i castelli della lomellina

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i castelli della lomellina
I CASTELLI DELLA LOMELLINA
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INVERNO 2005-2006
DI ROBERTO LODIGIANI
Sartirana,
Lomello,
Scaldasole,
Mede Lomellina:
luoghi incantati,
ricchi di tesori
d’arte, in una
terra di confine
tra nebbie
e risaie.
Edificati dai
Visconti
e dagli Sforza,
fanno parte
inconfondibile
del paesaggio
e costituiscono
una preziosa
risorsa per
un turismo
che ama
la storia
e la cultura.
Il modello della
Fondazionie
Sartirana arte.
Mura squadrate, robusti torrioni, poderose
merlature dalle quali ti aspetti che spunti
da un momento all'altro un nugolo di
bellicosi arcieri. No, non siamo sul set del
"Signore degli anelli" e neppure di un film
in costume, ma in Lomellina, cuore della
bassa padana, ultimo lembo di Lombardia
proteso verso il Piemonte. Terra di confine,
solcata dalle armate francesi e spagnole
che nel Cinquecento si contesero a lungo
la supremazia sullo Stivale, poi per due
secoli sotto il tallone di Madrid e infine,
dal 1713, legata indissolubilmente alle
vicende di casa Savoia fino all'Unità d'Italia.
Terra di nebbia e di risaie, che conferiscono
un'impronta inconfondibile al paesaggio.
Ma anche, sorpresa, terra di castelli, per buona
parte voluti dai signori di Milano, i Visconti
prima, gli Sforza poi, che vollero creare una
cintura fortificata per difendere il “ventre
molle” del Ducato dalle mire espansionistiche
dei piemontesi e dagli invasori stranieri.
Un patrimonio di storia, di cultura, di tradizioni, che monsignor Cesare Angelini, storico
rettore del collegio Borromeo di Pavia,
colto e raffinatissimo uomo di lettere, fu
tra i primi ad indicare come scrigno di tesori
dotato di un potenziale irripetibile, degno
di essere difeso e valorizzato. “Bello è andar
per castelli in questo mio ruvido contado scriveva Angelini - ripetendone i bei nomi
che sanno d'antico”. Un invito che non
è andato smarrito.
Il castello
di Scaldasole
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Oggi stiamo assistendo a una riscoperta sempre più convinta di questi gioielli della Bassa,
che hanno conservato molte delle caratteristiche architettoniche originarie, non stravolte
dal trascorrere dei secoli. E' proprio questo
il loro fascino unico e inimitabile: con
il mutare dei tempi, dei costumi, i castelli
hanno mantenuto il loro aspetto iniziale,
che era finalizzato ad adempiere a funzioni
militari e difensive, anzichè trasformarsi
nelle eleganti e sontuose dimore dei loro ricchi padroni, una volta venuti meno gli scopi
per i quali erano stati progettati e costruiti.
La Maginot lomellina, formata dalla cintura
fortificata dei castelli, tale, dunque, è rimasta,
almeno nelle sue forme esteriori, e non
è divenuta una raccolta di tante piccole
Versailles. “Merito della nebbia e dell'inclemenza del clima - osserva il conte Federico
Radice Fossati, già presidente provinciale
dell'Unione agricoltori, erede di una delle
più nobili e antiche famiglie lomelline.Paradossalmente, l’inospitalità dei luoghi
ha fatto da scudo ai castelli, preservandone
le forme iniziali”. Ma oggi, il difetto di
un tempo potrebbe trasformarsi in virtù.
“L’arretratezza di questa terra, l’inclemenza
delle sue condizioni climatiche - spiega
Radice Fossati - sembrano fatti apposta
per esercitare un forte richiamo su un
turismo d’elite, rarefatto, che ama le cose
semplici e genuini, che ama la storia e
la cultura”.
Un turismo che sta stimolando la riscoperta
e la valorizzazione non solo dei castelli, ma
anche dell’agro lomellino, delle sue campagne non toccate dall’industrializzazione e
nelle quali il tempo sembra essersi fermato.
Sono nati i primi agriturismi, una novità
impensabile fino a 15-20 anni fa, mentre
alcuni provvedimenti legislativi - come la
legge sul recupero delle cascine agricole stanno mettendo a disposizione degli operatori fondi (peraltro ancora insufficienti)
e strumenti per dare ulteriore slancio
e competitività a questo fenomeno.
Un esempio, riuscito, di come i castelli
possano diventare una risorsa a fini turistici
e centri di promozione artistica e culturale,
è rappresentato da Sartirana, che quest’anno
festeggia il 25° anniversario di apertura
al pubblico. Il suo anfitrione è Giorgio Forni,
pronipote di quel Cesare Forni, potente
e temuto proprietario terriero, che fu ras
dello squadrismo lomellino negli anni Venti
dello scorso secolo e, dopo la rottura con
Mussolini, promotore del movimento politico
noto come “fascismo dissidente”.
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Sotto:
altre vedute
del castello
di Scaldasole
Il castello
di Sartirana
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Dall’avo, Giorgio Forni ha ereditato, oltre
al castello - il maniero risale al secolo XIV,
appartenne ai Gattinara e anche a casa
Savoia - l’amore profondo per la propria terra.
“Credo che rendere i castelli fruibili al
pubblico - osserva Forni - sia innanzitutto
un modo per farli sentire di tutti, parte
di un patrimonio comune e, come tali,
degni di essere valorizzati. Ma oggi, possono
e debbono anche diventare un business,
pur se nel rigoroso rispetto dello spirito dei
luoghi, un business che aiuti a coprire le
onerose spese di gestione e di manutenzione,
contribuendo così alla salvezza e alla preservazione di questo patrimonio”.
Sartirana ospita musei permanenti e mostre,
come quella settembrina dell’antiquariato,
che accoglie fino a 15-16 mila visitatori.
Ma Forni non si scandalizza certo all’idea
che all’interno dei castelli vengano realizzati
ristoranti, centri congressi o altre strutture
che, senza stravolgere gli ambienti nei quali
si collocano, diano un contributo fondamentale alla loro sopravvivenza.
Interni del
castello di
Sartirana
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È una sfida che la Lomellina sta affrontando
con strategie diverse, ma sempre finalizzate
allo stesso obiettivo. Sartirana, ancora,
incarna la soluzione vincente data dalla
stretta collaborazione fra privato e pubblico.
“La fondazione Sartirana arte, nata nel ’93 spiega Forni - è basata sul rapporto con
le istituzioni locali e con il ministero degli
Esteri, a cui deve la propria notorietà
e che, in questi dodici anni, ci ha consentito
di esportare e di far conoscere l’arte e
le ricchezze delle nostre terre, e non solo,
in tante parti del mondo”. Dopo la trasferta
a Madrid, la fondazione guidata da Forni
è in questi giorni a Tunisi, dove verrà allestita
una mostra di arte grafica contemporanea,
in occasione dell’apertura del nuovo Istituto
italiano di cultura. “Purtroppo i castelli
della Lomellina non sono famosi come quelli
della Loira, né possiamo godere di un imponente flusso turistico - puntualizza Giorgio
Forni - per questo è necessario trovare forme
di promozione che ci consentano di colmare
almeno in parte lo svantaggio. “Sartirana
arte” è uno di questi.
La fondazione fa da traino non solo alla
Lomellina, ma anche alle province confinanti,
attinge allo scrigno di tesori dell’arte lombarda e italiana in genere. Perché è chiaro
che a guidarci è una visione assolutamente
scevra dai campanilismi”. Il modello-Sartirana
è forse irripetibile, anche se un’operazione
in qualche modo analoga viene portata avanti
a Valeggio, dove il castello - di epoca
quattrocentesca e ispirazione spagnoleggiante, con imponenti torri allineate - a restauro
ultimato diventerà sede di mostre ed esposizioni pubbliche. A Lomello, altro maniero
risalente al secolo XIV (fu edificato dai
conti Crivelli, feudatari degli Sforza), è stato
il Comune a pilotarne il recupero e a farne
la sede dei propri uffici, mentre altrove,
come a Frascarolo, sono i suoi ricchi proprietari a farsi interamente carico della costosa
manutenzione. L’amministrazione pubblica
ha pilotato anche il recupero del castello
San Giuliani di Mede, il cui nucleo originario è di epoca trecentesca: acquistato nel
1996 dal Comune, è stato oggetto di un
accurato restauro sotto la regia dell’architetto
Renzo Berni: nel maggio 2003 la solenne
inaugurazione alla presenza, fra gli altri,
dell’allora ministro per i Beni culturali,
Giuliano Urbani. Nel maniero hanno trovato
prestigiosa collocazione la biblioteca comunale “Giuseppe Marinari” e dei musei civici.
Discorso a parte merita il castello di Scaldasole, splendido simbolo della Lomellina
medievale, oggi appartenente alla famiglia
Strada. Il nucleo originario venne eretto
fra la fine del X e il XII secolo, ha pianta
quadrata e quattro torri angolari. Nel cortile
interno, di stile bramantesco, campeggia
un pozzo in laterizio. La biblioteca annovera
preziosi volumi di storia pavese e lombarda;
ospita anche un museo archeologico.
Nel corso dei secoli, ebbe visitatori illustri,
da Pico della Mirandola - che secondo
alcune fonti iniziò proprio qui gli studi a Isabella d’Aragona, fino all’imperatore Carlo
V e al novelliere Matteo Bandello. Il grande
sovrano asburgico sul cui regno “non tramontava mai il sole” e il suo acerrimo rivale,
il re di Francia Francesco I, erano di casa
in Lomellina. Il monarca francese, diretto
all’assedio di Pavia, dove avrebbe conosciuto
l’onta della sconfitta e della cattura da
parte dell’odiato nemico austro-spagnolo,
soggiornò a Valeggio, mentre il suo
predecessore, Luigi XII, la cui discesa
oltralpe nel 1499 aprì la lunga
contesa con gli imperiali per
la supremazia sulla penisola,
fece tappa a Cozzo Lomellina.
Il Castello
di Lomello
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L’augusta visita diede spunto alla realizzazione di un affresco nel quale è raffigurato anche
il cardinale Giorgio d’Amboise, cancelliere
del ducato di Milano, un prelato prestato
alla politica secondo una tradizione rinascimentale che sarebbe stata portata alla perfezione dal cardinale Richelieu, potentissimo
ministro di re Luigi XIII. Il castello di Cozzo
ha quasi mille anni - risale, infatti, al secolo
XI, anche se venne rimaneggiato in epoca
viscontea e sforzesca, con l’aggiunta del
rivellino dovuto ai Gallarati - ma non sembra
affatto risentire dell’usura del tempo.
Conserva il fossato medievale, su cui sporge
il torrione d’ingresso munito di caditoie;
all’interno si possono ammirare l’affresco
monocromo della Madonna dell’Umiltà,
di scuola leonardesca e le tavole rappresentanti gli apostoli Pietro e Paolo e un’annunciazione di Cesare da Sesto.
Sopra:
interni del castello
di Lomello
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Luoghi incantati, ricchi di tesori dell'arte.
Ma i castelli della Lomellina, come nella
più classica delle tradizioni, furono anche
teatro di intrighi, di complotti e di tragedie.
Una storia esemplare, per tutte: è quella del
povero Cicco Simonetta, potente e rispettato
ministro del ducato di Milano, che cadde
però in disgrazia, venne accusato di alto
tradimento e, infine, decapitato nel 1480
nel maniero di Sartirana, per ordine
di Ludovico il Moro, grande mecenate protesse, fra gli altri, Leonardo da Vinci ma che in politica non andava troppo per
il sottile. Tristi vicende umane che, tuttavia,
contribuiscono ad accrescere il fascino
irresistibile e l'alone di mistero che ancora
oggi circonda questi gioielli dell'antichità,
preziose testimonianze del passato meritevoli
della nostra ammirazione e di ogni sforzo
per preservarli.
Sopra e a fianco:
il castello di Mede
Lomellina
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