Il bello essenziale
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Il bello essenziale
© Marie Clérin The Art Institute of Chicago. Friends of American Art Collection mobili L o scorso marzo a Maastrich, tra gli stand di Tefaf 2015, uno in particolare ha colpito l’interesse di pubblico ed esperti: quello di François Laffanour della Galerie Downtown di Parigi (www.galeriedowntown.com). Laffanour, in collaborazione con il mercante d’arte contemporanea e collezionista Philippe Ségalot e con lo Shaker Museum di Mount Lebanon, nei pressi di New York, aveva infatti ricreato il tipico interno domestico Shaker, una delle più radicali comunità religiose e d’utopia comunitarista formatesi negli Stati Uniti nel corso del XIX secolo. «Presentare arredi Shaker ci era sembrato un azzardo, considerato che questa produzione è poco nota fuori da- Il bello essenziale Lo stile Shaker Semplici, funzionali, rigorosi. Sono gli arredi prodotti con legni locali da una delle comunità protestanti più radicali degli Stati Uniti nel corso del XIX secolo. Letti, tavoli da pranzo, sedie, panche, credenze e utensili ricercati ancora oggi per la loro modernissima eleganza di L aura Signoretti 94 ● Antiquariato Pagina a sinistra: “American Gothic”, 1930, olio su tavola di Grant Wood, cm 78x65,3 (The Art Institute of Chicago). In questa pagina: lo stand di Laffanour-Galerie Downtown/Paris & Philippe Ségalot a Tefaf 2015 con stufa a legna in ghisa del 1840/ 1850, letto in acero e pino del 1850/60, sedia a dondolo in acero del 1840 circa. Tutti i pezzi presentati in questo servizio sono della Galerie Downtown. © Matthew Kroening Etica & estetica. L’estetica Shaker è tutt’uno con il per- acero con seduta a intreccio verde, 1880 circa. Qui sotto: “candle stand” in ciliegio, 1830 circa. corso spirituale che informa le scelte di vita di questo movimento protestante, nato a Manchester intorno alla metà del Settecento e affermatosi negli Stati Uniti nel secolo successivo. I cardini sui quali ruota la quotidianità degli Shaker sono il celibato, il pacifismo, l’uguaglianza tra i sessi, la vita in comunità In basso: panchina per sala con conseguente riunione con ricerca di ordine, seduta in pino, purezza e unione. piedi e schienale Il lavoro è collettiin betulla, vo, gli spazi abitarifinita a tinta bruna, 1840 circa. tivi comuni (sebbene divisi tra uomini e donne), gli oggetti di proprietà e d’uso comunitari. Tutto questo si riflette sugli arredi e sugli accessori prodotti dagli Shaker principalmente con legni locali: ciliegio, acero, pino. Ecco allora spiegate le grandi dimensioni delle tavole da pranzo, che spesso raggiungo- Sotto, da sinistra: raro panchetto a no anche i sei metri di lunghezza per dondolo in acero, e schienale poter ospitare fino seduta a intreccio verde, a una ventina di cinghie in cotone, persone. O i letti anni Novanta del XIX secolo; © Matthew Kroening Shaker una sana ammirazione per il lavoro artigianale – entrambi, per la maggior parte, sono stati prima di tutto falegnami ed ebanisti –, e la ricerca della qualità e della funzione. La decorazione è superflua, in linea con il motto Shaker che recita: «Ciò che ha in sé la più grande utilità, possiede la più grande A sinistra: sedia a dondolo in bellezza». © Matthew Kroening gli Stati Uniti, ma la reazione del pubblico ha superato tutte le nostre aspettative», ricorda Laffanour. A conquistare visitatori, esperti e collezionisti è stato, senza dubbio, lo stile minimalista di questi arredi che, in un certo senso, anticipa quello scandinavo tanto apprezzato dal mercato contemporaneo. Sir Terence Conran (1931), designer inglese e collezionista di mobili Shaker, osservando la profonda influenza di questi ultimi su quelli prodotti nel Nord Europa nel XX secolo, ha scritto che i progettisti scandinavi hanno in comune con quelli © Matthew Kroening A proposito degli arredi Shaker, il gallerista parigino François Laffanour ha osservato come i pezzi più belli raggiungano cifre importanti in sede d’asta. È il caso di un lavabo a tre cassetti in pino, firmato e datato “James V. Calver, April 1862” che è stato battuto dalla casa d’aste Willis Henry a Pittsfield, nel Massachusetts, il 6 settembre 2014, per circa 135mila euro. O ancora un tavolo da pranzo realizzato in ciliegio e pino tra il 1820 e il 1840 che sempre da Willis Henry, l’8 settembre 2012, ha più che duplicato la stima di partenza superando i 155mila euro. Nella stessa asta, un cestino in acero e pino è stato venduto a circa 50mila euro. © Matthew Kroening in asta CIfre importanti per i pezzi più belli che, destinati ai dormitori, erano dotati di ruote per facilitare gli spostamenti e sempre dipinti di verde. «La ragione di questa scelta cromatica non è certa», precisa Laffanour, «ma è possibile che sia stata adottata per creare una sorta di standardizzazione e dunque evitare invidie in seno alla comunità». Nella credenza multifunzionale maggior parte dei a sei cassetti casi però la scelta in pino dipinto dei colori – giallodi rosso e pomelli grigio, giallo-arandi porcellana, cio, marrone, salanni Cinquanta dell’Ottocento. mone, verde, blu – con i quali sono dipinti e/o verniciati gli arredi non è in alcun modo regolata. Alle panche si affiancano ben presto sedie che si caratterizzano per solidità e leggerezza, tanto da poter esser appese capovolte ai ganci alle pareti, consentendo una migliore pulizia e un minor ingombro ed evitando che il tessuto colorato e a intreccio delle sedute scolorisca. E grande successo hanno anche le sedie a dondolo, che continuano a essere ricercate per la qualità e il comfort. L’obiettivo degli Shaker è sempre quello di creare un am(continua a pagina 99) una credenza a venti cassetti in pino dipinto di giallo, pomelli in ciliegio, 1840 circa. Un’alta credenza in pino dipinto di grigio prodotta tra gli anni Venti e Quaranta del © Marie Clérin In primo piano, un grande tavolo da pranzo – è lungo 6 metri – in betulla e ciliegio, 1840 circa; XIX secolo e una coppia di sedie in acero con seduta beige e marrone del 1880-1890. © Marie Clérin (segue da pagina 97) 98 ● Antiquariato Collezionisti d’eccezione. Un interesse che oggi non accenna a di- K roenin g Sedia a dondolo del 1830 circa in acero dipinto in toni arancio, braccioli in colore bruno e seduta in patchwork di tessuto. thew © Mat biente in armonia con la loro scelta di vita e il rispetto dei mobili e degli oggetti che essi condividono, dalle credenze ai cassettoni, dagli attrezzi ai banchi da lavoro, ne spiega l’eccezionale stato di conservazione in cui si trovano ancora oggi. La semplicità lineare e formale, la funzionalità, l’eleganza non ricercata, ma senza tempo, fedele al motto Shaker secondo il quale ciò cui si dà forma sia semplice e per il meglio, ha fatto la fortuna di questa produzione. E da quando gli Shaker, che intorno al 1850 raggiunsero la cifra record di seimila fedeli ripartiti in diciotto comunità, cominciarono ad abbandonare i propri villaggi e a vendere i beni comunitari di cui non avevano più bisogno, l’interesse mercantile e collezionistico verso questi oggetti è cresciuto in maniera esponenziale. minuire, anche se il mercato dei mobili Shaker, data la loro rarità, è di nicchia e localizzato soprattutto negli Stati Uniti dove si trova la maggior parte dei pezzi. «I più belli, all’asta, raggiungono anche cifre considerevoli», sostiene Laffanour, «spaziando dai diecimila euro per una sedia a dondolo agli oltre trecentomila euro per i pezzi più importanti. A fare il prezzo sono la rarità, la qualità e lo stato di conservazione». E continua: «L’estetica minimalista e sobria di questi arredi si accorda perfettamente con l’universo contemporaneo, che si tratti di arte o di design». Non stupisce allora che tra gli estimatori di questi arredi si contino galleristi d’arte come Philippe Ségalot e, in passato, Leo Castelli. E artisti come Bob Wilson, Ellsworth Kelly e Damien Hirst, controverso genio dell’arte contemporanea che, nel suo giardino, ha una piccola casa Shaker. Antiquariato ● 99