pdta_ictus - ASL Caserta
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Regione Campania ASL Caserta 1 IT-18056 Direttore Generale Dott. Francesco Alfonso Bottino Servizio Controllo Interno di Gestione ISO 9002 Certificato 9122.ASLC Introduzione. Per l’Azienda Sanitaria Locale Caserta 1 la ricerca del continuo miglioramento delle prestazioni offerte ai propri utenti è un punto cardine. Per ottenere questo obiettivo siamo disposti ad impegnare risorse in termini di uomini, strutture e finanziamenti; per questo motivo il lavoro iniziato tre anni or sono con il Gruppo per la Qualità delle Cure in Medicina Generale continua oggi con l’integrazione delle componenti specialistiche territoriali ed ospedaliere costituendosi così i Gruppi Integrati di Lavoro (G.I.L.) a supporto della Unità di Valutazione di Efficacia Clinica. Tale Unità esercita le sue funzioni in modo trasversale, all’interno degli ospedali fra i diversi dipartimenti, nel territorio fra i diversi distretti, nei distretti fra le diverse forme associative delle cure primarie. I componenti della UVEC, integrati da altre figure professionali di volta in volta interessare al percorso in studio, costituiscono Team di lavoro primari che svolgono le seguenti attività: analisi dei database aziendali e della Medicina Generale (datawarehouse). sviluppo della reportistica, formulazione di documenti aziendali Percorsi Diagnostico e Terapeutici, attività di formazione a cascata sui soggetti destinatari. Dopo un triennio dalla partenza del Gruppo per la Qualità delle Cure in Medicina Generale esprimo la soddisfazione mia e di tutta la dirigenza di questa Azienda per il lavoro svolto che si è concretizzato nella pubblicazione di diversi documenti aziendali in cui vengono rilevati, analizzati e discussi i di processi di cura riguardanti la gestione di problemi frequenti e rilevanti nell’ambito delle Cure Primarie. Oltre ai Medici di Medicina Generale il ringraziamento va anche al personale della ASL coinvolto in questa sperimentazione e che non ha fatto mai mancare la sua presenza, il supporto organizzativo e il giusto pungolo allo svolgersi dell’esperienza. Peraltro sono certo che questi Professionisti continueranno a fornire il loro apporto ai Gruppi Integrati di Lavoro di supporto alla UVEC partecipando attivamente al progetto “Governo Clinico: integrazione ospedale-territorio” che vuole essere un tentativo operativo per raggiungere la tanto invocata, ma al momento piuttosto lontana, integrazione tra Cure Primarie e Secondarie. Pertanto è intenzione precisa della Azienda continuare a fornire tutto il supporto necessario agli attori di questo processo affinché lo stesso prosegua nei prossimi anni con proficui risultati per la salute pubblica. Il Direttore Generale Dottor Francesco Alfonso Bottino 2 Versione 1. del 15/12/2004. Introduzione. Perseguire l’obiettivo dell’appropriatezza “delle prescrizioni” ed esporsi ad esame critico per il medico significa mettersi in gioco e sostenere pubblicamente le proprie scelte. Ciò significa avere il coraggio di correggere un proprio errore e basare, così, il proprio percorso formativo su problemi concreti e misurabili. Questo è quanto un gruppo di Medici di Medicina Generale e di Specialisti, supportato e stimolato da questa Direzione Aziendale, nell’ambito di un progetto di formazione permananente basata sulla analisi dell’attività, sulle induzioni di feed-back prestazionali e sugli audit conseguenti sta facendo. Da questa attività intendiamo far nascere le linee operative per la realizzazione della Buona Pratica Clinica . I diversi documenti già prodotti e collazionati vanno intesi proprio come “raccomandazioni” per la corretta applicazione professionale circa diagnosi e cura ed una utile gestione di tipo manageriale necessaria per l’Azienda nel conseguimento di obiettivi di salute. Questo nuovo indirizzo è il punto di partenza per l’applicazione di un sistema di verifica che ci vedrà nel prossimo futuro coprotagonisti nel tentativo di “migliorarci” l’un l’altro in modo costante efficiente e misurabile. Quale Direttore Sanitario della ASL Caserta 1, esprimo, intanto, il mio plauso non solo per l’impegno profuso ma, soprattutto per l’entusiasmo e la professionalità dal gruppo di lavoro dei dottori: Battista Rossano, Responsabile UO Cardiologia, P.O. Piedimonte Matese. Buono Nicola, Medico di Medicina Generale, Distretto 30. De Angelis Antonio, Neurologo, Specialista Ambulatoriale. De Cesare Giovanni, Medico di Medicina Generale, Distretto 25 Petrazzuoli Giuseppe, Medico di Medicina Generale, Distretto 32 Sabino Luigi, Responsabile U.O. Cardiologia, P.O. Marcianise Arcoraci Vincenzo, Ricercatore del Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia. Università di Messina Marchetta Fausto, Department of Medicine, Clinical Pharmacology Unit Cardiovascular Research Group - Quality Group St. Orsola-Malpighi University Hospital-Bologna,, Ospedale Malpighi Bologna. Per quanto mi riguarda, assicuro che cercherò di porre in essere tutto ciò che renderà la più duratura possibile la comprovata efficacia della metodica e dei “mezzi” fin qui adottati. Il Direttore Sanitario Dott. Gennaro D’Aria 3 Versione 1. del 15/12/2004. Gruppo Integrato di Lavoro – U.V.E.C. Battista Rossano, Responsabile UO Cardiologia, P.O. Piedimonte Matese. Buono Nicola, Medico di Medicina Generale, Distretto 30. De Angelis Antonio, Neurologo, Specialista Ambulatoriale. De Cesare Giovanni, Medico di Medicina Generale, Distretto 25 Petrazzuoli Giuseppe, Medico di Medicina Generale, Distretto 32 Sabino Luigi, Responsabile U.O. Cardiologia, P.O. Marcianise Hanno collaborato: Arcoraci Vincenzo, Ricercatore del Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia. Università di Messina Marchetta Fausto, Department of Medicine, Clinical Pharmacology Unit Cardiovascular Research Group - Quality Group St. Orsola-Malpighi University Hospital-Bologna,, Ospedale Malpighi Bologna. Direzione scientifica del progetto Ezio degli Esposti, Responsabile Unità Valutazione Efficacia Clinica. ASL Ravenna Responsabile del Progetto Michele Tari, Dirigente Responsabile Servizio Controllo Interno di Gestione. ASL Caserta 1 Coordinatore del progetto Salvatore Moretti, Direttore Responsabile Distretto n. 25. ASL Caserta 1 Elaborazione dati a cura del Servizio Controllo Interno di Gestione ASL CE1. Sig. Marcello Giuseppe; Sig. Pascarella Vincenzo Sig. Popolizio Giovanni Consulenza informatica: Ing. Stefano Buda Sig. Andrea Di Luccio Segreteria organizzativa: Sig.ra Sibillo Maria Colomba 4 Versione 1. del 15/12/2004. La Forza delle Evidenze Generalmente sono previsti sette livelli di qualità dell’evidenza: I. Evidenza da ampi Studi Controllati Randomizzatti (RTCs) ben condotti II. Evidenza da piccoli RCTs ben condotti III. Evidenza da studi di coorte ben condotti IV. Evidenza da studi caso-controllo ben condotti V. Evidenza da studi non controllati o scarsamente controllati VI. Evidenze controverse ma tendenti a favorire le raccomandazioni VII. Opinioni degli esperti Da esso scaturisce un sistema semplificato con quattro livelli di forza di evidenza condiviso dal Gruppo Integrato di Lavoro per le raccomandazioni espresse ritenute maggiormente significative. Livelli di evidenza per le raccomandazioni più significative A: supportata da studi controllati e randomizzati (RCTs) B: supportata da studi controllati, non randomizati C: supportata da analisi decisionali (Evidenze da studi non controllati o evidenze controverse ma tendenti a favorire le raccomandazioni, studi osservazionali) D: supportata da opinioni di esperti 5 Versione 1. del 15/12/2004. ICTUS (Gruppo Integrato di Lavoro - UVEC) Epidemiologia. In Italia l’ictus è la terza (la seconda, stando ad alcune stime) causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, causando il 10-12 % di tutti i decessi per anno, e rappresenta la principale causa d’invalidità. In Italia il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione anziana (età 65-84 anni) è del 6,5%, leggermente più alta negli uomini (7,4%) rispetto alle donne (5,9%). L’incidenza dell’ictus aumenta progressivamente con l’età raggiungendo il valore massimo nei ultra ottantacinquenni. Il 75% degli ictus, quindi, colpisce i soggetti di oltre 65 anni. L’ictus ischemico rappresenta la forma più frequente di ictus (80% circa) e colpisce soggetti con età media superiore a 70 anni, più spesso uomini che donne; quello emorragico intraparenchimale, con frequenza tra il 15% ed il 20%, colpisce soggetti leggermente meno anziani, sempre con lieve prevalenza per il sesso maschile; l’emorragia subaracnoidea (circa il 3%) colpisce più spesso soggetti di sesso femminile, di età media sui 50 anni circa. Ogni anno si verificano in Italia (dati sulla popolazione del 2001) circa 194.000 ictus, di cui l’80% sono nuovi episodi (155.000) e il 20% recidive, che colpiscono soggetti già precedentemente affetti (39.000). Si calcola che, se l’incidenza rimane costante, l’evoluzione demografica porterà, nel nostro paese ad un aumento di casi di ictus stimabili a 207.000 nel 2008, di cui l’80% nuovi episodi e il 20% recidive. Il numero totale di soggetti che hanno avuto un ictus (dati del 2001) e sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, è, in Italia, circa 907.000; pertanto la stima nel 2008 porterà, rimanendo costanti incidenza e mortalità, ad incremento del numero di casi di ictus a circa 955.000. La mortalità acuta (30 giorni) dopo ictus è pari al 20% mentre quella ad 1 anno ammonta al 30% circa; le emorragie (parenchimali e sub-aracnoidee) hanno tassi di mortalità precoce più alta (30% e 40% circa dopo la prima settimana; 50% e 45% ad 1 mese). Ad 1 anno dall’evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravviventi ad un ictus – indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico – presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti. Fattori di rischio Gli studi epidemiologici hanno individuato molteplici fattori che aumentano il rischio di ictus. Alcuni di questi che non possono essere modificati, ad esempio l’età, costituiscono tuttavia importanti indicatori per definire le classi di rischio. Altri fattori sono modificabili con misure non farmacologiche o farmacologiche; il loro riconoscimento, pertanto, costituisce la base della prevenzione primaria e/o secondaria dell’ictus. I fattori di rischio modificabili ben documentati sono: a) ipertensione arteriosa; b) alcune cardiopatie (in particolare con fibrillazione atriale); c) diabete mellito; d) iperomocisteinemia; e) ipertrofia ventricolare sinistra; f) stenosi carotidea; g) fumo di sigaretta. h) presenza nell’anamnesi di pregressi attacchi ischemici transitori (costituiscono un fattore di rischio ben documentato per evenienza di ictus). 6 Versione 1. del 15/12/2004. Fattori di rischio emergenti Sono stati descritti altre condizioni patologiche che probabilmente aumentano il rischio di ictus ma che al momento non appaiono completamente documentati come fattori di rischio. Fra questi: a) dislipidemia; b) alcune cardiopatie (forame ovale pervio, aneurisma settale); c) placche dell’arco aortico; d) uso di contraccettivi orali; e) eccessivo consumo di alcool; f) ridotta attività fisica; g) emicrania; h) anticorpi antifosfolipidi; i) fattori dell’emostasi; j) infezioni; k) uso di droghe. L’ipercolesterolemia è da considerare il più importante fattore di rischio modificabile per la malattia coronarica, mentre l’associazione con l’ictus resta non del tutto definita. Studi con altri endpoint primari (non cerebrovascolari) hanno documentato comunque una riduzione degli stroke nei pazienti che utilizzavano le statine. L’età è il maggiore fattore di rischio per l’ictus. L’incidenza di ictus aumenta, appunto, con l’età e, a partire dai 55 anni, raddoppia per ogni decade. La maggior parte degli ictus si verifica dopo i 65 anni. È possibile che venga ereditata una predisposizione ad essere colpiti da ictus. Il ruolo dei fattori genetici nella determinazione del rischio di ictus non è tuttavia ancora definito. I fattori di rischio interagiscono in modo fattoriale e non semplicemente additivo e il rischio di morte per ictus aumenta all’aumentare del numero dei fattori, anche quando il rischio attribuibile a ciascuno di essi sia limitato. Tipi di ictus In base al meccanismo fisiopatologico distinguiamo due forme prevalenti di ictus su base vascolare: • Stroke ischemico 85% • Stroke Emorragico 15% lo stroke ischemico a sua volta è sostenuto: • • nel 30% dalla trombosi delle arterie carotidi nel 30% da tromboembolie secondarie a fibrillazione atriale I gradi di rischio di Stroke Il rischio di ictus per stenosi carotidea asintomatica del 70% è di circa il 3%/anno (assume particolare importanza la determinazione del tipo di placca: ulcerata, liscia, soft). Il rischio di stroke in soggetti con pregresso TIA maggiore di 10 volte rispetto alla popolazione generale: dal 7% a 12% nel 1° anno; dal 4% a 7% /anno nei 5 anni successivi all’episodio iniziale. 7 Versione 1. del 15/12/2004. Il database “Ari@nna”, che vede coinvolti ormai 156 medici di medicina generale dell’ASL Caserta 1 nell’anno 2003 e che contiene dati di farmaco utilizzazione motivata da precisa diagnosi clinica espressa secondo la codifica internazionale ICD9, fin dal suo nascere ha mostrato di essere ben rappresentativo della popolazione totale residente nel nostro territorio stratificata per sesso ed età. Rappresentatività del campione per età e sesso della popolazione di Panoramica rispetto alla popolazione della ASL CE1 20% 18% 16% 14% 12% 10% 8% 6% 4% ASL1 305MMG (358.223) Pan 2003 156MMG (200.265) 2% Pan 2002- 2003 104MMG (134.878) Pan 2001- 2003 42MMG (53.808) 0% 0-14 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75-84 >84 70% % ,4 48 % ,6 48 50% % ,6 48 % ,6 48 % ,6 51 % ,4 51 % ,4 51 % ,4 51 60% 40% 30% 20% 10% 0% Femmine Maschi Da esso il gruppo UVEC ha ritenuto utile estrarre dati che meglio esprimessero la dimensione del problema Ictus nell’ASL CE1 ed il comportamento prescrittivo dei medici, pur consapevole della presenza di casi di ictus solo in associazione ad una prescrizione farmaceutica e quindi della sottostima dei dati di prevalenza evidenziati. Fonte dei dati: Archivio di “Ari@nna” Obiettivo: Individuare le caratteristiche demografiche e di patologia dei soggetti che hanno ricevuto una prescrizione per patologie Cerebrovascolari Data di inizio estrazione: 01/01/2003 Data di fine estrazione: 31/12/2003 Codice ICD9 delle patologie da estrarre: 430-439 Stroke/Emorragia cerebrale: 430-434 TIA/Altre cerebrovasculopatie 435-439 Codice ATC dei farmaci da estrarre: antiipertensivi C02, C03, C07, C08, C09 antitrombotici B01 8 Versione 1. del 15/12/2004. DESCRIZIONE DEL CAMPIONE Anno 2003 (tot medici 156) Pazienti % maschi Età (media ± DS) Paz. con Stroke / Emorr. Cer 797 (30,5%) 47,2% 70,8 ± 11,1 Paz. con TIA / Altre Vasc. Cer. 1.763 (67,6%) 47,5% 73,6 ± 10,9 Paz. con entrambe 49 (1,9%) 59,2% 70,8 ± 12,1 2,609 (100%) 47,6% 72,7 ± 11,1 Sogg con vasculopatie cerebrali Totale pazienti STRATIFICAZIONE PER ETÁ E SESSO Femmine Paz % paz Maschi Paz % paz [15-24] anni 3 50,0% 3 50,0% [25-34] anni 6 75,0% 2 25,0% [35-44] anni 7 25,9% 20 74,1% [45-54] anni 44 39,3% 68 60,7% [55-64] anni 155 43,8% 199 56,2% [65-74] anni 411 48,1% 444 51,9% [75-84] anni 562 58,5% 399 41,5% >85 anni 178 62,2% 108 37,8% Totale 1366 52,4% 1243 47,6% 9 Versione 1. del 15/12/2004. PREVALENZA CAMPIONE SOGGETTI CON STROKE/EM.CEREBRALE STRATIFICATA PER ETÁ E SESSO 30 Maschi 25,18 24,62 Femmine % su 1000 assistiti 25 23,33 19,45 20 17,16 15 12,68 10 7,14 6,43 4,164,28 5 0,120,23 0,520,17 25-34 35-44 1,88 1,22 0 45-54 55-64 65-74 75-84 >84 Totale La tabella di prevalenza mostra come la maggior parte dei pazienti con accidenti cerebrovascolari sia posizionato nella età avanzata. Nelle decadi prima dei 75 anni è evidente un maggiore interessamento del sesso maschile; dopo i 75 anni è presente un sorpasso da parte del sesso femminile (aumentata mortalità maschile) e quindi dopo gli 84 anni di nuovo una predominanza maschile. Caratteristiche dei p az ienti co n stroke /em .cer eb rale Paz ienti con Ictus/strok e Fem m ine M asch i T otale 441 (52,1% ) 405 (47,9% ) 846 72,3 ± 11,1 69,2 ± 11,1 70,8 ± 11,2 324 (73,5% ) 275 (67,9% ) 599 (70,8% ) 123 (27,9% ) 88 (21,7% ) 211 (24,9% ) 105 (23,8% ) 97 (24,0% ) 202 (23,9% ) E tà (anni) Ipertensione Diabete Dislipid em ia S ono s ta ti d ef initi iperte si tu tti i paz ie n ti c he ne l cor so d e l pe riod o d i o sse rva zio ne so no s ta ti tra tta ti pe r d iag nos i m o tiva ta (I CD 9 40 1 -4 0 5 ) e d hanno e ff ettua to un tra ttam e nto antiipe r te ns ivo; d is lipid em ic i que lli con d ia gno si m o tiva ta (I CD 9 2 72) e tra tta ti con ipo lipe m iz zan ti (A T C C 10 A ); d iab etic i que lli con d iagn osi m o tiva ta (I CD 9 2 50) e tra tta ti con ipo glice m iz za n ti (A T C A 10 ) La totalità dei casi di stroke relativamente all’anno in esame (2003), pari a 846, vede una predominante associazione con il fattore di rischio ipertensione (67,9%), mentre il 21,7% dei soggetti presenta diabete e il 24% è dislipidemico. 10 Versione 1. del 15/12/2004. Relativamente ad eventi con TIA ed altre forme di vasculopatia cerebrale, il grafico successivo mostra un analogo incremento con l’aumentare dell’età, con sempre una predominanza del sesso maschile. PREVALENZA CAMPIONE SOGGETTI CON TIA/ALTRE VASCULOPATE CEREBRALI STRATIFICATA PER ETÁ E SESSO 100 93,3 Maschi 90 Femmine % su 1000 assistiti 80 72,2 70 64,5 57,1 60 50 40 34,0 28,0 30 20 10,9 8,9 9,2 7,2 10 0,2 0,7 0,2 3,1 2,0 35-44 45-54 0 25-34 55-64 65-74 75-84 >84 Totale STRATIFICAZIONE DEL CAMPIONE CON STROKE/EM. CEREBRALE PER PRESENZA DI PATOLOGIA CONCOMITANTE Diabete si N° paz Diabete no N° paz % paz % paz Totale N° paz % paz Ipertensione si 153 18,1% 446 52,7% 599 70,8% Ipertensione no 58 6,9% 189 22,3% 247 29,2% 211 24,9% 635 75,1% 846 100,0% Totale La presenza di patologie concomitanti (ipertensione e/o diabete) mostra come nella maggior parte dei casi i pazienti con ictus sono solo ipertesi nel 52,7%, nel 6,9% sono solo diabetici, nel 22,3% non hanno nessuna delle 2 condizioni, mentre nel 18,1% vi è concomitanza di entrambe le condizioni. 11 Versione 1. del 15/12/2004. STRATIFICAZIONE DEL CAMPIONE CON STROKE/EM. CEREBRALE PER PRESENZA DI PATOLOGIA CONCOMITANTE DISTINTO PER SESSO Maschi N° paz Femmine % paz N° paz Totale N° paz % paz % paz Ipertensione 216 53,3% 230 52,2% 446 52,7% Diabete 29 7,2% 29 6,6% 58 6,9% Ipert + Diabete 59 14,6% 94 21,3% 153 18,1% No Ipert No diabete 101 24,9% 88 20,0% 189 22,3% Totale 405 100,0% 441 100,0% 846 100,0% Uso Uso di di antiaggreganti antiaggreganti nei nei pazienti pazienti Ipertesi Ipertesi con con Stroke/Em Stroke/Em Cerebrale Cerebrale in in presenza presenza oo meno meno di di Diabete Diabete Mellito Mellito Diabete Diabete si si Diabete Diabete no no totale totale Terapia Terapia antiaggregante antiaggregante nn Si Si 134 134 22,4% 22,4% 383 383 63,9% 63,9% 517 517 No No 19 19 Totale Totale % % 3,2% 3,2% nn % % 63 63 10,5% 10,5% nn 82 82 % % 86,3% 86,3% 13,7% 13,7% 153 153 25,5% 25,5% 446 446 74,5% 74,5% 599 599 100,0% 100,0% Uso Uso di di antitrombotici antitrombotici nei nei pazienti pazienti Ipertesi Ipertesi con con Stoke/Em Stoke/Em Cerebrale Cerebrale in in presenza presenza oo meno meno di di Diabete Diabete Mellito Mellito Diabete Diabete sisi Diabete Diabete no no totale totale Terapia Terapia antitrombotica antitrombotica nn Si Si 144 144 24,0% 24,0% 414 414 69,1% 69,1% 558 558 93,2% 93,2% No No Totale Totale % % 99 nn 1,5% 1,5% 32 32 % % nn 5,3% 5,3% 41 41 % % 6,8% 6,8% 153 153 25,5% 25,5% 446 446 74,5% 74,5% 599 599 100,0% 100,0% 12 Versione 1. del 15/12/2004. Dai dati di Ari@nna l’uso di farmaci antiaggreganti e antitrombotici (TAO) non appare particolarmente esteso, ma c’è da rilevare che soprattutto negli ipertesi affetti da diabete il 22,4% per gli antiaggreganti e il 24% pei gli antitrombotici è decisamente basso. In Italia sono state recentemente pubblicate le Linee guida “SPREAD” – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion – Ictus cerebrale: Linee guida italiane - Marzo 2003. Un sistema a punti molto utile e facile da utilizzare è lo Scoring system; esso serve per stratificare il rischio di accidente cerebrovascolare classificando i pazienti attraverso 4 dei principali fattori di rischio cardiovascolare noti: età, pressione arteriosa, presenza di cardiopatia ischemica, fumo di sigaretta. Tale sistema, testato, si è mostrato predittivo di stroke nell’82% dei casi. VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ICTUS Scoring system Score = 9 x età in anni + 2,85 X Pas in mm HG + 70 se è presente cardiopatia ischemica + 90 se fumatore (fino a 20 sigarette/die) oppure 130 (>20 sigarette/die) Uno score superiore a 1.000 ha identificato l’82% dei casi di ictus PREVENZIONE SECONDARIA In pazienti con ictus ischemico o TIA, nei quali l’ASA sia non tollerato o inefficace, è indicato il trattamento con clopidogrel 75 mg/die oppure con ticlopidina 500 mg/die, controllando l’emocromo due volte al mese nei primi 3 mesi di trattamento. Nell’ictus o TIA cardioembolico associato a cardiopatie e valvulopatie emboligene è indicata la terapia anticoagulante orale mantenendo l’INR tra 2 e 3. In pazienti selezionati e appositamente addestrati presso un centro per la sorveglianza degli anticoagulati è possibile l’automonitoraggio della terapia anticoagulante orale purché il paziente sia sottoposto a verifica periodica da parte del medico di medicina generale e/o del centro di sorveglianza. Nei pazienti con ictus embolico o TIA che presentino cardiomiopatia dilatativa isolata, è indicata la terapia anticoagulante orale mantenendo un INR 2-3. Nei pazienti con ictus ischemico o TIA e forame ovale pervio, esenti da trombosi venose profonde e al primo evento tromboembolico è indicato il trattamento con ASA. 13 Versione 1. del 15/12/2004. Nei pazienti con ictus ischemico o TIA e forame ovale pervio, nei quali siano presenti anche un aneurisma del setto o alterazioni emocoagulative, è indicata la terapia anticoagulante orale con INR 2-3, avendo escluso eziologie alternative. Nei pazienti con ictus ischemico o TIA e forame ovale pervio, di età inferiore a 45 anni, con aneurisma del setto interatriale e ampio shunt destro-sinistro, che abbiano presentato recidive durante la terapia anticoagulante orale o controindicazioni alla stessa, è indicata la chiusura del forame, se possibile per via transcatetere. In pazienti portatori di protesi valvolari con recidiva di ictus dopo ictus ischemico o TIA, durante un trattamento con anticoagulanti orali a dose appropriata, è indicata l’associazione di anticoagulanti orali e dipiridamolo 400 mg/die o ASA 100 mg/die. PROFILASSI DELLE TROMBOEMBOLIE NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE. La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia che più frequentemente si riscontra nella pratica clinica con una incidenza che cresce con l’avanzare dell’età. Dallo studio di Framingham risulta che il tromboembolismo cerebrale si manifesta con più frequenza nei pazienti con FA senza valvulopatia (FANV) rispetto a quelli con FA e valvulopatia reumatica. Tra le patologie cardiache la FA è quella che presenta un maggior rischio di embolia sistemica, con manifestazioni frequenti e spesso drammatiche prevalentemente a carico della circolazione cerebrale (stroke). La fibrillazione atriale è un’aritmia estremamente comune, riscontrabile nell’un per cento dei pazienti con più di 60 anni ed in oltre il 5% dei pazienti ultra settantenni. La possibilità di sviluppare una fibrillazione atriale nell’arco di 20 anni, in pazienti con più di 30 anni, è del 2%. In pazienti con più di 65 anni, la prevalenza di fibrillazione atriale è del 9.1% in soggetti con una cardiopatia franca, del 4.6% in pazienti con una cardiopatia subclinica, e dell’ 1.6% in soggetti a cuore sano. Oltre ad essere un’aritmia molto frequente, la fibrillazione atriale è anche gravata da un’alta morbilità e mortalità . L’impatto clinico della fibrillazione atriale è riconducibile a due elementi principali: le conseguenze emodinamiche ed il rischio tromboembolico. PREVALENZA DI F.A. PER GRUPPI DI ETA’ 8.8 % 9 8 7 6 4.8 5 4 3 2 1 1.8 0.5 0 50-59 60-69 70-79 80-89 (Framingham study) 14 Versione 1. del 15/12/2004. RISCHIO ATTRIBUIBILE DI STROKE PER F.A. IN VARIE FASCE DI ETA’ (P < 0.01) 23.5 25 20 15 % 10 5 1.5 0 50-59 anni 60-69 anni 70-79 anni 80-89 anni (Framingham study) Rischio tromboembolico. In aggiunta alle alterazioni emodinamiche, riveste un ruolo di primaria importanza, nella prognosi della fibrillazione atriale, il rischio di embolie sistemiche, causate dalla stasi di sangue nell’atrio sinistro e nella sua auricola in particolare. Da molto tempo è noto l’alto rischio di tromboembolico in pazienti con fibrillazione atriale associata con la stenosi mitralica o protesi valvolari mitraliche (15 volte superiore rispetto ai controlli). Tuttavia, anche in assenza di tali valvulopatie, la fibrillazione atriale è caratterizzata da un aumentato rischio di ictus cerebrale ischemico. Negli Stati Uniti, la fibrillazione atriale non valvolare è la più comune malattia cardiaca associata all’embolia cerebrale, infatti, circa la metà di tutte le embolie ad origine cardiaca, si manifestano in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare. Il rischio di ischemia cerebrale in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare è 5-7 volte maggiore dei controlli senza fibrillazione atriale. La probabilità di ictus ischemico tra la popolazione anziana con fibrillazione atriale è del 5% circa per anno, sei volte maggiore rispetto ai pazienti senza fibrillazione atriale. Se consideriamo gli attacchi ischemici transitori e gli ictus ischemici asintomatici, ma evidenziabili radiograficamente, la percentuale di ischemia cerebrale, associata alla fibrillazione atriale non valvolare, raggiunge il 7% per anno. Tuttavia il rischio assoluto di ictus cerebrale varia, considerevolmente, in funzione dell’età del paziente e della concomitante patologia cardiovascolare. La prevalenza della fibrillazione atriale aumenta con l’aumentare dell’età, allo stesso modo l’incidenza di ictus ischemico, in pazienti con fibrillazione atriale, è correlata con l’età. Circa il 50% degli attacchi ischemici, associati alla fibrillazione atriale, si manifestano in pazienti con più di 75 anni. La maggior parte degli ictus ischemici associati alla fibrillazione atriale sono probabilmente dovuti all’embolia di trombi formatesi, a causa della stasi ematica, in atrio sinistro e in particolare nell’auricola. L’ecocardiografia transesofagea ha mostrato una maggiore incidenza di trombosi atriale sinistra in pazienti con fibrillazione atriale che hanno sviluppato un’ischemia cerebrale, rispetto a quelli senza ictus ischemico. Tuttavia, circa il 25% degli attacchi ischemici cerebrali associati alla fibrillazione atriale sono dovuti alla malattia cardiovascolare di base, ad altre sorgenti cardiache di embolia, all’aterosclerosi dell’arco aortico. Circa la metà dei pazienti più anziani con fibrillazione atriale hanno un’ipertensione cronica, che costituisce uno dei maggiori fattori di rischio per patologie cerebrovascolari. Circa il 12% dei pazienti anziani con fibrillazione atriale presentano una stenosi carotidea, tuttavia la frequenza di stenosi dell’arteria carotide non è sostanzialmente maggiore in pazienti con fibrillazione atriale ed ischemia cerebrale, suggerendo un ruolo secondario delle stenosi carotidee nel determinismo dell’ischemia cerebrale associata a fibrillazione atriale. L’identificazione, nella popolazione dei pazienti con fibrillazione atriale, di un sottogruppo a basso rischio e di uno ad 15 Versione 1. del 15/12/2004. alto rischio di ictus ischemico, è di fondamentale importanza per decidere il tipo di profilassi, antiaggregante o anticoagulante, migliore. Due studi prospettici hanno permesso di individuare cinque variabili cliniche (storia di ipertensione, precedente ischemia cerebrale, diabete mellito, età maggiore di 65 anni, recente scompenso cardiaco), ciascuna delle quali costituisce un fattore di rischio indipendente di tromboembolia, utili per carettarizzare i pazienti a basso ed alto rischio per ischemia cerebrale. In particolare, una precedente ischemia cerebrale comporta un rischio relativo di 22.5, il diabete mellito di 1.7, una storia di ipertensione di 1.6, una decade di età di 1.4. Pazienti con uno di questi fattori di rischio, se non trattato, ha un rischio annuo di ischemia cerebrale del 4%. Pazienti con meno di 60 anni, con normali parametri ecocardiografici e nessun fattore di rischio, hanno un rischio inferiore all’1% annuo di sviluppare un’ischemia cerebrale. Pazienti il cui unico fattore di rischio è lo scompenso cardiaco o la coronaropatoia hanno un rischio di ischemia cerebrale tre volte maggiore rispetto ai controlli. Non vi è nessuna differenza nel rischio tromboembolico tra i pazienti con fibrillazione atriale parossistica o cronica. I parametri ecocardiografici, predittori, indipendenti, di rischio tromboembolico in pazienti con fibrillazione atriale sono un atrio sinistro ingrandito (mitigato dalla coesistenza di un rigurgito mitralico) ed una ridotta funzione ventricolare sinistra. Quando viene usata l’ecocardiografia transesofagea in pazienti con fibrillazione atriale, la trombosi e l’ecocontrasto spontaneo (“smoke”), dell’auricola sinistra sono riscontrabili più frequentemente in pazienti con episodi tromboembilici rispetto a quelli senza, tuttavia l’assenza di trombosi auricolare, documentata ecocardiograficamente, non esclude del tutto la possibilità che un paziente possa avere un evento tromboembolico. Rischio relativo di stroke Andamento del rischio relativo di stroke per portatori di una data condizione c.v. in rapporto a persone senza tali condizioni 5 F.A. 4 3 2 IPERTENS. 1 CHF CAD 60-69 anni 70-79 anni GRUPPI DI 80-89 anni ETA’ Fig.1 (Framingham study) Nello Studio Framingham l’andamento del rischio relativo di stroke è variabile a seconda dell’associazione o assenza di condizioni predisponesti o aggravanti. Dai grafici si evince come la FA aumenta notevolmente il rischio con l’incremento dell’età, condizione che si associa ad una maggiore presenza della FA stessa. 16 Versione 1. del 15/12/2004. SORGENTI STROKE CARDIOEMBOLICO Altre sorgenti 15 % Pervietà forame ovale Aneurisma setto interatr. Endocardite Ecocontrasto spontaneo Protesi valvolari Fibrillazione 10 % atriale 45 % Cardiopatia reumatica 7.5 % Cardiomiopatie Aneurisma v. sn. 7.5 % Infarto miocardico 15% acuto Tra le condizioni cardioemboliche più frequenti vediamo che la FA atriale esprime la maggior parte (45% ) degli stroke su base tromboembolica. In questa condizione pertanto l’attenzione deve essere particolarmente rivolta alla profilassi del tromboembolismo mediante l’uso di anticoagulanti orali, che mostrano indiscutibili vantaggi nel ridurre l’,cadenza di stroke in soggetti affetti da FA. GESTIONE DEL PZ. CON F.A. PERMANENTE NELLE VALVULOPATIE FIBRILLAZIONE ATRIALE E… VALVULOP. PROLASSO PROTESI PROTESI VALVULOP. MITRALICA MITRALICO MECCANICHE BIOLOGICHE AORTICA REUMATICA TERAPIA ANTICOAGULANTE ORALE 17 Versione 1. del 15/12/2004. RIDUZIONE DEL RISCHIO DI STROKE CON ANTICOAGULANTI ORALI: RISULTATI DI UNA METANALISI DI 5 STUDI CLINICI CONTROLLATI Rischio annuo di stroke (%) 5 4.5% 4 3 2 1.4% 1 0 Controlli Warfarin Riduzione del rischio = 68% (Atrial Fibrillation Investigators. Arch Intern Med 1994; 154: 1449-57) La Terapia Anticoagulante Orale ha mostrato una netta superiorità nei confronti del placebo. AFASAK 2 Copenhagen Investigators 677 pts FA cronica Warfarin fixfixdose 1,25 mg 5,8 % Warfarin fixfixdose 1,25 mg + ASA 300 mg 7,2 % ASA 300 mg 3,6 % Warfarin dose variab (INR 2,02,0-3,0) 2,8 % Incidenza cumulativa eventi primari – F-up medio 12 mesi Lo studio AFASAK-2 ha confrontato 4 differenti bracci di trattamento farmacologico: 1) warfarin a mini-dosi fisse di 1.25 mg, 2) warfarin 1.25 mg + aspirina 300 mg, 3) aspirina 300 mg e 4) warfarin a dosi variabili (INR 2.0- 3.0) in 677 pazienti con FA cronica. 18 Versione 1. del 15/12/2004. Dopo un follow-up medio di un anno il braccio warfarin a dosi variabili (INR 2.0- 3.0) ha dimostrato un trend di superiorità nei confronti delle altre strategie terapeutiche testate riducendo l’incidenza cumulativa di eventi primari al solo 2.8% contro il 5.8% del gruppo warfarin mini-dose fissa, il 7.2% del braccio warfarin + aspirina, e il 3.6% di quello aspirina. SIFA Studio Italiano sulla FA Probabilità di eventi sovrapponibile nei 2 gruppi ! Prevenzione secondaria Confronto tra Indobufene 100100-200 mg b.i.d. vs Warfarin INR 22-3,5 in 916 pts FANV convalescenti da TIA o stroke ischemico prior 15 gg. gg. (Morocutti C., Stroke 1997; 28: 1015-21) Lo studio italiano SIFA ha confrontato il warfarin verso l'antiaggregante indobufene, un inibitore reversibile della cicloossigenasi. L’analisi dei risultati ad un anno di follow-up ha evidenziato una similare incidenza di eventi primari in entrambi i gruppi (9.0% nel gruppo warfarin e 10.6% nel gruppo indobufene) a differenza di quanto precedentemente dimostrato dall’EAFT per l’aspirina. EFFICACIA DELLE PRINCIPALI TERAPIE ANTITROMBOEMBOLICHE DISPONIBILI 68% 70 60 50 40 25% 30 RRR 20 10 0 Warfarin Aspirina 19 Versione 1. del 15/12/2004. La Terapia Anticoagulante Orale ha mostrato una netta superiorità nei confronti dell’aspirina. FREQUENZA ANNUALE DI EMORRAGIE MAGGIORI Warfarin 1.2% Aspirina Controllo 1.0% 1.0% (19th Ann Scientific Sessions NASPE, 1998) I rischi di complicanze maggiori sono praticamente uguali nei tre gruppi. STUDIO MULTICENTRICO SULLE COMPLICANZE EMORRAGICHE DELLA T.A.O. (ISCOAT) Le complicanze emorragiche della TAO sono più frequenti • durante i primi 90 giorni di terapia • per valori di INR > 4.5 • quando l’indicazione alla TAO è una arteriopatia G. Palareti et al. LANCET 1996 ; 348: 423-428 20 Versione 1. del 15/12/2004. Range ottimale di scoagulazione Finestra terapeutica Emorragici Eventi clinici Tromboembolici 2 INR 3 Effetto della scoagulazione entro il range ottimale (2.0-3.0) in funzione della maggiore riduzione del rischio tromboembolico con la minore incidenza di complicanze emorragiche TAO •regime antitromboembolico più efficace •non trascurabile impiego di risorse umane e finanziarie •particolare impegno richiesto al paziente (e ai suoi familiari) -dieta -interazioni farmacologiche -controlli ambulatoriali NECESSITA’ DI STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO NELLA F.A. NON VALVOLARE 21 Versione 1. del 15/12/2004. Stratificazione del rischio tromboembolico in pazienti con FA Rischio Alto Rischio 1 FR maggiore > 1 FR moderato Fattori di Rischio Moderato Rischio NO FR maggiore 1 FR moderato Basso NO FR maggiore NO FR moderato MAGGIORI Età > 75 anni Precedente stroke od Embolismo sistemico Storia di ipertensione arteriosa Scompenso cardiaco o Disfunzione ventricolare sinistra Valvulopatia mitralica reumatica Portatore di protesi valvolare Fattori di Rischio MINORI Età 65 - 75 anni Diabete mellito Cardiopatia ischemica con normale funzione ventricolare sinistra Adattato da: 6th ACCP Consensus Conference on Antithrombotic Therapy, Therapy, Chest 2001; 119 (Suppl) 194S194S-206S. Sulla base degli schemi proposti dagli Investigatori degli studi SPAF, l’American College of Chest Physicians, nel corso della 6ª Consensus Conference del 2001, ha operato una distinzione tra fattori di rischio (FR) maggiori e minori per la stratificazione del rischio tromboembolico nei pazienti con FA, definendo tre livelli di rischio di stroke in soggetti con FA. La“ Soglia di Rischio” di Stroke nei paz. in F. A . Rischio di Stroke Basso % anno < 2% NNT Uso routinario TAO 100 Non Vantaggioso Intermedio > 2%,< 6% >25 <100 Alto > 6% < 25 Dibattuto* Vantaggioso Si noti come risulti vantaggioso l’uso routinario della TAO quando si trattano pazienti ad alto rischio di tromboembolismo da FA con un NNT discretamente basso. (NNT = numero di pazienti da trattare per evitare un evento). 22 Versione 1. del 15/12/2004. La presenza di condizioni che possono rappresentare controindicazioni all’uso di TAO, che vediamo qui di seguito, non deve essere un deterrente all’uso degli anticoagulanti, ma consapevole strategia che valuti i vantaggi indiscussi ma anche i rischi relativi come in ogni approccio terapeutico. CONTROINDICAZIONI RELATIVE ALLA TAO Ridotta Compliance Ernia iat. Emorroidi severe Divertic. Malnutrizione Insuff.ep.sev. Steatorrea Mixedema Meno-metrorragie Dif. Emost. Mal. Inf. Intest. Retinopatia Alcoolismo LINEE GUIDA DELL’AMERICAN COLLEGE OF CHEST PHYSICIANS 3 SETTIMANE PRIMA Per ottenere il dissolvimento o la fissità di eventuali trombi già formatisi* CVF CVE 4 SETTIMANE DOPO Tempo certamente sufficiente al pieno recupero di atrio e auricola da fenomeni di stunning Linee Guida dell’America College of Chest Physicians sul trattamento anticoagulante in caso di cardioversione elettrica programmata. 23 Versione 1. del 15/12/2004. TEE PRE-CARDIOVERSIONE VANTAGGI DEL PROTOCOLLO RAPIDO • rapidità del protocollo • ridurre la durata della anticoagulazione • favorevole impatto sul mantenimento del R.S. per F.A. < 3 sett. • nel caso di pazienti ricoverati, evitare un secondo ricovero Protocollo rapido di cardioversione elettrica senza terapia anticoagulante orale preventiva che che prevede l’uso dell’ecocardiogramma trensesofageo (TEE). TRATTAMENTO RIABILITATIVO E CONTINUITÀ DELL’ASSISTENZA Dopo la fase acuta dell’ictus è indicato che il piano assistenziale sia realizzato in strutture specializzate da parte di personale addestrato, tenendo conto delle esigenze a lungo termine del soggetto colpito dall’evento cerebrovascolare acuto. Le attività assistenziali a fini riabilitativi che si realizzano dopo un ictus hanno caratteristiche distinte a seconda dell’epoca di intervento e richiedono il contributo di operatori diversi, a seconda degli obiettivi consentiti dalle condizioni cliniche, ambientali e delle risorse assistenziali disponibili. La scelta dei soggetti da destinare alle strutture assistenziali dedicate alla fase post-acuta di un ictus è basata sulla probabilità del beneficio e sulla disponibilità delle risorse. Bibliografia: 1. Benijamin EJ, Wolf PA, D’Agostino RB, et al. Impact of atrial fibrillation on the risk of death. The Framingham Heart Study. Circulation 1998;98:946-52. 2. Falk RH: Atrial Fibrillation. N Engl J Med 2001;344:1067-78. 3. Wolf PA, Abbot RD, Kannel WB. Atrial fibrillation as an independent risk factor for stroke: the Framingham Study. Stroke 1991;22:983-88. 4. Wolf PA, Abbott RD, Kannel WB. Atrial fibrillation: a major contributor to stroke in the elderly: the Framingham Study. Arch Intern Med 1987;147:1561-64. 5. Atrial Fibrillation Investigators. Risk factors for stroke and efficacy of antithrombotic therapy in atrial fibrillation: analysis of pooled data from five randomized controlled trials: Arch Intern Med 1994;154:1449-57. 6. Stroke Prevention in Atrial Fibrillation Study: final results. Circulation 1991;84:527-539. 7. SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion Ictus cerebrale: Linee guida italiane Stesura del 4 marzo 2003 – Stampa del 14 ottobre 2003 Sintesi e raccomandazioni. Pubblicazioni Catel – Hyperphar Group SpA; 24 Versione 1. del 15/12/2004.