Rassegna stampa 28 giugno 2015

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Rassegna stampa 28 giugno 2015
Il Piccolo 28 giugno 2015 Trieste cronaca Visite osè in Comune, medico cacciato L’ossessione per i piedi femminili gli costa il divieto di esercizio della professione sanitaria e l’accusa di violenza sessuale di Corrado Barbacini. L’ossessione per i piedi femminili gli costa cara. Viene cacciato dal Comune e si ritrova accusato di violenza sessuale. Il protagonista della vicenda giudiziaria è un medico, Fabio Bruzzese, 51 anni. Il suo compito, almeno per conto di Palazzo Cheba, era quello di verificare lo stato di salute dei dipendenti comunali e di conseguenza l’idoneità alla mansione. Secondo il pm Pietro Montrone, però, il medico approfittava di quelle visite per manifestare le sue pulsioni erotico-­‐sessuali indirizzate soprattutto ai piedi delle donne. Il giudice Laura Barresi, al termine dell’indagine condotta dai carabinieri di via Hermet, ha emesso a suo carico il divieto dell’esercizio della professione sanitaria. Il medico, insomma, è stato allontanato dall’ambulatorio del Comune. E accusato, al tempo stesso, di violenza sessuale. L’indagine dei carabinieri è scattata qualche mese fa dopo la denuncia presentata dall’insegnante di una scuola materna che pochi giorni prima si era presentata nell’ambulatorio del medico competente per sottoporsi a una visita obbligatoria per legge. Bruzzese, secondo la denuncia, aveva fatto spogliare l’insegnante e l’aveva fatta sdraiare sul lettino dello studio. A quel punto aveva appoggiato i piedi nudi della donna sulle proprie parti intime. Quindi aveva fatto rialzare la dipendente e si era appoggiato a lei. Una situazione quantomeno imbarazzante per la paziente. In poco tempo, dopo quella segnalazione, i militari sono venuti a conoscenza di altre visite “particolari” effettuate alle dipendenti da parte del professionista. Un’altra comunale ha infatti raccontato che, mentre era sdraiata sul lettino, Bruzzone le aveva preso prima un piede e poi l’altro, appoggiandoseli al petto. «Sono rimasta senza parole. Non sapevo davvero come reagire...» ha spiegato la donna ai carabinieri. I dipendenti maschi, invece, non hanno mai avuto problemi con il medico evidentemente “innamorato” solo dei piedi femminili: una dipendente, come emerso, ha infatti chiesto ad alcuni colleghi maschi informazioni sul tipo di visita a cui erano stati sottoposti dal medico del Comune. E tutti le hanno spiegato di non aver subito alcun controllo... alle estremità. Secondo il pm Montrone i fatti denunciati dalle dipendenti del Comune configurano il reato di violenza sessuale commessa da un pubblico ufficiale mediante abuso di autorità. Il giudice Barresi rileva nell’ordinanza che le denunce appartenenti a donne che lavorano in diversi settori del Comune sono ritenute attendibili e genuine e descrivono un costante modus operandi da parte del professionista che in varie circostanze, nonostante l’evidente disagio delle pazienti, non si è trattenuto. Vittima di un’attrazione fatale per... i piedi. Gorizia Sanità : situazione critica all'ospedale goriziano Cardiologia e nefrologia chiusi per ferie La denuncia del segretario generale Cisl Bevilacqua in seguito alla mancanza di personale. Stop dal 20 luglio per un mese di Francesco Fain. Reparti ospedalieri chiusi per ferie. Detta così, potrebbe sembrare una battuta ma è più o meno la realtà. Ad annunciare che ci saranno dei ridimensionamenti momentanei ma obbligati dell’attività del San Giovanni di Dio sono i sindacati, nella fattispecie il segretario generale della Cisl-­‐Funzione pubblica Massimo Bevilacqua. Che, al contrario di quanto si possa credere, accoglie di buon grado questa decisione perché consente al personale infermieristico di beneficiare di un meritatissimo (visti lo stress e i ritmi infernali nelle corsie) 1 oltreché previsto periodo di vacanza. «Come si esplicita il Piano? Verranno chiusi i 15 posti-­‐
letto della Cardiologia-­‐Nefrologia dal 20 luglio al 20 agosto per questioni organizzative e contrattuali, legate alla regolare fruizione delle ferie estive al personale di 15 giorni consecutivi. È una decisione obbligata -­‐ puntualizza Bevilacqua -­‐. Molti dipendenti hanno ferie arretrate del 2014 anche di 15 giorni. Siamo in armonia con la decisione dell’Azienda sanitaria Bassa Friulana-­‐Isontina che ci sembra l’unica plausibile sia per i dipendenti che per i cittadini che non avranno chiaramente disguidi riguardo a urgenze chirurgiche ed oncologiche, le quali saranno comunque garantite nei termini previsti». Bevilacqua formula, nel contempo, un invito. Forte e chiaro. «Aupichiamo che non aumentino il numero di posti-­‐letto in altri reparti per cui, chi rimarrà in servizio, rischia di vedersi costretto a ulteriore aggravio di lavoro». I 15 posti-­‐letto, che saranno temporaneamente “sospesi”, sono situati in un’unica ala della Cardiologia e Nefrologia ma riguarderanno anhe la parte della Chirurgia destinata alla week surgery (interventi programmati e di routine di Chirurgia generale, Ortopedia e Urologia dove i pazienti entrano al lunedì e vengono dimessi al massimo il venerdì). In quest’ultimo caso, l’ala in questione verrà chiusa in un periodo ancora da stabilire con esattezza fra luglio e agosto. Saranno comunque garantite le urgenze. Qualcuno inizia già a mugugnare per il fatto che si tratta di una novità assoluta per l’ospedale di Gorizia. Chi ha memoria lunga, infatti, ricorda che negli anni passati, durante i mesi estivi, venivano al massimo accorpate le specialità chirurgiche. «Assunzioni non se ne possono fare e le ferie sono un sacrosanto diritto per tutti. I vertici aziendali hanno optato per questa scelta per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle ferie – rimarca ancora Bevilacqua –. La chiusura temporanea dei reparti permetterà di innescare un circolo virtuoso, che consentirà anche agli operatori delle altre strutture ospedaliere dell’Azienda di beneficiare delle ferie». Come? Parte del personale infermieristico goriziano potrà essere mobilitato verso Monfalcone, così come gli operatori del San Polo potranno andare a coprire i turni dei colleghi di Palmanova e, ancora, il personale del nosocomio palmarino andranno a dare manforte alla struttura ospedaliera di Latisana. C’è un altro aspetto. «Grazie alle 29 proroghe, alcuni precari potranno essere spostati da Gorizia verso Monfalcone: da qui verso Palmanova e da quest’ultima località verso Latisana, sempre nel rispetto contrattuale del limite chilometrico di distanza di 50 km dalla sede di lavoro. Così facendo -­‐ conclude la Cisl-­‐Funzione pubblica regionale -­‐ si liberano 5 Operatori sociosanitari (Oss) e infermieri da mobilitare verso altri ospedali, come scritto sopra, solo per un periodo limitato. A detta del direttore generale Pilati i precari saranno prorogati ulteriormente sino a settembre 2015 se nel frattempo non avverrà una riorganizzazione come si deve con le risorse disponibili». Il Nursind: " Gli organici sono ridotti " «Agli infermieri non viene garantita la possibilità di operare secondo quanto previsto dal Profilo Professionale (piani assistenziali e lavoro per obiettivi). Nelle Medicine a Monfalcone la dotazione organica è inferiore ai contingenti minimi previsti in caso di sciopero!» A lanciare l’Sos era stato, nelle scorse settimane, il NurSind, il sindacato delle professini infermieristiche. «In Area Critica, sempre a Monfalcone, l'unico operatore socio sanitario deve fare l'ausiliario, e pertanto vi è un costante demansionamento infermieristico; nelle sale operatorie ci sono gruppi infermieristici che si sorbiscono 12/14 reperibilità al mese a fronte delle 6 dovute contrattualmente; le ferie estive contrattuali non sono garantite nei reparti; gli infermieri di Gorizia e Monfalcone vengono mobilitati d'ufficio a Palmanova a coprire i buchi lasciati dalla precedente amministrazione», questo il grido d’allarme che era stato lanciato dal sindacato delle professioni infermieristiche. 2 Monfalcone Partita al limite per le Terme romane La società che paga 200mila euro di mutuo l’anno, non pareggia il bilancio. Per il convenzionamento solo 300mila euro di Laura Borsani. Bisognerà aspettare quindici giorni per completare il fabbisogno del comparto termale, prima di aprire alle domande da parte dei nuovi stabilimenti. Ci vorranno circa 3 mesi per concludere la fase-­‐accreditamento. Una fase alla quale seguirà successivamente quella relativa ai convenzionamenti con le Aziende sanitarie. Al momento, il budget finanziario regionale a disposizione è quantificabile attorno ai 300mila euro, a fronte di due nuove richieste, quella delle Terme romane di Monfalcone, ma anche da Lignano. E per la gestione delle Terme romane, a questo punto, le cose si complicano. L’accordo di project financing pubblico-­‐privato aveva previsto un investimento di 6,5 milioni, sostenuto al 50% rispettivamente dalla Pubblica amministrazione e dal privato. Un quadro che pone l’attività termale di via Timavo in seria difficoltà. La società, infatti, continua a dibattersi con un bilancio che sconta l’esposizione bancaria. Significa il pagamento di un mutuo annuale di 180-­‐
200mila euro. Senza l’accreditamento regionale e soprattutto il convenzionamento sanitario ai fini dell’erogazione dei contributi regionali, la società non riesce a raggiungere il pareggio. La cifra già considerata dalla società, ai fini del sostanziale equilibrio di gestione, era sull’ordine di 600mila euro. Cifra peraltro che, considerata la pesante situazione, non basterebbe, tanto che la stessa Terme Romane Srl auspica e confida in un ulteriore previsione di contributo da parte dell’ente locale. Accreditamento della Regione La definizione del fabbisogno tra domanda e offerta è in corso e sarà completata entro metà luglio, per poi aprire ai nuovi soggetti la richiesta di accreditamento. Quindi toccherà alla partita dei convenzionamenti con le Aziende sanitarie, ai fini dell’erogazione dei contributi. Fondi che, per quanto ipotizzato al momento, sono quantificabili sull’ordine dei 300mila euro. Rappresentano, in sostanza, un nuovo margine finanziario regionale che sarebbe a disposizione anche delle nuove richieste da parte degli stabilimenti termali. Un importo evidentemente sottratto da altri settori sanitari, a fronte del quale risulta non solo la candidatura delle Terme romane di Monfalcone, ma anche di uno stabilimento di Lignano. È quanto è stato riferito dal responsabile della Direzione regionale Salute, Adriano Marcolongo, che tuttavia ha chiarito comunque come l’intera materia è soggetta a una modifica complessiva e radicale, di adeguamento alle nuove normative. Tempi e conti, dunque, non sono facili, nè così scontati, a fronte di un percorso piuttosto complesso. Il dirigente regionale ha osservato: «Entro i primi 15 giorni di luglio definiremo il fabbisogno e quindi si aprirà la possibilità di concorrere all’autorizzazione di accreditamento per i nuovi siti termali. Ad oggi risultano le Terme romane di Monfalcone, ma anche una struttura di Lignano. Saranno quindi esaminate le relative domande e partiranno i sopralluoghi». Convenzionamento con le Aziende sanitarie Per quanto riguarda la successiva fase legata al convenzionamento con le Aziende sanitarie, il direttore Marcolongo fa dunque riferimento a un budget finanziario maggiore rispetto a quello attuale, pari a un milione di euro. Siamo sull’ordine del 30%, attorno ai 300mila euro. L’attuale budget di un milione di euro è stato già erogato per Grado e Arta Terme, nella misura di circa il 50% ciascuno. Resta quindi sul tappeto il margine finanziario dei 300mila euro. Terme romane La società Terme Romane Srl s’è accollata un investimento di oltre 3 milioni di euro. Il tutto dovendo ottemperare anche ai costi interni dell’attività termale, compreso il personale. Una situazione che ad oggi comporta la difficoltà a coprire tutti gli impegni assunti dal privato. Restano fermi anche i progetti di lancio dello stabilimento. L’intenzione della società, infatti, è quella di creare un Centro riservato agli atleti nell’ambito dell’erogazione di cure termali, riabilitative e di carattere ortopedito. Un progetto ambizioso, destinato al mondo sportivo. La società, intanto, ha fatto sapere di aver richiesto 3 un incontro al sindaco Silvia Altran per fare il punto della situazione e per un’analisi in prospettiva, il cui esito, ha spiegato, sarà reso pubblico. L’iter L’inaugurazione dello stabilimento delle Terme romane di via Timavo era avvenuta, con tutti i crismi dell’ufficialità, di fronte alle autorità e ad una folta partecipazione di pubblico, il 21 dicembre 2013. La certificazione da parte dell’allora Azienda sanitaria 2 Isontina, risale al 7 aprile 2014 (protocollo numero 7435), rilasciata dal Dipartimento di prevenzione. Seguì quindi la richiesta di accreditamento regionale, inoltrata dalla società gestore dell’impianto termale lo stesso 7 aprile 2014. Si è dunque ancora in attesa. La fase di accreditamento prevede l’apertura ai nuovi soggetti per metà luglio, con i relativi sopralluoghi a fronte della relativa presentazione della domanda. A questa fase, seguirà successivamente la procedura legata al convenzionamento con le Aziende sanitarie, propedeutico alla erogazione da parte della Regione dei contributi per l’introduzione del ticket previsto dal Sistema sanitario nazionale. Il tutto seguendo i criteri del piano di fabbisogno regionale. Messaggero Veneto 28 giugno 2015 Regione Telesca a Forza Italia «Noi lavoriamo per un nuovo welfare» Domani il Consiglio varerà la misura di sostegno al reddito «Innoveremo il sistema riordinando strumenti e risorse» UDINE. Respinge l’accusa alla giunta, di muoversi solo su spinta ideologica. E assicura che l’esecutivo è al lavoro per modificare il welfare regionale, perché diventi un sistema moderno. L’assessore Maria Sandra Telesca replica così a Forza Italia, alle parole del capogruppo Riccardo Riccardi. L’assessore parte dall’appuntamento di domani, quando in Consiglio sarà varato il nuovo strumento di sostegno al reddito, primo tassello per Telesca del welfare che la giunta vuole. «Sostenere le persone in difficoltà economica è un tema fondamentale per la nostra società, che si aggancia in modo inequivocabile alle altre politiche a matrice sociale ed economica che la giunta di Debora Serracchiani ha varato in questi primi due anni di mandato. Ma è davvero un peccato che in Fvg – afferma Telesca – argomenti fondamentali come la povertà, e le urgenti risposte che oggi dobbiamo dare alla parte più fragile delle nostre comunità, vengano utilizzati a meri fini provocatori. Continuare a ripetere, all’infinito, che è ideologico aiutare chi sta male in una società dove si stanno allargando sempre più le forbici delle disuguaglianze, lo considero fuorviante e soprattutto poco utile a ricercare le soluzioni più giuste». L’assessore riprende anche quanto già dichiarato nell’inchiesta del Messaggero Veneto sui fiumi di denaro spesi per il welfare indicati nel Rapporto sociale 2013. «Con quello strumento, per la prima volta, abbiamo fatto un’analisi dettagliata e approfondita del sistema sociale della regione, che oggi consente di capire “cosa funziona e cosa va cambiato”, perché – aggiunge l’assessore – vogliamo correggere il tiro e riorganizzare gli interventi, dirottandoli nella direzione più azzeccata per non sprecare le risorse, comunque troppo poche, che possiamo mettere in campo. Questa non è ideologia: è pensiero e conseguente azione. Riccardi vada a chiedere agli assistenti sociali dei Comuni, alle Caritas, alle altre associazioni di volontariato se è ideologico quello che quotidianamente fanno per le persone (purtroppo sempre più numerose) che sono sotto la soglia di povertà». Telesca ripete che la nuova misura di sostegno al reddito richiederà ai beneficiari di stipulare un patto e di assumere impegni, per un welfare moderno. «E in quel provvedimento convergeranno risorse utilizzate per interventi disomogenei e frammentati, che sinora troppo poco hanno inciso. Liquidare come 4 ideologiche – rintuzza Telesca – le proposte di cambiamento per sanità e sociale è facile, d’effetto, ma impedisce di affrontare seriamente temi importanti e complessi. Noi però non abbiamo paura di affrontare le difficoltà e misurarci. Consiglierei a Riccardi di guardare un po’ al di fuori dell’uscio di casa e dei confini regionali, andando a leggere, ad esempio, le proposte di riforma di Governi regionali della sua parte politica, come la Lombardia. Capirebbe che le strade maestre per riorganizzare il sistema sono piuttosto simili e, dunque, che potremmo essere più costruttivi entrando nel merito vero delle cose. Ma immagino che, nelle complicate strategie politiche di chi ha il solo obiettivo di contrapporsi senza pensare a un’utile discussione, ciò non sia contemplato. Peccato». Latisana Partito democratico spaccato sul Punto nascita della Bassa I circoli di dieci Comuni scrivono alla Regione a sostegno del servizio di Latisana Contestato il collega di partito e sindaco di Palmanova. «Dualismo da superare» di Paola Mauro. LATISANA. Pd spaccato sulla questione del Punto nascita nella Bassa. I circoli della Bassa occidentale (Latisana, Ronchis, Precenicco, Lignano, Palazzolo, Muzzana, Rivignano Teor e Pocenia) assieme ai sindaci di Precenicco e Muzzana e ai consiglieri comunali di Latisana escono allo scoperto e con un documento congiunto inviato in Regione prendono una decisa posizione a sostengo del Punto nascita dell’ospedale di Latisana, contro quindi il collega di partito, sindaco di Palmanova. La richiesta inoltrata alla Regione (presidente, assessore e gruppo consiliare) è semplice: «Fare chiarezza nell’applicazione della riforma della sanità e riconoscere all’ospedale di Latisana il valore strategico che ha, tanto all’interno della nuova Azienda sanitaria 2, quanto nel contesto regionale, superando la contrapposizione tra le due strutture della Bassa e considerando il vigente sistema sanitario regionale nel suo insieme, al di là delle singole organizzazioni territoriali delle Aas. La contrapposizione tra Latisana e Palmanova sul mantenimento del Punto nascita è storica – si legge nel documento –, Latisana evidenzia la particolare distribuzione di tale servizio nell’ambito del territorio, Palmanova il numero di parti annuo. Tale dualismo, secondo noi, non ha ragione d’essere se si considera il vigente sistema sanitario regionale nel suo insieme». Secondo il Pd della Bassa occidentale, giunta e consiglio regionale devono prendere una decisione politica: «Si scommetta sul futuro dell’ospedale di Latisana dotandolo di risorse umane ed economiche al pari delle altre strutture regionali, in tempi tali da dare certezze e tranquillità, agli utenti e agli operatori. Siamo convinti che l’ospedale di Latisana abbia garantito qualità ed efficienza nonostante la cronica sotto dotazione di risorse umane ed economiche rispetto alle altre strutture». A favore del mantenimento del Punto nascita di Latisana ci sarebbero anche le manovre di riorganizzazione delle Aziende sanitarie del Veneto e la possibile chiusura o ridimensionamento dell’ospedale di Portogruaro, con prevedibile aumento su Latisana, delle richieste di presa in carico per i parti e l’assistenza materno-­‐
infantile, dal momento che il Veneto orientale verrebbe servito solo da una clinica privata e dall’ospedale di San Donà. Gorizia Il reparto di Urologia rischia l’impoverimento Il dottor Bertè si trasferirà al Sanatorio Triestino, Zappalà vicino alla pensione Verso l’abolizione della guardia notturna, cardiologi in servizio solo 12 ore di Vincenzo Compagnone. Era, anzi sicuramente lo è ancora, un’eccellenza del San Giovanni di Dio. Secondo alcuni, l’unico reparto realmente attrattivo anche nei confronti di utenti 5 provenienti non soltanto da tutta la Regione. Eppure anche l’Urologia, struttura complessa diretta dal dottor Leonardo Zappalà, rischia di veder appannata la propria immagine per effetto di alcuni “abbandoni” illustri che si stanno profilando. Quello di cui si sta parlando molto in questi giorni negli ambienti ospedalieri, è riferito al dottor Rolando Bertè, uno dei “pilastri” del reparto, stimato per le sue capacità professionali ma anche per la cortesia e umanità nell’approccio con i pazienti. Ebbene, Bertè ha deciso di accettare un’offerta che gli è pervenuta dal Sanatorio Triestino, una struttura che si sta espandendo parecchio negli ultimi tempi (vi si è trasferito nei mesi scorsi, tra gli altri, anche il dottor Marco Gergolet, il noto ginecologo che lavorava all’ospedale di San Pietro , per un breve periodo, anche all’Ostetricia di Gorizia) e pertanto dal primo settembre lascerà Gorizia per prestare servizio nel capoluogo regionale. Si tratta, naturalmente, di scelte personali sulle quali non sarebbe corretto voler fornire delle interpretazioni. Quel che è certo è che, con Bertè il reparto perderà una pedina fondamentale della sua scacchiera, senza contare che entro la fine dell’anno un altro medico dell’equipe dovrebbe chiudere il rapporto con l’Azienda, e che lo stesso primario Zappalà, a 67 anni, è ormai prossimo al pensionamento. Il reparto-­‐modello messo in piedi anni or sono dal dottor Giorgio Mazza, rischia insomma di veder offuscata la sua fama e la sua stessa efficienza anche perché, nel suo complesso, il San Giovanni di Dio appare come un obiettivo sempre meno appetibile per medici di valore: anche delle giovani, possibili new entries, appena possono, se ne vanno. Sul futuro del nosocomio, così come dei servizi sul territorio, continuano a gravare le incognite di sempre. Abbiamo citato, nei giorni scorsi, la scopertura del servizio a domicilio della terapia del dolore. Ma un altro nodo irrisolto è la Cardiologia. Si parla dell’imminente concorso per la nomina di un nuovo primario e del mantenimento a Gorizia dell’Unità di terapia intensiva e semi-­‐intensiva all’interno dell’area dell’emergenza. Si dice, però, anche che sarà abolita la guardia notturna e che quindi i cardiologi presteranno il loro servizio soltanto sulle 12 ore: sembra un po’ una contraddizione col proposito di voler mantenere l’efficienza del reparto. La scopertura notturna, oltretutto, toglierebbe uno specialista al mini-­‐team incaricato di far fronte alle emergenze by night in Medicina dopo la soppressione della guardia notturna anche in quel reparto: rimarrebbero, infatti, soltanto il medico del Pronto soccorso e l’anestesista. Pn Casarsa Medici di famiglia, sede nell’ex municipio di Donatella Schettini. CASARSA. Il centro di assistenza primaria troverà spazio nell’ex municipio di Casarsa: l’ha annunciato il sindaco Lavinia Clarotto in occasione dell’incontro pubblico con l’assessore alla Sanità, Maria Sandra Telesca. Un incontro organizzato da Pd, lista Cittadini protagonisti e Sel per parlare di riforma, aggregazioni tra medici e dell’ospedale di San Vito al Tagliamento. Si è partiti dall’assistenza primaria: «E’ nostra intenzione – ha detto Telesca – avviare centri capaci di creare una medicina di gruppo, con servizi medici, ma anche infermieristici e amministrativi, cui possono associarsi quelli assistenziali. Abbiamo già individuato una serie di risorse finanziarie: da quel che posso comprendere, qui a Casarsa c’è il clima giusto per procedere e creare una realtà pilota». In città troverà spazio nell’ex municipio e servirà anche Arzene e Valvasone, San Martino al Tagliamento e, a seguito del nuovo assetto dell’Uti del Sanvitese, anche quello di San Giorgio della Richinvelda. Ciò non significa che i pazienti dei territori limitrofi saranno costretti a spostarsi a Casarsa per ricevere le prestazioni mediche, ma tutte queste realtà avvieranno progetti comuni e alcuni servizi saranno comunque condivisi. L’assessore regionale Telesca ha anche spiegato che il futuro dell’ospedale di San Vito al Tagliamento va pensato in parallelo con quello di Spilimbergo: saranno favorite le specializzazioni e le competenze, fermo restando che 6 verranno eliminati i doppioni. Niente più reparti gemelli sia a San Vito sia a Spilimbergo, ma ciascuna realtà dovrà sviluppare specifici percorsi, capaci di dare risposte a bacini di utenza ampi. Telesca ha anche annunciato che la prossima settimana la giunta Serracchiani varerà misure attive di sostegno al reddito: «Si tratta – ha detto – di un pacchetto di provvedimenti che ha l’obiettivo di contrastare le povertà, che permetteranno a nuclei familiari in situazioni di difficoltà di poter disporre di 500 euro al mese. Faremo però un patto con la cittadinanza: chi accederà a questi benefici, dovrà impegnarsi in percorsi di formazione per il reinserimento lavorativo o di tipo assistenziale per uscire dal disagio sociale in qualche maniera lo coinvolge». 7