Edificio. Oggi è un gran giorno. Ho deciso di fare

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Edificio. Oggi è un gran giorno. Ho deciso di fare
Edificio.
Oggi è un gran giorno. Ho deciso di fare qualcosa di grande.
Di veramente grande.
Voglio essere ricordato da quelli che verranno dopo di me.
Entrare a far parte della storia è sempre stato il mio sogno
più ambizioso.
Mi chiamo Ermenegildo Baccetti di Sosa.
Mia madre non ha mai voluto rinunciare al suo cognome di
origine portoghese.
Mio padre, come Baccetti era di origine italiana. Comune,
semplice, e un po' banale, come lo sono io.
Ho cinquant'anni e si vedono tutti. Del resto la mia vita è
stata solo lavoro, lavoro, lavoro. Mio padre diceva che il
lavoro nobilita l'uomo. Io, ho sempre pensato che lo rende
schiavo.
Non sono sposato. Non ho figli sparsi per il mondo. E
qualche volta, con un po' di fortuna, incontro una donna
che vuole stare un po' di tempo con me.
Però, dopo poco, anche lei se ne va.
Sessualmente non sono mai stato quello che si definisce un
superdotato, anzi, forse anche sotto la media. Comunque
mi sono sempre difeso e nessuna si è mai lamentata.
Non sono bello, anzi, direi piuttosto bruttino. Piccolo,
grassottello e molto peloso. Il classico tipo che le donne
evitano. Sono arrivato fino alla quinta elementare e poi ho
lasciato gli studi, i professori affermavano che non ero
troppo intelligente. E i miei genitori si sono fatti convincere.
Difatti nella vita non sono arrivato a nulla. Beh… nulla non è
vero.
Solo l'uomo delle pulizie di un edificio di 55 piani. Quasi
tutti uffici di grandi imprese, consulenti finanziari, avvocati
famosi, aziende di comunicazioni, banche.
Ci sono almeno due banche a livello mondiale che hanno
istallato la loro sede in questo grattacielo. Per chi non lo
sapesse mi trovo a New York.
Almeno 15000 persone lavorano in questi uffici. Altrettante
o forse molte di più vengono qui giornalmente a fare affari.
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Ho provato anche a contarle ma perdevo facilmente il
conto.
Durante il giorno risiedono per lavoro le persone più
importante, più intelligenti, più preparate, più belle, più ben
vestite e educate del paese. Quelli che contano.
Quelli che vengono dalle migliori, buone, e ricche famiglie
borghesi della città.
Quelli che come dico io al mio amico Ernesto, non
mangiano per non andare in bagno e rendersi conto che
sono come me, perché fanno le stesse cose che faccio io.
Il più povero di questi geni, il più disgraziato di loro,
guadagna in un mese quello che io facendo gli straordinari
compreso il fine settimana riesco a mala pena a
guadagnare in un anno.
Dieci anni della mia vita per un anno della loro.
Anche se la mia vita non è gran cosa io ci sono affezionato
e per me qualcosa vale.
Pero io…Ermenegildo Baccetti di Sosa non ho mai aspirato a
essere uno di loro, anzi me ne frego. A vedere da come e
dove vivo non si capisce il perché del mio rifiuto.
Ci tengo a precisare che non sono comunista, e non
contesto il capitalismo. Per me ognuno può fare quello che
vuole, se é felice a me va bene, e se non lo é , mi va bene
lo stesso. Non vorrei essere come quelle cimici attaccate
alle scrivanie solo per un senso di libertà, ma niente di piú.
Tutti nella vita,credono di essere liberi in realtà sono degli
schiavi. Loro nei grandi uffici si muovono ubbidienti,
rispondendo ai (sì) e ai (no) che gli vengono imposti da
altri che sono stati considerati più intelligenti di loro.
Vestiti di tutto punto, con i capelli ben pettinati, profumati
come un campo di gelsomini, devono costantemente stare
attenti ai giudizi degli altri. La opinione generale é più
importante della loro.
Per riconoscersi portano appeso al collo con una catenina
un cartellino con scritto il loro nome. Quando vanno in
bagno, leggendo il cartellino allo specchio si ricordano come
si chiamano, chi sono, e forse alcuni anche da dove
vengono.
Non sono mai soli perché non sanno stare soli. Pensano che
la solitudine sia una debolezza e hanno fatto della
imbecillità una forza colletiva.
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Non hanno mai provato il piacere di pensare perché
pensare significherebbe fare uno sforzo, e l’unico sforzo che
sono disposti a fare, è quando vanno a giocare a padel nel
club sociale.
Gli orari di lavoro, che seguono scrupolosamente gli
vengono imposti, come gli alimenti che durante la pausa
possono ingerire al ristorante che si trova al 20º piano.
Non vanno per mangiare quelle pasticche pieni di ormoni,
vanno per essere visti. Lo capisco dai loro occhi che mi
osservano invidiosi quando vedono il mio panino fatto in
casa pieno di prosciutto , di formaggio pecorino, e una
bella bottiglia di vino rosso a farmi compagnia.
Loro bevano acqua per poter essere piú concentrati nel
lavoro. Non hanno mai tempo.
L amore poi, si riduce a una semplice convenienza.
Tutto è perfettamente organizzato e pensato perché la
società avanzi e le cose funzionino, le imprese continuano a
crescere, e gli uomini a essere sempre più infelici e
insoddisfatti.
Anche quando finiscono il lavoro, le preoccupazioni se le
portano a casa.
E per la notte prima di dormire gli conciliano il sonno.
Anche perché, detto tra noi, non ce n’è uno che scopi.
Hanno delle mogli belle, eleganti, prosperose , e con una
voglia di essere scopate che le si legge negli occhi.
Potrebbero quasi dipingerla su un muro. Ma loro schiavi
della società, pensano agli affari e gli affari non glielo fanno
diventare abbastanza duro.
Dopo 10 minuti li trovi distesi con le braccia allargate e le
gambe divaricate boccheggiando guardando il soffitto.
Mi sembra di vederli.
Sono schiavi di un meccanismo che gli sorregge e gli vende
la illusione di essere partecipi di un qualcosa d importante,
che in verità non è nulla.
Si dimenticano di vivere e approfittare del tempo che
scivola via silenzioso senza dare a nessuno la possibilità di
recuperarlo.
Saranno tutti dimenticati come granelli di sabbia sparsi dal
vento chissà dove.
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Anche il buongiorno che alcuni, mi danno la mattina quando
ci incontriamo in ascensore, è povero di vita. di forza, di
passione.
Anche io ho il mio ufficio nello stesso edificio. Nel sottosuolo
con vista al parcheggio dove diariamente posteggiano le
loro belle, e lucide auto, sempre nuove, senza un graffio,
senza polvere ,senza anima.
Plastica giapponese senza personalità. Tutte uguali. Come
uguali, solo i loro sogni, i loro desideri, le loro illusioni.
Io invece ho la mia Carolina. Una Fiat 500 del 50 celeste
chiaro con i sedili coperti da una pelle di agnello. Non mi ha
mai lasciato a piedi.
Quando tutti se ne vanno e resto solo, faccio entrare dopo
le 20.00 clandestinamente qualche amica che lavora nel
marciapiede davanti, e per 20 dollari mi fa felice.
Un piacevole sonnifero che prendo tre volte alla settimana.
Durante il giorno mi muovo liberamente per i 55 piani dell
edificio. Hanno bisogno di me, per andare avanti. Tutti
dipendono da me.
Il caffè cade al suolo, la scrivania non è pulita bene, il tubo
del bagno s intasa, la finestra non chiude bene, manca la
carta igenica. Tutte queste piccole cose sono
importantissime per andare avanti e funzionare.
Hanno bisogno del bidello Ermenegildo Baccetti di Sosa che
le risolva. Altrimenti il meccanismo si interrompe.
Quando attraverso i corridori mi guardano di sfuggita ma i
più intelligenti ridacchiano perché hanno capito chi
comanda.
Anche se sono ben pagati non lo sono mai abbastanza visto
che perdono l'allegria di vivere per un semplice problema.
In definitiva essere felici non significa fare quello che si
vuole ma bensì poter scegliere di fare quello che si vuole.
Ma loro non possono permettersi questa scelta. Questa
scelta è un lusso.
A Natale ricevo un regalo da molti di loro, che consiste in
un panettone, una bottiglia di vino, e una scatola di
cioccolatini. Non ce n'è uno che abbia un po' più di fantasia.
Quello che mi regalano in un giorno mi basta per
sopravvivere tutto l'anno.
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Il sabato e la domenica sono il padrone assoluto
dell'edificio.
Al mare d'estate, in montagna d'inverno e lasciano vuota la
città che non hanno mai avuto il tempo ne di vedere né di
conoscere anche se ci sono nati. Vuota come un deserto.
Al 55º piano c’è una terrazza da dove si può vedere tutta la
città di New York.
A volte esco sistemo uno sdraio, mi accendo una sigaretta,
apro una bottiglia di rum cubano di quelle buono, e mi
rilasso osservando il panorama.
Di notte è meraviglioso.
A volte pensó… solo qualche volta, anche se con molta
fatica penso… beh, diciamo che ci provo. E penso a come
sono fortunato a stare lì. Un privilegiato.
Oggi il privilegio non è stare in mezzo agli altri ma far sì che
gli altri non ti contaminano.
Io invece, non devo seguire gli ordini di nessuno, solo il mio
buon senso. Oggi il mio buon senso mi dice che è arrivato il
momento per dare il grande salto e fare qualcosa di
importante, di grande.
Ieri sera ho sognato che avrei potuto volare con tutto
l’edificio sulla luna e installarmi la da solo, per vedere il
mondo sotto di me.
L’edificio con dei motori istallati nel sottosuolo mi spingeva
con forza in alto. E io seduto sulla terrazza lo conducevo
come un pilota conduce un aereo.
Mi sono svegliato nella notte e ho chiamato Ernesto un altro
privilegiato come me che lavora nell edificio davanti al mio
dove ha sede uno dei giornali più famosi del mondo il New
York Times.
Ernesto lavora per milioni e milioni di persone che ogni
giorno leggono quel giornale. Lo svegliai e le comunicai la
mia idea. Solo in parte, certo, non volevo che per invidia o
gelosia la facesse prima di me.
Anche Ernesto mi ha confessato che anche lui un giorno
voleva andare sulla luna, ma non sapeva come fare.
Ernesto conosce personalmente il capo assoluto e supremo
della redazione.
Si chiama Jordi, di Murcia.
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Lo vede tutti i giorni sempre vero le 11 di mattina per
andarli a stasare il vater.
Nonostante sia uno degli uomini più importanti del New
York e calcoli alla perfezione i bilanci della sua impresa, non
è ancora riuscito a calcolare esattamente quanta carta
igenica deve utilizzare per pulirsi bene il culo. Forse a
pensarci bene non è proprio così intelligente o forse a un
culo troppo grande.
Questa mattina ho preparato con cura la valigia mettendoci
dentro tutto il necessario per fare questo viaggio.
Quello che non sono riuscito a trovare, lo comprerò in
qualche negozio lassú, infatti ho preso i miei risparmi per
fare spese. Prima di iniziare il lavoro mi sono visto con
Ernesto per fare un caffè e l’ho pregato di consegnare una
busta con la lettera scritta da me al direttore del suo
giornale. Jordi di Murcia.
Prendendolo sottobraccio come si prende un amico al quale
si vuole confidare un grande segreto gli ho detto:
-Ernesto vorrei che il tuo capo leggesse la mia lettera, e
magari la pubblicasse sul suo giornale.
-Ma tu sei pazzo! -mi risponde Ernesto- credi che la tua
lettera possa interessare a qualcuno? ma se sai appena
parlare, adesso che fai, ti metti anche a scrivere?
Amico mio sei piu scemo di una chitarra senza corde.
-Ma non capisci che farò qualcosa di grande ,di importante,
di único?
Ermenegildo Baccetti di Sosa, un semplice bidello, ha
scoperto il modo di volare sulla luna. Questa lettera
racchiude un segreto. Un grande segreto.
Ma non capisci? Potremmo diventare milionari.
-Ma tu sei scemo. Sei pazzo come un cavallo.
-Piu tardi saprai il mio segreto, e capirai che non sono poi
così pazzo.
Ma non devi andare via dal suo ufficio finché il tuo capo
non ha letto la lettera. Me lo devi promettere! Lo devi
portare davanti alla finestra principale affinché possa
vedere lo spettacolo.
-Va bene, va bene… -mi risponde incrédulo- te lo prometto
parola d’amico. Gli darò la lettera davanti alla finestra da
dove si vede il tuo edificio.
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Anche se Ernesto é curioso le ho fatto giurare di non aprire
la busta.
Sono arrivato prima al lavoro e ho aspettato almeno uno
ora che tutto l’edificio si riempisse di schiavi.
In 15, 20 minuti Ernesto consegna la lettera da me scritta
al suo direttore del New York. Mi ricordo perfettamente le
parole che ho scritto. Mi piacerebbe vedere la faccia che di
Ernesto ad ascoltare quelle parole.
Egregio direttore:
A lei che è una persona importante e inteligente, tanto
intelligente da sembrare bello, voglio comunicarle il mio
segreto che mi renderá una persona importante e
intelligente come lei.
Mi chiamo Ermenegildo Baccetti di Sosa sono il bidello di
quell edificio di 55 piani di coloro giallino chiaro, che dalla
finestra del suo ufficio può vedere
Sono quarant’anni che ci lavoro e oggi è il mio compleanno.
Cumplo cinquant’anni. Voglio festeggiarlo sulla luna. Questo
è il mio sogno.Ë sempre stato il mio sogno.
In questo momento mancano solo due minuti perché il mio
sogno si faccia una realtà. Nella valigia che ho lasciato nel
sottosuolo ho disposto con cura 20 chili di nitroglicerina. Chi
me li ha venduti mi ha assicurato che si potrebbe far volare
in aria una montagna alta 300 m con un diametro di 2 km
come si tira una manciata di coriandoli per aria.
-Se vuoi volare sulla luna , questo e quello che ci vuole- mi
ha detto da grande espertoHo speso lo stipendio di un anno per relizzare il mio sogno.
La prego di pubblicare la mia lettera, mi farebbe molto
piacere sapere che altri vogliono seguire il mio esempio.
Firmato in stampatello. Ermenegildo Baccetti di Sosa.
Il direttore si affaccia alla finestra e assiste alla scena senza
dire una parola. Un grande boato e l edificio cade al suolo
come burro al sole.
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Il direttore incrédulo si gira verso Ernesto e lo guarda in
silenzio. Ernesto per rompere il silenzio accenna con un
sorriso a un piccolo discorso.
-Comunque il mio amico Ermenegildo si è sbagliato.
Pensava di volare in alto come un aereo fino alla luna,
invece è caduto in basso come una pietra.
Forse non l aveva calcolato bene.
Stasera lo chiamerò el gli dico che qualcosa non ha
funzionato.
E lanima domanda.
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