I genitori: basta calcio se non studi

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I genitori: basta calcio se non studi
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LA PROVINCIA
LUNEDÌ 22 FEBBRAIO 2016
Obiettivo Calcio
Giovanile
L'INTERVISTA MATTIA NOTARI. Cresciuto al Milan, leader del Mantova in B
Il comasco: «Una bella soddisfazione il diploma conquistato al Caio Plinio»
CALCIATORE RAGIONIERE
«QUATTRO ALLENAMENTI
E ALLA SERA STUDIAVO »
RICCARDO BIANCHI
erza tappa del nostro
viaggio nel mondo del
calcio giovanile.
Il tema è “famigliare”:
calcio e scuola. Quante volte abbiamo sentito una mamma lamentarsi del proprio figlio “calciatore” che non fa i compiti, che
va male a scuola. Tanto da minacciare di non portarlo più agli
allenamenti o alle partite.
Diventa ancora più difficile
conciliare calcio e compiti quando il ragazzino gioca in una
squadra professionistica: oltre
all’impegno per gli allenamenti
(quattro alla settimana più la
partita ) c’è da calcolare il tempo
per i trasferimenti (casa-campo-casa).
Diciamo la verità: sono pochi i
calciatori professionisti che sono riusciti a concludere “dignitosamente” gli studi. E se non
hai guadagnato bene grazie al
pallone (pensiamo ai calciatori
che navigano in Lega Pro) il rischio è di dover trovare un lavoro o di tentare di aprire un’attività fidandosi dell’amico che spesso porta solo guai.
Per fortuna ci sono esempi positivi: il “ragionier” Mattia Notari,
comasco doc. Cresciuto nel Milan. capitano in serie B con il
Mantova, diplomato al Caio Plinio di Como.
T
Ragionier Notari, allora si può giocare a calcio, studiare e diplomarsi
Io penso di sì, ma devi essere
pronto a fare tanti sacrifici. Al
Milan ho fatto tutta la trafila
delle giovanili, dai 12 ai 18 anni.
Quattro allenamenti alla settimana più la partita. Ovviamente
quando mi sono iscritto alle superiori, all’ istituto “Caio Plinio”
di Como è diventato tutto più
difficile. Ma alla fine mi sono
diplomato senza mai perdere un
anno o avere materie da recuperare in estate. Ho passato gli esami finali con un discreto 48/60.
Sono stato anche rappresentante d’istituto con il mio amico
Piermario Vimercati, Una bella
soddisfazione e una bella esperienza, il Caio allora aveva 1300
studenti.
Saluto tra capitani: Mattia Notari e Alex Del Piero (la Juve era in B)
Mattia Notari con la Libertas San Bartolomeo, era già capitano...
I genitori: basta calcio se non studi
«Sbagliato, toglietegli il cellulare»
I dirigenti comaschi
Ostinelli (Cometa)
«L’attività sportiva
non deve essere un premio
ma una responsabilità»
La priorità è sempre la
scuola, ma i genitori non tolgano
mai il calcio ai bambini come punizione per gli scarsi risultati conseguiti tra i banchi.
È un coro unanime quello che
si leva da allenatori e istruttori dell’attività calcistica di base. Specialmenteperibambinidelleelementari, l’attività fisica è fondamentale: privarli di un momento così
importante non è solamente inutile, ma addirittura controproducente. Quando si individua una
difficoltà nell’apprendimento
scolastico di un ragazzo, gli adulti
intorno a lui (insegnanti, genitori,
allenatori) devono piuttosto esse-
re capaci di responsabilizzarlo.
«Quando un ragazzo riscontra
difficoltà a scuola, i genitori non
dovrebbero mai togliergli il piacere dello sport, convinti che il tempo risparmiato possa essere utilizzato per lo studio - dice Achille
Ostinelli, direttore sportivo di
Cometa -: sono altre le cose che
andrebbero tolte: penso a cellulari, videogiochi, televisione».
Ostinelli parla anche per esperienza diretta: «È capitato, qualche tempo fa, che due ragazzi fossero lasciati a casa dagli allenamenti perché andavano male a
scuola. Dopo meno di due mesi
sono tornati a giocare: i genitori
avevano capito che non era quella
la soluzione. Il calcio, e l’attività
sportiva in generale, non devono
esserevistisolocomeun “premio”
per il bambino che si comporta
bene, ma come un impegno settimanale che li responsabilizzi».
Esatto. La Primavera giocava al
sabato. Avevo un permesso per
“saltare” le lezioni con l’impegno di recuperare il lunedì i
compiti in classe. E al sabato
Promosso
al corso
per allenatori
Niente televisione alla sera?
La tv? Proibita! L’unica concessione di mio padre Fulvio erano
le partite di Coppa della Juventus. Ma devo ringraziare i miei
genitori per avermi sempre
Il giorno più delicato era il sabato,
L’ultimo esame
Ma quando studiava?
Cercavo soprattutto di stare attento in classe. Sapevo che avrei
avuto solo il tempo di qualche
“ripassata”. Del resto uscivo da
scuola alle 14 , andavo di corsa
a casa, in via Leoni. Mangiavo un
panino e poi quell’anima pia di
Gigi Rampoldi, osservatore prima del Como e poi del Milan, mi
portava al campo di allenamento a Linate, lo ha fatto per quattro anni. Po due anni di allenamenti a Milanello con la Primavera . Gigi mi portava fino a Lainate, poi passava il pulmino del
Milan Arrivavo a casa tardi, cena
veloce e sotto a studiare.
pungolato nello studio. Grazie
a loro sono diventato ragioniere
e calciatore professionista, senza dimenticare i consigli dei mio
fratello maggiore “Mamo”, anche lui calciatore professionista.
Anche da piccolo niente cartoni
animati in tv. Ora li vedo per la
prima volta con mia figlia Clarissa che ha quasi due anni. Mia
moglie Laura non ci credeva:
non avevo mai visto la “Carica
dei 101”...
Achille Ostinelli (Cometa)
Damiano Bernasconi (Tavernola)
William Leoni (Cassina Rizzardi)
Enrico Pedemonti (Lariointelvi)
avevo tre ore di ragioneria. E
così al lunedì mi mettevano da
solo vicino alla cattedra per svolgere il compito in classe, appositamente preparato per me. Impossibile pensare di copiare!
Dal Milan all’Atletico Catania, poi
Novara e la consacrazione a Mantova. E con la Polisportiva Libertas
San Bartolomeo nel cuore...
Ho frequentato l’oratorio di San
Bartolomeo fin da piccolo. Poi
anche da “grande”. Quando raccontavo che in estate avevo dato
una mano al Grest c’era qualche
mio compagno di calcio che mi
prendeva in giro. Sono un credete, ma “non bigotto”. Ora abito
a Mantova ma quando torno a
Como vedo volentieri i miei
amici della parrocchia. Anche a
Mantova spesso mi chiamano
negli oratori per raccontare la
mia storia, una storia fortunata.
A Mantova sono stato il capitano
della squadra per sette anni, ho
vissuto la cavalcata dalla C2 fino
alla finale playoff per la A , persa
con il Torino, con polemiche.
Mattia Notari (difensore centrale,
classe 1979) ha iniziato a giocare
nella Polisportiva Libertas San
Bartolomeo di Como. Anche suo
fratello Massimiliano (detto Mamo, classe 1972) è stato un calciatore professionista (ha giocato anche
nella Juve).
Mattia a 12 anni fu selezionato dal
Milan, Dopo aver fatto la trafila
delle giovanili (Primavera compresa ) gioca con l’ Atletico Catania
(1998/89)e per stagioni con il
Novara, che riscatta il cartellino.
Nel 200O viene acquistato dal
Mantova; per sette anni sarà il
capitano della squadra.
Mattia è uno dei protagonisti della
favolosa cavalcata che in tre anni
porta il Mantova dalla C2 fino alla
finale playoff per la serie A, persa
contro il Torino.
In seguito al fallimento del Mantova, nel 2010 gioca nel Lierse (Belgio) e in C2 con il Castiglione.
Dopo aver chiuso la carriera,
assume il ruolo di coordinatore
tecnico del “Progetto Udinese
Academy.
Sciolto il rapporto con l’Academy, si
iscrive lo scorso ottobre al corso
per allenatore Uefa A.Nei giorni
scorsi ha ricevuto l’esito da Covercviano: promosso con 109/110 .
Ha battuto anche la Juventus. in
serie B per “calciopoli”
È dello stesso avviso Damiano
Bernasconi del Tavernola, che
vive il triplo ruolo di insegnante di
educazione fisica, istruttore dell’attività di base e genitore: «Cerchiamo di tenere sempre monitorata la situazione del ragazzo tra
scuola, sport e famiglia. Se c’è qualche caso problematico, chiediamo
ai genitori di poter visionare la pagella, per poi discuterne insieme.
L’attività fisica extrascolastica, comunque, non andrebbe mai tolta,
anche perché stiamo parlando di
una componente sempre meno
presente nella società giovanile di
oggi. Privare un bambino dello
sport è solo un modo per aggirare
la questione».
Crede nel coordinamento tra
più forze anche William Leoni:
«Importante è il dialogo tra istruttori/allenatori, genitori e ragazzi
– sostiene il responsabile del settore giovanile del Cassina Rizzardi, una sessantina di iscritti –. Noi
siamo i primi a chiedere aiuto e
collaborazione all’Associazione
genitori che si è formata nelle
scuole elementari del paese, al Comune e alla parrocchia». Ponendo
poi grande attenzione al passaggio
dalle elementari alle medie: «In
quel caso bisogna avere maggior
attenzione: può capitare che qualche ragazzo sitroviindifficoltà per
un aumento del carico di lavoro
scolastico».
E quando i problemi sono più
seri, ad esempio legati al comportamento e non semplicemente al
rendimento scolastico? «In quei
casi bisogna far capire al ragazzo
quanto e come sta sbagliando –
dice Enrico Pedemonti, responsabile scuola calcio della Lariointelvi – e se una “punizione” ci deve
essere, non è comunque quella di
privarlo dello sport: piuttosto,
continuerà a svolgere gli allenamenti, senza giocare la partita.
Può fare il guardalinee o l’accompagnatore in panca: anche questo
è un modo per responsabilizzare
il ragazzo. Il castigo fine a se stesso
è solo dannoso a quell’età».
Tra computer e smartphone, i
ragazzi di oggi rischiano di crescere con valori ben diversi rispetto
a quelli di un decennio fa: «Bisogna insegnare ai giovani la cultura
del sacrificio – conclude Pedemonti – e non parlo solo della fatica fisica, ma anche di quello economico, ovvero dei soldi spesi dai
genitori per permettere ai figli di
praticare uno sport».
Fu una vittoria storica, la Juve
non perdeva da una cinquantina
di partite.Vincemmo noi 1-0.
Che emozione dare la mano al
capitano della Juve, Alex Del
Piero , poi mi regalò la sua maglia, anche perchè conosceva
mio fratello Mamo. Nel ritorno
a Torino 2-0 per la Juve . Ho
provato a di scambiare la maglia
con qualche giocatore della Juve, ma c’era chi mi diceva “l’ho
già promessa”, “non posso”. Poi
sento uno che mi chiama, era
Del Piero con la sua maglia in
mano. Aveva sentito tutto... Per
me è stata una lezione di umiltà.
E per diventare calciatore conta anche l’umiltà.
Vero. Mai pensare di essere arrivato. Ma i tempi sono cambiati
.Ho lavorato con i bambini dell’Accademy dell’Udinese. In un
momento di crisi economica
c’erano genitori che riversavano
nel figlio di 10 anni le loro speranze di riscatto sociale. Vedo
una pressione sui bambini davvero pazzesca. Difficilmente potranno diventare calciatori. E
non per colpa loro
L. Spo. – Francesco Tosetti