Vorrei essere una donna da spot - Osservatorio sull`immagine dei

Transcript

Vorrei essere una donna da spot - Osservatorio sull`immagine dei
L’OSSERVATORIO
sull’immagine dei minori
Promosso
IIMELDE
PINCO
PALLINO
& STEFANO CAVALLERI
“Vorrei essere una donna da spot”
La pubblicità produce i modelli per la spot generation
Daniela Brancati - Coordinatrice Osservatorio
I preadolescenti sognano di diventare come i protagonisti dei filmati pubblicitari, anche se sanno di
non poterlo essere.
Le femmine subiscono più dei maschi i modelli comportamentali della pubblicità che indica loro
una modalità sociale più di quanto influisca direttamente sui consumi.
Premessa
L’Osservatorio sull’immagine dei minori in tv e pubblicità, giunto al suo quarto anno di attività, ha
puntato l’obiettivo su alcuni spot andati in onda nel momento di massimo ascolto della televisione,
quello della prima serata, in cui anche i bambini sono generalmente davanti alle tv.
Abbiamo scelto di non analizzare programmazioni a loro dedicate, quelle nella fascia pomeridiana:
proprio perché dedicate è lecito supporre che le trasmissioni siano correttamente studiate e
realizzate
purtroppo nella realtà i bambini vedono spessissimo la televisione in prima serata come gli adulti e con gli adulti
molti spot televisivi vanno in onda indifferentemente sia la sera che il pomeriggio.
Tipologia degli spot
Gli spot si dividono generalmente in due categorie: quelli maggiormente basati sulle informazioni e
quelli più basati sulle emozioni. Entrambi di solito hanno al centro il prodotto, ma con vistose differenze.
I primi (es. Rovagnati) costruiscono intorno al prodotto una storia più normale, vale a dire basata
sulla quotidianità, più coerente e più comprensibile.
I secondi puntano non tanto a farsi capire, quanto a farsi ‘adottare’ dallo spettatore, catturandolo grazie a emozioni forti. (es. Breil).
Grazie ai primi, allo spettatore è chiaro quali bisogni può soddisfare (l’appetito con gusto nel caso
del prosciutto). Grazie ai secondi lo spettatore intuisce e ancor più interiorizza dei bisogni immateriali, quali essere accettati, costruirsi una personalità forte e aggressiva, essere un certo ‘tipo’ di persona (es.Breil).
L’aver scelto degli spot in settori tanto diversi e con linguaggi tanto diversi, ci permette di trarre alcune deduzioni.
Le domande
Alla base della nostra ricerca abbiamo posto alcune domande:
Cosa ne fanno i preadolescenti dell’esperienza di visione e relazione con la pubblicità televisiva?
Come integrano nel loro quotidiano ciò che vedono negli spot pubblicitari?
Come regolano la relazione tra il proprio mondo interno e i mondi rappresentati dalla pubblicità?
L’OSSERVATORIO - press office: tel. 035 4255156 - fax 035 4255456
e-mail: [email protected] - www.immaginedeiminori.it
1
L’OSSERVATORIO
sull’immagine dei minori
Promosso
IIMELDE
PINCO
PALLINO
& STEFANO CAVALLERI
Il messaggio pubblicitario sollecita nei preadolescenti pensieri che vanno oltre il contenuto dello
spot?
Quanto è alto il desiderio di possesso dell’oggetto pubblicizzato?
Esiste e quanto è intensa l’identificazione coi personaggi (ruoli) dello spot?
La pubblicità televisiva è luogo esperienziale, in cui i minori incontrano modelli di comportamen
to e potenziali immagini di sé?
Cosa pensano i bambini della pubblicità
Il linguaggio - Innanzitutto il linguaggio della pubblicità piace al pubblico dei preadolescenti preso
in considerazione. Tutti i dati rilevati stanno a dimostrarlo. La pubblicità piace e attrae perfino quando viene considerata un po’ noiosa. In realtà sembrerebbe di poter dire che ciò che i bambini definiscono noioso si riferisce alla quotidianità, alla familiarità della storia. Altri tipi di spot fanno largo uso
di suggestioni, di narrazioni fantastiche, chiaramente prive di riferimenti alla realtà del bambino ma
anche del mondo degli adulti a loro più vicini. In compenso spesso negli spot i protagonisti vivono
avventure eccitanti o piccoli problemi da risolvere come avventure e sfide. Questi spot fanno
ampio uso di velocità, aggressività, protagonismo. Tutte qualità divenute valori positivi nella società
contemporanea. Tutte modalità espressive che rendono meno chiare le storie, ma più attraenti gli
spot, che oltre tutto, essendo brevi si adattano perfettamente ai tempi di attenzione dei bambini. E
ancora a proposito di attenzione, la pubblicità di questo genere richiede continua e rinnovata
attenzione, perché la narrazione va avanti attraverso veloci movimenti sullo schermo che spesso
non seguono una narrazione coerente a quanto offrirebbe la realtà e perciò chiede una altrettanto continua risposta dello spettatore. Il sistema nervoso si attiva infatti a ogni cambio di scena, di
inquadratura, all’aumento del volume della musica, a ogni salto narrativo. Inoltre i preadolescenti
‘assorbono’ i messaggi e modelli della pubblicità che passa attraverso una ‘confezione’ molto gradevole e una successione di immagini e suoni che sopraffanno quelli precedenti senza lasciare
vuoti, ovvero tempi di riflessione.
D’altronde ci sono alcuni spot che anche per gli adulti non sono di immediata comprensione, ma
non per questo sono meno interessanti. Infatti il linguaggio adottato è quello molto sintetico delle
immagini, tendente a emulare il linguaggio giovanile dei teen-ager. Linguaggio oggi ampiamente
influenzato dall’uso delle nuove tecnologie, che prevedono messaggi molto brevi e spesso con uso
di neologismi.
Secondo i preadolescenti che hanno svolto i test, gli spot proposti appaiono nella maggior parte
dei casi assai comprensibili, anche se ne colgono la distanza con la realtà. Inoltre i valori di gradimento rispetto agli indicatori noioso/divertente, sgradevole/invitante sono fortemente orientati
verso i poli positivi. D’altra parte la stessa atmosfera di felicità, spensieratezza e successo e la frequente decontestualizzazione degli spot forniscono ai bambini una visione rassicurante del mondo
che lo fa preferire a quello reale, fatto di tensioni, rapporti difficili con adulti e comunità dei pari.
È interessante notare come, indipendentemente dal fatto che la pubblicità sottoposta possa persino essere giudicata “noiosa” (il caso Rovagnati), resti comunque “invitante”, conservando inalterata la sua capacità di catturare l’attenzione dell’utente di questa fascia d’età.
Identificazione - L’altro elemento di rilievo emerge dall’insieme dei dati raccolti in risposta al gruppo di domande: “quanto vorresti essere il personaggio, chi vorresti essere, quanto potresti essere”.
Questo gruppo di questioni riguarda i processi di identificazione, il che rende particolarmente interessanti le risposte.
L’OSSERVATORIO - press office: tel. 035 4255156 - fax 035 4255456
e-mail: [email protected] - www.immaginedeiminori.it
2
L’OSSERVATORIO
sull’immagine dei minori
Promosso
IIMELDE
PINCO
PALLINO
& STEFANO CAVALLERI
Il desiderio di identificarsi con il/la protagonista raggiunge sempre livelli molto elevati, ovvero tutti i
preadolescenti intervistati dimostrano di avere grande desiderio di interpretare nella vita ruoli e
modelli suggeriti dagli spot televisivi.
Perlopiù le bambine sembrano avere aspirazioni molto plasmate sui modelli proposti. La spiegazione può essere molteplice. Innanzitutto spesso, sempre più spesso le protagoniste degli spot televisivi sono donne, sia in ruoli tradizionali, sia in ruoli trasgressivi, sia in ruoli più aderenti alla realtà contemporanea.
In secondo luogo le femmine sono spesso destinatarie dei messaggi promozionali anche quando
non ne siano protagoniste, in quanto è generalmente a loro che i prodotti vengono offerti.
Infine i modelli femminili che vengono proposti dalla televisione spesso coincidono con i modelli
femminili proposti dagli spot: donne bellissime, protagoniste, a volte aggressive, nessuna delle quali
svolge una normale professione in un normale ambiente di lavoro.
Tuttavia in qualche caso, come accadde per lo spot Breil, si supera persino il confine dei generi, dal
momento che anche i maschi vorrebbero essere come i protagonisti. In altri casi, come accade in
Vodafone, si elegge a modello anziché il protagonista dello spot il testimonial tradizionale del prodotto Megane Gale, che non è più l’incontrastata star dello spot ma è pur sempre assai identificabile con il marchio.
È interessante notare che i bambini vorrebbero essere i protagonisti degli spot perfino quando ne
riconoscono l’impossibilità reale, quando cioè hanno ben chiaro che la finzione è impraticabile per
loro.
Naturalmente questo è proprio l’obiettivo della pubblicità: creare bisogni psicologici che trascinino
il prodotto. “Se vuoi essere come il protagonista – dice lo spot – basta entrare a far parte della
comunità che usa il tal prodotto”. La pubblicità quindi, anche se apparentemente slegata da
situazioni reali, non tradisce la sua missione che è appunto quella di catturare il consenso e volgerlo in benevolenza e/o desiderio verso il prodotto o il marchio.
Paradossalmente il problema si accentua proprio con le nuove tecniche pubblicitarie. Mentre gli
spot del passato erano centrati sull’equazione: “hai un bisogno risolvilo con il consumo”, quelli
attuali sono fortemente motivazionali, più che informativi. Puntano a stupire e impressionare, a creare un tipo di bisogni che in sostanza dicono: “vuoi essere come lei/lui? Basta consumare il tal prodotto”. Siamo passati quindi dalla pubblicità che induceva consumi creando bisogni, alla pubblicità che induce consumi creando modelli sociali e di comportamento.
Bisogna anche dire che una certa dose di aggressività, trasgressività e anticonformismo sono insite
nella tecnica pubblicitaria. A fronte di un enorme numero di comunicati commerciali la prima esigenza di un pubblicitario è farsi notare, il che richiede la creazione di situazioni insolite, controcorrente. La seconda è mantenere l’attenzione, il che richiede la creazione di emotività verso la narrazione.
Questi elementi sono quelli che fanno dire ai bambini-preadolescenti che la pubblicità è attraente.
Questi elementi ripetuti per le moltissime volte al giorno che costituiscono la programmazione di uno
spot creano il modello di comportamento, il bisogno del bambino di uniformarsi a quel modello per
sentirsi inserito, il consenso verso un comportamento che in sé potrebbe essere sconsigliato da genitori e o educatori. L’adesione a questo modello, unita alla consapevolezza che è un modello inarrivabile, può creare gravi frustrazioni nel preadolescente.
È evidente che, quanto più la pubblicità ‘strilla’ per rendersi visibile agli occhi del pubblico, tanto
più è trasgressiva. La trasgressività, mediata da una mente formata dall’esperienza, può essere considerata semplicemente divertente o inconsueta. Se questa mediazione non c’è per la giovane
L’OSSERVATORIO - press office: tel. 035 4255156 - fax 035 4255456
e-mail: [email protected] - www.immaginedeiminori.it
3
L’OSSERVATORIO
sull’immagine dei minori
Promosso
IIMELDE
PINCO
PALLINO
& STEFANO CAVALLERI
età, può far ritenere che i comportamenti di quel tipo siano la norma.
La finzione e la realtà. Un dato altrettanto rilevante e piuttosto nuovo, è che i preadolescenti sembrano in grado di riconoscere la distanza fra finzione e realtà. Infatti al quesito "quanto, in realtà,
potresti essere il personaggio scelto?" la tendenza è di rispondere “poco”. Tuttavia il dato in sé non
ci dice se questo riconoscimento sia rivelatore di un’autentica consapevolezza o di potenziali frustrazioni. La frustrazione di sentirsi diversi dai protagonisti degli spot può perfino creare una ferita narcisistica se altri bambini o ragazzi sono invece in possesso dello status simbol del momento. Per non
parlare del confronto tra la propria vita, il proprio ambiente familiare e quello perennemente brillante e glamourous, privo di tensioni, a parte quelle risolvibili attraverso il consumo, in cui si muovono i protagonisti degli spot, coetanei degli spettatori.
Infine, la pioggia di pubblicità cui sono sottoposti i bambini ha anche l'effetto di promuovere, inconsapevolmente, giorno dopo giorno, esposizione dopo esposizione, una mentalità materialistica:
valori, felicità, rapporti personali sono tutti legati al possesso di qualcosa e se non si possiedono i prodotti di moda in quel momento ci si sente inquieti, infelici, incompleti.
La terza via. È molto interessante notare come l’atteggiamento del pubblico preso in esame cambi
completamente in presenza di un genere di spot totalmente diverso, quale quello dell’Enel. Questa
società ha scelto una strada del tutto diversa, e ancora troppo poco frequentata dai pubblicitari
italiani, quella dell’ironia. Il messaggio di uno spot interamente giocato sull’ironia (potente strumento di distacco), fa leva sulle facoltà intellettuali e non esclusivamente sulla sfera emozionale (Enel),
viene immediatamente decodificato e non produce che in scarsa misura aspirazioni all’identificazione. In gran parte degli altri casi infatti, quando la sfera emozionale è fortemente sollecitata, i
preadolescenti riconoscono negli spot innanzitutto il significato morale, spesso stereotipato, mentre
le risposte che riguardano il valore del prodotto in sé sono presenti in misura inferiore. Ed è proprio
questo eccesso valoriale che contribuisce a rinsaldare, se non a generare, il processo di identificazione.
Il nag factor: più debole. Già in una precedente ricerca avevamo sottolineato come il desiderio di
imitazione derivato dagli spot rischi di incrinare il rapporto genitori-figli. Infatti la televisione diventa
il luogo dell’esperienza, dell’apprendimento dei modelli, il che toglie autorevolezza e sicurezza ai
genitori, i quali si trovano a volte a cedere a richieste che non trovano corrette da parte dei figli, o
per stanchezza, o presi da sensi di colpa, o magari nel timore che il figlio possa sentirsi diverso rispetto ai compagni.
I bambini a loro volta si abituano a gratificarsi attraverso il consumo, con il rischio di assumere una
visione materialista della vita in cui le soddisfazioni non derivano dal perseguimento di scopi sociali
e valoriali, ma dal puro ottenimento di beni materiali. La novità che questa ricerca ci segnala è in
un maggior riconoscimento dell’azione educativa di genitori e insegnanti. E una minor pressione dei
figli sui genitori per ottenere i prodotti pubblicizzati.
Nota bene: l’intervento dell’Osservatorio - in collaborazione con scuola e con la famiglia, reputati
dai bambini stessi luoghi privilegiati dell’apprendimento - è a sostegno dello sviluppo di una visione
critica degli stimoli che bambini-preadolescenti ricevono dalla pubblicità. E di un confronto fra
coloro che della pubblicità sono utenti e quelli che la pensano, la creano, la utilizzano come strumento di marketing.
L’OSSERVATORIO - press office: tel. 035 4255156 - fax 035 4255456
e-mail: [email protected] - www.immaginedeiminori.it
4