Il fumo è associato con una compromissione a lungo termine del

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Il fumo è associato con una compromissione a lungo termine del
Il fumo è associato con una compromissione a lungo termine del metabolismo glucidico nei pazienti con
diabete mellito di tipo 1
P.A. Gerber a,b,*, R. Locherc, B. Schmida, G.A. Spinasa, b, R. Lehmanna
Abstract
Introduzione
Metodi
Risultati
Discussione
Bibliografia
Autori
Abstract
Background e Obiettivi: è ormai noto che il fumo è in grado di influenzare negativamente il metabolismo
del glucosio sia in soggetti sani che nei pazienti diabetici. Lo scopo di questo studio è stato quello di
confrontare il controllo glicemico in pazienti con diabete mellito di tipo 1 fumatori e non fumatori durante
uno studio prospettico con follow-up a lungo termine.
Metodi e Risultati: in un unico centro, sono stati reclutati 763 pazienti con diabete di tipo 1, 160 (21,0%) di
loro erano fumatori. I pazienti sono stati trattati con terapia iniettiva insulinica intensiva secondo le lineeguida esistenti. Il compenso glicemico è stato monitorato trimestralmente, le complicanze correlate al
diabete e i diversi fattori di rischio cardiovascolare sono stati valutati almeno una volta l'anno.
Il controllo metabolico nei fumatori è risultato significativamente peggiore rispetto ai non fumatori al
basale e durante il follow-up (media dell'emoglobina glicata al follow-up 7,9± 1,3% nei fumatori e 7,3± 1,1%
nei non-fumatori, p <0,001), nonostante un dosaggio di insulina più elevata nei fumatori (0,71± 0,30 U/kg
vs 0,65± 0,31 U/kg in non fumatori, p = 0,046). Il dosaggio del colesterolo HDL era più basso nei fumatori al
basale (1,53± 0,45 vs 1,68± 0.51 in non fumatori, p = 0,048).Le complicanze diabetiche tendevano a
verificarsi con una frequenza più elevata nei fumatori, con una significativa differenza nella
macroalbuminuria (9,8% vs 4,8% nei non-fumatori, p = 0,047).
Conclusione: Il fumo è associato ad un peggiore compenso metabolico nei pazienti con diabete mellito di
tipo 1, nonostante le strategie di trattamento siano le stesse nei non fumatori. L’iperglicemia, quindi, può
contribuire ad una incidenza delle complicanze del diabete più precocemente nei pazienti fumatori, in
aggiunta agli effetti tossici diretti del fumo.
Introduzione
Il diabete mellito e il fumo di tabacco sono entrambi importanti fattori di rischio cardiovascolare [1,2].
Inoltre, il fumo e il diabete non compromettono il benessere cardiovascolare in modo indipendente. C'è
un'associazione ben nota tra il fumo e l’insulino-resistenza [3-6] e con l’aumentato rischio di sviluppare il
diabete mellito di tipo 2 [7,8] in soggetti a rischio (in particolare quelli che presentano le altre
caratteristiche della sindrome metabolica).
In pazienti con una diagnosi di diabete mellito tipo 2 (DM2), il fumo sembra peggiorare la resistenza
all'insulina e il controllo glicemico [9,10]. Ci sono anche studi trasversali multicentrici che suggeriscono
un'associazione tra il fumo e l’alterazione del controllo metabolico nei pazienti con diabete mellito di tipo 1
(DM1) [9,11-13]. Tuttavia, dati longitudinali di tipo prospettico che mettano in relazione il controllo
glicemico con il fumo in pazienti DM1 sono tuttora mancanti. È, quindi, non ancora noto se l’alterato
controllo metabolico è dovuto agli effetti diretti del fumo o se questo sia risultato delle differenze insite alla
patologia diabetica (ad esempio, l’atteggiamento verso terapia ipoglicemizzante, la frequenza di
consultazione, l’aderenza alla terapia) tra fumatori e non fumatori.
Per affrontare questo importante problema, abbiamo condotto uno studio prospettico monocentrico in
una coorte di pazienti con DM1, costituita da non fumatori e fumatori. Abbiamo ipotizzato che le possibili
differenze nel controllo metabolico potessero persistere anche dopo l’inizio di un trattamento
ipoglicemizzante intensivo in concomitanza con il perdurare dell’abitudine tabagica.
Metodi
Disegno dello studio e popolazione
Abbiamo condotto uno studio prospettico di popolazione reclutando in modo continuativo tutti i pazienti
con diabete mellito di tipo 1 afferiti all’ambulatorio della Divisione di Endocrinologia, Diabete e Nutrizione
Clinica presso l'Ospedale Universitario di Zurigo, un centro di riferimento terziario, e sono stati seguiti per
almeno un anno. Il consenso informato è stato ottenuto da tutti i pazienti inclusi nello studio. Lo studio è
stato condotto per 16 anni a partire dal gennaio 1994 fino al dicembre 2009.
I pazienti sono stati interrogati sulle abitudini al fumo alla prima visita e poi annualmente (non fumatori), o
ad ogni visita (fumatori). Poiché lo studio non è stato progettato come uno studio di tipo cross-over
(trasversale), i pazienti che hanno modificato la loro abitudine tabagica durante lo studio (ad esempio
iniziare o smettere di fumare) non sono stati inclusi nello studio.
L'end-point primario dello studio era il controllo metabolico, valutato tramite il dosaggio dell’emoglobina
glicata (A1c). L’end-point secondario era la presenza di complicanze correlate al diabete.
Gestione dei pazienti e follow-up
I pazienti sono stati seguiti da un team interdisciplinare composto da diabetologi, educatori e nutrizionisti.
Il trattamento è stato effettuato secondo le indicazioni del Diabetes Control and Complications Trial (DCCT)
[14] circa le iniezioni multiple giornaliere di insulina (da 4 a 5 iniezioni) o l’infusione sottocutanea in
continuo dell’insulina (Continous Subcutaneous Insulin Infusion system - CSII). L'obiettivo della terapia era
quello di raggiungere una A1c inferiore o uguale a 7% senza il verificarsi di frequenti episodi di ipoglicemia
grave.
I pazienti sono stati visitati almeno una volta ogni 3-4 mesi. A tutti i fumatori attivi è stato consigliato di
smettere di fumare ed è stato offerto loro supporto in tal senso (ad esempio, terapia sostitutiva della
nicotina, programma di disassuefazione dal tabacco). Le variazioni nell’abitudine tabagica sono state
registrate come detto sopra.
Il controllo glicemico è stato valutato mediante il dosaggio dell’A1c e l’automonitoraggio glicemico
giornaliero eseguito dai pazienti ad ogni visita. Abbiamo anche valutato la presenza di eventi ipoglicemici
così come sono stati monitorati pressione arteriosa, frequenza cardiaca e peso corporeo ad ogni visita. La
retinopatia, la neuropatia, l’albuminuria, l’assetto lipidico e la funzione renale sono stati valutati una volta
l'anno o più frequentemente se necessario.
I fattori di rischio cardiovascolare, cioè la dislipidemia e l’ipertensione arteriosa, sono stati trattati secondo
le attuali linee-guida dell’ADA (American Diabetes Association). Gli ACE (angiotensin converting enzyme)inibitori o gli antagonisti dell’angiotensina II sono stati prescritti se la microalbuminuria era confermata o se
la pressione arteriosa era al di sopra del target consigliato.
La situazione socio-economica dei pazienti, ad esempio stato civile, professione e istruzione (classificate
secondo la classificazione internazionale dell’istruzione, ISCED) è stata registrata all'inizio dello studio e
aggiornata durante lo studio, se necessario.
Le analisi biochimiche
L’A1c è stata misurata con DCA 2000 (Bayer Diagnostics, Elkhart, USA) secondo le istruzioni del produttore.
La misurazione della microalbuminuria è stata eseguita su campione di urina notturna con il Micral Test II
(Boehringer- Mannheim) fino al 1998 (6,4% delle misurazioni in questo studio) e poi su singolo campione di
urine con il DCA 2000 (93,6% del misurazioni).
Il colesterolo totale è stato misurato mediante un metodo colorimetrico enzimatico utilizzando l’esterasi e
l’ossidasi del colesterolo, i trigliceridi sono stati determinati attraverso una reazione colorimetrica con
cloruro di iodonitrotetrazolio dopo idrolisi enzimatica (analizzatore P modulare, Roche, Svizzera). Il
colesterolo HDL è stato misurato con un test enzimatico omogeneo (Cobas Integra analizzatore, Roche,
Svizzera). Il colesterolo LDL è stato calcolato con la formula di Friedewald [15].
Misurazione dei risultati clinici
Il peso corporeo è stato misurato con l'approssimazione al chilogrammo, l’altezza al centimetro. L’indice di
massa corporea, BMI (body mass index) è stato calcolato come peso (kg)/altezza (mt) al quadrato. La
pressione arteriosa è stata registrata dopo 5 min dall’acquisizione della posizione seduta durante la visita e
con un sfingomanometro a mercurio.
L’ipoglicemia è stata definita grave quando si è presentata la necessità di assistenza da parte di un'altra
persona per correggere l'ipoglicemia, includendo anche episodi di coma e convulsioni.
La microalbuminuria è stata definita come la presenza di una escrezione renale di albumina > 20 mg/min,
corrispondente a 30 mg/24 h, o come un rapporto albuminuria/creatininuria > 3,5 mg/mmol per il sesso
femminile (2,5 mg/mmol per quello maschile), la macroalbuminuria è stata definita come la presenza di
escrezione urinaria di albumina > 200 mg/min, corrispondente a 300 mg/24 h, o come il rapporto
albuminuria/creatininuria > 35 mg/mmol per il sesso femminile (25 mg/mmol per il sesso maschile) [16].
La neuropatia è stata valutata utilizzando la Neuropathy Screening Instrument (MNSI) [17]. I pazienti sono
stati con diagnosticati come neuropatici se il punteggio MNSI superava 2.
La retinopatia diabetica (proliferativa o non-proliferativa), con o senza necessità di intervento (laser terapia,
vitrectomia) è stata diagnosticata mediante esame della retina da parte di un oculista.
La presenza di complicanze macrovascolari è stata valutata esaminando la storia anamnestica circa
pregresse episodi di infarto del miocardio o intervento cardiaco (angioplastica o bypass), o di precedenti
eventi di ischemia cerebrale (attacco ischemico transitorio, ictus) o malattia vascolare periferica con
necessità di intervento (angioplastica, amputazione).
Fine del follow-up
I motivi per la cessazione del follow-up di questo studio sono stati: il cambiamento nell’abitudine tabagica
(ad esempio inizio o cessazione del fumo) e l'interruzione della terapia presso il nostro Istituto (cambio di
istituzione di trattamento, luogo di residenza o morte del paziente).
Analisi statistica
I dati sono descritti come media±deviazione standard, mediana (1° e 3° quartile) o frequenza relativa. Per
l'analisi dei dati di frequenza di tipo categorico indipendenti era eseguito il test del χ2, e per i dati di
frequenza di tipo categorico (dicotomico), è stato eseguito il test McNemar. Per il confronto delle variabili
continue nei due gruppi, è stato utilizzato il test di Mann-Whitney, per le variabili dipendenti è stato
applicato il test Wilcoxon. Un modello lineare generalizzato è stato utilizzato per testare l'influenza di
molteplici fattori sui valori target. Il test di correzione di Bonferroni è stata utilizzato per comparazioni
multiple. Un valore di p <0,05 è stato considerato significativo. Le analisi statistiche sono state effettuate
utilizzando il software di SPSS 18,0 (SPSS Inc., Chicago, USA) per Windows (Microsoft, Redmond, Stati Uniti
d'America).
Risultati
Le caratteristiche dei pazienti
63 pazienti sono stati inclusi nello studio, il follow-up è stato di 5,8 anni (2.7, 9,6) e 5,5 anni (2,3, 10,0)
rispettivamente nei pazienti non-fumatori e fumatori (p = 0,46). I numeri dei pazienti durante il follow-up
sono riportati in fig. 1. 252 pazienti sono stati osservati per un periodo ≥ 10 anni. Il totale dei pazienti
seguiti in follow-up/anno è stato di 5047.
Le caratteristiche dei tutti i pazienti arruolati, fumatori e non fumatori, sono mostrati nella Tabella 1. I
pazienti inclusi nella coorte avevano un'età media di 35,9±13,9 anni, con diabete pre-esistente da una
media di 13,0±12,2 anni. Il BMI medio all'inizio dello studio era 23,8±5,6 kg/m2.
All'ingresso nello studio, 160 pazienti erano fumatori (21,0%). Non vi era alcuna differenza significativa in
nessuna delle caratteristiche menzionate, tra fumatori e non fumatori. Tuttavia, la distribuzione di genere
tra i due gruppi differiva in modo significativo (52,1% maschi nei non fumatori, 71,3% maschi nel gruppo dei
fumatori, p <0,001).
Fumo
Il 96,8% dei fumatori utilizzavano le sigarette, 1,3% la pipa e 1,9% i sigari. I fumatori di sigarette avevano
una storia tabagica di 21,6±14,8 pacchi/anno all'inizio del follow-up. 24 pazienti (15,0%) ha smesso di
fumare durante lo studio, 6 non fumatori hanno iniziato (1,0%).
Controllo metabolico
I valori annuali medi di A1c durante il follow-up sono raffigurati in Fig. 1. I livelli di A1c sono risultati
significativamente inferiori in entrambi i gruppi quando i valori basali sono stati confrontati con i risultati
del follow-up ad un anno dall'entrata nello studio (da 8,1±2,0% a 7.3±1,2% nei non fumatori e da 9.0±2,3%
a 7,9±1,5% nei fumatori, p <0,001 in entrambi i gruppi) e sono rimasti stabili in seguito, differendo in modo
significativo alla valutazione basale (p <0,001) e durante l'intero follow-up (media dell’A1c durante il followup è stata di 7.3±1,1% nei non fumatori e 7,9±1,3% nei fumatori, p <0,001). La proporzione di pazienti che
hanno raggiunto l'obiettivo del 7% o inferiore (media durante follow-up) è stato del 42,3% nei non fumatori
e il 23,8% nei fumatori (p <0,001). A causa della differenza di genere tra i due gruppi (fumatori e non
fumatori), abbiamo separato l'influenza del sesso e l’abitudine al fumo in un modello lineare generalizzato.
Per la valutazione basale nonché per ogni anno di follow-up, l’A1c differiva tra fumatori e non fumatori.
Quando il test di Bonferroni per multiple correlazioni è stato applicato in questo modello, i livelli di A1c
sono
rimasti
significativamente
FIG. 1
11
diversi fino a 5 anni di
non fumatori
fumatori
follow-up.
10
I 24 pazienti che hanno
smesso
di
fumare
durante
lo
studio
sono
8
stati esclusi dall’analisi
prospettica dei dati.
7
Tuttavia, i cambiamenti
6
dei livelli di A1c in
questi pazienti sono
stati analizzati post-hoc.
5
1
2
3
4
5
6
7
Basale
L'A1c media annua si è
Follow-up (anni)
ridotta di 0,5±0,9% da
n (non fumatori)
603
590
593
461
399
339
298
prima a dopo la
n (fumatori)
160
157
137
113
96
81
73
cessazione del fumo (p
= 0,055).
I livelli di emoglobina glicata (A1c) nei fumatori (quadrati) e non fumatori (cerchi) prima e durante il follow-up. **p<0,001
Al basale, l’A1c era
(significativamente differente dopo la correzione di Bonferroni), * p<0,05 (non significativamente diverso dopo la correzione
sovrapponibile
in
di Bonferroni). Un modello lineare generalizzato è stato applicato per separare l'influenza del fumo e del sesso sull’A1c.
n indica i pazienti inclusi fino a questo punto nel tempo.
maschi e femmine
(8,3±2,1% per entrambi, p = 0,44 dopo aggiustamento per il fumo), ma le femmine hanno mostrato un
controllo metabolico significativamente peggiore durante il follow-up (media A1c durante il follow-up
7.5±1,3% nel sesso femminile e 7.4±1,1% nei maschi, p = 0,008 dopo correzione per il fumo) fino a 5 anni di
follow-up.
A1c (%)
9
Complicanze diabetiche e fattori di rischio cardiovascolare
La presenza di complicanze del diabete prima e dopo il follow-up è mostrato in Tabella 2. C'è stata
una tendenza verso una maggiore frequenza di ogni singola complicanza micro-e macrovascolare nei
fumatori rispetto ai non fumatori. Una differenza significativa tra i due gruppi è stata osservata nella
valutazione della macroalbuminuria alla fine del follow-up (presente nel 4,8% nei non fumatori e 9,8% nei
fumatori, p = 0,047). Quando aggiustato per l’A1c media durante il follow-up, questa differenza non era più
persistente. La frequenza di ogni complicanza è risultata aumentata in tutta la coorte durante il follow-up.
Peso, pressione arteriosa e assetto lipidico non sono risultati diversi tra fumatori e non fumatori, prima e
dopo il follow-up, con l'eccezione del colesterolo HDL all’inizio del follow-up (1.68±0,51 mmol/l nei non
fumatori, 1,53±0,45 mmol/l nei fumatori, p = 0,048) (Tabella 3). Questa differenza era ancora persistente
alla fine del follow-up, ma non era più significativa a questo punto (p = 0.07). Si è assistito ad un aumento di
peso significativo in entrambi i gruppi durante il follow-up. La pressione arteriosa sistolica è risultata
diminuita nei non fumatori e quella diastolica in entrambi i gruppi. Le concentrazioni ematiche dei lipidi non
è cambiata nel corso del follow-up, con l'eccezione del colesterolo totale, che è diminuito nei fumatori.
Terapia insulinica e trattamento dei fattori di rischio cardiovascolare
Il 73,5% dei pazienti sono stati trattati con multiple iniezioni giornaliere di insulina a rapida e lunga durata
d’azione, il 26,5% dei pazienti sono stati trattati con microinfusore di insulina (CSII). Il tasso di trattamento
con CSII era 27,9% nei non fumatori e il 21,2% nei fumatori (p = 0.15). L’A1c non è stata significativamente
influenzata dall'uso dell’insulina con microinfusore (media durante il follow-up 7.5±1,3% senza
microinfusore, 7.3±1,0% con microinfusore, p = 0,32).
Il dosaggio dell’insulina è stato sovrapponibile tra i due gruppi all'inizio del follow-up (0,61±0,28 U / kg nei
non fumatori vs 0,58±0,27 U/kg nei fumatori, p = 0,65), ma durante il follow-up il tasso di aumento della
dose di insulina nel gruppo dei fumatori era significativamente maggiore rispetto ai non-fumatori
(+0.13±0,28 U/kg vs +0,05±0,30 U / kg, Z p = 0,002). Al termine del follow-up, la dose di insulina utilizzata è
stata significativamente più alta nei fumatori (0,71±0,30 U / kg vs 0,65±0,31 U / kg in non fumatori, p =
0,046). Il 21,6% dei non fumatori e il 26,3% dei fumatori sono stati trattati con una statina alla fine del
follow-up (p = 0,21), e il 33,2% dei non fumatori e il 36,9% dei fumatori con un ACE-inibitore o un
antagonista dell’angiotensina II a causa dell’ipertensione arteriosa o dell’albuminuria (p = 0,38).
Episodi ipoglicemici gravi
Non è stata rilevata alcuna differenza nel numero di pazienti che hanno avuto una o più ipoglicemie gravi
(grado II o III) tra i gruppi durante il follow-up (27,4% dei non fumatori, 28,8% dei fumatori, p = 0,33), il
numero assoluto di episodi di ipoglicemia in cui è stata richiesta l'assistenza, è stato pari a 16 per ogni 100
pazienti/anno nel gruppo non-fumatore e 17 per 100 pazienti/anno nel gruppo fumatore.
Relazione tra status socio-economico e il fumo
La prevalenza dal fumo non dipendeva dallo stato civile (single, sposato, divorziato, vedovo, p = 0.22) o
dall’attività professionale (occupato, disoccupato, pensionato, studente; p = 0,15). Tuttavia, la frequenza
del fumo era significativamente differente (p = 0.02) quando il livello di istruzione è stato confrontato a con
una percentuale di fumatori nel livello 0-3 secondo la scala ISCED (Istruzione obbligatoria/apprendistato)
del 28,2%, nel livello 4-5B (scuola universitaria professionale) del 14,8% e nel livello 5°-6 (università) del
12,3%. Inoltre, il livello di istruzione era l'unico fattore socioeconomico che è stato associato con differenze
di A1c quando separato dall'effetto del fumo in un modello lineare generalizzato (media A1c durante il
follow-up di 7,5±1,2% nel livello 0-3 ISCED, 7.3±1,2% nel livello 4-5B livello e 7.0±1,1% a livello 5A-6).
Tuttavia, il fumo è rimasto associato in modo statisticamente significativo con l’A1c, indipendentemente dal
genere e dalla condizione socio-economica (p = 0,009)
Mortalità
5,0 casi di decesso per 1000 pazienti/anno si sono verificati durante il follow-up (totale 25), senza
differenze significative tra non fumatori (5,2) e fumatori (3,9; p = 0,75).
Discussione
In questo studio osservazionale a lungo termine (più della metà dei pazienti del trial DCC è stata seguita per
la stessa durata nel follow-up), il fumo potrebbe essere identificato come un fattore di rischio maggiore per
peggiore controllo metabolico nei pazienti con diabete mellito di tipo 1. I livelli di A1c come indicatore del
compenso metabolico sono risultati significativamente differenti tra fumatori e non fumatori alla
valutazione iniziale prima dell'ingresso nello studio, con una differenza che persisteva anche dopo anni di
terapia insulinica intensiva.
Questa terapia ha determinato livelli di A1c paragonabili tra il gruppo non-fumatore e il gruppo sottoposto
a terapia intensiva nel DCCT [18], indicando che tali risultati possono essere raggiunti al di fuori di un trial di
larghe dimensioni in un ambulatorio di un ospedale più grande. È interessante notare che il numero di
ipoglicemie gravi è stata più o meno come simile a quanto riportato nel gruppo trattato con approccio
terapeutico tradizionale nel DCCT (19 per 100 pazienti/anno) e quindi molto più basso, come nel gruppo
trattato con terapia intensiva nel DCCT (62 per 100 pazienti/anno). Il gruppo dei fumatori aveva un’A1c
superiore già all’inizio del follow-up. Questa differenza potrebbe essere ridotta, ma non eliminata,
nonostante un aumento notevolmente maggiore della dose di insulina con una dose maggiore di insulina
totale alla fine del follow-up nel gruppo fumatore. Inoltre, la proporzione di pazienti che hanno raggiunto
un valore di A1c del 7% o meno era quasi due volte più elevata nel gruppo dei non-fumatori rispetto al
gruppo fumatore. In accordo con questi risultati, c'era una tendenza statisticamente non significativa verso
la riduzione dell'A1c nei pazienti che smettevano di fumare. La comparsa di ipoglicemia grave non differiva
tra i due gruppi.
L'osservazione che una dose di insulina superiore permetteva un controllo glicemico meno stretto con lo
stesso tasso di ipoglicemie gravi suggerisce che il fumo altera l’omeostasi glucidica mediante modifiche a
breve termine della sensibilità all'insulina, un effetto del fumo già descritto in precedenza in uno studio
sperimentale su volontari sani [3], che è imprevedibile la maggior parte del tempo. Un'altra possibile
spiegazione delle nostre osservazioni potrebbe essere il ritardato assorbimento dell’insulina mediata per la
vasocostrizione nel tessuto sottocutaneo determinata dal fumo. In particolare, il rapporto tra insulina
prandiale e aumenti postprandiali della glicemia può essere alterato da questo meccanismo [19].
Al contrario di quanto detto circa il controllo glicemico, la maggior parte degli altri fattori di rischio
cardiovascolare possono essere adeguatamente controllati nei due gruppi: non sono state rilevate
differenze significative per quanto riguarda il colesterolemia totale ed LDL, la trigliceridemia e la pressione
arteriosa, tra i due gruppi. Tuttavia, il colesterolo HDL nei fumatori è risultato ridotto del 9% all'inizio del
follow-up. La correlazione negativa tra fumo e colesterolo HDL è ben nota [20]. La ridotta azione
dell’insulina [21,22] e la riduzione del colesterolo HDL [23,24] possono insieme contribuire ad un fenotipo
simile a quello della sindrome metabolica e sono considerati fattori importanti che determinano il rischio di
questa sindrome in tutte le età.
È interessante notare che il peso e le modifiche ponderali non differivano tra i due gruppi. La tendenza
osservata (ma non significativa) di un uso più frequente di ACE-inibitori/antagonista dell’angiotensina II e
statine nei fumatori è probabilmente il risultato degli effetti negativi del fumo su pressione arteriosa,
albuminuria e lipidi sierici.
L’aumento della morbidità nei pazienti con diabete di tipo 1 dipende principalmente dalla comparsa delle
complicanze diabetiche. C'è stata una tendenza ad una maggiore prevalenza di complicanze micro- e
macrovascolari nei fumatori. Tuttavia, solo la presenza di macroalbuminuria differiva in modo significativo
tra i due gruppi. Questa differenza non persiste quando i dati sono corretti per l’A1c media durante il
follow-up, indicando che le differenze tra i due gruppi possono almeno in parte essere spiegate dalla
diverso controllo glicemico. Tuttavia, va sottolineato che studi precedenti hanno dimostrato che il fumo
influenza la nefropatia (probabilmente per gli effetti tossici diretti sulla funzione endoteliale) [11,25-27] e la
neuropatia [28] anche indipendentemente dal controllo glicemico controllo, mentre i dati sulla retinopatia
sono contrastanti [11,29]. Inoltre, i bassi livelli di colesterolo HDL (come visto nel gruppo fumatore) sono
associati ad una maggiore incidenza di insufficienza renale cronica nei pazienti con diabete di tipo 2 [30].
La mortalità (5,0/1000 pazienti/anno) nel corso dello studio non differisce tra i due gruppi ed è stato solo
marginalmente superiore a quello previsto in popolazione generale pari età in Svizzera (4,3/1000
pazienti/anno) [31].
La prevalenza di tutte le complicanze nella coorte durante lo studio è aumentata nonostante un discreto
controllo glicemico, indicando il concetto della "glucose legacy" [32].
Di particolare interesse risulta il controllo glicemico che è risultato leggermente, ma significativamente,
peggiore nei pazienti di sesso femminile rispetto ai maschi durante la durata del follow-up, una differenza
che non era presente all'inizio follow-up. Questa osservazione è coerente con precedenti report sul
controllo glicemico che descrivevano una differenza in base al genere con un peggior controllo nel sesso
femminile quando i pazienti adolescenti venivano trasferiti ad un centro diabetico per adulti [32].
Il punto di forza di questo studio prospettico è l’arruolamento di un unico centro e l'elevato numero di
pazienti/anno. Ci sono anche limitazioni. A causa dei noti effetti dannosi del fumo, uno studio non
randomizzato determina la presenza di possibili bias tra i gruppi. Un aspetto da considerare nel nostro
studio sarebbe la suddivisione in base al sesso, con la presenza maggiore di maschi nel gruppo fumatore.
Tuttavia, trattando il genere come ulteriore variabile indipendente in grado di influire sugli outcome clinici,
abbiamo separato il suo effetto nelle nostra analisi dall'effetto del fumo stesso, in modo da minimizzare
una possibile distorsione dei risultati. La possibile influenza di altri fattori, ad esempio lo status socioeconomico o lo stile di vita, è più difficile da valutare. La nostra analisi ha rivelato che il livello dell’istruzione
è inversamente correlato all’abitudine tabagica e all’A1c, in accordo con precedenti osservazioni in molti
studi [31,33,34]. Tuttavia, quando l'effetto del fumo veniva distinto da quello dell’istruzione, entrambi i
fattori indipendentemente influenzavano il controllo glicemico.
In sintesi, questo studio dimostra che, contrariamente ad altri fattori di rischio cardiovascolare che sono
meno difficile da trattare (ad esempio dislipidemia, ipertensione arteriosa), il raggiungimento di un buon
controllo glicemico è più difficile nei pazienti con diabete tipo 1 con abitudine tabagica, nonostante la
stessa intensità delle strategie di trattamento con insulina ai non fumatori. L’iperglicemia, pertanto, può
contribuire alla comparsa precoce di complicanze diabetiche in pazienti con diabete tipo 1 che fumano, in
aggiunta agli effetti tossici diretti del fumo, e quindi aumentare la morbidità in questa popolazione.
Questo sottolinea l'importanza del counselling per la cessazione del fumo in questi pazienti, probabilmente
con maggiore attenzione alle categorie con una maggiore prevalenza del fumo, come nei pazienti con più
basso livello di istruzione.
Bibliografia
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Autori
P.A. Gerber a,b,*, R. Locherc, B. Schmida, G.A. Spinasa, b, R. Lehmanna
a
Divisione di Endocrinologia, Diabete e Nutrizione Clinica, Ospedale Universitario di Zurigo, Svizzera
Centro di Competenza per i sistemi di Fisiologia e Malattie Metaboliche, Zurigo, Svizzera
c
Divisione di Medicina Interna, Ospedale Universitario di Zurigo, Svizzera
b
* Autore di riferimento. Dipartimento di Endocrinologia, Nutrizione e Diabete Clinica, Ospedale
Universitario di Zurigo, Rämistrasse 100, CH - 8091 Zurigo, Svizzera.
Tel: +41 44 255 97 36, fax: +44 255 41 44 47.
E-mail: [email protected]; [email protected] (PA Gerber).