal 13 novembre 1820 al 6 marzo
1824, fu poi, dal 1827 al 1830, Pari
di Francia.
Per succedere a La Vieuville,
il 12 marzo 1813, la scelta cadde
su Antoine-Louis Campan (17841821). Il prefetto Campan, inviato
prima a Ostenda e poi a Tolosa come
commissario speciale, in seguito alla
dichiarazione di guerra della Prussia
alla Francia, 17 marzo, non poté però
raggiungere Cuneo e rimase perciò a
Tolosa.
A chiudere la stagione dei prefetti
dipartimentali arrivò allora LouisHonoré-Felix Le Peletier d’Aulnay,
nato a Parigi il 10 aprile 1782, di
origine nobile. Divenuto prefetto del
dipartimento di Tarn-et-Garonne, il
26 novembre 1808, ebbe il merito di
irritare non poco la popolazione per i
suoi capricci.
Nominato a Cuneo il 25 marzo
1813 vi giunse il 5 maggio 1813.
Praticamente rimase in carica un solo
anno che, però, gli risultò sufficiente
per rimanere nelle pagine della storia. Egli, indossati i colori borbonici,
uscì dal palazzo della prefettura per
proclamare il ritorno del re, Luigi
XVIII, sul trono di Francia.
La sua carriera, ovviamente, ne beneficiò. Essa riprese infatti come
deputato della Seine-et-Oise, dal 17
novembre 1827 al 1848. Le Péletier
d’Aunay, l’ultimo prefetto del dipartimento della Stura, Consigliere di
Stato dal 12 novembre 1828 al 1830,
morì a Parigi il 16 gennaio 1855.
Dicembre 2009
impresa e cultura
N° 0
21
arte industriale - 100° futurismo
la città al ritmo delle macchine
L’automobile, come simbolo del progresso tecnologico, dà velocità alla vita e alla rappresentazione della civiltà industriale
sta di oltre cento opere, alcune con
titoli significativi quali: “Automobile
da corsa”, “Velocità d’automobile”.
L’artista si concentra non tanto sulla
forma del mezzo, quanto sulla velocità e il dinamismo, usando immagini multiple, accavallate, creando
una notevole impressione di rapidità
e movimento.
Anche altri esponenti trattarono di
questo soggetto: come Gino Severini,
Boccioni, Carrà, Luigi Russolo, che
in “Dinamismo dell’automobile” tramuta l’oggetto meccanico in una
serie di linee - forza, quasi vettori,
a indicare la spinta e la potenza dell’energia meccanica.
Il Futurismo seppe vedere in anticipo
nell’automobile un oggetto che ha
rivoluzionato la vita moderna, segno
di capacità progettuale e scientifica,
ma anche di libertà, di spostamenti
rapidi, di potere, in grado di fornire
sensazioni forti e appaganti. Tutti
elementi che troveranno ampio sviluppo negli anni successivi anche in
campi non propri dell’arte, quali la
grafica, il design, la pubblicità.
Fabrizio Gardinali
U
n movimento quale
quello futurista, che fa
dell’innovazione e della
adesione, per molti aspetti ossessiva, al progresso, del quale
ha una visione quasi “sacrale”, la
sua cifra distintiva non poteva non
essere interessato e affascinato dalla
città. Sicuramente una città nuova,
diversa dai centri storici della realtà urbana di molta parte dell’Italia,
caratterizzati dalla presenza di edifici
che, oltre al valore artistico in molti
casi eccelso, sono la testimonianza
più tangibile della storia secolare
delle varie comunità.
La città futurista è un’altra cosa: è
un’utopia desiderata. è una trasposizione locale della metropoli sul
modello statunitense: attuale, sempre
in movimento, in sviluppo e trasformazione continua, che supera e
cancella quanto vi era del passato,
visto solo come una statica remora.
è la culla e nel contempo l’attuazione della civiltà industriale: un
concentrato di tecnologie, movimento, produzione, quasi l’estroflessione
nella vita quotidiana della fabbrica,
con una connotazione vitale a volte
addirittura violenta.
E ciò fin dagli inizi, dal famoso
“Manifesto” uscito su “Le Figarò” di
Parigi del 1909, dove Marinetti scrive: “Avevamo vegliato tutta la notte
(...) discutendo davanti ai confini
estremi della logica ed annerendo
molta carta di frenetiche scritture
(...) Soli coi fuochisti che s’agitano
davanti ai forni infernali delle grandi
navi, soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle
locomotive lanciate a pazza corsa,
soli cogli ubriachi annaspanti, con
un incerto batter d’ali, lungo i muri
della città. Sussultammo ad un tratto,
all’udire il rumore formidabile degli
enormi tramvai a due piani, che
passano sobbalzando, risplendenti di
luci multicolori, come i villaggi in
festa che il Po straripato squassa e
sradica d’improvviso, per trascinarli
fino al mare, sulle cascate e attraverso gorghi di un diluvio. Poi il
silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l’estenuato borbottio
di preghiere del vecchio canale e
lo scricchiolar dell’ossa dei palazzi
moribondi sulle loro barbe di umida
verdura, noi udimmo subitamente
ruggire sotto le finestre gli automobili famelici”.
Al di là della prosa ad effetto e un
po’ ridondante, oltre al fatto che per
Marinetti “automobile” è maschile,
sono molti gli elementi di spunto,
che poi si traducono, specie nell’opera dei pittori, in diverse interpretazioni del contesto urbano. Non si può
tacere “La città che sale” (1911) di
Depero, Città meccanizzata dalle ombre, 1920
Marinetti:
“Un automobile ruggente
che sembra correre sulla
mitraglia è più bello della
Vittoria di Samotracia”
Boccioni, così come “Visioni simultanee” (1911), dello stesso autore,
vere esemplificazioni sulla tela del
concetto di dinamismo finanche brutale che connota la visione urbana
futurista: caotica, rapida, animata da
una forza sua che tende ad inglobare
e schiacciare ogni altro elemento
animato e non meccanico.
Però vi è anche la visione più meditata di Sironi, dove la città non è
più movimento e velocità, ma ha
una monumentalità un po’ cupa, che
si traduce in una forte plasticità e
una profonda sensazione di solitudine quando non alienazione. Una
concezione di tipo simbolico che si
ritrova nel Manifesto di Sant’Elia
del 1914 e nei disegni lasciati dall’architetto, dove gli edifici sono
enormi, interconnessi e caratterizzati
da un notevole sviluppo verticale, un
modello preso dalla contemporanea
architettura americana, in particolare
di New York.
Altre ipotesi progettuali si sviluppano negli anni successivi: dal protorazionalismo di Chittone a quelle più
meccanicistiche di Depero, fino al
secondo Futurismo degli anni ’20 e
’30 del Novecento, meno utopistico e
idealista e più vicino alla realtà.
Nel brano del Manifesto del 1909
riportato in precedenza si cita l’automobile, altro “mito” noto del
Futurismo. Più oltre nello stesso
testo, Marinetti dice: “Un automobile da corsa, con il suo cofano adorno
di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo (...) un automobile
ruggente che sembra correre sulla
mitraglia è più bello della Vittoria di
Samotracia”.
L’avanguardia italiana è il primo
movimento artistico in assoluto
a dare all’automobile, nata a fine
Ottocento, un significato simbolico
di notevole rilevanza.
Essa è la materializzazione degli
ideali della corrente marinettiana, la
manifestazione tangibile del progresso tecnologico, di una nuova era che
si lascia alle spalle il passato con la
stessa rapidità con la quale le ruote
del nuovo mezzo di locomozione
percorrono le polverose strade dell’epoca. è, inoltre, simbolo di coraggio e ardimento, sentimenti presenti
in tutti i documenti del Futurismo e
considerati caratterizzanti dell’uomo
moderno; le prime corse su pista e
su strada, come sarà la leggendaria
Mille Miglia, sono destinate a persone dotate di una buona dose di
“fegato”, di sprezzo del pericolo e
voglia di affrontare ogni sfida, anche
la più estrema.
La grafica, la prosa, la letteratura, la
cartellonistica futurista sono piene
di “inni” alle quattro ruote. Ma sarà
specialmente la pittura a occuparsene
con maggiore intensità. Si pensi che
Giacomo Balla ne fece la protagoni-
esti
Manif
a
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Corni
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Abbigliamento
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Guanti
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Protezioni
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22
impresa e cultura
il libro/1
il sistema fallimentare
delle ferrovie italiane
A
Claudio Gatti,
Fuori orario,
Chiarelettere,
Milano, 2009,
pp. 244, euro
14.
officine, da quella dei treni ha portato,
nel 2000, alla nascita di Trenitalia e,
nel 2001, a Rete ferroviaria italiana
(Rfi). Quella attuale di Ferrovie dello
Stato spa è una holding che, con
90 mila dipendenti, è il principale
gestore del sistema ferroviario italiano. Una storia anche di ripianamenti
statali per un sistema fallimentare.
Gatti espone così un racconto che è
allo stesso tempo paradigmatico della
situazione, e della storia, dell’Italia
nei confronti della gestione pubblica e
di un sistema che finisce per accettare
i benefici, per alcuni, derivanti da un
generalizzato sistema di concussioni e
corruzioni. Il sistema ferrovie è infatti
in grado di alimentare tutti, dal politico al manager, dall’intermediario al
sindacalista, attraverso un circolo di
denaro che si traduce in una macchina
che distribuisce incarichi, contratti e
benefici di varia natura generando un
sistema associativo di vantaggi condivisi impermeabile al cambiamento
e a forme di moralizzazione, e che
scarica il proprio costo di funzionamento sulla collettività. Nelle pagine di “Fuori orario” scorrono allora,
analizzati attraverso dati non certo di
pubblico dominio, i cronici problemi
del sistema ferroviario italiano: puntualità dei convogli, pulizia, manutenzione. In seconda analisi finiscono
sotto la lente dell’inchiesta gare di
appalto, Alta velocità, Amministratori
delegati. Il tutto è affrontato ricorrendo al metodo dell’inchiesta giornalista
che privilegia le testimonianze dirette
organizzate in capitoli ben articolati e
scritti con prosa sicura.
il libro/2
il turismo visto come
attività industriale
I
l pregio maggiore del volume, al
di là degli argomenti dei singoli
saggi e del fatto di non essere
tradotto in italiano, è proprio
quello di costituire un’introduzione ad
un problema importante. Una messa a
fuoco di una problematica che è inoltre sorretta dall’impegno di dire qual
è il modo di percepire il turismo: non
un semplice fenomeno sociale legato
alla sfera del leisure ma un’attività industriale. L’intento, riuscito, del curatore, Laurent Tissot, docente di Storia
Economica e Sociale alle Università di
Neuchâtel e Friburgo, e dei numerosi
collaboratori coinvolti è infatti di ampio respiro: offrire un quadro generale
dell’industria turistica letta in chiave
storica ed economica. Il presupposto
di partenza è offerto dal fatto che
quest’attività industriale, ancora poco
esplorata, dall’Ottocento, ha saputo
creare tutto un apparato tecnico-commerciale, basti pensare alla nascita
dei viaggi organizzati, all’evoluzione
dei mezzi di trasporto e delle strutture
ricettive, per soddisfare il crescente
bisogno sociale e culturale, progressivamente democratizzatosi, sia di
mobilità, per scoprire nuovi orizzonti,
che di luoghi ameni, per trascorrere
momenti di riposo allontanandosi dagli ambienti abituali di vita e lavoro.
Nelle intenzioni esplicite del curatore, il volume si muove per temi e per
attraversamenti reciproci tra storia,
economia, evoluzione tecnica, influenze politiche e aspetti simbolici.
Il testo si articola in quattro parti corrispondenti agli assi principali d’interesse dei ventidue contributi, più i
due introduttivi di Tissot e Shelley
Baranowski. La prima è dedicata agli
aspetti tecnologici e alle infrastrutture
necessarie per far funzionare il sistema
turistico: dalle ferrovie come mezzo
per lo sviluppo turistico, affrontate da
Andrea Giuntini in rapporto all’Italia,
al turismo termale in Spagna (Carlos
Recensioni a cura di Paolo Gerbaldo
N° 0
il libro/3
Un’impresa
di sistema
Laurent
Tissot (dir.),
Industrie
touristique,
Alphil, Suisse
2003, pp.
416, euro 32.
Filippo Monge,
Sistema impresa. Cultura,
valore, strategie,
FrancoAngeli,
Torino 2009,
pp.280, euro
20.
Larringa) per giungere al ruolo giocato dallo sviluppo del trasporto aereo,
grazie agli aerei a reazione, per abbattere i costi e rendere più vicine ai
mercati di provenienza dei flussi le
mete turistiche a partire da quelle
mediterranee (Peter Lyth). I temi del
turismo come industria sono affrontati in modo scorrevole e puntuale
nella seconda parte del volume. Qui
l’attenzione degli autori si sofferma
principalmente su alcuni casi, tra i
tanti possibili, in cui si è costruita
la mutazione, spaziale, sociale, economica, di un territorio indotta dal
diffondersi del turismo: Italia, Grecia,
Croazia, Bulgaria e Romania prima
del 1989. Al rapporto tra turismo e
politica è invece dedicata la terza
parte nella quale sono prese in considerazione le politiche economiche
attuate in località e periodi differenti.
La finalità dei contributi è quella
di evocare il ruolo, positivo, attivo,
debole, avuto dai poteri pubblici. La
quarta parte intende, infine, misurare
il peso del settore turistico inserito
nel più ampio contesto del sistema
produttivo.
Le finalità complessive del volume
sono quelle di arrivare ad una maggior integrazione delle ricerche sul
turismo inserendole soprattutto nel
quadro delineato dalla storia economica cercando di integrare, seppur con il predominio di un’ottica
europea, i diversi spazi turistici del
mondo. Il volume raggiunge con
successo l’obiettivo di fornire al lettore specialista informazioni, dati,
orientamenti relativi ad una disciplina affascinante, capace di coniugare
diversi ambiti del sapere e diverse
esperienze territoriali.
Undici densi capitoli al fine di evidenziare ed illustrare l’attività imprenditoriale come un insieme organico di
azioni che costituiscono un “unicum”
finalizzato allo scopo del produrre
ricchezza. Questo il tema di fondo del
volume “Sistema impresa. Cultura,
valore, strategie” di Filippo Monge,
docente di Economia e Gestione delle
Imprese all’Università di Torino
e coordinatore, nonché direttore
scientifico del Centro studi di Ance
Piemonte e Valle d’Aosta, giunto alla
sua seconda edizione, aggiornata e
riveduta, per i tipi di FrancoAngeli
Editore. In esso si traducono in teorie
applicabili le ricerche, effettuate nel
corso del periodo 1993-2009, fra le
associazioni di categoria italiane ed
europee, sull’approccio sistemico al
governo dell’impresa. Un libro pensato, in origine, come un testo per
gli studi universitari che diventa un
esempio di prassi, con un approccio
di tipo ottimistico ad un complesso
di tesi e convinzioni, sul ruolo e la
funzionalità e la governance delle
aziende, che francamente gli ultimi
eventi hanno messo in parte in crisi,
risultando nei fatti oggetto di discussione e diversificazione di posizioni
in merito ad eventuali soluzioni e
innovazioni.
“L’impresa è una realtà complessa,
formata da varie componenti interconnesse fra di loro e guidate da uno
scopo comune: la creazione di valore”, sostiene Monge. E ancora: “Per
tutto quanto espresso, possiamo definire l’impresa vero e proprio sistema”. Bene, questo sistema, asserisce
lo studioso saviglianese, ha avuto
nell’immaginario collettivo un aspetto
non sempre positivo. Ciò in parte per
fatto oggettivi accaduti negli anni
trascorsi, quale una eccessiva aggressività e scarsa attenzione sociale. O
la confusione avvenuta (forse a volte,
voluta) fra i non molti, ma deleteri,
speculatori coi veri imprenditori, ma
anche perché è mancata una profonda
cultura d’impresa. Si è sovente insegnato a governare l’azienda, molto
meno a crearla. E questo, a seguito
della grave recente crisi economicofinanziaria, è ancora di più il punto
focale. Creare impresa non è solo fare
businness. È costruire conoscenze,
competenze, risorse, prima umane che
tecniche e di capitale; ci vanno idee
alla base di tutto e decisioni responsabili e sostenibili nei confronti dell’intero corpo sociale ove si opera.
marchi
logotipi
coordinati
stampati
monografie
editoria
cataloghi
brochure
pieghevoli
folders
guide
listini
schedografie
manifesti
maxiposters
etichette
adesivi
blister
packaging
insegne
strategie
campagne
pubblicitarie
affissioni
pianificazioni
markerting
web site
visual
CD demo
DVD interattivi
multimedia
gestione eventi
allestimenti
stand
vernissages
scenografie
mostre
lle spalle del libro c’è
una evidente volontà di
indagine e, allo stesso
tempo, di divulgazione,
non priva, però anche di un taglio introduttivo, attorno ad un tema che è
sicuramente di largo interesse. Claudio Gatti, inviato speciale de “Il sole
24 Ore”, collaboratore del “New York
Times” e dell’“International Herald
Tribune”, specializzato nel giornalismo d’inchiesta, lavora basandosi
su testimonianze, rapporti riservati,
mail, contatti diretti con dirigenti o ex
dirigenti, imprenditori e fornitori. Ne
esce un quadro complessivo che delinea un sistema valutato fallimentare
qual è quello delle ferrovie italiane.
Il fine del libro è infatti incentrato sul
documentare quanto si muove dietro
ai meccanismi clientelari che governano le ferrovie senza dimenticarsi di
esporre dei dubbi sull’effettiva utilità
dell’Altà velocità, il cui tratto completo Torino-Milano è stato di recente
inaugurato.
Un microcosmo di valore emblematico, dalla cui storia emerge la
tesi di fondo che regge il lavoro di
Gatti. Esso interpreta infatti le ferrovie come “la cartina di tornasole
di alcuni tratti tipici della cultura
politica, manageriale, imprenditoriale
e sindacale italiana: della predilezione
per le scelte di breve termine e a corto
raggio, della tendenza al consociativismo clientelare e all’acquiescenza
al potente di turno e dell’assoluta
deresponsabilizzazione dei decision
makers che non costringe mai nessuno a mettere in gioco la propria
credibilità” (p. 20). Nonostante gli
ostacoli, la mole di informazioni raccolte costituisce un punto di partenza
per chiunque voglia seguire il cammino delle ferrovie italiane non solo sul
piano gestionale ma anche su quello
politico. Non va infatti dimenticato
che lo Stato italiano ha finanziato le
Fs con una media di circa 6 miliardi
di euro all’anno. Lo scorporo della
gestione della rete, stazioni, binari,
Dicembre 2009
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comunicazione
CUNEO | Via Statuto, 6bis | Tel. 0171 602620 | Tel. 0171 697232 | Fax 0171 697732
Fabrizio Gardinali
auguri