Buone plastiche dalla natura
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Buone plastiche dalla natura
Buone plastiche dalla natura PROFILI IMPRESE di Sergio Ferraris È una breve e modesta annotazione: «Fatto il polipropilene». Quella che lo scienziato italiano Giulio Natta vergava sulla propria agenda, l’11 marzo del 1954, dopo aver scoperto ciò che oggi chiamiamo plastica. La nuova sostanza caratterizzata da un’elevata stabilità e da una relativa semplicità di utilizzo, nelle appli- cazioni più diverse, ebbe un successo industriale immediato. La Montecatini cominciò la produzione commerciale del polipropilene nel 1957 e già nel 1962 la produzione mondiale raggiungeva le 250mila tonnellate. La scoperta di Natta, effettuata in contemporanea con lo scienziato MATERIALI Anche sul fronte dei derivati del petrolio esistono delle alternative. Novamont, un’azienda italiana, è all’avanguardia 47 tedesco Ziegler, ha cambiato in maniera radicale i metodi di produzione industriale e gli stili di vita connessi al consumo di beni e oggetti negli ultimi quaranta anni, aprendo la strada a tipologie di produzione impensabili in precedenza. Le applicazioni delle plastiche sono oggi innumerevoli e i prodotti nei quali l’ormai ricca famiglia dei polimeri è presente sono innumerevoli. La diffusione delle plastiche che sono di origine fossile e hanno come caratteristica un alto grado di stabilità anche in presenza di agenti ambientali avversi, pone da anni all’ordine del giorno una serie di problemi ambientali quali il rifornimento della materia prima, il petrolio, il suo trasporto dalle sedi di estrazione a quelle di trattamento/trasformazione e consumo e il suo smaltimento a fine vita. Si tratta di problemi che stanno diventando sempre più impellenti a causa della diffusione esponenziale delle QUALENERGIA ANNO III - N.3 plastiche che è MAGGIO-GIUGNO 2005 dovuta alla gran- PROFILI IMPRESE de versatilità e al basso costo industriale (1 euro al chilo per quanto riguarda il polipropilene). Dagli anni d’oro dell’industria chimica, fatti da abbondanza della materia prima, dal basso costo dell’energia e da nuove vie più sostenibili per la produzione e l’utilizzo delle plastiche. La sperimentazione all’epoca iniziò con la realizzazione di un nuovo materiale, il Mater-Bi, di origine vegetale in quanto derivato dagli amidi di mais, e con la realizzazione di una serie di gadget dimostrativi, tra i quali l’orologio di Topolino, fatti delle MATER-BI SOTTO LA LENTE Il Mater-Bi è una famiglia di materiali termoplastici biodegradabili di nuova generazione. Si tratta di bio-plastica derivata da materie prime naturali, che nell’utilizzo ha le stesse caratteristiche fisico-chimiche della plastica convenzionale, ma è completamente biodegradabile una volta abbandonata nell’ambiente. Le molecole di questo materiale sono polimeri ma con una struttura che consente agli agenti naturali di aggredire le molecole, spezzandole e riducendole in componenti che possono essere assorbiti dall’ambiente senza effetti tossici. Il Mater-Bi è costituito da amido di mais, di patate o di grano allo stato naturale, trattato e mischiato con una piccola parte di polimeri sintetici, derivati dal petrolio. Il Mater-Bi è biodegradabile ed è adatto a essere utilizzato con i rifiuti organici per produrre compost. Per la produzione di 1 kg di Mater-Bi l’energia necessaria varia da 19 a 53 MJ/kg. Le emissioni di gas serra variano da -0,34 (assorbimento invece di produzione) a + 1,2 kg CO2 /kg. L’energia necessaria per produrre il polietilene tradizionale è tra 75 e 80 Mj/kg e le emissioni di gas serra sono tra 1,8 e 2 kg CO2 /kg. La struttura chimica del polietilene, inoltre, comporta, in caso di combustione, l’emissione di 3,14 kg CO2 /kg mentre il Mater-Bi emette da 1,4 a 1,8 kg CO2 /kg. In termini di sfruttamento dei suoli per ogni kg di Mater-Bi occorre mediamente circa 1 kg di mais. Ciò significa che si potrebbero utilizzare i terreni in regime di set aside (agricoltori pagati per non coltivare i propri campi) per produrre i volumi di plastica oggi necessari. La vera sfida non è la sostituzione 1:1 del Mater-Bi con le plastiche tradizionali, ma la progettazione di soluzioni ambientalmente ed economicamente sostenibili come nei casi dei pneumatici, del sistema di raccolta differenziata che include i sacchi biodegradabili, o dei film per pacciamatura. 48 zione della resistenza al rotolamento, permette di ridurre i consumi e di carburante e le emissioni di CO2 nell’atmosfera. Potrebbe sembrare un risultato marginale, ma non lo è. La diminuzione introdotta da questo nuovo tipo di pneumatico degli attriti da rotolamento può portare a una diminuzione delle emissioni di CO2 fino a 10gr/km. Si tratta di un risultato interessante specialmente se messo in rapporto all’obiettivo di riduzione dei gas serra che l’industria automobilistica europea deve raggiungere entro il 2008: 46 gr/km (pari al 25% delle emissioni totali dell’industria automobilistica). Il cammino della plastica biodegradabile di Novamont non si ferma all’asfalto e approda ai campi. È di poco tempo fa la certificazione dei teli di pacciamatura realizzati in Mater-Bi per l’utilizzo in agricoltura biologica da parte di Aib Vincotte, uno dei principali istituti internazionali per la certificazione biologica. Il telo è approvato anche da Aiab, l’associazione Italiana per l’agricoltura biologica e dall’ente del Ministero per l’agricoltura norvegese Deibo. Plastiche sostenibili una disattenzione verso le problematiche ambientali oggi si è passati a uno scenario opposto, caratterizzato da rincari sempre crescenti della materia prima e da una maggiore consapevolezza ambientale sia dei produttori, sia degli utenti finali. La transazione non è stata indolore per la chimica italiana che ha perso negli anni la posizione di leadership mondiale. Basta pensare al fatto che il gruppo di ricerca guidato da Natta pubblicò oltre 1.200 articoli, dei quali 540 firmati da lui, e registrò circa 500 brevetti: il tutto nel triennio tra il 1954 e il 1957. Oggi ai problemi che pone l’utilizzo generalizzato e indiscriminato delle plastiche sembrano rispondere alcune iniziative nate negli ultimi anni, embrioni di una possibile inversione di tendenza. Materia bio Una di queste è rappresentata da Novamont, azienda nata una quindicina di anni fa in QUALENERGIA ANNO III - N.3 casa Montedison MAGGIO-GIUGNO 2005 per sperimentare prime partite di plastica biodegradabile. Passata indenne nel naufragio della chimica italiana che ha rischiato di travolgerla, Novamont ha passato, in realtà sotto un silenzio da parte del mondo politico e industriale inquietante, la boa della sperimentazione e della ricerca di prodotto, approdando ai mercati. Oggi l’azienda ha una struttura a rete orizzontale nella quale il tasso di ricercatori sul totale degli addetti e alto, circa il 35%. La produzione di plastica biodegradabile è passata oggi a circa 20mila tonnellate l’anno (dalle 8mila del 2000), per soddisfare la richiesta che è sempre maggiore. Nel 2001, infatti, grazie al MaterBi, Goodyear è riuscita a produrre un pneumatico innovativo che al posto del nerofumo e della silice utilizza la mescola di amido di mais prodotta da Novamont. I risultati sul fronte della tutela ambientale di questo prodotto sono legati alla diversa specificità del pneumatico che con la diminu- «Abbiamo sempre considerato quello dello sviluppo sostenibile un contenuto forte, - afferma Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont - che si basava sull’utilizzo delle fonti rinnovabili, su tecnologie a basso impatto ambientale e sulla limitazione dei rifiuti. La politica ambientale, infatti, non è un ostacolo per l’industria, ma uno strumento per fare quel salto di qualità che ci consenta di differenziarci dalle imprese e dai prodotti dei Paesi in via di sviluppo, che oggi utilizzano tecnologie a forte impatto ambientale ma che iniziano a muoversi anche loro in questa direzione». La produzione del Mater-Bi ha vantaggi anche dal punto di vista dei gas serra. Il prodotto, infatti, nasce da risorse rinnovabili di origine agricola, riduce il consumo di energia e di risorse non rinnovabili e si inserisce in un ciclo naturale nel quale le materie prime di origine agricola tornano alla terra attraverso processi di biodegradazione o compostaggio senza il rilascio di sostanze inquinanti.