Sandro Ricaldone su Roberto Agus

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Sandro Ricaldone su Roberto Agus
ROBERTO AGUS
C'è chi sostiene non abbia alcuna importanza che Roberto Agus sia nato come musicista
punk, che vesta in un certo modo (assai singolare), che frequenti certi locali a preferenza
di altri. Che conta unicamente come sa stendere il colore (il nero, in specie) sulla tela,
comporre le figure o quanto abbia saputo evolvere dall'inizio - ancora recente - della
carriera.
Io non mi trovo d'accordo. O meglio non m'interessa stabilire se, sotto questi riguardi,
Agus meriti un sette o magari la lode. Ritengo sia più importante - per comprenderne il
lavoro - cogliere il rapporto d'osmosi che l'unisce all' "epoca" (di cui carpisce le
suggestioni) ed all'ambiente. Rendersi conto di come, in effetti, aderisca alla sua opera.
Di come vi si aggiri, sotto le spoglie di "Plasmodio", di "pudico trovatello", di mosca
importuna che aleggia ovunque, indossando le deformazioni dei suoi personaggi come
acconciature, in giardini panneggiati di carciofo, disseminati di missili.
E' questo a consentirgli d'isolare situazioni maliziose e straniate, capaci sempre di
"catturare" l'attenzione. Certo, una così totale immersione nei vapori della
contemporaneità rappresenta anche un rischio, un limite. Come negarlo? Talvolta però
l'indifferenza ai problemi (virtù che Agus coltiva disinvoltamente) è anche un buon modo di
aggirarli. E perché preoccuparsene, d'altronde, sinché le immagini ci avvincono o ci
inquietano?
s.r. (1985)
AGUS TRA IL PUNK E KLIMT
La pittura di Roberto Agus è emersa, nel primo scorcio degli anni '80, dal magma del punk
(in un ambito di contiguità fra espressione sonora e visiva contrassegnato da una mobilità
estrema nel fagocitare inquietudini metropolitane ed immagini filmiche) già definita nei suoi
tratti essenziali: un disegno acuto e sottilmente ironico che, se da un lato rimanda alle
contemporanee esperienze di illustrazione fumettistica, assorbe per altro verso la
raffinatezza di certe soluzioni beardsleyane; un colore steso in campiture piatte e giocato
in contrasti a un tempo irreali e stridenti; un universo fantastico ove, senza forzature
drammatiche, in un contesto di rimarcata indifferenza, vengono introdotti simulacri e temi
ossessivi, esemplificati dalla flora aggressiva e debordante, così come dalla perturbante
presenza di insetti o dalla crudele inespressività delle figure infantili.
L'evoluzione successiva della sua opera può essere letta come una prosecuzione del
vagabondaggio - fertile e dispersivo, apparentemente casuale ma praticato in realtà,
secondo un criterio di affinità elettiva - nella sfera dell'immaginario, che lo conduce (attorno
al 1985) ad una originale rivisitazione di motivi attinti dalle Secessioni mitteleuropee e, in
specie, dalla lezione klimtiana, (di cui gli risulta congeniale la soppressione della
profondità della rappresentazione visiva nonché la propensione decorativa) e quindi ad
elaborare una sorta di ciclo, tuttora non esaurito, di lavori sul tema luttuoso dell' "albero
della vita" (in realtà piante che fruttificano teschi) nel quale si riscontra una aderenza
profonda alle atmosfere del decadentismo nordico.
s.r. (1987)