La Congiura (Parte 1) Autore: Angelo Agostini Quella mattina l`aria

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La Congiura (Parte 1) Autore: Angelo Agostini Quella mattina l`aria
La Congiura (Parte 1)
Autore: Angelo Agostini
Quella mattina l'aria era fredda, satura dell'umidità portata dalla pioggia scrosciante della notte.
Dagli alberi gocce d'acqua piovana cadevano sui marciapiedi. Nuvole ancora dense rendevano
fiacca a inutile la luce del sole che stava sorgendo.
Le strade erano vuote e silenziose. Non passava nessuno. Dalle case lì intorno non giungevano
segni di vita. Persiane e serrande stavano risolutamente chiuse. Tutti ancora dormivano.
Del resto erano le sei di un mattino umido e ben poco invitante, c'era da capirli.
James, in piedi da solo in mezzo a quella desolazione urbana, li invidiava. La sua invidia acquisiva i
toni del leggero odio mischiandosi alla sua crescente rabbia.
I suoi capelli neri erano raccolti dentro uno strano cappello, la sua giacca verde lo proteggeva dal
freddo pungente. I suoi occhi scuri erano pesti a causa della notte quasi insonne, nella mano destra
stringeva con troppa forza la sua borsa da cadetto. Al posto del simbolo dell'accademia c'erano i fori
lasciati dai bottoni che lo tenevano fermo. James l'aveva strappato e gettato dalla finestra la sera
prima. Probabilmente era lì vicino da qualche parte, ma non voleva cercarlo.
Quella era anche la fatidica mattina durante la quale si sarebbe svolta la cerimonia di promozione
dei cadetti dell'ultimo anno. Divenuti ufficiali, avrebbero servito sulle navi volanti o negli
spazioporti orbitali, reso le loro famiglie orgogliose. Le donne sarebbero cadute ai loro piedi, la
gente li avrebbe ammirati nelle loro uniformi blu scuro con mostrine dorate. Durante gli ultimi
quattro anni James aveva sognato tutto questo per sé, e lavorato sodo per guadagnarselo. Ora tutti
gli altri lo avrebbero ottenuto. Lui no.
Era stato escluso, malamente, ingiustamente.
Il suo grande errore era stato fidarsi di Enliix tanto da dargli i codici d'accesso del proprio alloggio.
Quel mezzo elatrei era sempre stato un amico con lui, lo aveva aiutato in addestramento evitandogli
certe brutte figure, e James a sua volta aveva ricambiato il gesto. Lui e quel mezzosangue dalle
orecchie a punta si erano fatti largo verso il diploma, spalla a spalla.
A James era stato inculcato che un buon ufficiale arrivava a considerare col tempo i propri
compagni come fratelli. Dovevano essere aiutati e protetti. Da questo poteva dipendere la sua vita e
la loro.
Tutto questo si era invece rivelato l'origine del suo fallimento. Sapeva di aver agito bene, ma alla
fine chi lo aveva ingannato avrebbe ricevuto le sue mostrine da guardiamarina, mentre lui era lì a
logorarsi, senza certezze.
Tutto a causa di uno scherzo idiota. Un colpo alla schiena dei più biechi immaginabili. Di quelli che
non si fanno senza l'intenzione di danneggiare la vittima. La gente di solito dopo si scusa con le
solite frasi: "stavo scherzando" o "non volevo". Tutte scuse, bugie.
Il fattaccio era avvenuto circa due mesi prima. James quella sera stava nella biblioteca
dell'accademia. Studiava senza sosta, gli esami finali erano prossimi. Se erano davvero duri anche la
metà di quanto si diceva, perfino dare il massimo come faceva lui sarebbe potuto non bastare.
Rientrato nel suo alloggio si trovò davanti una ragazza dai capelli neri e sconvolti, in linea di
massima carina non fosse stato per il trucco sbavato e gli occhi celesti sgranati come quelli di chi
aveva appena visto il suo stesso fantasma comparirgli davanti.
Sull'uniforme mostrava i gradi da cadetto del secondo anno. Doveva essere di due anni più giovane
di lui, era perfettamente normale che non la conoscesse. I suoi pantaloni d'ordinanza erano strappati
dal ginocchio in giù e le mancava una scarpa. Qua e là era sporca di terra.
James le offrì prontamente aiuto, con fare cavalleresco com'era sua abitudine. Le dette appoggio per
sollevarsi e sedersi sulla poltrona della sua scrivania, piena d'ogni sorta di libri di testo e appunti
impilati ovunque.
Si accinse a chiamare l'infermeria, ma lei finse prontamente un capogiro e gli chiese di sdraiarsi un
minuto sul letto. James acconsentì. Non se lo sarebbe più perdonato.
Oltre che meschino, quello scherzo era proprio banale. Qualunque idiota avrebbe potuto imbastirlo.
Solo un idiota avrebbe potuto cascarci così.
Dopo pochi attimi il rettore Gentus piombò dentro con un ufficiale ed Enliix al seguito. James si
vide puntato contro il dito del suo migliore amico. Restò pietrificato, tanto che non udì quello che il
rettore gli stava urlando contro. Dovette chiedergli di ripeterlo, appesantendo ancor di più la
situazione. La ragazza non era un cadetto, era una prostituta. Niente meno. Per quel che contava non
era nemmeno più giovane di lui, anzi aveva tre anni di più.
Le giustificazioni di James non valsero nulla, Enliix aveva pensato a tutto, il suo "scherzo" era
banale,certo, ma curato nei dettagli. Altri cadetti avevano già prodotto false testimonianze.
Sostenevano di aver visto più volte negli ultimi mesi la ragazza entrare e uscire di soppiatto
dall'alloggio di James. Era assurdo.
La mattina dopo James fu espulso. La sua rabbia era bruciante. Si tratteneva a malapena. Credeva
genuinamente nell'istituzione che era stata la sua casa negli ultimi quattro anni. Eccellere gli era
costato fatica e sacrifici, e ora, per una carognata inimmaginabilmente stupida e inverosimile, era
fuori.
Il rettore lo guardò con disprezzo, gli disse che se voleva diventare ufficiale si sarebbe dovuto
iscrivere di nuovo al primo anno. Una beffa. Sapeva che James non l'avrebbe mai fatto, che non
avrebbe mai accettato quell'umiliazione.
Quella frase così mirata, tuttavia, instillò in James il sospetto che ci fosse dietro qualcosa di più, che
lo scherzaccio di Enliix fosse motivato da ben altro che semplice invidia.
Man mano che i giorni passavano, maturava in lui la certezza si fosse trattato di una congiura per
sbatterlo fuori. Ma perché? Forse lui era troppo onesto per quel mondo? Molti sostenevano che gli
ambienti militari fossero marci, senza posto per le persone per bene. James si era sempre rifiutato di
credere a quelle dicerie da pacifisti, ma ora....ora iniziava a pensare che fossero vere.
E così, due mesi dopo, si torna a quell'umida mattina nella quale si sarebbe dovuta svolgere la
cerimonia di promozione dei cadetti dell'ultimo anno.
James non sapeva come l'avrebbe trascorsa, magari a zonzo per la città in sella alla sua moto
antigravità. Anche portarla nelle praterie per spingerla la massimo poteva essere una distrazione
quasi accettabile.
Non accadde nulla di tutto ciò.
D'un tratto la terra tremò. Il vento si alzò improvviso, innaturale. Oltre le nuvole si dipanò
un'enorme macchia nera, qualcosa di molto grosso stava volando appena sopra i cumulonembi, a
quota molto bassa. Al suo passaggio la fioca luce del mattino ridiventava notte, senza cielo e senza
stelle.
La reazione della gente non tardò. Persiane si aprirono, finestre si spalancarono, molti uscirono in
strada, vestiti in fretta o con ancora gli indumenti da notte. Tutti gli sguardi erano rivolti verso il
cielo. Nessuno capiva cosa fosse quella strana cosa che volava rumorosamente sopra le loro teste, la
cui sagoma era evidenziata dalla luce del sole ormai sorto oltre le nuvole basse. Solo James la
riconobbe. La sua educazione militare non lasciava dubbi. Una nave volante, una bella grossa. La
sagoma a trapezio era inconfondibile. Erano i Ghoretrei, comunemente detti elfi oscuri. I loro
nemici. Quelli contro i quali sarebbe andato a combattere se non fosse stato espulso.
Il vascello era a quota da bombardamento a tappeto. L'equipaggio doveva essere esperto, stavano
eseguendo un'azione da manuale.
James reagì prontamente. Urlò ordini alla gente intorno a lui, sapeva cosa fare in questi casi. Non
avrebbe mai immaginato di doverlo fare sulla soglia della sua stessa casa. Mai una nave nemica si
era spinta fin là, qualcosa doveva essere andato paurosamente storto. Qualcuno aveva commesso un
terribile errore.
La nave si diresse a verso nord-est. In quella direzione, quaranta chilometri più avanti, c'era
l'accademia. La raggiunse in un minuto. Cominciò a sganciare verso il terreno il suo terribile
potenziale di morte.
Anche a quella distanza, e in mezzo alla città, si vedeva chiaro il bagliore accecante delle
esplosioni, si distingueva bene la colonna di fumo che saliva ininterrotta, i boati erano assordanti.
James aveva passato gli ultimi due mesi a odiare quel posto, i suoi ex compagni, gli insegnati, il
rettore Gentus. Ora stava assistendo alla loro morte, di tutti loro e dell'accademia stessa.
Era un massacro. Immaginava le sentinelle incredule, i suoi ex compagni, svegliati anzitempo,
atterriti alla vista dell'enorme vascello in pieno territorio imperiale. La loro morte doveva essere
stata atroce, James aveva tutte le nozioni necessarie per immaginarla. Conosceva le strategie del
nemico, poteva indovinare l'ordine nel quale i Ghoretrei stavano abbattendo quegli edifici a lui
molto familiari.
Fu folgorato dal realizzare che la sua espulsione con disonore gli aveva di fatto salvato la vita. La
certezza che fosse tutto parte di una congiura non lo abbandonò, solo che adesso gli appariva sotto
una luce diversa. Mentre si faceva strada verso i rifugi, calmo e spedito in mezzo alla folla
terrorizzata, iniziò a sospettare che quel piano non doveva essere stato necessariamente ai suoi
danni. Che forse, qualcuno lo aveva fatto espellere per salvarlo. Era una cosa tremenda, con
implicazioni troppo spaventose per elaborarle in quel momento. Il suo futuro era appena passato da
incerto a buio totale.