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Il gioco delle maree a Nosy Iranja
Nosy Be
i colori e i profumi
dell’isola incantata
L’eccellenza turistica del Madagascar: il disegno
di spiagge immacolate, fondali celesti dove nuotare con
tartarughe giganti, il profumo di spezie e ylang-ylang,
il sorriso accogliente di pescatori
e bambini, tessuti drappeggiati nel vento, resort
sofisticati e villaggi. Il fascino di un viaggio edonista
nel cuore della natura
di GUIDO BAROSIO
foto MARCO CARULLI
L’albero sacro di oltre 5mila metri quadrati
Lemure tra gli alberi
Camaleonte nella foresta
U
n Madagascar in miniatura con suggestioni creole e francesi, il cuore di un piccolo arcipelago nel canale del Mozambico dove l’architettura marina mette in
scena palmeti e spiagge abbaglianti,
reef e dolci maree che ridisegnano in
continuazione il panorama, fondali tersi di un azzurro
profondo. Ma il ‘visibile’ è magicamente arricchito da
Giochi di bimbi alla cascata sacra
un ‘invisibile’ fatto di profumi forti, delicati e persistenti: vaniglia, caffè, cacao, geranio, orchidea, frangipane
e cannella, il prezioso e intensissimo ‘poivre sauvage’,
il sensuale ylang-ylang, essenza particolarmente amata in cosmesi e base del mitico Chanel n.5. Impossibile non venir rapidamente sedotti da Nosy Be: l’isola
incantata dove tutto è ‘mora mora’ (piano piano), perché i ritmi di ogni cosa sono governati da una natura
complice e guardiana, adorata e protetta da riti ancestrali e animisti di evidente forza millenaria. Un paradiso terrestre coi suoi problemi (e chi non li ha), ma dove
presenza turistica e tradizioni locali coesistono con serenità difficilmente riscontrabile in altri lidi. Siamo in
un’isola povera – almeno secondo gli standard occidentali – ma siamo anche in una terra dove si comprende bene come il Pil non sia l’unità di misura della felicità. Andata in crisi da qualche anno l’industria della canna da zucchero (l’unica forma d’imprenditoria locale
moderna), gli abitanti vivono di pesca, agricoltura e allevamento. In questi 300 chilometri quadrati, praticamente non esistono latifondi o grandi proprietà; si coltiva-
no fazzoletti di terra che spesso appartenevano già agli
antenati, si affronta un mare particolarmente pescoso
con barche a bilanciere che sembrano sbucare da un
fumetto di Corto Maltese, si passa buona parte del tempo ‘attendendo’ che si gonfi la rete o che le piante offrano i loro frutti. ‘Mora mora’, piano piano, appunto, perché tanto accigliarsi nella corsa non serve a nulla. Tutto viene venduto nelle infinite bancarelle dei piccoli mercati, tra contrattazioni svelte e animate, tra gente che
si conosce bene e s’incontra ogni giorno. Il resto lo ha
fatto il turismo, che ha sostituito la canna da zucchero
come attività economica organizzata. Un turismo in forte crescita per evidenti ragioni di appeal ambientale e
sicurezza: mare stupendo e infinite location raggiungibili in giornata, clima temperato primaverile e ventilato
con 25-30 gradi in media durante tutto l’anno, due soli
mesi (gennaio e febbraio) resi problematici dalla stagione delle piogge, niente malaria o malattie tropicali
(anche se le principali vaccinazioni sono sempre consigliate), nessun problema di terrorismo o delinquenza,
si sciabatta tranquillamente per spiagge e villaggi certi
Da sinistra:
in visita all’albero sacro;
lavoro e giochi nelle risaie
La popolazione di Nosy Be sfugge a ogni classificazione etnica
di non essere mai importunati. A Nosy Be vincono il sorriso e la curiosità, l’ospite è davvero un ospite e – anche
se rappresenta un’evidente fonte di reddito – non viene pressato più di tanto, neanche durante il proverbiale rito della contrattazione e dell’acquisto. Nosy Be,
Madagascar in miniatura? Certo, ma con alcuni distinguo e numerosi punti a favore. Infinitamente più piccola della ‘Grande Terre’, l’isola è più malgascia che africana per fauna e ambiente. Come nella madre patria,
sono numerose le specie endemiche – da conoscere i
lemuri, vivacissimi e socievoli primati, molto frequenti nelle aree forestali – e totalmente assenti altri animali della fauna africana: grandi felini, elefanti, zebre, giraffe…
Si parla sia la lingua locale (che varia da tribù a tribù) che
il francese, il patrimonio naturalistico è di grande impatto visivo (laghi vulcanici, monti, foreste, spiagge…) e le
religioni sono tre: animista (50%), cristiana (40%) e mussulmana (10%). In tutta l’area la coesistenza tra le fedi
è ottima, gestita amichevolmente senza prevaricazioni o soprusi. La storia di Nosy Be ha alcune peculiarità proprie, a partire dal dominio francese, arrivato con
mezzo secolo di anticipo rispetto al Madagascar. Altro
fattore di unicità è la componente etnica, riflesso meticcio di continui passaggi, approdi, naufragi e insediamenti più o meno stabili. I primi abitanti – probabilmente africani e indonesiani – arrivarono sull’isola 2mila anni fa
portati dalle correnti e dalle tempeste, e ancora oggi si
ricordano i nomi di quelle tribù ancestrali e leggendarie: Antankarana, Zafinofotsy e Antandroy, a cui si
aggiunsero gli indiani e gli indigeni delle vicine (si fa per
dire) isole Comore. Col passare del tempo, la posizione strategica di Nosy Be favorì il contatto, non sempre
pacifico, con flotte arabe, portoghesi e indiane, oppure battenti il vessillo nero col teschio dei pirati. La prima unificazione politica avvenne all’inizio del XIX secolo col sovrano Radama I e, parallelamente, trovò rifugio a Nosy Be la dinastia, sconfitta a Grande Terre, dei
Sakalava. Furono questi ultimi – con la regina Sakalava Tsiomeko – a chiedere soccorso ai francesi. Il capitano di vascello Passot (a cui è dedicato il monte più
alto dell’isola) propose all’ammiraglio Hell (governatore a La Réunion) di mettere Nosy Be sotto la sua protezione. Un primo passo che aprì le porte alla dominazione coloniale, perché nel 1841 la regina Tsiomeko
cedette l’isola ai francesi. La svolta non fu solo politica e militare, ma anche economica; nei decenni successivi si svilupparono l’industria dello zucchero (con la
produzione di un apprezzatissimo rhum) e la cultura del
caffè, della vaniglia, delle spezie e del già citato ylangylang. L’indipendenza arrivò, come per il resto del
Madagascar, il 26 giugno del 1960. Vicende burrascose col sapore dell’avventura: palme, sciabole, cannoni, pirati e conquistatori sotto il sole dei Tropici; traffici,
guerrieri, sovrani e migranti che hanno lasciato un
cocktail umano dal dna inafferrabile.
Meticcia per definizione ed etnicamente sfuggente a ogni
classificazione, Nosy Be ha ereditato da queste vicende uno spirito aperto e tollerante, incline all’accoglienza in quello che è sempre stato un porto e una capanna per tutti. Così – mora mora – nessuno da queste parti può ritenersi autoctono più di altri. Nonostante le
dimensioni ridotte, il paesaggio cambia in continuazione, come la formula genetica dei suoi abitanti. Il punto panoramico ideale è il Mont Passot, coi suoi 329 metri,
dal quale si possono ammirare tramonti incendiati e l'intera baia di Nosy Manitra, con tutte le isolette che formano l’arcipelago. All’interno foreste fitte, canali assediati dalle mangrovie, piccoli appezzamenti coltivati, undici laghi vulcanici, immersi nel verde e popolati da enormi coccodrilli nilotici che sconsigliano ogni forma di balneazione, se non si vuole entrare a far parte della loro
dieta, che prevede pesci, piccoli mammiferi, ma – talvolta – anche i più imprudenti tra gli zebù, che si avvicinano alle acque per bere e rinfrescarsi. La presenza
dei grandi rettili appartiene al mito come alla scienza.
Il loro arrivo risale ai tempi antichissimi della Pangea,
quando valicarono l’oceano, all’epoca meno vasto e
quindi percorribile da ‘imbarcazioni animali’.
UN PROGETTO
DI SOLIDARIETÀ DIRETTA
Lei – una vera forza della natura e della fede – si chiama Suor
Josephine (volendo la trovate anche su Facebook come ‘Suor
Josephine Nosy Be’) e dirige un istituto modello: scuola e
orfanotrofio appartenenti alla Congregazione delle Suore
Discepole del Sacro Cuore. Tanti progetti e infinite attività a
sostegno della parte più povera della popolazione. Si deve badare
all’istruzione di 1500 bambini (dalle materne in avanti) e
assicurare agli orfani un tetto, con la ristrutturazione di un grande
edificio dove i lavori stanno iniziando in questi giorni. Molte volte
la solidarietà è una ‘filiera lunga’ e poco verificabile, ma non in
questo caso. Se andate a Nosy Be potete facilmente incontrare e
conoscere Suor Josephine, che vi guiderà per l’isola e vi
presenterà le sue attività. Ma, volendo, la si può anche aiutare
direttamente da Torino, contattando la sua cara amica Erminia
Ficco (347.2372960), che si incaricherà d’inviare direttamente le
vostre offerte. Quindi, ‘filiera corta’ e fiducia garantita; sulla bontà
dei progetti garantiamo noi, che abbiamo verificato
personalmente.
Allora come oggi, possono raggiungere i dieci metri di
lunghezza. Questi coccodrilli dispongono di una ghiandola in grado di filtrare l’acqua marina, ma – per gli antichi abitanti dell’isola – la loro migrazione ancestrale rappresenta un mistero. Ed è attorno al concetto di ‘mistero’ e di ‘sacro’ che si è consolidata la religione animista. A Nosy Be si incontrano diverse rappresentazioni
della natura che gli abitanti definiscono ‘sacre’: grandi
alberi, isole, animali, comportamenti umani e meteoro-
Dall’alto:
l’Istituto del Sacro Cuore;
suor Josephine
logici … Sorprendente e sintetico il chiarimento che viene fornito dai nativi: «Cos’è il sacro?». «Tutto ciò che
non è spiegabile». Quindi il coccodrillo che vive nelle
acque, ma – durante la siccità – si mette in marcia e
‘cerca’ laghi ancora balneabili. Sacri sono i ‘non morti’ o i morti ancora viventi. Sacro è il più grande albero
dell’arcipelago – o forse del mondo intero – con radici
che affondano per 5mila metri quadrati. Sacra è la cascata continuamente vitale. Sacri sono i luoghi delle sepolture isolati e inaccessibili. Sacri sono i laghi profondi e
baciati dagli alberi. Al sacro si porgono omaggio e devozione, al sacro ‘si sacrifica’ col sangue. E spesso la sorte pone al centro del rito lo zebù: simile al bue, con la
costruisce in lamiera – impianto più robusto, ma clima
rovente – se arriva il benessere compare la muratura,
di concetto occidentale, sovente l’icona del successo.
Ma l’abitazione resta sempre e comunque luogo di passaggio, dove dormire ma non ‘dove stare’: la vita nelle isole è ‘in giro’, mora mora, cercando quello che ti
serve e osservando quanto ti circonda.
Tra le passioni locali merita un posto di tutto rispetto il
morengy, popolarissima arte marziale malgascia: a
metà strada tra boxe e kickboxing, si combatte a mani
e piedi nudi, praticamente senza regole, in match rapidissimi e cruenti (i round durano 30 secondi) e ha come
obiettivo il ko, ma si può anche vincere ai punti. Gli incontri si disputano la domenica, in arene affollatissime, al
ritmo assordante e fragoroso della musica locale, con
un pubblico drogato dall’evento al punto da scommettere ogni avere: bici, moto, auto, qualche volta persino la casa… Rito ancestrale aggiornato con varianti contemporanee (mosse da rapper di pubblico e atleti,
machismo esibito come nei B movie americani e orientali), va visto e affrontato con curiosità partecipe, ma –
occhio – è spettacolo per cuori saldi, come il palio o la
corrida. Un viaggio a Nosy Be richiede essenzialmente una settimana; volendo due, con la seconda passata a godersi le spiagge oppure a esplorare il nord di Grande Terre, con le sue incontaminate attrattive naturalistiche. Ideale per organizzare il soggiorno è la scelta di
una location unica e strategica: le strade sono decen-
Dall’alto:
incontri di morengy; lago vulcanico
A destra: zebù al lavoro
In basso: l’Andilana Beach Resort
Dall’alto:
la costa di Nosy Iranja;
tessuti malgasci
A sinistra e in basso:
Nosy Iranja
tipica gobba sopra la testa, è il mammifero fondamentale al sostentamento della famiglia. Compagno di vita
e lavoro nei campi, lo zebù fornisce anche cibo per la
tavola, ossa e pelli per i manufatti, rappresenta per i malgasci l’animale totem, come la renna per i lapponi. Latitudini lontane che si specchiano nella vita dei ‘popoli
naturali’. Se il mare e i campi forniscono il sostegno basilare, è nel villaggio che si concentrano lo scambio, il commercio e la socializzazione. A questo proposito consigliamo di trascurare Ambatoloaka-Madirokely – più sguaiatamente turistica, divertente ma senza originalità – per
dedicarsi a Hell Ville, capoluogo che prende il nome dal
primo conquistatore francese. Porto e casette coloniali, vie animatissime, mercati e traffici, colori e profumi
in continua esposizione. Frequentandola si capisce la
triade delle abitazioni locali: i meno abbienti vivono in
case di legno – totalmente basiche e tradizionali, come
nei più piccoli villaggi – quando il tenore di vita sale si
torino magazine il viaggio Spiaggia dell’Andilana Beach Resort
ti, il traffico accettabile e in meno di un’ora di auto si raggiunge ogni attrattiva locale. Tra i diversi hotel ‘fronte
mare’, l’Andilana Beach Resort (proposto da
Alpitour/Villaggi Bravo) non teme confronti per qualità
e contesto ambientale: magnifica doppia spiaggia
separata da un promontorio, gestione interamente italiana, piscina monumentale e un programma di escursioni per esplorare ogni aspetto dell’arcipelago. Ideale
per sentirsi accolti e mai ‘prigionieri’: la strada nazionale è a due passi, così basta noleggiare un tuk-tuk per
procedere, in piena libertà, verso Hell Ville e i panorami dell’interno.
Per gli appassionati di natura tropicale vale un’intera giorGiochi di bimbi a Nosy Iranja
170
nata la visita alla riserva naturale di Lokobe: panoramicamente situata a 450 metri di altitudine, permette una
regressione temporale verso epoche lontane, quando
tutta l’isola era avvolta dalla foresta primaria con le sue
numerose specie endemiche, animali e floreali. Si
incontrano facilmente lemuri diurni e notturni, serpenti, volpi volanti (ormai quasi scomparse perché ritenute una ghiottoneria dai nativi…), serpenti, anfibi, una
variopinta gamma di volatili, oltre ai camaleonti e alle
rane più piccole del mondo.
Ma, senza nulla togliere al fascino di un’isola ricca di
emozioni e scenari impattanti, la vera meraviglia arriva
dal mare. Ogni perla dell’arcipelago è preceduta dal termine Nosy (che vuol dire isola) e non ne esistono due
uguali, per una continua esplorazione di approdi ciascuno dei quali merita il viaggio. La più giustamente celebre è Nosy Iranja: la ‘doppia isola’, congiunta e divisa
(a seconda delle maree) da un striscia di sabbia candida che separa il blu nelle sue diverse tonalità. Dopo
aver subìto attoniti l’impatto con tanto splendore, si può
procedere verso l’interno raggiungendo un piccolo villaggio di pescatori, con tanto di faro e scuola aperta ai
venti dell’oceano. Chi organizza le escursioni non
manca mai di proporre un catering tropicale a base di
aragosta e, nei momenti di ozio, si può scegliere il proprio tessuto preferito. Perché una delle più apprezzate forme di artigianato è la produzione di stoffe in cotone dai colori sgargianti o candidi, sovente ricamate con
disegni che richiamano la flora e la fauna locale. I grandi teli vengono proposti ‘appesi’, come subito dopo il
bucato, creando lunghi filari nei quali avventurarsi
osservando, palpeggiando e, inevitabilmente, contrattando per strappare il prezzo migliore. Altra isola, altro
scenario. A Nosy Komba si va per incontrare i lemuri –
particolarmente amichevoli se vi presentate muniti di
banane… – e per trascorrere il tempo tra le viuzze del
villaggio, verificando dal vivo la maestria degli intagliatori di legno. Chi ama lo snorkeling troverà il proprio paradiso a Nosy Tanikely: acque terse e trasparenti fino all’impossibile, fondale di corallo, pesci tropicali ma – soprattutto – tante, tantissime tartarughe giganti. Sono loro
le solenni signore delle acque, si fanno avvicinare senza timore, sembrano osservarti assorte e – quando sei
fortunato – ti offrono il privilegio di nuotare con loro, ospite accolto con benevolenza e curiosità. Ma l’elenco delle ‘Nosy’ può continuare all’infinito: ricordiamo ancora
Momoko, col suo villaggio di pescatori che sembra
emergere da un libro di avventure, Sakatia, l’isola delle orchidee, e Fanihy, sacra agli animisti, dove vivere
l’esperienza di Robinson Crusoe. In questo caso non
sai se paga di più il contesto o l’esperienza. Nosy Fani-
In alto: scuola di Nosy Komba
In basso: i fondali di Nosy Tanikely
171
torino magazine protagonisti metropolitani In questa pagina Nosy Fanihy
hy è completamente disabitata, i nativi vi approdavano esclusivamente per celebrare i loro riti nella foresta, impenetrabile come una muraglia color smeraldo.
Ancora oggi ‘il verde’ non si vìola, per rispetto degli
antenati e non solo per difficoltà oggettive. Ma la spiaggia resta ‘libera’, come lo fu anticamente per pescatori e pirati. Ed è su questa spiaggia che viene proposta l’esperienza ‘notte sotto le stelle’: si approda
verso sera, la barca riparte una volta lasciato l’equipaggio e si vivono le ore che separano dall’alba
come naufraghi felici. Si gode del tramonto fiammeggiante, si passeggia sulla battigia, si accende il fuoco e si montano le tende. Certo, Robinson Crusoe non
aveva un cuoco al seguito e non beveva bollicine in
attesa di pesce e gamberoni, ma i tempi sono cambiati e qualche privilegio se lo sono portati appresso.
Quello che resta – indipendentemente dal comfort –
è la sensazione impagabile di isolamento e immersione in un paesaggio rimasto identico dal giorno della
creazione: sabbia, conchiglie, coralli, onde, alberi…
e un’isola ‘dipinta’ nel mare, con la sua lunga lingua
di sabbia abbagliante che le maree rivelano, per poi,
quotidianamente, tornare a cancellare. Come sempre,
dopo ogni viaggio ‘conti’ i ricordi. I più forti quasi ti impongono di usare per Nosy Be quello che fu il suo nome
originale: Nosy Manitra, ‘isola dei profumi’. Perché in questo arcipelago, emerso dai vulcani nel canale del
Mozambico, non ci si limita mai a ‘vedere’, ma ogni altro
senso – olfatto su tutti – completa la magia, rendendola unica e ricordabile. Perfettamente evocabile anche
dopo 11 ore di volo, quando – aperta la valigia – pepe
selvaggio e ylang-ylang si ridestano, rammentandoti velocemente la rotta percorsa e le sue fragranze. I
Villaggi Bravo,
la stella italiana delle vacanze
V
olete trascorrere una vacanza
sulla spiaggia più bella dell’isola di Nosy Be in Madagascar?
Allora la risposta è il Villaggio Bravo
Andilana Beach, posizionato a metà
tra due splendide baie di sabbia bianca orlate da palme svettanti. Questo
resort offre la soluzione ideale sia per
chi è alla ricerca di una vacanza più
dinamica, scandita dalle attività sportive e dai ritmi dell’animazione (a loro
infatti è dedicata la spiaggia ovest)
sia per chi intende godersi un periodo
di relax assoluto; per tutti i ‘pigri’, infatti, la spiaggia delle tartarughe è la
risposta, dove l’unica colonna sonora
sarà lo sciabordio delle onde che si rifrangono a riva.
Il villaggio – di proprietà e gestione italiana – offre
grande attenzione ai dettagli e qualità del servizio.
Dal punto di vista architettonico si tratta di una struttura in stile coloniale, che fa un grande utilizzo del
legno, sia per gli arredi che per le decorazioni.
Immersa nel verde, le camere affacciano verso il
mare o verso un lussureggiante parco, all’interno del
quale si possono ammirare lemuri (assoluti protagonisti dell’isola!), coccodrilli, camaleonti e una tartarughe gigante. Molte le attività che si possono praticare durante una vacanza firmata Bravo: da quelle acquatiche (canoa, windsurf, kitesurf e l’ormai
celebre stand up paddle, così in voga tra le star hollywoodiane!) a beach volley, bocce, ping-pong,
senza dimenticare la possibilità di praticare fitness:
per gli amanti dell’attività sportiva ‘tradizionale’
non manca infatti una nuovissima palestra attrezzata, che include anche percorso running e salute. Una
menzione speciale merita l’attività di diving: qui c’è
uno staff esperto che condurrà gli appassionati
alla scoperta di ben 50 punti di immersione: tra questi, il Parco Marino di Nosy Tanikely che, con le sue
straordinarie colonie coralline, offre uno spettacolo unico ai divers. Per gli ospiti più piccoli non mancano le attività dedicate: l’animazione Bravo Bimbo, a cui si aggiunge un grande parco giochi di mille metri quadrati, attrezzato con gonfiabili, castelli
e scivoli d’acqua, vero paradiso per ogni bambino.
Ma una vacanza al Villaggio Bravo Andilana Beach
offre anche la possibilità di vivere esperienze uniche,
come per esempio la possibilità di pronunciare il fatidico ‘sì, lo voglio’ a piedi nudi, sulla spiaggia del-
l’isola sacra di Nosy Fanihy, dove un prete malgascio celebrerà in italiano un breve rituale per rinnovare la promessa di matrimonio.
Villaggi Bravo è sinonimo di vacanza dinamica, vivace, all’insegna del divertimento, giorno e notte, di
tante attività sportive e di un’attenzione alla cucina italiana di qualità. È uno stile di vacanza unico,
che vuole far sentire il cliente a casa propria in qualunque parte del mondo: la sicurezza e l’accoglienza di uno staff italiano che si fondono con il piacere dell’esotico, alla scoperta delle diverse destinazioni. Oltre al Madagascar, Italia, Grecia, Capo
Verde, Egitto, Kenya, Tanzania, Cuba, Messico,
Maldive e Oman.
Volo da Milano/Roma con Neos Air + 7 notti al Bravo Andilana Beach, quote a partire da 1690 euro per
persona (a settembre) in trattamento ‘tutto incluso’.
www.villaggibravo.it

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