03 183-188 - Recenti Progressi in Medicina

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03 183-188 - Recenti Progressi in Medicina
Oggi
Vol. 97, N. 4, Aprile 2006
Pagg. 183-188
Recenti progressi in tema di aterotrombosi
Felicita Andreotti1, Alberto Lavorgna1, Giulio Coluzzi1, Francesca Marzo1,
Silvia Cecchetti1, Elena Conti 2, Richard C Becker3
Riassunto. Nuovi concetti nel campo delle malattie aterotrombotiche comprendono la capacità dell’organismo di riparare aree di danno vascolare tramite meccanismi endogeni
di rigenerazione e l’identificazione di forme infrequenti di trombofilia arteriosa in gruppi selezionati di pazienti. I fattori endogeni eritropoietina e insulin-like growth factor-1
stanno emergendo come solidi elementi di difesa contro le alterazioni emostatiche e vascolari che caratterizzano l’aterotrombosi. Entrambi attivano la via intracellulare dell’Akt e la biosintesi dell’isoforma costitutiva di ossido nitrico, che contrasta i processi di
degenerazione e di occlusione arteriosa attraverso effetti antiapoptotici, insulino-sensibilizzanti, vasodilatatori, antinfiammatori, antiossidanti e antiaggreganti. Eritropoietina e insulin-like growth factor-1 stimolano inoltre la mobilizzazione di cellule staminali
che, differenziandosi, possono rallentare la progressione verso la patologia aterotrombotica contribuendo a una completa restitutio ad integrum di aree di danno vascolare. Tra
i pazienti colpiti da evento trombotico arterioso riteniamo sia indicata la ricerca di forme
infrequenti di trombofilia, acquisita o ereditaria, in presenza di almeno una delle seguenti
caratteristiche: giovane età, tromboembolia ricorrente, assenza dei tradizionali fattori di
rischio vascolari, metabolici o acquisiti, e assenza di stenosi arteriose significative. All’interno di questi gruppi, e nei pazienti con forte familiarità per trombosi arteriosa, la
prevalenza di diversi polimorfismi funzionali di geni coinvolti nell’emostasi risulta maggiore rispetto ai controlli. Forme di trombofilia acquisita da ricercare sono la sindrome da
anticorpi antifosfolipidi, il lupus eritematoso sistemico e i disordini mieloproliferativi.
Parole chiave. Aterosclerosi, cellule progenitrici, fattori di crescita, trombofilia ereditaria e acquisita, trombosi arteriosa.
Summary. Recent advances in atherothrombotic diseases.
New concepts in the field of atherothrombosis include the human potential to repair
and regenerate areas of vascular damage through endogenous growth factors, and the
identification of uncommon arterial thrombophilias that promote atherothrombosis. The
endogenous factors erythropoietin and insulin-like growth factor-1 are emerging as robust opponents of the vascular and hemostatic alterations that occur in atherothrombosis. Both factors activate the intracellular Akt pathway and the biosynthesis of constitutive nitric oxide, with antiapoptotic, insulin-sensitizing, vasodilator, anti-inflammatory,
antioxidant and antiplatelet effects, all of which oppose arterial degeneration and occlusion. Additionally, erythropoietin and insulin-like growth factor-1 induce the mobilization
of stem cells that can differentiate and repair areas of vascular damage thereby halting
the progression towards established disease. In selected patients with an arterial thrombotic event, we believe it is justified to search for an uncommon acquired or inherited
thrombophilic condition in the presence of at least one of the following: young age, recurrent events, lack of traditional metabolic or acquired vascular risk factors, and no significant artery stenoses at angiography. In these groups of patients, and in those with a
marked family history of thrombosis, the prevalence of several functional polymorphisms
of genes involved in the hemostatic system is significantly higher compared with controls.
Acquired thrombophilias that should be searched for include the antiphospholipid syndrome, systemic lupus erythematosus, and myeloproliferative disorders.
Key words. Arterial trombosis, atherosclerosis, growth factors, inherited and acquired
thrombophilias, progenitor cells.
1 Istituto di Cardiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 2 Cattedra e Unità Operativa Complessa di
Cardiologia, II Università La Sapienza, Roma; 3 Cardiovascular Research Center, Duke University, Durham, NC, USA.
Pervenuto il 24 febbraio 2006.
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eritropoietina)7 e successivi eventi ischemici cardiovascolari; e l’assenza di benefici clinici dopo somministrazione di analoghi della somatostatina
In Europa, la patologia aterotrombotica è re(inibitori dei fattori di crescita) in pazienti affetsponsabile di oltre la metà dei decessi al di sopra
ti da cardiopatia ischemidei 65 anni: circa la metà
ca3. Poiché il danno e l’idi questi deriva direttamente da processi di ateschemia
tessutale posAlcuni concetti interessanti, emergenti nelrotrombosi delle arterie
sono determinare un aul’ambito delle malattie aterotrombotiche, sono:
coronariche e un altro
mento delle concentra1) la capacità dell’organismo di riparare le
20% da quella delle artezioni plasmatiche di vari
aree di danno arterioso mediante restiturie cerebrali1. Nonostante
fattori di crescita, è protio ad integrum, grazie alla mobilizzaziol’elevata prevalenza di
babile che gli elevati line e differenziazione di cellule staminali,
2) l’identificazione di condizioni acquisite o
questa patologia, molti
velli circolanti di questi
ereditarie poco frequenti che predisponaspetti restano ancora pofattori durante la fase
gono alla trombosi arteriosa (trombofilia
co chiari.
acuta di malattia ateroarteriosa)2.
trombotica rappresentino una reazione secondaAterotrombosi
ria al danno tessutale
e cellule progenitrici
piuttosto che elementi
causali per l’insorgenza della malattia stessa2. In
futuro rimane da chiarire se la stimolazione del
L’apoptosi delle cellule dell’intima e della mepotenziale rigenerativo individuale possa effettidia è un fenomeno distruttivo per la parete vavamente ridurre l’incidenza di malattie ateroscolare arteriosa e pertanto contribuisce a protrombotiche.
muovere lo sviluppo di aterosclerosi e trombosi2,3.
Per contro, la capacità della parete arteriosa di
recuperarsi, cioè di contrastare l’apoptosi e di auTrombofilia arteriosa
to-ripararsi in maniera rapida e completa di fronte a un’eventuale lesione, sta emergendo come
possibile elemento cruciale nella prevenzione dei
Sebbene meglio caratterizzata nel campo della
disturbi aterotrombotici.
tromboembolia venosa, il concetto di trombofilia è
Il recupero dell’endotelio disfunzionale è stato
un’area di intenso interesse anche nell’ambito delmesso in relazione al numero di cellule progenitrici
l’aterotrombosi: in questo contesto la ricerca ha in(CP) circolanti4, essendo queste in grado di differendividuato forme ereditarie e acquisite che possono
anche coesistere nello stesso individuo (tabella 1)2.
ziarsi e di riendotelizzare le aree vascolari danneggiate da insulti chimici, meccanici o autoimmuni5. Il
numero di CP, a sua volta, dipende dalla capacità del
midollo osseo o di altri tessuti di produrre e immettere nel sangue le cellule staminali/progenitrici.
Questo processo avviene in risposta a fattori di crescita, quali il vascular endothelial growth factor
(VEGF), l’eritropoietina e l’insulin-like growth factor-1 (IGF-1)2,3,5. Studi recenti indicano che la mobilizzazione di CP dal midollo osseo richiede la nitrossido-sintasi endoteliale2. È possibile, quindi, che il
nitrossido (tipicamente ridotto negli stati aterotrombotici o in presenza dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare)2 e i fattori che stimolano i precursori cellulari contribuiscano a rallentare il processo aterotrombotico promuovendo il recupero della
parete vascolare lesa (figura 1).
Diversi elementi concorrono indirettamente a
sostenere che la rigenerazione vascolare sia un
efficace meccanismo di prevenzione dell’aterotrombosi. Tra questi, il riscontro di una relazione
Figura 1. Ipotetico equilibrio fra danno e rigenerazione cardiodiretta tra una buona funzione endoteliale e il
vascolare. I fattori di rischio cardiovascolare (associati a ridunumero di cellule progenitrici endoteliali circozione di NO e di cellule progenitrici) possono determinare danno cellulare e apoptosi (1). La biodisponibilità di cellule stamilanti2; la maggiore incidenza di morte per cause
nali potrebbe essere implicata nel recupero della parete
cardiovascolari tra i pazienti con malattia corovascolare lesa (2) , arginando l’aterotrombosi (3) e le sue consenarica che presentano bassi livelli di cellule proguenze (4). L’infarto miocardico induce la produzione di fattori
6
genitrici endoteliali circolanti ; l’effetto protettivo
di stimolo midollari (5), che presumibilmente sono coinvolti nel
recupero del tessuto leso. EPO indica eritropoietina, IGF-1, indel VEGF contro la restenosi arteriosa2; la corresulin-like growth factor-1; NO, ossido nitrico; VEGF, fattore di
lazione in studi prospettici tra ridotti livelli circrescita endoteliale vascolare. Modificata da: Andreotti F,
3
colanti di IGF-1 o insufficienza renale (quadro
Becker RC. Circulation 2005; 111: 1855-63.
caratterizzato da ridotta sintesi di IGF-1 e di
Introduzione
F. Andreotti et al.: Recenti progressi in tema di aterotrombosi
185
Tabella 1. - Condizioni predisponenti alla tromboembolia.
Venosa
Arteriosa
Ereditarie
Ereditarie
1. Polimorfismi genici del sistema emostatico:
a. Fattore V di Leiden (G1691A)
b. Variante G20210A della protrombina
c. Varianti dei fattori VIII, IX e XI
2. Deficienza di antitrombina, proteina C, proteina S
3. Disfibrinogenemia
4. Familiarità per trombosi venosa
5. Omocistinuria e variante MTHF C677T
6. Vene varicose
Fisiologiche
1. Gravidanza, puerperio
2. Età
1. Polimorfismi genici del sistema emostatico:
a. Fattore V di Leiden (G1691A)
b. Variante G20210A della protrombina
c. Varianti di fibrinogeno, fattore VII, PAI-1
d. Glicoproteina IIIa (Leu33Pro)
2. Familiarità per trombosi arteriosa
3. Omocistinuria
4. Dislipidemie congenite
Fisiologiche
1. Sesso maschile (prima dei 65 anni)
2. Età
Ambientali
1. Chirurgia, traumi, immobilità
2. Contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva
3. HIT
4. Agenti antifibrinolitici, concentrati di protrombina
5. Setticemia
Altre
1. Pregressa tromboembolia venosa
2. Obesità
3. Neoplasie
4. Anticorpi antifosfolipidi, LES
5. Policitemia vera, trombocitemia essenziale
6. Insufficienza cardiaca congestizia
7. Sindrome nefrotica
8. Malattia di Behçet, altre vasculiti
9. Emoglobinuria parossistica notturna
Ambientali
1. Fumo, uso di cocaina
2. Contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva
3. HIT
4. Agenti antifibrinolitici, concentrati di protrombina
5. TTP indotta da tienopiridine
Altre
1. Pregressa tromboembolia arteriosa
2. Aterosclerosi, vasculiti
3. Ipercolesterolemia, sindrome metabolica, diabete
4. Insufficienza cardiaca congestizia, insufficienza renale
5. Fibrillazione atriale
6. Anticorpi antifosfolipidi, LES, artrite reumatoide
7. Policitemia vera, trombocitemia essenziale
8. Anemia a cellule falciformi, macroglobulinemia
9. Neoplasie
Legenda: MTHF indica il gene della metilenetetraidrofolato reduttasi; HIT, trombocitopenia eparina-indotta; TTP,
porpora trombotica trombocitopenica; LES, lupus eritematoso sistemico.
FORME EREDITARIE
Si ritiene comunemente che la trombosi arteriosa sia poco influenzata da variazioni congenite
dei fattori emostatici. D’altra parte, l’importanza
del sistema coagulativo nello sviluppo della trombosi arteriosa è suggerito dalla superiorità dell’associazione tra anticoagulanti orali e aspirina (rispetto all’aspirina da sola) nella prevenzione secondaria delle sindromi ischemiche acute8. Un
altro elemento di supporto è il riscontro, tra le donne portatrici di emofilia A (che presentano una lieve ipocoagulabilità associata a ridotti livelli del
fattore VIII della coagulazione), di un ridotto rischio di morte, sia coronarica che non, rispetto alla popolazione femminile generale9.
Con crescente frequenza stanno emergendo
dati relativi a pazienti affetti da trombosi arteriosa in cui la prevalenza di polimorfismi funzionali di geni coinvolti nel sistema emostatico è significativamente maggiore rispetto ai soggetti di
controllo10-20 (tabella 1). Tali studi riguardano pazienti con una o più delle seguenti caratteristiche: giovane età10-17; sesso femminile15-17; forte fa-
miliarità per trombosi arteriosa19; assenza di malattie predisponenti note (si veda oltre) o dei classici fattori di rischio metabolici e acquisiti18,19 o di
significative stenosi arteriose all’esame angiografico12,18,20.
Il fatto che gli studi condotti su casistiche non
selezionate di pazienti colpiti da aterotrombosi
non abbiano riscontrato una frequenza significativamente aumentata di vari polimorfismi genici
(tabella 1) rispetto ai controlli, non è sorprendente2,13,18. All’interno di casistiche non selezionate,
infatti, il contributo di una specifica variante genica viene diluito dalla presenza di altre condizioni
protrombotiche a prevalenza ed effetto maggiori
(come l’età avanzata, i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare, altre comorbilità) e dal fenomeno della eterogeneità genetica (per cui diversi “background” genetici possono produrre fenotipi
apparentemente simili). All’interno di gruppi altamente selezionati di pazienti, per contro, la prevalenza di varianti geniche protrombotiche può aumentare fino a 5 volte rispetto ai controlli11,12,18,
raggiungendo 12 volte in caso di portatori di difetti multipli14.
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FORME ACQUISITE
Diverse condizioni acquisite (attribuibili a malattie sistemiche, neoplasie, fattori ambientali o effetti collaterali da farmaci) vengono riconosciute
come condizioni predisponenti a eventi trombotici
(tabella 1). Le trombosi provocate da una trombofilia acquisita possono avvenire in qualsiasi distretto (venoso, arterioso e/o nel microcircolo) e
possono causare una “esplosione” o “tempesta” di
eventi trombotici, contemporaneamente o in rapida successione. Una presentazione così devastante è più comune nei soggetti colpiti da trombocitopenia eparina-indotta o nei soggetti colpiti dalla
forma “catastrofica” della sindrome da anticorpi
antifosfolipidi (una microangiopatia trombotica
acuta multiorgano con un tasso di mortalità del
50%)21. In questi casi, una valutazione rapida e un
altrettanto rapido intervento sono vitali per offrire ai pazienti l’esito migliore.
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi
e lupus eritematoso sistemico
La sindrome da anticorpi antifosfolipidi e il lupus eritematosus sistemico (LES) sono malattie
autoimmuni associate ad aterosclerosi e trombosi arteriosa. Il LES è più frequente nel sesso femminile. La diagnosi di sindrome da anticorpi antifosfolipidi si basa su un criterio clinico (presenza di trombosi vascolare o di specifiche
complicanze della gravidanza) combinato a un
criterio di laboratorio (riscontro di anticorpi anticardiolipina IgG/IgM o di anticoagulante lupico,
noti complessivamente come anticorpi antifosfolipidi). La prevalenza di anticorpi antifosfolipidi
viene stimata intorno all’1-5% nella popolazione
giovanile apparentemente normale21. Tale percentuale sale con l’età e con la coesistenza di malattie croniche, raggiungendo il 15-30% tra i pazienti affetti da LES. Nel LES, il danno d’organo
o di sistema è causato da autoanticorpi o da depositi di complessi immuni.
Studi prospettici hanno messo in relazione la presenza di anticorpi antifosfolipidi con la successiva
occorrenza di infarto miocardio (IM) e ictus cerebri21.
Studi trasversali hanno descritto una prevalenza di
placche carotidee o di calcificazioni coronariche 2-3
volte maggiore tra i pazienti affetti da LES rispetto
a controlli, indipendentemente dai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare2. Le manifestazioni
trombotiche del LES e della sindrome da anticorpi
antifosfolipidi interessano più comunemente il sistema venoso ma anche il microcircolo o le arterie
del cervello, del cuore e del tratto gastrointestinale21;
qualsiasi organo può essere colpito.
Gli anticorpi antifosfolipidi sono diretti verso
proteine leganti i fosfolipidi e, in particolare, verso
la β2-glicoproteina I plasmatica; le proprietà protrombotiche di questi anticorpi sono estremamente varie, comprendendo la riduzione della proteina
C attivata e dell’antitrombina III, l’inibizione dell’attività anticoagulante della β2-glicoproteina I e
della fibrinolisi, l’attivazione di cellule endoteliali
con espressione di molecole di adesione, l’aumentato legame tra protrombina e superfici biologiche,
l’attivazione e l’aggregazione piastrinica2,21,22.
Giovani pazienti al primo episodio trombotico
dovrebbero essere sottoposti alla ricerca di anticorpi antifosfolipidi21 anche in assenza di un prolungato tempo di tromboplastina parziale attivata (figura 1 a pagina 184). Una terapia anticoagulante con
warfarina di media intensità (international normalized ratio [INR] tra 2,0 e 3,0) è indicata per prevenire episodi ricorrenti di trombosi arteriosa nel lungo termine2.
Malattie mieloproliferative
Le malattie mieloproliferative (policitemia vera, trombocitemia essenziale, leucemia mieloide
cronica e metaplasia mieloide/mielofibrosi) hanno
in comune un’instabilità emostatica che predispone i pazienti affetti (particolarmente quelli con policitemia vera e trombocitemia essenziale) ad
eventi sia emorragici che trombotici23. Trattati con
agenti anti-aggreganti, questi pazienti presentano
un rischio aggiuntivo di emorragie mucocutanee, il
che suggerisce un’anormale formazione dell’aggregato piastrinico23. Le forme primarie di policitemia
e trombocitemia sono associate a un rischio trombotico di gran lunga maggiore rispetto alle forme
secondarie (reattive)2,24.
Nei pazienti con policitemia vera, il rischio di
trombosi è stato attribuito, almeno in parte, all’aumentata viscosità ematica causata dall’aumento dell’ematocrito; quest’ultimo, al contrario,
risulta normale nei pazienti con trombocitemia essenziale23. Sebbene la trombocitosi (>450000 piastrine/mm3) sia una caratteristica di entrambi i disordini e possa contribuire ai disturbi del microcircolo, la correlazione fra conta piastrinica e
trombosi è scarsa23. In entrambe le malattie, le
anomalie piastriniche determinano una ridotta efficacia emostatica, da un lato, e un’aumentata attivazione piastrinica in vivo, dall’altro. È stata descritta una maggiore biosintesi di trombossano A2,
riducibile tramite somministrazione di aspirina a
basse dosi e quindi suggestiva di un’origine piastrinica23. Un recente studio randomizzato in pazienti con policitemia vera ha dimostrato la sicurezza e l’efficacia di basse dosi di aspirina nel prevenire le trombosi, sia venose che arteriose, per un
periodo superiore ai 3 anni2.
DIAGNOSI DI TROMBOFILIA ARTERIOSA
Riteniamo che la trombosi arteriosa meriti di
essere indagata in pazienti giovani o privi di evidenti condizioni che predispongono all’aterotrombosi, analogamente a quanto fatto in passato di
fronte al riscontro di tromboembolia venosa in giovane età o senza causa apparente; ciò, infatti, ha
portato alla scoperta di diverse forme di trombofilia congenita nel distretto venoso (tabella 1).
F. Andreotti et al.: Recenti progressi in tema di aterotrombosi
187
Tra i pazienti con tromPaziente con trombosi arteriosa e con almeno uno delle seguenti condizioni:
bosi arteriosa, la ricerca di
una condizione trombofilica
1. Pregressa trombosi arteriosa
sottostante andrebbe presa
2. Età ≤50 anni se maschio o ≤55 anni se femmina
in considerazione in quei
3. Assenza di stenosi arteriose significative all’angiografia
pazienti in cui è maggiore
4. Età ≤55 anni se maschio o ≤60 anni se femmina senza
la probabilità di una predicausa apparente
5. Età ≤55 anni se maschio o ≤60 anni + forte storia familiare
sposizione genetica o acquisita. Tale screening appare
giustificato in presenza di
almeno uno delle seguenti
Ulteriori valutazioni per:
condizioni: (1) eventi trom– Anticorpi antifosfolipidi:
boembolici ricorrenti; (2)
o Anticoagulante lupico
Ricerca:
giovane età (≤50 anni se
o Anticardiolipina
– Genotipo del fattore V al locus 1691
o Anti-β2glicoproteina
maschi, ≤55 anni se femmi– Genotipo della protrombina al locus 20210
– ET, PV, neoplasie
ne); (3) assenza di stenosi
– Altre varianti geniche funzionali
– Metaboliti della cocaina nelle urine
arteriose significative al– Omocisteinemia
(entro 36 ore dall’insorgenza della trombosi)
l’angiografia; (4) età ≤55 anni se maschio o ≤60 anni se
femmina senza causa appaFigura 2. Possibili criteri per la selezione di pazienti da sottoporre a esami non routinari per la
ricerca di condizioni trombofiliche. ET indica trombocitemia essenziale; PV, policitemia vera.
rente (per es., assenza dei
tipici fattori di rischio cardiovascolare, di malattie sistemiche, di neoplasie, o di
complicanze da farmaci predisponenti alla tromboBibliografia
si); (5) età ≤55 anni se maschio o ≤60 anni se fem1. Fuster V, Goldman L, Bennett JC. Atherosclerosis,
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plasie occulte può richiedere visite e indagini ri7. Andreotti F, Crea F, Conti E. Heart-kidney interacpetute2.
8.
Conclusioni
• Il riconoscimento di meccanismi endogeni
di rigenerazione cardiovascolare e l’identificazione di forme infrequenti di trombofilia
arteriosa in gruppi selezionati di pazienti
costituiscono, a nostro avviso, un progresso
nelle conoscenze relative alle malattie aterotrombotiche.
• È auspicabile continuare a chiarire sempre
meglio la natura dell’aterotrombosi – che resta in molti casi imprevedibile, elusiva, eterogenea e multifattoriale – per ottenere un
trattamento e una prevenzione più efficaci.
9.
10.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Felicita Andreotti
Università Cattolica del Sacro Cuore
Istituto di Cardiologia
Largo Francesco Vito 1
00168 Roma
Email: [email protected]
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