Storia di Dio - Università degli studi di Trieste

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Storia di Dio - Università degli studi di Trieste
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Monoteismi :
profili storici di un’invenzione efficace .
Monoteismo vocabolo greco significa credenza nell’esistenza di un solo dio monos
theos. E’ un modello concettuale distinguente tre importanti realtà simboliche
dell’umanità attuale. Contraddistingue infatti nelle diverse situazioni oggettive
rispetto le quali si configurano ebraismo, cristianesimo,islam.
Sono tre “grandi religioni”, tre modi analoghi e tra loro e strettamente collegati sul
piano storico di pensare l’universo e l’umanità dentro l’universo in modo unitario .
Il cosmo e l’umanità dentro al cosmo sono coinvolti in un insieme coerente pensato
e messo in atto dall’atto volontario di creazione di un solo dio, un essere
trascendente,onnipotente,unico che si assume anche, pur mantenendo la sua
trascendenza ,la posizione di guida nello svolgersi del tempo storico.
Dobbiamo dire subito il modello simbolico che afferma per la prima volta
l’esistenza di un unico dio creatore del mondo e dell’umanità, eterno onnisciente
onnipotente ,il dio del monoteismo in quanto tale, si realizza relativamente tardi, in
una situazione antropologica geografica e storica ben definita : la zona è la
siropalestina , approssimativamente i territori dell’odierno Libano,Siria,Giordania
Stato d’Israele,Palestina
Una convergenza di studi recenti sottolinea il fatto che il trionfo definitivo del culto
del Dio Unico è relativamente recente . Nello specifico si tratta del dio unico
ebraico espresso dalle quattro lettere ,il tetragramma indicibile,YHWE, ma anche
dal plurale maschile Elohim dalla glossa El termine che indica il Signore e designa
anche il capo del pantheon politeistico di un nota cultura siriana dell’età del
bronzo,la cultura di Ugarit.
La vittoria di Yhwe fu il risultato di una lotta aspra contro i modelli simbolici
politeistici, contro i molti esseri divini che costituivano i referenti religiosi comuni
del mondo vicino orientale e mediterraneo sin dalla prima età del bronzo.
Il politeismo come sistema mitico-rituale determinato dalla presenza di diverse
figure extraumane collegate in modo reciprocamente funzionale, appare alla fine
del IV inizi III millennio in Mesopotamia ( odierno Irak) con la misteriosa cultura e
lingua di Sumer per poi diffondersi secondo l’ipotesi diffusionista nel Nordafrica
(Egitto ) dilagare nel bacino mediterraneo . Ad est si sarebbero formati i grandi
complessi dei politeismi asiatici,prima di tutto il politeismo induista riflesso nei libri
più antichi dei Veda, tuttavia non rintracciabili in fonti sicure prima del X secolo
a.C. L’ipotesi di un punto unico di formazione del sistema di tipo politeistico è
sostenuta in un testo recente di D. Sabbatucci ( Politeismo, Roma 1999) ma è ipotesi
che potrebbe essere variamente contrastata.
Difficile da scalzare invece la dimostrazione indiziaria storica che attribuisce l’
“invenzione” del culto per “quel solo dio”,cioè il monoteismo storico come modello
forte per garantire identità ad un gruppo di tribù nomadizzanti, il futuro popolo di
Israele che il patto con il suo dio rende “santo” come santo è il suo Dio.
Questa interpretazione del monoteismo come esito della ricerca di identità quale
necessità storica di un particolare popolo è stata sostenuta utilizzando un metodo
comparativo,storico-religioso e antropologico, da Raffaele Pettazzoni che dedicò
alla ricerca sulla formazione del concetto di Dio una parte rilevante della sua attività
ingaggiando una celebre polemica contro la teoria del monoteismo primordiale
sostenuta da padre Wilhelm Schmidt che interpretava la presunta presenza di figure
di Esseri Supremi creatori e legislatori nelle raccolte di miti di popoli “primitivi”
come memoria ,segno della “verità” del racconto rivelato del Genesi
Pettazzoni di contro sostiene che la teoria del monoteismo primordiale era viziata
sostanzialmente da un equivoco “ L’equivoco consiste nel chiamare monoteismo ciò
che è semplicemente la nozione di un essere supremo “
La citazione è tratta dal volume di Pettazzoni “L’essere supremo nelle religioni
primitive (Torino 1957 pp.16-17) citato opportunamente da D.Sabbatucci nel suo
libro “Monoteismo” (Roma 2001 ,p.127) . Ma soprattutto Pettazzoni sostiene la
storicità del culto del Dio Uno come dio di quel popolo con esplicito riferimento
alla volontà di rifiuto degli dei altri ,onorati dai popoli altri,assunta come modello
proprio della identità di Israele. In questo senso il “monoteismo”invenzione ebraica
si stacca anche dalle impostazioni moniste,enoteiste ,ecc. cioè da tutte quelle
formule di concentrazione di attributi di eccellenza che contraddistinguono figure di
grandi dei e grandi dee nei politeismi . Si stacca anche da quello che è considerato
l’antecedente più accreditato ,anche in proiezione storica, il culto solare del faraone
rivoluzionario Akhenaton. Solo il modello ebraico formalizza in modo preciso
quella che è la funzione di fondo del monoteismo : garantire attraverso un modello
teocratico unico ed univoco la qualità unica del gruppo che a quel modello si
rapporta, salvandolo dalla confusione della pluralità .
La posizione di Pettazzoni è stata ribadita pur partendo da argomentazioni diverse
dal semitista Morton Smith ( “Gli uomini del ritorno “ tr.it. Verona 1983 ) La
vittoria definitiva di Yahwe come dio solo si realizza in un momento storico
relativamente recente, come conseguenza della vittoria di quello che Mort Smith
definisce “ movimento del dio Uno , The Yahweh Alone Party. La realizzazione in
terra del monoteismo è vista come raggiungimento di un traguardo storico un
avvenimento accaduto in Palestina sollecitato dalla predicazione dei Profeti.
Sono i profeti, coloro che parlano annunciando ,divulgando la parola di Dio ,quel
Dio unico,solo, creatore del cosmo e dell’umanità,onnisciente ed onnipotente, che ha
scelto deliberatamente il popolo di Abramo per un cammino particolare nella storia .
I profeti come liberi annunciatori della parola di Dio cominciano la loro attività a
partire dal IX- VIII a C. epoca approssimativa nella quale si colloca la figura del
primo profeta Amos.
I profeti guidano il popolo di Israele, stimolando continuamente i recalcitranti re
sino ad ottenere il rispetto totale e completo del patto che lega quel Dio ad Abramo
a Mosè e si conclude con il famoso episodio del ritrovamento del Libro all’ epoca di
re Josiah ( 641-609 a.C.) . Si tratta di una innovazione legislativa che impone
l’accettazione assoluta della “parola del signore” e chiede l’abolizione definitiva del
culto di tutti gli altri dei:una vera e propria rivoluzione teologico politica compiuta in
accordo con il grande sacerdote Hilkiah .Il Libro perduto conteneva la sintesi del
comandamento monoteistico: abolizione di tutti gli altri dei,gli altri Baal ed i segni
dei loro culti esistenti un po’ ovunque .Cosi leggiamo infatti nel secondo libro dei
Re (II Re 22-23)
E’il primo episodio importante per la costruzione dell’assolutezza di Yhwe prima
della distruzione del primo tempio e la deportazione di una grossa parte di ebrei
influenti in Babilonia ad opera di Nabucodonosor .
La storia del monoteismo si apre tuttavia con il ritorno degli Ebrei ad opera di Ciro
il Re dei Re persiano salutato da Esdra come messia e la conseguente costruzione del
Secondo Tempio inaugura quel periodo centrale per la storia ebraica che si
concluderà con la distruzione di Gerusalemme per ordine dell’imperatore di Roma
Adriano e la costruzione sulle rovine della colonia romana di Elia Capitolina .
Dietro la grande costruzione identitaria inaugurata dal monoteismo del secondo
Tempio è posta l’opera dei profeti , i nebi im ,che si presentano come uomini
“ispirati “ da Dio per annunciare la sua volontà secondo un modello di mantica non
tecnica che presuppone la possibilità del rapporto diretto extraumano –dei,
dio,potenze altre – ben noto nelle culture del mondo antico e non solo .
Il racconto della missione profetica vuole che Dio abbia imposto agli uomini da lui
scelti di divulgare il suo comando.
Un comando trasmesso con immediatezza ,percepito senza bisogno di interpretazioni
E’ un comando netto,evidentemente espresso nella lingua corrente .
Come è percepito dal profeta Osea che “sentì” ,quindi comprese queste parole
( Osea XIII,4):
“Io sono il signore dio tuo, colui che ha fissato il cielo ed ha creato la terra ..io ti ho
portato fuori dall’Egitto e tu non avrai altro dio al di fuori di me e non vi sarà
alcun salvatore al di fuori di me “
La normalizzazione monoteista di Josiah può essere considerata una prima
vittoria di una guerra dei profeti contro i re deboli che avevano permesso il culto dei
ba alim nelle bamoth , “luoghi alti” , vicino alla enigmatica aserah .Il
provvedimento coronava la lotta dei profeti contro i culti ad altri dei diversi da
Yahwe . Per lo specifico anche il culto di Asherah una entità femminile alla quale
Yahwe si trova storicamente legato, in un’epoca nella quale,pur essendo oggetto di
un culto speciale,non era riuscito emergere dal contesto politeistico.
Il nome di Yahwe con la sua Asherah si legge infatti con sufficiente chiarezza su
una serie di iscrizioni con formule di benedizione provenienti dal Sinai ( Kuntillet
Ajrud ) e datate all’VIII a.C.
Per una comparazione storica in prospettiva mediterranea non dobbiamo dimenticare
che l’VIII secolo a.C. epoca di nascita del “movimento per il Dio solo “ ( il God
alone movement secondo Morton Smith) è anche l’epoca nella quale nel mondo
mediterraneo inizia la straordinaria sperimentazione delle poleis ,le città
greche,legate all’organizzazione di quel ricco politeismo ,quel modo di rappresentare
il mondo attraverso tanti dei ,che ci giunge anzi tutto attraverso il racconto ,il mythos
strumento del politeismo “perfetto”,quello dei Greci .
Per gli Ebrei l’Antico Testamento raccolto sotto l’espressione di Tanak, comprende
l’insieme dei testi della Torah, dei Nebi’im ,dei Ketubim nell’ordine Legge
Profeti,Scrittura. Ma la redazione ed edizione in ebraico del Libro è testimoniata
decisamente tardi .
Dobbiamo sempre considerare che la Bibbia compare nella sua complessa realtà di
testo “sacro ”attraverso una la traduzione in lingua greca voluta da un re di una
dinastia greca macedone fondata quando Tolomeo figlio di Lagos uno dei generali
di Alessandro Magno,divenne re d’Egitto con il titolo di Soter ,Salvatore,nel 323
a.C.
Alessandro infatti aveva conquistato l’Egitto nel 332 a.C. e subito dopo aveva
voluto la fondazione di Alessandria la città che doveva diventare uno dei grandi
centri propulsori della cultura mediterranea ellenistica, cultura cosmopolita,
multiticulturale,multireligiosa, sincretistica dove gli ebrei erano certo numerosi come
appare da numerose testimonianze ,
Secondo Flavio Giuseppe che scrive nel II secolo d.C.(Guerra giudaica II,487-88)
sarebbe stato lo stesso Alessandro a volere gli ebrei ad Alessandria al momento della
fondazione. Un autore di II a.C. ,lo pseudo Ecateo, citato dallo stesso Giuseppe
Flavio (Contro Apione I,22,7-16) aggiunge che dopo la vittoria di Tolomeo Lagos su
Demetrio Poliorcete a Gaza nel 312 a.C. il grande sacerdote Ezechias con un gruppo
di ebrei avrebbe seguito volontariamente il vincitore in Egitto.
Noi sappiamo che la conquista della Palestina da parte di Alessandro aprì anche il
complesso periodo della forzata acculturazione degli ebrei in patria voluta dagli
Antigonidi, un ‘operazione destinata a suscitare forti e violente rivendicazioni di
identità che troviamo riflesse nel corpus dell’Antico Testamento nel Libro di
Daniele ( accolto dalla traduzione dei LXX ) e nei libri dei Maccabei.
Da ricordare comunque che il rapporto documentato degli Ebrei con l’Egitto non
inizia certo con la diaspora di Alessandria.
Non dimentichiamo che la prima forte rivendicazione della identità ebraica sotto la
guida di quel dio che diventa l’unico Signore è presentata come la fuga da un Egitto
divenuto da ospitale inospitale E’ il grande esodo sotto la guida del grande carismato
Mose ,raccontata appunto nell’’Esodo il secondo libro della Torah ,il Pentateuco .
La cronologia possibile proposta oscilla tra il XV -XIII a.C. ma non è del tutto
sicura la “storicità” di Mose stesso che porta in ogni caso un nome egiziano.
Ritornando alla situazione più tarda e più sicuramente storica sappiamo che gruppi di
ebrei si erano stabiliti in Egitto comunque gia nella prima parte del VI secolo
a.C.dopo che il primo Tempio fu distrutto dai babilonesi come rappresaglia per la
rivolta antiebraica.(582 a.C.).
Un famoso insediamento ebraico è la colonia di Elefantina isola dell’alto Nilo dove
gli ebrei disponevano anche di un tempio, evidente replica del tempio di
Gerusalemme, qui ricostruito secondo un’ intepretazione non ortodossa e dedicato
esplicitamente a Yaho ,traslitterazione del tetragramma yahvista .
Nell’Egitto tolemaico gli Ebrei ebbero invece da subito i loro luoghi di
aggregazione le proseuchai , luoghi di preghiera.L’ oikos proseuches , casa della
preghiera comunque non sostituiva il Tempio che rimaneva solo a Gerusalemme
ma funzionava da catalizzatore dell’identità del gruppo espressa attraverso il tenace
mantenimento del nesso mitico –rituale e soprattutto garantita dalla particolare
organizzazione del simbolico religioso fatta diventare prassi quotidiana attraverso le
severissime Leggi di purità rivelate da Dio a Mosè ed Aron secondo i testi del
Levitico e del Deuteronomio.Leggi che mirano a fare di Israele,un popolo “santo”,
separato, diverso . L’osservanza di quelle Leggi permette il mantenimento
dell’identità nelle circostanze pià varie .
A partire dagli inizi del I secolo a.C. sotto il regno di Tolomeo VI Filopatore la
struttura della comunità ebraica di Alessandria appare un politeuma ,un insieme di
cittadini identificati nell’ambito della città,come una etnia diversa.
La “diversità “degli Ebrei la loro identità è data proprio dalla osservanza della
Legge che comporta una serie di comportamenti precisi,molto specifici molto
dettagliati che le autorità greche permettono.
Già un autore come Ecateo di Abdera tuttavia rimprovera questa diversità ebraica
come segno di poca socievolezza.
E’una prima voce sospettosa anche se non la più astiosa, che la diversità come
identità voluta dai gruppi ebraici suscita nella società politeista che li circonda
I comportamenti speciali che gli Ebrei difendevano come difesa della propria identità
costituivano parte del “patto” che li legava in modo speciale a quel dio speciale che
si presentava come l’essere uno,unico,eterno,onnisciente,onnipotente, creatore del
cosmo e dell’umanità e per l’Umanità Legislatore .
Tutto questo appunto è raccontato nella Bibbia quel testo che la traduzione in
greco detta dei LXX ,i Septuaginta aveva reso noto alle popolazioni grecofone del
mediterraneo.
Un documento apocrifo noto come Lettera di Aristea scritto ad Alessandria nella
prima metà del II secolo a.C. spiega l’origine straordinaria di questa traduzione.
A volerla sarebbe stato Demetrio Phalareus bibliotecario della grande biblioteca di
Alessandria .
Per far conoscere i libri della saggezza ebraica Demetrio,suggerisce al re di scrivere
al grande sacerdote di Gerusalemme per chiedergli gli uomini qualificati a compiere
quest’opera di traduzione che doveva essere degna dello stato che la commissionava.
Eleazar ,il grande sacerdote, risponde inviando la lista dei 72 traduttori scelti ,sei per
ogni tribù,che sono biculturali e ovviamente bilingui,maestri della tradizione
giudaica e buoni conoscitori della cultura ellenica. Gli esperti traduttori portano ad
Alessandria i rotoli delle dottrine scritti in lettere d’oro e sono accolti con tutti gli
onori dal Tolomeo .Si sottopongono ad una specie di esame rituale condotto dal Re
che li interroga per sette notti proponendo loro 72 problemi ai quali rispondono
suscitando la sua ammirazione. La traduzione viene portata avanti dai traduttori per
72 giorni con ogni probabilità nell’isola di Pharos, dai 72 esperti che come ispirati
,in stato modificato di coscienza - ma il testo usa una espressione tecnica kathaper
enthousiontes,” come se avessero il dio( dio) dentro “fossero posseduti
( l’espressione è usata variamente nel lessico greco classico per indicare lo statuto di
trance della Pyhtia ,o della Sibylla come rivelatrici della parola divina di Apollo o
per le Menadi rese folli da Dionysos ) dettano simultaneamente ai tachigrafi la stessa
traduzione,usando gli stessi vocaboli. I traduttori si trovano così trasformati in
profeti e ierofanti, tanto è perfetto il risultato della omologazione delle lingue
,l’ebraico e il greco pur tra loro così diverse.
Di conseguenza perfetta dovrebbe essere la sincronica comprensione tra le due
culture . La portata del messaggio sottinteso in un testo di questo genere ,e
nell’operazione alla quale si riferisce,non è così agevole da decifrare.
Si tratta di una iniziativa ebraica ma espressa da una corrente in certo modo
antitradizionalista superetnica,universalistica, intesa a trasformare il dio
“etnico”ebraico nel Dio universale di tutte le genti in accordo con le impostazioni
filosofiche greche soprattutto degli stoici che proponevano una visione globale del
mondo ,di tutti i popoli riuniti in un insieme ordinato retto da una mente superiore e
amministrato in modo ottimale.
Un’altra ipotesi interpreta la traduzione come una precisa appropriazione da parte
della cultura egemone ,la greca, qui rappresentata emblematicamente dal
bibliotecario Demetrio,di una parte di sapere extragreco secondo la tradizionale “
curiosità” che contraddistingue la dinamica cultura greca sin dall’arcaismo.
I pareri sulla traduzione dei Septuaginta che leggiamo negli autori della patristica
da una parte e negli scritti dei rabbini dall’altra sono molto contrastanti tra loro e la
collocazione storica del testo che conosciamo come Septuaginta nella vulgata latina
e Ta Biblia in greco risulta ancora aperta.Tuttavia nei punti sostanziali la prima
edizione e traduzione greca e la critica posteriore edizione ebraica ,convergono.
( per i problemi della Septuaginta vedi in particolare : M. Harl –G. Dorival-Olivier
Munnich la Bible grecque des Septante Du Judaisme Hellénistique au
christianisme ancien ,Paris, du Cerf 1988)
La rivelazione e la sua storia
La Toràh,il Pentateuco,il primo nucleo dei cinque libri, si apre con il Genesi,il libro
della Creazione che contiene nei suoi primi capitoli dall1 al 12 il racconto della
creazione del mondo da parte di Elohim -Yhwe attraverso il semplice ,ma
potentissimo atto edificante che è la parola
E Dio disse: sia la luce e la luce fu (Genesi ,1,2) Da non sottovalutare sullo sfondo il valore attribuito alla parola come atto
illocutorio fondante . Ritroviamo questo valore a livello del “magico” dove
l’enunciazione della formula si rivela fondamentale per ottenere il risultato voluto.
Nel quinto giorno del suo lavoro Dio comanda l’esistenza degli animali e dell’uomo
che vuole “a nostra immagine e somiglianza (Genesi I, 26) ed al quale affida la
signoria sul mondo animale e per il quale specifica la differenziazione sessuale in un
problematico passo ,( Genesi I,27): Dio creò l’uomo a sua immagine ;lo creò ad
immagine di Dio ; li creò maschio e femmina .
Si tratta di un testo estremamente importante,molto ambiguo nelle varie redazioni
che sono state oggetto di serrate esegesi con ripercussioni di portata fondamentale
soprattutto per l ‘enunciazione di quel ruolo “sussidiario” del genere femminile
nell’ordine del creato che compare esplicito nel secondo racconto ,dove la prima
donna ,Eva è creata dal corpo di Adamo addormentato .
I due racconti ,diversi ma sostanzialmente correlati,costituiscono la griglia di fondo
rispetto la quale ancora il femminile è proposto nella prospettiva delle religioni del
Libro in una situazione asimmetrica ,di esplicito svantaggio.
Ricordiamo brevemente i punti affioranti : esclusione delle donne dal magistero della
legge ,dal rabbinato, nell’ebraismo ; rifiuto del sacerdozio nel cristianesimo
cattolico; e infine la secondarietà ribadita delle donne nel islam dove comunque
nessuna donna può aspirare al ruolo di imam .
Sino al capitolo 12 il Genesi racconta nei particolari il lungo mito degli inizi,la vita
della prima coppia nel giardino,nel paradeisos,nel ganah,la seduzione della donna
ad opera del serpente l’animale più astuto di tutti,la maledizione della prima donna
con la condanna al parto con dolore,la cacciata, la nascita dei primi figli,Abele e
Caino, il primo fratricidio,la condanna all’esilio di Caino che si muove in un mondo
che appare -stranamente -già popolato e l’inizio della catena delle generazioni che si
susseguono attraverso genealogie estremamente dilatate :Adamo vive 930 anni ,suo
figlio Set 912 ecc.
Dio pone fine alla longevità con un intervento siglato in Genesi 6,3 in un enigmatico
passaggio nel quale dichiara di non voler più contendere con gli uomini che non
sono altro che carne e fissa la durata della vita umana a 120 anni.
Significativamente poco prima il testo accenna al fatto che i “figli di dio” si
innamorarono delle figliole degli uomini, le donne che a questo punto appaiono
moltiplicate sulla terra. Contraddistinte dall’attributo della bellezza che rimanda
direttamente all’inquietante problema della seduzione,del desiderio,dell’attrazione
sessuale
“ Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle
figlie i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per
mogli quante ne vollero”
Il potere di seduzione donne coinvolge anche gli esseri extraumani perfetti che
popolano l’intermedio tra l’umanità e dio e sono appunto ,i “figli di dio”, le entità
angeliche .Il fatto suscita l’intervento limitante di Dio che sancisce con ciò ancora
una volta la pericolosità intrinseca delle “figlie di Eva “portatrici di quel peccato di
porneia, di lussuria,che molti testi del tardo giudaismo ellenistico,della produzione
pseudoepigrafa, denunciano come il peggiore dei peccati. Un modello ampiamente
recepito dall’etica encratita del primo cristianesimo.
Il tempo dell’innamoramento dei “figli di dio” è un tempo di grave trasgressione
dell’umanità che Dio decide di distruggere mandando il diluvio universale,la grande
onda che travolge tutto tranne l’uomo giusto Noè e la sua famiglia ed una coppia di
ogni animale vivente che possono salvarsi grazie l’arca che galleggia
miracolosamente sulle acque. Dopo il diluvio si ricostruisce la nuova umanità, con la
discendenza di Noé ,i suoi tre figli Sem, Cam e Japhet.
Noè ottiene nuovamente la longevità, vive 950 anni. Da suo figlio Sem parte una
catena di genalogie che serve per controllare ,fissare il tempo storico -le genealogie
si basano su vite allungate a 500 ,403,430 209 ,207 ,200,119,ed infine normalizzate
sui 70 anni di Tare padre di Abramo che conduce al primo patriarca considerato
“storico”.
Abramo è colui che il Signore vuole far uscire dal suo paese per andare nel luogo
destinato alla nuova realizzazione ,il paese nuovo nel quale attraverso il patto sarà
possibile realizzare in terra l’avvio di una situazione di perfetto e dialettico rapporto
tra Dio e l’umanità.
Quanto è raccontato da Genesi 12 in poi è considerato racconto “storico” dove la
storia ,grazie al meccanismo del controllo del tempo attraverso le genealogie,
assicura “verità” ai dati messi in gioco dal bricolage del racconto senza tempo che
costituisce il mito.
Il Signore disse ad Abramo : vai fuori dal tuo paese ,dal tuo parentado e dalla casa
di tuo padre nel paese che io ti mostrerò
Il lungo racconto,mythos nel senso etimologico, che segue riporta le avventure del
viaggio di Abramo, le prove alle quali è sottoposto per intervento diretto di Dio,dalla
nascita miracolosa di Isacco dalla vecchia e sterile moglie Sara alla richiesta da parte
di Dio di uccisione sacrificale di quel primo figlio ,ovviamente evitata all’ultimo
istante.
Le vicende della discendenza di Abramo, il “romanzo” delle vite di Isacco,Giacobbe
Giuseppe occupano lo spazio che conduce gli Ebrei in Egitto dove Giuseppe è
venduto come schiavo del Faraone per diventare poi suo rettore,suo amministratore
finanziario e dove il padre Giacobbe si reca volontariamente per rivedere il figlio ,
con il consenso di Dio, portando con sé anche il suo popolo. Il popolo di Giacobbe e
di Giuseppe vive bene in Egitto sino alla morte di Giuseppe. Dopo si scatena la
gelosia degli Egiziani contro gli Ebrei che crescono e prosperano sulla loro terra.
E’ a questo punto che si apre la grande epopea del secondo libro della Torah,
l’Esodo. Narra l’uscita dalla terra d’Egitto come luogo della schiavitù ed il ritorno
nella terra di Abramo. E’ qui che si presenta il primo vero capo carismato, il primo
salvatore e messia,Mosè,il bambino salvato dalle acque, scelto da Dio per condurre il
popolo di Israele fuori dall’Egitto,oltre il Mar Rosso Mosè è scelto per dare al
popolo di Israele la prima rivelazione della essenza di Dio e dettare gli obblighi,
della Legge, che questa rivelazione esige.
Sulla vetta del monte Sinai Mosè sente la presenza del Signore nel fuoco nel fumo e
nel tuono e distingue –vede-la sua parola.
In Esodo 20 Dio rivela a Mosè i dieci comandamenti che iniziano con la prima
asserzione che riguarda l’esistenza univoca del Dio Signore e la sua unicità :
Il sono il Signore Dio tuo, ti ho tratto fuori d’Egitto,dalla casa di servitù .Non avere
altri dei nel mio cospetto .
Seguono tutta una serie di varie ingiunzioni che Dio comunica e per l quali esige
obbedienza .
Tuttavia è il terzo libro della Toràh,il Levitico, che formalizza con estrema
precisione in ogni dettaglio non solo ciò che deve essere compiuto nella esecuzione
degli atti del culto ma anche ciò che riguarda il comportamento quotidiano degli
uomini e delle donne che si riconoscono nella obbedienza a quel codice. Si tratta di
una serie minuziosa di avvertimenti che riguardano la sfera quotidiana ,
nell’alimentazione e nel rapporto quotidiano con il corpo. Sono le famose leggi dette
di purità o di santità che devono trasformare il popolo di Israele in un popolo
diverso tra tutti,un popolo santo.
Sono le leggi che fondano l’ortoprassi ,quella “giusta” regola di vita che obbliga gli
ebrei ad un severo esercizio di controllo delle abitudini alimentari, del rapporto tra i
sessi ,della scansione del tempo che nell’obbligo settimanale del riposo totale dello
shabbat richiama continuamente l’attenzione sull’opera fondatrice del dio creatore
del cosmo e dell’uomo sulla base di una concezione intransigente che divide per così
dire la biosfera tra puro ed impuro
Storiografia del monoteismo
La ricerca sull’”origine” del monoteismo come assunzione di un unico essere
creatore,responsabile del cosmo e dell’umanità ,fu un tema tipico della storia
comparata delle religioni e dell’antropologia dell’ultimo ‘800 e primi decenni del
‘900.
Abbiamo già accennato alla controversia suscitata da Andrew Lang autore del
saggio The Making of Religion (Londra 1988) a proposito degli Esseri
Supremi,Supreme Beings dei popoli “primitivi”,i senza scrittura,che colonialismo e
sapere antropologico portavano sotto lo sguardo dell’occidente.Controversia che
contrappose soprattutto lo storico delle religioni Raffaele Pettazzoni ed il sacerdote
ed etnologo padre Schmidt a proposito dell’’esistenza di un Urmonotheismus .
La controversia coinvolgeva tuttavia anzi tutto l’atteggiamento della cultura
europea dinanzi al tema nuovo della valutazione del “primitivo” etichetta usata per
definire la situazione storico culturale dei popoli “nuovi” che esplorazioni e
conquiste coloniali portavano via via alla ribalta.
Per la cultura del ‘900 il problema del monoteismo passa dunque tra
etnoantropologia e teologia .Sulla base di dati etnologici soprattutto australiani,
Andrew Lang che oltre ad essere autore del saggio The making of Religion ,1888
firma anche la la voce God nella importante Encyclopaedia of Religion and Ethics
(Hastings ed.,1913 ) segnala la presenza di un Essere Supremo,Supreme Being,
High God, tra le “credenze “ delle popolazioni definibili come le più primitive ,.Sono
le tribu del sud-est australiano che l’antropologo Howitt portava all’attenzione
pubblicando sul Journal of Anthropological Institute tra il 1882 e il 1887 materiali
che confluiranno nella celebre monografia sulle Native Tribes of South East
Australia ,London 1904). I Supreme Beings “primitivi” australiani, ma anche di altri
popoli ,presentavano caratteri assai simili a quelli del dio monoteista .
Sono creatori- Lang usa il termine di All Fathers- responsabili dell’esistenza del
mondo e dell’umanità,eterni in quanto si situano fuori del tempo,garanti dell’ordine
sociale, (quindi della storia), spesso ,anche se non sempre,in rapporto con la sfera
celeste.Tratto quest’ultimo assai importante che li lega esplicitamente all’
onniscienza .Contraddicendo la tesi del monoteismo come rivelazione o come
conquista culturale Lang richiamava l’attenzione su una “teologia “alta elaborata
da popoli che apparivano campioni viventi di un’umanità perduta ,una teologia dalla
quale si allontanavano –almeno nella sua prospettiva -anche i possibili sospetti di
una influenza missionaria. Daramulun Essere supremo degli Yuin del sud-est,
Baiame essere supremo dei Kamilaroi del sud ovest, Mirirul Essere Supremo delle
popolazioni della costa nord occidentale ecc. proponevano quegli aspetti di
“trascendenza” propri del dio monoteista .Una trascendenza in questo caso totale
presentata attraverso i miti del suo ritiro dopo la creazione a garanzia della stabiltà e
compiutezza della creazione stessa. Si tratta dell’Essere supremo ozioso secondo la
definizione di Pettazzoni , che in questo differisce in modo totale dal Dio creatore
,legislatore,interventista rappresentato da Yhwe . Ma è Yhwe che comunque
rappresenta il modello eccellente.
Per l’orientamento evoluzionistico positivista dominante la cultura europea a partire
dal secolo dei lumi ogni forma di cultura altra rappresentava un modello non solo
diverso ma inferiore,più rozzo o infantile,da superare secondo i parametri individuati
dalla razionalità occidentale.In questa scala evolutiva era coinvolto quel particolare
modello di organizzazione del simbolico identificante che sottintende ciò che
definiamo “ religione”.
L’aspetto più alto,più compiuto,in quanto più “razionale” era rappresentato dai
grandi sistemi religiosi dei monoteismi mentre ai gradini inferiori si collocavano
quelle forme più infantili,più confuse che i teorici dell’800 dal filosofo positivista
August Comte al padre dell’antropologia Robert Tylor definivano
idolatria,animismo ecc,cioè espressioni del simbolico dei cosiddetti “selvaggi” .gli
abitanti delle Americhe,Africa,Australia e Oceania. Quelli che comunque ancora il
filosofo dello storicismo B.Croce non esitava a definire degni di attenzione
..zoologica.
Anche il parametro religioso in parallelo con il grado di sviluppo tecnologico veniva
assunto come prova della “evoluzione” di un popolo,della sua Geistgeschichte, storia
dello Spirito,intesa come storia dello sviluppo spirituale.Il modo di pensare e
rappresentare il divino,dio, diventava un parametro per classificare qualitativamente
le culture,anche da un punto di vista strettamente laico.
L’origine di questo atteggiamento spiccatamente occidentale anche quando laicizzato
ha una matrice religiosa .Si radica nel riconoscimento di uno statuto esclusivo ,che
nello specifico può essere espresso dal monoteismo etnico yhavistico di Israele
come dall’assolutezza ecumenica del cristianesimo postcostantiniano. E continuato
dalla irriducibile imposizione rivendicata dalla rivelazione “ultima” di Maometto
che ha il suo esito radicale nei fondamentalismi islamici contemporanei .
La certezza della conoscenza di un ’univoca verità consente ai suoi detentori di
organizzare una scala di giudizi di valore a partire dalla propria ottimale piattaforma
raggiunta o per meriti congeniti ( di stirpe,di razza !) o per carisma ( elezione,scelta
da di Dio !).
La utilizzazione del parametro religioso come metro di giudizio culturale ha una
lunga storia nel pensiero occidentale.
Esplode in età moderna nella controversia sulla religione dell’umanità primitiva che
contrappone i deisti inglesi del XVII secolo come E. Herbert of Cherbury,John
Toland, R.Cudworth agli illuministi immediatamente successivi J.Locke,P.
Bayle,David Hume.
I deisti riprendevano l’antica dottrina platonica e stoica che richiamava l’esistenza
di un “ consensus gentium “ un consenso di tutti i popoli sull’idea di un divino
concepito in forma unitaria,idea che si riteneva appartenere al bagaglio innato di
tutte le popolazioni umane ,parte diremmo oggi del patrimonio genetico.
Così Herbert of Cherbury nel suo De veritate (1624) e nel De religione gentilium
errorumque apud eos causis (1663). L’ipotesi deista permetteva di accomunare tutte
le popolazioni viventi sulla terra nell’omaggio ad un’idea di dio comune a tutti dalla
quale per cause diverse la maggior parte delle genti si sarebbero progressivamente
allontanate.Essa permetteva di riallineare in una prospettiva che possiamo in
qualche modo definire “pia” da pietas come rispetto religioso,tutti i popoli su una
base di partenza unitaria.
Questa prospettiva risultava nel contesto dell’epoca utile anzi necessaria in quanto
ridava comunque dignità “umana” a quegli “ alieni mostruosi ,i selvaggi “che la
copiosa saggistica di viaggi descriveva come sessualmente perversi,
diabolici,cannibali, idolatri,o addirittura non pienamente umani ,muta animalia.
Perversi e diabolici erano gli indigeni centro americani per Gonzalo Hernandez de
Oviedo y Valdes autore di due grosse opere sulle Indie occidentali di recente
conquista per conto dei regnanti di Spagna,in particolare vedi la Historia general y
natural de las Indias (1535-37).
L’atteggiamento religioso articolato e complesso basato su un ritualismo cruento
osservabile presso popoli di “alta cultura” come i Messicani suggeriva al geusita
Josè de Acosta inviato di Filippo II l’ipotesi che i loro culti fossero un diretto
suggerimento diabolico.Da ciò la necessità di un drastico intervento di tipo
“esorcistico”.Vedi il De procuranda Indorum salute, Salamanca 1598.
Al contrario l’apparente assenza di religione notata da Marc Lescarbot tra gli
indigeni della Nuova Francia ( Histoire de la Nouvelle France ,Parigi 1609) li
rendeva così bisognosi di tutto che la predicazione del Cristo poteva essere assorbita
in modo del tutto immediato.
Paul Raguenaeau ,autore di una Relation de ce qui c’est passé dans les pays des
Huron,Pays de la Nouvelle France dés annés 1647-1648 (Paris 1649) usa per gli
Uroni la definizione dell’apologeta Tertulliano per definire l’inclinazione
“naturale”,registrabile tra barbari e gentili alla ricerca della “verità”……
Questi pochi esempi sono già di per sé sufficienti ad illustrare l’atteggiamento degli
uomini europei verso i tipi di umanità nuova che l’allargamento degli orizzonti
geografici andava scoprendo.
I deisti inglesi del ‘600 Herbert of Cherbury, John Toland ecc.sottolineavano la
comune qualità dell’intera razza umana la sua unità nel possedere un concetto
generale del divino,quindi individuavano nella qualità religiosa ,nell’homo
religiosus ,la sostanziale unità e identità della razza umana .
Quest’idea comune del divino è associata dai deisti al concetto innato della
sovranità,dell’autorità, considerato necessario per la costruzione di un modello
qualsiasi di ordine. L’ordine può essere garantito solo dal funzionamento di una
fonte unitaria di potere,in terra come in cielo.
Sarebbe questa la situazione più semplice ed ovvia.
Qui si fa centrale la nozione di un’ entità pensante , interpretata come un Dio che da
solo regola il mondo.Una figura che in questa prospettiva compare in mezzo ad
altri dei ,altre potenze in tutti i sistemi religiosi noti di tipo politeistico come un
grande dio sovrano.
Il concetto di sovranità permette di comparare Iuppiter Optimus maximus romano,lo
Zeus Pantokrator greco, con lo Yhwe ebraico che tuttavia ha dalla sua parte come
modello distinguente il fatto di voler essere “solo”.
Per R. Cudworth (The true intellectual System of the Universe,London 1678) l’idea
della potenza sovrana e unica era ben presente nei sistemi politeistici dell’
antichità.Cita gli esempi di Zoroastro e Orfeo (!) come i più eminenti personaggi tra i
politeisti rappresentanti della tendenza monoteista di fondo che sarebbe comunque
presente presso i popoli più dotati. : nonostante riconoscessero altre potenze, altri
dei,la loro devozione andava ad un’ unica divinità suprema. Si trattava di un modello
che più tardi alla fine del XIX secolo fu definito enoteismo ,riconoscimento di una
potenza unica.
L’ipotesi deista della nozione innata di una potenza unica come un Dio Sovrano
del mondo, si accordava con l’idea della creazione come atto fondante unitario da
parte di un Dio sovrano .La figura di un Essere Supremo creatore nelle “mitologie
primitive” fornisce ciò che manca al Dio Sovrano investito di potere totale ma su un
mondo che non gli appartiene perché non è stato creato da lui.Il modello del dio
Unico Sovrano ma anche creatore ,il modello del Dio ebraico si proponeva così con
forza anche su un piano logico come espressione di un potere veramente assoluto.
Il dibattito su quando l’umanità si allontanò dal riconoscimento dell’Unico Dio
sovrano interpretato come il dio ebraico della creazione era stato un tema presente
già nella riflessione tardogiudaica.
Le cause della devianza sono riassunte programmaticamente in un celebre testo
noto come La sapienza di Salomone,composto in Alessandria d’Egitto tra il II -I
a.C.inserito nella traduzione greca dei LXX ,escluso dalla Bibbia ebraica ed accettato
come scrittura rivelata dal Concilio tridentino.
Per la Sapienza la “distruzione” della vita umana comincia con la heuresis
invenzione ,dell’arte figurativa,invenzione delle immagini ,degli idoli.
Questo è anche l’inizio della porneia ,prostituzione legata alla epinoia eidolon, il
desiderio degli idoli ,il desiderio per ciò che non è vero,l’immagine (14,12).
Segue il racconto della fondazione del culto politeistico,riconoscimento di altri dei
accanto al primo, solo e vero, come frutto di una illusione.
L’inizio dell’allontanamento nasce dal desiderio inteso come irrefrenabile
rimpianto di un padre in lutto per la morte del figlio.Un desiderio immenso che crea
anche ,per poter continuare a vivere, la destorificazione della morte del figlio
Fu un padre infatti che fece una prima immagine del figlio e si mise ad onorarla hos
theos ,come un dio.
Con il passare del tempo l’uso,nomos,si consolidò e immagini scolpite furono
oggetto di onore per ordine dei tiranni che così,attraverso l’immagine,si
presentavano,diventavano visibili emphaneis, ai loro sudditi.
L’idolatria ,essenzialmente come “culto di ciò che non è” ,si presenta dunque come
segno della ignoranza e della hybris umana che pur di garantire la presenza
dell’oggetto del proprio desiderio accetta ogni finzione.Accetta i finti dei e con essi i
finti valori.Scambia il non vero per vero. In questo senso interpreta il passo anche
Calvino.
Ma l’argomentazione viene da lontano ed ancora una volta è greca.
Ricorda il tema della illusorietà dell’immagine, ciò che appare già per Stesicoro e poi
di Euripide la causa scatenante una “prima “guerra ,la guerra di Troia.
Fu combattuta non per vendicare l’oltraggio di un a donna fedifraga ma per un
fantasma,un eidolon . Secondo un’ intepretazione che contraddice radicalmente e
significativamente la “verità” della libera scelta di Elena che abbandona
consapevolmente marito e figlia per seguire il suo bellissimo amante ,la “vera” Elena
non si sarebbe mai messa in una simile situazione . La vera Elena risparmiata nella
sua riservatezza di moglie e madre sarebbe rimasta viva e casta e fedele,come
ospite di un re , un faraone , nella esotica terra d’Egitto.
E’l’argomento dell’Elena di Euripide ma anche motivo di discussione sofistica. Il
tutto richiama in primo piano proprio la condanna platonica della mimesi e la storia
della ricezione di quella condanna.
L’inizio dell’ idolatria, fede accordata a dei falsi, inesistenti con allontanamento dal
culto per il vero dio, è fissata all’ epoca antidiluviana .Diventa in ogni caso
argomento di riflessione dei teologi gesuiti del XVII secolo come lo era stata nella
riflessione del pensiero ebraico medievale di Maimonides(1138-1204).
Tutti coloro che ne sono stati o ne sono vittime sono automaticamente diversi, degli
esclusi,puniti,peccatori,o semplicemente meno dotati:individui
gruppi,popoli,etnie,razze.
Interessante notare come anche per l’ateo razionalista Francesco Maria Arouet
Voltaire (1694-1778) il problema religione diventa un metro di valutazione delle
differenti potenzialità delle stirpi umane .La credenza in un dio unico pare a Voltaire
la più semplice e più consona ,secondo natura ,a rispondere alle esigenze dell’animo
umano .Tuttavia questa idea comune all’umanità tutta sino dalle origini si sarebbe
progressivamente degradata,sfaldata,e sarebbe stata riscoperta più tardi dalla
elaborazione monoteista che appare in ogni caso testimonianza di una capacità
intellettuale superiore ( / (cfr. Dictionnaire Philosophique ,1764,s.v.
athée,athéisme,idole).
Per Gian Giacomo Rousseau, (1712-1778) considerato da Levi Strauss il padre
dell’etnologia moderna prima forma di religione di un’umanità ancora allo stato di
“natura”,un’umanità “selvaggia”,è invece il feticismo.Dove il termine appare
mediato immediatamente da quelle prime opere di storia comparata delle religioni
che si segnalano nel secolo XVIII : il volume di padre P.Lafiteau ,Moeurs des
sauvages américaines comparées aux moeurs des premieres temps,Paris,1724 e
soprattutto il Du culte des dieux fétiches Paris 1760 di Charles de Brosses.
Il punto di vista roussoiano era destinato a rimanere esplicita base di giudizio sul
problema dell’origine della religione nella etnologia e storiografia religiosa del
secolo XIX e oltre.
Il fatto che il monoteismo ,forma religiosa particolare,circoscritta,con il suo Dio
trascendente ,onnipotente,eterno,creatore e continuamene presente nella storia,sia il
modello religioso adottato,attraverso la interpretazione del cristianesimo, dalle
culture,dai popoli,dalle nazioni ritenute all’avanguardia nello sviluppo concettuale e
tecnologico ,appariva sempre più un motivo per rafforzare la fiducia nella superiorità
della formula e giustificare così il predominio delle nazioni che l’avevano espressa.
Tenendo conto di questa premessa il dibattito sul monoteismo rivela tutta la sua
peculiare portata non solo teologica ma anche ideologica e politica.
Scoperto dall’etnologia l’Essere Supremo si prestava a rilanciare la tesi tradizionale
di una rivelazione a tutta l’umanità che si ricomponeva in una ideale unità proprio
grazie la riconosciuta origine da un unico Padre.
L’atteggiamento echeggia riplasmandola in chiave storica l’ideologia illuministica
di fondo che troviamo ad esempio nel l’emblematico dramma di Lessing Nathan der
Weise ( Nathan il saggio,)1779.
La tesi della rivelazione a tutte le genti è sostenuta appunto dal gesuita Wilhelm
Schmidt nella monumentale ricerca sull’Origine dell’idea di Dio (Der Ursprung der
Gottesidee )sulla base di una formidabile raccolta di documentazioni tra le
popolazioni considerate le più primitive dal punto di vista della cultura materiale, dai
pigmei africani ai fuegini sud americani .Opera in 12 volumi dal 1912 al 1955.
Nello stesso contesto culturale tuttavia l’esame analitico delle fonti e la messa in
prospettiva storica di tutto il materiale raccolto consentiva un approccio diverso.
E’ la via seguita dallo storico delle religioni Raffaele Pettazzoni che si inserisce nella
disputa con il tenace e lucido proposito di conoscere e scrivere “la storia” di Dio.
Pettazzoni inizia questo percorso con un primo volume di una serie che resterà
purtroppo incompiuta.La prima monografia porta il titolo : Dio,formazione e
sviluppo del monoteismo nella Storia delle Religioni,Roma 1922.
Il contributo di Pettazzoni si definisce anzi tutto nella destrutturazione della figura
composita del dio monoteistico della tradizione giudaico cristiana alla ricerca di
alcuni tratti individuanti che consentiranno la ricostruzione del percorso storico sino
al raggiungimento della morfologia finale.
Tra i tratti identificanti -accanto e forse anche prima della creatività- Pettazzoni
enuclea l’onnipotenza-onniscienza ,in quanto solo da questo presupposto può
dipendere l’esercizio di un potere assoluto,compreso quello della creazione.
Nella ricerca dell’onniscienza come tratto distintivo presente nei Supreme Beings
“primitivi”come nei pantheon politeistici delle più “evolute” religioni precristiane o
extracristiane comunque non monoteiste,Pettazzoni isola la tipologia dell’essere
supremo uranico,legato manifestamente alla luce ,alla potenzialità visiva.
Si tratta di un Essere facilmente individuabile secondo l’autore in culture nomadopastorali ,adatto a passare nei funzionali pantheon dei politeismi evoluti ,al ruolo di
grande dio.
Tuttavia -avverte Pettazzoni-solo in determinate circostanze ad un dio di questo tipo
poteva capitare la ventura di diventare il dio solo uno,il dio di un popolo e poi il dio
di tutti i popoli.
“In questo senso che è il senso storico-culturale ,Zeus -scrive Pettazzoni -è
omogeneo a Yahve,o più esattamente all’antecedente premosaico di Yahve.Se Yahve
non è il dio supremo di una religione politeistica ,ciò riguarda il diverso destino
storico delle rispettive religioni,l’ebraica e la greca ,e non dirime l’originaria
omogeneità dei due iddii ,inerente alla loro pertinenza -in ultima istanza - a civiltà
omogenee “ (Pettazzoni ,1957,p.157).
L’omogeneità sottintesa è quella situazionale di base data dall’economia pastorale
delle tribù indoeuropee ,luogo di origine accettato per i popoli greci ,alle quali
appartiene la prefigura di Zeus ,ma anche situazione ecoeconomica analoga a quella
delle tribù nomadi ebraiche alle quali appartiene la prefigura di Yhwe .
Il passo citato è molto importante per la lucida presa di posizione dinanzi a quella
che diventa libera invenzione storica di quell’idea del Dio unico e uno .Quella
invenzione che Dürenmatt indica comunque come “die folgenschwerste Entdeckung
des Menschen unabhanging ob es Gott gibt oder nicht” (1976,p.186)
Dio è dunque una Entdeckung,”una scoperta, le cui conseguenze sono di
incalcolabile valore a prescindere dal fatto che, Dio esista o no”.