Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5859 Anno 2016
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Data pubblicazione: 24/03/2016
SENTENZA
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t sul ricorso iscritto al numero 25398 del ruolo generale
dell'anno 2010, proposto
da
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura dello
Stato, presso gli uffici della quale in Renna, alla via dei
Portoghesi, n. 12, si domicilia;
ricorrentecontro
s.r.l. Eurocom Trading in liquidazione, in persona del
liquidatore pro tempore, rappresentato e difeso, giusta
procura speciale a margine del controricorso, dall'avv.
Paolo Bassano, col quale elettivamente si domicilia in
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Roma, al corso Vittorio Emanuele II, n. 18, presso lo studio Grez ed associati;
-controricorrenteper la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale delle
Marche, sezione 1, depositata in data 6 agosto 2009, n. 191/1/09;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 2 febbraio 2016 dal
consigliere Angelina-Maria Perrino;
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udito per l'Agenzia delle entrate l'avvocato dello Stato Pietro Garofoli;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Tommaso
Basile, che ha concluso per raccoglimento del ricorso.
Fatto.
L'Agenzia delle entrate ha notificato alla contribuente un avviso di
accertamento col quale ha recuperato, in relazione all'anno d'imposta 2003, per
quanto ancora d'interesse, l' iva concernente le cessioni intercorse con due
imprenditori con sede nella Repubblica di San Marino, in quanto le fatture relative
erano prive del codice identificativo del cliente e, pur essendo inserite nel registro
delle vendite, non erano corredate degli adempimenti dell'ufficio tributario di San
Marino, ossia della marca e del timbro a secco. Di qui, secondo l'ufficio,
l' inapplicabilità del regime di non imponibilità delle cessioni e la conseguente
inapplicabilità del regime di sospensione dall'imposta.
La società ha impugnato l'avviso, ottenendone l'annullamento dalla
Commissione tributaria provinciale; quella regionale ha respinto l'appello
dell'Agenzia, sostenendo che gli adempimenti in questione, previsti dall'art. 4 del
d.m. 24 dicembre 1993, non siano indispensabili per il riconoscimento della non
imponibilità delle cessioni, là dove la contribuente ha provato l'esistenza e
l'operatività delle imprese sammarinesi.
Avverso questa sentenza propone ricorso l'Agenzia delle entrate per ottenerne
la cassazione, che affida a quattro motivi, cui la società replica con controricorso,
che illustra con memoria.
Diritto.
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An lina aria Perrino estensore
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1.-Con i primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè
concernenti la medesima censura, l'Agenzia lamenta:
-ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 71 del d.P.R. 633/72,
nonché degli art. 3 e 4 del d.m. 24 dicembre 1993, là dove il giudice d'appello ha
affermato che l'omessa indicazione nelle fatture del numero identificativo del
secco dell'ufficio tributario sammarinese sono mere irregolarità formali, inidonee ad
escludere l'applicabilità del regime di non imponibilità delle cessioni —primo
motivo;
-ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l'insufficienza della motivazione in ordine
al fatto controverso e decisivo dell'effettiva fuoriuscita dal territorio nazionale dei
beni ceduti da una società italiana a due imprese sammarinesi, contentandosi della
documentazione fotografica relativa alle sedi, ai magazzini ed ai mezzi di trasporto
dei cessionari, nonché delle fatture regolarmente numerate e datate, riportanti
l'indicazione dell'emittente e della destinataria, corredate delle bolle di
accompagnamentoe dei bonifici bancari attestanti il pagamento dei corrispettivi —
secondo motivo.
2.- L'art. 71, comma primo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nel testo
applicabile all'epoca dei fatti, stabilisce che <<le disposizioni degli articoli 8 e 9 si
applicano alle cessioni eseguite mediante trasporto o consegna dei beni nel
territorio..., della Repubblica di San Marino ed ai servizi connessi, secondo modalità
da stabilire preventivamente con decreti del Ministero delle finanze in base ad
accordi con i detti Stati >>.
L'accordo di Cooperazione ed Unione Doganale tra la Comunità Economica
Europea e la Repubblica di San Marino firmato il 16 dicembre 1991 ed in vigore
dall'i aprile 2002 istituisce formalmente un'unione doganale tra la Comunità
europea e la Repubblica di San Marino <<per quanto riguarda i prodotti di cui ai
capitoli da 1 a 97 della tariffa doganale comune>>(art.2), di guisa che «gli scambi
commerciali tra la Comunità e la Repubblica di San Marino vengono effettuati in
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cessionario sammarinese e l'omessa apposizione su di esse della marca e del bollo a
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esenzione da tutti i dazi all'importazione e all'esportazione, comprese le tasse di
effetto equivalente» (art. 6, comma 1).
Ciò non toglie, tuttavia, che <<il territorio di San Marino non può in alcun
modo essere considerato parte del territorio doganale della Comunità», in quanto
l'accordo in questione si limita a definire i territori cui esso si applica (secondo
considerando del regolamento CE n. 82/97 del Parlamento e del Consiglio del 19
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dicembre 1996).
Il che comporta che, ai fini dell'iva, la cessione operata da una società italiana
nei confronti di un'imprenditore sammarinese va qualificata come cessione
all' esportazione.
3.- Conserva per conseguenza attualità l'indirizzo della Corte (per
l'espressione del quale vedi, da ultimo, Cass. 24 giugno 2015, n. 13035), secondo
cui, in tema di cessione extracomunitaria dall'Italia verso la Repubblica di San
Marino, la violazione degli adempimenti di registrazione delle fatture di vendita,
mediante «presa nota a margine» nel registro iva, e l'omessa comunicazione delle
operazioni mediante il modello «Intral» non ostano alla non imponibilità
dell'operazione prevista dall'art. 71 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, che, alla luce
della disciplina comunitaria, non può essere condizionata ad adempimenti di natura
esclusivamente formale, laddove, al contrario, si rende necessario, per la certezza ed
incontrovertibilità delle operazioni extracomunitarie, che le fatture restituite
dall'acquirente sammarinese abbiano l'apposizione del «timbro a secco» circolare
contenente intorno allo stemma ufficiale sammarinese la dicitura: «Repubblica di
San Marino - Ufficio Tributario».
3.1.-Difatti, l'applicabilità del regime di non imponibilità stabilito per le
cessioni all'esportazione dall'art. 8 del d.P.R. 633/72 postula la prova della
destinazione della merce all'esportazione, la quale va fornita mediante
documentazione doganale, oppure per mezzo di vidimazione doganale sulla fattura o
su un esemplare della bolla di accompagnamento o del documento di trasporto,
oppure secondo modi e tempi previsti da appositi decreti ministeriali per le
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Maria Perrino estensore
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spedizioni postali, oppure ancora mediante attestazioni di pubbliche amministrazioni
del Paese di destinazione dell'avvenuta presentazione dei beni alle autorità
competenti di quel Paese; di contro, mezzi di prova di origine privata, come la
documentazione bancaria dell'avvenuto pagamento, nonché fotografica delle sedi,
dei magazzini e dei mezzi di trasporto su cui punta nel caso in esame il giudice
d'appello, non possono costituire prova idonea allo scopo.
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Regola, questa, che si evince dalla disciplina doganale, giusta l'art. 346 del
d.P.R 23 gennaio 1973, n. 43 (Cass. 6 settembre 2013, n. 20487) e gli art. 792, 793
e 795 del Reg. CEE 2 luglio 1993, n. 2454 (Cass. 18 febbraio 2015, n. 3193).
3.2.-Ne consegue che la previsione del d.na. 24 dicembre 1993, secondo cui
uno dei tre esemplari consegnati al cessionario sammarinese deve da questi essere
restituito munito della marca con timbro a secco apposto dall'ufficio tributario di
San Marino, tiene il posto, per le esportazioni dall'Italia verso quella Repubblica,
della documentazione doganale e di quella assimilata ordinariamente prevista dalla
normativa generale per assicurare la certezza e la incontrovertibilità delle
esportazioni extracomunitarie mediante un'adeguata rappresentazione documentale.
4.- Ne segue l'accoglimento della censura espressa col primo e col secondo
motivo di ricorso.
5.- Accoglimento, che si riverbera sugli ulteriori due motivi di ricorso, con i
quali l'Agenzia lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli art. 8,
comma 2 e 71 del d.P.R. 633/72, dell'art. 58 del di. 331/93, convertito dalla 1.
427/93, nonché degli art. 3 e 4 del d.m. 24 dicembre 1993, là dove il giudice
d'appello ha ritenuto che l'omessa indicazione in fattura del numero identificativo
del cessionario sammarinese e l'omessa apposizione su di essa del marca e del bollo
a secco dell'ufficio tributario sammarinese rappresentano meri adempimenti formali
(terzo motivo) e, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l'insufficienza della motivazione
in ordine al fatto controverso e decisivo del riconoscimento della qualità di
esportatore della società in relazione alle cessioni in questione alle società
sammarinesi (quarto motivo).
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5.1.-La mancanza d'idonea prova dell'esportazione non consente, difatti di
poter ravvisare in capo alla contribuente la qualità di esportatrice, ai fini
dell'applicabilità dell'art. 8 del d.P.R. 633/72.
6.- Il ricorso va in conseguenza accolto e la sentenza va cassata, con rinvio ad
altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche per l'esame delle
Per questi motivi
la Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad
altra sezione della Commissione tributaria regionale delle Marche.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2015.
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questioni ancora sub iudice, che provvederà anche a regolare le spese.