verità, ambiguità, controversie e nuove propostesul cancro della

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verità, ambiguità, controversie e nuove propostesul cancro della
Lanfranco Barbieri
IL CANCRO DEL SENO
VERITÀ, AMBIGUITÀ, CONTROVERSIE
E
NUOVE PROPOSTE
Revisione
della
letteratura
e
prospettive
future
di Laura Venturi - Pisa
Breast Thermògraphy
Edizione 2017
a cura di:
LEGA CONSUMATORI
Associazione nazionale per la tutela del
Regione TOSCANA - Comune di Pisa.
patrimonio storico artistico e naturale.
Consiglio Direttivo Regione Toscana.
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Si ringraziano:
Alfredo Falcone - Direttore Polo Oncologico Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
Paolo Simi - Direttore della U.O. di Citogenetica Molecolare Università di Pisa.
Simonetta Rossi - Citogenetica Molecolare Università di Pisa.
Giuseppina Bisogni - Istituto di Fisica Università di Pisa (termografia).
Alberto Del Guerra - Istituto di Fisica Università di Pisa (termografia).
Gino Fornaciari - Direttore divisione di Paleopatologia dell'Università di Pisa (riferimenti storici).
Generoso Bevilacqua - Direttore U.O. Anatomia e Istologia Patologica 1 Università di Pisa (istologia).
Giampaolo Gorini - Dipartimento di Fisica Università di Pisa.
Mario Venutelli - Pres. Sezione Apuo-Lunense e V/Presidente CD Reg. Toscana di Italia Nostra.
Mario Frangioli - Pres. Lega Consumatori Pisa.
Indice
Introduzione - pag.4
Incidenza - pag.5
Anatomia - pag.6
Patologia - pag.7
Fattori di rischio - pag.8
-----Generici fattori endogeni di rischio p.8
-----Generici fattori esogeni di rischio p.8
-----Specifici fattori endogeni di rischio p.9
-----Specifici fattori esogeni di rischio p.13
Diagnosi - pag.14
----- Esame fisico della mammella p.16
----- Gli screening p.17
Termografia p.18;
Mammografia p.22
Commento - pag.26
Appendice - pag.30
Riferimenti Storici - pag.31
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Introduzione
Il cancro del seno è importante sia sotto il profilo biologico che esistenziale. Esso costituisce in occidente la
prima causa di morte tumorale in tutte le fasce di età e colpisce ogni anno su tutto il pianeta circa 1,7 milioni [1] di
donne che, dopo esserne venute a conoscenza, subiranno effetti psicologici negativi per il resto della loro vita.
Su tale devastante patologia la medicina moderna non ha dato ancora risposte definitive: si spiegano, così, i
numerosi convegni internazionali e l'enorme letteratura mondiale sull'argomento.
Oltre ai reparti di senologia, esistono molte Associazioni di volontariato che forniscono spesso anche supporti
psicologici alle donne per consentirne il recupero e il reinserimento nel tessuto sociale. Al cancro del seno si sono
inoltre interessati scrittori, storici, paleontologi e artisti di vario genere.
Cercheremo soprattutto di chiarire i vantaggi e gli svantaggi dei percorsi diagnostico-terapeutici oggi più seguiti,
senza trascurare nuove proposte insieme ad argomenti di minore rilevanza pratica.
Le indicazioni bibliografiche saranno limitate solo a fonti autorevoli e il testo conterrà delle note complementari.
Molti degli attuali percorsi diagnostici e terapeutici si basano su analisi statistiche non sempre condivise e tale
consapevolezza può indurre a scelte individuali diverse da quelle comunemente proposte. Afferma E. Goncour:
«La statistica è la prima delle scienze inesatte», e la mistificazione dei dati scientifici non è poi tanto rara in medicina
(vedi l'articolo di Alessandro Mugelli dal titolo "Credi, ma verifica" comparso recentemente (aprile 2015) sulla rivista
Toscana Medica). Ma l'aspetto più discutibile delle statistiche è forse quello per cui sono sottoposte a prevenzione
e cura persone che non ne avrebbero bisogno (e ciò può accreditare coloro che sostengono di guarire molti
cancri) e altre che oggettivamente ne hanno necessità; e c'è da chiedersi se, talora, i vantaggi superino gli
svantaggi. Infatti ogni cura e/o la consapevolezza personale di certe patologie ha effetti collaterali negativi compresi
quelli psicologici, le cui conseguenze sulle difese immunitarie non sono da sottostimare e, come vedremo, possono
anche interferire sui complessi meccanismi che regolano l'ereditarietà (epigenetica).
Il testo è dedicato, pertanto, soprattutto alle donne affinché sulla base delle conoscenze mediche attuali e
delle loro situazioni contingenti possano accedere ad un approccio personalizzato.
In esso abbiamo poi rivolta particolare attenzione alla termografia della mammella che in Italia è stata
praticamente abbandonata dopo il superamento di quella analogica, conseguente alla comparsa di altre metodiche
strumentali di diagnostica per immagini (Mammografia, Ecografia, RM, PET etc.). Con l'era digitale, essa ha
suscitato nuovi interessi raggiungendo valori predittivi negativi così elevati da essere considerata in molti Paesi
un sussidio indispensabile in ogni centro di senologia. Un termogramma normale è, infatti, in cica il 95% dei casi,
sinonimo di seno sano, ma il suo contrario è assai più raramente l'espressione di un tumore o di altre patologie.
Da considerare poi che anomalie termografiche generiche precedono di 8-10 anni la comparsa di un cancro.
Leggere un termogramma significa interpretarlo e questo potrà farlo un radiologo ma, dopo un adeguato
addestramento, anche un medico qualsiasi o altro specialista. A riprova di ciò, un testo divulgativo sulla termografia
è reperibile in formato digitale presso la libreria Amazon. It: l'Autore è un paramedico della città di San Diego
(Michael Wedge) [2] referente presso la “Board Certified Clinical Thermògraphy” e la sua consultazione potrà
essere di aiuto a chi, anche in Italia, voglia iniziare a dedicarsi a questa rinnovata disciplina. Delle informazioni
aggiuntive sono poi reperibili sulla rete alla voce “Breast Thermògraphy” sia sotto forma di “video” che di “articoli”
redatti dai massimi esperti nel settore.
[1] Breast Cancer Statistics. 03/30/2015.- From: SUSAN G. KOMEN.
[2] Michael Wedge: Breast Thermògraphy: What Every Woman Mus… L.A.c. M.Ac.O.M. - 2014.
P.S: La “SUSAN G. KOMEN” è un'organizzazione senza scopo di lucro basata sul volontariato, che opera dall'anno
2000 nella lotta ai tumori del seno e ha sedi in molte nazioni del mondo, compresa l'Italia.
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Incidenza
Dati AIRT (Associazione Italiana Registro Tumori)
I primi cinque tumori in termini di frequenza e proporzione sul totale dei tumori incidenti esclusi i carcinomi cutanei
per sesso e fasce di età - I cancri della sfera sessuale sono, in entrambi i sessi, al 1°posto e in continua crescita.
Quelli del seno nel 1970 colpivano ~ 1 donna su 11; oggi ~ 1 donna su 7,6.
Tumori della mammella (Toscana)
Area coperta dal registro tumori della Regione Toscana.
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Anatomia (generalità)
La mammella è costituita da:
a) un tessuto ghiandolare acinoso che si sviluppa fino alla pubertà;
b) uno stroma infra- ed extra-lobulare di sostegno;
c) un reticolo linfatico e vascolare;
d) grasso;
e) un rivestimento esterno;
Sistemi ghiandolari
f) strutture di supporto come i legamenti del Cooper.
Estrogen Receptor
Seni lattiferi
Visione laterale e frontale della zona del capezzolo ove convergono i dotti. - Aspetto arboriforme della ghiandola.
(from: Làszlò Tabàr (Sweden), Tibor Tot (Sweden), Peter B. Dean (France) - “The basis for understanding the
breast in health and disease”. - C & C Offset Printing Co., Ltd. 2012).
Essa ha, pertanto, caratteristiche anatomiche complesse che nel corso della vita sottostanno a
cambiamenti legati soprattutto a fluttuazioni ormonali (ciclo mestruale, gravidanza, allattamento) e
subisce poi, con la menopausa, una involuzione atrofica di tipo adiposo. È anche influenzata da fattori
esterni (ad esempio, abuso di caffeina) ed endogeni (ad esempio, squilibri ormonali e disfunzioni uteroovariche). La componente ghiandolare e quella adiposa costituiscono, comunque, la quasi totalità della
mammella normale con una percentuale relativa a entrambe prossima al 50%.
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I singoli sistemi ghiandolari della mammella (da 15 a 20) sono stati paragonati ad alberi (aspetto
arboriforme), in cui i lobuli secernenti periferici ricordano il fogliame, i vari dotti collettori i rami e quello
terminale (o dotto galattoforo) il tronco principale; questi ultimi sboccano in corrispondenza dell'apice del
capezzolo dopo aver formato una piccola dilatazione sacciforme chiamata “seno lattifero”.
Nota - La mammella femminile umana non può essere analizzata esclusivamente in termini anatomici ma anche
sotto molteplici altri aspetti: infatti, essa stimola la sessualità (e, pertanto, svolge un ruolo importante nella
conservazione della specie); è un simbolo estetico di attrazione fisica (e, quindi, ha un ruolo selettivo notevole nel
miglioramento della razza); con l'allattamento, infine, consolida i legami materno-neonatali (così da svolgere una
funzione protettiva nei confronti della prole). Ma l'aspetto esterno di questo mirabile organo può avere anche
valenze negative (pornografia, prostituzione, comportamenti sessuali estremi etc.) e/o positive, suscitando talora
nobili sentimenti come, ad esempio, gli occhi amorosi di una mamma che contempla la propria creatura. Nella
iconografia cristiana essa rappresenta il simbolo della maternità nella sua forma più pura e, soprattutto, rende
intuitivo il rapporto fra una Entità superiore (la Madonna) e l'Umanità intera. Si può quindi affermare che il seno
femminile ha avuto influssi decisivi nello sviluppo della nostra specie creando comportamenti che vanno oltre le
sue specifiche caratteristiche anatomico-funzionali.
Patologia
La mammella può essere colpita da svariate patologie benigne (alterazioni distrofiche di vario
genere, mastiti, squilibri ormonali etc.) dalle quali spesso può svilupparsi un cancro (lesioni preneoplastiche). Sappiamo comunque che esso inizia nel 70-80% dei casi dall'epitelio delle Unità DuttuloLobulari (carcinoma "in situ") (Ductal Carcinoma In Situ - DCIS (0)) o, più raramente, dai lobuli (Lobular
Carcinoma In Situ - LCIS (0)), per estendersi poi localmente (I, II) (Early Breast Cancer - EBC),
assumere successivamente carattere invasivo locale (III) (Localy Advanced - LABC or Infiammatory
Breast Cancer - LIBC) ed, infine, attraverso il circolo linfatico ed ematico diffondersi all'intero organismo
(carcinoma metastatico (IV) o MBC - Metastatic Breast Cancer).
ISTO-PATOLOGIA (cisti e cancro - aspetto spiculato a “riccio di mare”)
Dotti dilatati occupati da fluidi e/o cellule tumorali
(A, B, C) - Cyst (D).
Dotti dilatati (3-4) con aggregati (aspetto a
“riccio di mare”) di cellule tumorali (1-2) - DCIS (0).
(from: Làszlò Tabàr (Sweden), Tibor Tot (Sweden), Peter B. Dean (France) - “The basis for understanding the breast
in health and disease”. - C & C Offset Printing Co., Ltd. 2012).
A ciascun stadio vengono poi abbinati protocolli terapeutici personalizzati che tengano conto anche di
altri parametri (età, sede della neoplasia, familiarità, squilibri ormonali etc.). Istologicamente esistono
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numerose varianti ma, sviluppandosi, come tutti i tumori, modifica le sue caratteristiche biologiche e
questo arreca difficoltà soprattutto nel trattamento: è questa una criticità importante basata sul principio
generale che ogni entità vivente è instabile e reagisce adattandosi - se non soccombe - ai cambiamenti,
e anche le cure, per restare efficaci, dovrebbero adeguarsi al contesto momentaneamente in atto.
Fattori di rischio [1]
Generici fattori endogeni di rischio:
a) Storia mestruale. La durata del periodo fertile della donna influenza l'incidenza dei tumori del seno.
Se il menarca è precoce e/o la menopausa è tardiva l'incidenza neoplastica è maggiore, mentre se
l'intervallo si riduce il rischio è minore.
b) Storia riproduttiva. Le nullipare sono più esposte, mentre la protezione è maggiore nelle donne con
numerosi figli, soprattutto se allattati al seno. È stato, però, accertato che durante la gravidanza e
l'allattamento l'incidenza dei tumori aumenta, per poi successivamente ridursi.
c) Sovrappeso corporeo. L'obesità è un fattore generico di rischio per tutte le neoplasie, ma nel cancro
mammario sembra assumere influenza particolare soprattutto dopo la menopausa. Dal Fondo Mondiale
per la Ricerca sul Cancro è consigliato di mantenere l’indice di massa corporea il più possibile non al
di sopra del “range” di normalità (18,5-24,9 kg/mq di superficie corporea (Body Mass Index - BMI).
d) Seno denso (cioè ricco di tessuto ghiandolare e povero di grasso).
f) Malattie (diabete, tiroiditi autoimmuni in cui il rischio aumenterebbe di circa 3 volte).
Generici fattori esogeni di rischio:
a) Abuso di alcol, tabagismo, intossicazioni varie, stili di vita, abitudini alimentari, livelli culturali,
ambiente, farmaci (anti-ipertensivi), terapie ormonali sostitutive in menopausa, fitoestrogeni,
contraccettivi orali (pillola), aree geografiche etc.
Nota - Evidentemente su tali fattori di rischio è difficile intervenire concretamente. Su di essi operano troppe
variabili non quantificabili, soprattutto perché spesso non si conoscono i rispettivi livelli di pericolosità; parte di
questi, tuttavia, potrebbero essere autonomamente evitati specie da chi è a conoscenza di specifici casi di
familiarità neoplastiche.
Circa le località [2,3], il cancro del seno è sensibilmente meno frequente nelle donne del continente centro africano
e dell'est asiatico, ma la sua incidenza si adegua progressivamente a quella dei paesi più avanzati se si
trasferiscono in Europa, Nord-America o Australia. Ma anche nelle singole aree di una nazione la sua incidenza
può variare: ad esempio, in USA essa è massima nel distretto della Columbia (143 casi per 100.000 abitanti ogni
anno), mentre è minima nel New Mexico (110/100.000) con una media nazionale di 123/100.000. Analoghi dati
riguardano la mortalità: essa è massima nello stato della Columbia (29/100.000) e minima in quello delle Hawaii
(15/100.000) (Anni di riferimento 2007-2011). Variazioni significative, inoltre, sono stare rilevate in America per le
razze di appartenenza (latino-ispaniche, bianche e africane). Per queste differenze sono stati invocati fattori diversi
quali: a) genetica e biologia dei tumori; b) situazioni ambientali di rischio; c) condizioni socio-economiche; d) ritardi
diagnostici, con diverso accesso alle cure; e) abitudini e stili di vita; f) alimentazione etc. ma, nella sostanza, il
motivo è sconosciuto. Complessivamente tutte queste variabili rendono estremamente complicati i calcoli
statistici che dovrebbero essere eseguiti da “team” multidisciplinari: si spiegano, pertanto, le molte discordanze
presenti in letteratura e non è da escludere anche l'eventualità che molti “report” siano inesatti e, pertanto, poco
attendibili. Analizzati singolarmente, invece, questi dati possono essere scientificamente utili per stabilire cause,
concause ed effetti collaterali nel cancro della mammella, ma anche in molte altre svariate patologie.
Secondo uno studio del Fondo Mondiale della Ricerca sul Cancro (2010), comunque, la possibilità di agire
su certi fattori di rischio (alcol, stili di vita, diete ipercaloriche etc.) potrebbe ridurre del 20-24% le
probabilità di sviluppare un tumore del seno nei 20 anni successivi, per le donne a partire da 45 anni.
Per l'alimentazione sono state anche proposte diete particolari, ricche di verdure, ma povere di carne rossa e
zuccheri semplici (comuni nei cibi raffinati). Al riguardo non esistono, tuttavia, prove statisticamente convincenti.
[1] Breast Cancer Risks and Causes - From: CANCER RESEARCH (UK) - 12/08/2014.
[2] Breast Cancer Statistics. - From: SUSAN G. KOMEN - 03/30/2015.
[3] I NUMERI DEL CANCRO IN ITALIA - AIRT- Intermedia Editore, Brescia 2014.
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Specifici fattori endogeni di rischio:
a) Genetica e diagnostica molecolare (generalità) - Nell'ultimo ventennio la genetica post-mendeliana
ha scardinato diversi principi in passato ritenuti basilari come, ad esempio, quello secondo il quale ad
ogni mutazione genetica corrisponde una singola precisa malattia. È emerso, invece, non solo il
concetto di “eterogeneità clinica”, in base al quale un'unica variante genetica ereditaria può causare più
malattie, ma anche quello di “eterogeneità genetica” secondo cui una singola patologia può dipendere
da un mosaico di varianti. Un altro concetto nuovo è quello secondo il quale cellule con identico DNA
possano dare risposte diverse allo stesso messaggio genetico od avere forme e gradazioni di sviluppo
neoplastico diverse modificando il loro DNA in corso di mitosi.
Lo studio di questi processi (epigenetica) cambia, cioè, il concetto che le varianti ereditarie agiscono
autonomamente e introduce, invece, quello di una "reciproca interferenza" nel senso che anche le
cellule periferiche partecipano ai meccanismi ereditari. Avviene poi che le modifiche genetiche acquisite
in vita si traducano in forme ereditarie trasmissibili alle generazioni successive per cui anche ai nostri
tempi potremmo subire l'influenza di mutazioni avvenute in un recente passato per cause diverse come
carestie, epidemie, guerre etc.
Bruce Lipton, docente di biologia cellulare presso la facoltà di medicina della "Università del Wisconsin"
e grande esperto di epigenetica, arriva a formulare l'ipotesi che i geni non si auto-controllano, ma sono
controllati dall'ambiente e cita una recente statistica della Società Americana del Cancro secondo la
quale il 60% dei tumori potrebbe essere evitato solo adottando stili di vita migliori.
Si intuiscono, allora, molti strani comportamenti: il perché certe varianti genetiche si trasmettono con
modalità autosomica dominante in alcuni tumori e recessiva in altri; il motivo per cui a uno stesso
genotipo possa corrispondere nella medesima famiglia una gravità fenotipica diversa per una identica
malattia ("espressività variabile"); il perché, infine, alcune popolazioni siano più o meno recettive di altre
a certe patologie e come situazioni esistenziali personali (comprese quelle psicologiche) possano
incidere sulla comparsa del cancro. In questa ottica può trovare spiegazione (almeno in parte) anche il
concetto di “suscettibilità individuale”, secondo il quale (entro certi limiti) non viene ereditata la malattia
ma “la predisposizione alla malattia” per cui esistono molti portatori sani nei quali il cancro non
compare.
Potremmo concludere, pertanto, che esiste una globalità di fattori (stili di vita, ambiente, ma anche
situazioni esistenziali etc.) difficili da decifrare, ma che sicuramente interferiscono sui meccanismi
della genetica, per arrivare a una visione più dinamica e meno statica che la tradizione Mendeliana
dei "piselli" ci ha trasmesso e come (sotto il profilo psicologico): «Gente allegra il ciel l'aiuta»; proverbio
confermato anche da uno studio della Wayne State University (WSU), pubblicato in "Psychological
Science", secondo il quale le persone allegre e sorridenti vivono circa 7 anni in più rispetto alle altre.
Nota - Queste informazioni generali servono a comprendere quelle che sono le prospettive future della ricerca
sul cancro ove, verosimilmente, molte delle attuali metodologie diagnostiche basate sulle “immagini” saranno
ridimensionate e/o sostituite da altre, ma ci fanno anche intuire il motivo per cui la genetica molecolare e le
biotecnologie non siano ancora in grado di dare risposte certe: le variabili in gioco sono enormi, spesso ambigue
e/o poco conosciute per cui le uniche risorse rimangono le "indagini statistiche" e "probabilistiche" le quali, per
generale ammissione, anche se formalmente valide, si prestano a "distinguo" e, talora, vengono anche proposte
in maniera volutamente scorretta. Esse, infine, possono variare da sede a sede per cui spesso non sono applicabili
in contesti analoghi.
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La genetica dei tumori della mammella - Secondo studi epidemiologici eseguiti in Europa e negli Stati
Uniti si stima che almeno il 5-10% dei casi di cancro presenti una spiccata aggregazione familiare
suggestiva per una predisposizione ereditaria alla malattia.
Nei 1994 furono resi noti alla comunità scientifica due geni denominati Breast
Cancer 1/2 (BRCA-1 e BRCA-2), rispettivamente ubicati nel cromosoma 17 e
13, le cui mutazioni sono trasmesse con modalità autosomica dominante e
causano insieme circa il 75% delle neoplasie mammarie su base ereditaria,
mentre l’altro 25% è attribuito a mutageni solo in parte identificati. Queste due
varianti interessano mediamente circa il 2-3% della popolazione, ma la loro
incidenza è diversa a seconda delle aree geografiche (più elevata nel nord
Europa - Norvegia, Svezia, Germania, Islanda; minima nei paesi della fascia equatoriale e sudamericana) e delle razze (più alta in quelle caucasiche; meno nelle latino-ispaniche e africane). Esse
predispongono poi anche a tumori ovarici e, più raramente, in altri organi (colon, pancreas, tiroide,
melanoma cutaneo; oltre alla "carcinomatosi peritoneale primaria" che per le sue caratteristiche
istologiche è simile ai tumori ovarici) [1]. Le donne con mutazioni dei geni BRCA-1 e/o BRCA-2 hanno
la probabilità di sviluppare nel 50-80% dei casi (a seconda che siano portatrici di una sola o di entrambe
queste due anomalie) un carcinoma mammario nel corso della loro vita, mentre per i tumori ovarici
l'incidenza è del 20-40%, per il solo gene BRCA-1 e del 10-20% per il solo gene BRCA-2. I carcinomi
della mammella legati a mutazioni dei geni BRCA-1/2 tendono, inoltre, a manifestarsi in un’età più
giovanile rispetto ai casi sporadici anche se il rischio persiste per il resto della vita (fino a circa l'87%
per le donne che raggiungono o superano i 70 anni). In condizioni normali questi due geni producono
delle proteine (“type 1 and type 2 susceptibility proteins”) che aiutano a riparare eventuali danni del DNA
e rientrano, pertanto, nella categoria dei cosiddetti geni “onco-soppressori” i quali contribuiscono a
mantenere l'equilibrio riproduttivo delle cellule. In dettaglio, essi intervengono attraverso le loro proteine
in una delle diverse fasi che regolano la moltiplicazione cellulare e, più precisamente, in quella
denominata G2 che è deputata alla preparazione della successiva divisione (mitosi). Eventuali varianti
possono, pertanto, danneggiare questo processo e favorire la comparsa di cellule figlie, con DNA
mutato: si crea allora una “suscettibilità genetica” per svariate patologie (sia pure con gradi diversi di
penetranza) tra le quali, in particolare, quelle di tipo neoplastico.
Type 1 and Type 2
Susceptibilty proteins.
Proteine di suscettibilità per il cancro
del seno (rispettivamente codificate
dai geni BRCA-1 e BRCA-2), le quali
intervengono nel controllo del ciclo
cellulare riparando eventuali rotture
e/o errori nel doppio filamento di DNA.
Type 1
Type 2
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È per tale motivo che oggi spesso si consiglia la mastectomia bilaterale preventiva già in
giovane età e/o la ovariectomia intorno ai 45-47 anni alle donne che sono positive a queste 2
varianti genetiche.
Esse sono trasmesse dai genitori in egual misura (50%) ad entrambi i sessi per cui anche i figli maschi
hanno più probabilità di sviluppare alcuni tumori, compresi quelli della mammella. In particolare, il rischio
di tumori alla prostata è stato valutato 3-4 volte superiore in chi presenta mutazioni ereditarie dei geni
BRCA-1 e/o BRCA-2 mentre quello dei tumori del colon in entrambi i sessi sarebbe di 4-5 volte
maggiore.
Il riconoscimento attraverso la ricerca genetica di un rischio individuale impone una
sorveglianza maggiore (Sorveglianza Attiva - SA) in questi soggetti e, quando possibile, la eliminazione
di tutti quei fattori ritenuti potenzialmente responsabili nei confronti della insorgenza di particolari tumori.
Nelle donne in cui sia stato individuato un maggior rischio genetico per i tumori del seno, la esposizione
del torace alle radiazioni ionizzanti è da evitare, preferendo (quando possibile) altre alternative
diagnostiche alla mammografia (eco-termografia, RM,).
L’asportazione chirurgica delle ovaie o la salpingi-ooforectomia profilattica in età fertile elimina i tumori
ovarici e, togliendo gli stimoli ormonali, riduce il rischio anche di quelli della mammella in generale, ma
crea altri squilibri (sterilità, riduzione della libido, osteoporosi etc.). Tutti i tumori sono, inoltre, più
frequenti nelle persone con caratteristiche genetiche che predispongono all'obesità ed è possibile che
anche in tali casi i fattori ormonali non siano da trascurare [1].
Esistono, peraltro, anche altre varianti genetiche che hanno importanza nei tumori della mammella
soprattutto se correlati a specifici trattamenti. Sono noti, infatti, geni che regolano lo sviluppo normale
delle cellule e la loro ricettività ormonale. In particolare, il gene HER2/neu (“Human Epidermal Grow
Factor”) è un fattore di crescita cellulare che produce delle proteine denominate HER2. Su campioni di
tessuti neoplastici si può isolare e individuare l'aumento (HER2 positivi) o meno (HER2 negativi) di tali
proteine. In circa 1 su 5 cancri (20 %) delle mammelle esistono mutazioni genetiche che comportano
un eccesso di queste proteine e, a seconda di quelle aumentate, sono intraprese specifiche terapie
farmacologiche per bloccarne i relativi segnali. Negli HER2 positivi si ha infatti un aumento incontrollato
della proliferazione cellulare e le varianti neoplastiche che ne derivano sono assai più aggressive.
In circa il 75% delle donne, infine, esiste una ricettività particolare agli estrogeni (ER-positive) e in circa
il 65% anche al progesterone (PR-positive): esse hanno, cioè, delle varianti genetiche caratterizzate
da un aumento numerico di uno o di entrambi questi due recettori ormonali. In queste pazienti, pertanto,
sono indicati farmaci come il Tamoxifen e Raloxifene: infatti quelle ER/PR positive rispondono nel 60%
dei casi alle terapie endocrine e le altre (ER/PR negative) solo nel 5-10%. Terapie mediche adeguate
(Tamoxifen e Raloxifene), oltre a quelle chirurgiche, possono comunque ridurre l'effetto di questi ormoni
e diminuire, pertanto, l'incidenza dei cosiddetti tumori ormoni-sensibili del seno.
In pratica possono verificarsi 4 eventualità:
1) ER/PR+; 2) HER2+; 3) tripla negatività ER-, PR-, HER2-; 4) tripla positività ER+, PR+, HER2+.
Da evitare poi i trattamenti ormonali sostitutivi (Hormon Replacementent Therapy - HRT) in menopausa
soprattutto nelle donne con "precedenti genetici" positivi anche se mastectomizzate. Il testosterone può
utilizzarsi per ridurre l'incidenza dei cancri della mammella in entrambi i sessi.
Farmaci come il
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Tamoxifen e Raloxifene riducono il rischio (chemio-prevenzione) dei tumori anche nelle donne BRCA1/2
positive, rendono meno frequenti le recidive nella mammella contro-laterale dopo mastectomia e,
localmente, dopo quadrantectomie o mastectomie bilaterali. È da sottolineare però che anche
quest'ultima procedura non garantisce in assoluto da eventuali recidive loco-regionali poiché dei tessuti
a rischio possono sempre residuare [2]. Le terapie ormonali sono eseguite, pertanto, a scopo preventivo
dopo eventuali interventi chirurgici, trattamenti chemioterapici e/o radioterapici per almeno 5 anni, ma
vengono interrotte dopo la menopausa quando cessa la produzione di ormoni.
[1] Inherited Gene Mutations. 03/22/2015 - From: SUSAN G. KOMEN.
[2] BRCA1 and BRCA2: Cancer Risk and Genetic ing Key Points. - From: Nacional Cancer Institute. 22 January, 2014.
Ricerca genetica - La ricerca genetica è indicata in chi ha avuto cancri della mammella in altri membri
della famiglia (soprattutto se bilaterali) compresi i parenti acquisiti e quelli di generazioni precedenti (fino
alla 3°). Essa andrebbe, inoltre, estesa anche ad altre varianti neoplastiche quali: tumori ovarici nelle
donne e del seno nei maschi, sarcomi delle ossa, antenati ebrei (in cui il gene BRCA-1 è molto più
frequente: ~ 8-10% in più rispetto alla media), tumori multipli diversi e, se comparsi in giovane età,
anche gliomi, neoplasie delle parti molli e dei surreni [1].
Nelle donne nate da madri con cancro della mammella o con sorelle che ne sono state affette prima dei
45 anni, il rischio è approssimativamente doppio rispetto al resto della popolazione. I “test genetici",
oltre alle due varianti responsabili maggiori dei tumori del seno e delle ovaie, sono indicati anche in molti
altri disordini ereditari come, ad esempio, le sindromi di Lynch e di Li-Fraumeni che aumentano i rischi
per numerose tipologie neoplastiche; quest'ultima è una rara patologia ereditaria dominante che
colpisce soggetti giovani predisponendoli a diverse forme di cancri quali: osteosarcomi; sarcomi dei
tessuti molli; leucemie; linfomi; neoplasie cerebrali e della corteccia surrenale, ma anche tumori del
seno (eterogeneità clinica). Nel 70% delle famiglie in cui possono comparire queste patologie giovanili
è stata riscontrata una mutazione del gene TP53 (ritenuto il più importante e poliedrico gene oncosoppressore) e, più raramente, del gene hCHK-2. In questi casi (come in altri) trova indicazione "la
diagnosi genetica prenatale" che si effettua, di solito, prelevando il DNA dalle cellule dei villi del corion
intorno alla 10° settimana di gravidanza - ma sono disponibili anche altre metodiche.
Generalmente i “test genetici” sono limitati solo a 4 varianti (BRCA 1/2, TP53 e PTEN - è questo un
fattore di crescita le cui proteine regolano principalmente l'attività enzimatica delle fosfatasi), ma ne
sono note altre più rare (oltre 10) che aumentano il rischio di cancro del seno: la loro ricerca viene
proposta solo nei casi di familiarità se sono negativi i primi 4. Non sempre i test BRCA1/2 danno risultati
sicuri. In circa il 10% delle donne positive ad essi, infatti, i risultati sono ambigui, perché si rilevano
varianti non sicuramente correlabili al cancro della mammella [2].
Tutti questi fattori sono, entro certi limiti, statisticamente quantificabili, e ciò giustifica il ricorso
ad approfondimenti genetici per prevenire la malattia.
Nota - È importante, peraltro, chiarire il concetto di "rischio", nel senso che si devono distinguere almeno due
categorie: "un rischio generale" di patologia e "un rischio relativo ad alcune sue caratteristiche". Infatti se una
persona ha un rischio del 10-20% calcolato su tutta la popolazione per un determinato tumore, non è come dire
che esso ha un rischio del 10-20% su alcune sue peculiari caratteristiche: così, ad esempio, la variante HER2
12
(25%) delle donne con neoplasie della mammella (una su 8) è globalmente assai bassa in quanto rappresenta la
percentuale di un'altra percentuale.
Altri fattori non sono poi da trascurare come quello che uno stesso tumore può essere comune in certe situazioni
ambientali e raro in altre, per cui anche la richiesta dei "test genetici" deve avvenire sulla base di criteri congrui e
personalizzati, solo da parte di esperti.
In altre parole una ricerca genetica si giustifica solo se consente di eliminare o ridurre eventuali danni
altrimenti è da evitare.
In Italia opera la Società Italiana di Genetica Umana con Gruppi di Lavoro dedicati alla Genetica Oncologica. Essa
fornisce su base scientifica, alle persone che lo richiedano, una Consulenza Genetica Oncologica (CGO) che
permette di valutare il rischio genetico individuale e, eventualmente, di programmare misure di sorveglianza clinica
e strumentale secondo precise linee guida formalizzate e approvate a livello nazionale o internazionale.
Esistono poi anche altri centri di riferimento specifici per patologie rare reperibili sulla rete.
[1] Inherited Gene Mutations. - March/22/2015. - From: SUSAN G. KOMEN.
[2] Peshkin BN e Altri - BRCA1/2 ing: Complex themes in result interpretation. Journal of Clinical Oncology 2001; 19(9):
2555-2565.
Specifici fattori esogeni di rischio:
a) Radiazioni ionizzanti (e, cioè, con frequenza ≥ 3×1015 Hz) - L'effetto cancerogeno delle radiazioni
ionizzanti è noto da tempo ed è legato non solo all'età della esposizione (massimo nei primi 20 anni),
ma anche alla dose accumulata nel tempo (effetto ritardato). Indagini sugli animali hanno dimostrato
che la suscettibilità del tessuto mammario alle radiazioni ionizzanti è massima nella pubertà, per ridursi
poi progressivamente, ma non completamente, con la maturazione e trasformazione delle ghiandole.
Nota - Le radiazioni ionizzanti sono onde elettromagnetiche o particelle subatomiche in grado di ionizzare, grazie
alla loro elevata energia, gli atomi (o molecole), rompendo il legame nucleo-elettroni e di danneggiare, pertanto,
le cellule, soprattutto attraverso la radiolisi dell’acqua (H²O → HO ‫ ־‬+ H+) di cui sono ricche. Le comuni radiazioni
ionizzanti non corpuscolari usate in ambito sanitario sono rappresentate dai raggi Roentgen (X). Le altre sono
costituite essenzialmente dai raggi “beta” e “gamma” generati da radionuclidi quali il tecnezio e lo iodio 131,
impiegati per procedure diagnostiche e/o terapeutiche. Le cause nocive dovute alle radiazioni ionizzanti sono
molteplici e principalmente riconducibili a mutazioni del DNA con successivi potenziali effetti negativi che generano
la insorgenza di tumori solidi, di leucemie e linfomi influendo, talora, anche negativamente sui meccanismi della
riproduzione. I danni delle radiazioni ionizzanti sono raramente immediati; hanno, invece, di solito periodi di latenza
prolungati. Gli studi più importanti al riguardo sul cancro della mammella sono stati eseguiti soprattutto sulle circa
76.000 donne giapponesi sopravvissute ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki del 1945, sulle
pazienti sottoposte alle numerose fluoroscopie, stratigrafie e radiografie del torace nei tubercolosari e su quelle
che avevano subito dei trattamenti radioterapici per mastiti "post-partum" con dosi comprese fra 70 e 1.000 RAD
(Radiation Absorbed Dose). In questi casi - tutti risalenti a quando gli "screening" non esistevano - l'incremento
del cancro della mammella riguardava principalmente le donne in età non superiore ai 30 anni [1].
Questi risultati (oltre a ricerche sperimentali eseguite su animali) forniscono già una prima indicazione:
«Per ridurre la comparsa tardiva di cancri del seno od altre patologie tumorali sono da evitare rispettando, però, i noti principi di giustificazione e di ottimizzazione (rapporto costi/benefici) esami di “imaging” biomedico soprattutto al torace nelle donne in età inferiore a 30 anni, nonché
trattamenti con qualsiasi fonte di radiazioni ionizzanti».
[1] - R. Edward Hendrick, Ph.D - Radiation Doses and Cancer Riscks from Breast Imaging Studies. Radiology, October 2010.
(From: Departement of Radiology, University Colorado-Denver).
b) Infezioni - La incidenza di neoplasie mortali attribuite a cause infettive varia a seconda delle aree
geografiche: in Africa è del 25%, mentre nei paesi più avanzati è del 10% nei quali dipendono
principalmente da infezioni virali. I virus in grado di sviluppare neoplasie sono denominati “onco-virus”
e, fra questi, uno dei più comuni è il "papilloma-virus umano (Human PV)" ritenuto responsabile della
maggior parte delle neoplasie della cervice uterina.
13
Il ruolo svolto dai virus nella genesi del cancro della mammella non è stato ancora totalmente risolto.
Fra questi, quello che sembrerebbe avere una influenza diretta è il virus di "Epstein Barr (EBVirus)" il
quale, fra l'altro, provoca alcune linfopatie e neoplasie nasofaringee. Negli altri casi i fattori infettivi
opererebbero indirettamente causando delle mastiti infiammatorie.
Il motivo per cui il virus di "Epstein Barr" ha richiamato l'attenzione di molti ricercatori risale al 1944
quando, casualmente, fu trovato nelle cellule tumorali della mammella di un gatto [1]. Si è notato,
peraltro, che anche molti altri agenti infettivi (circa 61), fra cui il "papilloma-virus umano", sarebbero
presenti nel 30% dei carcinomi della mammella e che prevarrebbero nei casi più aggressivi (32%)
rispetto a quelli meno aggressivi (9%) [2]. In uno studio condotto su donne del Sudan, in cui sono rare
le mutazioni dei geni BRCA1/2, il virus di "Epstein Barr" sarebbe presente nelle cellule neoplastiche nel
55,5% dei casi e in meno della metà (23%) nei controlli normali [3].
Esistono pareri assolutamente discordanti: si va, cioè, da una sua assenza totale a percentuali molto
variabili, relative alla presenza nel DNA dei prelievi istologici (dallo 0% al 51%) di questo "onco-virus"
[4], per cui la maggior parte degli Autori ritiene che la componente etio-patogenetica degli agenti infettivi
non sia, al momento, un problema risolto ma che i virus potrebbero costituire solo dei co-fattori nella
origine dei cancri del seno.
[1] - Citato da: Steward BW., Wilma CP. Editor (2014). Lyon, France - International Agency for Research on Cancer.
[2] - Marilin Corbex e Altri - Prevalence of Papillomavirus, Polyomavirus, and Herpesvirus in Triple-Negative and Infiammatory
Breast Tumors from Algeria Compared with Other Types of Breast Cancer Tumors. PLOS/One - Wikipedia, the free
encyclopedia. December, 2014.
[3] - Zeinab A. Yahia e Altri - Epstein Barr virus: a prime candidate of breast cancer etiology in Sudanese patients. Infectious
Agents and Cancer, 2.07, 2014, 9:9. - From: Faculty of Medicine, University of Khartoum, Khartoum, Sudan.
[4] - Jacueline G. Perrigoune e Altri - Lack of Association between EBV and Breast Carcinoma. American Association for
Cancer Research, 2005. - From: University of Wisconsin-Madison, Wisconsin.
Diagnosi
Generalità - È comunemente accettato che il successo delle terapie dipenda dalle diagnosi precoci e
la mammografia è ritenuta una delle metodiche diagnostiche migliori in quanto consente di evidenziare
noduli asintomatici anche di 1/2 cm, laddove le cellule tumorali sostituiscono quelle normali modificando
la struttura loco-regionale.
Soprattutto in ambito oncologico, peraltro, le tecnologie attuali hanno creato il problema delle overdiagnosi: consentono, cioè, di individuare lesioni molto piccole le quali non sempre evolvono, oppure si
svilupperebbero tanto lentamente da risultare sostanzialmente innocue, ma obbligano ad accertamenti
o cure spesso non necessarie (over-trattamenti); è noto, infatti, da tempo che, a parità di mutazioni del
DNA, uno stesso tumore può assumere diverse gradazioni di sviluppo che possono spaziare da forme
croniche o poco aggressive fino ad altre che insorgono improvvisamente e causano la morte entro pochi
mesi.
Si fa strada, pertanto, l'opinione che il parametro piccole dimensioni non sia sempre determinante, ma
costituisca solo una delle molteplici componenti che condizionano la dinamica neoplastica e che, fra la
classica distinzione in tumori benigni e maligni, esista una zona d'ombra intermedia ove operano entità
biochimiche in gran parte ancora ignote che rendono non totalmente affidabili gli stessi reperti istologici:
pertanto, il termine cancro dovrebbe usarsi solo nei casi che, se non trattati, risultano essere letali nel
tempo.
14
In oncologia le diagnosi precoci, sebbene considerate alla base della moderna medicina, sono state
messe in discussione anche per altri motivi; non sono, infatti, eccezionali casi di diffusioni metastatiche
senza apparenti lesioni primitive (falsi negativi), mentre la possibilità di evidenziare immagini di
dimensioni sempre più piccole aumenta il numero dei falsi positivi: si rendono allora necessarie altre
indagini che provocano disagi ansiosi nei pazienti e incrementano la spesa sanitaria: tali eventualità
sono più comuni nella diagnostica senologica, sia per le complesse caratteristiche anatomiche della
mammella che per l’uso di tecnologie atte ad individuare aggregati tumorali millimetrici.
In un editoriale del 29 luglio 2013 su “Journal of the American Medical Association (JAMA)” è comparso
un "Viewpoint" (punto di vista) che riassume il lavoro del "National Cancer Institute (NCI)" sopra:
«Overdiagnisis and overtreatment in cancer; an opportunity for improvement» in cui, fra l'altro, si
sottolinea che queste due possibilità sono più frequenti di quanto generalmente si pensi e che gli
"screening" in generale contribuiscono ad aumentare la loro incidenza.
C’è da rilevare, infine, che se certe attuali indagini statistiche vengono eseguite con i consueti parametri
temporali (guarigione e mortalità a 5 anni), potrebbero non essere affidabili, ma solo apparentemente
migliorative: legate, cioè, alla “anticipazione diagnostica” che, rispetto al passato, le moderne tecnologie
- ma soprattutto gli “screening” - consentono.
È certo, comunque, che quasi sempre il rilevamento di lesioni pre-cancerose e/o di piccole neoplasie è
di fondamentale importanza. Così, ad esempio, il cosiddetto "Pap-test" (da eseguire periodicamente
nelle donne in età compresa fra 20 e 65 anni) evita l'insorgenza dei carcinomi della cervice uterina in
~90% dei casi (anche perché individua lesioni precancerose di origine virale), mentre la estirpazione di
piccoli melanomi cutanei infiltranti (≤1 mm) comporta solitamente la guarigione. Ciò non implica che
anche nei due casi citati (come in molti altri) manchino probabilità di “overdiagnosis and overtreatment”,
ma in questi le procedure diagnostiche sono assai semplici e le cure solitamente meno invasive e più
definitive.
In altre parole: «Il gioco vale la candela ed è preferibile non correre rischi».
Per il cancro della mammella, invece, diversi AA. arrivano a sostenere che, in una visione globale del
problema, arreca meno danni “una diagnosi poco precoce rispetto ad una diagnosi molto precoce”
poiché non esistono prove convincenti che gli “screening” della mammella riducano la mortalità [1,2],
mentre adeguate terapie avrebbero la stessa efficacia anche in fasi meno iniziali [2].
Secondo diversi AA., infatti, gli "screening" anticipano solo la diagnosi mentre la mortalità per
le varianti più aggressive resterebbe sostanzialmente invariata nel tempo.
In altre parole, per questi ricercatori: «Il gioco non vale la candela».
Ovviamente esistono anche pareri favorevoli nei confronti degli "screening mammografici” come, ad
esempio, quello dello "Euroscreen Group" il quale, in un articolo pubblicato su "Journal of Medical
Screening (J. Med. Screen.)” nel 2012, si sostiene che, analizzando il parametro "rischi-benefici", essi
riducono la mortalità e sono quindi vantaggiosi [3].
Non sempre, comunque, una diagnosi precoce è possibile. Infatti all'inizio i tumori sono quasi sempre
asintomatici e se colpiscono organi profondi (fegato, pancreas, polmoni, stomaco, cervello etc.) sono
di solito accertati tardivamente, quando divengono sintomatici: in questi casi le terapie hanno maggiori
15
probabilità di successo se l'aggressività è scarsa e, pertanto, le dimensioni hanno meno importanza di
altri fattori quali la sede, l'aspetto esterno e, soprattutto, i reperti isto-chimici.
La diagnosi del cancro del seno va dalle metodiche più tradizionali (ispezione, palpazione etc.) a
quelle più moderne e complesse (termografia, mammografia, TC, RM, PET etc.), ma è indubbio che
nonostante il grande sviluppo tecnologico e la esistenza di terapie efficaci “il problema non è risolto”.
Infatti (come già accennato), esso colpisce ogni anno su tutto il pianeta circa 1,7 milioni di donne ed in
occidente rimane ancora la prima causa di morte tumorale in tutte le fasce di età. In Italia, secondo
dati AIRT relativi agli anni 2007-2010 (Pag. 4), la incidenza dei cancri mammari sul totale di tutti i tumori
incidenti è stata del 41% in età compresa fra 0-49 anni, del 35% fra 50-69 anni, del 21% oltre i 70 anni
e la mortalità complessiva del 17,1%. Appare evidente, pertanto, che, nonostante gli “screening
mammografici”, sorgano incertezze circa la loro reale efficacia considerando che dopo la introduzione
per i tumori del collo dell'utero del test di Papanicolaou o "Pap-test" - applicato in Italia fin dal 1953 - si
è registrata una drastica riduzione della loro incidenza rispetto al passato (solo il 4% fra 0 e 40 anni),
mentre la mortalità è praticamente scomparsa. In effetti questa indagine consente di individuare le
condizioni che possono precedere la insorgenza del cancro oppure riconoscerlo quando è ancora allo
stato cellulare, mentre con altre indagini tutto ciò è solitamente possibile solo quando si sono formati
aggregati nodulari composti da diversi bilioni di cellule atipiche.
Nota - prima di affrontare le varie metodiche diagnostiche in ambito senologico, è necessario chiarire i concetti
di "sensibilità" e di "specificità" dei vari "test" diagnostici. Per sensibilità s'intende la capacità di un "test" di
identificare genericamente una patologia, per cui esso è tanto più sensibile quanto più basso è il numero dei "falsi
negativi". A esempio, l'aumento nel sangue della Velocità di Eritro-Sedimentazione (VES) o lo stato febbrile sono
assai comuni in molte patologie, ma raramente ne individuano la causa. Si definisce, invece, specificità di un
"test" la capacità di chiarire correttamente la natura di una malattia e, pertanto, di ridurre il numero dei "falsi
positivi". Così, ad esempio, l'esame istologico di un prelievo biopsico è di solito molto specifico poiché identifica
spesso una patologia, ma si applica solo dopo che essa è stata genericamente individuata. In via del tutto teorica
un "test" diagnostico sarebbe perfetto se avesse il 100% di sensibilità ed il 100% di specificità. In generale, però,
tutti i "test" diagnostici hanno una validità probabilistica per cui non esistono indagini infallibili. Problemi di
sensibilità e specificità non sono rari in medicina, ma in senologia essi sono molto più comuni e questo è uno dei
motivi per cui esistono spesso controversie sull'utilità o meno di certe procedure diagnostiche.
[1] - Peter C. Götzsche, Kasten Juhl - Screening for breast cancer with mammography. The Cochrane Library - 4/06/2013.
[2] - Philippe Autier, Mathieu Boniol, Anna Gavin, Lars J Vatten. - Breast cancer mortality in neighbouring European countries
with different level of screening but similar access to treatment: trend analysis of WHO (Word Health Organization) mortality
database. (From: International Prevention Research Institutute (IPRI) Lyon - France). - BMJ, 28/06/2011.
[3] - The impact of mammographic screening on breast cancer mortality in Europe: a review of observation studies. - J. Med.
Screening 2012; Suppl. 1:2:14-25.
.
Esame Fisico della Mammella (ispezione, palpazione ed auto-palpazione)
Queste tre metodiche non strumentali consentono di evidenziare solo lesioni avanzate ed accettando
il principio secondo il quale il successo delle terapie dipende dalla diagnosi precoce sono
sostanzialmente inutili. Se una neoplasia è clinicamente visibile (retrazione del capezzolo, tumefazione
e/o infiltrazione della cute etc.) significa che generalmente supera i 2 cm di diametro. Considerando che
un nodulo neoplastico di 1/2 cm contiene molti miliardi di cellule tumorali se ne intuisce il motivo.
Si ritiene, in particolare, che se un cancro del seno è ≥ 2 cm sia già metastatizzato e che la
sopravvivenza sia inferiore a 2 anni.
Anche l'auto-palpazione non influisce statisticamente sulla sopravvivenza: infatti diversi studi al
riguardo non hanno dimostrato alcuna riduzione della mortalità con tale pratica. La cosiddetta auto-
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palpazione (Breast Self-Examination - BSE), secondo un sondaggio della “Gallup poll found”, viene
eseguita in USA da una donna su tre e le lesioni così evidenziate sono mediamente di dimensioni solo
dello 0,75% inferiori rispetto a quelle riscontrate occasionalmente. Più precisamente, l'auto-palpazione
evidenzierebbe in media il 100% dei noduli tumorali di circa 2,5 cm, 3/4 (75%) di circa 2 cm, 1/2 (50%)
di circa 1,2 cm, 1/4 (25%) fra 0,5 cm e 1,2 cm, nessuno se < 0,5 cm.
Si ritiene poi che la mammografia possa riconoscere un nodulo mammario da 2 anni a 4 prima che sia
palpabile, ma che il tempo che intercorre fra la insorgenza del tumore e la sua visibilità mammografica
sia di almeno 8 anni. Si intuisce infine che differenziare manualmente un piccolo nodulo maligno
(consistenza dura, fissità, contorni irregolari etc.) da una lesione benigna presenta grosse difficoltà
anche in persone esperte e addestrate, per cui, possiamo concludere che l'esame e/o l'auto-esame
fisico del seno hanno solo un valore orientativo e non possono utilizzarsi di “routine” per la diagnosi
precoce di cancro.
Gli screening
Nei confronti degli “screening” per la diagnosi precoce dei tumori del seno esistono pareri controversi.
L'approccio più comune è quello della mammografia biennale in età compresa fra 49 e 69 anni.
In alcune Nazioni occidentali (Italia compresa), tutte le donne ricevono un invito di partecipazione,
mentre in altri Paesi la scelta è esclusivamente personale (ad esempio, USA, Canada, Balcani,
Slovenia, Cecoslovacchia, Ucraina) ed in altri ancora (ad esempio, quelli dell’Africa e del Sud-America)
generalmente non si eseguono “screening”.
Dopo il passaggio dalla cosiddetta “era analogica” a quella “digitale” che ha enormemente aumentato
le potenzialità del calcolo matematico, non pochi ricercatori sono convinti che gli “screening
mammografici” potrebbero essere sostituiti da quelli “termografici”, adducendo motivazioni che, almeno
sul piano teorico, sono convincenti. Fra questi, la più nota sostenitrice è la dottoressa Christiane
Northrup del “Maine Medical Center (MMC)” in Portland, Maine, USA, ricercatrice di fama internazionale
ed autrice di numerosi testi (tradotti in oltre 20 lingue) dedicati al benessere e alla salvaguardia della
salute delle donne. Essa sostiene, in particolare, che la diagnosi termografica di cancro della mammella
possa avvenire già allo stato cellulare (come nei tumori del collo dell'utero), possa evidenziare situazioni
potenzialmente cancerogene e predire, pertanto, con largo anticipo (8-10 anni) l'eventualità che si
sviluppi un carcinoma del seno.
Questa ricercatrice riferisce (senza indicarne però la fonte) che dopo 90 giorni dalla comparsa della
prima cellula tumorale il numero si raddoppia (2), dopo un anno sale a 16 cellule, dopo 5 anni a
1.048.576 e dopo 8 anni a circa 4 bilioni di cellule tumorali (25 raddoppi in 7 anni). Anche se questi
calcoli sono quasi sicuramente approssimativi (un bilione corrisponde ad un milione di miliardi e, cioè,
a 10 elevato alla 9° potenza), è indubbio però che un nodulo neoplastico della mammella, anche se di
0,5 cm, è costituito da bilioni di cellule per cui nasce il sospetto che la diagnosi possa essere già tardiva
anche in questi casi, e si potrebbero (almeno in parte) spiegare i non rari insuccessi degli “screening
mammografici”.
Ci soffermeremo, pertanto, su queste due metodiche analizzandone i contenuti.
17
Termografia (o InfraRed Thermògraphy - IRT) [1]. Notoriamente tutti i tessuti tumorali sono più attivi
rispetto a quelli normali e, pertanto, hanno
maggiore necessità sia di ossigeno che di glucosio
(MGR - Metabolic Glucose Rate). Tutto ciò
comporta una richiesta nutrizionale maggiore e, di
conseguenza, un aumentato afflusso di sangue
(RBF - Regional Blood Flow). Per sostenere,
quindi, la loro crescita, si formano nuovi vasi (neoangiogenesi)
e
questo
costituisce
il
motivo
principale per cui le neoplasie emettono più calore sotto forma di raggi infrarossi rispetto alle zone sane.
Ma l'iperemia distrettuale avviene in numerose altre patologie benigne della mammella (displasie
proliferative, flogosi, traumi etc.), e anche se per alcune di esse la comprensione dei termogrammi è
facile in altri casi si pongono, invece, grossi problemi interpretativi: è intuibile, pertanto, il motivo per cui
l'analisi di numerose immagini anomale richieda molta esperienza e molta competenza da parte
dell'operatore.
In Italia la termografia è poco usata, mentre negli Stati Uniti è accettata anche per risolvere problemi
medico-legali e in altri stati è assai popolare (Canada, Australia, Norvegia, Germania, Austria, Polonia,
Portogallo, Giappone); in Brasile c'è una scuola di specializzazione a lei dedicata e in USA opera fin
dal 2002 l'ACCT (American College of Clinical Thermòlogy) [2].
Nel 1977 uno studio di confronto fra Mammografia e Termografia condotto su 16.000 donne [3] concluse
che la prima individuava il 78% dei cancri e la seconda solo il 17,9% di veri positivi (specificità) sul 39%
dei casi ritenuti positivi (sensibilità). Dopo tale ricerca la mammografia è stata indicata come il “gold
standard” nella diagnosi dei tumori del seno e la termografia declassata a “pseudoscienza”.
Oggi è inserita nella cosiddetta “Medicina Complementare Alternativa o CAM (Complementary and
Alternative Medicine).
In questi ultimi 30 anni le sorgenti a infrarosso sono state oggetto di ricerche sia da parte della NASA
(Ente Spaziale Americano) che di numerosi altri Centri (astronomia infrarossa). I telescopi spaziali agli
infrarossi sono dotati di particolari sensori digitali (QWIP - Quantum Well Infrared Photo detector) e
sfruttano le piccole “finestre” costituite dalle lunghezze d’onda alle quali la nostra atmosfera è
trasparente. Queste ricerche hanno avuto ricadute soprattutto in ambito militare, ma anche in altri
numerosi contesti. Esistono, infatti, almeno altri 20 campi applicativi della termografia che vanno dalla
mappatura termica del pianeta, alla ricerca dei siti archeologici, all’edilizia, alla vulcanologia, alla
sicurezza e visione notturna; nell’industria s’impiega, in particolare, per individuare gli sprechi energetici
nei sistemi meccanici in movimento.
È, pertanto, comprensibile il motivo per cui la termografia abbia suscitato nuovi interessi anche in
ambito medico e stimolato approfondimenti soprattutto in senologia [1].
In medicina la “tele-termografia” o “termografia non a contatto” si avvale di una o più termo-camere
e dà indicazioni su molte eventuali patologie di tutto il corpo, anche se le applicazioni diagnostiche
più interessanti riguardano gli organi meno profondi come la tiroide e, soprattutto, la mammella (Breast
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Thermògraphy). Essendo poi le moderne apparecchiature digitalizzate, sono anche disponibili dei
“software” di aiuto alla diagnosi (cosiddetti CAD - Computer Aided Detection Systems).
Per grado di sensibilità di una fotocamera a infrarossi s'intende la capacità di visualizzare un’immagine
di buona qualità anche se il contrasto termico (indicato con ∆) è basso; la sensibilità è riportata in NETD
(Noise Equivalent Temperature Difference), e tale unità di misura permette di sapere quale sia la
minima quantità di radiazione infrarossa espressa in gradi Kelvin necessaria per produrre e diversificare
i segnali. Gli attuali termografi digitali raggiungono generalmente una sensibilità di 80 mk e, cioè, di
8/100 di grado (80 mk = 0,080°c.), riproducono immagini nel “range” dello spettro elettro-magnetico
compreso fra 9.000 e 14.000 nanometri, corrispondenti a 9-14 µm, e sono dotati di avanzati algoritmi
matematici che migliorano la qualità dei termogrammi.
Il secondo principio della termodinamica stabilisce (nella sua enunciazione classica) che il calore si
trasferisce in modo irreversibile da un corpo più caldo (nel nostro caso una neoplasia) a un corpo più
freddo (nel nostro caso la cute) e che tale processo è legato fondamentalmente alla freccia del tempo.
Si intuisce, pertanto, perché un minimo riscaldamento cutaneo può rivelare una patologia sottostante
anche se relativamente profonda, ma senza riconoscerne le caratteristiche morfo-strutturali.
Nella diagnostica medica si usa la cosiddetta “tele-termografia passiva”, in cui non è necessaria alcuna
fonte esterna di calore, mentre in altre applicazioni si preferisce la cosiddetta “termografia attiva” nella
quale si misurano i raggi infrarossi riflessi come, ad esempio, avviene per i pianeti illuminati dal sole
[1]. Riveste, infine, particolare interesse una tecnica definita “dinamica” che consiste nel raffreddamento
della zona d'interesse per poi misurare i cosiddetti “Tempi di Ripresa Termica - TRT” e, cioè, i tempi
diversi con cui avviene il successivo riscaldamento dei vari tessuti: è come se si simulasse un
raffreddamento cadaverico locale, momentaneo e reversibile per poi, tolta la causa perfrigerante,
assistere alla sua ripresa vitale. Con questa tecnica si possono differenziare minime variazioni di
temperatura nelle varie fasi di ripresa termica ed è ovvio che i tessuti metabolicamente più attivi come
i tumori si riscaldano prima e più intensamente. Essa, inoltre, aggiungerebbe “specificità” al già alto
grado di “sensibilità” della termografia normale perché i TRT sono diversi per ciascun tessuto [2].
In USA viene definito “Thermòlogist” un medico che legge e interpreta un termogramma ed è esperto
nel discernere eventuali diversità fra simmetrici modelli di calore (“heat patterns”) come, ad esempio,
le due mammelle. Numerose di queste varianti termiche sono facilmente spiegabili e non necessitano
di ulteriori accertamenti.
Secondo la Northrup [4] molte donne che hanno un termogramma anomalo sono ad alto rischio
tumore soprattutto in presenza di una familiarità neoplastica. Viceversa le donne che hanno una
“suscettibilità genetica” per i tumori della mammella (BRCA-1/BRCA-2) possono ritardare la
mastectomia profilattica ed evitare la chemioterapia preventiva, o quella con inibitori degli estrogeni
prima della comparsa di anomalie termografiche migliorando la loro qualità di vita. Essa, infatti, registra,
sotto forma di calore, l'attività cellulare, oppure l'infiammazione che nel cancro circonda anche i
minuscoli aggregati invisibili alla mammografia, per cui precede con largo anticipo la sua apparente
comparsa. Risulta poi vantaggiosa nel riconoscere e monitorare altre patologie reversibili come la
malattia fibrocistica, le infezioni, i disturbi vascolari, gli squilibri ormonali etc.
Poiché, infine, i termogrammi sono composti da un insieme di falsi colori d'intensità diversa, si ottiene
una mappatura topografica dettagliata che facilita il confronto sia nel corso di eventuali periodici controlli
che fra le due mammelle, le quali, in condizioni di normalità, hanno un aspetto similare. Ogni immagine
ottenuta con un termografo viene poi memorizzata in un computer in cui può essere elaborata e
analizzata nei minimi dettagli. Essa è un "test" innocuo e a basso costo della durata di 15 minuti; non
richiede contatti fisici ed è, pertanto, da preferire ad altre indagini, soprattutto nelle giovani donne (seni
densi), oppure con grosse mammelle.
Conclude affermando: «Le donne devono sapere che la
termografia della mammella è una promettente ed affidabile tecnologia e che costituisce una benvenuta
innovazione per aiutarle a creare la salute del proprio seno» (traduzione libera).
19
Completano le analisi della Northrup i pareri dei seguenti esperti:
a) Susan M. Lark, M.D. (Distinguisched Author and Leading Expert in Women's Health) la quale, fra
l'altro, sottolinea che la termografia fornisce (contrariamente ad altre indagini) “una mappatura
colorimetrica completa individuale dei seni delle donne e consente di evidenziare senza rischi eventuali
variazioni in controlli a breve distanza di tempo (mesi)”;
b) Nan Kathryn Fuche, Ph.D. (Editor, Women's Health Letter) il quale pensa che la termografia deve
essere di supporto alla mammografia e usata come indagine di “prima istanza nelle giovani donne per
evitare l'accumulo di radiazioni”;
c) Robert Elliot, M.D., Ph.D. (Comprehensive Breast Care Specialist; Founder and Director EEH
Breast Cancer Research and Treatment Cancer; President American Mastology Association) il quale
conferma che l'uso computerizzato delle radiazioni infrarosse nel cancro della mammella permette
“diagnosi più precoci ed aumenta la sopravvivenza”;
d) Jonathan Head, Ph.D. (Tumor Cell Biologist and Pioneer in Breast Cancer Vaccines; Director of
Research EEH Breast Cancer Research and Treatment Center; Associate Professor of Biochemistry Tubane University) il quale sostiene che le immagini termografiche della mammella devono costituire
una parte integrale degli “screening” e hanno un valore indipendente (rispetto ad altre indagini) come
fattore di rischio per il cancro della mammella e sono utili anche come “indicatori prognostici”;
e) John Keyserlingk, M.D., Ph.D. (Surgical Oncologist; Ville Marie Breast and Oncology Center;
Departement of Oncology - St. Mary's Hospital, Montreal, Quebec) il quale afferma che “le immagini
all'infrarosso evidenziano molti processi senza base strutturale, non richiedono alcun contatto,
compressione, uso di radiazioni o accessi venosi”. Forniscono, invece, “informazioni pratiche
complementari per accedere a successivi esami clinici e/o mammografici”. Le immagini anomale
possono essere equivoche e non specifiche, ma hanno un alto indice di sospetto per raccogliere altre
informazioni più di quanto consenta l'osservazione clinica con un incremento di sensibilità rispetto a
essa dell'83%;
f) Carol Knight, M.D. (Private Pratice-Women's Health) la quale dichiara che la termografia aiuta le
sue pazienti a conservare la salute del proprio seno, non solo poiché evidenzia anomalie strutturali, ma
anche per il fatto che rileva condizioni legate alla “predominanza degli estrogeni (spesso precursori del
cancro) rendendo possibile intervenire per ristabilire il loro bilanciamento”. Infatti certi segni termografici
possono suggerire la presenza di anomalie dovute agli effetti degli estrogeni sul seno.
Poiché essa è innocua, semplice e indolore, ogni donna dovrebbe periodicamente accertarsi di avere
un termogramma normale.
Il Dr. Wright [5], responsabile di uno “Staff” di ricercatori presso “Tahoma Clinic” (North Seattle
College, Washington) interessati alla termografia della mammella, sottolinea i vantaggi che essa
avrebbe nel sostituire la mammografia negli “screening” purché si ricorra a “Thermòlogist” qualificati.
Sostiene che è un'ottima metodica per riconoscere i cambiamenti fisiologici indotti dalla malattia
fibrocistica, dalle mastiti, dalla displasia mammaria e anche dal cancro (o rischio di cancro) nei vari
controlli. Nel suo Istituto usano un apparecchio digitale per analizzare lo stato di salute delle mammelle
nel tempo ma anche nei protocolli di trattamento. Ricorda che la termografia è stata approvata come
metodo aggiuntivo per la diagnosi del cancro del seno dalla FDA (Food and Drug Admnistration) [5]
nel 1982 e che dal 1950 a oggi sono stati pubblicati oltre 1.000 articoli a conferma dell'interesse che
essa suscita.
Secondo il Dr. Wright, la tele-termografia è un ottimo strumento per identificare patologie di tutte le
dimensioni. Sono particolarmente avvantaggiate le donne giovani, quelle sottoposte a trapianti o affette
da patologie reversibili come le mastopatie fibrocistiche e le mastiti. Nel cancro del seno la termografia
può individuare i primi segni indiretti che portano alla sua formazione con 10 anni di anticipo rispetto
alla mammografia od altre procedure e che usando trattamenti medici adeguati essi possono regredire.
Si possono poi monitorare gli effetti dei trattamenti senza ricorrere a modalità invasive: fra
queste è inclusa anche la mammografia perché comporta l'impiego dei raggi X e la compressione di
20
~50 libbre (l’equivalente di ~23 Kg) su ciascuna mammella con potenziale diffusione di cellule tumorali.
Mentre la mammografia (“Gold Standard” per individuare precocemente il cancro del seno) misura
aggregati cellulari, la termografia rileva le radiazioni infrarosse derivanti dalla iperemia, angiogenesi e
dagli intimi processi biochimici che avvengono nella mammella. Sostiene anche che, se da sola, la
mammografia porta a una riduzione del 30-40% della mortalità, usando entrambe le metodiche le
probabilità di individuare un cancro iniziale aumentano del 10%; in particolare, nel quadrante superoesterno del seno nel quale la mammografia può fallire ed i tumori sono assai comuni. Fa notare, infine,
che né la termografia né la mammografia consentono una diagnosi certa di cancro: solo la biopsia è
dirimente. I termogrammi, peraltro, rilevando precocemente le minime variazioni caloriche che
avvengono a causa di un’attività vascolare anomala, possono suggerire sia uno stato pre-canceroso
del seno che la presenza di piccoli tumori iniziali non riconoscibili con l’esame fisico, la mammografia
o altre indagini.
Normale.
Malattia fibrocistica.
Cancro iniziale (TRT).
(From: Wat is breast Thermògraphy? - American College of Clinical Thermòlogy)
Esempio di monitoraggio
termografico:
cancro infiltrante (LIBC)
dislocato nel quadrante
supero-interno del seno
di sinistra.
Effetto del trattamento:
rapida riduzione della
zona iperemica reattiva
che circoscrive il nodulo
tumorale, peraltro ancora
ben visibile nell’ultima
immagine.
(16/03/12 - 8/05/12).
21
Nota - Secondo la FDA [6] si deve considerare la termografia non sostitutiva della mammografia, ma solo una
metodica aggiuntiva da usarsi insieme alle altre. In sostanza la termografia e la mammografia sarebbero fra loro
complementari.
Analogamente la maggior parte di vari studi concorda che per una diagnosi iniziale sicura di cancro si devono
aggregare più "test" in quanto un termogramma positivo, in donne apparentemente sane, indica solo un
potenziale rischio, ma non dà nessuna garanzia diagnostica per intraprendere una cura preventiva sul cancro
(salvo forse in quelle BRCA 1/2 positive o con altre anomalie genetiche).
Queste opinioni generali sono condivisibili, ma ci sembra che diverse altre analisi (soprattutto quelle del Dr. Wright
e del suo “Staff”) non siano da trascurare e che nei centri senologici Italiani la termografia digitale del seno non
debba più essere considerata una "vecchia metodica superata del passato".
Fra i contributi autorevoli più critici della Northrup [7] c'è quello pubblicato su “Sciense-Based
Medicine” da diversi AA. (S.P. Novella, D.H. Gorsky, K.C. Atwood IV, J. Bellarmy, S. Gavura, H. Hall,
M.A. Crislip) nel quale si definisce il testo della Northrup [4] (Best Breast Test: The Promise of
Thermògraphy) una “opportunistica promozione di ciarlataneria”.
In particolare, si fa notare che non è corretto definire le generiche anomalie termografiche come “un
mezzo di prevenzione al livello cellulare” perché:
a) se queste anticipassero il cancro si dovrebbe poi seguire lo stesso percorso degli “screening”. E,
cioè, esami mammografici per anni fino alla non certa comparsa di un aggregato cellulare;
b) il consiglio di ripetere periodicamente i test in giovani donne sane per individuare un cancro iniziale
equivale a zero prevenzione. Infatti fino a quando i "test" sono negativi non si procede ad altri
accertamenti, ma se divengono positivi si ricade nel percorso a), con tutti gli inconvenienti che
comporta.
Viene segnalato anche uno studio eseguito nel 2008 su 92 donne con termografi digitali dal quale
risulterebbe una sensibilità del 96% e una specificità compresa fra il 12 ed il 44% a seconda del livello
tecnologico delle macchine usate. Si fa però notare che l'esiguo numero delle persone esaminate (92)
non giustifica una diffusione capillare della metodica.
Tuttavia una delle obbiezioni più consistenti è quella secondo la quale l'eventuale riconoscimento nelle
primissime fasi di un cancro non è sempre vantaggioso dato che non tutte le forme iniziali evolvono.
Esiste, cioè, un punto al di sotto del quale la lesione può regredire spontaneamente (probabilmente
assai alto, tenendo conto che nei mammogrammi positivi è di circa 1 su 5 - vedi dopo -) e che, non
considerandolo, si hanno almeno due effetti negativi: si creano problemi di “over-diagnosi e overtrattamento” e si favorisce l'accreditamento di coloro che sostengono di guarire molti cancri.
Secondo questi AA., la termografia ha un certo livello di plausibilità scientifica, ma non è stata
convalidata come modalità diagnostica affidabile per evidenziare il cancro del seno. Ammettono,
tuttavia, che i progressi della tecnologia digitale e dei nuovi "software" possono averla portata ad un
livello capace di integrare i protocolli diagnostici attuali, ma solo come ausilio agli “screening”.
L'esposizione si conclude con il consiglio alle donne di non sostituire la mammografia con la
termografia, ma di considerarla solo come un “esame che non dà nessuna informazione aggiuntiva”
per prevenire il cancro rispetto ad altre metodiche (RMI, PET etc.).
[1] - Thermògraphy - From: Wikipedia - INTERNET - 2014.
[2] - Luigi Daino - Prodotto un reggiseno termografico per lo screening della mammella. I dubbi di un termografista.
www.medicitalia.it/r (29.10.2012).
[3] -Thermògraphy, Mammography and Clinical Examination in Breast Cancer. Radiology, vol.23 Junary 1977.
[4] - Christiane Northrup - Best Breast Test: The Promise of Thermògraphy - ott.2010/nov.2011. www.huffingtopo st.com HTTP://www.drnorthrup,com/category/healt/womens [5] - Jonathan Wright's medical director - Tahoma Clinic - Thermògraphy for Breast Cancer Prevention - SeattlÈs
Mammography Alternative. http:/tahomaclinic.com [6] - Breast Cancer Screening - Thermògraphy is Not an Alternative to Mammography: FDA Safey Comunication. June 2,
2011.
[7] - David Gorski - (posted 20 Comments - 11, October, 2010) - Oprah's buddy Dr. Christiane Northrup and breast
Thermògraphy: The opportunistic promotion of quackery. - Science Based Medicine.
Mammografia - Al momento la mammografia è ritenuta l’esame strumentale più adatto per la diagnosi
precoce del carcinoma mammario consentendo di riconoscere lesioni non palpabili con dimensioni
anche di 1/2 cm. Essa viene, pertanto, usata, oltre che negli “screening”, anche per differenziare i
noduli mammari palpabili dubbi. Va, tuttavia, segnalato che anche gli “screening mammografici” [1] non
sono esenti da problemi costituiti, principalmente, da circa il 17% di falsi negativi e dal 3% di falsi positivi
22
(ma secondo un recente studio i falsi positivi supererebbero il 24%) per cui l'esame deve essere
sempre completato con altri accertamenti diagnostici (RMI, PET e, infine, biopsie).
Esistono, peraltro, pareri discordanti circa i reali vantaggi della mammografia. In una ricerca
(2004/2006) dell’Università di Harvard pubblicata su “Annals of Public Health” [2] relativa allo studio di
40.000 donne emerse che i vantaggi degli “screening” si riducono a un’unica donna salvata su 2.500;
inoltre il 15-25% dei tumori accertati con la mammografia può regredire oppure non progredire (overdiagnosi): pertanto tutti gli eventuali trattamenti successivi sono inutili.
A conclusioni analoghe sono pervenuti diversi altri AA. (Peter Götzsche, Sir Mike Richards etc.) per i
quali “la mammografia potrebbe non essere adatta per la diagnosi precoce del cancro del seno e non
è chiaro se gli screening producano più danni che vantaggi”.
In un articolo del 2013 pubblicato su “Journal of the American Medical Associaton (JAMA)” si sostiene
che occorre utilizzare protocolli di “screening” adeguati, cercando nuove strategie mirate alle diverse
tipologie di rischio e investire poi nella ricerca per individuare solo le lesioni potenzialmente evolutive.
Al momento un “team” USA guidato da Matte Kalanger [4] sta procedendo a uno studio finalizzato a
distinguere “i tumori progressivi” da quelli “non progressivi”, mentre in un'indagine del 2010 si
concludeva che gli effetti degli “screening” sulla mortalità erano assai modesti [3]. Infine, Suzzane
Fletcher e Joann Elmore affermano che le sofisticate nuove tecniche di “imaging” possono accentuare
i rischi di over-diagnosi e di over-trattamento.
Scrive Jean Handwerk: «Sappiamo tutti che la mammografia è un test di screening inadatto: è
tecnologicamente difficile da eseguire, le immagini sono difficili da interpretare, ha alto tasso di falsi
positivi e negativi e non sappiamo quando eseguirlo. Non dobbiamo più ignorare la possibilità che lo
screening non riduce la mortalità in qualsiasi età per quanto ciò possa essere deludente» (traduzione
libera).
Il Prof. Gianfranco Domenighetti (Università della Svizzera italiana) afferma che, sulla base dei dati
scientifici disponibili, “la mammografia non dovrebbe essere promossa dai vari Enti, ma considerata
un’indagine spazzatura”.
Nella mammografia digitale la pellicola radiografica è sostituita da un rivelatore, il quale assorbe i
raggi X e li converte in segnali elettronici che saranno fissati nella memoria del computer. L'immagine
che ne deriva appare su un monitor ad altissima definizione in cui può essere opportunamente
elaborata ed archiviata su DVD. La lettura delle mammografie presenta notevoli difficoltà e dovrebbe
eseguirsi indipendentemente da due radiologi con esperienza decennale (doppia lettura). Con i
mammografi digitali, abbassando i mAs ed aumentando i kV, si ha una riduzione della dose assorbita
di circa 3/4 rispetto a quelli analogici (da ~ 1 RAD a ~1/4 di RAD), consentendo spesso, inoltre, di non
dovere ripetere l'esame dopo una avvenuta errata esposizione. Esistono infine anche dei “software” di
aiuto alle diagnosi (CAD) che segnalano le immagini sospette, ma sono poco usati dai senologi in
quanto ritenuti non del tutto affidabili. Secondo l’opinione corrente gli “screening mammografici”
ridurrebbero sensibilmente la mortalità per cancro mammario nelle donne oltre i 50 anni, mentre nella
fascia di età compresa fra 40 e 49 anni risultano meno utili poiché la sensibilità dell’indagine si riduce
a causa delle caratteristiche anatomiche della mammella (seno denso). Inoltre le neoplasie
23
diagnosticate in tale periodo di età sono particolarmente aggressive per cui anche una diagnosi precoce
è ritenuta poco vantaggiosa.
Presenza di un piccolo nodulo mammario di tipo neoplastico.
Mammografia digitale elaborata al
al computer.
Aumento dei particolari rispetto
a una immagine convenzionale.
Attualmente sono disponibili dei mammografi digitali (utilizzati
anche negli “screening”) che permettono di ottenere immagini
3D. Dopo che la mammella è stata compressa e fissata
stabilmente si localizza la zona d'interesse e si procede poi alla
acquisizione, secondo varie angolazioni, di multiple sezioni
tomografiche (da 10 a 20). Esse vengono successivamente
assemblate (“Breast Tomosynthesis”) e tradotte in immagini 3D.
Questa tecnica comporta la somministrazione di dosi maggiori di
radiazioni, ma migliora la interpretazione dei mammogrammi
riducendo sensibilmente il numero dei falsi negativi.
La compressione del seno (~23 Kg) secondo alcuni Autori potrebbe
favorire la diffusione di cellule tumorali per la rottura dei vasi sanguigni
di un eventuale piccolo cancro non ancora diagnosticato.
Nota - In Italia, prima di compiere 84 anni, una donna su 8 riceve una diagnosi di tumore del seno ed una su 3
muore a causa di questa malattia (tasso di mortalità 2006: 53/100.000 donne). Secondo dati forniti dall'
Associazione Italiana Registro Tumori (AIRT) - anni di riferimento 2007/2010 - nel nostro paese vengono seguiti
annualmente 152 pazienti affetti da neoplasie (escluse quelle della cute) per 100.000 abitanti con 36.000 nuovi
casi. Fra questi, i tumori del seno costituiscono il 24,9% con una mortalità del 17%. L'incidenza globale di tutti i
tumori è in amento, ma la mortalità a 5 anni è proporzionalmente inferiore. Le neoplasie della mammella seguono
lo stesso andamento con una mortalità che si colloca nelle donne al primo posto in tutte le fasce di età: in Italia si
ha il 29% dei decessi per cancro del seno tra 0 e 49 anni, il 23% fra 50 e 69 anni ed il 16% oltre i 70 anni. Sia
l'incidenza che la mortalità dei tumori (compresi quelli della mammella) hanno una distribuzione non omogenea,
ma “a pelle di leopardo”. Secondo un modello di tipo occidentale elaborato dall' AIRT, l'incidenza dei tumori del
seno decresce progressivamente dal Nord verso il Sud: al Nord essa è di 123,4 casi/100.000 donne, al Centro di
103,8 casi/100.000 ed al Sud-isole di 93,1 casi/100.000 con una media nazionale di 106,7 casi/100.000 donne.
Nel 2002 l'incidenza media era stata di 90,25 casi/100.000, ma nel 2007-2010 è salita a 106,7 casi/100.000 e,
cioè, in 6,5 anni, di ben 16,45 punti (106,7- 90,25) per 100.000 donne. La mortalità (fonte ISTAT) è passata da
11.250 casi nel 2002 a 11.950 nel 2011 ed è, pertanto, salita in misura inferiore. Dalla fine degli anni ottanta in
Italia è stata rilevata, infatti, una moderata riduzione della mortalità (poco più dell'1,0% ogni anno) per cancro del
seno. Tale tendenza si è osservata anche in altri paesi occidentali, ma mentre in USA viene attribuita a un minor
impiego delle terapie ormonali sostitutive in menopausa, in Itala, invece, è stata relazionata a una più capillare
diffusione dei programmi di “screening” soprattutto nel Sud-isole. Per Eugenio Paci, segretario dell'AIRT, sarebbe
soprattutto l'incremento della popolazione anziana che fa aumentare in numero assoluto i decessi, ma ricorrendo
24
ad un artificio statistico (standardizzazione dei tassi) si cancella l'effetto dell'invecchiamento e si può dimostrare
che le donne muoiono meno di 40 anni fa grazie agli “screening”.
Da questi dati nasce il ragionevole sospetto che le attuali norme di prevenzione secondaria
(considerando anche le fondate incertezze relative alla reale utilità degli “screening mammografici”)
siano inadeguate alla realtà dei fatti e che se saranno ulteriormente confermati (come emerge in
letteratura) i dati riportati da prestigiosi Centri di ricerca (S. Fletcher and J. Helmore - Harvard Medical
Scool Washington University; P.C. Götzsche - Nordic Cochrane Collaboration di Copenaghen; M.
Richards - National Cancer del Regno Unito) [3] [4] si deve concludere che molti interventi di chirurgia,
chemioterapia e radioterapia sono stati e sono del tutto inutili (over-diagnosi ed over-trattamento) e che
anche i rischi dovuti alla esposizione ai raggi X, soprattutto all’epoca della mammografia analogica,
sono stati sottostimati (J. Gofman e Altri).
Secondo una recente indagine statistica (2016) eseguita da un “Team” di ricercatori canadesi, i cancri
indotti dagli “screening” con gli attuali mammografi digitali aumentano solo nelle donne in
premenopausa (seno più ricco di tessuto ghiandolare) ed in quelle con grosse mammelle (dosi maggiori
di radiazioni), mentre nelle altre l’incremento non è significativo [5].
Emerge, pertanto, che la diagnosi precoce impostata sugli screening mammografici,
eventualmente coadiuvata da altre indagini (solitamente la RM), non è risolutiva ma, soprattutto,
che non ci sono solide evidenze che essa riduca la mortalità.
Qualsiasi metodica strumentale, infatti, consente di documentare solo aggregati sia pur piccoli ma
sempre costituiti da bilioni di cellule; non è da escludere, pertanto, - e, per analogia, questo riguarda
anche altre localizzazioni neoplastiche - una loro potenziale diffusione.
P.C. Götzsche e O. Olsen del Nord Cochrane Centre di Copenaghen [3] sostengono che la maggior
parte degli studi internazionali che affermano la validità delle mammografie e giustificano l'intervento
degli Stati nel settore sono difettosi, parziali ma soprattutto “totalmente inadeguati”.
Muir Gray, presidente del Comitato nazionale del Regno Unito (UK) per lo “screening” nega, invece, la
validità del rapporto danese, mentre Gordon McV sostiene che nel periodo 1989 -1998 il riconoscimento
di tumori precoci ha ridotto la mortalità del 14% ed evitato interventi chirurgici devastanti.
Per i danesi, invece, 6 su 8 interventi sarebbero del tutto inutili e sostengono che lo “screening
mammografico è un test ingiustificato”.
Recenti ricerche hanno sicuramente dimostrato che gli “screening” possono risultare positivi anche in
donne sane che mai avrebbero avuto sintomi di tumori al seno e che le cure a cui sono sottoposte
aumentano il rischio di morte per altre malattie (ad esempio, cardiache, mentali o tumori in altre sedi).
Il problema delle patologie correlate agli “screening” mammografici nel mondo è molto sentito e
dibattuto, e alcuni arrivano ad affermare che, senza dubbio alcuno, “essi sono una prevenzione più
dannosa che benefica e che con le mammografie non si salvano vite umane” (CANCERactive) [6].
Evidentemente il problema non è risolto in quanto:
a) al momento non si dispone di una prevenzione al livello cellulare come nel collo dell'utero in cui, con
il Pap-test, il rapporto con la patologia neoplastica e/o pre-neoplastica è diretto come nelle biopsie e
non mediato da indagini strumentali;
25
b) attualmente non è possibile differenziare i cancri evolutivi da quelli non evolutivi.
Di fronte a queste incertezze non è facile dare una risposta per cui, probabilmente, la decisione
di aderire o meno a un programma di “screening” dovrebbe spettare solo alle dirette
interessate: cioè le donne (come avviene in gran parte dei Paesi del mondo occidentale) e non
essere suggerito dalla sanità pubblica.
Prima è però in doveroso informarle sui possibili rischi e sugli eventuali vantaggi.
L'opinione prevalente, comunque, secondo i "trials" più recenti, è che gli "screening" incidano poco
sulla mortalità per cancro della mammella, che esistano rischi quantificabili da radiazioni e che tale
indagine possa essere anche responsabile di altre patologie aggiuntive: il previsto invito alle donne di
partecipare allo “screening mammografico” nella fascia di età compresa fra 45 a 74 anni (Regione
Toscana) non ha, pertanto, valide giustificazioni: infatti, specie fra 45 e 49 anni, aumentano i rischi da
radiazione e la mammografia non è la metodica più idonea per le caratteristiche anatomiche del seno.
[1] Breast Cancer Screening - from: Wikipedia, the free encyclopedia.
[2] S. Fletcher, J. Helmore - Harvard Medical School Washington University - Annal of Public Health.
In: Tumori, Nuovi Dubbi sulla Mammografia - Corriere. It - 20/08/2014.
[3] P.C. Götzsche, O. Olsen - Is Screening for Breast Cancer with Mammography Justifiable? The Lancet, vol. 355, no. 9198
(Jan. 8, 2000) and The Lancet, vol.358, no.9290 (Oct. 20, 2001).
[3] P.C. Götzsche, KJ. Jorgensen - Screening for breast cancer with mammography. Cochrane. 4 June 2013. - Breast Cancer
Group (http://breastcan - cer.cochrane.org).
[4] M. Kalanger e Altri - Effect of Screening Mammography on Breast-Cancer Mortality in Norway. N. Engl. J. Med. 2010.
[5] D.L. Miglioretti e Altri- Radiation-Induced Breast Cancer Incidence and Mortality from Digital Mammography Screening; a
Modeling Study. Annals of Internal Medicine. 2016;164(4):205-214.
[6] Breast Cancer Screening - National Cancer Institute - 06/05/2015 (USA).
Commento
In base a quanto emerge dalla letteratura mondiale è indubbio che ci troviamo di fronte ad opinioni
diverse fra coloro che sostengono oppure negano l'utilità dei programmi di “screening” mammografici.
La prima osservazione da fare è che le due metodiche di “diagnostica per immagini” di uso più comune
(mammografia ed ecografia) non danno informazioni al “livello cellulare”. La fRM (Risonanza Magnetica
funzionale o CE-MRI - Contrast Enhancement Magnetic Resonance Imaging) può individuare
l’eventuale incremento metabolico distrettuale e il conseguente aumento del flusso sanguigno come la
termografia nelle fasi iniziali dei tumori, ma per svariati motivi non è utilizzabile di routine negli
“screening”. La mammografia (anche ipotizzando futuri miglioramenti) non potrà mai essere risolutiva
e soprattutto non è vero - come generalmente si pensa - che la sua negatività (falsi negativi) garantisca
dall'assenza del cancro. In effetti si assiste a uno strano paradosso: esistono aggregati cellulari
individuabili con le tecnologie attuali che non saranno mai letali e mutazioni cellulari che, pur
rimanendo sconosciute per anni, saranno invece mortali.
La termografia sembra avere già oggi una sensibilità sufficiente a svelare le prime anomalie ghiandolari
come la fRM e, in via teorica, potrebbe in futuro anche arrivare a decifrarle. In effetti qualche tentativo
a riguardo è già stato fatto sia abbinandola ad altre fonti energetiche (ad esempio, micro-onde) [1] che
a farmaci: la somministrazione di ormoni sessuali attiva, infatti, solo le cellule ricettive ("ER/PR
positive"), mentre prodotti come il Tamoxifen e Raloxifene ne riducono l'attività: esisterebbe, pertanto,
la possibilità di individuare variazioni termografiche generiche solo laddove sono presenti cellule
26
tumorali ormoni-dipendenti. Resta però irrisolto il problema della progressività o meno dei minuscoli
aggregati cellulari poiché, come giustamente sostengono i critici della termografia, anticipando la
diagnosi aumentano anche i casi di over-diagnosi e over-trattamento senza trascurare poi che le esigue
dimensioni delle zone sospette non consentono riscontri istologici.
Quasi tutti gli AA. sono, però, concordi nel sostenere che:
«nelle donne con patologie croniche benigne e reversibili della mammella (ad esempio con
dominanza di estrogeni) il cancro è più comune ed è, in questo ambito, che probabilmente la
termografia svolge un ruolo determinante».
Mammelle a rischio in giovane donna. Simmetrica iperemia bilaterale dovuta a prevalenza di estrogeni.
(From: Pink Image High Resolution Breast. Thermography, Located in San Diego, California).
Afferma Michael Wedge (L.A.c. M.Ac.O.M. - 2014): «È possibile la rara presenza di un cancro anche con
un termogramma normale, poiché la termografia non è un test standardizzato e pur essendo una
eccellente indagine essa non deve ritenersi definitiva. Infatti pur avendo un valore predittivo negativo
del 95%, la sua specificità e assai bassa (valore predittivo positivo) e deve, pertanto, affiancarsi ad altri
test. Può essere anche utile in presenza di immagini mammografiche dubbie per selezionare le forme
benigne rispetto a quelle maligne» (traduzione libera).
Accettando l'equivalenza:
«TERMOGRAMMA NORMALE = SENO SANO» allora la termografia del seno può essere
utilizzata come indagine di prima istanza in ogni fascia di età fino alla eventuale comparsa di
27
generiche anomalie, consentendo di limitare i rischi da radiazioni soprattutto nelle donne in
premenopausa e di programmare, sia l’eventuale esecuzione di “test genetici” in quelle con
precedenti familiari (la cui consapevolezza di positività può creare psicosi ansiose) che l’inizio
dei trattamenti preventivi nelle donne BRCA1/2 positive.
Le incertezze maggiori possono riguardare il cosiddetto "range di riferimento o di normalità": infatti se
esso dovesse essere (contrariamente a quanto affermano la Northrup e Altri) troppo ristretto, il numero
delle donne con termogrammi negativi sarebbe esiguo e, pertanto, eventuali accertamenti termografici
poco vantaggiosi sul piano pratico: aumenterebbero, infatti, i falsi positivi.
Già oggi un esperto “Thermòlogist”, confrontando visivamente le due mammelle, dovrebbe essere in
grado di riconoscere possibili anomalie. A eventuali incertezze si può poi supplire (essendo innocui)
con esami termografici, a brevi intervalli (mesi). In sostanza si tratta di capire quali sono i termogrammi
sicuramente normali, per poi programmare negli altri casi, con le metodiche oggi disponibili (CE-MRI in
particolare) una scrupolosa sorveglianza attiva analoga a quella dei soggetti ritenuti a rischio.
La termografia è poi assimilabile nelle lesioni strutturate all'“enhancement” da contrasto che si ottiene
con altre metodiche perché c'è una correlazione fra la quantità di energia a infrarossi emessa e il loro
grado di irrorazione: ciò può consentire anche di differenziare le forme benigne da quelle maligne
individuate con altri esami come la mammografia, la TC o RM basali.
Poiché sembra ormai accertato che gli “screening” mammografici incidano poco sulla mortalità a lungo
termine (10 anni), dovrebbero evitarsi anche gli eccessi terapeutici locali (mastectomie allargate,
radioterapie estese etc.). La mammella, infatti, non è un organo vitale come, a esempio, il cervello, in
cui è essenziale ritardare o evitare le recidive; la morte per cancro del seno dipende generalmente da
metastasi tardive, e non sono poi rari i casi di over-diagnosi e conseguenti inutili cure. Queste
procedure eccessive non sembrano infatti in grado di evitare la diffusione metastatica, mentre è quasi
certo che siano responsabili di altre patologie aggiuntive (disturbi cardiaci, psicosi ansiose,
affievolimento delle risposte immunitarie etc.).
La Cochrane Collaboration [2] dopo una revisione globale della letteratura esistente (2013) è giunta
alle seguenti conclusioni: «pertanto non sembra ragionevole eseguire lo screening per il tumore della
mammella a qualsiasi età. Inoltre non è stato dimostrato che la risonanza magnetica abbia maggiori
vantaggi o svantaggi rispetto alla mammografia tradizionale».
Una significativa riduzione della mortalità dovuta alla prevenzione secondarie non sembra, pertanto,
essere alla portata delle attuali tecnologie comunemente usate.
Esse, infatti, documentano solo aggregati di bilioni di cellule tumorali che nella mammella sono
generalmente dislocati in zone molto vascolarizzate e sensibili all’effetto proliferativo e
angiogenetico degli ormoni sessuali (soprattutto nei quadranti superiori).
Poiché la trasformazione neoplastica è graduale, l’unica alternativa è d’intervenire nelle fasi di
“iperplasia cellulare normale (normal hyperplasia) o anomala (abnormal hyperplasia)” e forse anche di
“Carcinoma Duttale in Situ (DCIS)”. In queste fasi (ritenute reversibili) esiste già una angiogenesi con
locale amentato afflusso di sangue che la termografia, ma anche la fRM, possono svelare. Tali forme
28
si associano spesso a squilibri endocrini od altre patologie benigne curabili; sono poi più frequenti
nelle giovani donne e rappresentano le basi su cui potrà svilupparsi il cancro.
È in questo ambito, pertanto, che, probabilmente, la termografia ha un ruolo decisivo, mentre
negli altri casi ha solo una validità complementare, assai spesso migliorativa sulla qualità di
vita, ma non necessariamente sostitutiva.
INIZIO ED EVOLUZIONE DI
UN CARCINOMA
DUTTALE IN SITU (DCIS).
Notare la freccia di possibile
reversibilità anche nel DCIS.
(From: “Mammographyc
Imaging: A Practical Guide.
Third Edition”.
Copyright: Wolkers Kluwer
Health/Lippincott Williams &
Wilkins - 2011).
Invasive cancer - (III).
[1] G.Vermiglio e Altri – Possibilità di accoppiamento della stimolazione elettromagnetica alla termografia nella diagnostica
senologica. Giornale Italiano di Senologia. Vol. XI, 1990.
[2] La Cochrane Collaboration è una iniziativa internazionale no-profit nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente
e diffondere le informazioni relative alla efficacia ed alla sicurezza degli interventi sanitari.
29
Appendice
Nella trattazione dedicata alla diagnosi ed agli “screening” in particolare non ci siamo soffermati
sopra altre metodiche strumentali (ECOGRAFIA, TAC, MRI, PET, PET/TC, SPECT etc.) anche perché
inadeguate allo scopo, ma solo complementari in determinate circostanze. Le tecniche invasive hanno
carattere prevalentemente specialistico, mentre altre più avveniristiche (Proton Spectroscopy - PS,
Positron Emission Mammography - PEM, 7.0Tesla-MRI etc.) sono tuttora oggetto d’indagine. La
7.0Tesla-MRI basale consente di ottenere nel DCIS immagini assimilabili a quelle istologiche (migliore
rapporto segnale/rumore), e già oggi è applicata sperimentalmente in alcuni Centri.
L’ ECOGRAFIA (Sonography, Ecography) è indicata prevalentemente nelle giovani donne laddove il
seno è più ricco di tessuto ghiandolare (seno denso).
Essa consente, in particolare, di differenziare le
formazioni nodulari solide da quelle cistiche; può
essere impiegata come guida a eventuali biopsie
oppure per individuare linfonodi non palpabili in sedi
strategiche come nel cavo ascellare (linfonodo
“sentinella”). Anche abbinandola con l’Eco-ColorDoppler o immagini 3D non permette di evidenziare tumori molto piccoli per cui si utilizza, in genere,
nel seno denso o come test complementare alla mammografia. Di recente, infine, sono comparsi sul
mercato anche dei termo-ecografi. Questo abbinamento può favorire le diagnosi ecografiche
segnatamente in senologia (> sensibilità/specificità). - In Figura: cancro non palpabile di ~ 6 mm.
La TC (o CT - Computerized Tomography) è generalmente impiegata per la ricerca di possibili
metastasi, ma non per la diagnosi precoce dei tumori della mammella.
La MRI (Magnetic Resonance Imaging) si usa principalmente a conferma di altre indagini o - prima di
un intervento - per individuare patologie addizionali come
localizzazioni multicentriche/multifocali. Poiché la fMRI (o fRM)
ha una sensibilità dell'85-97% nelle forme duttali in situ (DCIS)
è impiegata anche nelle donne ad alto rischio e nei controlli a
breve termine.
La fMRI ha già un ruolo importante nella
diagnostica senologica, ma essendo generalmente un’indagine
di 2° istanza, ha scarso impatto sulla mortalità. Al momento il
suo uso è limitato dai costi, dalla necessità d’ impiegare come
contrasto il gadolinio (Contrast Enhancement MRI), ma anche
dalla limitata disponibilità delle apparecchiature. - In Figura: fMRI normale. Aspetto arboriforme.
La PET (Postron Emission Tomography), la PET/CT e la SPECT (Single Photon Emission CT) sono
utilizzate soprattutto per la “stadiazione” ed il “follow-up” dei tumori (anche se possono individuare
micro-patologie mammarie) ma, come tutte le indagini di medicina nucleare, hanno costi elevati, sono
poco disponibili e comportano rischi da radiazioni.
Da sottolineare che, anche aggregando più indagini strumentali, si hanno valori predittivi
negativi e/o positivi inferiori al 100%. Solo l'istologia è generalmente dirimente.
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Riferimenti storici
Il sepolcro di Maria di Aragona marchesa di Vasto (1503-1568) si trova nella Chiesa di San Domenico
Maggiore a Napoli. Fu mummificata e i resti riesumati sono stati oggetto di studio presso la Divisione di
Paleopatologia dell'Università di Pisa diretta dal Prof. Gino Fornaciari.
Risultati: obesità, sifilide e condilomi genitali. L'esame del seno residuo ha potuto evidenziare la presenza di
calcificazioni e micro-calcificazioni nei quadranti superiori di entrambe le mammelle con un quadro complessivo
(mammografia + istologia) di presumibile natura pre-neoplastica.
I resti di parti molli sono molto rari, soprattutto se associati a specifiche patologie.
Cappella sepolcrale degli Aragonesi in Napoli.
San Domenico Maggiore.
Madonna del latte - Andrea Pisano (1345-1347).
Museo Nazionale di San Matteo - Pisa.
Nella iconografia cristiana la Madonna rappresenta il simbolo della maternità nella sua forma più pura ma,
soprattutto, rende intuitivo il rapporto fra un’Entità superiore e l'Umanità intera.
Riassunto - L'argomento presentato è di attualità perché certi percorsi tradizionali di prevenzione sono stati messi
in discussione: esistono, in particolare, controversie circa l'utilità reale degli “screening mammografici”. Secondo
molti AA., infatti, non ci sono prove convincenti che gli screening riducano la mortalità e c'è anche chi sostiene
che sono dannosi. La diagnosi mammografica non sarebbe, infatti, abbastanza precoce perché individua
aggregati (non inferiori a ½ cm) di bilioni di cellule. Il 20-25% dei noduli può poi, per motivi sconosciuti, regredire
o stabilizzarsi: molte donne, pertanto, sottostanno a cure inutili. A questo si aggiunge l’effetto cancerogeno di
accumulo dei raggi X (maggiore nei grossi seni e nelle donne più giovani) e la compressione delle mammelle (~50
libbre) che potrebbe favorire la diffusione di cellule tumorali.
In Italia il cancro della mammella colpisce ~1 donna su 7,6 e, nonostante che gli “screening” siano proposti dalla
sanità pubblica, questa patologia resta la prima causa femminile di morte neoplastica (~17,1%).
Una alternativa, almeno parziale, è rappresentata dall'impiego della tele-termografia digitale la quale, se normale,
ha un “indice predittivo negativo” molto elevato (si parla del 95%) mentre, se positiva, può prevedere la
comparsa di un cancro del seno con largo anticipo (8-10 anni): consente, infatti, di individuare le prime anomalie
cellulari che precedono l'aggregazione neoplastica (diagnosi al livello cellulare e non strutturale). Poiché, peraltro,
essa ha un “indice predittivo positivo” molto basso - altre patologie hanno generiche anomalie termografiche - è
spesso necessario completarla con altri test.
Trattasi di una metodica semplice, innocua, indolore, senza contatti fisici e, pertanto, ripetibile.
Il problema maggiore è di capire quale sia il suo effettivo “range di normalità” poiché se dovesse essere troppo
ristretto, il numero delle donne con termogrammi negativi sarebbe esiguo e, pertanto, eventuali accertamenti
termografici poco vantaggiosi sul piano pratico. Se viceversa è alto (come si sostiene in USA) i successivi “test”
consentono di selezionare le varianti pre-neoplastiche (come avviene con il Pap-Test nel collo dell’utero) da quelle
maligne, mentre tutte le altre donne con termogrammi negativi (presumibilmente la maggioranza) ne resterebbero
escluse.
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Curriculum vitae:
Prof. Lanfranco Barbieri, nato a Pisa il 29/05/1934.
Spec. Radiologia e Terapia Fisica.
Spec. Ortopedia e Traumatologia.
Già Dir. U.O. di Radiologia di Carrara e Coordinatore del Dipartimento Oncologico della AUSL 1 di
Massa Carrara.
Già Consulente Radiologo C.N.R.- Pisa.
Autore di numerose memorie scientifiche alcune delle quali a carattere monografico.
Fra i primi in Italia promotore dei metodi informatici in medicina: TEAM 2000 (Tecnologie Elettroniche
Applicate alla Medicina) - Congresso a carattere nazionale svoltosi nell’Auditorium della Fiera
Internazionale Marmi e Macchine di Marina di Carrara (MS) con Forum delle maggiori industrie del
settore il 28 e 29 gennaio, 2000.
E-mail: [email protected]
http://www.barbierilanfranco.com
Dello stesso Autore:
Human Retina and Digital Images Processing in Radiology.
(INTERNET).
Il Modello Sanitario Attuale è Superato?
(INTERNET).
Introduzione alla prevenzione e diagnosi precoce nelle patologie vascolari, neurologiche ed
oncologiche. (INTERNET - Edizioni - ETS - Pisa. Htp://www.edizioniets.com).
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