concessione abusiva del credito e patrimonio dell`imprenditore
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concessione abusiva del credito e patrimonio dell`imprenditore
PAOLO PISCITELLO Prof. ord. dell’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa CONCESSIONE ABUSIVA DEL CREDITO E PATRIMONIO DELL’IMPRENDITORE SOMMARIO: 1. Crisi dell’impresa e concessione del credito. – 2. Segue: erogazione del credito e soutien abusif nell’ordinamento francese. – 3. Impostazione dell’indagine. Le fattispecie. – 4. Correttezza nell’erogazione del credito e responsabilità della banca. – 5. Il problema della legittimazione alle azioni risarcitorie. Il pregiudizio arrecato al patrimonio dell’imprenditore. – 6. Segue: depauperamento del patrimonio e “danno riflesso” per i creditori. – 7. Illecito plurioffensivo e danno da concessione abusiva del credito. 1. – È ormai dato acquisito che, in molti casi, il sostegno finanziario ad un’impresa in crisi, anziché condurre ad un superamento della stessa comporta un ulteriore aggravamento con conseguenti pregiudizi sia per l’imprenditore che assiste ad un progressivo depauperamento del proprio patrimonio sia per i creditori i quali subiscono una riduzione della massa attiva su cui fare valere le proprie ragioni. La delicatezza degli interessi in gioco e l’assenza di una disciplina specifica1 hanno reso necessario precisare il ruolo delle banche, ricostruendo le regole che devono governare il sostegno economico alle imprese, nonché le conseguenze nelle ipotesi in cui l’operazione di risanamento non abbia successo e si apra una successiva procedura concorsuale, sollecitando in modo crescente Lo scritto è dedicato alla memoria del prof. G. E. Colombo. Sul punto, PORTALE, La legge fallimentare rinnovata: note introduttive (con postille sulla disciplina delle società di capitali), in Il nuovo diritto fallimentare, a cura di Olivieri e Piscitello, Napoli, 2007, p. 11 (da cui si cita) ed in Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, p. 368 ss., che con la consueta acutezza individua nella mancata presa di posizione sulla responsabilità per concessione del credito una delle più significative lacune della disciplina introdotta con la riforma della legge fallimentare. 1 1 l’attenzione degli interpreti sul tema della responsabilità della banca che continua a sostenere un’impresa in crisi irreversibile2. Nei contributi dedicati all’argomento è generalmente ammessa, in linea di principio, la responsabilità della banca per concessione abusiva del credito, anche se sovente non ne risultano sufficientemente chiariti i presupposti, omettendo di individuare il confine tra il sostegno regolare alle operazioni di ristrutturazione e, più in generale, alle imprese in crisi ed i comportamenti illegittimi; sotto altro profilo, sussistono non poche divergenze in relazione al fondamento della responsabilità del banchiere. E’ infatti controverso, se l’antigiuridicità della concessione abusiva del credito sia correlata alla violazione di norme sezionali dell’ordinamento bancario3, o costituisca piuttosto un illecito aquiliano, sul presupposto che, in seguito alla concessione del credito, la banca risponderebbe poiché con il 2 E vedi, già NIGRO, La responsabilità della banca per concessione <<abusiva>> di credito, in Le operazioni bancarie, a cura di Portale, I, Milano, 1978, p. 299; e successivamente, tra gli altri, ANELLI, La responsabilità risarcitoria delle banche per illeciti commessi nell’erogazione del credito, in D. banc., 1998, I, p. 137 ss.; BIBOLINI, Responsabilità della banca per finanziamento all’imprenditore insolvente, in Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale delle banche, Atti del convegno di Alghero, dell’8-10 novembre 1984, Milano, 1986, p. 29 ss.; BORGIOLI, Responsabilità della banca per concessione <<abusiva>> di credito?, in Funzione bancaria, rischio e responsabilità, a cura di Maccarone e Nigro, Milano, 1981, p. 197 ss.; CLARIZIA, <<La responsabilità du banquier donneur de crédit>> (La responsabilità del banchiere in una recente sentenza della Cassazione francese), in Banca, borsa, tit. cred., 1976, I, p. 361 ss.; DI MARZIO, Abuso e lesione della libertà contrattuale nel finanziamento dell’impresa insolvente, in R. d. priv., 2004, p. 145; ID., Abuso nella concessione del credito, Napoli, 2004, spec. p. 204 ss.; FRANCHINA, La responsabilità della banca per abusiva concessione del credito, in D. fall., 1988, I, p. 656; INZITARI, Concessione abusiva del credito: irregolarità del fido, false informazioni e danni conseguenti alla lesione dell’autonomia contrattuale, in D. banc., 1993, p. 412; NANNI, Abuso della banca nella concessione di credito ad impresa insolvente, in Fallimento, 1996, p. 917 ss.; PICCININI, I rapporti tra banche e clientela, Padova, 2008, p. 138 ss.; PISANI, Erogazione del credito e flussi informativi, Torino, 2005, p. 123 ss.; PRINCIPE, Concessione abusiva di credito e problemi di responsabilità della banca, in Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale delle banche, p. 355 ss.; C. SCOGNAMIGLIO, Ancora sulla responsabilità della banca per violazione di obblighi discendenti dal proprio status, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, II, p. 655 ss.; SCHLESINGER, Imprese insolventi e credito bancario: considerazioni introduttive, in Fallimento, 1985, p. 243 ss.; TERRANOVA, La responsabilità delle banche nei confronti dei creditori dell’impresa finanziata, in ID., Profili dell’attività bancaria, Milano, 1989, p. 210 ss.; VISCUSI, Profili di responsabilità della banca nella concessione abusiva del credito, Milano, 2004, spec. p. 114 ss. 3 In questa prospettiva, NIGRO, La responsabilità della banca per concessione <<abusiva>>, cit., p. 299. 2 proprio comportamento ha suscitato un incolpevole affidamento dei terzi4. In tale prospettiva, la capacità e l’esperienza professionale consentirebbero alla banca di valutare se sussistono i presupposti per il finanziamento; ed invero, l’erogazione del credito ora anche in seguito alle regole di Basilea due costituisce operazione che deve essere posta in essere in modo meditato. Non è, peraltro mancato, chi ha messo in luce come la concessione o il mantenimento delle linee di credito si pongano in contrasto con il principio dell’ illiceità della protrazione nel tempo di un’impresa in stato di decozione desumibile dalle norme penali che sanzionano il compimento di operazioni di grave imprudenza volte e ritardare l’apertura della procedura concorsuale (art. 217 l. fall.), o che puniscono l’imprenditore che ricorre al credito dissimulando il proprio dissesto (art. 218 l. fall.)5. Da altro angolo visuale, si è osservato, che la responsabilità delle banche è correlata alla qualità di operatore professionale delle stesse ed alla conseguente capacità di acquisire ed elaborare informazioni6. Per altro verso, la giurisprudenza prevalente, pur riconoscendo la responsabilità extracontrattuale della banca, che ha omesso di adottare le cautele imposte dall’ordinamento per la corretta erogazione del credito esclude che possano essere legittimati all’esercizio di tale azione gli organi delle procedure concorsuali (curatore fallimentare, commissario straordinario ecc.)7, giungendo in sostanza a privare di contenuto il Per questa impostazione, DI MARZIO, Abuso nella concessione del credito, cit., p. 178 ss.; ID., Sulla fattispecie “concessione abusiva di credito”, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, II, pp. 386-387; GALGANO, Civile e penale nella responsabilità del banchiere, in Contr. e impr., 1987, pp. 22-23. 5 Così, VISCUSI, op. cit., p. 112, ove l’indicazione di altre norme che, secondo la ricostruzione dell’A., inducono ad affermare l’esistenza di un siffatto principio; EAD., Concessione abusiva di credito e legittimazione del curatore fallimentare all’esercizio dell’azione di responsabilità, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, p. 648 ss.; e già, DI SABATO, Riflessioni sparse sui gruppi: direzione unitaria rapporti intragruppo, rapporti creditizi di gruppo, in Scritti in onore di Gustavo Minervini, Impresa e società, III, Società, Napoli, 1995, p. 263 ss.; ed in R. d. imp., 1995, p. 243 ss. (da cui si cita). 6 In questo ordine di idee, PISANI, op. cit., pp. 143-144. 7 E vedi, di recente, Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7029, in G. it., 2006, c. 1191; Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7030, in Fallimento, 2006, p. 1125; ed in D. fall., 2006, p. 615; Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7031, in R. d. comm., 2007, II, p. 1; nonché, con riferimento ai rapporti tra banche, Cass. 13 gennaio 1993, n. 343, in Banca, borsa, tit. cred., 1994, II, p. 258, e nella giurisprudenza di merito, App. Milano 11 maggio 2004, ivi, 2004, II, p. 643; Trib. Foggia 7 maggio 2002, in Fallimento, 2002, p. 1166; Trib. Monza 31 luglio 2007, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, II, p. 375; in dottrina, LO CASCIO, Iniziative giudiziarie del curatore nei confronti delle banche, in Fallimento, 2002, p. 1182 ss.; TETI, Dell’apertura di credito, in Comm. Schlesinger, Milano, 2005, p. 94. 4 3 riconoscimento della responsabilità dei finanziatori, dato che difficilmente i singoli creditori saranno propensi ad intraprendere un’azione risarcitoria nei confronti delle banche. 2. – Per contro, in ordinamenti giuridici affini al nostro come quello francese la responsabilità du banquier dispensateur de credit è da tempo riconosciuta8 e le azioni risarcitorie nei confronti degli istituti di credito hanno consentito di riequilibrare i rapporti tra le diverse categorie di creditori. L’analisi dell’ evoluzione della problematica della responsabilità della banca per concessione abusiva del credito in Francia mostra come la responsabilità del banchiere non richieda una “collusion frauduleuse”, ma sia sufficiente il comportamento colpevole della banca, che non assume complete informazioni sulla situazione economico-patrimoniale del destinatario del finanziamento o non si accorge del peggioramento delle condizioni del cliente9. In tale ordinamento, nell’ipotesi di concessione del credito in assenza dei relativi presupposti è stata affermata la responsabilità del banchiere sia nei confronti del cliente, che dei creditori, i quali, per effetto della continuazione dell’impresa resa possibile dal finanziamento abusivo, vedono ridotte, se non del tutto compromesse, le proprie possibilità di soddisfazione10. La responsabilità della banca è riconosciuta, in primo luogo, verso il cliente nel caso di finanziamento sproporzionato ai mezzi finanziari del sovvenuto11. E’ ben vero, che l’estensione delle linee perimetrali della responsabilità del banchiere nei confronti del destinatario del finanziamento risulta controversa, essendo Cfr., inoltre, ROBLES, Erogazione <<abusiva di credito>>, responsabilità della banca finanziatrice e (presunta) legittimazione attiva del curatore fallimentare del sovvenuto, in Banca, borsa, tit. cred., 2002, II, p. 274 ss. 8 In luogo di molti, LIKILLIMBA, Le soutien abusif d’une enterprise en difficulté, 2a ed., Paris, 2001, spec. p. 433 ss.; VASSEUR, La responsabilità extracontractuelle de la banque en France, in Funzione bancaria, cit., p. 61; nonché, nel quadro di indagini riguardanti in generale la responsabilità del banchiere, BUTHURIEUX, Responsabilité du banquier, Paris, 1999, p. 77 ss.; ROUTIER, La responsabilité du banquier, Paris, 1997, p. 28 ss. 9 RIVES-LANGE et CONTAMINE-RAYNAUD, Droit bancaire, 6a ed., Paris, 1995, p. 601 ss. 10 In argomento, DELEBEQUE et GERMAIN, Traité de droit commercial, a 17 ed., t. II, Effets de commerce. Banque. Contrats commerciaux. Procédures collectives, Paris, 2004, p. 235; GAVALDA et STOUFFLET, Droit bancaire, 6a ed., Paris, 2005, p. 267 ss. 11 Sul punto, Cass. Civ. 27 juin 1995, in D, 1995, jur., p. 621; vedi, inoltre, le considerazioni di CABRILLAC, Crédit et titres de crédit, in RTD comm., 1996, pp. 101-102; nonché, PIEDELIÈVRE, Note a Cass. civ. 27 juin 1995, in D, 1995, jur., pp. 622-623. 4 discusso, se sia indispensabile che il banchiere disponga di informazioni ulteriori rispetto all’imprenditore come affermato dalla Chambre commerciale della Cour de Cassation12, oppure una siffatta condizione non sia necessaria secondo la prospettiva seguita dalla Chambre civile13 e, quindi, la responsabilità del banchiere possa essere affermata a prescindere dall’esistenza di una asimmetria tra le informazioni in possesso della banca e quelle del cliente14. Più frequente è il riconoscimento della responsabilità della banca nei confronti dei creditori del sovvenuto. In tale prospettiva, si afferma la responsabilità del banchiere nelle ipotesi di finanziamento di un’impresa in situazione di crisi irreversibile (situation désespérée), in cui la concessione del credito concesso ha come effetto di aumentare <<l’importance de son passiv>>15 e di ritardare l’apertura della procedura concorsuale16. Da altro angolo visuale, si sottolinea come l’erogazione di finanziamenti ad un’impresa in crisi irreversibile abbia riflessi negativi sul mercato, in quanto trae in inganno i terzi contraenti indotti ad instaurare rapporti a causa della apparente solidità dell’impresa e permette la formazione di un “passif supplementaire” conseguente alla continuazione dell’attività d’impresa17. E vedi, in questo senso, Cass. Com. 26 mars 2002, in JCP, E 2002, p. 852, nonché in dottrina, GAVALDA et STOUFFLET, op. cit., p. 276, che, peraltro, affermano la nature contractuelle della responsabilità della banca nei confronti del destinatario del finanziamento. 13 Cass. Civ. 8 juin 2004, in D, 2004, act. jur. p. 1897. Al riguardo, vedi le considerazioni di DAGORNE-LABBE, Éntendu de l’obligation d’information et de conseil du banquier à l’egard de son client, in JCP, 2004, II, p. 1649 s. 14 Si ritiene invece che non sussista responsabilità del banchiere nelle ipotesi in cui si accerti che il cliente ha comunicato al finanziatore informazioni inesatte in merito ai propri mezzi finanziari ed allo stato del proprio indebitamento (cfr., App. Nancy, 15 mai 2003, in JCP, 2004, IV, p. 926). 15 Così, RIVES-LANGE et CONTAMINE-RAYNAUD, op. cit., p. 599. 16 La responsabilità della banca viene invece esclusa, là dove esiste un piano di risanamento credibile (cfr., GAVALDA et STOUFFLET, op. cit., p. 269; ed, in giurisprudenza, Cass. Com. 15 juin 1993, in JCP, 1993, p. 253; App. Paris 15 decémbre 1995, in D, 1996, inf. rap., p. 65). 17 In questi termini, GAVALDA et STOUFFLET, op. cit., p. 270; RIVESLANGE et CONTAMINE-RAYNAUD, op. cit., p. 606, che distinguono tra préjudice collectif arrecato ai creditori, consistente nella diminuzione dell’attivo e nell’aumento del passivo determinato dal finanziamento abusivo, e préjudice individuel diverso per ciascuno dei creditori ed, in particolare, per i creditori anteriori alla concessione abusiva e per quelli il cui credito è sorto successivamente; mentre il risarcimento conseguente al pregiudizio collettivo può essere richiesto solo dagli organi delle procedure concorsuali a domandare il risarcimento del danno arrecato individualmente ai singoli creditori è legittimato ciascuno di essi. Vedi, inoltre, LIKILLIMBA, op. cit., p. 168, che rileva come <<le préjudice est collectif parce qu’il dimunue les parts des créanciers dans la distribution du produit de l’actif>>. 12 5 E’ ben vero che, di recente, il legislatore francese è intervenuto (loi 2005-845 del 26 luglio 2005), circoscrivendo la sfera di responsabilità delle banche per abusiva concessione del credito alle ipotesi di frode, di intromissione nella gestione dell’impresa del debitore, o in cui siano prestate a fronte della concessione del credito garanzie sproporzionate18. Al riguardo, è stato efficacemente rilevato come tale disciplina abbia realizzato un “cantonnement de la responsabilité pour soutien abusif”, che risponde all’obiettivo di evitare che i banchieri siano dissuasi dal finanziare le imprese in crisi19. Non può, tuttavia, trascurarsi che la nuova normativa mantiene comunque fermo il principio della responsabilità per concessione abusiva del credito e costituisce indiretta conferma del ruolo di tale problematica nella definizione dei rapporti tra le diverse categorie di creditori20. 3. – Nell’ordinamento italiano, le azioni risarcitorie nei confronti delle banche non hanno sino ad oggi assunto uno sviluppo analogo a causa delle incertezze esistenti in materia. Il rilievo degli interessi in gioco ed il ruolo centrale della tematica della responsabilità della banca nelle procedure concorsuali impongono tuttavia di riesaminare ex funditu la problematica, al fine di sgombrare il campo dai non pochi preconcetti che continuano a viziare l’impostazione della questione. In questa direzione è, in primo luogo, necessario chiarire le fattispecie di concessione abusiva del credito, al fine di evitare, che un’affermazione indiscriminata della responsabilità del banchiere possa fungere da deterrente alle operazioni di finanziamento delle imprese in crisi. Per altro verso, non può trascurarsi, che le incertezze in ordine al fondamento della 18 E vedi, ROUTIER, Le cantonnement de la responsabilité pour soutien abusif, in Gaz. Pal., 2005, n. 252-253, p. 33 ss. Più in generale sulla loi 2005-845 del 26 luglio 2005, cfr., GALL-HENG, Premières réflexions sur la loi sauvegarde, in Gaz. Pal., 2005, n. 250-251, p. 5 ss.; LE CORRE et MONTÉRAN, Loi du 26 juillet 2005 de sauvegarde des enterprises: présentation, in Gaz. Pal., 2005, n. 243-244, p. 1 ss. 19 Così, ROUTIER, Le cantonnement de la responsabilité pour soutien abusif, cit., p. 33 ss.; vedi, inoltre, FORRAY, Commentaire complementaire de l’article L. 650-1 du code de commerce, in RTD comm., 2008, p. 661 ss. 20 Per l’analisi della problematica della erogazione abusiva del credito nell’ordinamento tedesco, ove il diverso ambiente normativo non ha permesso uno sviluppo analogo a quello francese, cfr., HOPT, Rechtspflichten der Kreditinstitute zur Kreditversorgung, Kreditbelassung und Sanierung von Unternehmen, in ZHR, 1979, p. 139 ss.; MERTENS, Zur Bankenhaftung wegen Gläubigerbenachteiligung, in ZHR, 1979, p. 174 ss.; nonché la recente approfondita indagine di ENGERT, Die Haftung für drittschädigende Kreditgewährung, München, 2005, p. 9 ss. 6 responsabilità della banca ed alla legittimazione degli organi delle procedure concorsuali comportano che venga compromesso l’esperimento di azioni risarcitorie anche nei casi più gravi in cui la concessione del credito ad un’impresa in crisi ormai irreversibile abbia comportato un notevole ritardo dell’apertura della procedura concorsuale ed un ulteriore aggravamento del dissesto. Al riguardo, non sembra arbitrario ricondurre le molteplici questioni tuttora aperte a tre filoni tematici principali: a) le fattispecie di concessione abusiva del credito; b) la disciplina della responsabilità della banca; c) la legittimazione ad esercitare le azioni risarcitorie nei confronti degli istituti di credito successivamente all’apertura di una procedura concorsuale. L’analisi delle fattispecie in cui può affermarsi la responsabilità del banchiere per abuso nella concessione del credito richiede da un lato, che si precisino i comportamenti delle banche che danno luogo al sostegno abusivo dell’impresa; dall’altro, impone di individuare quali siano i connotati della situazione di crisi dell’impresa rilevanti, al fine del riconoscimento della responsabilità della banca. Sotto il primo profilo, è opportuno mettere in luce che un abuso nella erogazione del credito può verificarsi sia nelle ipotesi in cui si proceda alla concessione di nuova finanza, che nei casi di mero mantenimento delle linee di credito esistenti non ostante il progressivo peggioramento delle condizioni economico patrimoniali dell’impresa finanziata21. In tale prospettiva, assumono rilievo le ipotesi in cui si proceda a erogazioni di credito nei confronti dell’impresa in crisi non giustificate da reali prospettive di risanamento. E’, in primo luogo, il caso della concessione di nuovo credito, sebbene l’impresa sia ormai precipitata in una crisi irreversibile, al fine di ritardare l’apertura della procedura concorsuale ed ottenere in E vedi, MIOLA, La banca tra concessione ed interruzione del credito, in Attività bancaria e responsabilità. Atti del convegno di Avellino, 2004, p. 221 ss., che opportunamente nota come possa essere fonte di responsabilità un fido erogato in violazione delle norme di vigilanza prudenziale dettate a garanzia della sana e prudente gestione, nonché come ulteriori elementi per valutare la legittimità o meno del comportamento della banca possano trarsi dalla disciplina dei grandi fidi; DI MARZIO, Sulla fattispecie, cit., p. 389 s., secondo cui, per individuare il confine tra finanziamento corretto ed abusivo, è necessario guardare alla ragionevolezza del programma di ristrutturazione. Per l’analisi dei comportamenti della banca forieri di responsabilità alla luce della nuova disciplina delle crisi d’impresa, cfr., FORTUNATO, La concessione abusiva del credito dopo la riforma delle procedure concorsuali, in Fallimento, 2009, p. 65 ss. 21 7 questo modo il definitivo consolidamento delle garanzie reali e dei pagamenti effettuati per rientrare dalla pregressa esposizione debitoria; si verifica, pertanto, un comportamento illegittimo, là dove la concessione di nuove linee di credito appaia strumentale a far decorrere i termini per l’esercizio delle azioni revocatorie o al recupero dei precedenti finanziamenti la cui restituzione risulta incerta. E’ ugualmente foriera di responsabilità per la banca la concessione di nuovi finanziamenti al solo scopo di costituire una garanzia formalmente contestuale alla concessione del credito, ma che, in realtà, mira a garantire la pregressa esposizione debitoria e ad escludere la revoca della garanzia come atto anormale, ai sensi dell’art. 67, comma 1, l. fall.22. Si verifica abuso nella concessione del credito altresì nelle ipotesi in cui la banca abbia erogato finanziamenti con procedimento non corretto o addirittura fraudolento (ad esempio, scontando ripetutamente effetti fittizi), poiché, in tale ipotesi, lo stesso comportamento del banchiere conferma la conoscenza delle difficoltà economiche del sovvenuto23, oppure quando il credito viene concesso a seguito di pressioni politiche o lobbistiche non ostante l’esito negativo dell’istruttoria24. Per altro verso, l’abuso nella concessione del credito ricorre, nell’ipotesi in cui, in presenza di un consistente aggravamento delle condizioni economico-finanziarie dell’impresa, la banca non receda dalle aperture di credito già esistenti 25, oppure conceda dilazioni26. La presenza di garanzie può infatti incentivare il finanziatore professionale ad instaurare la relazione anche quando il debitore non appaia meritevole sulla base dell’analisi obiettiva della sua attività economica (cfr., GALLETTI, La ripartizione del rischio di insolvenza. Il diritto fallimentare tra diritto ed economia, Bologna, 2006, p. 433). Per un’articolata illustrazione delle diverse ipotesi, DI MARZIO, Abuso nella concessione del credito, cit., p. 172 ss. 23 In questo senso, MIOLA, La banca tra concessione ed interruzione, cit., p. 221, che mette in luce come il carattere abusivo emerga nelle ipotesi in cui il fido non sarebbe stato concesso al termine di una corretta istruttoria; NIGRO, La responsabilità della banca per concessione <<abusiva>> del credito, cit., p. 340. Vedi, inoltre, la fattispecie sottoposta all’attenzione del Trib. Piacenza 7 ottobre 2008, in www.il caso it., in cui la società fallita aveva ripetutamente presentato le stesse fatture relative a crediti da incassare a più istituti di credito, consegnando mere fotocopie di fatture e ricevute ed ottenendo da ogni istituto l’anticipazione in danaro del relativo importo. 24 Di certo, non privo di significato, al fine di individuare un abuso nella concessione del credito è inoltre che, a fronte della concessione di nuovi finanziamenti, la banca si sia tutelata adeguatamente attraverso la prestazione di garanzie da parte di terzi, ponendosi in tal modo al sicuro dai rischi derivanti dall’apertura di una procedura concorsuale. E, vedi, VISCUSI, Profili di responsabilità della banca, cit., p. 10 s. 25 In tal caso, peraltro, non sembra che sia sufficiente ad escludere la responsabilità la revoca formale degli affidamenti in seguito alla conoscenza del 22 8 Nelle ipotesi in cui le banche rivestono la funzione di consulenti dell’imprenditore in difficoltà nella predisposizione dei piani di risanamento27 e svolgono nell’ambito dei tentativi di soluzione delle crisi d’impresa un ruolo che va al di là della semplice erogazione del credito, condizionando le scelte gestorie del management ed, in alcuni casi, imponendo la nomina di amministratori di proprio gradimento merita di essere precisato che non assume rilievo l’ingerenza più o meno forte nelle decisioni dell’impresa. La responsabilità per concessione abusiva del credito è, come si chiarirà in seguito, conseguenza del depauperamento del patrimonio dell’impresa dipendente dalla continuazione dell’attività non ostante la crisi irreversibile e non postula necessariamente il coinvolgimento della banca nelle scelte di gestione. Sotto altro profilo, deve rilevarsi che la responsabilità della banca sussisterà solo per le concessioni di credito effettuate a favore di un’impresa la cui situazione appaia ormai irrecuperabile. In tale prospettiva, se deve condividersi il rilievo che il semplice stato di crisi non sia sufficiente per considerare abusivo il finanziamento alla luce dell’obiettivo di incentivare la contrattazione con l’impresa in crisi alla base della nuova disciplina delle procedure concorsuali28 non sembra peggioramento delle condizioni economiche dell’impresa, quando a tale atto non segua la richiesta di immediato rientro. 26 In questo senso, MIOLA, La banca tra concessione ed interruzione, cit., p. 221; GALLETTI, La ripartizione, cit., p. 437. 27 BOGGIO, Gli accordi di salvataggio delle imprese in crisi. Ricostruzione di una disciplina, Milano, 2007, p. 7 ss.; PISCITELLO, Piani di risanamento e posizione delle banche, in Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, p. 538 ss.; ed in AA.VV., Le soluzioni concordate delle crisi d’impresa, Torino, 2007, p. 111 ss.; e, con specifico riferimento alla concessione abusiva del credito, CENNERAZZO, Azione di responsabilità per concessione abusiva del credito: gli spazi di legittimazione del curatore fallimentare dopo la sentenza delle sezioni unite, in R. d. comm., 2007, II, p. 16; DI MARZIO, Sulla fattispecie, cit., p. 401 s., allorché afferma come la concessione abusiva del credito costituisca una famiglia di fenomeni che a sua volta può essere scomposta in più raggruppamenti: le ipotesi di mera erogazione abusiva e le fattispecie in cui l’erogazione del credito è il presupposto per l’ingerenza della banca nella gestione dell’attività d’impresa. 28 Come può desumersi dai rilevanti limiti introdotti alla disciplina dell’azione revocatoria fallimentare, là dove esclude dalla revocatoria i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso (art. 67, comma 3°, lett. a), l. fall.). E vedi sul punto, MIOLA, La banca tra concessione ed interruzione, cit., p. 222, che correttamente rileva, come sussistano delle ipotesi in cui il carattere abusivo dell’operazione emerge anche in presenza di una situazione di crisi dell’impresa finanziata non sfociata nell’insolvenza. 9 probabilmente necessario richiedere che l’impresa finanziata sia già insolvente. L’insolvenza presuppone invero l’incapacità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni ed appare difficile da riscontrare in molte ipotesi in cui l’imprenditore acquisisce un finanziamento sia pur in violazione delle regole di corretta erogazione del credito29. Emerge piuttosto, come per l’individuazione dello stato oggettivo rilevante ai fini della responsabilità della banca per concessione abusiva del credito non possano essere utili le categorie concettuali elaborate con riferimento alla fase di ammissione alle procedure concorsuali, quali lo stato di insolvenza o di crisi30, ma si debba fare riferimento alle possibilità di risanamento dell’impresa. E’ peraltro il caso di precisare che, per evitare di estendere senza ragione la sfera di responsabilità della banca, l’indagine dovrà essere compiuta valutando ex post se, in base ai dati esistenti al momento della concessione del credito (bilanci, piani di ristrutturazione aziendale ecc.), l’operazione rispondeva ai criteri normalmente seguiti nella prassi bancaria. Nelle ipotesi in cui sussista un piano di risanamento dell’impresa conosciuto In una prospettiva diversa, rispetto a quanto sostenuto nel testo, DI MARZIO, Sulla fattispecie, cit., p. 389; TETI, op. cit., p. 91, che precisa come la concessione del credito possa considerarsi abusiva solo quando il sovvenuto si trovi in stato di insolvenza; ed, in giurisprudenza, App. Milano 11 maggio 2004, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, II, p. 643, secondo cui la concessione abusiva è configurabile con riferimento all’ipotesi di concessione o protrazione del credito in favore di un’impresa la quale si trovi già in una situazione di insolvenza e non invece ove l’insolvenza risulti solo meramente potenziale o tendenziale. Sul punto vedi anche, CASTIELLO D’ANTONIO, Crisi d’impresa e responsabilità della banca: <<revoca brutale>> del fido, concessione abusiva di credito, in D. fall., 2009, I, p. 293; ID., Il rischio per le banche nel finanziamento delle imprese in difficoltà: la concessione abusiva del credito, ivi, 1995, I, pp. 246 ss. a 253. 29 Sotto altro profilo, merita di essere rilevato che la qualificazione di un finanziamento come abusivo presenta caratteri peculiari nelle ipotesi di gruppi di società; ed, in particolare, ove sussista un servizio di tesoreria accentrato del gruppo appare ragionevole ritenere, che il finanziamento ad una società in bonis da questa trasferito ad altre società del gruppo in stato di grave crisi non costituisca fonte di responsabilità della banca; ed invero, i prestiti intragruppo non possono essere motivo per qualificare un finanziamento ab origine destinato ad una società in bonis come abusivo (per queste considerazioni, MIOLA, La banca tra concessione ed interruzione, cit., p. 226; in generale, sui problemi posti dai finanziamenti all’interno dei gruppi vedi, ex multis, l’esaustiva indagine di ID., Le garanzie infragruppo, Torino, 1993, p. 2 ss.). 30 Su tale tematica, in luogo di molti, S. ROSSI, in AA. VV., Diritto fallimentare. Manuale breve, Milano, 2008, p. 28 ss.; SANDULLI, Sub art. 5, in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da A. Jorio, coordinato da Fabiani, I, Bologna, 2006, p. 84 ss. 10 dalla banca finanziatrice, anche non attestato da un professionista ai sensi dell’art. 67, comma 3°, lett d), l. fall., non sembra revocabile in dubbio che il criterio della ragionevolezza dell’operazione di ristrutturazione aziendale, considerato rilevante al fine dell’esonero dall’azione revocatoria possa assumere rilievo anche per la valutazione della responsabilità del finanziatore. Più complessa appare invece, l’individuazione delle condizioni della illegittimità della concessione del credito nelle ipotesi in cui non vi sia un piano di ristrutturazione conosciuto dalla banca in cui dovranno verificarsi le possibilità di risanamento alla luce dei dati aziendali esistenti al momento del finanziamento; di conseguenza, riterrei che possa essere foriera di responsabilità per il sostegno ad un’impresa il cui grave stato di crisi non appaia ragionevolmente superabile, anche se non si siano manifestati i segni tipici dell’insolvenza31. 4. – Una volta chiarite le fattispecie che possono dar luogo ad azioni risarcitorie nei confronti della banca appare necessario ricostruire la disciplina della responsabilità per concessione abusiva. Al riguardo, non ci si può nascondere che, proprio le incertezze esistenti in ordine alle ragioni dell’antigiuridicità del comportamento del banchiere, sono alla base delle questioni di disciplina tuttora aperte e, sotto altro profilo, si riflettono sulla questione della legittimazione all’esercizio delle azioni risarcitorie da parte degli organi delle procedure concorsuali. A ben vedere, la concessione del credito ad un imprenditore in crisi irreversibile è in contrasto con il principio dell’illiceità della continuazione dell’attività di un’impresa ormai decotta. E’ questo principio espresso da norme appartenenti a diversi settori dell’ordinamento, che rispondono all’obiettivo comune di evitare il ritardo nell’apertura delle procedure concorsuali, l’accumulo di ulteriori perdite e la riduzione del patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori. In tale prospettiva, è significativo che nella disciplina delle società di capitali sia espressamente previsto, nell’ipotesi in cui il patrimonio netto assuma valore negativo, l’obbligo degli amministratori di iscrivere senza indugio la causa di scioglimento nel registro delle imprese (art. 2485, comma 1°, c.c.) cui consegue la limitazione dei poteri degli amministratori ai soli atti finalizzati 31 Peraltro, non sembra che possa essere sottovalutata la circostanza che, proprio l’assenza di un piano di risanamento non ostante la grave crisi aziendale, possa costituire, in alcuni casi, argomento per affermare l’illegittimità del comportamento del banchiere. 11 alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. E’ agevole constatare, come una siffatta disposizione preveda una ridefinizione delle linee perimetrali dei poteri degli amministratori in seguito alla perdita integrale del capitale, che risponde all’obiettivo di impedire la continuazione dell’ordinaria attività d’impresa, là dove sia a rischio la conservazione degli elementi attivi del patrimonio sociale32. Nella medesima direzione, sembrano deporre i dati desumibili dalla disciplina delle società di persone. Ed invero, per tali società, pur non essendo espressamente previsto che alla perdita integrale del capitale sociale consegua lo scioglimento della società, appare ragionevole ritenere che l’acquisizione di valori negativi del patrimonio netto comporti lo scioglimento della società per impossibilità sopravvenuta dell’oggetto sociale ai sensi dell’art. 2272 n. 2), c.c.33 e la limitazione del potere degli amministratori ai soli atti urgenti ed a quelli volti alla conservazione del patrimonio (art. 2274 c.c.)34. L’illegittimità della continuazione dell’esercizio dell’impresa nell’ipotesi di crisi irreversibile appare inoltre confermata dal contenuto precettivo delle norme con cui si prevedono sanzioni penali per l’imprenditore fallito, che ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento (art. 217, comma 1°, n. 3), l. fall.) o ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere il proprio fallimento o Sui limiti alla gestione degli amministratori nell’ipotesi di patrimonio netto negativo, tra gli altri, BONELLI, Gli amministratori di s.p.a., Milano, 2004, pp. 171-172; BRIZZI, Responsabilità gestorie in prossimità dello stato di insolvenza e tutela dei creditori, in R. d. comm., 2008, I, p. 1027 ss.; DONGIACOMO, Le azioni di responsabilità nel fallimento, in Fallimento e Concordati, a cura di Celentano e Forgillo, Torino, 2008, p. 919; FABIANI, L’azione di responsabilità per le operazioni successive allo scioglimento nel passaggio tra vecchio e nuovo diritto societario, in Fallimento, 2004, p. 298; RORDORF, La responsabilità degli amministratori di s.p.a. per operazioni successive alla perdita del capitale, in Società, 2009, p. 277; nonché, sotto la disciplina previgente, ALESSI, I liquidatori di società per azioni, Torino, 1994, p. 65 ss.; NICCOLINI, Scioglimento liquidazione ed estinzione delle società per azioni, in Tratt. Colombo-Portale, 7 ***, Torino, 1997, p. 466 ss. 33 In questi termini, FERRI, Delle società, in Comm. Scialoja- Branca, Bologna-Roma, 3a ed., 1981, p. 256; GHIDINI, Società personali, Padova, 1972, p. 790, testo e nota 15; GRECO, Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, s.d., ma 1959, p. 383; ed, in giurisprudenza, Cass. 12 luglio 1974, n. 2076, in BUONOCORE, CASTELLANO e COSTI, Società di persone (Casi e materiali), Milano, 1980, **, p. 1267. 34 G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, II, Diritto delle società, 7a ed., a cura di M. Campobasso, Torino, 2009, 120; COTTINO e WEIGMANN, Le società di persone, in COTTINO, SARALE e WEIGMANN, Società di persone e consorzi, in Tratt. Cottino, II, Padova, 2004, p. 317; FERRI, Le società, in Tratt. Vassalli, 3a ed., Torino, 1987, p. 319. 32 12 con altra grave colpa (art. 217, comma 1°, n. 4, l. fall.); disposizioni da cui sembra emergere un giudizio di disvalore dell’ordinamento nei confronti di comportamenti volti a procrastinare l’apertura delle procedure concorsuali35. L’analisi delle conseguenze della concessione del credito ad un imprenditore in crisi irreversibile ne chiarisce l’illegittimità. Il finanziamento abusivo lede l’interesse dei creditori a che non venga menomata l’integrità del patrimonio dell’imprenditore destinato alla loro soddisfazione e, realizzando una lesione della garanzia patrimoniale, colpisce tutti i creditori indipendentemente dall’anteriorità o meno del credito rispetto al finanziamento abusivo. Il comportamento della banca non appare pertanto illecito in considerazione della circostanza che contribuisce a creare una falsa apparenza di solidità dell’impresa, ma perché il finanziamento comporta un ritardo nell’accertamento della crisi ed un ulteriore depauperamento del patrimonio dell’imprenditore; ed invero, la banca concedendo credito non ostante l’assenza dei presupposti consente l’ accumulo di altre perdite36. L’illegittimità della abusiva concessione del credito resta peraltro ferma anche di fronte alla nuova regolamentazione delle procedure concorsuali. E’ stato sostenuto, che la nuova disciplina ha l’obiettivo di consentire il superamento delle crisi d’impresa In questo ordine di idee, VISCUSI, Profili di responsabilità della banca, cit., spec. p. 123 ss.; EAD., Concessione, cit., 648 ss.; e già, DI SABATO, Riflessioni sparse sui gruppi, pp. 252-253. Sotto tale profilo, non sembra rilevante che sussista un’integrale coincidenza tra i comportamenti posti in essere dall’imprenditore e quelli astrattamente contemplati dalla fattispecie penale. La stessa disciplina civilistica, come già chiarito, afferma la responsabilità degli organi amministrativi e di controllo delle società di capitali, nell’ipotesi in cui, non ostante il patrimonio netto abbia valore negativo venga continuata la gestione ordinaria dell’attività, confermando la valutazione sfavorevole della protrazione dell’attività di un’impresa in crisi irreversibile. 36 E vedi, VISCUSI, Concessione, cit., p. 677 s., secondo cui l’illecito in esame integra un’ipotesi di lesione della garanzia patrimoniale da parte del terzo non molto dissimile da quelle previste dall’art. 2394 c.c. Né in contrario può obiettarsi, che l’ulteriore depauperamento del patrimonio sociale è dovuto alla gestione dell’impresa e non al finanziamento abusivo e non costituisce quindi conseguenza dell’attività della banca. Vero è, invece, che, in molti casi, la continuazione della gestione è possibile solo grazie al credito ricevuto, sicché non può negarsi il ruolo essenziale del comportamento della banca nella determinazione del danno. Piuttosto, merita di essere rilevato, che il finanziamento abusivo potrà costituire il presupposto di un’azione risarcitoria nei confronti della banca solo nell’ ipotesi in cui sia stato pregiudizievole per il patrimonio sociale (vedi, al riguardo, le puntuali osservazioni di CENNERAZZO, Azione di responsabilità, cit., p. 12). 35 13 attraverso soluzioni concordate e comporta la necessità di riesaminare i termini del problema; pertanto, la responsabilità della banca per concessione abusiva non può essere fondata sul fatto di aver concesso o mantenuto credito all’imprenditore insolvente, ma richiede un vero e proprio dolo, ovvero il disegno di mascherare l’insolvenza del debitore per conseguire vantaggi rispetto agli altri creditori 37. Come si è rilevato, la responsabilità della banca affonda le proprie radici nelle regole che vietano la continuazione dell’attività d’impresa non ostante la crisi irreversibile la cui violazione comporta pregiudizi per i creditori dell’imprenditore in crisi. E tale disciplina non è stata in alcun modo modificata dalla riforma, che si limita a prevedere nuovi strumenti di soluzione delle crisi d’impresa (accordi di ristrutturazione dei debiti, piani di risanamento), ma non incide sulle regole che le banche devono seguire nella concessione del credito in considerazione del loro stato professionale, né sulla disciplina della vigilanza38. In ogni caso, merita di essere precisato, come sia nelle ipotesi di erogazione di nuova finanza, che in quelle in cui la banca si limiti a non recedere dalle precedenti aperture di credito per ravvisare la responsabilità della banca non sia indispensabile un comportamento volto a conseguire vantaggi dal mantenimento del credito nei confronti di un’impresa in crisi irreversibile. La In questi termini, NIGRO, “Privatizzazione” delle procedure concorsuali e ruolo delle banche, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, I, p. 359 ss.; nonché, prima della riforma della legge fallimentare, CASTIELLO D’ANTONIO, Crisi d’impresa e responsabilità, cit., pp. 298-299; ROPPO, Crisi d’impresa: la banca risponde verso i creditori? (con postilla sugli sviluppi della responsabilità civile), in Danno e responsabilità, 1996, pp. 537-538, il quale limita la responsabilità della banca alle ipotesi in cui abbia erogato abusivamente credito ad un imprenditore già in crisi per lucrare qualche ingiusto vantaggio a danno dei creditori (fideiussioni di terzi in contropartita della concessione del credito, consolidamento delle garanzie reali); escludendola là dove l’abusiva concessione del credito non sia stata determinata da specifici intenti di ingiusta violazione della par condicio, ma da un semplice errore imprenditoriale; ID., Responsabilità delle banche nell’insolvenza dell’impresa, in Fallimento, 1997, pp. 871-872 e, se ben ne intendo il pensiero, MORERA, Il fido bancario, Milano, 1998, p. 169. Vedi, tuttavia, GALLETTI, La ripartizione, cit., p. 439, che rileva come non sussista alcuna norma che sottoponga l’imperizia o la negligenza della banca ad un regime di responsabilità attenuato; TETI, op. cit., p. 92 (nota 161). 38 E vedi, DI MARZIO, Sulla fattispecie, cit., pp. 393-394, secondo cui la possibilità di azioni risarcitorie anche di fronte ad un mero comportamento colposo della banca non solo deve affermarsi in forza del contenuto precettivo dell’art. 2043 c.c. non derogato nel caso di specie, ma appare in linea con l’evoluzione della disciplina che impone alle banche una professionalità sempre più elevata. 37 14 responsabilità della banca sussiste pertanto anche nel caso di condotta colposa in cui la concessione o la conservazione delle linee di credito dipende da un errore di valutazione del finanziatore, che con un comportamento accorto avrebbe potuto conoscere le ragioni che sconsigliavano la concessione del credito (ad esempio, nel caso di negligente attività istruttoria preliminare alla concessione del fido). 5. – La portata applicativa di tali princìpi nell’ipotesi di procedure concorsuali è stata, tuttavia, ridimensionata, poiché la giurisprudenza prevalente ha sino ad ora escluso la legittimazione degli organi delle procedure all’esercizio delle azioni risarcitorie per concessione abusiva del credito, restringendo in modo consistente le ipotesi in cui si può riconoscere la responsabilità delle banche39. Presupposto di tale conclusione è la considerazione, che alcuni dei creditori partecipanti al concorso fallimentare possono non avere risentito dei danni determinati dall’operazione; di conseguenza, l’azione risarcitoria potrebbe essere esercitata individualmente solo dai singoli creditori e non costituirebbe azione di massa cui sono legittimati gli organi delle procedure. Nelle fattispecie sottoposte all’attenzione della giurisprudenza è invero restata del tutto in ombra l’incidenza della concessione abusiva sul patrimonio dell’imprenditore finanziato successivamente fallito40. A ben vedere, l’erogazione di finanziamenti in assenza dei relativi presupposti determina non solo pregiudizi per i creditori, ma per lo stesso imprenditore il cui patrimonio subisce un ulteriore decremento in seguito al protrarsi dell’attività. In tale ottica, risulta evidente come la legittimazione degli organi della procedura ad esercitare le azioni risarcitorie nei confronti delle banche si fondi sui comportamenti delle stesse che, rendendo possibile la continuazione dell’attività, hanno determinato un progressivo depauperamento del patrimonio dell’impresa. Pertanto, la legittimazione diretta degli organi delle procedure può, in primo luogo, fondarsi sul normale subentro degli stessi nei diritti e nei poteri del debitore41. Vedi supra nota n. FERRARI, Legittimazione del curatore per concessione abusiva del credito: plurioffensività dell’illecito al patrimonio e alla garanzia patrimoniale, in Corr. giur., 2006, p. 419 (da cui si cita); ed in INZITARI, Le obbligazioni nel diritto civile degli affari, Padova, 2006, p. 31 ss. 41 In questo ordine di idee, NIGRO, Note minime in tema di responsabilità per concessione <<abusiva>> di credito e legittimazione del 39 40 15 Né può sostenersi, che la concessione del credito, in assenza dei relativi presupposti, non arrechi un danno all’imprenditore, ma piuttosto un vantaggio, poiché determina l’immissione di risorse fresche nell’impresa oppure un atto neutro, come sarebbe confermato dalla regolamentazione dell’iscrizione in bilancio del finanziamento iscritto all’attivo dello stato patrimoniale tra le disponibilità liquide ed al passivo sotto la voce debiti verso le banche42. Di conseguenza, l’eventuale pregiudizio per l’impresa sovvenuta non deriverebbe dal finanziamento, ma piuttosto dalle modalità di utilizzazione del danaro ricevuto dalla banca43. Vero è invece, che il finanziamento ad un’impresa in crisi irreversibile comporta un aumento dell’esposizione debitoria dell’imprenditore a causa dell’onere di restituzione. In tale prospettiva, è utile ricordare, che la disciplina di bilancio impone di iscrivere i finanziamenti nell’attivo tra le disponibilità liquide e la contemporanea iscrizione al passivo nella voce debiti verso le banche. Palese è come la concessione del credito ad un’impresa senza possibilità di risanamento non solo non si presenti neutra sotto il profilo patrimoniale, ma abbia addirittura un effetto negativo se si considera la necessità di conteggiare a debito le somme relative agli interessi maturati44. curatore fallimentare, in D. banc., 2002, II, p. 299; nonché, CENNERAZZO, Azione di responsabilità, cit., pp. 10-11, nota 19. 42 In questa direzione, Trib. Monza 31 luglio 2007, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, II, p. 375, là dove precisa, come l’atto di erogazione del credito costituisca di per sé elemento neutro, che non può essere valutato come ingiusta fonte di danno per il soggetto a cui favore è erogato; in quanto un pregiudizio in senso tecnico si verificherebbe solo allorché sussista la lesione di un interesse giuridicamente rilevante. 43 Così, DI MARZIO, Sulla fattispecie, cit., p. 396, che da tali considerazioni trae argomento per rilevare, come tale pregiudizio debba essere imputato, in primo luogo, agli amministratori e la responsabilità della banca sussista solo in ipotesi particolari in cui la stessa si sia inserita nelle scelte di gestione della società (accordi tra gli amministratori e la banca in merito all’utilizzazione del finanziamento, intromissione del finanziatore nella gestione dell’impresa quale amministratore di fatto, controllo contrattuale dell’impresa finanziata e conseguente responsabilità da direzione e coordinamento); e, vedi, anche, STANGHELLINI, Il credito <<responsabile>>: dal credito all’impresa al credito al consumo, in Società, 2007, p. 401, nota 26, secondo cui l’eventuale mala gestio degli amministratori i quali hanno chiesto un finanziamento eccessivo, e, soprattutto, lo hanno utilizzato male attiene al rapporto interno alla società e non può avere rilevanza esterna. 44 In questo ordine di idee, INZITARI, L’abusiva concessione di credito: pregiudizio per i creditori e per il patrimonio del destinatario del credito, in Società, 2007, p. 467; nonché le considerazioni di GALLETTI, La ripartizione, cit., pp. 435436. 16 Per altro verso, la circostanza che la concessione del credito sia stata richiesta dallo stesso imprenditore non esclude la possibilità di azioni risarcitorie nei confronti delle banche. Il ricorso al credito in assenza dei relativi presupposti costituisce infatti violazione del dovere di diligenza degli amministratori e non esclude, pertanto, la responsabilità delle banche che hanno cooperato con l’imprenditore (o con gli amministratori nella realizzazione del comportamento illecito45). La richiesta dell’imprenditore volta ad ottenere la concessione del credito ha il mero ruolo di invito alla banca ad esaminare la propria situazione e ad concedere il credito46 e l’erogazione del finanziamento avviene in virtù di un’autonoma attività della banca secondo un procedimento tipizzato (istruttoria, delibera, verifica nel tempo delle condizioni patrimoniali del soggetto finanziato) e costituisce il risultato di una valutazione di carattere economico e giuridico vincolata a precisi parametri47; ne consegue che la richiesta dell’imprenditore non può costituire evento idoneo ad influenzare sul piano eziologico la produzione del danno48. Alla luce di tali rilievi si comprende come, in linea di principio, la circostanza che l’erogazione del credito avvenga in seguito ad una domanda dell’imprenditore non precluda la possibilità che gli organi delle procedure possano agire per i danni determinati dalla concessione del credito al patrimonio dell’impresa fallita. Vedi, CENNERAZZO, Azione di responsabilità, cit., pp. 10-11; ESPOSITO, L’azione risarcitoria <<di massa>> per <<concessione abusiva del credito>>, in Fallimento, 2005, p. 857, secondo cui il comportamento della banca che eroga credito in assenza di presupposti realizzerebbe un’ipotesi di induzione all’inadempimento idonea a legittimare l’esercizio di azioni risarcitorie nei confronti della stessa da parte degli organi delle procedure concorsuali. 46 Il rilievo della richiesta dell’imprenditore è invero correlato al ruolo che si riconosce alla banca nella concessione del finanziamento; infatti, se si ritiene che il finanziamento costituisce una prestazione tecnico professionale si potrebbe arrivare a concepire un vero e proprio dovere della banca di rifiutare il credito per cui il mancato rispetto di tale dovere sarebbe fonte di responsabilità a prescindere dalla richiesta dell’imprenditore (sul punto, PAGNI, La concessione abusiva di credito, tra diritti dei creditori e azioni della curatela, in Società, 2007, p. 444). 47 Per queste considerazioni, FERRARI, Legittimazione del curatore, cit., p. 436; INZITARI, L’abusiva concessione, cit., p. 472. E’ invero necessario analizzare caso per caso quale sia stato il comportamento dell’imprenditore finanziato, per verificare se esso possa rilevare come causa eziologicamente determinante per un eventuale concorso di colpe, dovendosi escludere la responsabilità della banca nelle sole ipotesi in cui sia stata tratta in inganno sulla reale situazione dell’azienda (così, NARDECCHIA, L’abusiva concessione del credito all’esame delle Sezioni Unite, in D. fall., 2006, II, pp. 639-640). 48 In questi termini, INZITARI, L’abusiva concessione, cit., p. 473. 45 17 Vero è tuttavia, che la richiesta del credito da parte dell’impresa può assumere rilievo per ricostruire le linee perimetrali delle azioni nei confronti del banchiere, nonché per precisare le ipotesi in cui, per le particolari caratteristiche della fattispecie, la responsabilità del finanziatore deve escludersi. La responsabilità della banca per i danni arrecati al patrimonio dell’imprenditore sovvenuto potrà essere limitata in forza dei princìpi che regolano il concorso di colpe (arg. ex art. 1227, comma 1, c.c.)49 nelle ipotesi in cui l’imprenditore abbia tratto in inganno l’istituto di credito fornendo informazioni false sulla propria condizione economica, al fine di indurla a concedere il credito o addirittura esclusa nei casi in cui la banca riesca a dimostrare che, in assenza dei dati erronei trasmessi, il credito non sarebbe stato erogato. Una volta chiarito che gli organi delle procedure concorsuali in quanto amministratori del patrimonio dell’imprenditore sono legittimati all’esercizio dell’azione di risarcimento dei danni arrecati dall’abusiva concessione del credito è necessario precisare il titolo della responsabilità della banca nei confronti degli organi della procedura che agiscono in quanto successori dell’imprenditore nell’amministrazione del patrimonio dello stesso. A ben vedere, la posizione della banca non appare diversa da quella di un qualunque terzo il quale abbia cooperato con l’imprenditore (o con gli amministratori) arrecando danni al patrimonio dell’impresa. Ed invero, la banca concede il credito in seguito ad un contratto preceduto da una fase di trattative e da un’istruttoria e, non ostante l’aggravarsi della crisi, omette di richiedere il rientro del debitore nella fase di esecuzione del medesimo contratto, sicché sembra difficile, sotto tale profilo, negare l’ esistenza di una responsabilità di tipo contrattuale. 6. – Le considerazioni sin qui svolte hanno consentito di dimostrare, che la legittimazione degli organi delle procedure concorsuali alla proposizione di azioni risarcitorie nei confronti delle banche si fonda sul subingresso degli stessi nell’amministrazione del patrimonio dell’imprenditore. Vedi, con riferimento all’analoga questione dell’applicabilità della disciplina del concorso di colpe in tema di azione di responsabilità promossa dalla società nei confronti dei revisori, tra gli altri, BUTA, La responsabilità nella revisione obbligatoria delle s.p.a., Torino, 2005, p. 275 ss.; DENOZZA, La responsabilità del certificatore: l’esperienza tedesca, in AA.VV., Aspetti giuridici della certificazione del bilancio, Milano, 1977, p. 36; FRANZONI, Fatti illeciti, in Comm. Scialoja Branca, Bologna-Roma, 2004, p. 60. 49 18 Non può trascurarsi, tuttavia, che la concessione abusiva determina altresì dei pregiudizi anche per i creditori; sono questi pregiudizi la cui corretta individuazione costituisce presupposto imprescindibile per la ricostruzione della disciplina della responsabilità del finanziatore. Evidente è che il ritardo nell’accertamento del dissesto comporta una profonda alterazione dei rapporti tra le diverse categorie di creditori dell’impresa in crisi: da un lato, la banca che, in gran parte dei casi protetta da adeguate garanzie collaterali, continua a lucrare interessi; dall’altro, i creditori chirografari che assistono al depauperamento dell’attivo ed all’incremento della massa passiva. La continuazione dell’attività resa possibile dall’abusiva concessione del credito comporta un ritardo nell’accertamento del dissesto e l’accumulo di altre perdite di esercizio; perdite che determinano la riduzione delle sostanze destinate alla soddisfazione dei creditori. In tale prospettiva, è agevole rilevare, come il pregiudizio che consegue al finanziamento abusivo non possa essere differenziato a seconda delle capacità di analisi e di informazione del singolo creditore e del momento in cui è sorto il rapporto, ma colpisca in maniera analoga tutti i creditori chirografari ammessi al passivo della procedura concorsuale, i quali si trovano a concorrere proporzionalmente sul ricavato della liquidazione di un patrimonio più esiguo di quello che sarebbe stato oggetto del concorso in assenza di finanziamenti erogati abusivamente. La prospettiva tradizionale ritiene invero, che la concessione abusiva arrechi un pregiudizio per i creditori, perché crea una situazione di apparente solidità, che induce ai terzi a contrattare con la stessa, confidando sulla possibilità dell’impresa di adempiere alle proprie obbligazioni50. E tale impostazione, come noto, presta il fianco all’obiezione che una siffatta azione può essere esperita singolarmente dai creditori dell’imprenditore sottoposto a procedura concorsuale, poiché il curatore ed in genere gli organi delle procedure non sono titolari di un potere generalizzato di rappresentanza degli stessi. D’altro canto, non può trascurarsi che, dall’angolo visuale dei soggetti ammessi al passivo della procedura, i danni determinati dall’apparente solidità creata dall’ abusiva concessione del credito possono essere eterogenei, in quanto i creditori hanno contrattato con l’imprenditore in tempi diversi e dovrebbero fornire elementi di prova diversi a seconda del pregiudizio arrecato; e sovente alcuni dei crediti ammessi al passivo sono anteriori alla concessione abusiva, sicché la 50 Sul punto, da ultimo, DI MARZIO, Sulla fattispecie, cit., p. 386 ss. 19 decisione di contrattare con l’impresa in seguito sottoposta alla procedura concorsuale non risulta in alcun modo influenzata dall’apparente solidità conseguente alla non corretta erogazione del credito. A ben vedere, invece il danno originato dalla concessione abusiva del credito costituisce un pregiudizio indifferenziato riferibile indistintamente alla massa dei creditori, che ha una natura diversa dalla somma dei pregiudizi dei singoli creditori ammessi al passivo51. E’ questo un danno alla massa, che consiste in un depauperamento complessivo del patrimonio determinato dal ritardo nell’accertamento del dissesto; esso è invero un pregiudizio arrecato al patrimonio dell’imprenditore e, di riflesso, a tutti i creditori della procedura in maniera proporzionale alla somma per cui risultano ammessi al passivo, che ha come presupposto l’aggravamento del dissesto conseguente alla continuazione dell’impresa resa possibile dal finanziamento. E’ agevole rilevare come un tale danno non possa essere fatto valere dai singoli creditori né essere differenziato a seconda delle diverse posizioni e del momento in cui è sorto il credito52. Gli organi della procedura pertanto quando verificano che il ritardo nell’accertamento del dissesto causato dal finanziamento abusivo ha determinato l’inidoneità del patrimonio a coprire i crediti ammessi al passivo potranno esperire nei confronti delle banche l’azione di risarcimento dei danni arrecati dalla abusiva concessione del credito. E’ peraltro evidente, come 51 In questo ordine di idee, INZITARI, L’abusiva concessione, cit., p. 470 ss.; RUSSO, Legittimazione del curatore all’azione per <<abusiva>> concessione di credito, in D. fall., 2006, II, p. 629, secondo cui il carattere concorsuale dell’azione per concessione abusiva del credito è confermato dall’analisi del danno determinato dall’illecito, che colpisce direttamente il patrimonio del debitore ed, in particolare, la sua integrità e non si ripercuote se non mediatamente su ciascuno dei creditori. 52 La correlazione tra depauperamento del patrimonio del sovvenuto e danno ai creditori è colta da MIOLA, La banca tra concessione ed interruzione, cit., p. 232, il quale si mostra favorevole a riconoscere la legittimazione degli organi della procedura nelle ipotesi in cui la concessione del credito possa essere inquadrata tra gli atti di gestione dell’impresa finanziata e fonte di una vera e propria responsabilità gestoria della banca. Le peculiarità del danno arrecato indistintamente a tutti creditori dalla riduzione del patrimonio destinato alla loro soddisfazione chiariscono, come non abbia senso distinguere tra creditori anteriori e successivi alla erogazione abusiva. Il decremento del patrimonio dell’ imprenditore causato dal ritardo nell’apertura della procedura concorsuale incide infatti sulle possibilità di soddisfazione di tutti i creditori, senza che abbia rilievo il momento in cui ciascuno di essi ha contrattato con l’imprenditore (per queste considerazioni, INZITARI, L’abusiva concessione, cit., p. 470). 20 con tale azione gli organi della procedura, agendo per la tutela del pregiudizio arrecato alla massa dei creditori in seguito al depauperamento del patrimonio richiedano un danno conseguente al compimento di un illecito extracontrattuale (art. 2043 c.c.). L’accertamento delle peculiarità del danno conseguente all’abusiva concessione del credito, ontologicamente diverso dal pregiudizio arrecato ai singoli creditori, appare di per sé sufficiente ad affermare la legittimazione del curatore, ed in genere degli organi delle procedure, ad esercitare l’azione risarcitoria nei confronti delle banche. Tuttavia, non può omettersi di rilevare, che dall’analisi del quadro normativo successivo alla riforme della legge fallimentare e delle società di capitali e cooperative traspare una situazione in grado di incrinare il principio consolidato, secondo cui il curatore non sarebbe titolare di un potere indistinto e generalizzato di rappresentanza dei creditori, anche nell’ipotesi in cui i creditori siano legittimati ad esperire le azioni risarcitorie nei confronti dei terzi53. Una siffatta prospettiva sembra emergere, in primo luogo, dalla nuova formulazione dell’art. 146., comma 2°, lett. a), l. fall., là dove statuisce una legittimazione generale del curatore ad esercitare le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo ed i liquidatori omettendo, diversamente dalla disciplina previgente, di elencare le singole azioni cui è legittimato il curatore. Non meno significativo è poi il contenuto precettivo dell’art. 2497, comma 5, c.c., che attribuisce al curatore il potere di esercitare l’azione spettante ai creditori delle società nei confronti di chi, abusando dell’attività di direzione e coordinamento, ha arrecato danno al patrimonio della società debitrice. Al riguardo, è di non poco interesse, che tale azione può essere esercitata non solo nei confronti della società o Rilevanti sono altresì le previsioni con cui si riconosce al curatore fallimentare la legittimazione all’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei soci di s.r.l., che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società i soci o i terzi (art. 146, comma 2, lett. b., l. fall.) e si attribuisce a curatore, commissario liquidatore e commissario straordinario la legittimazione all’esercizio delle azioni di responsabilità nei confronti di amministratori, sindaci e revisori di società per azioni (art. 2394 bis c.c.), così, PALMIERI, Nuovi profili del fallimento delle società, in Temi del nuovo diritto fallimentare, a cura di Palmieri, Torino, 2009, p. 91 ss.; vedi, inoltre, le interessanti considerazioni di CETRA, L’impresa collettiva non societaria, Torino, 2003, p. 391 ss. 53 21 ente controllante, ma di chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e ne abbia tratto consapevolmente vantaggio54. Da altro angolo visuale, non può omettersi di rimarcare come l’affermazione dell’assenza di una legittimazione generale del curatore all’esperimento di azioni risarcitorie nei confronti dei terzi appaia in stridente contraddizione con l’esplicita attribuzione agli organi delle procedure (curatore, commissario straordinario ecc.) della possibilità di costituirsi parte civile nei procedimenti penali relativi ai reati fallimentari (art. 240 l. fall.)55. Tale disposizione comporta, se si accetta la tesi prevalente in giurisprudenza, una palese distonia nel sistema; ed invero, gli organi delle procedure concorsuali non potrebbero chiedere in sede civile il risarcimento dei danni per abuso nella concessione del credito, perché a tale azione sarebbero legittimati i singoli creditori; tuttavia, nel caso in cui nel corso dell’operazione di concessione del credito siano stati compiuti reati fallimentari (bancarotta preferenziale ecc.) potrebbero domandare il risarcimento dei danni nell’àmbito del processo penale. E’ agevole constatare come con tali norme si riconosca al curatore la possibilità di esercitare le azioni risarcitorie nei confronti dei terzi nelle ipotesi in cui questi abbiano posto in essere atti, che hanno comportato il depauperamento del patrimonio sociale e, di riflesso, la diminuzione delle possibilità di soddisfazione dei creditori ammessi al passivo della procedure. L’attribuzione di una siffatta legittimazione si fonda sulla consapevolezza delle difficoltà che governano l’esercizio delle azioni risarcitorie da parte dei singoli creditori e consente, in fattispecie eterogenee, al curatore di assicurare la tutela degli interessi economici della massa. Vero è che non si riscontra nella legge fallimentare una disposizione con cui si attribuisce al curatore (rectius agli organi delle procedure) la legittimazione ad esercitare le azioni dei singoli creditori nei confronti dei terzi, ma, di fronte ad un quadro normativo in cui la legittimazione risulta espressamente riconosciuta in relazione alle principali ipotesi di azioni risarcitorie nei confronti dei terzi, non pochi dubbi sorgono sulla correttezza dell’impostazione dominante. Sulla legittimazione del curatore all’esercizio dell’azione ex art. 2497 c.c., ex multis, Giul. SCOGNAMIGLIO, Danno sociale e azione individuale nella disciplina della responsabilità da direzione e coordinamento, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 3, Torino, 2007, p. 969 ss. 55 In argomento, ex multis, PISCITELLI, I reati fallimentari, in Fallimento e concordati, a cura di Celentano e Forgillo, Torino, 2008, pp. 12221223; SANDRELLI, Sub art. 240, in Codice commentato del fallimento, diretto da Lo Cascio, Milano 2008, p. 1892 ss. 54 22 In definitiva, l’affermazione ricorrente secondo cui il curatore non sarebbe legittimato ad agire nei confronti delle banche per abusiva concessione del credito, perché privo di un potere generalizzato di rappresentanza dei creditori risulta in contrasto sia con la corretta individuazione dell’oggetto di tale azione, che con i dati emergenti dal mutato quadro normativo in cui non sembra più pacifica l’esclusione della legittimazione del curatore all’esercizio delle azioni risarcitorie spettanti ai singoli creditori. 7. – Il discorso sin qui svolto chiarisce come la legittimazione degli organi della procedura risieda nello stesso contenuto dell’illecito, che, per un verso, determina il depauperamento del patrimonio dell’imprenditore finanziato e, per altro verso, lede la garanzia patrimoniale destinata alla soddisfazione dei creditori56. Il comportamento illegittimo della banca cagiona un pregiudizio che, analogamente a quello conseguente alla mala gestio degli amministratori di società di capitali, si riflette sul patrimonio dell’imprenditore e sulla posizione dei creditori, i quali vedono assottigliarsi il complesso dei cespiti destinato alla propria soddisfazione57; pertanto, il medesimo illecito costituisce sia fonte di responsabilità contrattuale della banca nei confronti dell’impresa finanziata, che di responsabilità aquiliana per i danni arrecati ai creditori sociali. Da altro angolo visuale, non ci si può esimere dal rilevare, come il carattere plurioffensivo dell’illecito abbia conseguenze di non poco rilievo sulla disciplina delle azioni. Ed invero, mentre l’azione esercitata dagli organi della procedura in forza del subingresso nell’amministrazione del patrimonio del fallito non può essere esperita, là dove l’imprenditore o gli amministratori della società abbiano tratto in inganno la banca sulla situazione economico finanziaria dell’impresa58, il danno E vedi, FERRARI, Legittimazione del curatore, cit., p. 420. Il carattere plurioffensivo dell’illecito è sottolineato da CENNERAZZO, Azione di responsabilità, cit., p. 11, che mette in luce come la concessione abusiva comporti sia un danno per il singolo creditore tratto in errore dall’apparente solvibilità dell’impresa che per la collettività dei creditori conseguente all’ulteriore depauperamento del patrimonio sociale. Va altresì sottolineato, come, in base alla ricostruzione accolta, il comportamento della banca comporti altresì un pregiudizio per l’imprenditore finanziato e la conseguente responsabilità contrattuale della banca; e vedi, in generale, sui problemi di qualificazione della responsabilità della banca, nel quadro di un’approfondita ricostruzione comparatistica, PORTALE, Tra responsabilità della banca e <<ricommercializzazione>> del diritto commerciale, in Funzione bancaria, cit., p. 263 ss. 58 Vedi, supra, Paragrafo n. 56 57 23 arrecato alla massa dei creditori potrà invece essere risarcito, prescindendo dal comportamento avuto dall’imprenditore. Per contro, non sembra revocabile in dubbio, che mentre l’azione esercitata in virtù del subingresso degli organi della procedura può giovarsi delle regole stabilite per la responsabilità contrattuale, l’azione volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio arrecato ai creditori sociali è soggetta alla disciplina della responsabilità aquiliana59. Le considerazioni svolte in merito agli effetti della concessione abusiva del credito all’imprenditore sottoposto a procedura concorsuale si riflettono inoltre sulla determinazione del danno risarcibile. In particolare, non si possono trascurare le caratteristiche peculiari dei danni arrecati dalla concessione abusiva e, soprattutto, la circostanza che al mantenimento delle linee di credito preesistenti o alla concessione di nuove, non ostante il peggioramento della crisi dell’impresa, consegue un 59 L’aver postulato che nell’ipotesi di concessione abusiva del credito possa essere riconosciuta la responsabilità contrattuale dell’istituto di credito nei confronti dell’imprenditore finanziato e quella aquiliana per i danni arrecati ai creditori non sembra presupporre l’ammissibilità del cumulo delle azioni di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (su tale complessa tematica, vedi le ancora oggi fondamentali considerazioni di R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1957, p. 677 ss.; ed ex multis, GIARDINA, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Significato attuale di una distinzione tradizionale, Milano, 1993, p. 161 ss.; PONZANELLI, Il concorso di responsabilità le esperienze italiana e francese a confronto, in Resp. civ. e previdenza, 1984, p. 36 ss.; VISINTINI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (Una distinzione in crisi?), in Rass. dir. civ., 1983, p. 1089 ss.; nonché le riflessioni critiche di MAJELLO, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, in Rass. dir. civ., 1988, p. 121 ss.; ID., Altri aspetti problematici della regola del cumulo, in Risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, a cura di Visintini, Milano, 1984, p. 166 ss.; SACCO, Concorso delle azioni contrattuale ed extracontrattuale, ivi, p. 155 ss.). Ed invero, anche nel caso di sottoposizione a procedura concorsuale in cui le azioni risarcitorie sono fatte valere dagli organi delle procedure (curatore, commissario straordinario ecc.) esse sono esercitate a vantaggio di soggetti diversi quali l’imprenditore finanziato ed i creditori ammessi al passivo. Del resto, una situazione analoga si verifica nell’ipotesi di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori in cui gli organi della procedura esercitano sia l’azione sociale di responsabilità di natura contrattuale, che l’azione dei creditori sociali che, secondo opinione diffusa (DI SABATO, Diritto delle società, Milano, 2005, p. 346; FRANZONI, Società per azioni, t. III, Dell’amministrazione e del controllo, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2008, p. 560; LIBONATI, Diritto commerciale. Impresa e società, Milano, 2005, p. 399; vedi, inoltre, per un ampio riesame della questione, MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., Torino, 2007, p. 42, nota 96; ed, in giurisprudenza, Cass. 22 ottobre 1998, n. 10488; Trib. Milano 6 febbraio 1989, in G. comm., 1989, II, 906), ha natura aquiliana. 24 pregiudizio non imputabile ad un singolo comportamento, ma determinato piuttosto dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, che può essere individuato nel decremento del patrimonio dipendente dal ritardo dell’apertura della procedura 60 concorsuale . Appare, quindi, ragionevole ritenere che la banca convenuta debba risarcire un importo corrispondente al depauperamento del patrimonio dell’imprenditore in seguito all’abusiva concessione del credito61. 60 Alla luce di tali considerazioni, può assumere rilievo per la determinazione indicativa del pregiudizio causato dalla abusiva concessione del credito altresì il parametro delle perdite risultanti dal conto economico dell’impresa fallita dal momento in cui è iniziato il comportamento dannoso della banca sino all’apertura della procedura concorsuale; è, peraltro, evidente, come i risultati di una tale indagine debbano essere ulteriormente verificati in relazione all’attendibilità dei dati di bilancio dai quali sovente risultano perdite inferiori a quelle reali. Da altro angolo visuale, si ritiene che per la quantificazione del pregiudizio è necessario distinguere a seconda che il credito dell’attore sia o meno preesistente alla concessione abusiva; nell’ipotesi di credito anteriore, il danno sarà dato dalla differenza tra quanto il creditore avrebbe realizzato in seguito ad una tempestiva apertura della procedura concorsuale e quanto effettivamente riscosso nel corso della stessa, mentre nel caso di credito successivo sarà necessario fare riferimento alla differenza tra l’ammontare del credito e quanto realizzato in sede di ripartizione dell’attivo (vedi, TETI, op. cit., pp. 93-94). 61 In questo ordine di idee, NARDECCHIA, L’abusiva concessione, cit., 637, il quale precisa come il danno alla società dovrebbe essere stimato nella differenza tra il netto patrimoniale all’epoca della concessione abusiva e quello alla data di apertura della procedura concorsuale. 25