Stampa questo articolo

Transcript

Stampa questo articolo
Filosofia dell’abbigliamento
di Rinaldo Rinaldi
Nostalgia dei proustiani chasseurs!
(G. Morselli, Un dramma borghese)
Guido Morselli pubblica in vita (e a sue spese) solo due libri, due saggi:
Proust o del sentimento nel 1943 e Realismo e fantasia nel 1947. Contemporaneamente, nello stesso giro di anni, prende forma il suo primo esperimento di romanzo, con Uomini e amori. Le due forme di scrittura, quella saggistica e quella
narrativa, emergono entrambe dal fondo comune delle pagine diaristiche, modo
privilegiato e originario (a partire dal 1938 e fino alla morte) dell’espressione e
anche dell’espressività morselliana1. Come dimostra il Diario, del resto, la separazione fra saggio e romanzo non è mai troppo precisa e non è mai definitiva
poiché una forma può trasformarsi o addirittura trasferirsi nell’altra, in un fluido
e sempre possibile processo di osmosi. E la saggistica morselliana si presenta fin
dall’inizio come esercizio filosofico, stimolato sì dalla lettura e dalla letteratura
ma sempre rivolto a una riflessione sul «nodo centrale di ogni umana esistenza»,
sull’uomo e sulla sua sofferenza. Non è qui il caso di divagare sul Morselli ‘pensatore’ e sul vasto repertorio delle sue letture speculative (Filosofia sotto la tenda è
il titolo di un saggio del 1952-1955)2, ma occorre insistere sugli aspetti saggistici,
teorici e perfino meta-romanzeschi dei suoi romanzi (con un culmine in Dissipatio H.G.). In questo senso egli è vicino a Proust, autore amatissimo e oggetto di
1
Si veda FORTICHIARI V., L’officina del primo romanzo, in MORSELLI G., Uomini e amori, A cura
di FAZIO P., Con un saggio di FORTICHIARI V., Adelphi, Milano 1998, p. 429.
2
Si veda VITTOZ D., Guido Morselli e la figura dell’autore, in «Autografo», XIV, 37, 1998, pp.
23-48 e MEZZINA D., Le ragioni del fobantropo. Studio sull’opera di Guido Morselli, Stilo Editrice, Bari
2011, pp. 39-40.
90
Rinaldo Rinaldi
un’appassionata meditazione marcata appunto da «una spiccata sensibilità filosofica»3. Proust come maestro del romanzo-saggio, di una sapiente mescolanza
fra narrazione soggettiva e campi eterogenei come l’estetica, la psicologia, la critica letteraria, perfino la metafisica, è davvero un’ombra familiare che percorre
tutta l’opera di Morselli, stagliandosi più netta in alcune aree tematiche e in alcune idiosincrasie. Una di queste, la speciale attenzione alle vesti e
all’abbigliamento, è squisitamente proustiana anche nel gusto della composizione per tocchi di colore e dettagli accostati o sovrapposti, che ricorda da vicino
l’impressionismo e (al secondo grado) la pittura di Elstir. Si pensi, per un campione proustiano, alla pagina di Sodome et Gomorrhe in cui M. de Charlus fa scattare il corto circuito fra la “toilette” di Albertine e quelle di Diane de Maufrigneuse nei balzachiani Secrets de la princesse de Cadignan:
En effet, croisant sur sa jupe de crêpe de Chine gris, sa jaquette de cheviotte grise laissait
croire qu’Albertine était tout en gris. Mais me faisant signe de l’aider, parce que ses manches
bouffantes avaient besoin d’être aplaties ou relevées pour entrer ou retirer sa jaquette, elle ôta
celle-ci, et comme ces manches étaient d’un écossais très doux, rose, bleu pale, verdâtre, gorgede-pigeon, ce fut comme si dans un ciel gris s’était formé un arc-en-ciel. Et elle se demandait si
cela allait plaire à M. de Charlus. ‘Ah !’ s’écria celui-ci ravi, ‘voilà un rayon, un prisme de couleur. Je vous fais tous me compliments. […] D’ailleurs vous n’avez pas le mêmes raisons que
Mme de Cadignan de vouloir paraître détachée de la vie, car c’était l’idée qu’elle voulait inculquer à D’Arthez par cette toilette grise’4.
Anche le pagine morselliane rivelano una particolare sensibilità per le sfumature e gli accostamenti delle stoffe, «rimandano un’immagine del mondo assolutamente a colori dove le donne vestono abiti dalle tinte precise» 5 ed elaborano
nel corso degli anni quella che possiamo davvero chiamare (sul modello del famoso titolo di Edgar Allan Poe) una filosofia dell’abbigliamento. Basti, preliminarmente, un esempio molto elaborato estratto da Divertimento 1889, dove i tecnicismi francesi rinviano certo alla lingua della moda ma anche al magistero
proustiano in questo campo:
3
Cfr. PIAZZA M., Introduzione, in MORSELLI G., Proust o del sentimento, A cura di PIAZZA M.,
Note al testo di FRANCIONI M., Ananke, Torino 2007, p. 10.
4
PROUST M., Sodome et Gomorrhe, in Id., À la recherche du temps perdu, édition publiée sous la
direction de J.-Y. TADIE, avec, pour ce volume, la collaboration d’A. COMPAGNON et de P.-E.
ROBERT, Gallimard, Paris 1988, vol. III, p. 176. Su questa pagina si veda RINALDI R., I romanzi a
una dimensione di Guido Morselli, in ID., Un violino è sospeso in aria. Generi di prosa e altro, Edizioni
Unicopli, Milano 2005, pp. 173-176.
5
Cfr. D’ARIENZO S., La natura, il mondo a parte, in Guido Morselli: i percorsi sommersi. Immagini,
manoscritti, documenti, a cura di BORSA E. e D’ARIENZO S., Interlinea, Novara 1998, p. 108.
Filosofia dell’abbigliamento
91
Portava una robe-de-voyage accollata e molto liscia, mauve, la gonna di una brevità ardita, al
punto da lasciare scoperto l’alto degli stivalini, con un accenno di plissé sui fianchi e appena
una balza di pizzo di Venezia in fondo. Corpetto attillato, della stessa tinta, terminante in punta
davanti e dietro, e, unico accessorio, una borsetta à la troubadour appesa alla cintura, che le batteva la coscia. In bizzarro contrasto con tanta semplicità, un cappellino a cilindro ‘otto riflessi’,
da cavallerizza, inclinato sull’orecchio e fasciato alla base da una garza bianca scendente a lambirle la spalla6.
1.
Seconda pelle
Come il protagonista di una leggenda africana trascritta nel diario, dove un
uomo ruba ad un altro il suo “cordone rosso al collo” e la sua “coperta rossa”
trasformandosi come per magia in lui e letteralmente sottraendogli l’identità7,
per Morselli l’abito fa il monaco: l’abito è davvero la persona che lo porta, raffigura la sua essenza, è «un’altra maniera d’esprimersi» 8. Una donna si può «dimenticare» del suo «bel tailleurino nocciola»9 proprio perché l’abito è naturale
come una seconda pelle, e soltanto l’occhio dell’altro può descriverlo («Voglio
che tu mi veda»). Così la donna vista dall’uomo («un tailleurino nocciola, dal
tessuto Principe di Galles, aderente, ben modellato, e con guanti e borsetta in tinta; e persino l’ombrellino appeso al braccio»)10, o l’uomo visto dalla donna, anzi
il narratore stesso proiettato nello sguardo della donna («Magra, senza viso dietro i grossi occhiali, mi guarda. […] L’individuo che lei vede non distintamente,
vestito di tweed e flanella, una gamba accavallata sull’altra, ha nella persona una
scioltezza agile che i suoi lineamenti appena smentiscono»)11, vengono percepiti
o meglio si materializzano nel mondo unicamente grazie ai propri abiti, che diventano condizione indispensabile dell’esistenza sociale. Come fanno i domestici
del conte Czernin in Divertimento 1889, i personaggi del romanziere quando sono
«in campagna» non vestono «in polpe e cilindro» ma «alla cacciatora» («Gambali, giubbe verdone con alamari neri al petto, in testa bombetta pure verdone, ornata di pennellino alla tirolese»), poiché l’abito è sempre per definizione «intonato»12 all’ambiente esterno e all’interno «sentimento»13 del soggetto che lo porta,
6
MORSELLI G., Divertimento 1889, Adelphi, Milano 1989, p. 84.
7
Cfr. ID., Diario, Prefazione di PONTIGGIA G., Testo e note a cura di FORTICHIARI V., Ivi, 1988,
p. 159
8
Cfr. ID., Uomini e amori cit., p. 60.
9
Cfr. ID., Un dramma borghese, Adelphi, Milano 1992, p. 135.
10
Cfr. ivi, pp. 131.
11
Cfr. ivi, pp. 263-264.
12
Cfr. ID., Divertimento 1889 cit., pp. 178-179.
13
Si veda ID., Proust o del sentimento cit., passim.
92
Rinaldo Rinaldi
secondo uno speciale conformismo che per l’anticonformista Morselli assume
l’aspetto di una vera e propria filosofia dei rapporti interpersonali.
Si spiega così la puntuale attenzione dello scrittore per le divise, le uniformi
militari, «le vesti degli ordini»14 ecclesiastici, gli abiti che ufficialmente o non ufficialmente definiscono il loro proprietario: come il “pigiamone a stentoree righe
rosso cupo e viola” di un personaggio tedesco in Incontro col comunista che è, appunto, «prettamente teutonico»15. Sempre la fitta rete di tracce vestimentarie che
percorre i romanzi di Morselli è motivata storicamente, sociologicamente o psicologicamente, fino a creare vere e proprie ricostruzioni d’epoca come facevano i
dipinti di Renoir, Degas o Seurat, con una miriade di tocchi coloristici che insieme e a distanza formano dei grandi affreschi. Come in questo frammento panoramico di Contro-passato prossimo sulla folla festiva della Vienna imperiale,
«all’ingresso del Berlinerhof»:
funzionari in vacanza che passeggiano le consorti, lunghi grembiuli bianchi di camerieri alle
vetrine dei caffé, midinettes, i provinciali in visita e i forestieri, pagliette e parasoli, redingotes e
calzoni di cuoio tirolesi, fazzoletti infilati nei solini. La folla colorita della città semi-estiva, operai in camiciotto che accostano le loro scale ai lampioni, vociando, chasseurs d’albergo che
s’incrociano di corsa, turisti in giacchetta di panama la Kodak a tracolla […]16.
Pensiamo all’Italia e alla Svizzera di fine Ottocento in Divertimento 1889: belle
signore «in mauve e argento», o «in négligé rosa e pervinca», turiste «con un vestito alla cacciatora e un cappellino di lontra», cameriere «in costume, sottana
nera e corpetto verde sonante di catenelle d’argento», contadine con «gonne nere
a fiori, calze bianche», fotografi «in tenuta da sport, berretto a scacchi e paraocchi annodati sopra», funzionari in «giacca a falde e la mezza tuba, spolverina e
portacarte al braccio»; e ancora «vesti da camera foderate d’ovatta, fisciù di seta»,
«vestaglie a maniche corte», «impermeabili mackintosh», «abiti di tela panama
bianca», «veli, scialli, coperte»17. Ma le dame «in piume di struzzo» o in «pellicce
di martora e di ermellino», le «pagliette tonde», i signori «in una marsina troppo
nuova», «impellicciati e stivalati», «in spolverina da viaggio» o «in giacca a falde,
bombetta e pince-nez»18, non mancano neppure nell’Italia e nella Mitteleuropa
14
Cfr. ID., Roma senza Papa. Cronache romane di fine secolo ventesimo, Adelphi, Milano 1992, p.
161 e si veda p. 70.
15
Cfr. ID., Diario cit., p. 127.
16
ID., Contro-passato prossimo. Un’ipotesi retrospettiva, Adelphi, Milano 1987, pp. 40-41.
17
Cfr. ID., Divertimento 1889 cit., rispettivamente p. 16, p. 174, p. 57, p. 51, p. 61, p. 157, p.
158, p. 69, p. 84, p. 122, p. 157.
18
Cfr. ID., Contro-passato prossimo. Un’ipotesi retrospettiva cit., rispettivamente p. 14, p. 54, p.
27, p. 14, p. 48, p. 160.
Filosofia dell’abbigliamento
93
primo-novecentesca di Contro-passato prossimo. E perfino Il comunista, un romanzo di ambientazione contemporanea, mostra un interesse costante per
l’abbigliamento, come se i dettagli di ciò che si indossa (una «gonna», un «maglione scuro», una «capparella col bavero di coniglio», un «cappottino rosa», una
«camicia di flanella a scacchi», un «completo blu», un «tailleur scuro», un «cappellino floscio, di renna», un «berrettone di astrakan», un «grembiulone candido
sulla divisa scura», un «impermeabile con la fodera scucita») fossero sempre indispensabili per caratterizzare una figura, una situazione, un ambiente19.
Lo stretto rapporto fra personaggio e suoi abiti, così come il ruolo di questi
ultimi nel processo di cristallizzazione, riconoscimento e autoriconoscimento del
soggetto, sono particolarmente evidenti nel romanzo che all’inizio degli anni
Sessanta segna la ripresa della scrittura narrativa morselliana dopo gli esperimenti giovanili, Un dramma borghese. L’ambientazione claustrofobica di queste
pagine, ossessivamente concentrate su un padre e una figlia chiusi nella loro camera d’albergo sul filo dell’incesto mai consumato, fa coincidere infatti la progressiva perdita d’identità dei protagonisti con il loro abbigliamento ridotto al
minimo, neutralizzato in un generica tenuta da intérieur, «in vesti da letto» che
preludono al sonno o al sesso: «camiciola» e «camicia da notte», «vestaglia», «vestaglietta» o «vestaglina», «pigiama» e «accappatoio», «biancheria d’ogni impiego, calze e sottovesti»20. L’abito vero e proprio, quello che potrebbe conferire
un’identità insieme sociale e psicologica, è associato a lontani ricordi familiari
sotto il segno della purezza (la figlia evoca il padre «vestito […] di bianco, col
cappello sotto il braccio», il padre pensa alla moglie morta coi suoi «soprabiti
bianchi […] appena ravvivati da una seta blu o rossa nello scollo, di un taglio liscio, quasi lineare»)21. Oppure è desiderato intensamente come unica via per ritrovare la propria identità, sfuggendo alla palude della nevrosi:
[…] mi verrebbe voglia di mettermi da uomo sano, di vestirmi, dopo tanti giorni, camicia,
cravatta e ogni cosa […] il pensiero mi corre agli abiti che da venticinque giorni aspettano appesi e mi verrebbe voglia di tirarli fuori subito, di cambiarmi anche nel vestito […] Dopo venticinque giorni in cui la cascaggine floscia della vestaglia e del pigiama si era fatta tutt’uno con la
mia sonnolenta rassegnazione22.
19
Cfr. ID., Il comunista, Adelphi, Milano 1991, rispettivamente p. 34, p. 37, p. 58, p. 79, p. 183,
p. 191, p. 230, p. 245, p. 286.
20
Cfr. ID., Un dramma borghese cit., rispettivamente p. 71, p. 29 e passim, p. 52, p. 107 e pas-
sim, p. 150, p. 259, p. 103 e passim, p. 175, p. 189.
21
Cfr. ivi, p. 82 e p. 88.
22
Ivi, p. 81, p. 166 e p. 230.
94
Rinaldo Rinaldi
Non a caso la sola veste che compare nella tragica conclusione, dopo il tentato
suicidio della figlia, è proprio la sua «vestaglina verde» che ha traversato tante pagine precedenti, sporca non di sangue («A sinistra, sul petto, dove batteva il suo
cuore, nient’altro che una macchia d’unto: brodo o panna»)23 ma capace di riassumere per l’ultima volta la straziante insufficienza vitale dei personaggi, perennemente in bilico sul confine dell’indistinto, dell’informe, dell’indifferenziato.
2.
Amore vestito
Anche gli abiti ‘al grado zero’ di Un dramma borghese, come tutti gli abiti morselliani, hanno del resto una forte carica emotiva, un legame sentimentale con
chi li porta e chi li guarda: sono pur sempre la traccia visibile della soggettività e
del suo rapporto con l’altro, ne garantiscono per così dire l’esistenza, la storia,
l’apertura al mondo. Già in Uomini e amori, per esempio, il «pensiero di tenerezza» dell’uomo alla «piccola moglie» passa attraverso l’immagine del «ghirigoro
purpureo che […] fregia la camicia» visto allo specchio; la seduzione femminile,
nello scambio di sguardi che fa scattare, non può fare a meno di una «sottana
verde a quadrettini» e di una «giacchetta breve di un verde più cupo aperta sulla
bianca camicetta di seta»; mentre l’«intimità fisica» fra donne, «che è forse una
via più diretta a penetrare indole e pensieri», passa attraverso la cerimonia quotidiana dello svestirsi prima di «andare a letto» ma si cristallizza poi
nell’immagine di una «piccola donna coperta dalla camicia di flanella a fiori»24.
Non è allora un caso se proprio Uomini e amori, che è un romanzo quasi interamente dedicato (come dice il titolo) al rapporto di coppia, contiene una dichiarazione filosofica sull’erotismo che liquida come superficiale l’esperienza del corpo
«in naturalibus»25 (incarnata da un personaggio negativo capace di «esibire la nudità femminile» nella sua «naturalità»)26:
[…] non era l’offerta nudità senza veli la condizione indispensabile del suo pieno concedersi, come, se amare consiste nel conoscere, non è già il possesso, o l’atto in cui questo dovrebbe
culminare, la meta ultima dell’amore. Amare il corpo di una donna significa addentrarsi nella
profonda intimità di lei […] conoscere la grana di un’epidermide e il tepore di un indumento
appena smesso […] Non è la nudità indiscriminata che consente all’amante il possesso, ma il
dischiudersi alla carezza di una singola parte di essa, nella quale come anche in un gesto, in una
23
Cfr. ivi, p. 292.
24
Cfr. ID., Uomini e amori cit., p. 43, p. 115, pp. 175-176.
25
Cfr. ivi, p. 122.
26
Cfr. ivi, p. 289.
Filosofia dell’abbigliamento
95
positura, può concentrarsi quella femminilità che non si consegna così facilmente come noi crediamo, col cadere di un involucro […]27.
Indispensabile all’amante morselliano è proprio «il tepore di un indumento»,
poiché la nudità è percepita solo grazie all’«involucro» che la nasconde, presentandola non come totalità «indiscriminata» ma come «singola parte», serie di
parti che la veste distingue e rivela di volta in volta. Perciò la fisiologia corporea
è descritta sempre e soltanto ‘attraverso’ gli abiti (come il ciclo femminile in Uomini e amori e Un dramma borghese)28. Perciò l’erotismo di Morselli è sempre canonicamente concentrato sull’orlo delle stoffe, su quel bordo che separa il corpo
nascosto dal corpo rivelato:
[…] si volse senza alzarsi, a guardare la fiorente persona, l’incurvarsi dell’anca e la linea
morbida e solida della gamba. Il suo sguardo si fermò al breve cerchio della gonna, il limite del
mite segreto che gli era dischiuso. […] Nella piega della gamba dietro il ginocchio, che l’orlo
della veste sfiorava, si adunava un’oscurità densa come nell’anfratto di un monte, percorsa da
una tenue vena azzurrina29.
Questo desiderio rigorosamente maschile (Morselli polemizza più volte contro la donna in pantaloni)30 è sempre filtrato dalle stoffe, poiché non solo le gambe («velate di rayon ambrato»)31 ma l’intero corpo femminile appare desiderabile
solo se ricoperto da un abito:
Un antico malvezzo di maschio suggerisce al mio sguardo di cercarle i ginocchi. Si intravvedono appena, e dovrei indovinarli, esili, lisci, infantili […] Di sotto la gonna, li vedo muoversi. […] – Mi permette – ha cominciato alzando i piedi a poggiarli contro il traverso della finestra,
le ginocchia sollevate quasi all’altezza del viso. E il plaid la copriva; ma è una positura della
donna capace di eccitarmi. […] Si era sfilata una scarpa e il piccolo piede riposava con garbo a
un palmo dal mio viso; volgendomi con precauzione arrivavo a vederle le gambe. Non sino al
ginocchio, coperto dal vestito su cui vegliava la mano32.
27
Ivi, p. 130.
28
Si veda ID., Un dramma borghese cit., p. 56 e ID., Uomini e amori cit., p. 285.
29
Ivi, p. 110 e p. 375.
30
Si veda ID., Diario cit., p. 103 e p. 38; ID., Dissipatio H.G., Adelphi, Milano 1991, p. 140.
31
Cfr. ID., Un dramma borghese cit., p. 132.
32
Ivi, p. 171, p. 192 e p. 211.
96
Rinaldo Rinaldi
Ed è significativo che siano ancora gli abiti, abbandonati nella camera durante un accoppiamento a cui assiste senza volerlo la protagonista di Uomini e amori,
a comunicare il significato alla scena:
Riconobbe il cappotto di Padulli che pendeva all’attaccapanni: poi capì che doveva esserci
una terza persona, una donna […] di là, nella sua camera, Giorgio appoggiato alla poltroncina si
chinava a infilarsi una scarpa; sul bracciuolo stava posato in disordine un abito di seta di un
crudo colore cangiante, con una borsetta: Ma non vide la donna. Sul letto, si inarcava il dorso
dell’altro uomo, enorme nella camicia a righe […]33.
Ideale emblema del feticistico erotismo morselliano, tutto giocato sulla fascinazione dei tessuti e sul contrasto fra corpo velato e svelato, è allora il ritratto di
una “bella donna” dipinto dal protagonista di Uomini e amori, intitolato Signora
in attesa e ispirato (come chiarisce subito il narratore) al tizianesco Amor Sacro e
Amor Profano e ad «una famosa colazione sul prato» (quella di Manet):
[…] non si pentiva di aver vestito questa di un fervido rosso che campiva vigorosamente sui
toni cupi dello sfondo, mentre aveva posato sugli omeri alla bella donna assisa una sontuosa
stuola di pelliccia dai riflessi argentei. […] il rosso chermisino del soprabito […] le accendeva
intorno come un riverbero […] il pittore aveva aggiunto al ritratto ben due figure: a destra della
principale, una femmina nuda, seduta su un rocchio di colonna, il mento fra le mani in atto di
cogitare; e dall’altro lato un putto musico, col piede sul gradino e una viola d’amore sotto il
braccio […]34.
È il tessuto, infatti, a formare l’oggetto primario del desiderio maschile, fino a
diventare un’immagine autonoma, munita di misterioso fascino, capace di catturare lo sguardo e la mente del narratore. Non pensiamo solo ai momenti di più
«affocata lussuria» in Uomini e amori, alla «convessità molle dell’inguine profferentesi fra le pieghe della stoffa sottile»35 o al «grembiule» indossato sul corpo
nudo:
La chiamò presso di sé, con le mani che gli tremavano prese a slacciarle il grembiulone che
si metteva di sopra per le faccende. ‘Ma perché, Vito?’. Vito non rispondeva: la costrinse a togliersi il vestito e la sottoveste, poi a infilarsi di nuovo il grembiule che non la copriva che in
parte36.
33
ID., Uomini e amori cit., p. 142.
34
Ivi, p. 71, p. 81 e p. 179 (anche sopra).
35
Cfr. ivi, p. 344.
36
Ivi, p. 226 (anche sopra).
Filosofia dell’abbigliamento
97
Pensiamo anche all’apparizione di una donna con un «nastrino di velluto nero al collo»37 o all’epifania di un «foulard» colorato («Vestita di bianco, una seta
scarlatta intorno al collo», «La vidi tornare, il foulard azzurro al collo e per il resto nuda affatto e scalza»)38. Non troppo diversa è la fotografia della madre del
protagonista in Uomini e amori («[…] tutto riappariva puntualmente nella fotografia della piccola signora dai folti capelli castagni e dalle forme strette in una
tunica aderente, con un alto solino di velo che le stringeva il collo»)39, o il ricordo
della madre in Un dramma borghese («[…] la mamma è lì, d’un tratto ha cambiato
vestito, è vestita di bianco, con una macchia rossa sul petto»)40. Non stupisce
dunque che la donna morselliana rimanga ‘vestita’ anche quando si spoglia:
Nuccia esplorò un’altra via, un altro tono. Si sfilò la giacchetta del tailleurino, sotto non
c’erano che le spalline del sottabito e il reggiseno;
Mimmina in piedi si spoglia del tailleur; ha buttato la giacchetta sulla poltrona. S’è slacciata
la gonna, se la sta sfilando dal basso, alzando l’una e l’altra gamba. Non resta nuda. E certo, per
l’essenziale, la sua persona è meglio nascosta che non quando la copre la camiciola […]41.
Il corpo, infatti, può solo apparire per un attimo sotto una veste che si solleva
(«aveva indosso la vestaglia. Le afferrò con un gesto improvviso il braccio, indugiò
con la mani ai gomiti nudi», «il seno piccolo e fermo le rialzava la veste, sotto cui
doveva essere nudo»)42, a partire dal ricordo d’infanzia di Incontro col comunista:
[…] l’uomo contemplava i miei fianchi quasi nudi e io ero già remota da lui e da me, io vedevo la bambina di trent’anni fa con la sottanina alzata, sotto lo sguardo del compagno di scuola che l’ha sorpresa nel piccolo segreto di una sua intimità43;
fino al vero e proprio Leitmotiv di Un dramma borghese:
Si scosta la vestaglia e solleva la camicia […] intravvedo che ha la camiciola sollevata: la
persona […] scoperta e nuda per metà […] stava scivolando verso di me, le braccia aperte in
cerca di un appiglio, le vesti corse su sino al petto […] La camicia trattenuta […] le copre a malapena il pube44.
37
Cfr. ivi, p. 190.
38
Cfr. ivi, p. 368 e ID., Un dramma borghese cit., p. 22.
39
Cfr. ID., Uomini e amori cit., pp. 133-134.
40
Cfr. ID., Un dramma borghese cit., p. 96.
41
ID., Il comunista, p. 116 e ID., Un dramma borghese cit., pp. 136-137.
42
Cfr. ID.,Uomini e amori cit., p. 189 e p. 354.
43
ID., Incontro col comunista, Adelphi, Milano 1980, p. 32.
44
ID., Un dramma borghese cit., p. 18, p. 42, p. 213 e p. 220.
98
Rinaldo Rinaldi
E il richiamo sessuale scatta ogni volta non dalla carne, ma dal corpo schermato o letteralmente “fasciato” dalla stoffa, altra costante dell’erotismo morselliano:
Allora me lo son preso nelle braccia, mi son tolta le calze e il resto che avevo ancora indosso,
l’ho circondato, l’ho stretto […] Attraverso la stoffa della sua camicia, il tremito freddo del suo
corpo si comunicava al mio, e io non avevo più che un pensiero: ‘Adesso io e Gildo siamo una
cosa sola’45.
[…] la seta aderente dell’abito le aveva disegnato i fianchi esili, quasi da bambina […] era
in capelli, fasciata da una seta blu la stupenda persona […] Notò di lei soltanto un lucido gioco
di pieghe della stoffa lieve fra la gamba, bionda e morbida, e il fianco; e sul braccio nudo, una
fasciatura che lo avvolgeva al gomito, e gli fece pensare all’insetto che forse aveva morso quella
carne la sera prima46.
Fino al sottile paradosso di un’attrazione sessuale che scatta proprio grazie
all’abito, abolendo per così dire la “persona” da esso rivestita:
I fianchi sono magri, davvero, e la biancheria da collegiale che li nasconde gelosamente mi
pare ingenua, con quel pizzettino e quella bianchezza schietta, Stendo la mano, appena esitante,
per riabbassarle il sottabito. […] Dentro il vestitino grigio […] troppo lungo e troppo liscio, la
persona perdeva ogni rilievo. Non riuscivo a immaginare come quella persona eserciti un appello così vivo con un impiego così modesto di attrattive visibili […]47.
3.
Il fantasma di Marsia
Se l’abito è indispensabile all’individuazione e alla sopravvivenza stessa del
soggetto morselliano, rendendo possibile l’esperienza erotica, esso non perde
mai, tuttavia, la sua funzione di copertura e di schermo. L’abito è sì, per Morselli, una seconda pelle ma pur sempre percepita come ‘seconda’, indumento ma al
tempo stesso travestimento. Ci si veste infatti per l’occhio dell’altro che ci fa esistere, come «le ‘brave borghesi’ ‘si vestono’ per le amiche»48, come ogni uomo
che per «inconsapevole tendenza a recitare» accetta una parte e si dissocia da se
stesso:
45
ID., Incontro col comunista cit., p. 84.
46
ID., Uomini e amori cit., p. 158, p. 234 e p. 353.
47
ID., Un dramma borghese cit., p. 238 e pp. 255-256.
48
Cfr. ID., Brave borghesi, citato in E. BORSA, Il femminile, la femminilità, in Guido Morselli: i per-
corsi sommersi. Immagini, manoscritti, documenti cit., p. 69.
Filosofia dell’abbigliamento
99
[…] io ero effettivamente diviso in due: una parte di me agiva, l’altra faceva da spettatrice e
giudicava il mio ‘stile’. L’individuo che realmente godesse o soffrisse mancava49.
L’abito non è soltanto un ruolo, una maschera che può essere cambiata senza
mai far entrare in gioco “l’individuo” reale (come le «tre grafie» che il protagonista di Uomini e amori può alternare nelle sue lettere, «senza ragione plausibile» e
senza rivelare nella scrittura i «problemi psicologici»50 del proprio Io), ma è anche una difesa: uno strumento che attenua il fuoco della realtà, come i “parasoli”
delle signore visti dalla finestra nella prima pagina di Divertimento 1889 («Ombrellini. Ombrellini. Ombrellini. Bianchi o grigi. Rosei. Bianchi»)51, come
l’hegeliano «ventaglio dei possibili» che nello stesso romanzo si riduce a ben poca cosa, finendo per coincidere ironicamente col «ventaglio» che una «bella donna apre e chiude» contemplandosi «nella specchiera»52. Come dichiara Umberto I
quando è “finita la libertà, finita la festa” del suo breve soggiorno svizzero, in
incognito, nei panni di un semplice turista: «Ridivento io. Rientro nella mia pelle». E l’autore ironizza: «In quel suo secolo che aveva scoperto l’io, se gli avessero detto: la libertà, non significa altro che essere io e potere stare nella propria
pelle, lui si sarebbe stupito»53.
Il fatto è che la “pelle” resta nonostante tutto un abito («nello sfilarle la camicia direi che sia venuto qualche lembo di pelle»54, si legge in Un dramma borghese). E l’inautenticità del ruolo sociale si perpetua anche nelle situazioni estreme,
anche al di là della morte, che in Morselli non ha per nulla quel potere rivelatore
che la cultura occidentale le ha attribuito. Come Ferranini nelle ultime pagine del
Comunista, stroncato da un malore in una cabina telefonica e costretto a «sentire
l’orlo» del «cappotto» di uno sconosciuto strisciargli sul viso, a «riconoscere
l’odore delle scarpe bagnate, dei vestiti bagnati»55, i personaggi morselliani non
si spogliano, non si liberano della loro maschera nell’istante supremo. Esemplare
è ovviamente Dissipatio H.G., dove l’epifania funebre («centinaia» di «teschi» in
una chiesa) si accompagna all’apparizione della veste di «lanetta rosa» di «una
vecchietta»56 e dove il pellegrinaggio del narratore dopo l’apocalittica scomparsa
49
MORSELLI G., Uomini e amori cit., p. 234 (anche sopra).
50
Cfr. ivi, p. 132.
51
Cfr. ID., Divertimento 1889 cit., p. 13 (in copertina dell’edizione postuma è riprodotto La si-
gnora con l'ombrello di James Tissot). Si veda anche “donna sotto la neve” filmata da Morselli in
S. Trinità – le stagioni (1959-1961) e citato in E. BORSA, Il femminile, la femminilità cit., p. 67.
52
Cfr. MORSELLI G., Divertimento 1889 cit., p. 76 e p. 17.
53
Cfr. ivi, p. 185.
54
Cfr. ID., Un dramma borghese cit., p. 178.
55
Cfr. ID., Il comunista cit., pp. 322-323.
56
Cfr. ID., Dissipatio H.G. cit., pp. 102-103.
100
Rinaldo Rinaldi
di tutti gli altri esseri umani non esclude affatto una maniacale attenzione
all’abbigliamento:
Non c’è stato trapasso, malattia, agonia, angoscia. Lei non ha lasciato la città […] né la sua
casa, la sua camera; è qui, anche se non si offre ai miei sensi, stavolta, nemmeno alla mia vista. E
non mi permette di darle una carezza sui capelli, ancora biondi, forse. Mi tolgo le scarpe, la
giacca, rimango in calzoni e bretelle57.
Non a caso al momento della volatilizzazione o «Dissipatio Humani Generis
[…] le vesti che, in quell’attimo, coprivano i corpi, hanno condiviso la sorte dei
corpi che coprivano». L’abito scompare insieme alla persona che lo indossava e
si trasferisce oltre la fine, poiché il ruolo sociale e la cristallizzazione dell’Io che
esso garantiva in vita non vengono meno. Il narratore commenta ironico («Invasione di nylon, rayon, lilion e altre fibre tessili negli ‘intermundia’»)58 e cita una
pagina di Sant’Agostino:
Il chiarimento lo fornisce in piani termini teologici Agostino di Ippona. Non converrà, osservava da qualche parte il grande Agostino, che nel regno dei Cieli gli umani compaiano nudi.
Rimarco più che opportuno […] Il vestito, argomentava Agostino, è ‘naturale hominis tegumentum, quasi altera cutis’. Perfetto59.
La citazione, come avviene spesso in Morselli 60, è probabilmente apocrifa e
capovolge anzi la teoria agostiniana della «pulchritudo» del corpo mistico61, poiché la via d’uscita non si trova nell’esistenza mondana e neppure nella città divina, ma solo nella paradossale condizione sospesa che sta vivendo il protagonista di Dissipatio H.G.. Non il Paradiso ma il Limbo, questo non essere morto e
non essere più vivo, garantisce la possibilità di abbandonare tutti i ruoli e tutte le
vesti, di uscire veramente dalla propria pelle:
Nella notte del 2 giugno la logica è entrata in crisi e dal quel momento aberra o frana a pezzo a pezzo, ma di tutte le illogiche cose che ho visto e vissuto forse la più stravagante è che io
sia qui, e per restarci. Ex-uomo, davvero. Uscito dalla mia pelle62.
57
Ivi, p. 50.
58
Cfr. ivi, p. 83 (anche sopra).
59
Ivi, pp. 83-84.
60
Si veda PIERANGELI F., Incontro con Guido Morselli, Associazione San Gabriele, Roma 2003,
p. 78.
61
Si veda SANT’AGOSTINO, De Civitate Dei, XIV, 17 e XXII, passim (l’ultimo libro dell’opera,
dedicato appunto alla resurrezione della carne).
62
MORSELLI G., Dissipatio H.G. cit., p. 145.
Filosofia dell’abbigliamento
101
L’«itinerarium»63 di questo «ex-uomo» va allora ben oltre il «divertimento» di
Umberto I travestito da turista, che sostituiva un involucro con un altro mutando soltanto il suo costume. L’abito continua a proteggere il corpo nudo, ma questa volta il travestimento oltrepassa la soglia di ogni possibile ruolo poiché trasforma (o meglio nega) l’identità sessuale del personaggio. Con un gesto perverso, analogo a quello del protagonista pasoliniano di Orgia64, il maschio diventa
infatti una femmina:
Mi infilerò il collant, un (superfluo) reggicalze a roselline celesti, e le mie gigantesche mutandine col pizzo.
Da qualche giorno uso dessous da donna, scelti al Grande Emporio.
La mia pinguedine, che è aumentata, non si adatta male a questi accessori inusuali, anche se
le masse muscolari gonfiano pericolosamente il nylon delle calze. La sera spogliandomi non ho
turbamenti, né fisici né psichici, quelle gambe pelose e poderose sono soltanto claunesche, sotto
il velo nero. Credo che estenderò il travestimento agli indumenti di superficie, solo per comodità; gli abiti da donna, scomparsa la stupida moda dei calzoni femminili, sono invitanti; di questa
stagione non pesano. Ho già visto un abitino bianco a bolli rossi, sottana e bolerino. Nessun autoerotismo, comunque; in me la sessualità non mi è mai parsa deviante, e da un pezzo, ora, langue; come deve.
Se mai, imito il grande attore giapponese Omagàta, il quale interpretava unicamente ruoli
di donna, in vesti da donna65.
Il fantasma di Marsia, quello di uscire una volta per tutte dalla propria pelle,
può realizzarsi solo con un ultimo travestimento, un’ultima parte di attore che
non corrisponda ad alcuna immagine o “possibilità” esistente: l’uomo-donna
ovvero (con il titolo di un progettato romanzo) Uonna, frutto di una metamorfosi
invocata insieme al di là e al di qua della morte, epifania di «nuova umanità» 66
finalmente autentica, libera dall’obbligo delle vesti. Quest’ultimo sogno, funebre
e insieme catartico, è perfettamente riassunto da una curiosa poesiola (quasi hapax nella fitta prosa di Morselli) inserita nel Diario in data 12 giugno 1966: «In
ricordo degli alberghini / nascosti in fondo ai paesi» nella profonda provincia
63
Cfr. ivi, p. 71.
64
Si veda PASOLINI P. P., Orgia, in ID. Teatro, a cura di SITI W. e DE LAUDE S. con due inter-
viste a RONCONI L. e NORDEY S., Cronologia a cura di NALDINI N., Milano, Mondadori, 2001, pp.
305-312 (VI Episodio). Una frase di Pasolini è citata in forma dubitativa in MORSELLI G., Dissipatio H.G. cit., p. 72.
65
Ivi, pp. 140-141. Per la figura analoga (anche se meno esplicita) del maschio in grembiale,
ricorrente in Morselli, si veda ID., Uomini e amori cit., pp. 141-142 e p. 145; ID., Un dramma borghese cit., p. 277; ID., Il comunista cit., p. 88.
66
Cfr. E. BORSA, Il femminile, la femminilità cit., p. 75.
102
Rinaldo Rinaldi
lombarda, locali antiquati e polverosi, stanze povere, frequentate da «turisti poveri» e dagli amanti della solitudine:
Sul tavolo un tappeto rosso.
Due seggiole, un armadio,
che se lo apri con forza,
attenta, ti casca addosso.
Di legno bianco, grezzo,
è l’armadio di dentro,
ci pendono delle grucce
spaiate, di poco prezzo.
[…]
Se apri l’uscio, o cammini,
le grucce si toccan fra loro.
Un piccolo quieto rumore
Di ossa. Di morticini67.
L’orizzonte apocalittico di Dissipatio H.G., la finale disumanizzazione
dell’uomo, sono già presenti nelle inquietanti grucce spoglie di questo periferico
albergo, solo in apparenza modellato su orecchiature crepuscolari. Il rumore della morte non è altro che il ticchettìo del vuoto, quello che resta dopo che ogni abito, ogni travestimento si è volatilizzato.
67
MORSELLI G., Diario cit., pp. 271-272.