Indice - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

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Indice - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
Indice
1 Obiettivi
2
I
4
2 Riepilogo delle leggi relativistiche
5
2.1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 Rappresentazione dello spazio tempo: diagrammi di Minkowski 8
2.3 Proprietà dello spazio-tempo e quadrivettori . . . . . . . . . . 10
2.4 Moto accelerato iperbolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12
II
Moto del razzo relativistico
3 Razzo uniformemente accelerato
3.1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Orizzonte degli eventi . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Dinamica del moto . . . . . . . . . . . . . . .
3.4 Viaggio del razzo . . . . . . . . . . . . . . . .
3.4.1 Prima fase: accelerazione . . . . . . . .
3.4.2 Seconda fase: moto rettilineo uniforme
3.4.3 Terza fase: decelerazione . . . . . . . .
3.4.4 Bilancio complessivo . . . . . . . . . .
3.5 Esempi numerici . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5.1 Valori cinematici . . . . . . . . . . . .
3.5.2 Energia e consumo . . . . . . . . . . .
3.6 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
III
Ringraziamenti
14
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15
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18
19
19
20
20
22
22
23
24
25
1
Capitolo 1
Obiettivi
Nel terzo millennio, la tecnologia e la ricerca compiono passi sempre più
grandi e più veloci. Così, gli astrofisici scoprono nuovi pianeti, mentre i fisici
cercano soluzioni al problema energetico. Qualche tempo fa mi sono trovato
per caso davanti a un documentario condotto, se così si può dire, dal celebre
Stephen Hawking. Veniva ipotizzato il fatto che un giorno forse gli esseri
umani dovranno abbandonare il sistema solare per sopravvivere, e spostarsi
su un altro pianeta abitabile. In un certo modo, questo lavoro, si propone di
toccare, senza approfondire, questi temi. L’idea è quella di analizzare il moto
di un ipotetico razzo in grado di raggiungere velocità vicine a quella della luce,
cosa che comporta un trattamento relativistico del sistema. Sebbene l’idea
sia attualmente piuttosto fantascientifica, si cerca di fare una trattazione
il più realistica possibile, tenendo presenti vari fattori, pur ricordando che
questo rimane un lavoro prettamente teorico.
Innanzi tutto il tipo di moto: quando si parla di relatività ristretta, viene spesso tirato in ballo il paradosso dei gemelli. Oltre all’effetto di desincronizzazione della coppia, in questo famoso esperimento pensato, può
sembrare paradossale anche il modo in cui viene presentato: una navicella
parte con velocità iniziale vicina a c e compie un lungo viaggio, nel quale
improvvisamente inverte il senso di marcia e torna alla indietro alla stessa
velocità. Chiaro che una situazione del genere è irrealizzabile, per cui nel descrivere il moto del razzo verranno considerate una fase di accelerazione e di
decelerazione, usando le coordinate di Rindler; queste permettono di trattare
un moto uniformemente accelerato senza utilizzare la relatività generale.
Il razzo potrebbe trasportare semplicemente oggetti, magari una sonda
spaziale, macchine fotografiche, o altri strumenti, ma è spontaneo pensare ad
esseri viventi a bordo del razzo. Motivo per cui tra i valori di accelerazione
scelti viene preso in primis in considerazione il valore g = 10m/s2 , in modo
da sopperire all’assenza di gravità terrestre con un’accelerazione equivalente.
2
CAPITOLO 1. OBIETTIVI
3
Verranno fatte anche delle considerazioni sul bilancio energetico dell’ipotetico viaggio, o meglio sulla massa (cosa che ovviamente è equivalente, specie
considerato il fatto che alla fine del viaggio il razzo è fermo). Raggiungere
velocità relativistiche comporta un tipo di propulsione molto più efficiente
della combustione; documentandosi in rete o con altre fonti, ci si può imbattere in progetti di motori a fissione/fusione nucleare, ad annichilazione
di pioni, protoni o elettroni. Al giorno d’oggi nessuno di questi pare essere
vicino alla realizzazione, ma non è nostro scopo porci questo problema: verrà semplicemente preso in considerazione un ipotetico motore e il suo potere
propulsivo, che si misuriamo sostanzialmente in velocità di scarico.
Prima però di trattare esplicitamente del moto del razzo, è sembrato opportuno fare un riepilogo sulla relatività ristretta, sia per presentare un quadro generale in cui contestualizzare lo studio del problema, sia per introdurre
una notazione coerente.
Parte I
Introduzione alla relatività
ristretta
4
Capitolo 2
Riepilogo delle leggi relativistiche
2.1
Trasformazioni relativistiche ed effetti cinematici
Sul finire del 1800, uno dei problemi principali della Fisica era conciliare il
principio di relatività galileiana, che da secoli si era già dimostrato empiricamente valido, con le equazioni di Maxwell. Il principio di relatività afferma
che le leggi fisiche assumono la stessa forma in ogni sistema di riferimento
inerziale (ovvero un sistema in cui, in assenza di forze, i corpi mantengono il
loro stato di quiete o di moto rettilineo e uniforme); le equazioni di Maxwell
contengono però la costante universale c, ovvero la misura della velocità della
luce nel vuoto. Secondo queste equazioni quindi la luce ha una velocità costante nel vuoto, indipendentemente dal sistema di riferimento e smentendo
quindi le regole di composizione della velocità galileiane.
In questo contesto, il lavoro sia teorico che sperimentale di diversi fisici
(Michelson e Morley fautori del famoso esperimento, Poincaré, Lorentz e
Einstein per citare i principali) diede vita a una teoria rivoluzionaria che
risolse questa contraddizione oltre a inquadrare sotto una nuova luce tutto il
sapere Fisico fino a quel momento elaborato, ovvero la Teoria della Relatività.
La Teoria della Relatività è basata su due principi, dai quali deriva una
nuova formulazione della meccanica, sia dal punto di vista matematico che
dal punto di vista ontologico:
Principio di relatività: le leggi della fisica si esprimono nella stessa forma
in tutti i sistemi inerziali;
Principio di invarianza di c: la luce si propaga isotropicamente nel vuoto
in ogni sistema inerziale con velocità c.
5
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
6
Dal primo principio si ha quindi l’estensione della relatività a tutti i fenomeni,
inclusi quelli elettromagnetici; dal secondo appare invece evidente come la
composizione delle velocità galileiana non sia ammessa: questo comporta
una nuova formulazione delle trasformazioni di coordinate da un sistema di
riferimento ad un altro. La loro formulazione esatta à opera di Lorentz, dal
quale prendono il nome; le trasformazioni nel caso di moto del sistema di
riferimento S ′ lungo l’asse x a velocità v rispetto al sistema S si scrivono:
 ′

x = γ(x − vt);

 t′ = γ t − v x .
c2
γ=p
1
1 − v 2 /c2
La cosa che immediatamente salta all’occhio, in quanto non ha equivalente
nelle trasformazioni galileiane, è che in queste trasformazioni si ha il cambiamento della coordinata temporale. Questo è sicuramente l’aspetto più rivoluzionario della relatività: lo spazio e il tempo non sono più da considerare
come due entità separate, ma fanno parte di un tutt’uno, lo spazio-tempo.
In base al proprio movimento, un osservatore non solo misurerà spazi diversi,
ma anche il suo tempo scorrerà in maniera diversa rispetto all’osservatore
che misura le stesse grandezze in quiete.
Dal punto di vista fisico ci si può porre il problema di trovare un nuovo sistema per la sincronizzazione degli orologi di vari osservatori; orologi
di osservatori che vengano sincronizzati in un punto e poi si spostino non
sarebbero infatti più sincronizzati negli istanti successivi. Dal secondo principio abbiamo però visto che la velocità della luce nel vuoto è costante; si
può ricorrere allora a un reticolo di orologi distribuiti nello spazio a distanza
nota dall’origine O: l’origine emetterà un segnale luminoso nell’istante t0 = 0
che raggiungerà i vari orologi all’istante t1 = x/c; gli osservatori sapranno al
momento della ricezione del segnale di essere sfasati dall’origine di un tempo ∆t = x/c. L’utilizzo di segnali luminosi d’altronde è l’unico sistema che
appare legittimato dai due principi.
Un’altra conseguenza immediata delle nuove trasformazioni è la relatività
della simultaneità: due eventi simultanei in un sistema di riferimento, non lo
saranno necessariamente in un altro. Si può ipotizzare ad esempio di avere
un’emissione di due segnali di luce in S dall’origine nei due versi opposti
dell’asse x. Questi due segnali raggiungeranno simultaneamente due punti
equidistanti di ascissa x1 = a; e x2 = −a al tempo t = t1 . Il sistema
S ′ vedrà, per il secondo principio, due segnali di luce muoversi alla stessa
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
7
velocità c; vedrà però il punto x1 avvicinarsi al segnale di luce e il punto
x2 allontanarsi: in S ′ il segnale raggiungerà quindi x1 prima di x2 . Si può
verificare matematicamente: considerando i due eventi simultanei in x = ±a
si vede che questi avvengono in istanti diversi in S ′ :
v ′
′
x = x1 = a;
x = γ(a − vt1 ); t = γ t1 − 2 a = t′1 ;
c
v x = x2 = −a;
x′ = γ(−a − vt1 ); t′ = γ t1 + 2 a = t′2 .
c
′
′
Confrontando, è evidente che t1 < t2 : l’evento in x1 , simultaneo all’evento in
x2 nel sistema S, lo precede invece nel sistema S ′ .
Le trasformazioni di Lorentz introducono dunque delle differenze nelle
misure di spazi e tempi tra due osservatori in moto relativo tra loro; bastano
dei banali esempi per capire come questi effetti cinematici si manifestano e in
che misura. Per quanto riguarda misure di spazi: si può immaginare di avere
un regolo di lunghezza ∆x in moto lungo l’asse x del sistema di riferimento
S, che assumiamo in quiete, a velocità v. La lunghezza del regolo nel sistema
S sarà nell’istante generico t pari a ∆x = x2 − x1 , ovvero la differenza tra
le ascisse nelle quali si trovano le due estremità del regolo. Diversa sarà
la lunghezza misurata in un sistema di riferimento comovente col regolo.
L’osservatore per il quale il regolo è in quiete misurerà un ∆x′ = x′2 − x′1 ;
confrontando ∆x con ∆x′ dopo aver applicato le trasformazioni di Lorentz
si ottiene:
x′2 = γ(x2 − vt) x′1 = γ(x1 − vt)
∆x′ = x′2 − x′1 = γ(x2 − x1 ) = γ∆x
p
∆x′ p
∆x =
1 − v 2 /c2 < 1.
= 1 − v 2 /c2 ∆x′ ;
γ
La misura della lunghezza del regolo nel sistema di riferimento che lo vede muoversi risulta minore rispetto alla misura del regolo che si otterrebbe
misurandolo a riposo. Si ha una contrazione degli spazi. Effetto analogo si
osserva per quanto riguarda i tempi. Supponendo che un evento si svolga nel
punto fisso x′ del sistema di riferimento S ′ in moto rispetto a S, la durata
dell’evento in S sarà ∆t = t2 − t1 . Confrontando ∆t con ∆t′ risulta:
v ′
v ′
′
′
t1 = γ t1 + 2 x ; t2 = γ t2 + 2 x
c
c
∆t = γ∆t′ .
La durata dell’evento nel sistema S in quiete, è quindi dilatata rispetto alla
misura che si otterrebbe a riposo. Come convenzione si assume di chiamare
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
8
rispettivamente lunghezza propria l e tempo proprio ∆τ rispettivamente la
lunghezza del regolo misurata a riposo da un osservatore comovente e la
durata di un evento rilevata dall’osservatore a riposo nel punto fisso in cui
l’evento avviene. Le differenze nelle misure sono tanto più evidenti quanto
maggiore è il valore di v 2 /c2 ; per valori di v molto minori di c come quelli
che quotidianamente si possono osservare per i fenomeni che hanno luogo
sulla Terra, questi effetti risultano praticamente invisibili e possono essere
applicate le leggi di Newton; una velocità come quella di rivoluzione del nostro
pianeta, considerevolmente maggiore di quella dei fenomeni macroscopici che
si possono osservare giornalmente, vale approssimativamente 3 · 105 m/s; la
velocità della luce c è approssimativamente pari a 3 · 108 m/s. Il fattore
gamma per tale velocità risulta dunque
γ=√
1
= 1.0000005,
1 − 10−6
del tutto trascurabile.
Appurato come la composizione classica delle velocità sia in contrasto
con i principi della relatività, bisogna quindi esplicitare le leggi di composizione per la velocità e per l’accelerazione relativistiche, derivandole dalle
trasformazioni di Lorentz. Dato un moto a velocità u = dx/dt di un corpo
nel sistema S, per calcolare u′ = dx′ /dt′ basta trasformare le componenti,
ottenendo
u−v
u′ + v
u′ =
;
u
=
.
1 − vu/c2
1 + vu′ /c2
Analogamente si procede per l’accelerazione, che risulta non essere invariante,
a differenza di quanto accade in meccanica newtoniana:
a′ =
2.2
1
1
a;
3
γ (1 − vu/c2 )3
a=
1
1
a′ .
3
2
3
γ (1 + vu/c )
Rappresentazione dello spazio tempo: diagrammi di Minkowski
Una conveniente rappresentazione dello spazio-tempo è quella introdotta da
Minkowski: la coordinata temporale viene riscalata in modo da essere omogenea a quella spaziale, introducendo la coordinata x0 = ct, e forma con
l’asse x un piano che offre una rappresentazione bidimensionale dello spazio
tempo. (Grafico spazio di Minkowski)
In questo piano una curva rappresenta lo spostamento nello spazio-tempo
di un punto materiale e la pendenza di tale curva in ogni suo punto, cioè la
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
9
Figura 2.1: Trasformazioni di Lorentz nei diagrammi di Minkowski
sua tangente in ogni punto, rappresenta la velocità del moto (più precisamente β = u/c = tan θ, dove θ è l’angolo con l’asse x0 ). Nessun corpo
può però muoversi a velocità superiore a quella della luce; l’angolo θ = π/4,
che individua le bisettrici e le loro parallele, è l’angolo limite per la pendenza della tangente. In questa rappresentazione, le trasformazioni di Lorentz
individuano una coppia di assi non ortogonali.
Si è soliti associare allo spazio-tempo di Minkowski una terminologia che
oltre a fornire una nomenclatura più tecnica lo caratterizza con una struttura
causale. Le rette bisettrici rappresentano il moto di un punto materiale che si
muova a velocità c partendo dall’origine O; vengono pertanto dette rette luce
(o, nell’estensione a più dimensioni, cono o iper-cono luce). Un punto in tale
moto potrebbe raggiungere qualunque punto nella regione compresa tra le
due semirette e contenente il semi-asse x0 > 0: questa regione viene pertanto
detta futuro assoluto di O (analogamente si definisce il passato assoluto nella
regione in cui x0 < 0). Il futuro assoluto di O è il luogo di punti che possono
essere raggiunti e influenzati causalmente da O; il suo moto non può infatti
raggiungere alcun punto nelle due zone racchiuse tra le bisettrici contenenti
l’asse x.
Gli eventi in questa regione vengono quindi detti presente di O: sono
eventi che O non può influenzare in nessun sistema di riferimento. Esiste anzi
un sistema di riferimento in cui, preso un qualunque punto C del presente
di O, O e C sono separati spazialmente ma non temporalmente: gli eventi
in O e C sono simultanei in tale sistema e l’intervallo OC è un intervallo
puramente spaziale. Da queste considerazioni gli intervalli di questo sono
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
10
Figura 2.2: Trasformazioni di Lorentz nei diagrammi di Minkowski
detti intervalli di tipo-spazio. Valgono considerazioni anologhe qualora un
punto D appartenesse al futuro di O: esiste un sistema di riferimento in cui
eventi in D e in O sono separati da distanza temporale ma non spaziale. Tali
intervalli vengono detti di tipo-tempo. Intervalli presi sulle rette luce invece
sono detti di tipo-luce. Gli intervalli di tipo luce mantengono la stessa parte
spaziale e temporale in ogni sistema di riferimento.
2.3
Proprietà dello spazio-tempo e quadrivettori
La velocità della luce c non è l’unica quantità ad essere invariante tra i diversi
sistemi di riferimento. Introducendo una metrica non euclidea nello spazio di
Minkowski, la misura degli intervalli, ovvero la distanza tra due punti, risulta
invariante. Presi due punti P (ct1 , x1 , y1 , z1 ) e Q(ct2 , x2 , y2 , z2 ), si considera
lunghezza dell’intervallo P Q la seguente quantità:
∆s2 = c2 (∆t)2 − (∆x)2 − (∆y)2 − (∆z)2 .
Se si va a considerare lo stesso intervallo nel sistema di riferimento S ′ si può
verificare che
∆s2 = ∆s′2 .
La quantità ∆s è detta norma del quadri-intervallo mentre le coordinate
(ct, x, y, z) vengono ridefinite come quadrivettore posizione, la cui norma è
un invariante:
xα = (x0 , x1 , x2 , x3 );
(x0 )2 −(x1 )2 −(x2 )2 −(x3 )2 = (x′0 )2 −(x′1 )2 −(x′2 )2 −(x′3 )2 .
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
11
Al variare del sistema di riferimento dunque, le componenti sia spaziali sia
temporali si trasformano ma in un certo modo si compensano, attribuendo
all’evento delle proprietà assolute e indipendenti dall’osservatore.
La posizione non è l’unico quadrivettore a godere di tale proprietà; altri oggetti si trasformano allo stesso modo delle coordinate mantenendo invariata la norma, ma tra questi non ci sono la velocità nè l’accelerazione.
Conviene quindi costruire dei quadrivettori legati a queste grandezze cinematiche, ovvero la quadrivelocità (o 4-velocità) e la quadriaccelerazione (o
4-accelerazione). Per definire queste due entità viene usato il tempo proprio:
se un punto materiale si muove a velocità u per un tempo dt, nel sistema di
riferimento comovente avremo ds′2 = c2 τ 2 , dove dτ è il tempo proprio. Si
definisce quindi la 4-velocità come:
dxα
⇀
= (γc, γ u).
dτ
Nel sistema di riferimento comovente si calcola facilmente la norma:
U=
kU k2 = c2 .
Allo stesso modo si può procedere per costruire la 4-accelerazione, ovvero
dividendo ulteriormente le componenti della 4-velocità per dτ , ottenendo:
dU
d 2 xα
d
d ⇀
=
= (γ γc, γ γ u).
2
dτ
dτ
dt
dt
La 4-velocità e la 4-accelerazione risultano perpendicolari:
A=
Aµ Uµ = 0.1
Se a questo punto il quadro cinematico si può considerare completo, non altrettanto si può dire di quello dinamico: le leggi della dinamica newtoniana
non funzionano in contesto relativistico come si può verificare sia teoricamente che sperimentalmente. Volendo riformulare la conservazione dell’impulso
per un sistema isolato, si trova che l’espressione per l’impulso che garantisce questo risultato, ossia l’impulso relativistico, per una particella o punto
materiale è la seguente:
⇀
⇀
p=p
mu
1−
u2 /c2
⇀
= γm u;
⇀
⇀
Σpi = Σpf .
Senza entrare nel merito della formulazione rigorosa di queste leggi, con alcuni passaggi algebrici dall’espressione dell’impulso relativistico si può ottenere
quella dell’energia:
E = γmc2 .
1
Si è qui usata la notazione di Einstein: per gli indici ripetuti è sottintesa la sommatoria.
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
12
Nel caso in cui la particella fosse ferma, ovvero u = 0, la sua energia sarebbe
pari a E = mc2 . L’energia di una particella dunque non è mai nulla, ma consiste di due quantità: una detta energia a riposo, che le deriva semplicemente
dal fatto di avere una massa; una dovuta invece al movimento, che è quindi
l’energia cinetica. Chiamando E0 l’energia di riposo e T l’energia cinetica si
può scrivere:
E = E0 + T ; T = (γ − 1)mc2 .
Sebbene questa espressione dell’energia cinetica possa apparire completamente differente da quella classica, basta sviluppare γ in potenze di u2 /c2 nel
limite u << c per ottenere quest’ultima.
Una volta ottenute le espressioni per energia e impulso, si va ad analizzare
da quale relazione siano legate; in meccanica classica l’energia cinetica si può
esprimere come T = p2 /2m, ma evidentemente questa relazione non è valida
usando le espressioni relativistiche. Tra E e p risulta esistere la relazione
E2
− p2 = mc2 .
2
c
Volendo inoltre vedere in che modo si trasformano E e p secondo le trasformazioni di Lorentz, si vede che questo avviene allo stesso modo del 4-vettore
posizione; d’altronde, moltiplicando le componenti della 4-velocità per m,
ovvero uno scalare, si deve ottenere un altro 4-vettore e questo risulta avere
come componenti proprio l’energia e l’impulso:
E ⇀
⇀
,p .
U = (γc, γ u); mU =
c
Energia e impulso risultano quindi essere le componenti di un 4-vettore, detto
energia-impulso o 4-impulso; la sua norma quadrata è facilmente calcolabile
nel sistema in cui l’oggetto preso in considerazione è in quiete, in quanto
risulta semplicemente l’energia a riposo E0 = mc2 (come ovvio, essendo la
norma della 4-velocità moltiplicata per m).
2.4
Moto accelerato iperbolico
Una volta definite 4-velocità e 4-accelerazione, ci si può dedicare a una trattazione delle equazioni del moto anche per un moto accelerato. In particolare
si può confrontare la trattazione del moto uniformemente accelerato in meccanica classica con quella relativistica. Il primo punto da considerare è che
quello che classicamente è un moto uniformemente accelerato, relativisticamente non esiste: infatti l’accelerazione non è un invariante, per cui sarà
CAPITOLO 2. RIEPILOGO DELLE LEGGI RELATIVISTICHE
13
misurata come costante solo in un sistema di riferimento. Si sceglie pertanto
di analizzare il moto che senta l’accelerazione costante nel sistema di riferimento comovente S ′ . Inoltre, mentre in meccanica classica la velocità non
ha limite superiore, relativisticamente ci si deve aspettare che il limite c non
venga superato. Bisogna quindi risolvere le seguenti equazioni del moto:
dU 0 = A0 dτ ;
dU 1 = A1 dτ.
Per risolvere queste equazioni si possono sfruttare tre condizioni note su
4-velocità e 4-accelerazione:
kA2 k = −g 2 ;
kU 2 k = c2 ;
A0 U 0 − A1 U 1 = 0,
dove g è una costante con le dimensioni di un’accelerazione. Dopo una doppia
integrazione2 , l’equazione del moto che si ottiene, è:
x2 − c 2 t 2 =
c4
.
g2
A differenza del caso classico, in cui il moto accelerato è parabolico, in relatività il moto accelerato è iperbolico; gli asintoti dell’iperbole sono le due rette
luce, che sono quindi il limite in cui l’iperbole degenera nel caso di accelerazione infinita. La velocità in ogni caso non supera mai c. Le equazioni delle
coordinate nel passaggio al sistema con accelerazione costante diventano:

gτ
c2



x = g cosh c + x0 ;


gτ
c

t = sinh
+ t0 ,
g
c
dove x0 e t0 rappresentano le coordinate spazio-temporali per τ = 0. Queste coordinate descrivono il moto del sistema S ′ che non è evidentemente
un sistema inerziale. Vengono dette coordinate di Rindler. Il valore dell’accelerazione g determina le caratteristiche del moto. Mentre in S ′ questo
valore è costante, in S diminuisce con l’avvicinarsi della velocità misurata
alla velocità della luce.
2
Con opportuna scelta delle costanti di integrazione
Parte II
Moto del razzo relativistico
14
Capitolo 3
Razzo uniformemente accelerato
Vogliamo ora descrivere il moto di un razzo relativistico, ovvero un razzo in
grado di raggiungere velocità vicine a quella della luce. Un razzo è un oggetto
in grado di applicare a sè stesso una spinta (e quindi un’accelerazione) tramite
l’espulsione di una parte della sua massa, detta propellente, a grande velocità
e in direzione opposta a quella del suo moto. L’espulsione di propellente
causa quindi una variazione dell’impulso del razzo, e di conseguenza genera la
forza di spinta. In particolare siamo interessati al moto iperbolico, ovvero un
moto in cui nel sistema comovente al razzo, venga misurata un’accelerazione
costante. Una definizione equivalente è la seguente: al variare della velocità
del razzo, istante per istante ci sarà un sistema inerziale in moto alla sua
stessa velocità; ciascuno di questi sistemi misurerà istantaneamente la stessa
accelerazione, che chiameremo g.
3.1
Cinematica del moto
Abbiamo visto che in relatività, un osservatore accelerato percorre un moto
iperbolico rispetto a un osservatore inerziale; le trasformazioni dele coordi-
Figura 3.1: Variazione della velocità di un razzo
15
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
16
nate sono quelle di Rindler. Se indichiamo con x, t le coordinate nello spazio
di Minkoski S e con x′ , τ quelle di Rindler in S ′ , le trasformazioni tra i due
sistemi sono:

c2
gτ



x
=
cosh
− x0


g
c
(3.1)

2

gτ
c


− t0 .
ct = sinh
g
c
Vogliamo scegliere t0 = τ0 = 0 e x0 tale che al tempo t0 sia x = 0, ovvero vogliamo avere le origini dei due sistemi sincronizzate all’istante della partenza
del razzo; risulta pertanto t0 = 0 e x0 = −c2 /g. Può risultare utile riscrivere
i cambiamenti di coordinate ponendo X = x − x0 e T = ct:

c2
c2
gτ  ′ √ 2




X
=
x
+
=
cosh
x = X − T2




g
g
c
(3.2)
c


2
−1 T


gτ
c
.

τ = tanh

T = ct = sinh
g
X
g
c
Volendo esprimere il tempo proprio τ soltanto in funzione del tempo t misurato in S, si trova la utile relazione
τ=
gt
c
sinh−1 .
g
c
(3.3)
Completano il quadro le equazioni delle velocità:
VS =
3.2
dX
gτ
= tanh
dT
c
VS ′ = gτ.
(3.4)
Orizzonte degli eventi
Osservando le 3.2 si può notare come la trasformazione della coordinata x′
abbia senso solo per X 2 − T 2 ≥ 0, ovvero per |X| ≥ T . Questa zona dello
spazio-tempo è detta Rindler-wedge, ovvero cuneo di Rindler. Le conseguenze di questo fatto sono tutt’altro che banali: sostanzialmente, l’accelerazione
causa il formarsi di un orizzonte degli eventi alle spalle del razzo. Al crescere
della velocità, il cono luce del razzo si stringe e una porzione sempre maggiore dello spazio-tempo non gli è visibile. Alle sue spalle, alcuni segnali non
riescono più a raggiungerlo. Allo stesso tempo, il fatto che |X| ≥ T , vuol
dire che la distanza tra il razzo e un qualunque punto osservabile da un osservatore all’interno, non diviene mai infinita. Tutto ciò che il razzo supera,
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
17
finisce nella singolarità in O. Matematicamente si può anche vedere con la
contrazione delle distanze. Considerando un punto fisso a distanza D da O
a t = 0, possiamo valutarne la distanza in funzione di t in S ′ . Per il celebre
effetto di contrazione degli spazi, la distanza D′ misurata da un osservatore
in S ′ sarà
D−x
D + c2 /g
c2
D′ =
=
− ,
γ
cosh(gτ /c)
g
dove si è utilizzato
γ = cosh(gτ /c).
Per τ → ∞ ad infinito, D′ → −c2 /g, ovvero D′ → x0 . Lo spazio alle spalle
del razzo sembrerebbe scivolare verso il punto di partenza, il che significa
anche che ciò che il razzo vede in un istante, lo vedrà per tutti i tempi (finché
si mantiene il moto iperbolico). Se consideriamo anche il red-shift, l’effetto
visivo che si dovrebbe avere è di uno scurirsi e arrossarsi degli oggetti più
lontani.
3.3
Dinamica del moto
Consideriamo il razzo in moto osservato dal sistema di riferimento inerziale
S, che possiamo chiamare a terra; in un intervallo di tempo dt, viene espulsa la quantità di massa dM di propellente a velocità Ve (detta velocità di
scarico), mentre la velocità del razzo subisce un incremento pari a dV ; in
assenza di forze il sistema è isolato, per cui possiamo scrivere le equazioni
della conservazione del 4-impulso:

d(γv M V ) = d(γe M Ve )
(3.5)

2
2
d(γM c ) = −γdM c
La velocità di scarico è sostanzialmente il parametro che determina la spinta
del razzo; volendo descrivere un moto con accelerazione costante nel sistema
comovente S ′ , imponiamo che la quantità di propellente espulso nell’unità
di tempo sia costante (ovvero dM/dτ = cost) e che in questo sistema anche la velocità di scarico sia costante (ovvero ve = cost). Ricordando le
trasformazioni relativistiche per le velocità1 , si ha
Ve =
ve − V
.
1 − ve V /c2
1
Le regole di trasformazione per le velocità rimangono valide istantaneamente, ovvero
la velocità relativa tra i due sistemi di riferimento è da intendersi come V = V (t)
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
18
Utilizzando quest’equazione insieme alla conservazione del 4-impulso, si ottiene:
V − ve
MV
V − ve
V −
dM = − M + 2
V −
dV,
1 − ve V /c2
c − U2
1 − ve V /c2
e dopo alcuni passaggi
dM
γ 2 dV
=− v
.
M
ve
(3.6)
Infine, integrando otteniamo:
c
M
=−
ln
ln
M0
2ve
1 + ∆V /c
,
1 − ∆V /c
(3.7)
dove M0 è ovviamente la massa iniziale del razzo e ∆V la variazione di
velocità del razzo quando la sua massa è pari a M ; si può esplicitare rispetto
a ∆V o a M , in base al parametro che si voglia fissare; per M (V ) si ha
−c/2ve
1 + ∆V /c
M = M0
;
(3.8)
1 − ∆V /c
per ∆V invece, ricordando che
tanh
−1
1
x = ln
2
risulta
1+x
1−x
ve
ln
∆V = c tanh
c
Si vede che si ottiene, una volta fissate le
di velocità per valori di ve /c vicini a uno.
ve = c nel caso di fantascientifici motori ad
3.4
se |x| < 1,
M0
.
(3.9)
M
masse, un maggiore incremento
si può eventualmente ipotizzare
anti-materia.
Viaggio del razzo
Si può pensare il viaggio del razzo come diviso in 3 parti:
1. Una prima parte in cui il razzo accelera costantemente fino a raggiungere la massima velocità possibile Vmax ;
2. Una seconda parte in cui il razzo non accelera più e prosegue il suo
moto per inerzia a velocità costante;
3. La parte finale in cui avviene una decelerazione simmetrica alla prima
parte, in cui la velocità passa da Vmax a V = 0 e il razzo raggiunge la
sua destinazione fermandosi..
Consideriamo le 3 parti separatamente.
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
19
4
3
2
1
-2
-1
0
1
2
Figura 3.2: Linea d’universo del razzo
3.4.1
Prima fase: accelerazione
All’istante t0 = τ0 = 0 il razzo accende il motore e inizia la fase di accelerazione; la sua massa decrescerà da M0 a M1 secondo la 3.7 fino a raggiungere
la velocità Vmax = ∆V in un tempo proprio ∆τ1 . Visto da terra, il razzo
percorre una distanza ∆X1 in un tempo ∆T1 , secondo le 3.2:

c2
g∆τ1
Vmax
c2


= cosh
∆X1 = cosh



g
c
g
c
(3.10)

2
2

c
g∆τ
V
c

1
max

= sinh
.
∆T1 = sinh
g
c
g
c
Per la velocità risulta banalmente Vmax = g∆τ1 .
3.4.2
Seconda fase: moto rettilineo uniforme
Raggiunta la velocità Vmax , si può pensare di lasciar proseguire il razzo in
moto inerziale per un tratto ∆X2 . La durata di questa parte del moto può
essere scelta in base a vari fattori, come ad esempio:
1. risparmio energetico;
2. distanza dalla destinazione;
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
20
3. tempo di percorrenza;
4. disponibilità complessiva di carburante;
Valuteremo successivamente questi fattori con esempi numerici. Si può eventualmente ipotizzare un moto in cui il razzo raggiunga la velocità massima
e inizi immediatamente la decelerazione, evitando di percorrere un tratto
inerzialmente. Nel caso in cui venisse percorso questo tratto, valgono le trasformazioni di Lorentz; fissato l’intervallo di tempo o di spazio che si vuole
percorrere a velocità costante, nel sistema a terra risulta ∆x2 = Vmax ∆t2 ,
mentre il razzo misura

∆x2


∆x′2 =
γ
(3.11)


∆τ = γ∆t .
2
2
Chiaramente in questo tratto non si ha variazione di massa.
3.4.3
Terza fase: decelerazione
A questo punto il razzo passa alla fase di decelerazione che lo porta fino a
velocità nulla permettendo l’atterraggio. Per questa fase dal punto di vista
ingegneristico, è da ipotizzare o che il razzo giri a 180 gradi, o che sia dotato
di un motore anche nella parte anteriore. Nel primo caso ci sarebbe una
dispersione di energia e massa che trascuriamo.
La terza fase è sostanzialmente speculare alla prima: la differenza sta solo
nel segno dell’accelerazione, che risulta negativa, e nella massa iniziale, che
non è M0 , bensì M1 ; la massa finale sarà M2 . Per quanto riguarda il moto,
nel sistema a terra risulta:

c2
c2
g∆τ3
Vmax


|∆X3 | = cosh
= cosh



g
c
g
c
(3.12)

2
2

c
g∆τ3
Vmax
c


= sinh
,
|∆T3 | = sinh
g
c
g
c
con |δV | = Vmax = g∆τ3 .
3.4.4
Bilancio complessivo
A questo punto possiamo fare un bilancio complessivo del viaggio. Il razzo ha
percorso una distanza complessiva, visto da terra, pari a ∆Xtot in un tempo
21
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
3.5
Figura 3.3: Velocità del razzo misurata nel sistema a terra
1.0
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
3.5
Figura 3.4: Velocità misurata nel sistema comovente al razzo
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
∆ttot , diverso dal tempo proprio ∆τtot . Ricordando le 3.2, abbiamo:


∆Xtot = ∆X1 + ∆x2 + ∆X3

∆t
tot
δT1
∆T3
=
+ t2 +
.
c
c
22
(3.13)
La massa è passata da M0 a M1 e poi a M2 . Utilizzando la 3.8, possiamo
esprimere la massa finale in funzione di quella iniziale:
−c/ve
1 + V /c
M2 = M0
.
(3.14)
1 − V /c
In questo modo possiamo facilmente valutare il bilancio energetico: il razzo
atterra a velocità nulla, per cui la differenza di energia tra la partenza e
l’atterraggio e valutabile tramite la sola differenza delle masse:
−c/ve
1 + V /c
2
(3.15)
(Ei − Ef )/c = M0 − M2 = M0 1 −
1 − V /c
.
3.5
Esempi numerici
Se all’interno del razzo dovessero viaggiare esseri viventi, è conveniente che
l’accelerazione g sia uguale all’accelerazione di gravità terrestre, in modo
da non causare danni o alterazioni agli inquilini del razzo. Si può pensare
di mantenere l’accelerazione fino a raggiungere velocità massime che siano
frazioni consistenti di c, anche se dal punto di vista pratico, a certe velocità
persino l’impatto con un granello di polvere potrebbe causare gravi danni al
razzo. Questo comunque non ci impedisce di calcolare teoricamente i valori
delle variabili in gioco.
3.5.1
Valori cinematici
Ignoriamo momentaneamente il tratto di moto a velocità costante, e fissiamo
l’accelerazione g = 10m/s2 .
Vmax /c ∆Xtot (ly) ∆ttot (y) ∆τtot (y)
0, 6
0, 8
0, 9
2, 39
2, 54
2, 74
1, 43
1, 69
1, 95
1, 14
1, 52
1, 71
(3.16)
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
23
Come è scontato, si verifica l’effetto gemelli, ovvero il tempo proprio è differente dal tempo visto da un osservatore a terra. Il razzo percorre tra i 2 e
i 3 anni luce. La stella più vicina al Sistema Solare, Alpha Centauri, dista
circa 4 anni luce. Rimarrebbe da percorrere un ∆x2 pari a circa 2 anni luce
a velocità costante per raggiungerla, ma i passeggeri dovrebbero viaggiare in
assenza di gravità per un ∆t2 pari a circa 3 anni.
Si può provare a vedere cosa succede in caso di accelerazioni superiori
all’accelerazione terrestre.
Vmax /c g(m/s2 ) ∆X(ly) ∆t(d) ∆τ (d)
0, 6
0, 8
0, 9
0, 6
0, 8
0, 9
50
50
50
100
100
100
0, 476
0, 508
0, 546
0, 238
0, 254
0, 274
105
123
143
52, 5
61, 8
71, 2
83, 2
111
125
41, 6
55, 6
62, 5
Banalmente al crescere di g la velocità scelta viene raggiunta più in fretta
ma questo comporta anche un notevole accorciamento della distanza percorsa
prima di spegnere il motore.
3.5.2
Energia e consumo
Prima di discutere del bilancio energetico bisogna fare delle considerazioni
sul tipo di motore. Il razzo relativistico non può certo essere alimentato da
motori a scoppio o da combustione. Sono invece ipotizzabili, seppure ancora non realizzati o realizzabili, motori che sfruttano l’energia che si crea da
reazioni nucleari come fissione, fusione, o dall’annichilamento di particelle.
In questo caso, senza occuparci del funzionamento di questi tipi di motore,
possiamo valutare l’efficienza della propulsione semplicemente stimando il
parametro ve . Per garantire un’efficienza sufficiente, ve deve essere almeno
pari a 0, 5c; se ad esempio 0, 1 < ve < 0, 2, dalla 3.14 infatti, M2 risulterebbe
dell’ordine dello 0, 1% della massa iniziale, ovvero il 99, 9% della massa iniziale del razzo dovrebbe essere propellente! Scartata questa ipotesi, vediamo
CAPITOLO 3. RAZZO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
24
meglio numericamente.
Vmax /c g(m/s2 ) ∆X(ly) ∆t(d) ∆τ (d)
0, 6
0, 8
0, 9
0, 6
0, 8
0, 9
50
50
50
100
100
100
0, 476
0, 508
0, 546
0, 238
0, 254
0, 274
105
123
143
52, 5
61, 8
71, 2
83, 2
111
125
41, 6
55, 6
62, 5
(3.17)
Il raggiungimento di velocità elevate da parte del razzo è pagato in termini di
massa. D’altronde, data l’equivalenza tra massa ed energia, l’aumento dell’energia cinetica non può che essere bilanciato da una diminuzione dell’energia
a riposo.
3.6
Conclusioni
Alla luce dei calcoli numerici, l’esperimento del razzo relativistico sembra da
confinare più al campo degli esperimenti pensati che alla realtà. Partendo
dalla 3.17, ci si accorge di come il raggiungimento di velocità così elevate
comporti un enorme quantità di carburante, dal 99, 3 al 75%. E il migliore
dei casi si ha quando si riesce sostanzialmente a convertire tutta la massa
in energia: ve = c sostanzialmente significa produzione di fotoni per annichilazione sfruttati appieno, il che significa che anche dal punto di vista
tecnologico non si potrebbe in nessun modo fare di meglio. Questi 2 motivi
sembrano già sufficienti ad accantonare l’idea. Ci sono poi da considerare
le distanze di un viaggio spaziale: dalla 3.16 si vede come il raggiungimento
della stella a noi più vicina, comporterebbe una consistente parte del viaggio
in assenza di gravità, il che sarebbe causa di effetti nocivi su qualunque essere
vivente terrestre. Si può eventualmente pensare di mandare nello spazio sonde e strumenti per fini di ricerca: in quel caso potrebbe tornare molto utile
la fase di moto rettilinea e uniforme, che potrebbe portare lontano il razzo
senza alcun consumo; rimane il fatto che a velocità così alte, l’impatto con
un granello di detriti spaziali, potrebbe causare danni irrimediabili. A occhio
e croce insomma, pare che il genere umano dovrà eventualmente trovare altri
metodi per lasciare la terra, o sviluppare tecnologie molto più efficienti e a
dire la verità non sembrava necessaria una laurea in fisica per capirlo; il razzo
relativistico pare essere un oggetto più adatto alla fantascienza che alla scienza, anche se analizzarne il moto può essere utile o interessante per cogliere
alcuni aspetti della fisica e della natura. Personalmente sarei curiosissimo di
osservare visivamente l’orizzonte degli eventi ad esempio.
Parte III
Ringraziamenti
25
26
Laurearsi in fisica non è certo una cosa da tutti giorni, né tantomeno
da tutte le persone (qualche anno fa un prof. disse che solo 3 iscritti su
10 raggiungono il traguardo finale). A tale proposito la faccia delle persone
quando in questi anni ho risposto alla domanda Cosa studi?, è qualcosa di
impagabile (chissà adesso che sono laureato se le loro facce si contorceranno ulteriormente?). Devo pertanto ringraziare varie persone che mi hanno
aiutato a raggiungere questo obiettivo.
Innanzi tutto devo ringraziare la mia famiglia, intesa in senso stretto:
mia madre, mio padre, mio fratello. Senza di loro non sarei certo qui a
scrivere i ringraziamenti della mia tesi (anzi, in realtà senza di loro non
sarei quì affatto)! Mi hanno dato la libertà di scegliere il percorso di studio
che preferissi, mi hanno dato il supporto economico (molto consistente, a mio
padre di tanto in tanto piace elencare alcuni modi alternativi in cui sarebbero
potuti essere spesi tutti quei soldi eh eh) e spesso quello morale. Come in
ogni famiglia abbiamo avuto contrasti, anche duri, ma credo che sia io che
loro sappiamo di aver sempre preso le decisioni con le migliori intenzioni.
D’altronde vale il detto The greatest harm can result from the best intentions,
ovvero il più grande male può risultare dalle migliori intenzioni (cit. da Terry
Goodkind). E poi io sono testardissimo. E poi io ho sempre ragione, ma gli
altri non sempre lo capiscono. In ogni caso, il ringraziamento più grande e
più forte va a loro.
Voglio e devo ringraziare sinceramente il mio relatore, il Prof.Ravanini,
che è stato disponibile oltre le mie più rosee aspettative. Generalmente ho
sempre sentito da parte di altri studenti lamentele su relatori che non leggevano le loro tesi, che non erano facilmente rintracciabili, che non erano
collaborativi e quant’altro. Non è certo stato il mio caso, anzi, direi che
ho avuto la fortuna di ritrovarmi nella situazione opposta e di ricevere la
MASSIMA collaborazione.
Voglio ringraziare alcuni professori con cui ho avuto il piacere di lavorare. Il Professor Forino, forse il miglior professore che abbia mai incontrato.
Sarebbe stato capace di insegnare e far capire la fisica a bambini di scuola
elementare. Le sue lezioni sono state le più piacevoli e valide, illuminate
peraltro dal suo adorabile e malefico sarcasmo.
Il Professore Tuttolomondo, che oltre a essere forse il secondo miglior
professore che abbia mai incontrato, ho sempre stimato come persona. A
parte forse quando ci ha ordinato di rimanere in camera durante la gita della
5a liceo, ma vabbè dettaglio trascurabile. Fortuna mia vuole che fosse il
miglior insegnante di matematica di tutto il liceo, e probabilmente non solo.
Un insegnante e una persona che mi ha lasciato qualcosa.
Il Professore Scolaro, deceduto negli ultimi anni e che mi dispiace tantissimo di non aver potuto salutare adeguatamente. Non solo mi ha insegnato
27
l’inglese, ma anche come studiarlo. Senza i suoi insegnamenti, studiare fisica
nucleare in lingua originale sarebbe stato un’interminabile mal di testa, invece è stato una passeggiata (una passeggiata faticosa magari, è pur sempre
fisica nucleare!).
Un ringraziamento va anche ad Alicja; un una banale conversazione telematica qualche giorno fa, ha detto qualcosa che mi ha motivato a impegnarmi e a lavorare di più. Lei sicuramente ha parlato spontaneamente e
involontariamente, comunque una menzione la merita.
Oltre alle persone già ringraziate, che hanno contribuito principalmente
dal punto di vista tecnico, ci sono tante persone a cui devo qualcosa dal
punto di vista umano, che ritengo molto più importante. Innanzi tutto i
miei amici, anzi, fratelli, siciliani, ex componenti del glorioso A-Team; in
ordine sparso: Nino, Peppe, Vincenzo, Leo, Paolo. Dopo che una persona ha
amici così, rischia di diventare asociale, perché tanto sa che non potrò avere
amici migliori di loro. Con ognuno ho un rapporto diverso e particolare a suo
modo e dato che ci conosciamo da oltre 10 anni potrei scrivere un tema per
ognuno di loro, ma non è necessario. Mi basta dire che le esperienze passate
insieme sono forse i momenti migliori che ho mai vissuto.
Oltre ai fratelli ci sono anche gli amici siciliani: Roberto, Carmelo, Federico ed Elisa. Nonostante io sostanzialmente detesti il mio paese natale,
sapere di ritrovare loro per le vacanze mi fa tornare volentieri.
Anche se non sa leggere non voglio tralasciare Iago, il mio cane; non avrei
potuto capire come si può volere bene a un cane finché non ho avuto lui.
In questi anni a Bologna ho conosciuto decine se non centinaia di persone.
Ovviamente non è mia intenzione ringraziare tutti, anche perché mica se lo
meritano! Alcuni però si:
Lo Spugna Team, una squadra di calcetto e uno stile di vita, ovvero essere
spugneschi, che significhi bere o fare gol alla Inzaghi: Francesco, Ale, Puqqu,
Marco. In special modo Fra e Ale sono forse le uniche 2 persone conosciute
qui a Bologna che potrei definire amici al 100%, qualunque cosa significhi.
Marianna, Valeria, Daniela, Antonella, Marta degli amici di legge; Claudia,o come mi piace ricordarla Claudia Par Tot. I miei ex compagni di band,
che mi hanno regalato grandi serate tra musica e birra, anche se alcuni non
so che fine abbiano fatto: Andrea, Ale Horror, Pusa; Paolo, Ale, David.
Capitolo a sè stante per i miei inquilini: tranne un anno sono sempre stato
in case con 4 persone e al massimo ce n’era una che non mi andava a genio.
Quelli di cui ho buoni ricordi Salvatore; Andrea e Simone; Guido, Santino,
Seba; Jessica, Rossana, Oscar, Raffaele, Andrea, Federico; degli ultimi, Joe,
Giorgia, Valentina, ancora non ho ricordi!
Ringrazio Dario perché ogni volta che ci siamo incontrati al 25 mi ha
sempre proposto di mangiare insieme anche se io ho rifiutato il 90% delle
28
volte, dato che a mensa non mi va.
Come dicevo ho conosciuto tantissime persone, oltre a ritrovarmi qui a
Bologna gente che già conoscevo. Mi pare di aver vissuto qui 7 vite invece di
7 anni. Non posso ricordare tutti, anche perché con la laurea non è detto che
c’entrino molto! Però per chiudere in bellezza voglio ringraziare le inquiline
di casa Festi e quelle di casa Tomba per le grandi feste! Un cane che si morde
la coda: senza svago sarei diventato pazzo solo a studiare, ma dopo feste così
pensi solo allo svago, eheh.
Grazie a tutti.
The train that kept-a-rollin’ all night long of rock ’n’ roll, you cannot kill.
It will live forever (S.Tyler)