Laboratorio Audiovisivi Friulano Voglio fare un film
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Laboratorio Audiovisivi Friulano Voglio fare un film
1 Laboratorio Audiovisivi Friulano Voglio fare un film L’importante è come si inquadra. Qualsiasi cosa. Quando scatto una fotografia, mi chiedo se la stamperò o meno. Di solito esito, poi finisco per farlo in ogni modo. Nel preciso istante in cui metto l’istantanea dentro una cornice con un passe-partout, improvvisamente essa diventa più attraente e quando la guardo attraverso il vetro della cornice mi sembra perfettamente plausibile. Così, credo che l’idea di inquadrare un soggetto in un’immagine sia tanto importante quanto il contenuto. Scegliendo e inquadrando qualcosa, gli si dà la misura dell’importanza che deriva dall’aver fatto una selezione. Nel momento in cui si seleziona qualcosa, gli si conferisce un valore addizionale che lo distingue da qualsiasi altra cosa” Abbas Kiarostami (Tutte le interviste e la loro stesura sono state curate da Paola Lirusso) 2 foto di Bruno Dalla Pria - Marco Fabbro e Giancarlo Zannier sul set "Fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell'infanzia" (François Truffaut) Intervista a Giancarlo Zannier Attualmente è Presidente del Laboratorio Audiovisivi Friulano di Premariacco in cui cura la prosecuzione di un progetto, sempre coltivato e amato, che è appunto quello di far intendere a tutti le conoscenze acquisite, nel corso degli anni, nel campo della produzione audiovisiva. Il progetto, denominato "Video Anch'io" consiste appunto nell'eseguire corsi video e ottenere un numero di persone, ciascuna impegnata nel proprio campo a seconda delle proprie attitudini, che contribuiscano alla realizzazione di un opera video. Il risultato è visibile, anche qui nel sito, centinaia sono le persone che hanno potuto 3 frequentare questi corsi e molti hanno oltre che contribuito alla realizzazione di opere all'interno dell'Associazione, anche verificando le loro potenzialità di crescita nelle tecniche video. P. Chiediamo a Giancarlo Zannier Presidente del LAF a che punto sono le riprese del video Suoni di Pietra. G. Ormai siamo a buon punto, mancano alcune scene e poi possiamo iniziare il montaggio del video. P.Volevamo chiederti come e se, la popolazione di Premariacco ha partecipato alla realizzazione del video. G.Il video è stato realizzato presso i ruderi di S.Giusto , in alcuni siti di Premariacco e parte a Cormons per le riprese al chiuso. Devo dire che mi meraviglia sempre la disponibilità degli abitanti di Premariacco, ci permettono di fare riprese anche nelle case se serve,un esempio il video degli Azzano , abbiamo frequentato diverse famiglie che ci hanno ospitato e permesso di riprendere anche all’interno delle abitazioni. Tutti sanno che noi siamo un’associazione culturale e nessuno trae profitto , anzi… il più delle volte ci autofinanziamo visto che quando facciamo riprese stiamo fuori l’intera giornata (benzina per spostamenti, piccoli pasti, bere etc.)loro ci conoscono e ci apprezzano anche per questo. Ci sentiamo come se fossimo utili e stimolo alla fantasia di ognuno di loro. P. Per realizzare il video da quale idea siete partiti? G.Per realizzare questo video siamo partiti da un’idea, i ruderi di S.Giusto abbiamo deciso di ricreare un ambiente storico seppur legato all’oggi .L’ amministrazione comunale ha avviato i lavori per la 4 valorizzazione di questo misterioso rudere diverso tempo fa. I reperti trovati nella prima settimana di lavori risalgono all’epoca romana al progetto ha collaborato anche l’equipe archeologica. Proprio partendo da questi scavi ci è venuta l’idea di documentare l’evento , poiché per noi è un gioco ci siamo calati alla nostra infanzia per trarre spunto, per ampliare l’idea. Ci siamo identificati nel mistero e allo stesso tempo abbiamo capito che realizzando il video di fatto avremmo coinvolto i diversi volti di questa terra. Noi improvvisiamo e anche gli attori, abitanti del luogo, partecipano al gioco improvvisando … i ragazzini coinvolti sono i ragazzi che già partecipano alla vita del Paese, gli adulti sono tutti quelli che vi gravitano attorno; ci sono gli abitanti e i corsisti del corso video Anch’io che partecipano utilizzando i mezzi a loro più congeniali. C’ è anche una partecipazione indiretta … ricordo un pomeriggio di riprese al monumento di Premariacco, certamente alcuni cittadini del luogo ci ha visto e si era affacciato alle finestre per guardare, non mi andava bene che si vedesse gente, non c’entravano con la scena, ho fatto un segno con le braccia e loro hanno capito e si sono ritirati in casa. Fantastici i nostri compaesani, ogni volta che abbiamo avuto bisogno di qualcosa loro gentilmente si sono prestati, mai hanno protestato per la nostra invadenza … credo sia giusto dedicare questo video a tutti gli abitanti di Premariacco. Tutto questo ci fa sentire parte di una comunità che accetta le proprie radici ma sa anche ampliare lo sguardo agli altri, a coloro che propongono un’idea per conservare e mostrare il proprio ideale di condivisione e ,perché no? Di creatività. Ora ci mettiamo all’opera per terminarlo , sappiamo che i tempi sono lunghi, non è semplice organizzare tutti coinvolgendo chi ha fatto il corso, ragazzini che studiano e le loro famiglie, seppur disponibili siamo in tanti e ciascuno con diversi impegni. Approfitto per ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato e quelli che hanno collaborato al video e ringraziamo il Comune per aver assecondato il nostro progetto. Thomas Wild Turolo 5 Thomas Wild Turolo è un regista, sceneggiatore, documentarista e film maker, la cui carriera artistica è varia e completa. Nato (dopo un periodo di formazione) come attore drammatico, passa al cabaret dopo qualche anno e, infine, si laurea in Cinematografia e Televisione (DAMS) collaborando con il mondo della pubblicità e della televisione. Ora è un regista e documentarista. http://www.thomasturolo.altervista.org/index.html ...Bisogna avere la forza di guardare da prospettive anche scomode D - Quanto prendi e quanto dai nelle tue realizzazioni filmiche? R - Prendo tutto quello che la realtà e la sensibilità altrui mi vogliono o possono dare, poi sia sul momento che in seguito io ci metto tutto quello che ho per dare ai soggetti tutta la dignità e fedeltà possibili. Sul momento, quando sei in una situazione o in un contesto particolare, devi metterti in gioco per fare in modo che i soggetti dei tuoi film si sentano tutto tranne che “soggetti” appunto, ma che invece si sentano a loro agio e si possano aprire al dialogo e alle domande. Quindi è un sistema sinergico quello che si deve creare, sensibilità che si uniscono e risuonano insieme. Funziona allo stesso modo anche con gli attori, dare loro tutto l’appoggio per avere l’interpretazione migliore, raggiungere insieme il risultato che in realtà io poi alla fine reputo essere il migliore; sensibilità che devono concertarsi. Non si può, secondo me, dare meno del 100%. D - Vedendo anche solo piccoli pezzi dei tuoi video si comprende quanto la tua sensibilità lasci un segno nei popoli che avvicini, anche se si comprende quanto gli stessi diano a te. Puoi dirci qualcosa in merito? R- Il rapporto con mondi estranei o esotici, contesti di povertà o difficili, situazioni estranee o inattese, lasciano segni molto profondi nell’animo. Sono convinto che il viaggio, il vivere, prima di tutto siano composti dall’esperienza umana, dalla forza genuina dell’incontro e poi venga tutto il 6 resto; c’è una crescita continua dovuta al confronto con altri esseri umani che mai magari avrei pensato di poter incontrare in passato. Nelle esperienze professionali ed umane che sto facendo, esistono poi due fasi distinte, quando sono sul campo e mi relaziono con i contesti in cui mi caccio (mai facili…) la mia sensibilità mi rende osservatore, mi fa immergere nel posto, mi focalizza completamente su chi ho davanti, mi rende attento a ogni cosa, le sensazioni anche pesanti o brutte sono, non saprei spiegare come, incanalate per essere catturate e portate agli occhi altrui; a casa invece senza la necessità di portare a termine il compito prefissato si sprigionano in maniera diversa, diversamente istintiva. Mentre lavoro riesco a usare me stesso per descrivere la sensazione che provo e la porgo così agli altri, a casa la sensazione invece torna completamente mia e la vivo intimamente. In sintesi sono continuamente impressionato nell’anima dal contatto con le realtà che visito, sono una pellicola esposta in continuazione; diciamo che ci vuole un po’ di forza per digerire certe cose a volte. Quando parto so a che punto sono, ma non so a che punto evolutivo sarò al ritorno. D - Dal punto di vista filmico quali difficoltà tecnico/organizzative hai trovato nella realizzazione dei tuoi reportage? R - Non so se basterebbe un’intervista per spiegarle tutte, dalle produzioni con budget scarsi, all’assenza delle stesse, ai problemi tecnici relativi alle singole situazioni, le mancanze di condizioni per fare interviste o per riprendere luoghi, l’impossibilità per cause oggettive di lavorare con serenità e calma (fare il clandestino in paesi complessi è un buon modo per esempio…), fino a volte alle discussioni sulle post produzioni e con i committenti. Detta così sembrerei sconsigliare di fare il regista e il film maker a chiunque, ma non è il mio intento. C’è un cammino di crescita e più ci si allontana dal punto di partenza più le condizioni di lavoro migliorano, bisogna “solo” avere la forza di perseverare e capire che il risultato finale, cioè il film, è la meta da raggiungere e che la parola impossibile non deve esistere, o meglio deve essere aggirata. Una cosa va detta sulla parte organizzativa del mestiere, produrre un audiovisivo decente è lungo e comporta mille problemi, il primo dei quali è, se avete un committente, proprio il committente. Dovete organizzarvi per fare capire a chi vi commissiona il lavoro che ogni tanto è necessario fidarsi di voi e seguirvi, oppure se capirete che è fiato sprecato, saprete fin da subito che a volte non è importante il lavoro più bello, ma quello che raggiunge lo scopo prefissato… quindi raggiungerlo al meglio è la strategia. Organizzatevi soprattutto ad essere pronti a tutto e tutto funzionerà. 7 D - Cosa spinge un giovane regista a intraprendere la strada del reportage/documentario? R - Io ho iniziato la carriera con la pubblicità, scrivendone e dirigendone, ma poi visti i tempi, dopo un passaggio lavorativo nella televisione di informazione, sono arrivato alla documentaristica, per vari motivi in realtà. Il mio percorso mi riporterà di nuovo al sentiero del cinema o della televisione di “finzione”, mi sto adoperando per questo, ma la scuola documentaristica è fondamentale. Quando ero all’università qualche anno fa decisi di approfondire nel curriculum di studi la sceneggiatura, sacrificando proprio la documentaristica, poi la vita mi ha riportato a forza sul documentario ed è il genere che mi ha fatto conoscere, strano destino… Il documentario ha vari vantaggi, budget che possono essere ridotti, se il soggetto è valido la tecnica può anche essere in parte leggermente sacrificata, si può sperimentare e soprattutto capire cosa sia anche il giornalismo… Insomma una grande scuola che può dare immense soddisfazioni. Mi raccomando, se posso permettermi un piccolo consiglio, non è sempre il viaggio costoso ed esotico a decretare il successo di un doc., ma è la storia e come la trattate che lo faranno emergere. D - E’ solo necessità oppure è anche il desiderio di conoscere altri popoli e luoghi? R - Nel mio caso, oltre ai fattori esterni che mi hanno fatto lavorare al documentario, ci sono stati due desideri che mi sono nati in cuore. Inizialmente per me il documentario è stato attualità e società, indagine nei problemi che ci circondano partendo dai punti di vista meno indagati e che 8 invece ritenevo i più interessanti. Il primo documentario che ho fatto parlava di crisi del lavoro e suicidi nel 2009, quando il fenomeno non era così diffuso, lo feci come primo esperimento, viaggiando nel Nord Italia per fare emergere l’animo e la psiche delle persone e uscire dalla logica dei numeri usato in televisione. Ogni uomo ha una vita, ogni caso di difficoltà del lavoro porta un singolo o una famiglia in crisi. Era il punto di vista che volevo invertire, molte autorità nei luoghi pubblici non gradirono, ma alla fine sono ancora incensurato, solo minacce. Penso che ci siano molte cose vicine a noi degne di film che possono essere grandiosi, bisogna solo porgerli all’occhio del pubblico nel modo “giusto”, avere la forza di guardare da prospettive anche scomode. Poi per me sono arrivati i viaggi, scelti perché mi davano opportunità uniche, contatti unici, luoghi difficili da raggiungere; amo la scoperta, mi ci sono ovviamente buttato. Il contatto con i beduini siriani, così come con i reduci della guerra dello Sri Lanka per esempio mi hanno reso più maturo come persona, prima di conoscerli ero davvero incuriosito, ora che li ho conosciuti sono onorato e fortunato di averci speso del tempo, di averli incontrati. Umanità nei suoi diversi aspetti, questo mi spinge in luoghi impensabili. D - Quanto serve essere documentati prima dell’inizio video? Si può andare a caso e poi costruire una storia? R - Essere documentati serve tantissimo secondo me, aiuta a prepararsi sia alle tematiche che si tratteranno sia alle situazioni in cui ci si può trovare. Prepararsi quindi, studiare, ma al tempo stesso, come diceva Renoir lasciare sempre una porta aperta sul set; a volte un soggetto può essere generico o macroscopico e solo la scoperta sul posto lo può indirizzare, quindi mai imporsi troppo sugli argomenti, affiancarli e descriverli, ma essere pronti al fatto che possano differenziarsi dalle nostre idee iniziali. D - Una domanda o più… che avevo fatto anche ad Andrea Camerotto: Quanta verità c’è in un video documentario? --Quanta ricostruzione, forse contaminata solo dal fatto di provenire da un altro paese? Non credi sia facile portare con sé “il giudizio” “il condizionamento”di un modo di vedere… cosa ne pensi? R - Penso che se un documentario è fatto bene sia sempre vero, al tempo stesso il pregiudizio è insito nell’animo umano, è un fattore naturale e culturale, ma se si vuole davvero descrivere una realtà bisogna lavarsi dal superfluo e guardare con gli occhi aperti, dare naturalezza a quello di cui si parla. Mettersi in discussione all’interno di un soggetto e avvicinarlo alla propria idea di regia dello stesso. Esistono documentari meravigliosi anche di grosse produzioni, che sembrano realtà inconfutabili e pura naturalezza, poi magari si scopre che hanno sconvolto vita e realtà dei soggetti ritratti, qui posso solo dire che l’aspetto tecnico è stato fatto davvero bene ma quello morale e di studio manca il segno in favore dell’audience. 9 D - Immagino tu segua tutte le fasi della realizzazione del video, fino al montaggio , qui la domanda : quanto il montaggio riesce a rispettare il ruolo di testimonianza che deve avere il documentario? R - Il montaggio finalizza un intero sistema organico. Io spesso seguo tutto e faccio tutto da me, anche se le volte in cui non inizio e concludo io mi sento più forte, perché attraverso il filtro di un altro professionista riesco ad essere più oggettivo e lucido. Il confronto aiuta a migliorare, le mie idee e intenzioni restano forti e le stesse, sennò non farei questo mestiere, ma al tempo stesso sono aiutate e finalizzate con più forza. Come dicevo all’inizio il montaggio è “l’imbuto finale del film”, quindi deve evidenziarne ancora meglio essenza e intenzione registica… D - Quando realizzi un video hai uno sguardo per il tuo ruolo artistico o ti imponi una forma visiva utile solo allo scopo prefisso? R - Fondo le due cose, nel senso che tendo a mantenere un certo linguaggio filmico che poi si adatta alla trattazione. Per me la regia è un po’ come la scrittura, ognuno sviluppa un suo stile peculiare, dopo questo ovvio tratta ogni argomento diversamente ma con la propria scrittura tipica. Io la vedo così, anzi io la vivo così. Fare regia nel mio personale vissuto significa tessere con un filo una serie di tessuti in un unico vestito, per essere bello questo vestito ha bisogno della perizia di uno o più, ma le cuciture devono essere ben fatte e resistenti, anche se non grossolanamente visibili… Amo “impormi artisticamente” come presenza riconoscibile ma non invasiva… ...A Marco Fabbro sulle produzioni giovanili Laureato presso la facoltà di Scienze e Tecnologie Multimediali dell'Università di Udine con sede a Pordenone. E' stato aiuto regista ma anche co-sceneggiatore e autore del soggetto del mediometraggio "La Scelta" prodotto dal Laboratorio Audiovisivi Friulano di cui è vicepresidente. Ha firmato inoltre la co-regia del Backstage del festival internazionale "Le Voci Dell'Inchiesta" proiettato nella serata di chiusura alla presenza del regista di "Diaz", Daniele Vicari. Inoltre ha co-diretto e co-sceneggiato la web series "Arrivederci Mr. Coat" divenuta famosa in regione e proiettata al Cinema Visionario di Udine. Paola - Dov’è il cinema giovane, il cinema del ricambio così necessario per riconciliarsi con i tempi, per raccogliere nuove idee, per mettersi al passo di una generazione in “attesa”? In questa sala d’attesa che si sviluppa il processo di 10 blocco delle idee ,a Marco Fabbro il compito di spiegarci le cause: Marco: Io ritengo che il principale problema stia nel fatto che le case di distribuzione o di produzione hanno poco coraggio e non credono in progetti innovativi e in nuove idee, e quindi in un cinema giovane fatto per i giovani. Fondamentalmente soprattutto in Italia si punta sul botteghino sicuro, su film che pur non essendo eccelsi hanno un cast di richiamo, una regia di richiamo e la solita storiella comica o drammatica che nonostante tutto porta molti spettatori nelle sale. Io per esempio mi chiedo: “Quando mai vedremo un film italiano di fantascienza o di avventura o di genere fantastico al cinema?”. Certo nel nostro paese forse non abbiamo abbastanza denaro per avere delle produzioni che supportino un tale genere di film, ma io penso che la forza delle idee sia più potente di ogni mezzo tecnico. E a proposito di mezzi tecnici in quest’ultimo periodo la tecnologia digitale ha fatto dei notevoli passi in avanti e si può raggiungere una qualità paragonabile alla pellicola con dei macchinari come VideoReflex e Camere Red con un incredibile risparmio economico. Vedo che molti giovani registi cercano, appunto avvantaggiati dalla nuova tecnologia, di provare a mettersi in gioco e cercare visibilità sia nel nostro paese che all’estero. Le idee penso che ci siano. Sul web, dove ognuno ha la possibilità di rendere visibile il proprio lavoro, ho visto ragazzi di 20-22 anni realizzare dei progetti veramente interessanti con produzioni low budget o nella maggior parte dei casi autoprodotti. Alcuni riescono a raggiungere una visibilità notevole, altri invece finiscono nel dimenticatoio ma fatto sta che molti filmmakers si mettono in gioco esprimendo il cinema che a loro piace cercando di trasmettere la propria sensibilità allo spettatore. Mi piace vedere come molti giovani cercano di sfruttare qualsiasi mezzo di diffusione di massa per cercare di esprime le proprie idee e il proprio linguaggio cinematografico senza censure, cercando di emergere utilizzando i mezzi a basso costo di ripresa e di diffusione, per rendere visibile il proprio lavoro sperando in una chiamata dai piani alti. Quindi secondo me la soluzione sta nel credere di più nel cinema indipendente, cercare di lamentarsi di meno, rimboccarsi le mani e fare il meglio possibile con i budget a disposizione e soprattutto salvaguardare le proprie opere nazionali dando più distribuzione alle nostre produzioni più meritevoli al posto di prodotti americani di bassissimo livello come i cosiddetti film pop-corn. Vedo alla Francia, dove nelle sale cinematografiche è obbligatoria una maggiore distribuzione di film francesi invece che produzioni straniere. In quest’ultimo periodo si è notato un notevole incremento della distribuzione francese in sala e questo succede appunto perché il cinema francese ed in generale la cultura sono sostenuti dal proprio paese che dà la possibilità ai registi emergenti di esprimere tutte le loro potenzialità. D’altra parte c’è da dire che ovviamente non tutti i giovani esperti nel settore cinema si danno da fare e molti stanno fermi a lamentarsi aspettando che cada “la manna dal cielo”. Purtroppo i miracoli non esistono e a meno che non ti dai da fare, tiri fuori il coraggio che hai in te, metti la tua faccia su un tuo prodotto bello o brutto che sia e cerchi di proporti in continuazione in concorsi, festival o a produttori di cinema indipendente, non potrai mai fare quel salto in più che ti dia la possibilità di continuare a fare cinema ad un livello superiore. Fa sorridere sentire persone che dicono: “Solo in America si può aver successo!” come se gli USA fossero “il paese dei balocchi” per il cinema. 11 Questo non è vero. Certo in America ci sono più produttori, più aziende private che investono sul cinema ma per la legge dei grandi numeri di conseguenza c’è anche più concorrenza, più scuole di cinema che sfornano ogni giorno cineasti più o meno bravi e quindi alla fine le stesse difficoltà che un’aspirante regista può trovare in Italia le può trovare anche in America con differenti modalità. Quindi per riuscire ad affacciarsi su un meritevole palcoscenico nazionale sostanzialmente c’è bisogno della volontà e del sacrificio dei giovani cineasti che devono essere pronti a tutto per esprimere le proprie emozioni attraverso il mezzo audio-visivo e dall’altra parte ci deve essere la fiducia del proprio paese e in generale delle aziende cinematografiche nell’investire nel cinema giovane fatto di nuove idee e nuovi mezzi tecnici. In conclusione auguro a tutti coloro che decidano di intraprendere questo cammino tortuoso e costantemente in salita ma incredibilmente appassionante e sempre pieno di emozioni, che i propri sogni e le proprie ambizioni si possano realizzare con la costante volontà di fare buon cinema. Paola: Ti chiedo ancora se sei disposto ad accettare il compromesso del mercato? in questo credo gli Stati Uniti abbiano fatto scuola, l'Italia riusciva ancora a ribaltare le cose a favore dell'artista quindi il regista proponeva e si propone...tu accetti la tolleranza verso le richieste di mercato? es: come se a un autore pittore si dicesse : ti lasciamo dipingere purchè tu indirizzi la visione verso...qui, li, là a secondo dove troviamo la scatola di biscotti o il gelato, un tempo esplicita la pubblicità entrava in campo proponendo il prodotto, ora ti propone un'idea che ti porterà ad acquistare o a non pensare etc. Insomma l'uso visionario dell'arte cinema ai fini esclusivi di un mercato è leggittimo? Va difeso il diritto all'arte ? o è solo una scelta di lavoro? il web premia i migliori o chi sa far usare i tasti "mi piace" Marco: Io credo che l'arte cinematografica debba essere protetta nelle sue diverse forme artistiche c'è da dire che il regista, ormai ,a meno che non investa una buona parte del proprio denaro in un film, è sempre vincolato dalle esigenze dei grandi produttori. Penso che non esisteranno mai più tempi come quando Fellini arrivava sul set ed improvvisava la messa in scena senza che il produttore sapesse neanche la trama definita del film. Al giorno d'oggi il produttore influenza più che mai la realizzazione di un film, soprattutto nelle grandi produzioni. Come dicevo prima se il produttore investe una grande quantità di denaro ovviamente vuole guadagnare il più possibile e per evitare un "flop" al botteghino impone al regista di scegliere un determinato attore/attrice di richiamo e addirittura può fare delle variazioni sulla sceneggiatura. Ricordo la scena iniziale di "The Majestic" con Jim Carrey in cui viene fatto vedere come anche lo sceneggiatore è succube dei produttori. Quindi soprattutto in America al giorno d'oggi l'arte come forma espressiva è molto influenzata dal "sistema cinema" però ci sono anche diversi autori che non si lasciano imporre certi schemi. Io ho avuto la fortuna di svolgere un workshop con Dante Spinotti, direttore della fotografia de "L'Ultimo dei Mohicani", e spiegava come in America il potere dei produttori è enorme però ci sono alcuni registi come per esempio Michael Mann che non ritengono giusto questo monopolio e cercano di fare cinema senza troppe influenze esterne. Ovviamente però questo comporta che i registi stessi finanzino, in maggior parte,il proprio film. Sarò sincero, qualora riuscissi ad entrare nel sistema cinema ,visto i tempi che corrono, cercherei di trovare un compromesso. Ovvero se si tratta di scelte di attori o attrici o della troupe potrei accontentarmi delle scelte del produttore tranne nel caso in cui queste scelte compromettessero la storia del film. Se un produttore invece mi proponesse un progetto per mettere in evidenza quasi 12 esclusivamente un personaggio che ha influenzato delle questioni politiche di un partito come tra l'altro sarà realizzato proprio qua in Friuli ( chi vuole intendere intenda ) allora io regista non accetterei una tale proposta. Nonostante tutto io ritengo che alla forma d'arte non si debba mai porre troppi limiti perchè comunque un vero artista pensa alla propria opera come se fosse in qualche modo "la propria creatura" e ritengo anche che debba essere protetta in tutti i modi. Poi si sa dipende dalle persone, c'è chi sente di essere un'artista e quindi esprime una parte di sè attraverso il mezzo audio-visivo e c'è chi lo ritiene semplicemente il lavoro che gli riesce meglio. Però purtroppo penso che le cose non cambieranno facilmente. Per quanto riguarda la questione web il discorso diventa veramente complicato. E' vero ci sono anche nel web le cosiddette " lobby", le star del web che hanno capito come sfruttare il sistema intrattenendo e facendo "spettacolo" sul vostro schermo del computer. Queste "star" sono sicuramente più visibili di chiunque altro però comunque il web non censura niente, non pone limiti per cui ognuno può esprimere la propria arte e "vendere" il proprio prodotto nei modi che ritiene più opportuni. E' un pò come nella distribuzione di film nelle sale. C'è chi ha il monopolio della distribuzione come l'America e chi è invece meno visibile ma cerca in varie varianti pubblicitarie di far notare il proprio prodotto. Solo che nel web questo succede senza restrizioni. Ognuno è libero di esprimere quello che vuole. Questo però comporta un problema, ovvero che se il web è libero ci possono essere anche molti prodotti scadenti dato che non c'è selezione quindi sta allo spettatore fare questa selezione diventando una sorta di produttore dando la tanta agognata visibilità. C'è chi sfrutta solo questo mezzo e c'è chi come le "web star" sfruttano quest'ultimo mezzo ed in più altri meccanismi come sponsor e partnership. Purtroppo quando si tratta di fare business a nessuno vengono date le stesse possibilità come si crede. Comunque nonostante tutte queste difficoltà che un aspirante regista o filmmaker possa incontrare lungo il suo percorso confido sempre nella speranza che il vero talento o il prodotto realizzato nel modo migliore in qualche modo riesca sempre a trovare una forma di successo, l'importante è cercare sempre di realizzare e quindi realizzarsi cercando di non farsi influenzare troppo e percorrendo la propria strada fino alla meta prefissata. Il film documentario nell'era digitale Intervista a Andrea Camerotto 13 Andrea Camerotto appassionato cineamatore documenta i suoi viaggi con grande professionalità ed empatia per luoghi e popoli incontrati. DEFINIZIONE DI FILM Nel suo statuto, all’art. 1, la Fiaf (Fédération Internationale des Archives du film), definisce il film nel modo seguente: “Per film occorre intendere ogni registrazione di immagini in movimento, con o senza accompagnamento sonoro, quale che sia il supporto: pellicola cinematografica, nastro video, videodisco, od ogni altro procedimento conosciuto o da inventare”. Poniamo alcune domande a Camerotto Andrea fotografo viaggiatore e regista di video documentari di viaggio D 1) Qual è la tua posizione nei confronti della distinzione tra film di finzione e film documentario? R-Provenendo dalla fotografia e con la passione dei viaggi, dello sport, dell'avventura e degli spazi aperti è naturale che sia maggiormente interessato al film documentario rispetto al film di finzione. Prediligo certamente un film in cui si documenta la natura, gli animali, le città, le popolazioni, le situazioni che l'essere umano si è costruito attorno al suo mondo (come le tradizioni, le feste religiose, i momenti di socialità , i giochi) ed ogni altro momento della sua vita. Pertanto come nella fotografia, che con uno scatto si ferma un momento, anche nelle riprese video prediligo il fissare una azione, talvolta irripetibile. D 2) Nel film documentario le immagini del reale hanno il ruolo di testimonianza ? R-In un film documentario le immagini certamente hanno un ruolo di testimonianza della realtà anche se talvolta per raggiungere l'obiettivo del documentario è necessario "forzare" alcune situazioni che, con la presenza dell'operatore potrebbero venire compromesse. Così che in determinate situazioni la ripresa viene effettuata da automatismi o videocamere fisse/nascoste comandate a distanza. Non si spiegherebbero altrimenti riprese video molto ravvicinate di animali o fenomeni naturali molto pericolosi. Molto spesso però la ripresa video nasconde volutamente alcuni particolari a favore di altri. In tal caso la testimonianza potrebbe sembrare incompleta ma è sicuramente funzionale alla rappresentazione che si vuol dare. 14 Quindi le riprese del film documentario creano emozioni, positive o negative che siano, perché testimoniano il mondo reale che ci circonda. Questo modo di operare si esprime al meglio nel "reportage" in cui si evidenziano maggiormente le fasi emotive che provocano le riprese dell'evento. D 3) L’uomo che ruolo ha nella realizzazione di un documentario, è solo un braccio che aziona una macchina? O nella realizzazione si tralascia un lavoro produttivo e quindi di fatto il compimento di un prodotto manipolato? R-La macchina e le attrezzature connesse sono esclusivamente in funzione del progetto che si vuol realizzare. E' sempre l'essere umano, con la sua sensibilità e conoscenza, che aziona la macchina al fine di realizzare immagini che ha precedentemente catturato con i suoi occhi. Secondo me, anche nel "reportage", che è l'esempio massimo della immediatezza delle immagini riprese, è sempre l'occhio dell'operatore che elabora la scena e prontamente decide quando azionare la macchina da ripresa, trascurando talvolta i canoni classici della fotografia/video: la nitidezza, la velocità ed il diaframma. Nel film documentario la scelta delle immagini per la costruzione del progetto prefissato hanno certamente un processo più lento, legato alla luce, alle condizioni atmosferiche, alle stagioni e alla ripetitività delle azioni della natura o dell'essere umano. Tutte le riprese che vengono effettuate sono parte di un lavoro più ampio che vuol rappresentare la realtà della natura, che vuol divulgare situazioni ai più sconosciute, che vuol raccontare momenti di vita vissuta. D 4) Il montaggio quanto rispecchia e rispetta il ruolo di testimonianza nei film documentari? R-Per la creazione di un film documentario il montaggio finale è fondamentale non per manipolare la realtà del racconto ma per renderlo più fruibile. I silenzi di un deserto o i rumori di una foresta vengono certamente resi più emozionanti se accompagnati da una musica adeguata. La confusione di una folla è sicuramente più comprensibile se supportata da una voce narrante che ne spiega le ragioni. I tagli e le dissolvenze fra le diverse inquadrature non offuscano la veridicità della testimonianza del film documentario ma ne accrescono l'attenzione e favoriscono la fase emotiva dello spettatore. Certamente c'è anche il rovescio della medaglia, ogni immagine può essere usata anche per scopi di propaganda negativa, mistificando la realtà ed enfatizzando falsità costruite opportunamente per abbindolare gli sciocchi. Ma qui entra in gioco la correttezza e l'etica professionale del videomaker! 15 D 5) Il film documentario nell’era digitale secondo te ha avuto un incremento? R-Sicuramente l'attrezzatura ed i supporti digitali hanno dato un forte impulso alla realizzazione di film documentari principalmente per la facilità di realizzazione degli stessi anche in campo amatoriale. Il passaggio dalle vecchie cineprese a pellicola alle nuove camcorder ha portato notevoli vantaggi agli appassionati di video. La nuova tecnologia, i pesi e le dimensioni contenute hanno permesso così una maggior praticità nell'utilizzo delle attrezzature ed una migliore qualità delle riprese video del film documentario. Inoltre con i sistemi digitali si possono rivedere immediatamente le riprese effettuate dando modo di poter correggere o rifare parte del progetto da realizzare. Ora fare una ripresa ed eseguire il montaggio è diventato molto più semplice ed immediato senza dover ricorrere a laboratori professionali, dando la possibilità ad ognuno di vestire i panni del "regista in erba" e realizzare il proprio film documentario. D 6) Ci racconti la tua esperienza in fatto di film documentario? R-Amando viaggiare per conoscere luoghi e culture diverse da qualche anno ho abbandonato la fotografia per dedicarmi alle riprese video. Ho scoperto che è molto più appagante realizzare un video che racconti situazioni ed eventi a cui ho partecipato con immagini, voci e suoni. Al rientro a casa, dopo il lavoro di montaggio del film, poter rivedere sullo schermo le immagini, i colori e i suoni si provano le stesse sensazioni vissute durante il viaggio. Con queste riprese ritornano alla mente le persone incontrate, le emozioni vissute, le paure e le gioie, che una foto nella sua staticità non riuscirà a trasmettere completamente. Si riesce in tal modo, presentando il film, a trasferire parte delle emozioni anche allo spettatore. (foto di viaggio di Andrea Camerotto) 16 Intervista a Elena Bianconi D- Il nuovo riconoscimento alla Guareschi di Porpetto con “I colori delle emozioni” Così titolava il Messaggero Veneto il 28/12/2012…facciamo alcune domande all’ insegnante che ha curato la realizzazione del video, la prof. Elena Bianconi( socia e partecipante al Video anch’io 2012), Con il video “I colori delle emozioni” la scuola media di Porpetto ha vinto il secondo premio regionale “La cultura della solidarietà vista dai giovani”. La realizzazione del video, curata dai ragazzi con la sua supervisione ha colpito la giuria che ha dato questo parere: «Per la capacità di sintetizzare la dialettica del disagio giovanile/serenità attraverso convincenti soluzioni sceniche e invenzioni cromatiche per concludersi con i colori sgargianti della partecipazione sociale attiva». Vorrei ci parlasse di questa esperienza : R- Questa esperienza è nata un po' per caso quando ci è stato proposto di partecipare al concorso "La cultura della solidarietà vista dai giovani". Lo spot intitolato "Un sorriso in compagnia" è risultato vincitore nel 2011 e sull'onda dell'entusiasmo mio e dei ragazzi abbiamo deciso di partecipare anche all'edizione2012 con lo spot dal titolo "Il colore delle emozioni". Il riconoscimento è stato una bellissima soddisfazione per tutti i ragazzi e gli insegnanti coinvolti. D -1)La telecamera è stata usata dai ragazzi ? Hanno curato anche l’aspetto tecnico, oppure hanno partecipato solo alla sceneggiatura del video? R- ragazzi hanno preso parte principalmente alla fase di progettazione della sceneggiatura: abbiamo analizzato il tema del disagio giovanile, 17 una tra le varie proposte del bando di concorso, descrivendo i diversi sentimenti per mezzo di immagini e atmosfere sonore contrastanti. Siamo partiti da un lavoro verbale di ricerca della definizione di disagio giovanile attraverso l'elenco di emozioni tra cui abbiamo poi scelto insieme quelli più vicine al vissuto quotidiano dei ragazzi. L'obiettivo è stato poi quello di rendere visibile il disagio attraverso l'uso del colore nero coprendo le facce dei ragazzi, immobili, silenziosi, in fila, "chiusi nel loro guscio"; in netta contrapposizione abbiamo creato la seconda scena molto ricca di colori e di movimento a significare la gioia della comunicazione e dell'aprirsi agli altri. D -2)Il video prodotto è stato usato come compendio ad una materia didattica o è stato considerato quale mezzo di comunicazione sviluppando quindi l’aspetto creativo? R - La produzione del video è stata inserita nel percorso didattico di educazione musicale che è la mia materia di insegnamento. Abbiamo cercato di sottolineare la negatività dei sentimenti descritti nella prima parte del video attraverso musica eseguita dagli alunni stessi. Personalmente amo in modo particolare l'utilizzo di oggetti di recupero o costruiti dai ragazzi per svolgere attività musicali. In questo caso abbiamo creato un'atmosfera sonora particolarmente inquietante soffiando in alcune bottiglie di plastica: il "cluster" sonoro si è rivelato particolarmente efficace per sottolineare l'atmosfera di inquietudine della prima parte dello spot ed è stato spunto per svolgere in classe un lavoro specifico sulle vibrazioni sonore. D -3)Secondo lei può, la tecnica video, affiancare i libri, il computer , può contribuire alla formazione culturale dello studente? R -Sicuramente la tecnica video può essere di notevole aiuto nella formazione della personalità e nello sviluppo delle capacità comunicative ed artistiche: i ragazzi sono costantemente immersi in un mondo fatto fondamentalmente di immagini, in cui però non hanno possibilità di intervenire e di cui fruiscono in genere passivamente. Poter intervenire direttamente nelle scelte di realizzazione dello spot secondo me ha permesso di prendere coscienza della forza del linguaggio visivo e di come questo possa essere usato per trasmettere messaggi di cui molto spesso non ci rendiamo conto (mi riferisco in particolare all'uso pubblicitario) D -4)In un mondo in cui l’immagine è tutto, ovvero” tutto è immagine” quanto è stata importante la sceneggiatura? R - La sceneggiatura è stata particolarmente importante ed impegnativa: avendo come obiettivo prioritario quello di coinvolgere tutti i ragazzi è stato indispensabile cercare soluzioni sceniche di facile realizzazione e vicine alle loro capacità di interpretazione e di esecuzione. Sono partita dalle loro idee ed 18 ho cercato di renderle visibili attraverso modalità comunicative a loro vicine. Per me è stato particolarmente importante rispettare l'individualità di ogni alunno permettendo a ciascuno di scegliere liberamente quale ruolo avere nel lavoro: alcuni si sono dimostrati più partecipi nella fase di verbalizzazione e progettazione, altri in quella della realizzazione dello spot, altri ancora hanno collaborato alla realizzazione scenica. Ci tengo particolarmente a precisare che tutti i ragazzi compaiono nel video in quanto coinvolgere tutti gli alunni, indipendentemente dalle capacità, è un obiettivo prioritario nell'attività scolastica. D - 5)Per concludere: far partecipare i ragazzi alla realizzazione di un video, fiction o documento può far crescere la consapevolezza, la capacità di discernere tra gli infiniti messaggi divulgati dalla rete, televisione, cinema etc. Nell’appropriarsi del mezzo c’è stato il rischio di un adattamento ai tempi in forma passiva e rassegnata … o c’è stata partecipazione creativa? R - Purtroppo i tempi scolastici a cui eravamo vincolati non hanno permesso di coinvolgere gli alunni in tutte le fasi della realizzazione del video: la sceneggiatura è stata creata come lavoro di gruppo in cui ognuno ha dato il suo contributo con idee molto originali. Per quanto riguarda il titolo dello spot i ragazzi hanno fatto proposte molto personali e differenziate: mi ha colpita molto il fatto che, pur di fronte alle stesse immagini, ognuno cogliesse caratteristiche diverse a cui far riferimento per la scelta del titolo. Il messaggio visivo è sempre molto forte e diretto e di questo i ragazzi, ma molto spesso anche gli adulti, non sono consapevoli: lavorare alla realizzazione di uno spot sicuramente ha permesso a tutti di riflettere sulle potenzialità espressive dell' immagine fornendo strumenti e spunti per individuare ed osservare con senso critico gli stimoli a cui, consapevolmente o meno, siamo quotidianamente esposti. Astrocinema intervista a Giulio Pasqualin 19 le foto sono di Giulio Pasqualin P. Chesley Bonestell è stato un artista, pittore e illustratore statunitense. I suoi dipinti hanno avuto una grande influenza sull'illustrazione astronomica e di fantascienza e contribuirono a ispirare il programma spaziale statunitense. Fu uno dei pionieri dell'arte astronomica, insieme con l'astronomo e illustratore francese Lucien Rudaux, e perciò fu soprannominato "padre della moderna arte spaziale". Chiediamo a Giulio Pasqualin di Premariacco studente al Dams di Gorizia di spiegarci come si possa 20 accordare il cinema e l’astronomia. D -1) E’ possibile l’utilizzo di immagini astronomiche per una realizzazione filmica o viene usata la forma creativa di un singolo regista per reinventarsi un mondo apparentemente fuori dal mondo? R -)E' possibile usare nei film immagini o filmati astronomici, basti pensare alla Luna che, data la sua vicinanza alla Terra, ci permette un' agevole ripresa. O alla via Lattea, molto ben individuabile e fotografabile sotto cieli bui. è anche vero però che molto spesso si tende a creare immagini e scenari al computer, ad oggi per altro molto realistici, anche se alcune riproduzioni del cielo stellato con comete che lo attraversano sono davvero poco credibili, più che altro per la disposizione delle stelle che è puramente casuale(non formano costellazioni) Teoricamente si potrebbe anche fare alcune riprese, sono state fatte, a bordo di shuttle o sulla stazione orbitante, ma un vero film con attori, luci e ben altri tipi di macchine credo sia davvero un ardua impresa, per il costo, l' ingombro, i permessi e gli allenamenti che il corpo umano deve sopportare per poter andare nello spazio. D -2) Quali sono i mezzi utili per un’escursione cinematografica nell’universo? R -)Qui purtroppo il video ci consente di riprendere realmente poco dell'Universo, infatti si riesce agevolmente a riprendere la Luna(che ho ripreso con telescopio ottenendo risultati molto buoni) a focale di 1200 mm per avere un apprezzabile dettaglio sui crateri, ma generalmente con una telecamera con uno zoom ottico di 20x si ha dei discreti risultati. Avendo una telecamera, questo è il massimo che possiamo riprendere, con una reflex invece possiamo filmare più o meno agevolmente anche Saturno e Giove ma duplicando o triplicando la focale. L' alternativa qui è quella di prendere una "telecamera" planetaria 21 ma sarebbe utilizzabile solo con telescopio e quindi inutile per tutto il resto delle attività di un filmaker. ( anche il Sole può essere filmato tramite appositi filtri, molto costosi per schermarne la sua enorme luminosità) D -3) Tu sei un appassionato di immagini astronomiche , quale è per te il miglior film realizzato su questo tema ? R -)Ritengo che il miglior film, o meglio quello che mi ha affascinato di più sia 2001 Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick( il mio regista preferito) che per l'epoca in cui è stato fatto(uscito nel 68 ma in lavorazione da 5 anni) è davvero incredibile, basti pensare che la Nasa ha fatto i complimenti a Kubrick e la troupe per aver realizzato qualcosa di estremamente vicino alle condizioni che si sarebbero verificate nello spazio. L'accuratezza dei modellini 3D costruiti ad hoc per il film è ineguagliabile e degna di nota. D -4) Si può divulgare l’astronomia attraverso l’arte del cinema ? R -)Attraverso il cinema credo sia difficile, perché generalmente le immagini astronomiche vengono utilizzate per impressionare lo spettatore, ma attraverso un documentario, ad esempio sulla formazione dell'universo e quant'altro, credo possa avvicinare menti curiose a questa bellissima passione. D -5) Alcuni film: 2001 Odissea nello spazio, Contact, Mission to Mars ,l’Universo Elegante etc. sono film che approfondiscono in forme diverse le tematiche dell’uomo al cospetto dell’universo…invece il tuo film Giulio quello che vorresti fare, terminati gli studi , quanto rientra in questo argomento? R -)Mi attrae molto l'infinitesimale grandezza dell'uomo al cospetto dell'Universo e mi piacerebbe trattare questo argomento in un film, per ora sto sperimentando, domani chissà. (Dal Sito http://nuke.laboratorio-audiovisivi-friulano.it/HOMEPAGE/tabid/58/Default.asp elaborato da Paola Lirusso)