inserto dedicato agli esami di Stato

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inserto dedicato agli esami di Stato
ESAMI CONCLUSIVI
GLI ESAMI DI STATO DEL 2005
Per la preparazione dei futuri candidati, le analisi delle prove d’esame dello scorso giugno
costituiscono materiale didatticamente spendibile nella seconda parte dell’anno
Italiano
Tipologia A: Analisi del testo
Claudia Villa
LA TRACCIA MINISTERIALE
ANALISI DEL TESTO
Dante Alighieri, Commedia, Paradiso, XVII, vv.106-142 (ediz. nazionale, 1967).
L’avo Cacciaguida indica a Dante il dovere di proclamare le verità, anche se scomode. Nel brano parla per primo Dante, Cacciaguida risponde.
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«Ben veggio, padre mio, sì come sprona
lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona;
per che di provedenza è buon ch’io m’armi,
sì che, se loco m’è tolto più caro,
io non perdessi li altri per miei carmi.
Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi levaro,
e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s’io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume;
e s’io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico».
La luce in che rideva il mio tesoro
ch’io trovai lì, si fé prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d’oro;
indi rispuose: «Coscïenza fusca
o de la propria o de l’altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca.
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov’è la rogna.
Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta.
Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d’onor poco argomento.
Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l’anime che son di fama note,
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più si abbatte
per la qual cosa
altri luoghi di rifugio a causa dei miei versi
dalla cui bella vetta
mi innalzarono fin qui
sarà di aspro sapore
e d’altra parte
di non vivere nella memoria
dei posteri
Chi ha la coscienza sporca
non è piccolo motivo di onore
Perciò... in questi cieli ruotanti
soltanto
La prova di italiano proposta per il 2005 obbliga lo studente
ad affrontare uno dei luoghi più importanti della Commedia, collocato in posizione pressoché centrale all’interno del
Paradiso, dove reca il numero XVII. La numerazione ha una
sua precisa rilevanza quando si osservi che anche in Inferno
e in Purgatorio, secondo una tecnica di narrazione governata
da un impianto di numeri, i canti che recano il numero XVII,
posti al centro di ognuna della tre cantiche, acquistano un risalto particolare, perché disegnano tempi di pausa e di sospensione, nello spazio fra due serie ben strutturate ed autonome, presentate secondo la tecnica di incontri continui con
personaggi diversi.
Nel canto XVII dell’Inferno il viaggio a piedi in compagnia di
Virgilio, si interrompe con la discesa sulla groppa di Gerione, che vistosamente spezza il percorso e agevola l’impossibile spostamento verso il basso, dai cerchi della città di Dite
ai fossi di Malebolge.
Nel Purgatorio il canto XVII, collocato puntualmente a metà
della Commedia perché è il numero cinquantuno dei cento
che formano l’opera, stabilisce una pausa nell’ascesa dal terzo al quarto girone, secondo un programma che prevede la
successione dei sette peccati capitali, con la rassegna di superbi, invidiosi, iracondi, accidiosi, avari, golosi, lussuriosi:
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che l’animo di quel ch’ode, non posa
né ferma fede per essempro ch’aia
la sua radice incognita e ascosa,
né per altro argomento che non paia».
Continuando il suo viaggio nel Paradiso, Dante, guidato da Beatrice, è giunto (canto XIV) nel cielo di Marte, nel quale sono raccolte le anime di coloro che hanno combattuto per la fede: qui incontra (canto XV) l’anima del suo antenato Cacciaguida. Questi
saluta il suo discendente con grande affetto e dapprima (canto
XVI) gli descrive la vita, a suo dire pacifica e onesta, della Firenze
del suo tempo. Poi Cacciaguida si sofferma (canto XVII) sul destino che aspetta Dante: la condanna politica e l’esilio. Il poeta si mostra (versi 106-120) turbato ed esitante: teme di dover subire molte persecuzioni anche in esilio, ma d’altra parte aspira ad essere ricordato dai posteri come uomo veritiero e schietto. Il dialogo prosegue con la risposta di Cacciaguida.
1. Comprensione del testo
Parafrasa con parole tue l’intero testo dantesco, inserendo le spiegazioni che ti sono date a margine in corsivo. (Per comprendere
qualche parola di uso antico consulta un dizionario). Sulla base di
questa comprensione del testo, procedi poi all’analisi dei suoi caratteri rispondendo alle domande seguenti.
2. Analisi del testo
2.1 In quali versi rivolti al suo avo Dante mostra maggiori segni di
debolezza? Individuali e commentali.
2.2 In quali versi Dante richiama le tappe del suo viaggio? Con
quali termini descrive i tre «regni» dell’oltretomba?
2.2 Più avanti, anche Cacciaguida richiama quei tre ambienti: in
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v. 76
Noi eravamo dove più non saliva
la scala su, ed eravamo affissi,
pur come nave ch’alla piaggia arriva.
E io attesi un poco...
La sospensione permette a Virgilio di rispondere alla domanda di Dante con l’ampia spiegazione sulla natura dell’amore; per preparare il lettore ad intendere meglio le ragioni della seconda parte della cantica, dove avverrà l’incontro e il ricongiungimento con Beatrice, nuova guida del
viaggio e pur sempre oggetto del pellegrinaggio d’amore
intrapreso dal poeta.
Nel Paradiso il canto XVII, dedicato al lungo dialogo con
l’avo Cacciaguida, contiene, con la profezia dell’esilio, anche il programma del futuro politico e poetico di Dante,
amico della verità e banditore della giustizia, secondo uno
dei sensi profondi di tutta la sua opera.
Il percorso imposto allo studente dagli estensori della traccia ipotizza quindi una conoscenza assai approfondita del-
perché l’animo di chi ti ascolta
se usi esempi
di origine ignota e oscuri
o argomenti poco evidenti
quale ordine li nomina? Confronta le due serie di termini e il
loro ordine, che dà un significato alla diversa posizione dei
due personaggi.
2.3 Quando allude alle critiche e accuse che i suoi versi lanciano
contro i potenti, Dante usa una ricca serie di termini figurati:
individuali e commentali.
2.4 Quali termini Dante usa per indicare l’anima beata del suo antenato e descriverne l’atteggiamento? Nei canti precedenti, in
cui avviene l’incontro, Dante parla di una croce fatta di tanti
punti luminosi in continuo movimento.
2.5 Le parole messe in fine di verso e in rima acquistano maggiore forza. Quali, tra queste parole, ti sembrano più cariche di significato?
2.6 Sai descrivere la struttura metrica delle terzine dantesche?
3. Approfondimenti
Dante dichiara, nei versi 118-120, che tiene molto ad acquistare fama tra i posteri. Il poeta può sembrare vanitoso, ma in realtà vuole sottolineare l’importanza che sempre si deve riconoscere a chi
cerca di svelare il male del mondo, perfino correndo dei rischi personali. Sviluppa l’argomento e richiama anche altri casi a te noti,
di scrittori o artisti o pensatori o altri ancora, che secondo te hanno fatto, con piena consapevolezza, questo dono agli altri uomini.
Illustra in particolare la funzione che Dante ha avuto per la coscienza politica, culturale e linguistica degli Italiani e per la coscienza morale individuale dei suoi lettori.
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la Commedia, delle tecniche narratologiche e delle strategie
di richiamo continuamente impiegate da Dante, abituato a
manifestare il suo talento narrativo con la costruzione di
simmetrie sapientemente articolate.
Così vale la pena di controllare come Dante usi soltanto due
volte il lemma «carmi» in rima: nel v. 111 «io non perdessi li
altri per miei carmi» e in Purg. XXII, 57: «disse il cantor dè
bucolici carmi», riferito naturalmente a Virgilio nel momento in cui in Purg. XXII, si appresta a riconsiderare, con Stazio,
il canone dei grandi poeti della classicità. Bisogna poi sottolineare come solo qui venga impiegata la rima «usca» nella
forte e incisiva affermazione di Cacciaguida:
sì t’insusi» ricuperando il lemma già beffardamente impiegato per il dannato simoniaco in Inf. XIX 120: «forte spingava con ambo le piote»; e chiudendo con il neologismo «insusi», costruito con l’avverbio «suso», secondo una pratica che
ha un precedente in Parad. X, 48 dove «insemprare» è neoformazione da «sempre». Quindi, per completare e rinforzare
una nobilissima esortazione alla verità, pronunciata da Cacciaguida: «rimossa ogni menzogna, tutta tua vision fa manifesta» ricorre alla formula plebea e triviale «e lascia pur grattar dov’è la rogna» (v. 129).
Nel gruppo di terzine che segnano la fine del colloquio con
l’avo è agevole sottolineare le capacità di Dante, preparato a
trascorrere rapidamente dalle espressioni elegiache, prelevate dal lessico dello stilnovismo, alle più impegnate formule
... «Coscïenza fusca
O della propria o dell’altrui vergogna
Pur sentirà la tua parola brusca»
Se molti elementi fissano l’attenzione su questo incontro con
l’avo, converrà poi rilevarne la forte valenza profetica, anticipata dagli esempi forniti al lettore. La percezione della luce di Cacciaguida, un lume che si stacca dalla croce luminosa, formata dai beati combattenti per la fede, è resa con un
paragone di grande ripercussione emotiva, tale da ricuperare la citazione del pius Enea in Inf. II, 32: «Io non Enea, io non
Paulo sono»:
sì pia l’ombra d’Anchise si porse,
se fede merta nostra maggior musa,
quando in Eliso del figlio s’accorse (Parad. XV, 25-27)
Le prime parole di Cacciaguida (Parad. XV, 28-30) sono un
bell’esempio degli impegni stilistici danteschi, nell’uso del
latino, con formule prelevate dal VI libro dell’Eneide:
«O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Deï, sicut tibi cui
bis unquam coeli ianüa reclusa?
«Sanguis meus» è esatta ripresa della forma usata da Anchise in Aen. VI, 835, quando si rivolge al suo ultimo discendente, cioè a Giulio Cesare: e l’intensa allusione al rappresentante del potere imperiale, simbolo dei destini provvidenziali di Roma, anticipa il senso di un colloquio dal quale
Dante trarrà i segni del suo destino.
Il lungo dialogo con l’antenato offre peraltro a Dante l’occasione di servirsi, secondo il suo costume, di stili diversi, trascorrendo dalla formula altissima dell’introduzione in latino, letteralmente prelevata dall’Eneide, a espressioni più colloquiali e familiari, in accordo con una attitudine insieme mimetica e sperimentale che percorre tutta la Commedia. Perciò, nel canto XVII, costruisce il v. 13 «O cara piota mia che
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Paradiso, XV. Xilografia da un’edizione della Divina Commedia del
1491. Bergamo, Biblioteca A. Mai.
con le quali si sforza di narrare la luce. Così dichiara, celebrando gli occhi di Beatrice, come nelle rime giovanili:
Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi della mia donna mi levaro,
mentre si impegna a ridare al lettore lo scintillio di Cacciaguida con la complessa e audace invenzione della luce in cui
ride il tesoro, cioè il topazio che gli era apparso in Parad. XV,
85 «Ben supplico io a te, vivo topazio»:
La luce in che rideva il mio tesoro
ch’io trovai lì, si fè prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d’oro.
La cifra stilistica di Dante, l’inquieto sperimentalismo che si
realizza in uguale misura in tutta la Commedia e che nel Paradiso si concentra sulla volontà di dire l’indicibile, raccogliendo
e sfruttando ogni possibilità lessicale fornita da linguaggi tecnici e settoriali, sostiene, nel colloquio con l’antenato, il peso di
una ben congegnata materia, dove il poeta concentra emozioni personali e familiari e programmi poetici universali.
Oggetto della rivelazione di Cacciaguida è stato, nelle
terzine precedenti, l’elenco delle diverse fasi dell’esilio: la
«compagnia malvagia e scempia», la necessità di fare
«parte per te stesso», il «primo ostello» presso «il gran
Lombardo», la magnificenza di Cangrande della Scala.
Ma a Dante, più che il catalogo delle diverse tappe lontano dalla patria, sembra soprattutto importare il destino legato alla risonanza della sua opera, secondo una preoccupazione che appare costante già dalla prima cantica,
quando si appresta a giurare sulla commedia (Inf. XVI,
127-129):
e per le note
di questa comedía, lettor, ti giuro,
s’elle non sien di lunga grazia vòte...
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Peraltro l’invito di Cacciaguida appare esplicito: «rimossa ogni
menzogna, tutta tua visïon fa manifesta». L’esortazione dell’avo impone a Dante a un resoconto fedele di quanto gli è stato
rivelato, per fornire un cibo sostanziale a quanti lo leggeranno:
Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nutrimento
lascerà poi, quando sarà digesta.
Il «vital nutrimento» attiva un complesso sistema di immagini,
richiamando, con l’idea del pane degli angeli, anche i paragoni evangelici prelevati dalla dimessa esperienza del più semplice ed essenziale fra gli alimenti; e conferma la forte vocazione dantesca, già manifestata nell’introduzione del Convivio, all’organizzazione di una mensa del sapere dove egli intende
spezzare il pane della scienza. Questa attitudine a partecipare
il proprio sapere e la propria competenza, piegando la poesia
all’impegno per la realizzazione della giustizia, nel messaggio
affidato a carmi, costruiti per essere eterni, sostiene la singolare volontà di Dante e ne denuncia le aspirazioni più segrete:
perché il poeta, seguendo la sua ispirazione di vate, quindi vaso di una divinità (secondo l’etimologia mediolatina), intende
raggiungere i territori in cui gli antichi collocavano le stesse
origini della poesia, il mitico Parnaso abitato dalle Muse:
Paradiso, XVI. Xilografia da un’edizione della Divina Commedia del
1491. Bergamo, Biblioteca A. Mai.
Il dubbio e la tentazione del silenzio potrebbero infatti
compromettere la sua sopravvivenza presso i posteri:
e s’io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico.
La prevedibile risposta di Cacciaguida esorta Dante a non
avere timore neppure dei potenti, anche suggerendo una
possibile ragione degli incontri con personaggi ben conosciuti e ancora famosi nel mondo dei vivi, ai quali deve essere rivelata la sentenza suprema e inappellabile che ha giudicato,
in modo definitivo, uomini variamente illustri sulla terra.
Così lentamente, nelle domande di Dante e nelle esortazioni del suo antenato, si distillano anche le logiche profonde
e le più celate ambizioni letterarie della Commedia. L’uso
del lemma «carmi» per indicare il poema, accosta la Commedia al grande modello costituito dall’Eneide; e automaticamente la colloca accanto agli ammirati prodotti dei poeti
ai quali Dante si è unito, per entrare nel nobile castello del
Limbo, «sesto fra cotanto senno». Il poema, che Dante stesso dirà «sacro» in Parad. XXV, 1, ambisce a collocarsi accanto agli esemplari prodotti della classicità.
O buono Apollo, all’ultimo lavoro
fammi del tuo valor sì fatto vaso,
come dimandi a dar l’amato alloro.
Infino a qui l’un giogo di Parnaso
assai mi fu; ma or con amendue
m’è uopo intrar nell’aringo rimaso. (Parad. I, 13-18)
Scegliendo di scrivere un poema capace di eternarsi per il
suo valore normativo, Dante rifletteva sui luoghi dell’Ars
poetica in cui Orazio, descrivendo i princípi della poesia,
spiegava che le Muse sottrassero gli uomini alla dimensione
ferina quando ispirarono la poesia di Anfione e di Orfeo. Allora si posero le grandi interdizioni al consumo di carne
umana e agli accoppiamenti disordinati e, con la fine del cannibalismo e dell’incesto, gli uomini appresero dai poeti le
prime regole della civiltà. Se dunque la poesia è sacra, in
quanto capace di generare le leggi e le norme che consentirono agli uomini l’abbandono della vita ferina, il poeta appare veramente ispirato da Dio: e in tal senso non può sottrarsi all’impegno morale della verità.
Questa concezione altissima dell’esperienza poetica, che
Dante ereditava dalla grande riflessione classica, emerge con
assoluta evidenza nel lascito morale di Cacciaguida al suo
discendente e nel profetico annuncio:
Questo tuo grido farà come vento
che le più alte vette più percuote;
e ciò non fa d’onor poco argomento.
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L’immagine del vento come energia distruttrice e insieme vitale riconsegna al lettore, fra amore e potere, l’idea della forza travolgente – e però negativa – della bufera infernale di
Inf. V; e insieme le forme della potenza imperiale, nel gran
vento della casa di Svevia che aveva generato Federico II e
poi Manfredi, sorprendentemente restituito da Dante alla comunità degli spiriti destinati alla salvezza, dalla quale la
chiesa lo aveva escluso (Parad. III, 118-120):
Quest’è la luce della gran Costanza
che del secondo vento di Soave
generò il terso e l’ultima possanza
Perciò dunque la drammatica profezia di un esilio ingiusto e
durissimo: «Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente…»,
«Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui…» si trasforma
in un esemplare atto di fede nella forza rigeneratrice ed immortale di una poesia portatrice di verità e di riscatto.
L’incontro con l’avo Cacciaguida, soprattutto la memorabile
terzina in cui la voce del poeta «molesta nel primo gusto»,
sembra voler raggiungere l’intensità dei profeti biblici, nell’eco delle denuncie contro l’arroganza e le ingiustizie dei
potenti, possono essere evocati esemplarmente in molte situazioni della vita civile e politica, dove le assunzione di responsabilità impongono il dovere dell’esempio. In tal senso
vale perfino la pena di ricordare come la plaquette funebre
di Luigi Einaudi, presidente della Repubblica italiana, impegnato in quelle Prediche inutili che, inascoltate, avrebbero dovuto fornire una traccia di buongoverno, si apra con la citazione di questa amatissima terzina dantesca
Il canto di Cacciaguida, che più e meglio di altri permette
una discesa nei diversi livelli di senso assegnati da Dante
alla sua commedia, impegna in un difficile esercizio e presenta le molte difficoltà di interpretazione collegate alla concentrata sintesi dei notevoli temi esistenziali affrontati dal
poeta, che nella realtà fu segnato dall’esperienza dell’esule
politico, condannato per baratteria.
È peraltro indubbio come sia ancora necessario ricorrere a
Dante, quando si voglia impostare un discorso civile che si interroghi sul ruolo della letteratura, in generale, e della poesia,
in particolare, nella società degli uomini. Le ampie riflessioni
di Dante sul fare poesia, le implicazioni teoriche del suo procedere, gli appelli al lettore in luoghi altamente significativi invitano a queste indagini e permettono molti sottili confronti:
dagli omaggi e dai debiti stilistici della poesia contemporanea
del Novecento alle più importanti suggestioni esercitate su
poeti che, come Foscolo o Pascoli, scelsero anche di scriverne
o di commentarlo, appare il lungo dialogo che la letteratura
italiana fu costretta a mantenere con il primo dei suoi classici.
La Commedia è l’opera letteraria che, all’origine della nostra
letteratura in volgare, fondando la nuova lingua che ancor
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oggi usiamo, suggerisce esplicitamente di voler superare
qualsiasi contrapposizione fra le precedenti tradizioni giudaico-cristiana e greco-latina che, in ugual misura e con la
forza di esemplari riflessioni concettuali, contribuirono a formare e nutrire l’intellettuale Dante. Virgilio accompagna
Dante in un oltretomba che la cultura antica aveva cercato di
scrutare, sale con lui la montagna del Purgatorio, un luogo
sul quale la teologia cattolica cominciava allora a riflettere,
non senza forti riserve da parte dei cristiani ortodossi e che,
nell’idea di Dante appare custodito da Catone, il pagano suicida per impegno di libertà; mentre l’esercizio della giustizia, secondo la formula «Diligitis iustitiam qui iudicatis terram» (Parad. XVIII, 91-93) conducono il troiano Rifeo e il romano Traiano fino all’occhio dell’aquila, nel cielo di Giove.
Il senso profondo della libertà morale e intellettuale, affidata
alle parole di congedo di Virgilio al suo discepolo: «libero,
dritto e sano è tuo arbitrio e fallo fora non fare a suo senno»,
si allea all’aspirazione fortissima verso una giustizia suprema e una fede assoluta nella forza rigeneratrice e profetica
della poesia ispirata dalle Muse.
Oltre l’impegno etico e politico è peraltro opportuno ricordare quanto la Commedia, che trae il suo titolo da un genere poetico ben codificato, si riveli, ad una analisi approfondita, una riscrittura di tutte le storie pagane e cristiane già
precedentemente narrate dagli autori con i quali Dante si pone in posizione di competizione, talora invitandoli al silenzio, perché non ne ha più invidia: «Taccia Lucano omai là dove tocca del misero Sabello e di Nassidio…Taccia di Cadmo
e d’Aretusa Ovidio» (Inf. XXV, 94 e 97). La volontà di riscrittura per la fondazione di nuovi archetipi è ben evidente
quando personaggi della cronaca contemporanea (da Francesca da Rimini a Ugolino della Gherardesca) scoprono la loro vera essenza rifacendo, in volgare, forme, strutture e parole dei loro remoti modelli latini, dalla Didone di Virgilio al
Tieste di Seneca. La grandezza di un classico si rivela spesso nella sua capacità di rinarrare una storia già scritta, rinnovandola e stravolgendola fino a trasformarla in un nuovo
esempio da copiare: in tal senso l’ «invidia» per le grandi
prove dei poeti predecessori si trasforma in uno stimolo a
ben fare e a ben produrre, traducendo in versi la propria idea
di poesia: secondo quanto avviene, per Dante, dopo il lungo
apprendistato presso Virgilio, fra Inferno e Purgatorio, nella
compiuta costruzione del Paradiso.
Una lettura del poema come resoconto di un pellegrinaggio
letterario teso al ricongiungimento con la propria Musa ispiratrice, dunque alla affermazione della propria voce poetica,
che condurrà ai vertici assoluti della ispirazione e insieme
della tecnica, nella esposizione del nulla, la perdita di sé in
Dio, amore assoluto (Parad. XXXIII), può quindi essere utile
per identificare i complessi meccanismi con i quali Dante
realizza il suo intento, ricuperando le molteplici fonti classiche e cristiane che, in una dimensione letteraria, precipitano
nelle riscritture del suo poema.
Claudia Villa
Università di Bergamo
Tipologia B
Redazione di un «saggio breve» o
di un «articolo di giornale»
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando i documenti e i dati che lo corredano.
Se scegli la forma del «saggio breve», interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base svolgi, argomentandola, la
tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Dà al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane
una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico
di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi
cui potrai dare eventualmente uno specifico titolo.
Se scegli la forma dell’«articolo di giornale», individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti
e costruisci su di essi il tuo «pezzo». Dà all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo).
Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque
colonne di metà di foglio protocollo.
1. Ambito artistico-letterario
Carlo Lottieri
Esempio di risoluzione
In ogni uomo vi è una spontanea tendenza a difendere la
propria libertà, e a rifuggire qualsiasi forma di oppressione e
costrizione. La dignità dell’esistenza è inscindibile dalla possibilità di optare tra il bene e il male, quale si esprime anche
nelle più piccole e apparentemente insignificanti decisioni
che delineano il tessuto della nostra esperienza quotidiana.
Oltre a ciò, quando incontriamo il nostro prossimo facciamo
esperienza della sua nobile alterità e – come mirabilmente afferma l’Ettore omerico – l’animo è turbato dalla riduzione in
schiavitù di un altro uomo: tanto più se è una persona che
amiamo e per la quale vorremmo un futuro di felicità.
Vivere è agire, e tale azione implica la libertà: la piena facoltà
a disporre di sé, della propria vita e del proprio tempo, dei
beni legittimamente detenuti. Proprio in questo senso un
grande scienziato sociale del ventesimo secolo, Ludwig von
Mises, ha evidenziato che la riflessione sulla società deve
muovere dall’esperienza dell’iniziativa individuale. Ogni
singolo è un homo agens e per tale motivo vi è un qualcosa di
profondamente naturale nella resistenza di fronte a quanti
esami conclusivi
vorrebbero normare tutto, organizzando e regolamentando
perfino nei minimi dettagli l’esistenza altrui.
Questa aspirazione «spontanea» alla libertà si declina però
in forme assai diverse entro i contesti culturali più disparati
e non è detto che sia sempre premiata dalle istituzioni. Tanto più che gli uomini di potere trovano nella libertà dei singoli un ostacolo, capace d’intralciare la loro volontà di potenza e la loro aspirazione ad essere i padroni del mondo.
Per questa ragione, succede spesso che la comprensione della natura autentica della libertà sia alterata da ideologie al
servizio di questo o quel sistema di dominio; e il declino dell’autonomia personale è accompagnato da una crescente incomprensione di ciò che è davvero la libertà stessa.
In particolare, gli ultimi secoli della storia di tradizione europea – con la nascita dello Stato moderno e la sua crescita impetuosa – hanno visto progressivamente ridursi gli spazi di libertà del singolo e delle istituzioni a lui più vicine: dalla famiglia alle comunità religiose, alle istituzioni educative. L’espansione dei poteri pubblici e, correlativamente, la compressione
della libertà individuale si sono realizzate con il quasi generale consenso degli intellettuali, dei letterati, degli artisti.
D’altro canto, ogni ordine oppressivo non potrebbe imporsi
né durare senza il sostegno di formule legittimanti e senza la
creazione di apparati ideologici che ne consolidino le posizioni. Nel corso del tempo, le classi politiche impostesi sulla
società (dall’ancien régime fino ai totalitarismi) hanno avuto
bisogno di circondarsi di giuristi, economisti e filosofi, ma
sempre più anche di letterati ed artisti.
Gli intellettuali dell’età moderna non hanno apertamente celebrato la schiavitù (un’eccezione in tal senso è Friedrich
Nietzsche, a cui va almeno riconosciuta una non comune
onestà intellettuale), né hanno avversato l’autonomia individuale in quanto tale. Piuttosto, non di rado essi si sono sforzati di esaltare una concezione della libertà che fosse funzionale all’epoca in cui vivevano, che sposasse gli interessi e la
cultura prevalenti all’interno del ceto politico, che valicasse
gli spazi – giudicati «angusti» – delle nostre piccole esistenze, per creare un pathos collettivo ed epocale facilmente incanalabile dai regimi vigenti.
È per questo motivo che, specie nell’Ottocento e nel Novecento, gli uomini di cultura quasi mai hanno servito le ragioni della libertà. Quello che è stato chiamato il «tradimento degli intellettuali» si è espresso in primo luogo in una progressiva presa di distanza dai diritti di una società chiamata
a resistere di fronte al potere e alla sua violenza distruttiva.
Al fine di cogliere tutto ciò può essere utile rifarsi alla distinzione, ormai classica, introdotta da uno studioso di
grandissimo valore come Benjamin Constant nel suo scritto
sulla libertà degli antichi (quale partecipazione alla collettività) e sulla libertà dei moderni (che è piuttosto la piena autonomia di un singolo, il quale si sottrae ad ogni dominio). Per
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esami conclusivi
LA TRACCIA MINISTERIALE
ARGOMENTO: L’aspirazione alla libertà nella tradizione
e nell’immaginario artistico-letterario
DOCUMENTI
Dolce consorte, le rispose Ettorre,
v’accompagna a l’iniqua tenzon;
ciò tutto che dicesti a me pur anco
voi che a stormo gridaste in quei giorni:
ange il pensier; ma de’ Troiani io temo
Dio rigetta la forza straniera;
fortemente lo spregio, e dell’altere
ogni gente sia libera, e pèra
Troiane donne, se guerrier codardo
della spada l’iniqua ragion.
mi tenessi in disparte, e della pugna
la vesta ch’al gran dì sarà sì chiara.
Se la terra ove oppressi gemeste
evitassi i cimenti. Ah nol consente,
preme i corpi de’ vostri oppressori,
no, questo cor. Da lungo tempo appresi
se la faccia d’estranei signori
ad esser forte, ed a volar tra’ primi
tanto amara vi parve in quei dì;
negli acerbi conflitti alla tutela
chi v’ha detto che sterile, eterno
della paterna gloria e della mia.
sarìa il lutto dell’itale genti?
Giorno verrà, presago il cor mel dice,
Chi v’ha detto che ai nostri lamenti
verrà giorno che il sacro iliaco muro
sarìa sordo quel Dio che v’udì?
e Priamo e tutta la sua gente cada.
A. Manzoni, Marzo 1821, vv. 41-64, 1848
Ma né de’ Teucri il rio dolor, né quello
d’Ecuba stessa, né del padre antico,
né de’ fratei, che molti e valorosi
«1. - [...] E se, come io dissi, era necessario, volendo vedere la virtù
sotto il ferro nemico nella polve
di Moisè, che il populo d'Isdrael fussi stiavo in Egitto, et a conosce-
cadran distesi, non mi accora, o donna,
re la grandezza dello animo di Ciro, ch’e’ Persi fussino oppressati
sì di questi il dolor, quanto il crudele
da’ Medi e la eccellenzia di Teseo, che li Ateniensi fussino dispersi;
tuo destino, [...]
così al presente, volendo conoscere la virtù d’uno spirito italiano, era
Ma pria morto la terra mi ricopra,
necessario che la Italia si riducessi nel termine che ell’è di presente,
ch’io di te schiava i lai pietosi intenda.
e che la fussi più stiava che li Ebrei, più serva ch’e’ Persi, più diOmero, Iliade, libro VI
spersa che li
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
Ateniensi, sanza capo, sanza ordine; battuta, spogliata, lacera, corsa,
libertà va cercando, ch’è sì cara,
et avessi sopportato d’ogni sorte ruina.
come sa chi per lei vita rifiuta.
2. - [...] In modo che, rimasa sanza vita, espetta qual possa esser quel-
Tu ’l sai, che non ti fu per lei amara
lo che sani le sue ferite, e ponga fine a’ sacchi di Lombardia, alle ta-
in Utica la morte, ove lasciasti
glie del Reame e di Toscana, e la guarisca di quelle sue piaghe già
la vesta ch’al gran dì sarà sì chiara.
per lungo tempo infistolite. Vedesi come la prega Dio, che le mandi
Dante Alighieri, Purgatorio, I, vv. 70-75
qualcuno che la redima da queste crudeltà et insolenzie barbare. Vedesi ancora tutta pronta e disposta a seguire una bandiera, pur che
ci sia uno che la pigli».
N. Machiavelli, Il Principe, Capitolo XXVI, 1532
O stranieri, nel proprio retaggio
torna Italia, e il suo suolo riprende;
o stranieri, strappate le tende
da una terra che madre non v’è.
«Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le
Non vedete che tutta si scote
campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: – Viva la li-
dal Cenisio alla balza di Scilla?
bertà! –
Non sentite che infida vacilla
Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava da-
sotto il peso de’ barbari piè?
vanti al casino dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini
della chiesa: un mare di berrette bianche; le scuri e le falci che lucci-
O stranieri! Sui vostri stendardi
cavano. Poi irruppe in una stradicciuola.
sta l’obbrobrio di un giuro tradito;
– A te prima, barone! che hai fatto nerbare la gente dai tuoi campie-
un giudizio da voi proferito
ri! – Innanzi a tutti gli altri una strega, coi vecchi
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esami conclusivi
capelli irti sul capo, armata soltanto delle unghie. – A te, prete del
diavolo! che ci hai succhiato l’anima! – A te, ricco epulone, che non
puoi scappare nemmeno, tanto sei grasso del sangue del povero! – A
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento
S. Quasimodo, da Giorno dopo giorno, 1947
te, sbirro! che hai fatto la giustizia solo per chi non aveva niente! A
te, guardaboschi! che hai venduto la tua carne e la carne del prossimo per due tarì al giorno! –
E il sangue che fumava ed ubbriacava. Le falci, le mani, i cenci, i sassi, tutto rosso di sangue! – Ai galantuomini! Ai cappelli! Ammazza!
Ammazza! Addosso ai cappelli – [...]
E come l’ombra s’impiccioliva lentamente sul sagrato, la folla si ammassava tutta in un canto. Fra due casucce della piazza, in fondo ad
una stradicciola che scendeva a precipizio, si vedevano i campi giallastri nella pianura, i boschi cupi sui fianchi dell’Etna. Ora dovevano
spartirsi quei boschi e quei campi. Ciascuno fra sé calcolava colle dita quello che gli sarebbe toccato di sua parte, e guardava in cagnesco
il vicino. – Libertà voleva dire che doveva essercene per tutti!».
G. Verga, La libertà, da «Novelle rusticane», 1983
Su i quaderni di scolaro
Su i miei banchi e gli alberi
Su la sabbia su la neve
Scrivo il tuo nome
Su ogni pagina che ho letto
Su ogni pagina che è bianca
Sasso sangue carta o cenere
«Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come
la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro
paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida
ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. [...]
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla
coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non
dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in
violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose
vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.
Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta
la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come
prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro
libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà».
Martin Luther King, da I have a dream, 1965
Scrivo il tuo nome
Su le immagini dorate
Su le armi dei guerrieri
Su la corona dei re
Scrivo il tuo nome [...]
E in virtù d’una parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà
P. Eluard, Liberté, 1942, trad. F. Fortini
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze,
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
È una delle opere più note dell’artista. La libertà che guida il popolo
nasce in relazione ai moti rivoluzionari del luglio 1830, che rovesciarono il regno di Carlo X in soli tre giorni.
La tela è dominata dall’impeto travolgente del popolo che avanza
e che nessuna forza reazionaria potrà arrestare.
È, questo, un quadro nel quale è rappresentata con chiarezza l’ideologia liberale dei giovani romantici.
E. Delacroix, La libertà che guida il popolo. 28 luglio 1830
(olio su tela, Parigi, Louvre)
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esami conclusivi
* ASTERISCHIDIKappa*
*
Gli esami per «L’Osservatore
Romano»
Così «L'Osservatore Romano» sugli esami di Stato: «Non ha
senso chiamare un esercito di circa mezzo milione di
ragazzi a giocare per un giorno a fare i giornalisti, i saggisti
o gli strutturalisti quando, almeno in fatto di lingua, non ci
si è preoccupati di far loro raggiungere almeno quel
traguardo che una volta costituiva il requisito minimo per il
conseguimento della licenza elementare e cioè leggere e
scrivere correttamente e quando, oltretutto, fatte le dovute
ma ristrettissime eccezioni, i loro interessi e le loro
prospettive sono di tutt'altra natura». Non tanto perciò una
critica alle tracce, ma alla prova in sé che tradisce così la sua
funzione educativa con la richiesta di competenze
sofisticate quando prima non si sono curate le competenze
essenziali che la scuola ha il compito di assicurare a
ciascuno. Un parere così severo da non piacere neppure ad
alcuni pedagogisti cattolici. Corradini, presidente
dell'Uciim: «... meglio il saggio breve o un articolo di
giornale che certi polpettoni di temi della vecchia scuola
retorica. Io ho fatto il mio tema di maturità scimmiottando
De Sanctis. Per fortuna avevo qualcosa da dire».
Ma Benedetto Vertecchi, docente di pedagogia
sperimentale, sta questa volta dalla parte
dell'«Osservatore»: «Tutti i dati di comparazione
internazionale di cui disponiamo ci dicono che le cosiddette
competenze di base in Italia sono in crollo verticale.
L'ultima indagine Pisa sulle capacità di comprensione della
lettura ci colloca al ventiseiesimo posto su 29 paesi
industrializzati. Tra qualche settimana i ragazzi che hanno
fatto la maturità si presenteranno ai test di selezione
dell'università dove affronteranno una prova di
comprensione della lettura: gli atenei non si fidano degli
esiti degli esami di stato. Perciò il Vaticano ha ragione
quando dice che questa maturità non serve».
Constant, prima dell’età cristiana gli uomini non avevano
un’autentica concezione della libertà individuale, dato che –
nel mondo greco, ad esempio – la libertà era prevalentemente intesa in termini comunitari. L’uomo si compiva quale cittadino della polis: egli era nulla, e la città era tutto. Ma a seguito dell’annuncio cristiano quel quadro viene sconvolto e
le istituzioni sono divenute semplici strumenti al servizio
della persona e della sua dignità infinita.
Constant definì «moderna» questa visione della libertà (in
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contrapposizione con l’antichità greco-romana), ma è pur vero che gli ultimi secoli – a partire dal Rinascimento, e passando per i maggiori teorici della politica: da Machiavelli a
Rousseau – sono stati dominati da un continuo ritorno alle
logiche della classicità pagana. Sotto vari punti di vista, il
collettivismo novecentesco affonda le proprie radici nella riproposizione della libertà degli antichi e del suo disprezzo
per quanto è individuale. L’uomo concreto, in carne ed ossa,
declina proprio mentre la scena pubblica viene occupata da
astrazioni variamente collettive.
Questo spiega per quale motivo l’immaginario artistico-letterario – specie tra Otto e Novecento – sia dominato da concezione anti-liberali.
Il noto quadro di Eugène Delacroix (La libertà che guida il popolo) ci mostra un dato su tutti. Impersonificata dalla donna
a seno nudo, la Libertà tiene alta la bandiera nazionale, e
quindi finisce per essere una cosa stessa con la Francia e la
sua storia. Quella che ci viene proposta dall’artista è una
concezione della libertà di tipo nazionalista (à la Rousseau):
gli individui diventano cittadini di una nuova Sparta, semplici cellule di un organismo a più teste che è pronto a diventare Nazione, Classe, Collettività. La bandiera tricolore
guida una massa in armi e pare già pronta a condurla nelle
trincee di conflitti sanguinari ed inutili stragi.
Negli anni in cui Delacroix dipinge quell’opera, la cultura
politica dell’Europa sta conoscendo trasformazioni profonde. È significativo che i vari moti rivoluzionari, anche quelli
che interessano l’area italiana, dapprima si propongano di
strappare statuti e carte costituzionali ai regimi vigenti (con
l’obiettivo di estendere le libertà individuali), ma presto assumano connotazioni nazionaliste. A questo punto, al centro
della contesa non vi sono più le garanzie per gli individui e
le loro effettive libertà, ma la costruzione di unità politiche
su base etnica o ideologica.
L’Europa di un tempo, in cui un cardinale italiano come
Mazzarino poteva essere primo ministro a Parigi e lo stesso
poteva in seguito accadere al banchiere svizzero Necker,
scompare travolta da un’ideologia che oppone le diverse nazioni, prima, e le classi sociali, in seguito: si tratta di un nuovo modo d’intendere la società che mina l’universalismo
dapprima cristiano e poi illuminista per elevare alte barriere
tra quanti parlano lingue differenti e hanno distinte bandiere, o tra quanti hanno ruoli e redditi ineguali.
A seguito dell’esperienza romantica, la letteratura europea
testimonia ampiamente tutto ciò nel momento in cui è investita dal riproporsi della libertà degli antichi che assume
sempre più una connotazione «collettiva» della libertà. Questo spiega perché Alessandro Manzoni denunci «il peso de’
barbari piè», la «faccia d’estranei signori», la «forza straniera», gli «oppressori» delle itale genti. E non è troppo distante Salvatore Quasimodo in Giorno dopo giorno nel momento
in cui recupera un salmo per descrivere l’impossibilità a fare
poesia quando vi è un «piede straniero sopra il cuore».
I barbari di cui ci parla Manzoni in Marzo 1821, vale la pena
di ricordarlo, erano austriaci, sloveni o ungheresi, e quindi
sarebbero oggi nostri concittadini all’interno delle istituzioni
europee. Per giunta, erano soldati e funzionari di un Impero
sovranazionale destinato a diventare – per tanti aspetti – un
modello di civiltà e pluralismo culturale in mezzo all’Europa travolta dai veleni del nazionalismo. Fu un’istituzione
che ebbe molti limiti, ma che va giudicata non sulla base di
criteri viziati da inammissibili sciovinismi, ma sul grado di
libertà individuale che seppe o non seppe assicurare a quanti vivevano entro quei confini.
Anche i celebri versi del poeta francese Paul Éluard vanno
intesi in un contesto storico ben preciso. Per usare il titolo di
un libro scritto molti decenni fa dal filosofo marxista Galvano della Volpe, quella che Éluard canta è la «libertà comunista». La poesia è del 1942 e la libertà a cui il poeta francese
sta pensando è quella che era al centro della propaganda sovietica del tempo.
Un paio di anni prima, nella Parigi occupata dai nazisti si poteva acquistare in edicola il quotidiano L’Humanité (organo
del partito comunista francese), e questo in virtù del patto
Hitler-Stalin. Ma il tradimento della Germania – che ha attaccato l’Unione Sovietica e in tal modo ha rotto l’alleanza
con Mosca – ha portato gli intellettuali comunisti francesi a
dar vita a forze di opposizione e resistenza. Ancora una volta, però, non è la libertà dal potere che sta veramente a cuore
ai letterati e agli artisti, ma una sua parodia posta al servizio
di un partito, di uno Stato e di un sistema ideologico chiamati ad inaugurare – subito e con mezzi tutti umani – cieli e
terra nuovi.
Purtroppo, solo in situazioni eccezionali la cultura letteraria e artistica della tradizione europea ha saputo resistere
allo spirito del tempo e allo gnosticismo che ha pervaso la
cultura politica moderna. Più spesso, e con un’intensità crescente negli ultimi due secoli, essa si è schierata dalla parte
di quella Storia che nel corso del ventesimo secolo – come ha
mostrato Rudolph J. Rummel in Death by Government (recentemente tradotto in lingua italiana) – ha sacrificato ben 170
milioni di vite umane, sterminate a sangue freddo: vittime
innocenti di una violenza ideologica che mai, nel passato, era
giunta a tali livelli di barbarie.
In una storia prevalentemente tragica quale è quella che ha
segnato l’Europa nel corso del Novecento la parola «libertà»
è stata quindi posta al servizio, in troppi casi, di ideologie illiberali e oppressive. All’ingresso dei lager nazisti campeggiava quell’Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi) che violentava il senso autentico delle parole «lavoro» e «libertà», e
che introduceva quella povera gente in autentici inferni terreni in cui ogni diritto e ogni libertà venivano sistematicamente negati.
Commento alla prova
Il limite più grave della traccia è da riconoscere nel fatto che
i documenti proposti sovrappongono diverse e inconciliabili concezioni della libertà.
esami conclusivi
In tal modo, la libertà dell’individuo riconosciuto come «altro» (quale è definita nel passo omerico, ad esempio) è facilmente confusa con concezioni variamente collettiviste, in cui
la persona è nulla e la società è tutto. In tal modo è stato chiesto di parlare della libertà usando materiali che, soprattutto
per la carica nazionalista contenuta in alcuni di essi, suggerivano esiti diametralmente opposti.
Particolarmente inquietante è stata l’inclusione di un brano
di Nicolò Machiavelli, non soltanto anticipatore delle Religione civile repubblicana, ma autentico fondatore di quella
separazione tra la virtù in senso proprio e la virtù del Principe
che tante conseguenze nefaste ha avuto proprio nella costruzione del Leviatano moderno e nella negazione delle libertà
individuali.
Usare la parola «libertà» non basta. Meglio sarebbe stato dare spazio a brani più autenticamente affezionati alla libertà
della persona concreta: dal Manzoni dei Promessi Sposi a Carlo Cattaneo, ad Eugenio Montale; oppure – per uscire dai
confini italiani – dai volantini della Rosa Bianca alla letteratura del samizdat.
Per la preparazione della prova 2006
Per la prossima prova dell’esame scritto di Italiano, la traccia
di ambito artistico-letterario potrebbe confermare l’elemento
più interessante dell’ultima proposta: la sottolineatura della
dimensione storica e culturale di molte espressioni poetiche,
letterarie ed espressive.
In tal senso si potrebbe proprio mettere in evidenza ciò che
la prova del 2005 non ha evidenziato: e cioè il carattere
«ideologico» di tanta parte della letteratura e dell’arte del
Novecento. Da Carducci a De Amicis, da De Sanctis a D’Annunzio, da Gramsci a Marinetti, da Volponi al Gruppo ’63,
una larga parte delle opere maggiori e dei principali dibattiti sulla cultura artistica sono stati condizionati da motivazioni e logiche «militanti», che si ponevano obiettivi politici ben
precisi.
Potrebbe quindi essere interessante proporre una prova d’esame in cui il candidato mostri come nell’età del trionfo dello Stato e delle culture totalitarie anche i romanzi, la poesia e
i dibattiti sulla cultura letteraria siano stati colonizzati dal
potere statale (e partitico) e come solo una piena liberazione
dell’espressione umana da tutto ciò possa aprire una stagione nuova.
Carlo Lottieri
Università di Siena
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esami conclusivi
2. Ambito socio-economico
Maria Teresa Moscato
T
zione umana materializzata nei popoli «lontani», ma «consumatore» di viaggi organizzati, in cui la lontananza delle
culture è probabilmente neutralizzata dalla velocità degli
spostamenti, l’uniformità delle catene alberghiere in termini
di arredo e cucina, gli stessi ritmi da discoteca e di consumo
del divertimento, la stessa globalizzazione che trasforma reciprocamente le lontananze culturali in mercati turistici. La
diversità ridotta a folclore universale e perciò non più percepita e riconosciuta nella sua effettiva consistenza.
LA TRACCIA MINISTERIALE
ARGOMENTO: Il viaggio: esperienza dell’altro, formazione interiore, divertimento e divagazione, in una parola, metafora della vita.
DOCUMENTI
Todorov si chiede che cosa «non è un viaggio», e dichiara che
«il viaggio coincide con la vita», che sarebbe essa stessa null’altro che «un passaggio dalla nascita alla morte»; figura, il
viaggio, in cui il movimento nello spazio simboleggia «il passaggio del tempo», e lo spostamento fisico simboleggia il
cambiamento interiore che ci segna. Così inteso, il viaggio accompagna da sempre l’immaginario della nostra specie, e arriva a noi in infinite figure narrative depositate nelle culture.
«La felicità, che il lettore lo sappia, ha molte facce. Viaggiare, probabilmente, è una di queste. Affidi i fiori a chi sappia badarvi, e incominci. O ricominci. Nessun viaggio è definitivo».
J. SARAMAGO, Viaggio in Portogallo, Torino, 1999
«Che cosa non è un viaggio? Per poco che si dia un’estensione figurata a questo termine – e non ci si è mai trattenuti dal farlo – il
viaggio coincide con la vita, né più né meno: essa è forse altra cosa che un passaggio dalla nascita alla morte? Lo spostamento nello spazio è il primo segno... Il viaggio nello spazio simboleggia il
Il viaggiatore/turista
Molti autori sembrano tuttavia sottolineare soprattutto il
mutamento, che in questa nostra civiltà è intervenuto nei
simbolismi del viaggio: Magris, in un pezzo apparso sul
«Corriere» nel 2003, si richiama al mitico viaggiatore per eccellenza della tradizione occidentale, l’Odisseo/Ulisse, di
Omero e di Joyce, per sottolineare come i viaggiatori odierni
non «ritornino più a casa», ma piuttosto «si perdano nell’illimitato» come l’Ulisse dantesco. Magris pensa dichiaratamente alle masse che si spostano da un continente all’altro in
termini concreti, e non tanto al viaggio come condizione spirituale perenne (da qui il riferimento a Ulisse). Egli sembra
sottolineare come le «vertiginose condizioni del vivere», che
segnano la contemporaneità, abbiano stravolto la dinamica
interna del viaggio come esplorazione di sé e ritorno a se
stessi, attraverso l’esplorazione di mondi «altri» (era questa
la condizione dell’Ulisse/Odisseo omerico). Anche Todorov
sottolinea un mutamento radicale nella condizione spirituale del viaggiatore, oggi trasformatosi in «turista», più o meno frettoloso, rispetto ai viaggiatori antichi, intenzionati a
descrivere ai loro contemporanei e compatrioti i «popoli di
contrade lontane». Il viaggiatore/turista, incalzato dalla sua
stessa fretta, che si muove nei limiti delle sue «ferie retribuite», predilige osservare le cose e non gli uomini. Il turista, secondo Saramago, «segna con una croce» i luoghi visitati con
lo stesso atteggiamento con cui «il barbiere scuote l’asciugamano dicendo – Avanti un altro!». Insomma il viaggiatore/turista sarebbe un collezionista della visita, catturata dalla sua
macchina fotografica, e non più un viaggiatore che «vede»
con gli occhi del suo cuore; non più esploratore della condi40
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passaggio del tempo, lo spostamento fisico, a sua volta, il cambiamento interiore; tutto è viaggio».
T. TODOROV, Le morali della storia, Torino, 1995
«Oggi più che mai vivere significa viaggiare; la condizione spirituale dell' uomo come viaggiatore, di cui parla la teologia, è anche
una situazione concreta per masse sempre più vaste di persone.
Sempre più incerto, nelle vertiginose trasformazioni del vivere, appare il ritorno – materiale e sentimentale – a se stessi; l' Ulisse
odierno non assomiglia a quello omerico o joyciano, che alla fine
ritorna a casa, bensì piuttosto a quello dantesco che si perde nell' illimitato».
C. MAGRIS, Tra i cinesi che sognano Ulisse,
CORRIERE DELLA SERA, 12/12/2003
«Il bambino che amerà viaggiare comincia a sei anni a guardare i
mappamondi e le carte geografiche. Inginocchiato nella sua stanza, indifferente a qualsiasi richiamo della madre e del padre, segna
col dito la strada lunghissima che lo conduce per mare e per terra
da Roma a Pechino, da Mosca a Città del Capo, lungo gli andirivieni dei continenti e l’azzurro scuro e chiaro degli oceani. Sfoglia
le carte: si innamora del nome di Bogotà o di Valparaiso, immagina di violare foreste tropicali e deserti, di scalare l’Everest e il Kilimangiàro, come gli eroi dei suoi libri d’avventura. Così l’infinito
del mondo diventa famigliare e a portata di mano... Il ragazzo impara che, quando viaggiamo, compiamo sempre due viaggi. Nel
primo, il più fantastico, egli legge la guida dell’Austria o della Svezia o dell’Irlanda: città, fiumi, pianure, foreste, opere d’arte, notizie storiche ed economiche. E studia il viaggio futuro. Nulla è più
divertente che progettarlo: perché il ragazzo muta gli itinerari della guida, stabilisce nuovi rapporti, insegue luoghi sconosciuti,
giunge in Austria dalla Baviera o dalla Boemia, evita città o regio-
Lontananza e nostalgia:
ma da chi e da che cosa?
La velocità del viaggio turistico, e la sua breve durata, non
fanno emergere, probabilmente, due componenti del vissuto
universale su cui si sofferma, in un vecchio testo, M. Soldati:
la lontananza e la nostalgia. «La lontananza è in noi, vera
condizione umana... laggiù si sognava la patria come dalla
esami conclusivi
patria si sogna l’estero». Si tratta di vissuti concreti sempre
osservabili negli emigranti di tutte le generazioni, inclusa la
nostra: l’emigrante (che però non è soltanto un «viaggiatore») vive sempre “a mezza parete”, “fra due sedie”, fra no-
ni che non ama, stabilisce la durata dei percorsi, distingue mattine,
fisici, se l’intelligenza vuole e il cuore lo concede, possono assomi-
pomeriggi e sere. Le ore sono piene di cose: in una piazza di Vien-
gliare a splendidi incroci magnetici.
na si fermerà, chissà perché, quattro ore. Il tempo viene governato
Attraversare lo spazio eccita il tempo. Sarà per questo che, quando
da una gioiosa pedanteria. Quando inizia il viaggio, il ragazzo si ac-
parto, cerco sempre di trovare, innanzitutto, le ragioni del ritorno?
corge che la realtà non ha nulla o poco da fare coi suoi progetti fan-
Non erano così i viaggi del Novecento! Molti di quelli che li com-
tastici. Il paese che immaginava giallo è verde: quello che pensava
pivano avrebbero voluto smarrirsi in un altrove fantastico capace di
rosso è celeste. I due viaggi, quello fantastico e quello reale, quello
garantire, a poco prezzo e senza troppi disagi, chissà quali clamo-
delle guide e quello del mondo, ora si accordano, ora si combatto-
rose scoperte e fulgide ebbrezze... In classe abbiamo una bella carta
no».
geografica. Molti miei alunni, slavi, arabi, africani e asiatici, possoP. CITATI, Le guide delle meraviglie,
no considerarsi esperti viaggiatori. Hanno mangiato la polvere dei
LA REPUBBLICA, 28/12/2004
deserti, il catrame delle autostrade. Conoscono la vernice scrostata
delle sbarre doganali, i sonni persi con la testa appoggiata al fine-
«In definitiva, che modo di viaggiare è questo? Fare un giro per
strino dell’autobus, i documenti stropicciati fra le mani... Adesso
questa città di Miranda do Douro, questa Cattedrale, questo sacre-
sono loro a spiegarmi, con pazienza e lungimiranza, lasciando scor-
stano, questo cappello a cilindro e questa pecora, dopodiché segna-
rere il dito sulla mappa, le scalcinate periferie di Addis Abeba, la fo-
re una croce sulla mappa, rimettersi in marcia e dire, come il bar-
resta pluviale poco distante da Lagos, i mercati galleggianti di Dac-
biere mentre scuote l’asciugamano: “Avanti un altro”. Viaggiare do-
ca, gli empori di Herat, le feste di Rabat, gli scantinati di Bucarest.
vrebbe essere tutt’altro, fermarsi più a lungo e girare di meno, for-
Ed io compio davvero insieme a loro, senza pagare il biglietto, il gi-
se si dovrebbe addirittura istituire la professione del viaggiatore,
ro del mondo in aula».
solo per chi ha tanta vocazione, è di gran lunga in errore chi crede
E. AFFINATI, Viaggiare con il cuore,
che sarebbe un lavoro di poca responsabilità, ogni chilometro non
CORRIERE DELLA SERA, 4/2/2005
vale meno di un anno di vita. Alle prese con questo filosofare, il
viaggiatore finisce per addormentarsi, e quando al mattino si sve-
«Si vorrebbe sempre essere: essere stati, mai. E ci ripugna di non po-
glia, ecco davanti agli occhi la pietra gialla, è il destino delle pietre,
ter vivere contemporaneamente in due luoghi, quando e l’uno e l’al-
sempre nello stesso posto, a meno che non venga il pittore e se le
tro vivono nel nostro pensiero, anzi nel nostro sistema nervoso: nel
porti via nel cuore».
nostro corpo... Possiamo infatti metterci in viaggio. Ma mentre la
J. SARAMAGO, Viaggio in Portogallo, Torino, 1999
meta si avvicina e diventa reale, il luogo di partenza si allontana e
sostituisce la meta nell’irrealtà dei ricordi; guadagnamo una, e per-
«Il viaggiatore aveva un pregiudizio favorevole nei confronti di po-
diamo l’altro. La lontananza è in noi, vera condizione umana... Lag-
poli di contrade lontane e cercava di descriverli ai suoi compatrio-
giù si sognava la patria, come dalla patria si sogna l’estero. Ma il pri-
ti;... ora l’uomo moderno è incalzato. Il turista farà quindi, un’altra
mo grande viaggio lascia nei giovani, di qualunque levatura e sen-
scelta: le cose, e non più gli esseri umani, saranno oggetto della sua
sibilità, un dissidio che le abitudini non possono comporre; precisa
predilezione: paesaggi, monumenti, rovine... Il turista è un visitato-
l’idea degli oceani, dei porti, dei distacchi; crea quasi, nella mente,
re frettoloso... non solo perché l’uomo moderno lo è in generale, ma
una nuova forma, una nuova categoria: la categoria della lontanan-
anche perché la visita fa parte delle sue vacanze e non della sua vi-
za; la considerazione, ormai, di tutte le terre lontane. È forse un vi-
ta professionale; i suoi spostamenti all’estero sono limitati entro le
zio. Chi è stato in Cina vorrebbe provare l’Argentina, il Transvaal,
sue ferie retribuite. La rapidità del viaggio costituisce già una ra-
l’Alaska. Chi è stato al Messico si commuove anche quando sente
gione della sua preferenza per l’inanimato rispetto all’animato: la
parlare dell’India, dell’Australia, della Cina. Questi nomi, una volta
conoscenza dei costumi umani, diceva Chateaubriand, richiede
al più colorate e melanconiche geografie, sono ora possibili, reali, af-
tempo. Ma c’è un’altra ragione per questa scelta: l’assenza di in-
fascinanti. Chi ha provato la lontananza difficilmente ne perde il gu-
contri con soggetti differenti, è molto riposante, poiché non mette
sto. Il primo viaggio, la prima sera che il novo-peregrin è in cammi-
mai in discussione la nostra identità; è meno pericoloso osservare
no, nasce la nostalgia, per sempre. Ed è il desiderio di tornare non
cammelli che uomini».
soltanto in patria; ma dappertutto: dove si è stati e dove non si è sta-
T. TODOROV, Noi e gli altri, «L’Esotico», Torino, 1991, passim
ti. Due grandi direzioni si alternano: verso casa, verso fuori... Non
capisce, forse, non ama il proprio paese chi non l’ha abbandonato al-
«Ero a Volgograd... Ero a Benares... Ero a Ketchum... Ero a Jàsnaja
Poljana... Ero a Colonia... Ero sull’Ortigara... Tutti gli spostamenti
meno una volta, e credendo fosse per sempre».
M. SOLDATI, America primo amore, «Lontananza», 1935
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stalgia del paese d’origine e nuovo radicamento nel paese
ospite, con il cuore sempre altrove.
In altre parole, e forse su un piano parallelo, si può pensare
che il viaggio traduca in
esperienza la nostra
spinta alla ricerca di un
«altrove» desiderabile, la
nostra costitutiva scontentezza o incontentabilità del noto e del presente, una molla che si rivela già nel progetto infantile dei viaggi futuri.
L’idea che viaggiare sia
«una delle molte facce Viaggi immaginati: due illustraziodella felicità», e che il ni da un’edizione del 1510 del Decamerone di Giovanni Boccaccio. Veviaggio sia sempre un nezia, Biblioteca Marciana.
«incominciare» o un «ricominciare», come afferma Saramago, si lega probabilmente alla nostra costante aspirazione ad un «altrove» esterno e lontano
in cui noi stessi saremo «altri» (più nuovi e più felici). Per questo, probabilmente, i giovani desiderano e
amano viaggiare, mossi da un bisogno di esplorazione dell’altrove che permetta sempre di mettere alla
prova e di scoprire se stessi. Ma per la stessa ragione il viaggio desiderato può costituire una fuga: fuggire dalla realtà,
dal presente, dalla propria pelle. La tentazione del viaggio
come fuga è bene espressa da molta letteratura sul viaggio
giovanile, da molti film che narrano «la strada» e i suoi incontri rischiosi, anche in questo caso come evidente metafora della condizione umana. Non a caso anche l’esperienza
dell’assunzione di droghe viene metaforicamente espressa
nel termine «viaggio».
Ma viaggiare è anche un’esperienza reale: i luoghi sognati
vengono ricondotti ad altra dimensione mentre li si sperimenta concretamente. In una certa misura il viaggio reale ci
delude sempre, ma anche il ritorno in patria ci delude. La delusione è una misura della «sproporzione costitutiva» fra il
sogno e la sua realizzazione, e anch’essa è una costante dell’esperienza umana. Anche sotto questo aspetto, nella sua dimensione realistica, il viaggio è fonte di maturazione dell’umanità che è in noi: perciò la vita intera può essere rappresentata come un «viaggio». Ma, diversamente da quanto
scrive Soldati, sul fatto che «si vorrebbe sempre essere: essere stati, mai», descrivendo la «ripugnanza» di non poter vivere contemporaneamente in due luoghi, l’essere stati, l’aver
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viaggiato è importante, direi decisivo, nel momento in cui si
decide realmente di «fermarsi» in un luogo, di «mettere radici», di «piantare un albero» e di «costruire una casa». E di
non fuggire più, né da un luogo, né da un tempo, né da una
relazione affettiva, né da se stessi. Fermarsi e non fuggire sono figure interne, della psiche dell’uomo e della donna adulti, non meno importanti del viaggio.
Il viaggio come esperienza dell’altro
Una domanda latente e trasversale in alcuni dei brani incontrati potrebbe essere riformulata così: la nuova vicinanza fra uomini un tempo lontani e diversi favorisce davvero l’incontro fra le culture? In un pezzo apparso sul
«Corriere» Affinati descrive la sua esperienza di incontro con i suoi allievi stranieri, viaggiatori esperti per necessità, che gli raccontano, davanti alla carta geografica
della classe, una esperienza di viaggio che egli non potrebbe comprendere se non nell’incontro con loro.
Ma nella sua riflessione sul viaggiatore/turista Todorov
ha concluso che «osservare cammelli è meno pericoloso
che osservare gli uomini».
In verità, viaggiare sul serio
attraverso le culture altre,
incontrare gli uomini e le
donne dei paesi lontani, come facevano un tempo un
ridotto numero di viaggiatori privilegiati, è esperienza che «inquieta» e trasforma dall’interno, perché
scuote l’immobilità psicologica delle identità e delle
appartenenze socioculturali di ciascuno di noi, e l’identità
viene trasformata e dilatata dall’esperienza del diverso, e più
ancora dalla folgorante intuizione dell’universale condizione umana. Per questo l’esperienza del viaggio è stata sempre
letta, dagli uomini antichi, come esperienza di una formazione interiore attraverso l’osservazione della diversità
esterna. Perciò l’Ulisse dantesco parlava di «diventare del
mondo esperto, e della condizione umana», identificando insieme la «conoscenza», destino dell’uomo, con la «virtute», il
suo «dover essere», il suo compito nell’esistenza. Si tratta di
un dinamismo che, in ultima analisi, ha poco a che fare con
il turismo di massa odierno, e in genere con il «consumo» del
viaggio.
Il viaggio e le sue dimensioni economiche
Tornando al viaggiatore contemporaneo, ci sono altre considerazioni importanti da fare, che attengono non più al simbolismo, ma alla materialità del viaggio. Un tempo il viaggio
costituiva comunque un lusso sociale, riservato a pochi, sia
che si trattasse di esplorazioni, sia che si trattasse di scambi
esami conclusivi
di merci fra mercati lontani, che mercanti audaci accompagnavano lungo vie, terrestri e marittime, sempre rischiose.
Oggi lo scambio commerciale fra comunità distanti è una
componente strutturale del mercato globale: non si percepisce quasi più, dal momento che è entrato nei canoni della
normalità. La novità è data piuttosto dal movimento degli
uomini, e non più delle merci. Si spostano masse di uomini
per cercare lavoro, speranza, condizioni di vita più umane, e
sono essi le «merci», i nuovi «schiavi» contrabbandati fra un
confine e l’altro, uccisi in mare, sfruttati nel luogo di arrivo
una parola metafora della vita», costruisce un macro-conteanche dai loro connazionali, come forza lavoro a basso preznitore concettuale troppo ampio, rispetto al quale, in agzo, o anche come manovalanza delinquenziale. Per non dire
giunta, i brani proposti introducono ulteriori elementi comdello sfruttamento sessuale
plessi, che esigerebbero di
o del commercio d’organi.
essere dipanati ed esplicitati
Per il verso opposto, la dif(come il tema della lontafusione del viaggio come dinanza/nostalgia presente
vagazione e divertimento,
nel brano di M. Soldati). I
come turismo, insomma,
brani presentano angolature
mette in movimento milioni
diverse fra loro, e anche al
di uomini e donne come
loro interno, come il passo
consumatori di viaggi turidi E. Affinati, evidente ristici, e genera un indotto
composizione di due diversi
economico smisurato, che a
tagli, in cui il tema del viagsua volta muove imprendigio e del ritorno come espetori, operatori e occupati a
rienza fantastica ha poco in
vari livelli, anche essi da un
comune con il «viaggio del
continente all’altro. Una
cuore», attraverso gli occhi e
volta messa in moto, l’imi racconti dei suoi alunni
mane macchina del mercato
stranieri. E così il rapido exdel turismo esotico richiede
cursus di Magris sull’Ulisse
di sopravvivere e di espan- Claude Lorrain, La partenza di Ulisse dall’isola dei Feaci. Parigi, Museo del Louvre.
(omerico, joyciano e dantedersi, e quindi il viaggio non
sco), dove l’espressione che
può più essere riservato ad alcune fasce sociali: occorre che
l’Ulisse dantesco «si perde nell’illimitato» costituisce già un
tutti viaggino, di più e sempre più spesso, e i prezzi relativagiudizio filosofico-letterario (raffinato e perfino opinabile),
mente bassi spingono al consumo del viaggio, che si prefigurispetto al quale lo studente dovrebbe possedere conoscenze
ra sempre più nell’immaginario come un “diritto” generalizprecise e strumenti di lettura personali. Ancora più compleszato. Così il mercato globale “democratizza” l’esperienza del
so l’inciso sul viaggio come «condizione spirituale… di cui
viaggio, ma in ossequio alla propria logica di espansione inparla la teologia», sempre in Magris, inciso dal contenuto
terna. La logica del viaggio turistico del tipo “mordi e fuggi”
simbolico smisurato: è scontato che sia accessibile allo stuè la conseguenza di un dinamismo economico. Infatti il valodente?
re concorrenziale dell’offerta del pacchetto è identificato dalla quantità delle esperienze previste: il numero delle tappe, il
In altri termini, mi sembra che la traccia offra una categonumero delle rovine o dei monumenti visitati, oltre che il nuria troppo ampia e troppo complessa, e tuttavia parziale, somero dei pasti e dei soggiorni in albergo consumati. La misuprattutto se si considera che viene collocata in ambito sociora non è data dai ritmi della vita umana, dalla necessità che
economico, mentre nessuno dei brani proposti, che si collol’uomo ha di un tempo per contemplare, capire, meravigliarcano su piani simbolici non omogenei fra loro, tocca esplicisi, e perfino sperimentarsi fisicamente. Per conseguenza, il
tamente aspetti economici e ampiamente sociali. La solleciviaggiatore turista è anche un viaggiatore stressato, nonotazione offerta dai brani sembra limitarsi ad un ambito poestante attraversi i deserti in aereo e non a dorso di cammello.
tico-letterario, ma su questo piano la scelta operata appare
Perché anche il divertimento può generare forti stress, anche
molto casuale e generica. In altre parole il giovane candidase nessun messaggio promozionale lo sottolinea.
to viene «costretto» in una macro-categoria concettuale smi-
Osservazioni critiche e suggerimenti
La definizione dell’argomento: «Il viaggio: esperienza dell’altro, formazione interiore, divertimento e divagazione, in
surata sul piano estensivo, ma troppo parziale per quanto riguarda il punto di vista. Sarebbe stato presumibilmente più
utile chiedergli di sviluppare il saggio partendo da uno o
due brani al massimo, precisando che lo studente spiegasse
gli implicito anche con riferimento ad altre conoscenze. In
breve: a noi questa proposta sembra troppo difficile e inutilNUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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«Pellegrini in viaggio», dalle Cronache Trecentesche
di Giovanni Sercambi. Lucca, Archivio di Stato.
mente complicata per gli studenti. E c’è da scommettere che
i migliori risultati si siano comunque concentrati sugli aspetti e sulle conoscenze letterarie.
Pensando al futuro, questa traccia suggerisce piuttosto la
progettazione di una o più unità didattiche, preferibilmente multidisciplinari, sul tema del viaggio nell’esperienza
umana, dalla materialità delle migrazioni e dei commerci, al
simbolismo del «viaggio pellegrinaggio» che le grandi religioni (e non solo la struttura della Commedia dantesca) hanno sempre proposto come chiave di comprensione del cambiamento umano, e che le narrazioni mitiche di tutte le culture hanno presentato in infinite versioni1. Sul piano letterario può essere utile rintracciare la struttura archetipica del
viaggio nei poemi antichi e moderni, e le infinite varianti di
una costante eroica del tipo Odisseo (attraverso Dante e
Faust, prima che attraverso l’Ulisse di Joyce). Ancora più interessante è la figura interna del viaggio (la poesia ne è una
fonte ricchissima, si veda ad esempio il Montale di Ossi di
Seppia e Le Occasioni). La poesia del Novecento può essere
utilmente affiancata alle narrazioni della Bibbia, per individuare il vissuto del viaggio come esilio, come pellegrinaggio,
come esodo. E perfino nel dare figura al confronto dell’esperienza interculturale metaforicamente espressa dal viaggio
dei Magi2. Sotto un altro aspetto, si possono considerare i testi di alcuni grandi viaggiatori del passato, a partire dal greco Erodoto, attraverso alcuni diari di viaggio del tardo Settecento e dell’Ottocento, e fino agli antropologi del Novecento, proprio per mettere a fuoco il rapporto fra le culture umane che si costruisce negli occhi e nel cuore del viaggiatore. In
questa unità Todorov potrebbe essere utilmente proposto ai
nostri alunni come materia di incontro diretto3.
Maria Teresa Moscato - Università di Bologna
1 Cfr. M.T. Moscato, Il sentiero nel labirinto, La Scuola, Brescia 1998. Gli insegnanti interessati potranno trovare molti viaggi di tutte le tipologie, presenti nel nostro patrimonio
narrativo e letterario, già analizzati. Per il viaggio dei Magi, si veda la nota successiva.
2 Cfr. M.T. Moscato, Il viaggio come metafora pedagogica, La Scuola, Brescia 1994, il
capitolo finale. Questa lettura della figura del viaggio dei Magi mi era stata comunque
suggerita da una poesia di T.S. Eliot (Il viaggio dei Magi, in Poesie, a cura di R. Sanesi,
Bompiani, Milano 1958, p. 318-319).
3 Il volume da cui è tratto il passo proposto nella traccia: T. Todorov, Noi e gli altri, trad.
it., Einaudi, Torino 1991. Soprattutto un docente di filosofia potrebbe utilizzare brani di
questo testo, che va collocato nell’alveo della tradizione culturale francese a partire dall’Illuminismo.
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3. Ambito storico-politico
L’
Roberto Pertici
L’idea di una qualche forma di integrazione europea (politica e/o economica) non nasce – è bene sottolinearlo – nel secondo dopoguerra. Anche senza riandare ai vagheggiamenti di diversa ispirazione di cui fu ricca l’età della Restaurazione, basta soffermarsi sul ventennio fra le due guerre
mondiali: in quegli anni il tema dell’Europa (della sua identità, delle sue radici, del suo futuro) fu al centro di un vivacissimo dibattito politico-culturale. I motivi sono intuibili: la
grande guerra era stata una «guerra delle nazioni», dal cui
esito il principio di nazionalità sembrava aver ottenuto un
pieno riconoscimento; ma essa aveva inghiottito milioni di
vite umane e annientato enormi risorse. Il principio dell’esclusivo interesse nazionale aveva per decenni dominato le
prospettive politiche delle classi dirigenti e improntato l’etica diffusa: proprio le non previste conseguenze della guerra
cominciavano ora a sollevare degli interrogativi su quel dogma. Inoltre il conflitto aveva segnato la finis Europae: vi avevano svolto un ruolo decisivo potenze extra-europee come
gli Stati Uniti e il Giappone, ne era emersa la Russia sovietica (enorme paese a cavallo fra Europa e Asia), gli stessi fedelissimi dominions britannici non sembravano più disposti a
pagare in futuro un contributo di sangue così rilevante come
quello versato a Gallipoli o sul fronte occidentale a favore
della madrepatria. Nei paesi coloniali si cominciavano ad avvertire fermenti nuovi di un’autocoscienza «nazionale», soprattutto nelle élites colte. L’esigenza di riparare alle conseguenze del conflitto e di riaffermare in qualche modo un
ruolo europeo a livello internazionale fece sì che il tema di
una qualche integrazione europea venisse ampiamente discusso (soprattutto fra il 1925 e il 1930) anche nella ginevrina
Società delle nazioni: è rimasto giustamente famoso lo scambio del settembre 1929 fra il francese Aristide Briand e il tedesco Gustav Stresemann, in cui entrambi giudicarono realistica (almeno, in un primo tempo, sul terreno economico) l’idea di una federazione europea.
L’europeismo all’indomani
della seconda guerra mondiale
Fu una breve stagione, chiusa dalla crisi economica del 1929
e dall’ascesa al potere di Hitler, ma quelle esigenze, rese ancora più forti dagli esiti di una nuova, spaventosa guerra,
riaffiorarono dopo il 1945. In modo un po’ semplificato, la situazione è delineata nel brano di Altiero Spinelli, che insiste
sulla crisi del principio di nazionalità, che investì allora i
paesi vinti e gli stati minori. Eppure non dico la prospettiva
federalistica, che Spinelli e Ernesto Rossi avevano sintetizzato nel manifesto di Ventotene del 1942, ma anche il principio
di un’integrazione economica non era popolare nelle opinio-
ni pubbliche all’indomani del conflitto, contrastando con
sentimenti e atteggiamenti ben radicati. Sicché si può affermare che tale integrazione fu inizialmente portata avanti faticosamente da ristrette élites politico-culturali, nell’indifferenza, talvolta nell’ostilità, di settori cospicui dei rispettivi
Paesi.
La crisi dei nazionalismi fu più graduale di quanto Spinelli
ricordi: da noi, per esempio, il destino delle colonie italiane
fu a lungo uno dei problemi più discussi e sentiti, mentre uomini del vecchio mondo prefascista si illudevano che l’Italia
potesse riprendere una politica del «peso determinante»,
muoversi cioè liberamente fra i blocchi che si stavano formando senza legarsi a nessuno, e contrattare così continuamente il proprio appoggio. Parti consistenti del mondo cattolico (specie, ma non solo, gli ambienti dossettiani) esprimevano spesso un internazionalismo generico, ma poi guardavano con diffidenza all’Europa nord-occidentale o «atlan-
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tica», culla del puritanesimo e dell’illuminismo. Infine la sinistra socialcomunista era rivolta ad un altro modello di società e di stato ed era completamente subalterna alle esigenze della politica estera sovietica: fu perciò a lungo e duramente contraria al processo di integrazione europea. Non
sempre si ricorda che il ralliement socialista ebbe luogo in sintonia con l’avvio della politica di centro-sinistra (quindi nei
primi anni ’60), quello comunista data dagli inizi del decennio successivo (intorno al 1972). In Italia furono quindi da
una parte De Gasperi e il settore della DC a lui più vicino,
dall’altra uomini come Carlo Sforza, Luigi Einaudi, Ugo La
Malfa, appartenenti cioè ai partiti di centro-destra o di cen-
LA TRACCIA MINISTERIALE
ARGOMENTO: Crollo dei regimi nazionalistici, «guerra fredda» e motivi economici agli inizi del processo di integrazione eu-
ciaio (1950), che si sviluppò nella Comunità Economica Europea o
ropea.
gnata come Comunità Europea e, dal 1993, come Unione Europea.
Mercato Comune Europeo (1957), più tardi semplicemente desiI suoi quartieri generali erano a Bruxelles, ma il suo vero nucleo ri-
DOCUMENTI
siedeva nell’unità franco-tedesca».
«Era ovunque assai forte [nella seconda metà degli anni Quaranta
del sec. XX] la repulsione contro il nazionalismo – il proprio non
E.J. HOBSBAWM, Il secolo breve, Rizzoli, Milano 1994
meno che quello degli altri – che tanti mali aveva prodotto... Af-
«In questo clima fu approvato il 18 aprile 1951 il testo del trattato
fermazioni europeiste, più o meno precise, apparvero quindi con
istitutivo della “Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio”,
frequenza crescente nelle dichiarazioni programmatiche di molti
che, dopo il completamento dei processi di ratifica, entrò in vigore
partiti e governi.
il 25 luglio 1952, con la immediata nomina di Jean Monnet a presi-
Questa diffusione non fu tuttavia uguale in tutti i paesi e in tutti i
partiti dell’Europa occidentale. Ebbe un terreno più favorevole
dente dell’Alta Autorità della CECA stessa... Il trattato infatti si po-
nelle nazioni che avevano avuto l’esperienza dell’umiliazione to-
quelle rivalità storiche che avevano diviso l’Europa da sempre...
tale dei loro Stati, e che necessariamente riponevano una assai mi-
L’Europa aveva pagato con il proprio declassamento internaziona-
nor fiducia nella restaurazione delle tradizionali sovranità nazio-
le e con l’autodistruzione l’antico prevalere della politica di poten-
nali. L’europeismo si diffuse con relativa facilità, come si può ben
za. Pur senza voler affermare che la politica di potenza cessasse
comprendere, in Germania e in Italia, che dal loro sfrenato nazionalismo avevano raccolto amarissimi frutti, nonché in Olanda, Bel-
per virtù di norme scritte in un trattato, è importante rilevare che
gio e Lussemburgo, che avevano constatato il valore nullo della so-
poteva giustificare i sacrifici di nuove guerre e tutto doveva inca-
vranità dei loro piccoli paesi... Messo da parte il capo della libera-
nalarsi entro l’alveo dei negoziati: all’interno di istituzioni o fuori
zione, le forze politiche francesi che assunsero la direzione della
di esse ma sempre in modo pacifico. La pacificazione fra la Ger-
Quarta Repubblica si orientarono assai presto verso una politica
mania e la Francia attraverso il trattato CECA era un primo segno,
estera europeista, vedendo in essa la sola possibilità di mettere su
grazie al quale diventava possibile affermare che i rapporti fra i
basi nuove le relazioni future, soprattutto con la Germania».
A. SPINELLI, Europeismo, in «Enciclopedia del Novecento»,
due paesi non sarebbero più divenuti una minaccia per la pace eu-
vol. II, Roma 1977
E. DI NOLFO, Storia delle relazioni internazionali (1918-1992),
neva esplicitamente come il primo passo verso il superamento di
questo trattato recepiva un sentire comune, secondo il quale nulla
ropea».
Laterza, Roma-Bari 1994
«Per gli americani però un’Europa efficacemente ricostruita, parte
dell’alleanza militare antisovietica che costituiva il logico comple-
«La tensione provocata dal blocco di Berlino nel 1948, dalla creazio-
mento del Piano Marshall – l’Organizzazione del Trattato del Nord
Atlantico (NATO) istituita nel 1949 – doveva realisticamente fon-
ne delle due Germanie, dalle pesanti limitazioni all’attività indu-
darsi su una forte economia tedesca e sul riarmo della Germania.
Relegare l’economia tedesca a una posizione di inferiorità non ap-
Il meglio che i francesi potevano fare era di intrecciare così stretta-
pariva realistico visto che, sin da allora, si cominciava a sentire la ne-
mente gli interessi francesi e quelli tedesco-occidentali da rendere
cessità di associare la Germania alla difesa dell’Occidente... Acciaio
impossibile il sorgere di un nuovo conflitto tra i due vecchi avver-
e carbone costituivano allora la base della potenza economica».
sari. I francesi proposero perciò la propria versione dell’unione europea nella forma della Comunità Europea del Carbone e dell’Ac-
B. CEPPETELLI CAPRINI, La Comunità del carbone e dell’acciaio, in
striale tedesca imposte dal Consiglio di controllo alleato era elevata.
“Storia dell’integrazione europea”, vol. I, Marzorati, Milano 1997
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tro-sinistra che, dalla fine del 1947, collaboravano nei governi centristi, a essere i più tenaci assertori del primo europeismo, accanto a gruppi politico-culturali come il Movimento
federalista di Spinelli o a riviste di cultura come «Il Mondo»
di Mario Pannunzio.
Situazione non diversissima in Francia, dove all’opposizione
comunista si aggiungeva quella della tradizione gollista e
l’europeismo trovò alcuni fra i suoi uomini più decisi in
esponenti del M.R.P., il nuovo partito di ispirazione cattolica, come Robert Schuman.
Infine la Gran Bretagna, allora governata dal governo laburista di Attlee, dopo aver partecipato con impegno alla primissima fase di avviamento dell’integrazione europea (l’Unione europea occidentale era nata il 14 marzo 1948 per iniziativa precipua del ministro degli esteri Bevin e comprendeva, oltre alla Gran Bretagna, la Francia e i paesi del Benelux), nei primi mesi del 1950 attuava un progressivo disimpegno, preferendo puntare a un approfondimento dei suoi
rapporti con i paesi del Commonwealth. Nel contesto europeo il suo posto sarebbe stato presto assunto da un nuovo attore, che stava faticosamente riemergendo dalle rovine ella
guerra: la Germania occidentale. Mentre la SPD tedesca non
seppe per molti anni distaccarsi da un neutralismo di fondo,
che aspirava più a una riunificazione con la Germania dell’Est, piuttosto che a un’integrazione con l’occidente, il disegno europeo fu uno dei temi di fondo della politica del cancelliere Adenauer (già borgomastro di Colonia prima del nazismo) e dei suoi più stretti collaboratori.
La guerra fredda
e la collaborazione economica
Tutta la prima fase dell’integrazione europea risulta strettamente intrecciata, fino a costituirne l’altra faccia, all’integrazione fra le due sponde dell’Atlantico. Il primo organismo
europeo, l’OECE (Organizzazione europea per la cooperazione
economica), fu composto dai paesi beneficiari (fra cui anche la
Germania e l’Italia) del piano Marshall, proposto dal segretario di stato americano il 5 giugno 1947 in uno storico intervento ad Harvard, e deve quindi esserne considerato una
delle più rilevanti conseguenze.
Lo scenario è delineato nel brano di Eric J. Hobsbawm, tratto dal suo fortunato volume intitolato in italiano Il secolo breve (il titolo originale e, forse, più significativo è Age of extremes). Mi sembrano doverose, a questo riguardo, due osservazioni. Come i suoi precedenti, questo di Hobsbawm è un
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libro importante, da leggere e meditare con attenzione: bisognerebbe tuttavia evitare che esso diventi (magari con l’avallo ministeriale) una sorta di lettura canonica del Novecento. Esso, infatti, rappresenta un punto di vista peculiare,
quello di un marxista inglese, che pone al centro del XX secolo la storia del comunismo, senza fare fino in fondo i conti con questa tragica vicenda, anzi restando, per molti aspetti, all’interno della sua ottica tradizionale. I docenti che lo
maneggiano non dovrebbero ignorare le discussioni a cui,
anche in Italia, è stato sottoposto, fra le quali primeggia il
saggio di R. Vivarelli, Il secolo che muore, in «Rivista storica
italiana», CX (1998), pp. 1045-1070.
In secondo luogo, è necessario approfondire concettualmente il tema della «guerra fredda», perché si ha talora
l’impressione che, nella trattazione che se ne fa nelle scuole
(ma non solo), essa venga tratteggiata come una specie di
follia collettiva che ha imposto al mondo una logica binaria
di contrapposizione; o come una mera lotta fra superpotenze, in cui non ci sia nessuna sostanziale differenza qualitativa fra i blocchi di stati contrapposti. Ora non si tratta, ovviamente, di ripristinare polemiche ideologiche e di stabilire
giudizialmente di chi sia la «colpa», ma, perché gli studenti
abbiano chiaro i termini del problema, bisogna anche sfuggire a tentazioni «salomoniche». Voglio dire che, specialmente
dopo l’apertura degli archivi sovietici, la storiografia ha fatto passi importanti nella definizione delle questioni. Come
ha scritto John L. Gaddis, ora we know how: possiamo, cioè,
precisare meglio il ruolo decisivo delle decisioni di Stalin
nello scatenamento della guerra fredda e valutare, più di
quanto si sia fatto nel passato, proprio l’importanza del fattore ideologico nella definizione della politica estera sovietica. In questo quadro le scelte americane appaiono sempre
più come una risposta, spesso di ampio respiro, alla sfida sovietica. Il great design dell’amministrazione Truman si fondava sulla convinzione che il sistema europeo fosse in un trend
inarrestabile di decadenza e che la national security americana potesse scaturire soltanto da un nuovo ambiente internazionale, in cui si connettessero crescita economica, diffusione
della democrazia, stabilità internazionale. Gli Stati Uniti abbandonavano definitivamente la tradizione dell’isolazionismo, nella convinzione della precarietà di ogni ragionamento puramente «regionale»: la pace, insomma, non poteva che
essere mondiale.
In questa prospettiva, bisognava rapidamente superare
ogni tentazione meramente punitiva nei confronti dei paesi
sconfitti, l’Italia e soprattutto la Germania occidentale, dove
si giocava una partita decisiva per l’assetto europeo: nell’aprile del 1948, le potenze occidentali avevano deciso la creazione di uno stato tedesco occidentale, il 18 giugno fu coniata la sua nuova moneta, dal 24 giugno 1948 al 12 maggio
1949 Stalin chiuse la ex capitale tedesca a ogni contatto per
via di terra con la Germania occidentale (il “blocco di Berlino”), l’8 maggio 1949 veniva promulgata la costituzione della Repubblica Federale Tedesca, il 15 settembre Adenauer di-
esami conclusivi
La traccia riflette una certa
ritrosia a far riflettere sui
problemi della difesa
europea.
ventava cancelliere. La prospettiva della ricostruzione economica tedesca angustiava soprattutto la Francia, che chiese
ripetutamente garanzie riguardo alla produzione tedesca di
carbone e acciaio, anche mediante un controllo internazionale delle regioni germaniche (la Saar e la Ruhr) dove si concentrava la produzione di quelle materie prime. Fu allora che
emerse la controproposta di Adenauer: perché non dare vita
a uno strumento di cooperazione europea proprio in questi
settori? Fu merito di Schuman e soprattutto di un tecnico
francese di grande esperienza e intelligenza come Jean Monnet, se il governo francese raccolse e sviluppò tale proposta.
Quello italiano non ebbe alcun ruolo nella preparazione del
piano, ma aderì subito all’iniziativa. A Parigi, il 20 giugno
del 1950, iniziava la conferenza per il Piano Schuman e il 18
aprile 1951 veniva firmato il trattato istitutivo della CECA
(Comunità europea carbone e acciaio), che costituì una vera
svolta e un passo decisivo nel processo di integrazione europea.
Il tentativo della Comunità europea
di difesa
Hobsbawm accenna anche al problema del «riarmo» tedesco, che si pose soprattutto a partire dall’estate del 1950, dopo lo scoppio della guerra di Corea. La Corea, come la Germania post-bellica, era divisa in due stati, l’uno appartenente al blocco comunista, l’altro al sistema di alleanze occidentale. L’invasione della Corea del Sud da parte delle truppe
comuniste coreane e cinesi aprì interrogativi drammatici sull’ipotesi che un’analoga operazione venisse tentata anche in
Germania: senza un qualche riarmo tedesco, i possibili invasori avrebbero trovato poca resistenza fino al confine francese. Gli americani fecero chiaramente capire di essere disposti
a difendere l’Europa occidentale, purché la parte europea
dell’Alleanza atlantica costituisse a sua volta un esercito che
comprendesse anche truppe tedesche. Ancora una volta i
francesi furono i più ostili (l’idea di rivedere un tedesco in
divisa suscitava avversioni profonde nella loro opinione
pubblica), ma emerse presto l’idea di operare nel campo della difesa qualcosa di analogo a quello che si stava facendo
per le materie prime. Più che a un nuovo esercito tedesco, si
sarebbe dovuti arrivare a un sistema integrato di difesa a livello europeo, che comprendesse anche truppe germaniche.
Nacque così l’idea della Comunità europea di difesa (CED),
la più ardita delle ipotesi di integrazione europea emerse nei
primi anni Cinquanta, non solo perché riguardava un problema delicatissimo come quello della difesa comune, ma
perché sembrò che la sua istituzione potesse bruciare i tempi della formazione di una federazione europea. «Se facciamo questo passo, quello dell’esercito in comune, non possiamo poi restare divisi»: questa era la logica che guidò la politica degli europeisti più consapevoli, primo fra tutti quella di
De Gasperi. Il 27 maggio 1952, il trattato istitutivo della CED
venne firmato, ma per non perder tempo, si decise che il la
sua struttura e i suoi compiti fossero determinati dall’assemblea della CECA: il progetto elaborato e approvato il 10 marzo 1953 prevedeva una struttura bicamerale (Camera bassa
eletta direttamente dai cittadini e un Senato nominato dai
parlamenti nazionali), un consiglio esecutivo europeo affiancato da un consiglio dei ministri nazionali, una corte di giustizia, un consiglio economico e sociale. Mancavano le ratifiche dei parlamenti nazionali: si ebbero rapidamente quelle
del Benelux e della Germania, tardavano quelle di Italia e
Francia. Il 31 agosto 1954 il parlamento francese, in base a
un’inedita alleanza fra comunisti e gollisti bocciava il progetto. L’ipotesi federalistica veniva battuta: negli anni successivi, si sarebbe tornati ad accelerare i ritmi dell’integrazione economica, ma le conseguenze della mancanza di un
esercito europeo si sarebbero fatte sentire specialmente nell’ultimo decennio del secolo, di fronte alle sfide inedite che il
ritorno della guerra in Europa apriva.
Un giudizio sulla prova
Mi sembra di avere discusso, durante la precedente trattazione, anche l’enunciato del tema e la più o meno grande
congruità dei documenti presentati. L’enunciato è corretto (a
parte quel riferimento generico ai «regimi nazionalistici»),
ma forse poteva essere maggiormente articolato. È poi singolare, ma forse non casuale, che si valorizzi – anche nei documenti – l’esperienza della CECA, senza accennare minimamente a quella della CED: forse per il suo fallimento, forse anche per una certa ritrosia a far riflettere gli studenti sui
problemi e sulle esigenze della difesa europea.
Roberto Pertici - Università di Bergamo
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47
esami conclusivi
4. Ambito tecnico-scientifico
Ludovico Galleni
C
Chi scrive non è tanto un esperto di didattica della biologia,
quanto semmai un esperto di biologia evolutiva e anche dei
rapporti tra scienza e teologia. Da questo punto di vista, più
che un vero e proprio svolgimento della prova 2005, si cercherà di presentare un nuovo testo concentrandosi sugli
aspetti che riguardano la biologia evolutiva.
Due sono le frontiere oggi di questi temi: da una parte un ritorno prepotente della catastrofe, del cambiamento rapido,
imprevedibile e di grande portata, tra i meccanismi che concorrono all’evoluzione biologica.
Rispetto al gradualismo darwiniano, la catastrofe rappresenta una importante ripresa di un tema che sembrava abbandonato. E qui, naturalmente, la catastrofe è intesa nel senso
di evento di grande portata e disastroso. Esempio importante è quello dell’asteroide che ha quasi sicuramente portato
alla grande estinzione dei dinosauri, ma lo sono anche altri
eventi ancora da capire nelle loro cause e nella loro estensione, che, comunque, hanno portato alle altre grandi estinzioni di massa. E queste ultime sono considerate, da molti autori, come momenti essenziali dell’evoluzione.
Ma vi è anche un altro aspetto importante che riporta al significato matematico del termine e recupera il concetto di catastrofe come rappresentante un evento rapido, di grande
portata anche se non necessariamente tragico, e comunque
imprevedibile.
Da un punto di vista più generale potremmo parlare di effetti soglia. Ed effetti soglia sono forse presenti, come già ipotizzato da Pierre Teilhard de Chardin a cavallo della seconda
guerra mondiale, nell’origine della vita e nell’origine del
pensiero.
Al di là di altre considerazioni, che in parte vedremo, ci rendiamo conto che la struttura stessa del nostro Universo è caratterizzata da eventi non lineari in cui piccole cause, talvolta apparentemente trascurabili, hanno come risultato grandi
effetti, rapidi ed imprevedibili.
Ma vi è anche un altro problema che si ripresenta drammaticamente e che ci interpella anche dal punto di vista esistenziale ed è il senso umano della catastrofe.
In effetti il tema della catastrofe è stato riproposto dopo la
tragedia dello tsunami, tragedia che si spiega bene ormai all’interno di una natura organizzata in maniera tale che pic48
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coli cambiamenti possono superare una soglia e quindi dare
risultati di ampia portata. Ma qui emerge la catastrofe in senso esistenziale: l’ampia portata degli eventi porta alla tragedia. Una tragedia che per quanto estesi possano essere gli
sviluppi della scienza e della tecnica, rimane parte integrante del nostro essere e rimane un elemento costitutivo della
struttura del nostro Universo.
Come ancora scriveva Teilhard de Chardin, a cui dobbiamo
riconoscenza per avere posto le basi per una sintesi moderna
per la riflessione tra scienza e fede, la sofferenza, il dolore e
la morte non nascono nel mondo come conseguenza del pec-
LA TRACCIA MINISTERIALE
ARGOMENTO: Catastrofi naturali: la scienza dell’uomo di fronte all’imponderabile della Natura!
DOCUMENTI
«Natura! Ne siamo circondati e avvolti – incapaci di uscirne, incapaci di penetrare più addentro in lei. Non richiesta, e senza preavviso, essa ci afferra nel vortice della sua danza e ci trascina seco,
finché, stanchi, non ci sciogliamo dalle sue braccia. Crea forme
eternamente nuove; ciò che esiste non è mai stato; ciò che fu non
ritorna – tutto è nuovo, eppur sempre antico. Viviamo in mezzo a
lei, e le siamo stranieri. Essa parla continuamente con noi, e non ci
tradisce il suo segreto. Agiamo continuamente su di lei, e non abbiamo su di lei nessun potere. Sembra aver puntato tutto sull’individualità, ma non sa che farsene degli individui. Costruisce sempre e sempre distrugge: la sua fucina è inaccessibile... Il dramma
che essa recita è sempre nuovo, perché crea spettatori sempre nuovi. La vita è la sua più bella scoperta, la morte, il suo stratagemma
per ottenere molta vita... Alle sue leggi si ubbidisce anche quando
ci si oppone; si collabora con lei anche quando si pretende di lavorarle contro... Non conosce passato né avvenire; la sua eternità è il
presente… Non le si strappa alcuna spiegazione, non le si carpisce
nessun beneficio, ch’essa non dia spontaneamente... È un tutto; ma
non è mai compiuta. Come fa oggi, potrà fare sempre».
J.W. GOETHE, Frammento sulla natura, 1792 o 1793
«Molte sono e in molti modi sono avvenute e avverranno le perdite degli uomini, le più grandi per mezzo del fuoco e dell’acqua...
Quella storia, che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il carro del padre, poiché non era capace di guidarlo lungo
la strada del padre, incendiò tutto quello che c’era sulla terra ed anch’egli morì fulminato, ha l’apparenza di una favola, però si tratta
in realtà della deviazione dei corpi celesti che girano intorno alla
terra e che determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione,
mediante una grande quantità di fuoco, di tutto ciò che c’è sulla terra... Quando invece gli dei, purificando la terra con l’acqua, la inondano,... coloro che abitano nelle vostre città vengono trasportati dai
fiumi nel mare... Nel tempo successivo, accaduti grandi terremoti e
inondazioni, nello spazio di un giorno e di una notte tremenda...
scomparve l’isola di Atlantide assorbita dal mare; perciò ancora
quel mare è impraticabile e inesplorabile, essendo d’impedimento i
grandi bassifondi di fango che formò l’isola nell’inabissarsi».
PLATONE, Timeo, 22c-25d passim
«Mi fa una certa tenerezza sentire che l’asse terrestre si è spostato.
Mi fa tenerezza perché fa della Terra un oggetto più tangibile e fa-
cato, ma fanno parte della stoffa stessa dell’universo. E questo chiaramente è problema non banale per i rapporti tra
scienza e teologia. Di fatto è l’unico e serio problema che la
scienza oggi pone alla teologia.
Esempio di risoluzione della prova
Il punto di partenza migliore è la citazione di Thom. In fondo René Thom è l’uomo delle catastrofi. La sua fama scientifica è infatti principalmente dovuta ad una modellizzazione
esami conclusivi
matematica nota appunto come teoria delle catastrofi. Naturalmente in termini matematici la catastrofe non ha nulla di
catastrofico ma sta a indicare come ad una sequenza di stati
che si succedono lentamente può seguire una fase di transizione rapida, spesso non prevedibile. La transizione rapida
viene appunto indicata col termine di catastrofe.
miliare. Ce la fa sentire più «casa», piccolo pianeta dal cuore di pan-
movimento...? E poi, perché questi grandi volumi di acqua liquida
na, incandescente, che mentre va a spasso negli spazi infiniti insie-
che coprono i due terzi della nostra Terra?».
me al Sole, gli gira intorno, ruota su se stesso e piroetta intorno al
E. BONATTI, Ma è l’oceano che ci dà vita, IL SOLE 24 ORE, 2-1-2005
proprio asse – un ferro da calza infilato nel gomitolo del globo – che
con la sua inclinazione di una ventina di gradi ci dà il giorno e la
«Il XX secolo ci ha insegnato che l’universo è un posto più bizzarro
notte e l’alternarsi delle stagioni. Non è male ricordarsi ogni tanto
di quanto si immagini... Né l’instabilità dell’atomo, né la costanza
che la Terra è grande, ma non infinita; che non vive di vita propria
della velocità della luce si accordano allo schema classico della fisi-
in mezzo al nulla, ma ha bisogno di trovarsi sempre in buona com-
ca newtoniana. Si è aperta una frattura fra ciò che è stato osservato
pagnia; che non è un congegno automatico ad orologeria, ma che
e quanto gli scienziati possono invece spiegare. A livello microsco-
tutto procede (quasi) regolarmente soltanto per una serie di combi-
pico i cambiamenti sono improvvisi e discontinui: gli elettroni sal-
nazioni fortunate. La Terra è la nostra dimora, infinitamente meno
tano da un livello energetico all’altro senza passare per stadi inter-
fragile di noi, ma pur sempre fragile e difesa soltanto dalle leggi
medi; alle alte velocità non valgono più le leggi di Newton: la rela-
della fisica e dalla improbabilità di grandi catastrofi astronomiche...
zione fra forza e accelerazione è modificata, e così pure la massa, le
Quella dello spostamento dell’asse terrestre è solo una delle tante
dimensioni e perfino il tempo... La speranza che tutti i fenomeni na-
notizie-previsioni di matrice scientifica... C’è chi dice che a questo
turali possano essere spiegati in termini di materia, di forze fonda-
evento sismico ne seguiranno presto altri “a grappoli”... Altri infine
fanno previsioni catastrofiche sul tempo che sarà necessario per ripristinare certi ecosistemi... Ciò avviene... perché moltissime cose le
ignoriamo, soprattutto in alcune branche delle scienze della Terra...
La verità è che, eccetto casi particolarmente fortunati, non siamo
ancora in condizione di prevedere i terremoti e i maremoti».
E. BONCINELLI, Dall’asse distorto ai grappoli sismici. Quando
la scienza vuol parlare troppo, CORRIERE DELLA SERA, 2-1-2005
«La violenza assassina del sisma ci pone davanti alla nostra nuda
condizione umana e alle nostre responsabilità. Inadeguatezza delle
nostre conoscenze, l’insufficienza delle nostre tecnologie... Un punto tuttavia – tutto laico – è ineludibile: dobbiamo investire nuove
energie sul nesso tra natura e comunità umana. Energie di conoscenza, di tecnologie ma anche di solidarismo non genericamente
umanitario, ma politicamente qualificato».
G.E. RUSCONI, L’Apocalisse e noi, LA STAMPA, 30-12-2004
mentali e di variazioni continue è più esile di quanto si creda, anche negli ambiti di ricerca più familiari. Ciò vale per buona parte
della fisica e per alcuni aspetti della chimica, scienza che solo nel
XIX secolo è divenuta rigorosamente quantitativa, mentre è molto
meno vero per la chimica organica e per la biochimica. Scienze della Terra, come la geologia o la meteorologia, in cui la complessità
non può essere troppo idealizzata, si basano più su descrizioni e
giudizi qualitativi specializzati che su una vera teoria».
VOODCKOC - M. DAVIS, La teoria delle catastrofi, Milano, 1982
«Comprendere il mondo, agire sul mondo: fuor di dubbio tali sono
gli obiettivi della scienza. In prima istanza si potrebbe pensare che
questi due obiettivi siano indissolubilmente legati. Infatti, per agire, non bisogna forse avere una buona intelligenza della situazione,
e inversamente, l’azione stessa non è forse indispensabile per arrivare ad una buona comprensione dei fenomeni?... Ma l’universo,
nella sua immensità, e la nostra mente, nella sua debolezza sono
«Il paradosso è questo: i fattori che causano un maremoto... sono gli
lontani dall’offrirci sempre un accordo così perfetto: non mancano
stessi che, ragionando in tempi lunghi, hanno reso il nostro Pianeta
gli esempi di situazioni che comprendiamo perfettamente, ma in
un luogo privilegiato del sistema solare, dove la vita ha potuto svi-
cui ci si trova ugualmente in una completa incapacità di agire; si
lupparsi ed evolvere. Partiamo da considerazioni banali: gli ingre-
pensi ad un tizio la cui casa è invasa da un’inondazione e che dal
dienti di uno tsunami o maremoto sono due: grandi masse d’acqua
tetto sui cui si è rifugiato vede l’onda che sale o lo sommerge. In-
liquida, cioè l’oceano; e, sotto all’oceano, uno strato solido e rigido,
versamente ci sono situazioni in cui si può agire efficacemente sen-
la litosfera terrestre, che però si muove. La litosfera che giace sotto
za comprenderne i motivi... quando non possiamo agire non ci re-
gli oceani varia di spessore tra i 10 e gli 80 chilometri; in alcune zo-
sta più che fare buon viso a cattivo gioco e accettare stoicamente il
ne particolari è squassata periodicamente da improvvisi sussulti
verdetto del destino... Il mondo brulica di situazioni sulle quali vi-
con spostamenti di masse che possono trasmettere grande energia
sibilmente possiamo intervenire, ma senza sapere troppo bene co-
alle acque sovrastanti e causare il maremoto. Ma perché questi sus-
me si manifesterà l’effetto del nostro intervento».
sulti, perché questa litosfera solida ma viva, vibrante, sempre in
R. THOM, Modelli matematici della morfogenesi, Torino, 1985
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«
Sempre più ci rendiamo conto che questo strumento matematico modellizza situazioni che sono frequenti in natura:
piccoli cambiamenti si succedono nel tempo senza particolari conseguenze e poi, rapidamente si giunge al superamento
di una soglia ed ecco che il cambiamento è rapido ed imprevedibile e di grande portata.
Naturalmente questo aspetto, espresso nel linguaggio asettico
della matematica, sembra semplicemente esprimere, e di fatto
esprime, una caratteristica strutturale del nostro Universo.
Ma il problema è ben più grave e profondo: dal punto di vista ontologico, il cambiamento rapido ed imprevedibile ha
spesso, come risultato, un evento che potremmo definire catastrofico in senso esistenziale e come tale portatore di sofferenza dolore e morte.
Due sono gli aspetti più generali: il nostro universo è caratterizzato da cambiamenti rapidi ed imprevedibili che si susseguono
a cambiamenti lenti e, pur se entro certi limiti, prevedibili.
Il modello gradualista e continuista, che così tanto ha prodotto per la biologia evolutiva contemporanea, è insufficiente a spiegare tutti gli eventi della natura ed ecco quindi un altro modello che si deve armonizzare al precedente. D’altra
parte si tratta di un ritorno a modelli passati, perché l‘idea
delle catastrofi per decenni alla fine del diciottesimo e all’inizio del diciannovesimo secolo è stata utilizzata per spiegare i grandi cambiamenti.
Il paleontologo francese Cuvier, attivo durante il periodo napoleonico, usò la teoria delle catastrofi per spiegare in senso
antievoluzionista le grandi estinzioni e quindi il succedersi
nel tempo, in uno stesso luogo, di faune e di flore.
Lamarck, poco prima, aveva proposto una teoria della trasformazione dei viventi nel tempo, per spiegare le successioni di faune e flore. Nasce la prima teoria moderna dell’evoluzione: le successioni erano il risultato di trasformazioni
continue determinate dall’influenza diretta dell’ambiente sul
vivente. Le strutture anatomiche e fisiologiche di un essere
vivente cambiavano durante la vita per rispondere alle sollecitazioni ambientali (uso e disuso degli organi) e poi questi
cambiamenti venivano ereditati dalla prole (eredità dei caratteri acquisiti). L’ambiente faceva sì che le strutture di un
vivente cambiassero per rispondere alle sollecitazioni.
Si tratta di un cambiamento graduale, non catastrofico e nell’insieme armonico con una catena di cause continuamente
collegate tra loro e che ben si inseriva nella visione ottimistica dell’illuminismo. In fondo l’umanità, finalmente guidata
dalla ragione, si sarebbe mossa verso il più essere ed il meglio essere. In termini biologici voleva dire che la vita si
muoveva verso forme progressivamente più complesse e
culminava nell’apparizione dell’Uomo.
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»
Il tema delle catastrofi tocca anche l’illuminismo
.
L’ottimismo illuminista non era senza senso: in fondo la storia sembrava uscire dalle ristrettezze di continui ritorni, grazie alla scienza e alla tecnologia. Le grandi scoperte geografiche avevano portato nell’occidente cristiano sempre nuove
fonti di ricchezze, ma anche la consapevolezza delle possibilità dell’uso positivo della ragione.
Ma questa prospettiva ottimistica si incrina rapidamente perché l’illuminismo deve anche confrontarsi con le catastrofi. Il
terremoto di Lisbona prima e quello della Calabria poi, mostrano i drammatici limiti di una visione ottimistica della natura.
Il tema delle catastrofi diviene ben presente nella discussione del periodo illuminista. Nel momento in cui in fondo
sembrava che la ragione umana, realizzando a poco a poco il
sogno di Francesco Bacone, potesse aprirsi ad un futuro senza ignoranza, né sofferenza, ecco che il terribile terremoto di
Lisbona riapriva la discussione: la natura in fondo sembrava
ancora indomabile e imprevedibile e la ragione umana doveva comunque confrontarsi con la tragedia.
Come sempre questo cambiamento si riflette anche nel campo scientifico. Dopo la proposta lamarckiana emerge, con la
crisi della rivoluzione francese, la crisi del progetto illuminista. La rivoluzione rappresenta chiaramente un evento catastrofico e la non continuità sembra sottolineare i rischi tragici dei cambiamenti rapidi.
Nella discussione scientifica emerge la figura di Cuvier: collega di Lamarck al Museo di Storia Naturale di Parigi, fu decisamente un anti evoluzionista. Ottimo paleontologo toccava però con mano la successione nel tempo di faune e flore.
Occorreva una spiegazione diversa dal trasformismo lamarckiano. Ecco la catastrofe a cui Cuvier ricorre come ad un
vero e proprio Deus ex machina. La catastrofe è rapida, imprevedibile, elimina da una determinata regione tutti i viventi e poi la regione viene ripopolata da altre specie provenienti da altre aree.
Il riferimento storico era anche a quella unica grande catastrofe presente nella memoria di tutta l’umanità e che va sotto il nome di diluvio universale. Riportata nei testi sacri o nei
racconti di tutte le religioni e le mitologie, a parere di Cuvier,
era evidentemente testimoniata dall’Umanità primitiva.
Oggi la situazione è perfettamente la stessa. L’umanità sembra essere giunta molto vicino alla realizzazione del progetto baconiano, con progressi della tecnologia impensabili e
del resto con sviluppi altrettanto impensabili delle tecniche
mediche e biologiche.
Ma ecco che ricompare la catastrofe.
È interessante notare come in fondo il meccanismo culturale
che si confronta con la catastrofe è lo stesso di quello del periodo illuminista. Le ipotesi della biologia evolutiva, a caval-
esami conclusivi
«
»
La catastrofe è recuperata anche a livello di teorie evolutive
lo della seconda guerra mondiale, sono basate su un modello continuista e gradualista. Il gradualismo darwiniano, anche se prevede aspetti drammatici nell’azione della selezione naturale, non prevede cambiamenti bruschi e rapidi.
Ma la situazione presto cambia. La crisi della seconda guerra mondiale e la grande catastrofe tecnologica rappresentata
dall’utilizzo bellico della energia atomica, a cui seguirà il cosiddetto equilibrio del terrore, rappresentano il punto di
svolta: la catastrofe torna ad essere un elemento che si affianca al progresso e ne turba i sogni.
E la catastrofe riprende spazio anche come ipotesi scientifica
fino a diventare uno strumento importante per le ipotesi della biologia evolutiva. Non solo la catastrofe viene individuata,
grazie alla teoria della caduta dell’asteroide, come momento
importante per un passaggio chiave dell’evoluzione biologica,
cioè la transizione tra Cretaceo e Terziario collegata alla fine
dei dinosauri, ma per alcuni autori diviene fondamentale come strumento evolutivo. Le grandi estinzioni di massa divengono gli strumenti che accelerano i processi evolutivi, liberando numerose nicchie ecologiche e quindi permettendo nuove
radiazioni adattative. Insomma la catastrofe recuperata a livello di teorie evolutive, descritta nelle modellizzazioni matematiche, importante nelle teorie fisiche del caos e della complessità è parte integrante della struttura del nostro universo.
Probabilmente senza eventi come lo tsunami, non avremmo
avuto l’evoluzione.
Si apre sempre di più una visione drammatica della natura
con cui l’umanità deve fare i conti e convivere. La prospettiva del futuro si presenta quindi difficile ma affascinante.
Testi
Come si vede, questo tentativo di trattazione esula dai testi
che erano stati proposti; in fondo ci siamo permessi di concentrarci maggiormente sul problema biologico, anche se con
aperture alla filosofia (per una riflessione comune anche con
la teologia e quindi anche con l’insegnante di religione, ci permettiamo di rimandare anche alla trattazione proposta nel
nostro testo: Biologia, La Scuola, Brescia 2000, pp. 106-136).
A questo punto quali proposte possiamo suggerire per testi che servano da traccia?
Penso che il primo approccio sia da collegare al dibattito
dell’ illuminismo. Sarebbe interessante andare a recuperare
citazioni vuoi dai testi di Lamarck come di Cuvier. Tra l’altro
Lamarck, entra anche nel dibattito tra Voltaire e Rousseau
(Lamarck, Opere, UTET, Torino 1969, p. 318 in nota), nato do-
.
po il terremoto di Lisbona. Di Lamarck tra l’altro è stata anche pubblicata una edizione scolastica della Filosofia zoologica a cura di Giulio Barsanti (J.B. Lamarck, Filosofia Zoologica, La Nuova Italia, 1976). Da questo testo è possibile trarre
molte indicazioni sul gradualismo lamarckiano.
Più difficile è reperire materiale su Cuvier in fondo abbastanza
dimenticato dai non specialisti e al di fuori della Francia. Ma
recentemente è stato pubblicato in un’agile edizione tascabile
uno dei suoi testi chiave: Recherches sur les ossements fossiles de
quadrupèdes, Flammarion, 1992, e nel testo molti passi trattano
del problema delle rivoluzioni e delle catastrofi. Tra l’altro è anche un testo molto bello di francese scientifico, e, là dove si è
fatto francese, anche solo come seconda lingua, sarebbe didatticamente utile poter proporre dei brani in lingua originale.
Naturalmente non è difficile nemmeno trovare brani di Voltaire e di Rousseau, in particolare del Candide, con la discussione sull’ottimismo.
Più complesso è trovare brani che riguardino il gradualismo
e le catastrofi in epoca contemporanea. S.J. Gould ha scritto
alcuni interventi sul gradualismo darwiniano e i suoi libri di
divulgazione sono stati pubblicati anche in Italia.
Infine, sul versante moderno della teoria delle catastrofi alcuni testi sulle estinzioni di massa: ancora il Gould de La Vita meravigliosa (trad. it. Feltrinelli, 1990), il libro sulle estinzioni di D.M. Raup (L’estinzione, trad. it. Einaudi, 1994).
Infine un’ultima indicazione, ma che ci sta particolarmente a
cuore: quest’anno è il cinquantenario della morte di Pierre
Teilhard de Chardin. Vi è un rinnovato interesse per la sua
opera in tutto il mondo. Dal punto di vista scientifico si riscoprono le sue proposte quali la biologia come scienza della complessità e la necessità di sviluppare una teoria della
Biosfera per comprendere fino in fondo i meccanismi dell’evoluzione. Dal punto di vista teologico proposte quali l’evoluzione come un muoversi verso, della vita verso la cerebralizzazione e dell’umanità verso il punto omega, il momento
della seconda venuta di Cristo. Nasce l’idea di un’Umanità
in cammino; il cammino può essere rallentato, deviato, presentare anche momenti drammatici e difficili, ma deve continuare in una prospettiva che apre al futuro dell’Umanità.
Da questo punto di vista recuperare alcuni brani dall’Ambiente divino, recentemente ripubblicato in Italia (Queriniana,
Brescia), può essere importante. In particolare la «divinizzazione delle passività» (pp. 47-66) è un esempio di come anche gli aspetti drammatici dell’esperienza umana possano
essere letti nella prospettiva teologica della salvezza.
Ludovico Galleni - Università di Pisa
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esami conclusivi
Tipologia C
Tema di argomento storico
Massimo De Angelis
LA TRACCIA MINISTERIALE
Europa e Stati Uniti d’America: due componenti fondamentali
della civiltà occidentale. Illustra gli elementi comuni e gli elementi di diversità fra le due realtà geopolitiche, ricercandone le
ragioni nei rispettivi percorsi storici.
Esempio di svolgimento
L’Europa ha limiti incerti. Sia al proprio interno che verso l’esterno. Geograficamente appare un’appendice del grande
spazio asiatico, coperta al di dentro da un reticolato di confini. La identità territoriale europea è stata perciò sempre cangiante, come ricorda Federico Chabod nella sua Storia dell’idea di Europa. Sicché quello che fu il suo centro originario, la
Grecia, venne in seguito considerato estraneo all’Europa
stessa, allorché quella nazione venne soggiogata dai Turchi
mentre le popolazioni dei grandi spazi del nord, i Germani,
a lungo tenuti per estranei alla nostra civiltà, ne divennero a
un certo punto il cuore pulsante, per eserciti non meno che
per costumi.
Tutto al contrario, i confini degli Stati Uniti d’America sono
scolpiti con chiarezza immodificabile dal mare e anche all’interno essi hanno la semplicità di ciò che è giovane e convenzionale.
Sul piano sentimentale e psicologico si può facilmente dedurre che quel senso di continuità, autostima, sicurezza e indirizzo che troviamo da sempre e ancora oggi nel popolo
americano nasce dal loro ambiente nativo. Così come agli europei è connaturata la paura, l’incertezza e il senso di crisi, e
la furia distruttiva che germina per reazione da paura e incertezza secolari.
Ma torniamo al piano geografico. L’Europa nasce in Grecia
come civiltà del mare, quindi della fluidità dell’andar oltre
ogni confine, del movimento, dello scambio, del pluralismo:
etnico, religioso, culturale, economico, politico. È questo che
la differenzia e separa in modo permanente dalla grande
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Asia. L’Europa dell’età di mezzo, poi, quella franca e germanica, diviene invece civiltà di terra, delle radici, della tradizione, della gerarchia e dell’omogeneità. Tra l’una e l’altra fase il grande equilibrio romano. Anche in epoca moderna il filosofo Carl Schmitt ha fondato il dualismo europeo, mentale
assai prima che politico, tra potenze di mare e di terra. Inglesi, spagnoli, portoghesi, italiani da una parte, Tedeschi e
francesi dall’altra. Potenze laterali da una parte e centrali
dall’altra.
E l’America? Essa viene scoperta da un italiano, per volere di
una regina di Spagna. Ma saranno poi, gli Stati Uniti, figli
della potenza marinara europea per eccellenza: l’Inghilterra.
Negli Stati Uniti si trasferisce, così, quel senso di fluidità,
movimento, scambio, andar oltre ogni limite e quindi innovazione e creatività che è proprio delle potenze di mare. Senza però quel sentimento di inconsistenza e indeterminatezza
proprio degli europei ma con quella sicurezza e autostima
che agli americani è donata dai confini e dal ‘contenimento’
geografico. Il radicamento degli americani nella loro terra
non è dato per contrapposizione delle potenze di terra a
quelle di mare, come avviene per Franchi e Germani in Europa ma per naturale configurazione. Si può dire di più: per
gli americani la contrapposizione mare-terra è superata. Scrive Hegel in Lezioni sulla filosofia della storia: «Gli Stati liberi
nordamericani non hanno nessuno Stato confinante... Canada e Messico non incutono alcun timore». «Una immensa
pianura di acque avvolge l’Isola – un immenso oceano di terre ne costituisce l’interno». Perciò per gli americani la vita è
continuamente viaggio, libertà, creatività, innovazione.
La tesi che voglio qui sostenere è che è in questo superamento della dicotomia mare terra, che è poi quella tradizione-libertà etc., che si rintraccia il fondamento della grandezza nordamericana. Più ancora che nei grandi spazi e nelle
straordinarie risorse materiali che pure sono importanti ma
che, ad esempio, non scarseggiano neanche in Russia, dove,
però, mancano sia i confini che il mare. E dove trionfa ampiamente, invece, lo spirito asiatico. È nel superamento di
quella dicotomia, che è un dato spirituale, il segreto della
grandezza americana. E anche, perché no?, della sua vocazione imperiale.
La vocazione imperiale che in Europa, con eguale chiarezza
e fondamento, è stata propria solo di Roma. Qui il parallelo
si fa davvero suggestivo. Là dove per l’America vi è superamento del contrasto mare-terra, vi è per Roma equilibrio, mare nostrum: e cioè un mare fluido, garanzia di scambio, movimento, innovazione ma insieme delimitato entro chiari
confini, quasi riportato a configurazione terragna. Se per l’America il primato va a una libertà sicura di sé rispetto a ogni
tradizione, Roma coltiva la tradizione non meno della libertà. Entrambe creano un melting pot, come qualsiasi impero degno di tale nome. Entrambe hanno un valore universale da proporre e quando occorre da imporre: lo jus gentium
da una parte, la democrazia dei diritti universali dall’altra.
Infine il paragone tra Europa e Stati Uniti dovrebbe essere
questo tra Roma e America.
Sul piano della storia moderna, però, esso è quello tra una
madre e una figlia. Una madre (Europa) segnata, come detto, da una indeterminatezza originaria, quindi da un assetto
psicologico fondato su insicurezza e paura. E che veniva per
di più, dopo gli anni gloriosi dell’Impero, dalle invasioni, da
innumerevoli lutti, rovine, guerre di Stato e di religione, innominabili miserie, malattie, persino dall’incubo islamico.
L’Europa aveva trovato delimitazione e conciliazione nella
Santa Romana Chiesa, che con Benedetto era stata custode e
tramite della eredità romana. Dalla tutela della Chiesa, l’Europa, però, spasmodicamente recalcitrava. Come e vieppiù
fa oggi. L’identità cristiana è però l’unica possibile per l’Europa. L’unica alternativa effettiva al riconoscimento di tale
retaggio è la rinuncia e dissoluzione di ogni identità.
Ma torniamo al rapporto tra Europa e America. L’America
si sciolse dalle ossessioni della vecchia Europa. La sua rivoluzione fu questa separazione e fu quindi fonte di identità
nazionale e costituzionale. La rivoluzione francese, di poco
successiva, fu il rantolo invece della vecchia Europa, il rompere il filo della propria identità, l’inizio di una decadenza e
di una follia lenta e dolorosa quanto un suicidio troppo a
lungo protratto. Non si equivochi, qui. Per molto tempo è rimasto nascosto od oblìato che il sacrosanto moto di popolo,
volto a ottenere maggiore giustizia sociale e uguaglianza di
diritto e materiale, fu sviato dai propri naturali esiti riformistici e divenne invece base di una ideologia e di una ristretta
èlite intellettuale deicida, regicida sovversiva e totalitaria che
ha allungato la sua ombra funesta su tutta la storia d’Europa
successiva sino a oggi. I nazionalismi dell’Ottocento, la guerra civile europea del Novecento recano l’orma di tale terribile passaggio.
La rivoluzione americana fu fondativa, dunque, di una identità nazionale centrata sulla libertà e garantita dalla Costituzione. La rivoluzione francese fu invece il primo atto della dissoluzione europea, seguita dal secondo atto, la rivoluzione bolscevica, e dall’inevitabile contraccolpo: la reazione delle Destre
nazionali e la guerra civile. In questo senso la rivoluzione ame-
*
* ASTERISCHIDIKappa*
L’altro mondo
Negli USA le «auto blu» non esistono. Tutti in ufficio, anche
i grand commis di Stato, con mezzi propri. Semmai con
autista privato: pagato da chi lo ingaggia; anche se grand
commis. Negli USA, il Presidente ha emanato un'ordinanza
che obbliga però tutti i dipendenti statali al car pool; obbliga
quindi, anche gli alti dirigenti. Negli USA. Per dare buon
esempio ai dipendenti privati a cui il Presidente non può
imporre quest'obbligo.
esami conclusivi
ricana può essere classificata come espressiva di un istinto di
vita, quelle europee come portatrici di un istinto di morte.
La stessa dimensione religiosa, la Chiesa e le Chiese, hanno
giocato un ruolo diverso. In Europa sono state perseguitate
un po’ ovunque, in quanto espressione della propria stessa
identità rifiutata. In America sono cresciute assieme alla società civile, alla libertà, alla democrazia, allo Stato nazionale.
A partire di lì, la storia degli americani è stata insieme più
semplice e più dura. Se si visitano le università americane, le
aule magne sono spesso decorate da quadri che riproducono
l’immagine di grandi imprenditori mentre da noi si trovano,
nelle università tradizionali, immagini di aristocratici, nelle
altre un disagevole nulla. È questa la differenza che nasce
dalla diversa anzianità tra vecchio e nuovo continente, ovviamente. Ma non solo questo. Negli Stati Uniti è sempre stato chiaro, sin dagli inizi della sua storia, che la salvezza o la
rovina di un piccolo borgo dipendeva dalle condizioni naturali prima ma poi, soprattutto, dall’inventiva, dalla voglia di
darsi da fare, dalla creatività e anche dalla coesione morale
delle singole comunità. Non c’erano alibi e scuse. Ciascuno,
davvero, era artefice del suo destino. In un luogo una comunità prosperava, in un altro lì vicino, con analoghe o talvolta
persino migliori condizioni geografiche, essa andava in rovina. Da noi invece il risentimento contro lo sfruttamento e
l’oppressione ha finito col sopravanzare e schiacciare la creatività e la libera iniziativa.
Naturalmente la semplicità americana ha significato, e significa in certo senso ancora, durezza. Culturale e sociale. Se un
individuo non ce la fa è un suo difetto. Se una comunità declina è un suo difetto. Noi europei, invece, nel coniare spiegazioni e alibi storici, sociologici, culturali e psicologici al fallimento di singoli e gruppi siamo maestri.
Il guaio è che finiamo per considerare tali fallimenti alla stregua di un merito, quasi come il sigillo di una superiorità.
Usiamo ma infine detestiamo i benefici meccanismi del capitalismo. Cerchiamo di contenere ma infine adoriamo gli unguenti ed emollienti dell’assistenzialismo. Perché siamo il
frutto di una lunga crisi di identità, insicurezza, paura, indigenza e ci portiamo dentro tutto questo nel nostro dna. Detestiamo il cittadino medio americano descritto già da Tocqueville, desideroso di affermarsi e alquanto invidioso,
amiamo e odiamo insieme il ricco e il deraciné. Infine, riproduciamo in continuazione noi stessi, scissi e schizzati tra miseria e nobiltà, aristocrazia e servitù del tutto incapaci di progettare per noi stessi, cittadini liberi e democratici e lavoratori, una crescita discreta, continua, graduale, riformista.
Per un qualsiasi cittadino americano medio l’impresa, il riNUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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schio, la creatività economica è ovviamente il bene, l’assistenza è l’estremo rimedio. Per noi europei, l’impresa è
tutt’al più la gallina dalle uova d’oro da sfruttare quando si
può e a cui presto tirare il collo, il posto sicuro è il bene in sé.
Naturalmente si può dire che fra creatività e innovazione capitalista, con la sua carica distruttiva, e assistenzialismo welfarista, con le sue potenzialità conservative, può e anzi deve
trovarsi un punto di equilibrio. È una tesi senz’altro condivisibile e saggia che però, politicamente, è sempre stata tradotta nelle varie brodaglie riguardanti terze vie e affini.
Il problema non è però trovare una via di mezzo. È un secolo che noi europei ci proviamo senza riuscirci. E spesso
combinando enormi disastri. Il problema è sapere che l’unica economia che funziona è quella di mercato e come tale essa va fatta operare col minimo di impacci e che, al contempo,
non tutto può essere ridotto a economia ma che anzi esistono ambiti di socialità in cui sono senz’altro auspicabili «elementi di mercato» ma che al mercato sono irriducibili. E anzi se il mercato li colonizza distrugge i propri presupposti.
Mi riferisco alla sfera culturale ma in genere a quella della riproduzione (famiglia, scuola ecc.).
Libera socialità in libero mercato verrebbe da dire.
Tale impostazione, però, per esser seria, richiederebbe di riconquistare un centro spirituale in grado di dare equilibrio a
noi stessi. Perché non sfugge che la socialità è irriducibile al
mercato perché implica una dose grande di gratuità, in linguaggio cristiano di carità. Ma qui appunto si ritorna per l’Europa al tema della propria identità cristiana e del suo rifiuto.
L’Europa infine avrebbe bisogno di ritrovare un equilibrio
tra mare e terra, innovazione e conservazione, creatività e radici, sicurezza e libertà, autostima e scambio, mercato e gratuità. Tutto questo è presente nel passato europeo secondo
un dosaggio invidiabile dagli stessi
americani: nell’Impero romano e nella Grande Madre Chiesa. Ma noi europei, schiacciati dal nostro stesso
passato, rifiutiamo quel retaggio. Se
così è, i fantasmi del passato avranno
avuto il sopravvento su di noi. Tristemente, la caduta del Muro di Berlino, che tanti europei della nostra
generazione ha emozionato, potrebbe rivelarsi non un nostro nuovo inizio ma solo la nostra definitiva fine.
L’America, d’altra parte, chiamata
dopo la fine dell’Urss a compiti
straordinari di governo del mondo
in quanto unica superpotenza, legittimamente protesa a un ruolo di Impero, trarrebbe ausilio da un più pieno paragone con l’antico Impero di
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Roma, innanzitutto ricordando la capacità di quello di miscelare la chiara affermazione delle leggi romane con il rispetto delle tradizioni dei popoli sottomessi o satelliti; in secondo luogo sarebbe per l’America utile ricordare il celebre
motto si vis pacem para bellum che richiama il fine prioritario
della pace, che non esclude ma orienta l’uso delle armi: infine l’Impero romano fu grande ed equilibrato perché garantì
la pax… naturalmente romana.
Il giudizio sul tema
Il tema proposto è di grande interesse. Esso mi pare una scelta felice perché: 1) propone un tema storiograficamente cruciale; 2) un tema che è al contempo di grande attualità. Aggiungerei di grande attualità concreta e non ideologica: Europa e Usa sono realtà concrete a differenza, chessò, di antifascismo e anticomunismo; 3) allo stesso tempo è un tema
che consente agli studenti di mettere in campo la propria
ideologia che non è una parolaccia, e insomma di misurare
nell’analisi di un fenomeno storico-politico concreto il proprio bagaglio ideale e morale oltreché conoscitivo; 4) aggiungerei che il tema è felice in quanto consente varie chiavi
e livelli di sviluppo: si poteva infatti modulare lo svolgimento in chiave culturale, di costume, musicale, economica, sociale, antropologica e in ogni caso si sarebbe potuto creare un
eccellente elaborato storico. Perciò esso poteva anche risultare adatto per ogni tipo di scuola.
Tutto ciò aiuta naturalmente ad individuare criteri per il tema dell’anno prossimo: rilievo storico effettivo, attualità,
concretezza storico-politica; rilevanza etico-politica; possibilità di un approccio plurimo. L’area dovrebbe essere quella
del rapporto tra Occidente e Islam.
Massimo De Angelis
Direttore Fondazione Liberal
In basso a sinistra: New York, nel quartiere di Little Italy un immigrato assiste al «festival di S. Gennaro».
Tipologia D
esami conclusivi
Tema di ordine generale
Ubaldo Sanzo
LA TRACCIA MINISTERIALE
L’UNESCO ha dedicato il 2005 alla fisica e, con essa, ad Albert
Einstein, che nel 1905, con la pubblicazione delle sue straordinarie scoperte, rivoluzionò la nostra visione del mondo. La notorietà di Einstein è legata in modo particolare alla teoria della
relatività, ma anche alle sue qualità morali e ai valori ai quali
ispirò la sua azione: fede, non violenza, antifondamentalismo,
rispetto per l’altro, egualitarismo, antidogmatismo.
Riflettendo sulla statura intellettuale e morale dello scienziato e
sulla base delle tue conoscenze ed esperienze personali, discuti
del ruolo della fisica e delle altre scienze quali strumenti per la
esplorazione e la comprensione del mondo e la realizzazione delle grandi trasformazioni tecnologiche del nostro tempo.
Il re della sintesi
La fisica del secolo XIX ha prodotto la termodinamica, la teoria cinetica dei gas, l’elettromagnetismo e la teoria elettrodinamica della luce. Questi studi hanno messo in crisi l’immagine illuministica della scienza, che considerava la natura come una totalità omogenea interpretabile in termini meccanici. La teoria dinamica del calore, infatti, inficia il principio di
reversibilità della filosofia naturale newtoniana. La teoria cinetica dei gas, a sua volta, introduce la discontinuità e la statistica in fisica; mentre la teoria elettrodinamica della luce,
pur avendo Maxwell impostato l’elettromagnetismo secondo equazioni in linea con quelle della meccanica classica, risulta inadeguata per interpretare alcuni fenomeni luminosi
e, addirittura, paradossale per spiegare la radiazione del corpo nero.
Il progetto scientifico del giovane Einstein è di realizzare un
certo numero di sintesi teoriche, capaci di ricostituire un’immagine unitaria e armonica della natura e della scienza. Il
primo passo in questa direzione viene compiuto nel 1905,
quando egli pubblica tre memorie che indubbiamente hanno
segnato un’epoca.
In uno di questi scritti, dedicato ai moti browniani, Einstein
introduce una «formula generale» della pressione osmotica.
Dirime, così, le divergenze insorte tra termodinamica classica e teoria cinetica dei gas, a proposito della pressione esercitata da corpuscoli in soluzione su di una membrana, che ha
la proprietà di farsi attraversare dal fluido della soluzione
ma non dai corpuscoli. La formula di Einstein, peraltro, amplia lo spettro previsionale della termodinamica classica.
Dei tre saggi citati, il più apprezzato dagli specialisti è quello che tratta la natura della luce, tanto che, grazie ad esso, nel
1921, il suo autore verrà insignito del Premio Nobel. In que-
sto lavoro, Einstein azzarda una sintesi ardita: estende alla
teoria ondulatoria della luce, formulata da Maxwell, il concetto di discontinuità posto a fondamento della teoria cinetica dei gas e del moto degli altri corpi ponderabili. Ciò comporta la possibilità di considerare l’energia luminosa come
distribuita nello spazio sotto forma di quanti di luce o di fotoni. Questa soluzione risolve le contraddizioni insorte a
proposito della radiazione del corpo nero, spiega il fenomeno della fluorescenza, quello della produzione di raggi catodici mediante luce ultravioletta e altri fenomeni collegati alla «emissione e trasformazione della luce».
Il fisico di Ulm è, comunque, noto al grande pubblico come
il creatore della teoria della relatività. Il suo lavoro del 1905,
quello per il quale l’UNESCO ha deciso di onorarlo, sancisce
la nascita della così detta relatività ristretta. Per formulare la
propria sintesi, l’autore muove da due ipotesi. In primo luogo, assume che, per un sistema di coordinate per il quale valgono le equazioni della meccanica, valgano anche le equazioni dell’elettrodinamica e dell’ottica. Secondariamente, postula che la luce si propaghi nello spazio vuoto con una velocità, che è indipendente dalla natura del moto del corpo
che la emette. Queste due ipotesi sono del tutto sufficienti a
darci una semplice e consistente teoria elettrodinamica dei
corpi in movimento, perché da esse si deducono le equazioni di trasformazione dello spazio e del tempo, formulate da
Lorentz, e, per loro tramite, si può dimostrare che la relatività di Galileo è solo un caso particolare, dovuto al fatto che
la velocità del sistema considerato dallo scienziato pisano è
di gran lunga inferiore a quella della luce.
Le conseguenze di questa teoria riguardano sia la fisica sia la
matematica. Nel primo caso, va, infatti, osservato che la velocità della luce diventa un limite invalicabile e che, a velocità prossime a quella della luce, le lunghezze si contraggono e i tempi si dilatano; e, soprattutto che il concetto di etere, quale mezzo di trasporto delle vibrazioni luminose, diventa del tutto inutile. Da un punto di vista matematico, per
altro verso, la massa di un corpo cessa di essere una «costante» per diventare una «variabile» e, di conseguenza, Einstein è costretto a formulare l’equazione «relativistica», nella
quale pone la celebre equivalenza fra massa ed energia.
La teoria della relatività ristretta consente di descrivere fenomeni meccanici ed elettrodinamici mediante leggi che sono
valide solo per osservatori dotati di moto rettilineo uniforme.
Einstein lavora circa dieci anni per superare questa limitazione. Risolve il problema nel 1915, quando, formulando una
nuova sintesi, afferma che il campo gravitazionale apparente,
prodotto da un semplicissimo moto accelerato, non è distinguibile da un vero campo dovuto all’attrazione di una massa.
In altre parole, afferma che «un campo gravitazionale omogeneo è del tutto equivalente a un sistema di riferimento uniformemente accelerato». La relatività generale si fonda, pertanto,
sul principio di equivalenza tra gravità e accelerazione.
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elettrica, al telegrafo, alla radio, all'automobile, all'aeroplano, alla dinamite e ai metodi di conservazione dei generi alimentari ma, soprattutto, a quelle scoperte della biologia e
della medicina, che hanno portato alla produzione di preparati per alleviare il dolore e hanno consentito di eliminare
malattie in precedenza considerate incurabili.
In conclusione, per Einstein, la tecnologia libera l'uomo dall'eccessivo lavoro fisico, che un tempo era indispensabile per
la sola sopravvivenza. In ragione di ciò, lo studioso di Ulm
ritiene che le applicazioni pratiche della scienza siano fra le
cause che hanno maggiormente contribuito all’abolizione
della schiavitù. Tutto ciò, avverte Einstein, non deve indurre
a chiudere gli occhi dinanzi ai gravi problemi e alle pesanti
responsabilità che le possibilità dell'innovazione tecnologica
ci costringono a fronteggiare.
La conseguenza più significativa di un tale punto di vista è
che, per formulare le leggi del campo gravitazionale, dobbiamo abbandonare la concezione comune dello spazio a tre
dimensioni, per sostituirla con quella di uno spazio curvo,
rappresentato da un sistema di coordinate gaussiane.
La teoria della relatività generale consente di stabilire, nota
la distribuzione di massa, la curvatura dello spazio-tempo in
una determinata regione dell'universo, e,
Il Maestro
quindi, di prevedere la deflessione della
luce in prossimità di grandi masse, il moSempre molto attento ai problemi della
to del perielio delle orbite planetarie e lo
formazione dei giovani, Albert Einstein ci
spostamento verso il rosso della luce proha lasciato riflessioni preziose sulla scuodotta da sorgenti luminose gravitazionali.
la. Partendo dalla convinzione che i valoCosa ancora più importante, le leggi einri della tradizione debbano essere tramansteiniane del campo gravitazionale soddidati da una generazione all'altra, egli si
sfano i principi di conservazione dell’emostra seriamente preoccupato del fatto
nergia e della quantità di moto. Inglobache lo sviluppo della vita economica ha
no, in altre parole, tutte le leggi newtoniaprogressivamente sminuito il ruolo della
ne sulla gravitazione.
famiglia quale portatrice delle tradizioni
Einstein, comunque, da uomo formatosi
e, quindi, quale luogo privilegiato dell’enel periodo a cavallo fra Otto e Novecenducazione. Ne consegue, afferma ancora,
to, è amante delle filosofie sistematizzanti.
che la continuità e la salvezza della società
Proprio per questo, è morto con il cruccio
umana dipendono, allo stato attuale, quadi non aver prodotto la più grande sintesi
si esclusivamente dalla scuola.
che la sua mente abbia partorito, quella di
Il compito è quanto mai arduo. A suo giucostruire una teoria totale del campo, che
Albert Einstein con il poeta Rabindranath Tagore.
dizio, educare significa mediare il rapconsentisse di dedurre le particelle eleporto tra individuo e società. Einstein
mentari e, quindi, di dimostrare, e non
crede che l’individualità debba essere
d’ipotizzare, il carattere atomico dell’econsiderata inviolabile ma è, al tempo stesso, convinto che
nergia.
l’individuo possa realizzarsi pienamente solo se considera
come proprio il benessere della comunità.
È grazie a questa prospettiva, che Einstein non si è mai schieL’estimatore della tecnologia
rato a difesa di un tipo particolare di orientamento culturale
e scolastico, né per quello tecnico-scientifico, né per quello
Non è raro, attualmente, cogliere negli intellettuali di qualumanistico. Non ha senso, egli dice, pensare che un tipo di
siasi estrazione culturale e politica un atteggiamento ostile
studio sia più importante di un altro. La pedagogia, a tutti i
alla tecnologia. Si sostiene che essa da mezzo si sarebbe tralivelli, deve risolvere problemi, deve essere una sorta di allesformata in fine e che si configuri come un gigantesco appanamento dell’abilità mentale. Quest’ultima deve essere edurato in continua crescita esponenziale insensibile ai più urcata alla critica e all’elasticità, perché sempre più gli uomini
genti bisogni umani, quali quelli della fame, della salute, deldovranno muoversi tra ingenti masse di informazioni da sel’ambiente.
lezionare e vagliare.
Einstein, uomo e ricercatore della belle époque, ha continuaEinstein scrive, alla metà degli anni trenta, che la pedagogia
to, invece, a credere per tutta la vita che la scienza renda posdovrebbe privilegiare l’attitudine a criticare rispetto all'acsibile, attraverso la tecnica, la realizzazione di beni che arricquisizione di conoscenze specialistiche, perché, se una perchiscono la nostra difficile condizione esistenziale, pur non
sona ha imparato a valutare, saprà lavorare in maniera indinegando che essi il più delle volte la complicano. Riconosce
pendente, sarà capace di trovare la propria strada e sarà,
questi meriti alla macchina a vapore, alle ferrovie, alla luce
quindi, in grado di adattarsi al progresso e ai mutamenti più
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di un’altra persona la cui istruzione generale consiste principalmente nell'acquisizione di conoscenze specifiche.
È un’affermazione profetica, dato che, sotto la pressione dell'innovazione tecnologica, molti mestieri mutano, alcuni
scompaiono, altri, prima impensabili, diventano necessari.
Di conseguenza, le aziende non hanno bisogno di addetti
che conoscano «un» mestiere, di persone «specializzate in
qualche cosa», quanto piuttosto di persone che sappiano
cambiare mestiere.
Il pacifista
esami conclusivi
bomba atomica, non esita a scrivere una lettera al suo amico,
il presidente degli U.S.A. Franklin D. Roosevelt, con la quale chiede che siano gli Stati Uniti a realizzare un tale progetto. Proseguendo su questa linea, nell’immediato dopoguerra, Einstein si dichiara favorevole alla produzione e alla conservazione di un certo numero di testate nucleari da parte
degli Stati Uniti, nella convinzione che si tratti di una misura tesa a scoraggiare chiunque voglia scatenare un conflitto atomico. Ancora in questo caso, Einstein si giustifica
affermando che la responsabilità morale non è degli
scienziati, che hanno il compito di contribuire al progresso delle conoscenze, bensì di
chi fa cattivo uso delle nuove
conquiste intellettuali e tecnologiche, cioè dei politici.
Il pacifismo di Einstein ha origini lontane e risale agli anni
della sua adolescenza. È legittimo supporre che sia stato generato da una presa di posizione antimilitarista, maturata
come reazione contro le rigide strutture educative prussiane, ereditate dalla Grande
Germania, nella quale Einstein è nato e dove ha trascorso gli anni della prima formazione.
Oggetto di sua severa critica è
l’esercito, che Einstein definisce «una lebbra della civiltà»,
poiché la sua sola esistenza
comporta che qualsiasi controversia di rilievo venga risolta con la guerra. Inoltre, a
suo giudizio, sarebbe tipico
Nota a margine
della mentalità militare dedel testo ministeriale
gradare l’individuo a «materiale umano». In ragione di
Fino a qui si sono trattati
ciò, il grande scienziato conquattro possibili argomenti
sidera la leva obbligatoria
(ovviamente non i soli!), con i
una violazione della più imquali si può celebrare Albert
portante missione dello Stato,
Einstein, per il centenario delche è quella di proteggere
le sue prime importanti publ’individuo e di porlo in conblicazioni scientifiche. I temi
dizione di sviluppare una
trattati sono in linea con le riAlbert Einstein a Princeton, 1941.
personalità creativa.
chieste della traccia ministeLa conquista del potere da
riale, che parla, per un verso,
parte di Hitler segna, comunque, una svolta significativa neldi «straordinarie scoperte», di una rivoluzione nella «nostra
la concezione pacifista di Einstein. Egli ne limita la portata,
visione del mondo» e di «realizzazione delle grandi trasfordefinendosi «un pacifista militante ma non assoluto»; in almazioni tecnologiche»; e, per l’altro, di «qualità morali» e di
tre parole, un individuo contrario all’utilizzo della forza, sal«valori», cui si è ispirata l’azione del grande scienziato di
vo il caso in cui il nemico persegua come fine primario la diUlm.
struzione della vita.
Il tema indicato dal Ministero è interessante, d’indubbia atQuesto nuovo modo di definire il pacifismo comporta un ultualità e, correttamente, richiama la decisione dell’UNESCO.
teriore importante cambiamento nella mentalità di Einstein.
Presenta l’ulteriore vantaggio di consentire un facile reperiEgli ha sempre pensato che gli scienziati, il cui compito è la
mento di fonti attendibili, anche a livello giornalistico, per
ricerca di base, non debbano prestare alcuna collaborazione
poter affrontare la prova con relativa disinvoltura. Come
all’industria bellica. Questa sorta di «neutralità morale» dospiegare, allora, che questa traccia non ha trovato il favore
vrebbe impedire che le acquisizioni teoriche della scienza
dei candidati agli esami di maturità? Quali ragioni hanno
vengano usate per la creazione e lo sviluppo di strumenti di
spinto alcuni insegnanti a criticarla?
morte. Quando, però, teme che Hitler possa disporre della
Le considerazioni che seguono costituiscono uno dei possibiNUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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li tentativi per trovare una risposta alle precedenti domande.
Da un punto di vista generale, si potrebbe osservare che l’interesse delle istituzioni per le grandi figure della scienza contemporanea, in un mondo retto dalla comunicazione e più in
generale dalla tecnologia, è, non solo legittimo, ma addirittura doveroso. Sarebbe, allora, altamente produttivo introdurre nelle
scuole medie superiori
un insegnamento di
«Storia delle scienze»,
affidato a laureati specializzati, che avessero
il compito di mediare
le difficoltà cui va incontro lo studente, sottoposto alla disparità
d’intenti e di prospettive, che gli vengono
da due differenti approcci pedagogici e disciplinari,
quello
scientifico del professore di fisica (o di matematica, di chimica, di biologia) e quello umanistico del professore di filosofia e di storia.
Entrando più nello specifico, osserverei che la traccia è ambigua e vincolante. La prima osservazione si riferisce all’uso
del termine di «antifondamentalismo». Il «fondamentalismo», stando alla definizione che ne offre uno dei nostri più
qualificati e più recenti vocabolari, quello pubblicato dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana nel 1987, è un «Movimento
religioso protestante diffuso soprattutto negli Stati Uniti in
opposizione al protestantesimo liberale». È probabile, anche
se non risulta in maniera esplicita, che Einstein sia stato, in
questi termini, antifondamentalista. Il problema è, però, un
altro. Dopo l’undici settembre 2001, il temine «fondamentalismo» è usato, e abusato, esclusivamente con riferimento alla religione e al terrorismo islamico, oltre che a certe nefaste
conseguenze del conflitto iracheno.
A questo proposito, sarebbe stato opportuno tenere presente
che Einstein discende da famiglia ebraica, che ha vissuto in
prima persona lo strazio delle leggi razziali hitleriane e, infine, che è stato vilipeso da alcuni fra i suoi più celebri colleghi tedeschi, perché tacciato di voler sostituire, con la teoria
della relatività, una «scienza ebraica» alla «scienza ariana».
Questo insieme di considerazioni, più che note, può avere
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sollevato in un giovane diplomando, poco avvezzo alle analisi critiche e disincantate, il timore d’incorrere nel tranello di
tranciare giudizi ideologici, sempre pericolosi, anche a prescindere dal tipo di orientamento politico, e che, comunque,
nulla o poco avevano a che fare con Einstein uomo e con la
teoria della relatività.
Mi piace aggiungere che un fresco addottorato in «Storia della scienza», ovviamente interessato al personaggio Einstein,
leggendo la traccia ha commentato: «Non sapevo che Einstein fosse tanto buono!». Pensava, ovviamente, alla lettera a
Roosevelt e all’idea di Einstein che gli Stati Uniti dovessero,
al solo scopo di scoraggiare l’URSS, produrre, sia pure in maniera limitata, un certo numero di testate nucleari.
Questa nota suggerisce sottovoce che,
se vogliamo educare i giovani a una
critica attenta e
prudente, secondo
i dettami di Einstein, noi docenti,
con il Ministero in
testa, dovremmo
evitare eccesso di
retorica e tesi prefabbricate. È indubbio che, nella
circostanza, un tale
sforzo non sia stato
fatto e che la traccia del tema, così
come è stata formulata, può aver
creato un ulteriore
motivo di perplessità a chi, già in condizioni di forte tensione emotiva, affronta l’esame di maturità.
Nessuno crede più alla favola che la storia sia la scrupolosa
descrizione di fatti realmente accaduti. Esistono, però, dati
acquisiti. Uno di questi è: «Nessun uomo è perfetto», dal che
consegue: «Gandhi non era [anche] Einstein» e «Einstein non
era [anche] Gandhi».
Il Ministero avrebbe reso un ottimo servizio alla comunità
scolastica, se si fosse limitato a proporre:
Il 2005 è, per l’UNESCO, l’anno di Einstein. Come racconteresti
l’uomo e lo scienziato?
Ubaldo Sanzo, Università di Lecce
BIBLIOGRAFIA
A. Einstein, Opere scelte, a cura di E. Bellone, Bollati Boringhieri, Torino 1988.
A. Pais, «Sottile è il Signore...». La vita e la scienza di
Albert Einstein, Bollati Boringhieri, Torino 1986.
A. Pais, Einstein è vissuto qui, Bollati Boringhieri,
Torino 1995.
esami conclusivi
Lingua straniera
Liceo linguistico
Enrico Reggiani
A
A cosa serve la seconda prova scritta di lingua straniera?,
verrebbe da chiedersi e qualcuno potrebbe rispondere a
questo banale interrogativo con irridente sufficienza, manipolando una famosa formula attributa a James Carville,
stratega dei democratici americani, e impiegata durante la
fortunata campagna elettorale di Bill Clinton nel 1992. Dunque, «it’s the Liceo Linguistico, stupid». Eppure, verrebbe
da aggiungere: è proprio questo il problema. Durante lo
scorso anno scolastico 2004-2005, sospeso nel limbo delle innumerevoli prove generali di una “riforma sommersa” e
sulla soglia dell’auspicata “riforma necessaria”1 che ormai si
profilava all’orizzonte, il Liceo Linguistico – «nato e rimasto
non statale, e [sottoposto] a tutti i tentativi di imitazione, attraverso le sperimentazioni più impensate e a volte insensate, operati da scuole di Stato»2 – è rimasto fedele alla sua storia problematica e la sua seconda prova scritta non ha mancato di risentirne e di suscitare le consuete, irrisolte perplessità. Se ne è messa, come al solito, in dubbio l’adeguatezza
e l’effettiva conformità con eventuali criteri fondativi e ispiratori, ma non sempre – anzi, assai di rado – la relativa tradizione orale ha offerto spunti pertinenti per la definizione di
questi ultimi.
Proviamo ad offrire qualche modesto spunto di riflessione. È, ad esempio, indubbio che quei criteri non dovevano e non dovrebbero essere quelli – invero assai generici
o, non di rado, orientati verso un’oralità comunque dominante e semplicisticamente (non) definita – che i Programmi d’Insegnamento del 1944 attribuivano al Ginnasio
1. Giuseppe Bertagna ricorda la metafora “riforma sommersa”, escogitata dal rapporto CENSIS 1989 (Norma e progetto. Indagine sui modelli organizzativi della scuola italiana, Milano, Franco Angeli, 1989), nel volume La Riforma Necessaria. La Scuola Secondaria Superiore 70 anni dopo la riforma Gentile, Brescia, La Scuola, 1993, p. 13.
2. Associazione Nazionale CNOS/Scuola, 371/04. Una nuova configurazione delle istituzioni scolastiche e formative, Informazioni CNOS/Scuola, n. 28/2004 – 23 novembre 2004, p. 17 (http://www.acton.org/ital/ppolicy/scuola/2004/Scuola_04_28.pdf).
LA TRACCIA MINISTERIALE
Corsi di ordinamento - corsi sperimentali Progetti: «Brocca»-«Proteo»-«Autonomia»
Tema di: Lingua straniera
(Testo valevole per tutte le lingue)
Svolgi, nella lingua straniera da te scelta, uno dei seguenti temi.
I
La figura dell’anziano nelle opere letterarie straniere dell’Ottocento e/o del Novecento.
Sviluppa il tema, soffermandoti su un’opera a te nota nella quale
l’autore descrive la vita dell’anziano, sia in relazione alla situazione esistenziale del personaggio, sia nei rapporti con gli altri.
II
Il premio Nobel Rita Levi Montalcini, nel libro “Tempo di azione”,
sottolinea la necessità di un nuovo umanesimo in cui l’uomo, utilizzando le tecnologie e i nuovi saperi scientifici, la volontà e l’in-
telligenza, si adoperi per ridurre le disparità e la sofferenza del
mondo.
Affronta l’argomento, esponendo la tua opinione riguardo alle misure e agli strumenti da impiegare per dare al problema soluzioni
possibili.
III
Nella odierna società caratterizzata da rapidi mutamenti e trasformazioni e da ritmi di lavoro frenetici, imposti anche dalle leggi di
competitività del mercato, il tempo libero svolge una funzione di
equilibrio delle forze fisiche ed intellettive.
Durante il tempo libero si possono sfruttare le risorse della propria
personalità, svolgere attività individuali o condividere progetti con
gli altri.
Sviluppa il tema proposto alla luce della tua esperienza personale.
____________________________
È consentito soltanto l’uso di dizionari monolingue e bilingue.
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esami conclusivi
Superiore e al Liceo Classico («rendere conto per iscritto»
di esercizi di conversazione) o al Liceo Scientifico (consolidamento di «riflessioni sintattiche» attraverso «composizioni»)3; e neppure quelli formulati nei successivi Programmi d’Insegnamento del 1961 per gli Istituti Tecnici Industriali («esprimersi […] per iscritto, nella lingua straniera quale oggi si parla [!]», anche attraverso una «conversazione […] svolta anche per iscritto» e «brevissime
composizioni»)4 o per gli Istituti Tecnici Commerciali (che
modificano quanto ricordato per i precedenti inserendo,
ad esempio, la prassi del «dialogo […] anche per iscritto»,
«esercizi di composizione, descrittivi ed epistolari», «redazione di lettere», «relazioni commerciali», et al.)5. È,
inoltre, altrettanto indubbio che quegli stessi criteri dovevano e dovrebbero richiamare le coordinate della dimensione testuale6, nelle sue differenti manifestazioni e rispetto ai molteplici requisiti che andrebbero soddisfatti per
attestare una consapevole competenza testuale, organica-
mente strutturata intorno agli assi della ricezione e della
produzione e secondo i fondamentali livelli linguistico-comunicativi (logico-concettuale, pragmatico, tipologico,
diamesico, ecc.)7. Veniamo finalmente all’interrogativo a
cui cercherà di dare risposta questo breve contributo per
necessità testuale sintetico: nel contesto dell’odierna «abissale distanza che separa i giovani dall’uso corretto della
parola scritta»8 nella loro lingua, è possibile affermare che
le prove di lingua straniera proposte ai maturandi del Liceo Linguistico alla fine dello scorso anno scolastico 20042005 rappresentano un adeguato strumento di valutazione della loro competenza testuale?
3. Ginnasio Superiore. Liceo Classico. Liceo Scientifico. Orari e programmi d’insegnamento, Milano, Pirola Editore, 1981, pp. 6 e 26. L’autore esprime un vivo ringraziamento alla redattrice Anna Maria Gavazzi per la preziosa collaborazione prestatagli nel
reperimento di queste fonti documentali.
4. Istituti Tecnici Industriali. Programmi d’Insegnamento. D.P.R. 30 settembre 1961,
n.1222, Milano, Pirola Editore, 1980, p. 26.
5. Istituti Tecnici Commerciali […] Programmazione. D.P.R. 30-9-1961, n.1222;
D.M. 15-5-1968; D.P.R. 28-1-1972, n. 123, Milano, Pirola Editore, 1981, pp. 1521.
6. Cfr. Bona Cambiaghi –Gianfranco Porcelli, L’insegnamento della lingua straniera nei
primi due anni della scuola secondaria superiore, La Scuola, Brescia 1994, pp. 106107. Si vedano inoltre le Indicazioni didattiche relative alla produzione scritta di cui alle pp. 121-122.
7. Cfr., ad esempio, in questa prospettiva Sergio Cigada, Corso di Tecniche Espressive
e Tipologia dei Testi, a cura di Mario Baggio e M. Teresa Girardi, La Scuola, Brescia
2005; Manuale di scrittura e comunicazione: per la cultura personale, per la scuola, per
l'università, di Francesco Bruni e di Gabriella Alfieri, Serena Fornasiero, Silvana Tamiozzo Goldmann, Zanichelli, Bologna 1997.
8. Valerio Lessi, Se insegnante fa rima con ignorante, «Avvenire», 26 maggio 2000.
LE TRACCE MINISTERIALI
Testo letterario - Lingua francese
(comprensione e produzione in lingua straniera)
– Non, madame Octave.
– Ah! ma pauvre fille, il faut que vous l’ayez solide votre tête, vous pouvez remercier le Bon Dieu.
Quand Françoise, après avoir veillé à ce que mes parents eussent tout ce
C’était la Maguelone qui était venue chercher le docteur Piperaud. Il est
qu’il leur fallait, remontait une première fois chez ma tante pour lui
ressorti tout de suite avec elle et ils ont tourné par la rue de l’Oiseau. Il
donner sa pepsine et lui demander ce qu’elle prendrait pour déjeuner, il
faut qu’il y ait quelque enfant de malade.
était bien rare qu’il ne lui fallût pas donner déjà son avis ou fournir des
– Eh! là, mon Dieu, soupirait Françoise, qui ne pouvait pas entendre
explications sur quelque événement d’importance:
parler d’un malheur arrivé à un inconnu, même dans une partie du
– Françoise, imaginez-vous que M Goupil est passée plus d’un quart
monde éloignée, sans commencer à gémir.
d’heure en retard pour aller chercher sa sœur; pour peu qu’elle s’attar-
– Françoise, mais pour qui donc a-t-on sonné la cloche des morts? Ah!
de sur son chemin cela ne me surprendrait point qu’elle arrive après
mon Dieu, ce sera pour Mme Rousseau. Voilà-t-il pas que j’avais oublié
l’élévation.
qu’elle a passé l’autre nuit. Ah! il est temps que le Bon Dieu
– Hé! Il n’y aurait rien d’étonnant, répondait Françoise.
me rappelle, je ne sais plus ce que j’ai fait de ma tête depuis la mort de
– Françoise, vous seriez venue cinq minutes plus tôt, vous auriez vu
mon pauvre Octave. Mais je vous fais perdre votre temps, ma fille.
passer Mme Imbert qui tenait des asperges deux fois grosses comme cel-
– Mais non, madame Octave, mon temps n’est pas si cher; celui qui l’a
les de la mère Callot; tâchez donc de savoir par sa bonne où elle les a
fait ne nous l’a pas vendu. Je vais seulement voir si mon feu ne s’éteint
eues. Vous qui, cette année, nous mettez des asperges à toutes les sau-
pas.
ces, vous auriez pu en prendre de pareilles pour nos voyageurs.
Ainsi Françoise et ma tante appréciaient-elles ensemble, au cours de cet-
– Il n’y aurait rien d’étonnant qu’elles viennent de chez M. le Curé, di-
te séance matinale, les premiers événements du jour. Mais quelquefois
sait Françoise.
ces événements revêtaient un caractère si mystérieux et si grave que ma
– Ah! je vous crois bien, ma pauvre Françoise, répondait ma tante en
tante sentait qu’elle ne pourrait pas attendre le moment où Françoise
haussant les épaules, chez M. le Curé! Vous savez bien qu’il ne fait
monterait, et quatre coups de sonnette formidables retentissaient dans
pousser que de méchantes petites asperges de rien. Je vous dis que cel-
la maison.
les-là étaient grosses comme le bras. Pas comme le vôtre, bien sûr, mais
– Mais, madame Octave, ce n’est pas encore l’heure de la pepsine, disait
comme mon pauvre bras qui a encore tant maigri cette année... Françoi-
Françoise. Est-ce que vous vous êtes senti une faiblesse ?
se, vous n’avez pas entendu ce carillon qui m’a cassé la tête ?
– Mais non, Françoise, disait ma tante, c’est-à-dire si, vous savez bien
me
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esami conclusivi
Il tema di lingua straniera
Se il Testo si propone come «valevole per tutte le lingue»,
non è detto che il Tema da elaborare (che resta anche obiettivo testuale di dimensioni non identificate) lo sia, soprattutto
senza adeguate mediazioni (didattiche) per tutte le culture che
“tutte le lingue” presuppongono tra Ottocento e Novecento:
per dirla con un eufemismo, il rischio di banalizzare questioni meritevoli di ben altra attenzione da parte dei discenti in nome di presunte necessità valutative (e di consolidare,
anzi istituzionalizzare, una loro diffusa propensione al pensiero debolissimo…) è dietro l’angolo. Per questo, ad esempio
nella traccia del primo tema, pur tacendo della ardita polisemia del termine «figura», non si possono non segnalare, a titolo di esempio, altri elementi testuali di non immediata ricezione: l’ambiguità del riferimento all’«anziano», categoria
antropologica “fluida” da sempre, ma soprattutto tra Ottocento e Novecento (e, nell’italiano d’oggi, non sovrapponibile per varie ragioni a quella complementare di “vecchio”); la
vaghezza del riferimento a «opere letterarie straniere», senza indicazioni di genere testuale/letterario o d’altro tipo che
possano guidare l’elaborazione; il pericolo che la nebulosità
dell’accostamento dei periodi «dell’Ottocento e/o del Novecento» (persino secondo la modalità e/o!) produca sovrapposizioni o accostamenti culturali altrettanto impropri e/o
acrobatici9; fino all’eccesso di biografismo, esplicitamente richiesto nell’analisi di un eventuale personaggio che pare –
però – scollegato dalla cultura del suo tempo ad implicita
conferma del rischio di indistinzione di cui si è detto sopra
per la dizione «dell’Ottocento e/o del Novecento».
Applicando lo stesso reading approach qui sinteticamente
esemplificato ai fattori (testuali) delle tracce degli altri due temi, il risultato (non felicissimo…) non cambia. Nella seconda traccia viene, infatti, proposto un argomento monumentale che rischia, se non adeguatamente istruito, di esorbitare
dalle potenzialità formative del contesto liceale e che s’intuisce enunciato come esplicitazione di un “problema” (sinonimia impropria, questa, tra “argomento” e “problema”, che
certo non facilita l’elaborazione testuale… ). Sorgerebbe irrefrenabile una domanda non gratuita: davvero si pretende
9. Proprio in questi giorni ho raccolto testimonianza affidabile di una diligente ex-maturanda che ha commentato un’ardua relazione tra l’Ancient Mariner di Coleridge ed il
vecchio pescatore Santiago che Hemingway pone al centro di The Old Man and the Sea:
mi chiedo, pur apprezzandone le doti di discente, con quale livello di competenza testuale e culturale effettivamente accertabile secondo questo tipo di modalità valutativa…
que maintenant les moments où je n’ai pas de faiblesse sont bien rares;
qu’elle, qui avait renoncé à tout, trouvait pourtant, à apprendre qui Mme
un jour je passerai comme M Rousseau sans avoir eu le temps de me
Goupil avait à déjeuner, un plaisir aussi vif, et qui se ferait malheureu-
reconnaître; mais ce n’est pas pour cela que je sonne. Croyez-vous pas
sement attendre encore un peu plus d’une heure. « Et encore cela tom-
que je viens de voir comme je vous vois Mme Goupil avec une fillette que
bera pendant mon déjeuner! » ajouta-t-elle à mi-voix pour elle-même.
je ne connais point ? Allez donc chercher deux sous de sel chez Camus.
Son déjeuner lui était une distraction suffisante pour qu’elle n’en
C’est bien rare si Théodore ne peut pas vous dire qui c’est.
souhaitât pas une autre en même temps.
– Mais ça sera la fille à M. Pupin, disait Françoise qui préférait s’en te-
Marcel PROUST, Du côté de chez Swann, 1913, Gallimard
nir à une explication immédiate, ayant été déjà deux fois depuis le ma-
Compréhension
tin chez Camus.
– Pourquoi Madame Octave dit-elle à Françoise «tâchez donc de savoir
– La fille à M. Pupin! Oh! je vous crois bien, ma pauvre Françoise! Avec
par sa bonne où elle les a eues»?
cela que je ne l’aurais pas reconnue!
– Qui est Françoise ?
– Mais je ne veux pas dire la grande, madame Octave, je veux dire la ga-
– Où est allée la Maguelone? Pourquoi?
mine, celle qui est en pension à Jouy. Il me ressemble de l’avoir déjà vue
– Les événements dont Madame Octave parle à Françoise sont-ils vrai-
ce matin.
ment «d’importance»?
– Ah! à moins de ça, disait ma tante. Il faudrait qu’elle soit venue pour
– Qui est «le petit de chez Galopin»?
les fêtes. C’est cela! Il n’y a pas besoin de chercher, elle sera venue pour
– Pourquoi Madame Octave dit-elle à Françoise d’aller chez Camus?
les fêtes. Mais alors nous pourrions bien voir tout à l’heure Mme Sazerat
– Est-ce que Madame Octave pense que les asperges viennent de chez
venir sonner chez sa sœur pour le déjeuner. Ce sera ça! J’ai vu le petit de
M. le Curé?
chez Galopin qui passait avec une tarte! Vous verrez que la tarte allait
– Madame Octave dit «Et encore cela tombera pendant mon déjeuner!»
chez M Goupil.
Pourquoi?
– Dès l’instant que Mme Goupil a de la visite, madame Octave, vous n’al-
Production
lez pas tarder à voir tout son monde rentrer pour le déjeuner, car il com-
– Résumez le texte en quelques lignes.
mence à ne plus être de bonne heure, disait Françoise qui, pressée de re-
– Quelles sont vos impressions à propos des deux personnages de ce
descendre s’occuper du déjeuner, n’était pas fâchée de laisser à ma tan-
texte?
me
me
te cette distraction en perspective.
– Oh! pas avant midi, répondait ma tante d’un ton résigné, tout en jetant
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sur la pendule un coup d’œil inquiet, mais furtif pour ne pas laisser voir
È consentito soltanto l’uso di dizionari monolingue e bilingue.
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esami conclusivi
che i discenti possano essere culturalmente attrezzati per affrontare una traccia di questa estensione tematica? In ogni
caso, una volta operata la scelta (in questa cornice, peraltro,
non esente da controindicazioni di natura culturale) di ricorrere al volume di Rita Levi Montalcini, non era meglio proporne un frammento testuale emblematico (con microintroduzione) da commentare, invece dell’improbabile microparafrasi di cui si è detto? Perché non riportare, ad esempio, la citazione da Ilya Prigogine (1917-), premio Nobel 1977 per la
chimica, che vi compare nel prologo («L’importante è capire
che le sfide sono più stimolanti di noiosissime pseudo-certezze»)10 con adeguato spunto per l’elaborazione e per una riflessione davvero libera e responsabile (dunque, non obbligatoriamente “schiacciata” sulle posizioni dell’autore/autrice
citato/a), da intendere come coronamento formativo di un
percorso di maturazione personale e culturale?
Anche la terza traccia suscita lo stesso genere di perplessità,
che potrebbero essere sinteticamente esemplificate segnalando l’ambiguità semantica che circonda l’espressione «tempo
libero» quand’essa non sia adeguatamente definita. Gli
estensori della traccia la intendono forse (come sembrerebbe
a prima vista) nel senso marxiano di tempo liberato dal lavoro alienato e alienante oppure (in modo più aggiornato,
ma legato alla stessa matrice culturale) come «parte del tempo totale non destinata alla creazione di reddito»11? Inoltre,
nel formulare una traccia come questa e per evitare deleterie
banalizzazioni, non sarebbe stato opportuno tener conto del
fatto che, ai nostri giorni (che sono, per i discenti, i giorni dell’acquisizione di fondamentali abitudini culturali e competenze
ermeneutiche), i sociologi «sono costretti a mandare in soffitta
i loro saggi, si arrendono e devono ammettere che siamo di
fronte ‘ad una sostanziale dissoluzione del concetto stesso di
‘tempo libero’»12?
Questa, dunque, pare la morale della storia per quanto riguarda il tema di lingua straniera, con annesso rischio (didattico e pedagogico) da evitare negli anni a venire: le irrisolte ambiguità che il discente incontra nella ricezione del Testo delle tre tracce proposte per questa prova scritta non dovrebbero influenzare negativamente la sua produzione testuale e – non sembri paternalisticamente fuori luogo – indebolire la valenza formativa ed esperienziale della seconda prova
scritta qua talis, che rischia di essere vissuta con un tasso di
banalizzazione pari a quello riscontrabile nella formulazione
delle suddette tracce. Meglio ricorrere a primary sources, a citazioni da fonti originali con brevi corredi introduttivi e/o illustrativi, perché chi dovrà poi elaborarne gli spunti possa
muoversi con scioltezza e senza inciampi ansiogeni sulla sottile corda tesa tra ricezione e produzione.
10. Tempo di azione, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2004, p. 9.
11. Francesco Scacciati, Lontani da dove: Tempo libero e real economy, «Aprile», n.
107, luglio 2003 (Prima Pagina) (www.aprileperlasinistra.it/aprilerivista/
articolo.asp?ID=530&n=107).
12. Marina Cavallieri, Il tempo libero? È estinto, «La Repubblica», 23 ottobre 1998 (segnalazione bibliografica di Maria Carmen Belloni, s.v. “Tempo Libero”, in Enciclopedia
delle Scienze Sociali, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1998, vol. 8, pp. 557567).
LE TRACCE MINISTERIALI
Testo di attualità - Lingua francese
(comprensione e produzione in lingua straniera)
supplémentaires à s’être fixés entre Rhône et Saône entre 1999 et 2004,
selon les premiers résultats du nouveau recensement qui viennent
d’être rendus publics. Essentiellement des jeunes cadres moyens ou
1 Lyon: La capitale des Gaules est aussi celle du mieux vivre
er
supérieurs et même, c’est nouveau, des professionnels de la création
habituellement très attachés à Paris: architectes, publicitaires, spécialistes
Après Aix-en-Provence et Nantes à deux reprises, Lyon se hisse cette
du marketing s’installent avec leur famille tout en conservant un bureau
année à la première place. Afin de réaliser ce palmarès des villes, Le
à Paris où ils ne passent, TGV aidant, que deux jours par semaine. La
Point a brassé des milliers de chiffres et réuni, au final, 86 indicateurs
créatrice-styliste Nathalie Chaize, 41 ans, diffusée dans toute la France
objectifs. Deux cités de la région Rhône-Alpes progressent également:
et à l’étranger, s’est inévitablement posé la question de sa localisation.
Chambéry, dixième, seule «petite» ville à se classer dans le peloton de
C’est dans la capitale que se fait la mode, mais Nathalie Chaize se
tête, et Grenoble qui, portée par les investissements dans la recherche,
félicite chaque jour d’être restée lyonnaise: “Ici, j’ai les meilleurs artisans
finit sixième. Le magazine Time, qui consacrait cet été sa couverture aux
du textile sous la main», se réjouit-elle.
«capitales secrètes d’Europe», la qualifiait même de championne des
«40% de ma clientèle vient maintenant de toutes les régions de France et de l’é-
nanotechnologies.
tranger, confirme Yves Méttétal de l’agence immobilière Primmo. Et le
Alors, où trouver du travail assez facilement ? Où les enfants pourront-
phénomène s’accélère depuis cinq ans.» Une population active attirée par
ils étudier avec de bonnes chances de réussite ? Quelle ville lutte le
les possibilités de carrière: Lyon apparaît comme la ville de France la
mieux contre l’insécurité routière ? Contre la délinquance ? Où se trou-
plus dynamique sur le plan économique, la plus riche après Paris, et où
ve la richesse ? La puissance économique ? Pour Eva, 36 ans, hôtesse de
il est le plus facile de trouver un emploi. Le développement de l’aéro-
l’air chez British Airways, Lyon est le bon choix. Sans famille ni attaches
port Saint-Exupéry comme deuxième porte d’entrée sur le territoire na-
particulières, elle vient de s’installer dans la capitale des Gaules. «Cela
tional favorise grandement les postes à dimension internationale. «Lyon
devient infernal à Londres», explique la jeune femme. Mais surtout, avec
compte 25.000 emplois dans la banque et la finance, c’est la seule ville de Fran-
ses 200.000 euros d’économie, elle ne pouvait se payer outre-Manche
ce en dehors de Paris à atteindre ce niveau», note Robert Maury, directeur
qu’un petit studio, alors qu’elle vient de s’offrir ici un confortable 80 m2.
exécutif de l’Aderly (Agence pour le développement économique de la
«Et puis, il y a l’aéroport qui me permet de rejoindre ma base anglaise quand je
région lyonnaise).
veux», conclut l’hôtesse. Comme Eva, ils sont près de 23.000 habitants
C’est aussi son cadre de vie qui fait l’attractivité de Lyon. La montagne
62
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esami conclusivi
Comprensione e produzione in lingua
straniera: i testi letterari
Si è già segnalato sopra il rischio di indistinzione implicito
nella dizione «opere letterarie straniere dell’Ottocento e/o
del Novecento». Tuttavia, ciò che in quel contesto rappresentava un inconveniente – per così dire – intratestuale (ovvero riguardante gli elementi di quella proposta di soggetto
da elaborare ed i suoi rapporti interni), assume, nella seconda prova scritta di carattere letterario, vera e propria dignità
intertestuale (ovvero, in certo qual modo, riferibile all’insieme
delle relazioni tra i testi nelle varie lingue e dei vari autori
prescelti come oggetto di ricezione e come spunto per una
successiva produzione testuale): in certa misura, quell’inconveniente, da limitato che era, pare dunque assumere i
connotati di un vero e proprio “rischio di sistema”, segnalato da vari indizi, tra i quali, per amor di brevità, se ne selezionano tre tra quelli più immediatamente evidenti, lasciando ai pazienti lettori il compito di ulteriori integrazioni ed
approfondimenti.
In primo luogo, l’esame delle varie scelte autoriali evidenzia una ingiustificata disomogeneità: infatti, se è vero che il
repertorio di testi letterari da saccheggiare è inevitabilmente
sconfinato anche nonostante l’implicita e sensatissima restrizione alle «opere letterarie straniere dell’Ottocento e/o del
Novecento», verrebbe da chiedersi se possano esistere criteri
ragionevoli e, soprattutto, trasversali alle varie lingue straniere per la scelta di passi pertinenti, possibilmente fondati su
requisiti didattici, pedagogici, formativi. Le scelte operate in
occasione dell’Esame di Stato di Liceo Linguistico del 2005
non paiono rivelare tali criteri o altri eventualmente proponibili. Sempre restando nell’ottica della valutazione delle capacità di ricezione/produzione testuale delle maturande e dei maturandi, bisognerebbe davvero interrogarsi su ciò che hanno
realmente in comune dal punto di vista linguistico, letterario,
culturale, istituzionale, ecc. ecc. (si perdoni la schiettezza: a
meno di una sconcertante e banalizzante strumentalizzazione ad improbabili fini solo pseudoaccertativi e pseudoformativi…) la (davvero?) arcinota, raffinata e complessa testualità
fluidamente modernista di Du côte de chez Swann (La strada di
Swann) che Marcel Proust (1871-1922) pubblicò a proprie spese nel 1913; le articolate – perché (secondo la critica) moderne? moderniste? postmoderne? (sbrigativamente) novecentesche (quasi si trattasse di una categoria dello spirito o della testualità)? – coordinate autobiografiche del passo dal primo
volume della trilogia Die gerettete Zunge (La lingua salvata,
1977) di Elias Canetti (1905-1994), autore profondamente austriaco, ma, al tempo stesso, profondamente cosmopolita;
inoltre – con un salto coraggioso – il non universalmente noto (ma non per questo forse meno pregevole, anche se, in sede di Esame di Stato e per ragioni indubbiamente evidenti ai
più, sarebbero forse altri gli autori da privilegiare ...) dettato
poetico (I Dream of My Grandmother and Great Grandmother,
à moins de deux heures, la mer à trois, la campagne à trente minutes du
Le logement, voilà l’une des mauvaises notes enregistrées par Lyon où,
centre-ville et une offre culturelle de bon niveau: 124 écrans de cinéma
comme à Paris, la vente à la découpe d’immeubles entiers fait des rava-
dans l’agglomération, 13 théâtres, un opéra national. Le musée d’art
ges. Avec l’inflation des prix, il devient de plus en plus difficile de se lo-
contemporain de Lyon expose ainsi jusqu’en mai une rétrospective de
ger en centre-ville. «Mais avec tous les programmes qui vont être mis sur le
l’œuvre d’Andy Warhol. «Avant de s’installer à Lyon, les familles se rensei-
marché, les prix devraient baisser», promet le maire, Gérard Collomb. Dans
gnent aussi sur le niveau des écoles», précise Yves Méttétal. Depuis la ren-
les quartiers du Confluent, de Labuire, de l’Antiquaille, plus de 2000 lo-
trée, l’International School prépare au « bac international », ce que ne
gements, respectant la mixité sociale, devraient être livrés dans les trois
faisait pas le très réputé lycée international de Gerland.
ans.
(Claude Francillon, “Le Point”, 27 janvier 2005)
Et les 100.000 étudiants qui fréquentent les trois universités de Lyon, les
Ecoles normales supérieures «Lettres» et «Sciences», la grande école de
Compréhension
commerce EM-Lyon ou l’Ecole centrale seront bientôt réunis au sein
– Expliquez l’expression «le peloton de tête».
d’un Institut universitaire lyonnais, destiné à attirer étudiants et cher-
– Pourquoi Nathalie Chaize se félicite-t-elle de son choix?
cheurs de l’extérieur.
– Expliquez l’expression «son cadre de vie».
Lyon attire aussi les entreprises. Il y a dix ans, la commune traînait en
– Pourquoi Eva ne s’est-elle pas installée à Londres?
queue de peloton pour la création d’entreprises en France. Avec 3.215
– Y a-t-il à Lyon une importante vie culturelle?
créations en 2003, elle trône en troisième place. Le Club Med a ainsi
– Expliquez la phrase «De quoi faire encore flamber les prix du mètre
choisi de baser à Lyon une partie de sa direction. Les capitaux étrangers
carré».
affluent aussi. Il y a cinq ans, ils finançaient 30 % de l’immobilier de bu-
– Expliquez l’expression «TGV aidant».
reau de l’agglomération contre 70 % aujourd’hui, venus surtout d’Alle-
– Le problème du chômage est-il grave à Lyon?
magne, de Suisse, de Grande-Bretagne, des Etats-Unis. Le 1er janvier, le
Production
groupe américain Cargill s’est ainsi rendu acquéreur d’un lot de dix im-
– Résumez le texte en quelques lignes.
meubles de prestige du quartier Grolée, pour 87,2 millions d’euros. Un
– Quelles sont d’après vous les principaux indicateurs qui déterminent
parc immobilier de plus de 42.000 m2 de logements, de commerces et de
la qualité de la vie dans une ville?
bureaux qu’il compte rénover et revendre avec un joli bénéfice. De quoi
_____________________________
faire encore flamber les prix du mètre carré.
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esami conclusivi
dedicato a una condivisibile prospettiva transgenerazionale)
della italoamericana Maria Mazziotti Gillan, docente presso
la Binghamton University di New York, fondatrice e direttrice
del Poetry Center at Passaic County Community College, nonché
apprezzata curatrice de «The Paterson Literary Review» e di
numerose antologie letterarie di impianto multiculturale; infine – con un balzo di inusitata audacia – la prosa metaletteraria di Suso de Toro (1956-), giovane narratore spagnolo di
Santiago di Compostela, presenza intellettualmente brillante
e culturalmente suggestiva nell’ambito dell’informazione
cartacea, televisiva e radiofonica del suo paese, con una certa
propensione per l’ibridazione di registri e di dimensioni narrative. Si dirà che non bisogna eccedere con le pretese in materia di competenza testuale nei confronti dei discenti: pur
senza negare, anzi condividendo totalmente questa necessità
di coraggioso realismo, va comunque affermata la più radicale necessità di valutarne l’effettiva padronanza degli elementi fondativi dei livelli linguistico-comunicativi – trasversali e, perfino, omogenei rispetto alle varie lingue – a cui si è
fatto sopra fugace riferimento13.
13. Le precedenti osservazioni metodologiche valgono anche - ça va sans dire - per i
temi di lingua straniera relativi alle altre due lingue (russa ed ebraica) previste nel quadro della seconda prova scritta: dunque, ad esempio, anche per il testo letterario in lin-
LA TRACCIA MINISTERIALE
Testo letterario - Lingua inglese
(comprensione e produzione in lingua straniera)
I Dream of My Grandmother
and Great-Grandmother
5
10
15
20
25
30
35
I imagine them walking down rocky paths
toward me, strong, Italian women returning
at dusk from fields where they worked all day
on farms built like steps up the sides
of steep mountains, graceful women carrying water
in terra cotta jugs on their heads.
What I know of these women, whom I never met,
I know from my mother, a few pictures
of my grandmother, standing at the doorway
of the fieldstone house in San Mauro,1
the stories my mother told of them,
but I know them most of all from watching
my mother, her strong arms lifting sheets
out of the cold water in the wringer washer,
or from the way she stepped back,
wiping her hands on her homemade flour sack apron,
and admired her jars of canned peaches
that glowed like amber in the dim cellar light.
I see those women in my mother
as she worked, grinning and happy,
in her garden that spilled its bounty into her arms.
She gave away baskets of peppers,
lettuce, eggplant, gave away bowls of pasta,
meatballs, zeppoli, loaves of homemade bread.
“It was a miracle,” she said.
“The more I gave away, the more I had to give.”
Now I see her in my daughter,
that same unending energy,
that quick mind,
that hand, open and extended to the world.
When I watch my daughter clean the kitchen counter,
watch her turn, laughing,
I remember my mother as she lay dying,
how she said of my daughter, “That Jennifer,
she’s all the treasure you’ll ever need.”
I turn now, as my daughter turns,
and see my mother walking toward us
down crooked mountain paths,
40
behind her, all those women
dressed in black.
1 A small village in the province of Salerno, where the poet’s mother came from. The poet’s father migrated to the States in 1922, her mother in
1936.
M. MAZZIOTTI GILLAN, 1993, in Things My Mother Told Me, Guernica,
Buffalo, 1999
ANSWER THE FOLLOWING QUESTIONS
1. When the poet dreams of her grandmother and great-grandmother,
how does she envision them? What is the picture of them she has in her
mind?
2. Why does she know them most of all from watching her own
mother? What does she know about them from the way her mother
behaves? From the things her mother says?
3. Explain the phrase “..that spilled its bounty into her arms.” (line 21)
4. What does the mother mean in saying ”the more I gave away, the
more I had to give”? (line 26)
5. What is it about her, the poet’s daughter, that makes the poet remember her mother?
6. What is the significance of the last strophe and of the words “all
those women dressed in black.”? (lines 40-41)
7. What is the poets’ feeling about her Italian mother and all the
Italian women who were her ancestors?
8. Read the poem again and find out the language and images the
poet uses to depict rural life in South Italy in the early part of last century.
SUMMARIZE the content of the poem.
COMPOSITION:
Write an essay in which you use this poem to explore the theme of heritage and ancestry. How do the people who went before us influence
what we become as people? Include in your essay your interpretation of
the poet’s ideas about what constitutes an Italian. If you had to define
what you believe makes you and your family Italian, what characteristics
would you include?
Alternatively, write an essay based on this poem that explores the losses
that people suffered when they left the homeland they loved (in this
poet’s case, Italy) and settled in America. Try to imagine how your life
would have been different if your family had immigrated to America.
What is lost and what is gained by such a move? What does the poet say
about the difficulties of understanding the past when you are physically separated from the people who created the past?
____________________________
È consentito soltanto l’uso di dizionari monolingue e bilingue.
Il verso indicato nel documento ministeriale con il numero 35 è il verso n. 34 e quello indicato con il numero 40 è il n. 39 (n.d.r.).
64
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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Come secondo indizio del “rischio di sistema” che aleggia
intorno alla seconda prova scritta di carattere letterario,
vanno rilevate e stigmatizzate l’imprecisione e la discontinuità delle indicazioni poste a margine dei brani proposti e
ciò non tanto per un’acribia filologica affatto eccessiva nella
cornice dell’Esame di Stato di Liceo Linguistico, quanto piuttosto perché entrambe emblematiche di una carente richiesta
di attenzione al rapporto tra dati testuali ed extratestuali. Sono, infatti, precise ma scarne quelle unicamente bibliografiche relative al brano di Proust (che si dirà, non ha bisogno di
presentazioni…; ne siamo certi?); in accurato stile “germanico”, quelle che accompagnano il passo da Canetti, con i necessari riferimenti all’edizione a stampa, ma anche con utili
cenni cotestuali e contestuali; evanescenti o, meglio, invisibili (per non dire altro…) quelle che non troviamo a corredo
esami conclusivi
dell’ampia citazione spagnola, che resta, di conseguenza
aperta alla libera esplorazione testuale dei discenti; inadeguate e insufficienti quelle relative al testo inglese di un’autrice di fama non consolidata, al punto che la sua matrice itagua ebraica, che sono in grado di accostare grazie alla preziosa mediazione del Prof.
Don Gianantonio Borgonovo (Università Cattolica del Sacro Cuore – Seminario Arcivescovile di Milano) e che riguarda Rabbi Akivà, un personaggio importantissimo nel
contesto della seconda rivolta giudaica terminata con il famigerato 135 d.C. Questa la
traduzione dell’incipit: «Rabbi Akiva, uno dei più grandi saggi che siano mai sorti per il
popolo giudaico, disse: "Amerai il prossimo tuo come te stesso - questa una grande
regola nella Tôrâ". Egli era un grande umanista e vide in questa parola il comandamento più importante della Tôrâ».
LA TRACCIA MINISTERIALE
Testo di attualità - Lingua inglese
(comprensione e produzione in lingua straniera)
The real world behind James Bond
Documents and photographs released by MI51 have given a fascinating
insight into the real-life intrigue which inspired James Bond’s creator Ian
Fleming - from exploding fountain pens to human torpedoes.
5
So how much truth was there really in Ian Fleming’s James Bond?
Was it all the over-excited imagination of a writer - or did he let us
in on things that really happened?
Ian Fleming spent World War II in naval intelligence - and biographers have charted how his experiences inspired him to create
many of 007’s finest adventures.
But today MI5 has declassified secret documents shedding further
light on the real history of James Bond.
The papers at the National Archives document the secret war to defend Gibraltar. They are a story of brilliant impersonators, femmefatale agents and exploding fountain pens.
What’s more, they provide the full story of how an Italian plan for
human torpedoes inspired Fleming to write Thunderball, made into one of the earliest Bond films.
Battle for the Rock
10 During WWII, General Franco’s Spain was nominally neutral although hardly a friend of the Allies. And thanks to a personality
clash of epic proportions between Franco and Hitler, Gibraltar was
surprisingly spared direct assault.
But with the Germans, Spanish and Italians all wanting to prise the
British from their Mediterranean colony, a secret war of spying,
sabotage and smuggling began.
Fighting the British corner was the Security Intelligence Department, led by David Scherr. His personal history,
15 declassified after 60 years, provides today’s fascinating glimpse into counter-espionage. […]
Gibraltar was a hotbed of spies and informers and Scherr’s team
knew it. […] But while the British generally kept a lid on the Germans and Spanish - foiling 70 attacks in four years - Scherr records
the Italians were harder to crack.
Elite frogmen
The Italian secret weapon was the Tenth Flotilla MAS - frogmen
who successfully hit 14 merchant vessels in three years.
The Italians had created special torpedoes that could be piloted by
frogmen to their target, either from the beach or
20 submarines.
“The normal method of approach was to travel on the surface until 80 to 100 yards from the target and then to submerge,” Scherr records.
“Under the hull of the ship the MAS men would then leave their
detachable warheads [and incendiary devices] and then escape to
the Spanish shore using the torpedo to carry them to safety.”
25 In true James Bond style, the saboteurs would then come ashore on
the Spanish beach, strip out of their wetsuits and blend in until
they could be picked up from a safehouse.
Growing in confidence, the team secretly adapted a 5,000 tonne
tanker, the Olterra, which had been partially scuttled on the outbreak of war.
Cutting doors in the ship’s bow, the Italians created flood chambers
from which the human torpedo missions could be 30 launched.
Disco Volante
According to Ian Fleming’s biographer, Andrew Lycett, the fledgling writer was so inspired by the idea when it passed over his desk
at Naval Intelligence, he used it in Thunderball - the 1965 film of
which is best known for Sean Connery’s jetpack entrance.
In the film SPECTRE baddie Emilio Largo uses underwater doors and
human torpedoes as the means to smuggle stolen
35 nuclear weapons off his naturally luxurious yacht, the Disco Volante.
Back in the real world, the British were initially baffled by the attacks, thanks to some cunning disinformation put about by the
enemy. But the Italians unfortunately had no idea how good the
British double-agent network2 was to become.
One of the key double agents was a woman - one who more resembled Fleming’s concept of the Bond girl.
Codenamed the Queen of Hearts, David Scherr describes their first
encounter:
40 “This was a woman in her 30s whose dress, mannerisms speech
and general appearance made her a rather seedy but not unattractive imitation of the seductive female spy of the thrillerette type,”
he recalls.
“She sat down, crossed her legs (adjusting her skirt to reveal them
to the best advantage), slowly lit a cigarette, inhaled, breathed out
the smoke in a furtive fashion, looking down her long aquiline nose
at the same time, and then smiled across at her interrogator: ‘I am the
Queen of Hearts. Who are you?’”
1 The Security Service, more commonly known as MI5, is the UK’s security
intelligence agency. It is based in Thames House, London.
continua a pag. successiva
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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esami conclusivi
(eventuale) approccio non sembra indicativo di un indirizzo
metodologico trasversalmente condiviso ovvero intenzionalmente adottato da “tutte le lingue”, ma, al contrario, si rivela casuale e complessivamente azzardato.
È questo il terzo ed emblematico indizio del “rischio di sistema” di cui si diceva all’inizio di questa sezione e che è ampiamente confermato dall’apparato di domande offerte a
supporto della lettura dei vari passi in lingua straniera e più
centrate sul versante schiettamente contenutistico che su
quello più ampiamente testuale.
loamericana – che avrebbe dovuto essere maggiormente valorizzata in previsione dell’estensione di un commento – potrebbe, invece, essere soltanto faticosamente intuita dai discenti collazionando i dettagli del nome dell’autrice e della minuscola noticina a pie’ di pagina, oltre a quelli dispersi nel
testo. Beninteso, se adeguatamente preparata durante la normale attività didattica, non ci sarebbe nulla da obiettare alla
scelta di metodo che pare implicata soprattutto dalla seconda prova sul testo letterario spagnolo e forse diversamente
adombrata in quella sul testo inglese: totale investimento
formativo sull’analisi del testo, nessuna coordinata storicoletteraria preventivamente fornita, obiettivo finale comprensivo di un’ipotesi – desunta raccogliendo i dati testuali – sul
periodo letterario e culturale in cui il testo viene prodotto.
Tutto ciò richiama lodevoli abitudini anglosassoni (forse anche spagnole?), sembra rievocare persino lo spirito che ispira il mitico Practical Criticism (1929!) di I. A. Richards e prefigura la richiesta di un’auspicabile competenza “da segugio”
nella cornice dell’Esame di Stato di Liceo Linguistico. Va
però detto che, non essendo previsto da tutti i brani letterari
proposti nell’ambito della seconda prova scritta, questo
Testo di attualità - Lingua inglese
(comprensione e produzione in lingua straniera)
continua da pag. precedente
Formidable
45 A serendipitous tip from the Queen linked the frogmen to the Spanish authorities and a villa on the mainland. It was only a matter of
time before the entire plot would unravel.
The grand Italian plan was to hit the Royal Navy hard in the winter of 1942.
Three torpedoes, each with two men onboard, would be launched
from the Olterra. Lieutenant Lino Visentin would lead the attack
against HMS Nelson, a battleship, and aircraft carriers HMS Furious and Formidable.
50 But it was not to be. Two of the torpedoes malfunctioned and had
to be hastily repaired. As they again headed for their targets, naval
gunners picked them up. Five of the six frogmen died in the hail of
fire and depth charges.
The survivor escaped by diving the torpedo early - meaning he
would not have enough air to complete the mission.
Although David Scherr’s team would only later discover the Olterra’s real role, the operation had essentially failed and the fleet
was safe from attack.
Dominic CASCIANI , BBC News Online, 1 March 2005
ANSWER THE FOLLOWING QUESTIONS
1. Read the introductory lines and say what the passage is about.
2. Where did Ian Fleming spend World War II?
3. According to his biographer, Andrew Lycett, WWII experience was
important for Fleming as a writer. Why? (see also lines 31-32)
4. Explain what the “declassified secret documents”, released by M15,
are about and why they shed new light on the real history of James
Bond (refer to lines 6-9).
5. What does “the Rock” refer to ?
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Comprensione e produzione in lingua
straniera: i testi di attualità
Anche al tema di lingua straniera su argomenti di attualità
potrebbero essere estese alcune delle obiezioni che sono state mosse in precedenza al complesso delle altre tracce. Una
volta ancora, le scelte testuali sono disomogenee per provenienza autoriale (dall’antico famoso corrispondente di Le
Monde all’anonimo tedesco cartaceo-giornalistico, dall’ispanica narratrice sociologa al tradizionale anonimo britannico
in versione online), dimensioni (dalle note di cronaca al saggio breve, da qualcosa di simile all’elzeviro alle brevi informatizzate), genere (dal settimanale specialistico al quotidia-
6. Synthesise in your own words the reasons why “Scherr records the
Italians were harder to crack” (refer to lines 17-30).
7. What does “the idea” refer to in line 31 and how did it inspire Ian Fleming in his works?
8. Describe “the Queen of Hearts” using your own words (lines 39-41).
9. Say why the journalist states in line 37 “But the Italians unfortunately
had no idea how good the British double-agent network was to become.” Refer to the “grand Italian plan” and how it failed (lines 4754).
2
MI5’s performance in running a stable of double agents during the Second
World War is still regarded as a textbook example of how such operations
should be conducted (Nigel West in “Double Cross - MI5 in World War
Two”, 2001)
SUMMARIZE the content of the passage
COMPOSITION:
Consider the following statements: “Although there is no single common denominator to suggest the personality traits that make good double agents, there is little doubt that they possess a highly developed sense
of selfpreservation and can cope easily with isolation and risk-taking.”
(Nigel West in “Double Cross - MI5 in World War Two” 2001)
“Jolly good chaps: Fleming ditched the spy’s real image” (D. Casciani)
What, in your opinion, makes a good secret agent? Use your imagination, the spy stories you have read and the films you have seen.
Alternatively, say if the roles of security intelligence services have changed since World War II. Use your knowledge.
Alternatively, what do you know of the Italian Human Torpedo (there
is one in the entrance of the Naval Museum in Venice) and of the Italian
frogmen saboteurs in World War II?
_____________________________
esami conclusivi
LA TRACCIA MINISTERIALE
Testo letterario - Lingua spagnola
(comprensione e produzione in lingua straniera)
Fantasmas que bailan
Lo que llamamos literatura lleva todo dentro, todo lo que puede ser recordado, todo lo que puede ser imaginado. Contiene todo lo que
puede ser dicho y también en potencia lo que no puede ser dicho.
Incluso danzan en las palabras las imágenes posibles y se insinúan las
melodías que sonarán. La literatura encierra y porta todo lo humano, el
conocimiento y la intuición, la crónica y la profecía. Pero de la literatura toda, nada como el cine. Cada cosa tiene su gracia. El teatro, el
ensayo, la canción, el relato oral, la literatura escrita toda... pero el cine...
Frecuentemente, desde la gente de letras se le maldice porque es industria, se trata con desdén a un espectáculo que tiene público, incluso mucho
público a veces. Pero no tenemos razón. También se señala la influencia del cine en novelas, y es para denigrar el valor de la novela. Pero no
tenemos razón. No es extraño que el cine le haya robado el público a la
novela, la tecnología de los ilusionistas que jugaban con la luz, el nombre Lumière nos debiera advertir de que se trata de un milagro luminoso, creaba magia. La imprenta es un portento moderno, casi es una
metáfora de la modernidad: hacer que lo que era único se rompa y se
reparta, se extienda. Que desaparezca lo único, pues se hace múltiplo,
y que lo extraordinario se transforme en ordinario. La imprenta es un
portento modernizador y democrático. Racionalizó y modernizó la magia de la palabra.
El cine, no. Es técnica, pero frente al sueño de la Ilustración, las luces,
lo que hace es devolvernos las tinieblas. El cine reconstruye la cueva de
los misterios, la que era antes de la cueva platónica. El cine es otra vez
la magia que nos permite entrever el misterio.
Incluso los ateos buscan misterio, y hoy lo encuentran en el cinematógrafo por un precio módico. Los que desdeñan el aire irrespirable de las
iglesias, aquellos que sienten desazón en los bosques oscuros, en la sala de cine se emocionan, se estremecen, se asustan, ríen. Y aceptan durante hora y media que la vida es trascendente, que existen cifras que
la tienen cifrada. Cuando las religiones no cumplen su función, no les
sirven a la gente para sentirse ligada y partícipe de la vida, el cine, tan
aparentemente trivial y profano, reparte religiosidad sin decirlo. Actores y actrices son los últimos sacerdotes y sacerdotisas que viven posesiones milagrosas.
El escritor imagina fantasmas, intenta traducirlos a signos mágicos, los
encripta como puede en finos trazos sobre papel o una pantalla, su ilusión es que alguien que repase esos signos consiga desencriptar lo imaginado y pueda ver lo que vio el escritor. Pero eso no está en su mano,
no puede saber si ha conseguido que esos fantasmas caminen y hablen.
Donde sí puede verlos y oírlos es bailando en la pantalla en la sala oscura, trayéndonos mensajes de su otro mundo, a veces banales, a veces
valiosos y necesarios. Cómo no vamos a admirar lo que envidiamos.
Dicen que le hacemos demasiado caso al cine, yo creo que le hacemos
poco caso aún. Es tanta su fuerza y su magia.
SUSO DE TORO
COMPRENSIÓN
1. Haga un esquema de la estructura del texto en el que se visualicen
las distintas partes y sus contenidos y justifique dicha división.
2. ¿A qué se refiere el autor en el siguiente pasaje del texto?
“La imprenta es un portento moderno, casi es una metáfora de la
modernidad: hacer que lo que era único se rompa y se reparta, se
extienda”
3. ¿Qué argumentan los detractores del cine?
4. ¿ Qué buscan en el cine los no creyentes?
5. El autor afirma en un cierto momento que “no puede saber si ha
conseguido que esos fantasmas caminen y hablen”, ¿Qué cree
usted que quiere decir con esa frase?
6. ¿Está usted de acuerdo con las afirmaciones sobre el cine vertidas
por Suso de Toro en el artículo que acaba de leer? Justifique su
respuesta.
RESUMA brevemente el texto y dé un título alternativo al artículo que
acaba de leer justificando su elección.
PRODUCCIÓN
Usted acaba de ver la película más maravillosa y conmovedora que
haya visto jamás. Al volver a casa, y antes de irse a dormir, ha decidido
escribir en su diario personal todos los comentarios y emociones que la
visión de la película ha provocado en usted pues no quiere olvidar ni
un solo detalle de la misma. Le pedimos que transcriba a continuación
el contenido de dicho diario.
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È consentito soltanto l’uso di dizionari monolingue e bilingue.
LA TRACCIA MINISTERIALE
Testo di attualità - Lingua spagnola
(comprensione e produzione in lingua straniera)
LAS BUENAS MADRES
En el esquema tradicional de las mujeres de clase media, que es la capa
social que más abunda en nuestras latitudes, se inscribe con broche de
oro el papel de la buena madre. Entre las características que, hasta hace poco, definían este papel, encontramos su capacidad de entrega, esto
es, la renuncia de sí misma en favor del bienestar de la familia, principalmente de los hijos. Comportamiento que incluso implicaba su ofrecimiento en algo tan simbólico, por cotidiano, como la subordinación
de sus gustos culinarios a los del resto de la parentela.
Proceder, el de la buena madre, que se asentaba en la estricta división
de papeles entre hombre y mujer, y que redundaba, entre otras cosas,
en la actitud del marido de no apreciar las actividades y preocupaciones de su esposa. Ahora bien, con la incorporación de la mujer de clase
media al trabajo extradoméstico ha tenido lugar una transformación en
la escala de valores de las madres de familia.
La dedicación exclusiva al hogar ha perdido prestigio frente al realce de
la mujer como persona emancipada de la tutela del marido, hasta entonces proveedor único de bienes materiales. Es a partir del momento
en que obtiene ingresos propios cuando la esposa conquista el derecho
a disponer de tiempo para cuidar de sí misma. Nace así un esquema
nuevo para el ama de casa, distinto del diseño tradicional y aplicado
también a la categoría de madre, aunque a menudo su aligeramiento resulte más ideal que auténtico.
Por lo demás, nunca se ha valorado lo suficiente la tipología de la madre de clase baja. Esta obrera o labradora que envejece prematuramente mientras pare, amamanta y cuida de la familia sin dejar de acudir a
la fábrica o al campo. Y casi nunca se habla de estas mujeres de clase alta, aristócratas o no, que en el mismo momento de echar a sus hijos al
mundo los dejan en manos del ama de cría, por muy amantísimas macontinua a pag. successiva
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esami conclusivi
continua da pag. precedente
dres que se declaren. Como nunca se pondera lo suficiente el esfuerzo
que hacen las madres actuales, empeñadas en criar bien a sus hijos y a
la vez ser trabajadoras con derechos.
Pensemos qué ocurre cuando una mujer ama su profesión más allá del
salario que le reporta, tiene hijos en casa y un marido que apenas ha
modificado su papel clásico.Y qué ocurre con mujeres cuyo empleo es,
al igual que para los hombres, una fuente de ingresos para pagar la hipoteca, los libros escolares o las vacaciones.
Las madres jóvenes se resisten cada vez más al modelo de supermujeres, exhaustas por la entrega a los hijos, al hogar y al trabajo externo. El
modelo venidero es otro, basado en una maternidad / paternidad que,
más allá de la biología, consiste en proporcionar cuidados afectivos y
materiales por parte de ambos sexos.
2.
Hay que terminar con expresiones como: “Ella ha tenido que buscar
una canguro”. ¿El padre no? ¿Acaso no es también de su incumbencia?
La vida en pareja resultaría mucho más satisfactoria si las tareas del
hogar y la crianza de los hijos fueran asumidas por los hombres en
justa proporción. Las separaciones serían menos frecuentes y los hijos
vivirían más felices.
Eulàlia Solé, La Vanguardia, 4/III/2005
PRODUCCIÓN
Imagine que es usted padre de tres hijos de edades comprendidas entre los dos y los trece años y trabaja en un banco. Su mujer, que es
directiva de una multinacional, tiene que irse de viaje de negocios toda
una semana, de lunes a domingo. A usted le corresponde, por lo tanto,
hacerse cargo de la casa y de los niños mientras su mujer está fuera.
Describa sus quehaceres diarios durante esa semana.
_____________________________
È consentito soltanto l’uso di dizionari monolingue e bilingue.
COMPRENSIÓN
1. ¿Qué características definían tradicionalmente a la “buena madre”?
3.
4.
5.
6.
7.
¿Qué ha supuesto la progresiva incorporación de la mujer al mercado laboral en la escala tradicional de valores?
Explique con sus propias palabras la expresión “se inscribe con
broche de oro”.
De acuerdo con el texto, ¿Qué diferencia existe entre las madres de
clase baja y las de clase alta?
¿Cuál será, de acuerdo con el texto, el futuro en lo que a la paternidad se refiere?
Explique con sus propias palabras la expresión “más allá de la biología”.
¿Está usted de acuerdo con los postulados del texto? Justifique su
respuesta.
RESUMA brevemente el texto con sus propias palabras.
LA TRACCIA MINISTERIALE
Testo letterario - Lingua tedesca
(comprensione e produzione in lingua straniera)
Meine früheste Erinnerung (1977)
Meine früheste Erinnerung ist in Rot getaucht. Auf dem Arm eines
Mädchens komme ich zu einer Tür heraus, der Boden vor mir ist rot,
und zur Linken geht eine Treppe hinunter, die ebenso rot ist.
Gegenüber von uns, in selber Höhe öffnet sich eine Türe und ein lächelnder Mann tritt heraus, der freundlich auf mich zugeht. Er tritt
ganz nahe an mich heran, bleibt stehen und sagt zu mir: „Zeig die Zunge!“ Ich strecke die Zunge heraus, er greift in seine Tasche, zieht ein Taschenmesser hervor, öffnet es und führt die Klinge ganz nahe an meine
Zunge heran. Er sagt: „Jetzt schneiden wir ihm die Zunge ab. “Ich wage es nicht, die Zunge zurückzuziehen, er kommt immer näher, gleich
wird er sie mit der Klinge berühren. Im letzten Augenblick zieht er das
Messer zurück, sagt: „Heute noch nicht, morgen.“ Er klappt das Messer wieder zu und steckt es in seine Tasche.
Jeden Morgen treten wir aus der Tür heraus auf den roten Flur, die Türe öffnet sich, und der lächelnde Mann erscheint. Ich weiß, was er sagen wird und warte auf seinen Befehl, die Zunge zu zeigen. Ich weiß,
dass er sie mir abschneiden wird und fürchte mich jedes mal mehr. Der
Tag beginnt damit, und es geschieht viele Male.
Ich behalte es für mich und frage erst sehr viel später die Mutter danach. Am Rot überall erkennt sie die Pension in Karlsbad, wo sie mit
dem Vater und mir den Sommer 1907 verbracht hatte. Für den Zweijährigen haben sie ein Kindermädchen aus Bulgarien mitgenommen, selbst
keine fünfzehn Jahre alt. In aller Frühe pflegt sie mit dem Kind auf dem
Arm fort zu gehen, sie spricht nur bulgarisch, findet sich aber überall in
dem belebten Karlsbad zurecht und ist immer pünktlich mit dem Kind
zurück. Einmal sieht man sie mit einem unbekannten jungen Mann auf
der Straße, sie weiß nichts über ihn zu sagen, eine Zufallsbekanntschaft.
Nach wenigen Wochen stellt sich heraus, dass der junge Mann im Zimmer genau gegenüber von uns wohnt, auf der anderen Seite des Flurs.
Das Mädchen geht manchmal nachts rasch zu ihm hinüber. Die Eltern
fühlen sich für sie verantwortlich und schicken sie sofort nach Bulgarien zurück.
Beide, das Mädchen und der junge Mann, gingen sehr früh von zu
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Hause fort, auf diese Art müssen sie sich zuerst begegnet sein, so muss
es begonnen haben. Die Drohung mit dem Messer hat ihre Wirkung
getan, das Kind hat zehn Jahre darüber geschwiegen.
Aus: Elias CANETTI, Die gerettete Zunge, Fischer Taschenbuch Verlag,
Frankfurt am Main 2004
Elias Canetti (1905 - 1994) hat eine Trilogie über seine Jugendzeit verfasst und darin die Entwicklung jener Qualitäten beschrieben, die ihn
als Schriftsteller rechtfertigen. Im ersten Band („Die gerettete Zunge“,
1977) geht es um die Sprachfähigkeit. Der vorliegende Textausschnitt
stellt den Romananfang dar.
Textverständnis
– Wovon handelt die früheste Erinnerung? Welche Szene spielt sich
wiederholt ab?
– Welche Grobgliederung im Textaufbau lässt sich bereits bei einer
ersten Untersuchung feststellen?
– Wie erfasst das zweijährige Kind den Vorgang? Welche Sinne werden
angesprochen?
– In welchem Zeitabstand erfolgt die spätere Wahrnehmung? Was klärt
sich dabei in Bezug auf Ort, Zeit, Personen?
– Wodurch unterscheiden sich die beiden Textpassagen stilistisch? Welche sprachlichen Mittel werden zur Verdeutlichung eingesetzt?
– Kann der Junge das traumatische Erlebnis überwinden? Wodurch geschieht dies?
– Wie deuten Sie den Titel des Buches „Die gerettete Zunge“ in diesem
Zusammenhang?
Textkürzung
Schreiben Sie eine kurze Inhaltsangabe zu diesem Romanabschnitt.
Texterstellung
Seit Beginn der 70er Jahre häufen sich die biographischen Schriften.
Haben Sie eine Vorliebe für diese literarische Gattung? Kennen Sie andere Werke?
Vielleicht gibt es auch in Ihrer Kindheit Ereignisse, die Sie nachhaltig
beeindruckt hatten. Erzählen Sie davon.
È consentito soltanto l’uso di dizionari monolingue e bilingue.
no, dal diario más vendido en Catalunya al sito internet della
BBC) – tutti rigorosamente più che attuali, anzi attualissimi.
Nulla in contrario alle opzioni privilegiate dagli estensori di
quest’ultime prove, se ne emergesse l’intenzione – come si
diceva sopra – di valutare una consapevole competenza testuale, organicamente strutturata intorno agli assi della ricezione e della produzione secondo alcuni fondamentali livelli
linguistico-comunicativi; e, invece, tale intenzione non si
manifesta e non pare sorreggere neppure le domande-guida
alla lettura e all’elaborazione che dovrebbero in realtà materializzarne in primis l’obiettivo valutativo.
L’interrogativo formulato nell’introduzione a questo contributo non può, dunque, che trovare qui risposta negativa:
le prove di lingua straniera proposte ai maturandi del Liceo
Linguistico alla fine dello scorso anno scolastico 2004-2005
non paiono rappresentare un adeguato strumento di valutazione della loro competenza testuale. Di conseguenza, non è
esami conclusivi
forse improprio chiedere alla Riforma Moratti di rettificarne,
negli anni a venire, la struttura e gli obiettivi, nel senso della
verifica della comprensione di eventi comunicativi diversificati e predisposti secondo un’adeguata valorizzazione degli
assi testuali della ricezione e della produzione. Ciò potrebbe
evitare che qualcuno abbia a dire in futuro «it’s still the ‘Liceo Linguistico’, stupid», riproponendo l’antica formula
clintoniana con cui abbiamo esordito e che è stata impiegata
con quel piccolo e spiacevole aggiornamente durante le più
recenti elezioni presidenziali nei confronti di tutti i protagonisti della tenzone politica statunitense.
Enrico Reggiani - Università Cattolica, Milano
LA TRACCIA MINISTERIALE
Testo di attualità - Lingua tedesca
(comprensione e produzione in lingua straniera)
Schnell mal quer durch Europa
Wenn es um den Verkehr geht, lässt sich Europa nicht lumpen. Auf
dem Papier jedenfalls. Brüssel sieht für den Kontinent bis 2020 eine
schöne neue Transport- und Reisewelt vor - für 600 Milliarden Euro.
Gut ein Drittel der Summe soll in 30 vorrangige Bauvorhaben fließen.
Die Bahn kommt dabei gut weg: Größtenteils handelt es sich um Schienenprojekte.
Ein Blick auf die Karte dieser zukünftigen „transeuropäischen Verkehrsnetze“ (TEN) zeigt: Es wird geklotzt und nicht gekleckert. Vor allem an den
Rändern der Union, in Spanien und Osteuropa, wollen die ReißbrettBürokraten massiv ausbauen. Verständlich: Nach der EU-Erweiterung
im vergangenen Mai müssen die Beitrittsländer besser angebunden
werden - zumal das jeder halbwegs ehrgeizige Politiker beständig in
seinen Sonntagsreden verlangt.
Eines der längsten Vorhaben ist das Projekt mit der Nummer 27. Es
führt von Warschau aus hoch in den Norden, fast bis zur russischen
Grenze. „Rail Baltica“ verbindet die polnische Hauptstadt über Riga
und Tallinn mit Helsinki. Derzeit bilden die drei baltischen Staaten für
Bahnreisende noch ein schlimmes Nadelöhr. Wer etwa aus der estnischen Hauptstadt Tallinn nach Lissabon in Portugal reisen will, ist mit
dem Zug geschlagene 86 Stunden und zwei Minuten unterwegs - das
entspricht im Durchschnitt dem Tempo eines Mopeds.
Auch der Balkan soll beschleunigt werden. Projekt 22 sieht eine „Eisenbahn-Achse” Athen/Nürnberg/Dresden vor, die unter anderem
über die bulgarische Hauptstadt Sofia führt. Die Planungen rund um
die Alpen scheinen einen großstädtischen Autobahnring zum Vorbild
gehabt zu haben. Eine südliche Tangente verläuft von Lyon via Italien
und Slowenien nach Budapest.
Nördlich der Alpen führt die sogenannte Magistrale von Frankreich
über Deutschland und Österreich nach Ungarn. Mitten durch die Alpen
windet sich das Projekt Nummer eins, die Eisenbahnverbindung Berlin-Rom-Sizilien.
Inwieweit und vor allem wann die ambitionierten Bahnprojekte Realität werden - darüber streiten sich die Experten. Schon die bisherigen
Planungen der Eisenbahnverbindungen über die Alpen zeigen: Es geht
langsam voran. Seit den achtziger Jahren wird über Projekte wie den
Brennerbasistunnel oder die Verbindung Lyon-Turin diskutiert. Abgeschlossen werden sie frühestens 2015, fürchten Fachleute.
Wie immer hakt es an den Finanzen. Schließlich sind die Verkehrsetats
in den vergangenen Jahren beständig heruntergefahren worden. In
den achtziger Jahren flossen im Durchschnitt 1,5 Prozent des
Bruttoinlandsprodukts der Mitgliedstaaten in die Verkehrsinsfrastruktur,
heute sind es weniger als ein Prozent. Schon zeigt sich Brüssel besorgt.
Wenn die Mitgliedstaaten nicht mehr Geld bereitstellen, könne man
das TEN-Konzept vergessen, warnte EU-Kommissionsdirektor
Günther Hanreich.
Manchem Kritiker wäre das gar nicht unrecht.
Aus: Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung vom 06.02.2005
Textverständnis
– Verkehr ist in ganz Europa ein wichtiges Thema. Was plant Brüssel
und in welchem Zeitrahmen sind die Projekte angelegt?
– Wo sollen wichtige transeuropäische Schienenprojekte verwirklicht
werden und mit welcher Begründung?
– Von den 30 vorrangigen Bauvorhaben werden mehrere besprochen:
Erstellen Sie eine Übersicht dazu. Welche Strecke ist Ihrer Meinung
nach von besonderer Bedeutung?
– Die Eisenbahnverbindung Berlin-Rom-Sizilien ist das Projekt Nummer eins. Wo liegen die großen Hürden für die Beschleunigung?
– Ist die Finanzierung des TEN gesichert? Welche Schwierigkeiten ergeben sich?
– Was meint der Verfasser des Zeitungsartikels mit dem letzten Satz?
An welche Kritiker denkt er?
– Der Artikel soll in erster Linie informieren, aber es geschieht auf
lockere Art. Mit welchen sprachlichen Mitteln gelingt dem Autor auch
eine persönliche Note?
Textkürzung
Fassen Sie den Text in einer kurzen Inhaltsangabe von wenigen Zeilen
zusammen.
Texterstellung
Was halten Sie von der hier geschilderten neuen Bahnwelt? Sind Sie ein
Befürworter oder gar ein Eisenbahn-Fan? Überlegen Sie dabei auch,
dass Teile des geplanten Schienennetzes als Hochgeschwindigkeitsstrecken ausgebaut werden. Für die Europaquerung Paris-Budapest
könnte z.B. die Reisezeit von 16 Stunden auf die Hälfte reduziert werden.
Welche kritischen Einwände sind zu erwarten?
È consentito soltanto l’uso di dizionari monolingue e bilingue.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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69
esami conclusivi
Pedagogia
Liceo socio-psico-pedagogico
Pier Cesare Rivoltella
U
Una lettura attenta e la conseguente riflessione sviluppata
sulle tracce propone subito almeno due considerazioni generali che poi proveremo a specificare nel riferimento preciso
alle singole tracce.
Anzitutto si riconferma delicatissima, nella formulazione dei
temi, la relazione esistente tra i passi di autore utilizzati come stimolo e le richieste che dovrebbero consentire al candidato di svolgere il tema. Tale relazione appare nella maggior
parte dei casi molto labile; si registra un uso solo suggestivo
dei passi-stimolo, difficilmente riconducibile poi alle richieste effettive; la dissonanza (o la non perfetta consonanza) potrebbe creare non pochi problemi allo studente che riflettesse con attenzione sul dettato del testo.
Il secondo problema è invece relativo alla forte contemporaneità di tutti e quattro i temi. Tale tratto, se da una parte con-
sente al candidato di confrontarsi con questioni attuali del
campo educativo, dall’altra richiede a monte un tempo adeguato dedicato nella didattica alle scienze umane e sociali
degli ultimi decenni, pena il rischio che tracce siffatte, non
sorrette da informazione puntuale, risentano di tutti i limiti
già evidenziati negli anni dal tema «di attualità» della prima
prova scritta.
L’analisi delle tracce
Si può ora, alla luce di queste due osservazioni-quadro, entrare nel dettaglio dell’analisi delle singole tracce.
Il primo tema (il docente come lavoratore della conoscenza)
esemplifica in modo chiaro la prima questione sopra intro-
LE TRACCE MINISTERIALI
Indirizzo Socio-psico-pedagogico
Il candidato esponga le sue riflessioni sull’oggetto del brano sopra
riportato e si soffermi in particolare sulle seguenti questioni:
• Qual è il ruolo della conoscenza nell’esistenza umana?
Il candidato svolga, a sua scelta, due temi tra quelli proposti.
I
• Quale rapporto intercorre fra scuola e conoscenza?
• Qual è il significato della definizione del docente come lavoratore della conoscenza?
«Il docente come lavoratore della conoscenza».
«Il rapporto conoscenza/educazione è stato sempre posto come ir-
II
rinunciabile in ogni cultura e tendenza di pensiero, ma inteso in
«Organizzare la conoscenza del territorio è, ancora una volta, educa-
senso molto diverso a seconda del nesso via via istituitosi fra cono-
re alla conoscenza. In chiave metodologica significa porre il bambi-
scenza e natura umana in generale, e in particolare fra conoscenza
no nella condizione di accorgersi del reale e proporgli strumenti di
e prassi.
descrizione e misurazione dell’osservato, nella consapevolezza che
Nella pedagogia contemporanea, dopo una lunga serie di polemici
tale educazione alla lettura dell’ambiente non può non prendere le
avvertimenti anti-razionalistici e anti-teorici che procedono anche
mosse da esperienze tra le più accessibili e raggiungere, progressi-
oltre la posizione roussoiana nel rivendicare l’assoluta libertà del-
vamente, le più complesse, prevedendo quelle soste intermedie di
l’educando e del processo educativo in senso vitalistico-pragmati-
riflessione che sono, se realmente vissute e sperimentate, garanzia di
co, si assiste a una riconsiderazione del valore della conoscenza in
un’effettiva comprensione del complesso mondo naturale».
pedagogia. Contro la riduzione della conoscenza a strumento subordinato a bisogni vitali, si riscopre il carattere originario e spon-
FABBRONI, GALLETTI, SAVORELLI: Il primo abbecedario: l’ambiente
La Nuova Italia, Firenze, 1982
taneo del bisogno cognitivo come già in sé valido e appagante, e
quindi della pura teoria come realizzarsi irrinunciabile della perfe-
Il candidato, seguendo il tema proposto, si soffermi su:
zione umana, nel suo aspetto liberatorio e creativo».
• Scuola e territorio.
G. PENATI, Conoscenza, in «Enciclopedia Pedagogica»,
dir. M. Laeng, vol. II, Brescia, La Scuola, 1989
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• Educazione diretta ed educazione indiretta.
• Il territorio come risorsa didattica.
dotta. Esso non pare formulato in modo tale da favorire la
coerenza tra i testi forniti come stimolo al candidato e le richieste cui a partire da essi si proponeva di dare risposta. In
particolare vi si evidenzia uno slittamento fra tre differenti livelli di discorso che difficilmente lo studente poteva comporre in un disegno unitario e coerente:
– un piano fondativo, antropologico, suggerito dal brano di
Penati riportato nel testo, che autorizza una riflessione sul
rapporto tra l’educando e la conoscenza come trascendentale
dell’uomo, come struttura profonda della sua stessa natura;
– un piano storico e di sistema, dove l’analisi del rapporto tra
scuola e conoscenza chiede di essere sviluppata in senso didattico, riflettendo, ad esempio, sulle diverse metodologie di
trasmissione della conoscenza, dall’istruzionismo ai modelli
costruttivisti attuali;
– infine, un piano sociologico, nell’ambito del quale il problema dei lavoratori della conoscenza poteva suggerire considerazioni sull’attuale «leggerezza» delle professioni della
conoscenza e tra esse di quella docente, sulla scorta delle
analisi dedicate a questo problema da molti studiosi di area
sociologica e organizzativa (Bauman, Bourdieu, Dortier,
Drucker).
Il tema della conoscenza, in buona sostanza, pare legare solo
estrinsecamente i differenti livelli di analisi creando allo studente non poche difficoltà in funzione della elaborazione.
Anche nel secondo tema occorreva, probabilmente, da parte degli estensori ridurre l’ambiguità semantica di un termine come «territorio» che può certo alludere allo spazio fisico
III
esami conclusivi
e quindi introdurre riflessioni appartenenti all’area dell’educazione ambientale, ma che si presta anche a una lettura più
larga che implica livelli di analisi che vanno dall’economico,
al sociale, al politico. La traccia opta decisamente per un’interpretazione «ambientale» e, da questo punto di vista, paiono corrette sia la richiesta di ragionare sul territorio come risorsa didattica sia quella di riflettere sul rapporto tra educazione diretta e indiretta (si pensi solo al serbatoio enorme di
esempi che da Freinet in poi era possibile portare a supporto di questa coppia categoriale). Al contrario, parlare di scuola e territorio, soprattutto nel quadro dell’autonomia, implicava di organizzare il discorso a tutt’altro livello. I temi, in
questo caso, esulano dall’educazione ambientale e investono
il rapporto con le istituzioni e con le altre agenzie formative
(aule didattiche decentrate, associazioni, gruppi, ecc.) implicando questioni di comunicazione istituzionale, di organizzazione e di sistema. Una forbice semantica che difficilmente poteva essere composta.
Il terzo tema, a differenza dei primi due, pare più coerente
nella relazione tra testo-stimolo e richieste fatte al candidato.
Probabilmente è funzionale a tale coerenza la maggiore specificità del problema in discussione e il carattere più circoscritto
del lavoro che si chiede di svolgere su di esso. Proprio questo
quella corrente di pensiero che sottolinea l’importanza della in-
«La lingua non esiste al di fuori di qualche tipo di situazione dalla
quale è influenzata. Abbiamo considerato, in termini di modello di
comunicazione, gli elementi di questa situazione: la persona che
parla (Emittente), il contenuto di quello che dice (Argomento), la
persona alla quale si rivolge (Destinatario), e il posto, l’occasione,
etc. (Contesto) in cui parla. La lingua prodotta dall’interazione tra
questi elementi è chiamata registro».
fluenza personale di un buon insegnante. L’insegnante dovrà ricevere un’ottima formazione, in particolare nella propria materia
quando dovrà insegnare a bambini più grandi; e dovrà dedicarsi
con passione al proprio lavoro. In questo lavoro userà, come strumento, ogni sussidio tecnico che gli viene fornito dalle autorità da
cui dipende la sua scuola; i sussidi saranno totalmente subordinati
all’insegnante, che li userà appunto come strumenti ogni volta che
siano necessari per un fine particolare. Questa corrente, quando si
A. WILKINSON, Fare scuola col linguaggio,
La Nuova Italia, Firenze, 1981
Il candidato discuta l’argomento proposto con particolare riferi-
parla di nuovi strumenti pedagogici, accentrerà in modo particolare la parola sussidio».
C.W. BENDING, Mezzi di comunicazione e scuola,
La Nuova Italia, Firenze, 1975
mento a:
• L’organizzazione di un contesto per l’apprendimento della lingua.
• Il ruolo del docente nel promuovere l’apprendimento della lingua.
• La lingua nella didattica delle discipline.
Il candidato illustri il passo citato, discutendo in modo particolare:
• il ruolo del docente nella formazione degli alunni;
• l’uso di sussidi didattici;
• l’insegnamento come comunicazione.
IV
«Nella seconda metà del ventesimo secolo si possono individuare
cinque correnti principali di pratica pedagogica; tutte si basano, in
un modo o nell’altro, sulla comunicazione. In primo luogo, vi è
È consentito soltanto l’uso del dizionario di Italiano.
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71
esami conclusivi
aspetto, tuttavia, rischia di configurare una difficoltà di diverso tipo per lo studente. La didattica della lingua, infatti, e l’apporto della lingua alla didattica delle discipline non è sicuramente argomento su cui i programmi prevedono uno specifico approfondimento, almeno non al livello richiesto dalla traccia. Parlare del peso dei contesti nell’apprendimento della lingua, infatti, implica di possedere conoscenze nell’area della filosofia del linguaggio, della pragmatica e della sociolinguistica e di aver studiato gli apporti che tali recenti ambiti di sapere hanno garantito alla didattica: lo si ritiene possibile per una
istituzione scolastica che abbia fatto questa opzione per un’area di progetto, non certo come standard da presupporre.
Il quarto tema, infine, pare il più calibrato nella relazione
tra testo-stimolo e richieste della traccia e anche il più coerente con i curricoli scolastici. La funzione dell’insegnante
nella formazione degli alunni, lo studio dei sussidi per la didattica, l’analisi dell’insegnamento in termini comunicativi
paiono tutte questioni di grande rilievo che facilmente potevano garantire allo studente sia una ripresa dei principali argomenti della storia del pensiero pedagogico e psicologico,
sia un’analisi personale a partire dall’esperienza di tirocinio
e dai contenuti delle lezioni di metodologia.
Su quest’ultima traccia proviamo ad esercitarci al fine di proporne un possibile svolgimento.
Il paradigma comunicativo in didattica
Negli ultimi dieci-quindici anni la comunicazione si è imposta come grande federatore simbolico (lo indica la sociologia
della comunicazione, penso in particolare ad autori come
Erik Neveu o John Fisk) capace di suggerire una reinterpretazione dei propri principi e della propria metodologia ai diversi settori delle scienze umane e sociali. Si è parlato e si
parla a questo riguardo di una vera e propria «svolta comunicativa» di queste scienze, una svolta analoga a quella «interpretativa» che le aveva già investite a partire dall’imporsi
del paradigma ermeneutico. Per la didattica questo ha significato il recupero di uno specifico – lo specifico comunicativo – che le appartiene strutturalmente ma che forse, come ha
di recente fatto notare Franco Frabboni, per molti anni non è
stato adeguatamente evidenziato a causa del pregiudizio
gentiliano di una pedagogia che definisce gli obiettivi e i
quadri di azione e di una didattica, appunto, che si pensa solo come «braccio» applicativo. Ricuperare questo specifico
comporta per la didattica la possibilità di ridefinirsi come
scienza della comunicazione formativa rivendicando per sé
uno spazio di elaborazione teorica (non più esclusivo retaggio della pedagogia) e allo stesso tempo ristabilendo un più
equilibrato rapporto tra teoria e prassi, un rapporto che si
consegna alla circolarità e alla implicazione reciproca e che
non pensa più alla prassi solo come momento successivo e
applicativo rispetto alla elaborazione teorica.
Provare a comprendere la didattica in questa prospettiva
comporta di mettere a tema, nel caso dell’insegnamento di
scuola, almeno due grandi questioni, quella della funzione
* ASTERISCHIDIKappa*
*
Homeschooling: un’occasione per
far riflettere la scuola
a scuola lascia a desiderare. E se i ragazzi sarebbero anche
disposti ad abbozzare, i genitori no. Al punto che, i loro
figli, a scuola non ce li vogliono proprio più mandare. Li
ritirano, e li educano a casa. Accade negli USA. Circa un
milione di persone secondo il governo Usa, quasi il doppio
(cioè il 3,4 per cento della popolazione scolastica) secondo la
Home School Legal Defence Association (un organismo che si
preoccupa di fornire assistenza legale ai genitori che devono
vedersela con le legislazioni, non sempre permissive, dei
singoli Stati confederati). Sono i tassi di crescita a preoccupare:
i ragazzi che studiano a casa erano 50 mila in tutti gli Stati
Uniti nell’85, e già 300 mila nel ‘92. Poi, dopo il 2000, le cifre
hanno registrato un incremento che alcuni fissano all’11 per
cento annuo e altri addirittura al 40 per cento.
Oltre alle cifre, sono interessanti le parole dei genitori “ribelli”.
Domanda: perché ha ritirato suo figlio da scuola? Risposta di
una madre: «Gli era stato diagnosticato un deficit
L
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dell’attenzione. Era una tortura: mi convocavano a scuola un paio
di volte la settimana e mi rovesciavano addosso una montagna di
rimproveri per i problemi che mio figlio causava in classe. Da
quando mi sono licenziata, e gli insegno io, sono giunta alla
conclusione che è un ragazzo meraviglioso, intellettualmente molto
curioso». Altra risposta: «Mio figlio tornava a casa alle due, e
doveva dedicare tutto il pomeriggio a una valanga di compiti
totalmente stupidi». Ancora: «Ogni volta che andava in bagno, i
compagni lo sfinivano con scherzi di cattivo gusto e approcci
sessuali». Ci sono anche motivi pratici, ma non privi di
importanza: «Impiegavo 45 minuti per portare mio figlio a scuola e
altrettanti per tornare. Due volte al giorno. Una volta arrivati,
troppo spesso ci sentivamo dire che i docenti erano in sciopero».
Vale la pena di ascoltare anche queste due voci. La prima dice:
«Gli insegnanti erano intrisi di idee New Age, e cercavano di
convincere mio figlio che ognuno di noi è Dio». La seconda: «Molti
professori erano gay, e raccontavano ai ragazzi che l’orientamento
sessuale è moralmente neutro».
La fede religiosa, il desiderio di far crescere i propri figli in un
ambiente sessualmente e moralmente protetto sono dunque la
molla che sta all’origine della scelta. Ma fermarsi qui rischia di
essere riduttivo. I ruscelli che alimentano il fiume
dell’homeschooling sono molti. In Giappone, per esempio, il
fenomeno cresce come reazione a un modello pedagogico
considerato eccessivamente competitivo e rigido. In Paesi come
l’Australia, la Nuova Zelanda e gli stessi Stati Uniti, conta la
dell’insegnante in quanto comunicatore e quella dei sussidi
attraverso i quali il suo essere comunicatore si esprime. In
termini comunicativi, con il linguaggio di Jakobson si può
dire che si tratti della questione dell’emittente e del canale
con le loro funzioni (referenziale, emotiva, metadiscorsiva).
Tali questioni si possono sinteticamente discutere a partire
dai due grandi modelli comunicativi dell’insegnamento cui
è possibile pensare: il modello trasmissivo, che risponde all’idea della comunicazione come trasferimento di informazioni e di valori, e quello cooperativo per il quale, invece, la
comunicazione è spazio di negoziazione dei significati. Si
tratta di comprendere come la figura dell’insegnante e il ruolo dei sussidi si determinino in ciascuno dei due casi.
L’insegnante e il suo compito comunicativo
Tradizionalmente, fin dal tempo dell’oralità primaria precedente l’avvento della scrittura (W. Ong), la comunicazione
formativa si è sempre pensata come un processo attraverso il
quale una società può trasmettere alle generazioni successive il nòmos e l’èthos che la contraddistinguono, cioè il sistema
di principi che regola il vivere sociale e i comportamenti codificati di cui la cultura consiste. L’educazione, da questo
punto di vista, è allo stesso tempo azione di socializzazione
e di tradizione, cioè quell’impresa cruciale attraverso la quale una civiltà opera per la conservazione della propria cultura e, in definitiva, per la sua sopravvivenza.
Il ruolo del maestro, della figura del docente, in questo orizzonte è fondamentale; dalla sua «influenza personale» e dal-
distanza tra i ranch dove vivono i ragazzi e i centri urbani, sedi
delle classi.
Ma il cuore del problema è un altro. La scuola è un dinosauro che
si ostina a non estinguersi o, per usare le parole di David
Hargreaves, docente di Pedagogia all’Università di Cambridge, «è
una realtà prodotta da una curiosa mescolanza: un po’ di fabbrica,
un po’ di manicomio e un po’ di prigione». Una realtà
anacronistica e improduttiva. Prendiamo il Canada: secondo i dati
dell’Ocse (l’organizzazione che unisce i Paesi più industrializzati
del mondo), il 27 per cento degli adolescenti non riesce a terminare
le scuole superiori, e il 33 per cento dei giovani che ce la fanno si
trova con un sapere inadatto ad affrontare professioni e problemi
del mondo contemporaneo. Qualcuno, poi, ha fatto due conti: un
ragazzo che studia a casa costa, a una famiglia statunitense, 546
dollari all’anno. Quando lo stesso ragazzo frequenta una scuola
pubblica, lo Stato spende per lui dieci volte tanto, a fronte di un
livello di preparazione notevolmente più basso.
Naturalmente, a rendere sciocche e superate le scuole tradizionali,
e a sostenere la causa delle famiglie che decidono di sottrarre i figli
alle fauci del dinosauro, sono le nuove tecnologie (anche le vecchie,
a dir la verità: il magazine «Practical Home Schooling» vende
centomila copie). Il sito Amazon.com tiene regolarmente in
catalogo 200 titoli sull’argomento. Il web pullula di siti di ogni
genere e di ogni tendenza religiosa, culturale e pedagogica. I
genitori di lingua inglese hanno a disposizione siti cristiani e
cattolici così come laici, montessoriani e antroposofici.
esami conclusivi
la sua «passione per il proprio lavoro», come suggerisce la
frase di Bending, dipende veramente moltissimo della riuscita di questa operazione di trasmissione culturale. In termini comunicativi si tratta di due aspetti cruciali. L’influenza personale dice dell’importanza del maestro come
figura autorevole, carismatica; rinvia a un’idea dell’insegnamento come testimonianza solo attraverso la quale può
passare una comunicazione autentica dei valori. Si tratta di
un modello che attraversa un po’ tutta la tradizione pedagogica occidentale, dall’idea socratico-platonica della comunicazione intima di maestro e allievo (Platone definiva
l’educazione come uno «sfregamento di anima contro anima») all’idea dell’insegnamento-apprendimento come imitazione e sequela tipica della tradizione cristiana. Veramente è difficile pensare a una comunicazione efficace che
non passi attraverso l’esempio e la vita, con tutto quel che
di problematico questo comporta perché l’insegnante sa
bene che questo spazio di identificazione comunicativa
(René Girard parlerebbe di triangolazione del desiderio degli allievi ad opera del maestro) è anche lo spazio in cui, soprattutto in età adolescenziale, passano gli investimenti affettivi, il transfert, e si gioca il rischio di soffocare la possibilità di crescita libera dell’altro.
Con il passaggio a modelli didattici di tipo costruttivo, muta l’idea di trasmissione della cultura e con essa anche il
ruolo dell’insegnante. In questa prospettiva la conoscenza
L’homeschooling come conseguenza dell’agonia di una scuola
rimasta identica a se stessa in un mondo radicalmente mutato,
a causa delle nuove tecnologie e delle enormi trasformazioni
sociali e culturali che hanno comportato. Restiamo sempre
negli Stati Uniti: un istituto di Tucson ha appena varato un
progetto che permetterà di abolire i libri di testo. Ai ragazzi
verrà consegnato un computer portatile che avrà il doppio
vantaggio di alleggerire gli zaini e di mettere a disposizione
materiale agile e aggiornato in tempo reale. Non è tutto.
Qualche anno fa, il prestigioso Mit (Massachusetts Institute of
Technology) di Boston decise di pubblicare online parte dei
corsi, ai quali tutti avrebbero potuto accedere gratuitamente.
Pochi mesi fa l’iniziativa si è allargata: i corsi sono diventati
900 e riguardano 33 discipline. Nel 2008 diventeranno 1800.
Nel 2001 l’Ocde (Organizzazione per la cooperazione
economica e lo sviluppo) ha cercato di prevedere cosa sarà, tra
quindici anni, delle scuole occidentali. Ne sono emersi,
sinteticamente, tre scenari. Il primo: le cose restano come sono.
Risultato: collasso di tutto il sistema. Il secondo: la scuola
tornerà a essere un interesse primario dei governi e quindi
conoscerà, in varie forme, una rinascita dalla sua miseria
attuale. Il terzo: la descolarizzazione. Ovvero, ci sarà una
diffusione selvaggia dell’homeschooling (che, secondo i suoi
fautori, nel 2040, raccoglierà più studenti delle aule) e della
scuola privata.
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esami conclusivi
diviene una scoperta e un compito, esige l’attivazione dell’alunno e il suo riscatto dalla posizione eccessivamente passiva
che gli viene riservata dai modelli istruzionisti (si pensi alla
polemica di Freinet contro la lezione frontale e il principio di
autorità), implica la valorizzazione dei contesti e della dimensione sociale dell’apprendimento, come la linea di pensiero che da Vygotskj porta fino a Bruner ha ben evidenziato.
L’insegnante qui cessa di essere fonte e terminale della comunicazione: da esperto sulla scena (sage on the stage) si fa
consigliere che opera a fianco dell’allievo (guide by the side).
La funzione docente si lateralizza, ma non per questo la sua
funzione si depotenzia o vien meno. L’«influenza personale»
e la «passione per il proprio lavoro» sono parte determinante anche in uno spazio in cui la comunicazione formativa si
rideclina nel senso del coaching (l’insegnante come allenatore), del tutoring (l’insegnante come facilitatore), del mentoring
(l’insegnante come guida esperta). Anzi, probabilmente è
molto più difficile giocare il proprio ruolo significativo in
questo tipo di contesto piuttosto che in un contesto di tipo
più tradizionale: saper fare scaffoding, cioè saper sostenere gli
allievi facendo di se stessi un’impalcatura che si smobilita
man mano che cresce la loro sicurezza, implica che le tecniche della comunicazione didattica siano possedute in maniera molto fine e con tutte le attenzioni relazionali cui si faceva
riferimento poco sopra.
Storicamente queste due idee della comunicazione formativa – trasmissiva e costruttiva – e questi due modelli di insegnante – maestro e facilitatore – sono stati spesso visti come
contrapposti e la seconda prospettiva è stata pensata come il
«nuovo» che andrebbe sostituito al «vecchio». Credo che la
dialettica vada superata nella direzione di una professionalità ampia capace di giocare la propria significatività comunicativa (e quindi educativa) sia nella trasmissione che nella
costruzione in relazione con i bisogni degli allievi e con le
esigenze tipiche dei diversi momenti del processo formativo.
Metodologie e media
Di questa professionalità – e dell’«ottima formazione» che
dovrà ricevere – non possono che far parte anche le competenze metodologiche relative all’uso dei sussidi didattici. Da
questo punto di vista l’avvento dei media e delle tecnologie
informatiche nella didattica riveste una importanza tutta
particolare. In un primo senso, infatti, essi hanno reso evidente l’importanza che ai fini della comunicazione formativa rivestono le diverse forme di rappresentazione della conoscenza: moltiplicarle, ricorrendo a immagini e suoni (alla
multimedialità), significa intercettare più di un’intelligenza
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alla volta (per dirla con Gardner) e garantirsi così che accedano alla conoscenza non solo allievi caratterizzati da uno
stile cognitivo di tipo logico-astrattivo o discorsivo, ma anche cinestesico, relazionale, iconico. In secondo luogo, sul
piano dell’epistemologia didattica, media e tecnologie hanno comportato un ripensamento del concetto stesso di sussidio conducendo in definitiva al suo superamento. Un sussidio è qualcosa che aiuta ma di cui si può fare a meno; i media – e già la voce e la scrittura sono media – sono invece
l’ambiente all’interno del quale la comunicazione formativa
avviene; senza questo ambiente non c’è comunicazione. Capire questo consente di inquadrare il terzo elemento di importanza dei media per la didattica: essi, proprio per la loro
natura ambientale, costituiscono una cultura. Di questa cultura i nostri allievi fanno parte già a prescindere dal contesto
formale della scuola. Di conseguenza diviene urgente un ripensamento profondo del senso di questi sussidi (dal video
al computer, a Internet) anche come prodotti culturali delle
cui logiche di costruzione del senso la scuola non può non
interessarsi. La comunicazione formativa, allora, non si
preoccupa solo di predisporre ambienti tecnologici nei quali
possano avvenire gli apprendimenti (Information Literacy) ma
anche di promuovere adeguate strategie per favorire un approccio critico degli allievi con questi media e con queste tecnologie (Media Education).
Comprendere questo significa comprendere che la didattica
in quanto scienza della comunicazione formativa può giocare oggi un ruolo fondamentale per la costruzione della cittadinanza: l’éthos e il nòmos di cui i greci parlavano.
Attenzioni per il futuro
In conclusione sinteticamente si possono formulare alcune indicazioni operative da tenere presenti in funzione della stesura delle tracce per il prossimo Esame di Stato. Ricuperando
quanto già rilevato in fase di analisi mi pare si possano consegnare agli estensori almeno tre consigli fondamentali:
– dedicare una cura particolare alla scelta dei passi che devono introdurre e stimolare la stesura dell’elaborato. Occorre non accontentarsi di una pertinenza tematica solo analogica rispetto a ciò che si intende chiedere, ma accertarsi della coerenza effettiva con le domande che presiedono allo sviluppo della traccia;
– prestare attenzione alla definizione del lessico contenuto
nella traccia. La riduzione dell’ambiguità semantica insieme
alla definizione rigorosa e univoca della richiesta è compito
precipuo di chi la formula;
– infine, cercare di mettere in tensione il tema – va bene che
sia attuale – con le grandi questioni e i grandi autori incontrati dagli studenti nel loro percorso di formazione. Chiedere di rimettere in gioco i saperi acquisiti operazionalizzandoli in vista della trattazione di un tema costituisce lo specifico valore di una prova così organizzata.
Pier Cesare Rivoltella
Università Cattolica, Milano
esami conclusivi
Latino - Liceo Classico
Pier Vincenzo Cova
LA TRACCIA MINISTERIALE
Caso e necessità
Sed mihi haec ac talia audienti in incerto iudicium est
fatone res mortalium et necessitate immutabili an forte
volvantur. Quippe sapientissimos veterum quique sectam eorum aemulantur diversos reperies, ac multis insitam opinionem non initia nostri, non finem, non denique homines dis curae; ideo creberrime tristia in bonos, laeta apud deteriores esse. Contra alii fatum quidem congruere rebus putant, sed non e vagis stellis, verum apud principia et nexus naturalium causarum; ac
tamen electionem vitae nobis relinquunt, quam ubi elegeris, certum imminentium ordinem. Neque mala vel
bona, quae vulgus putet: multos, qui conflictari adversis videantur, beatos, at plerosque, quamquam magnas
per opes, miserrimos, si illi gravem fortunam constanter tolerent, hi prospera inconsulte utantur. Ceterum
plurimis mortalium non eximitur, quin primo cuiusque
ortu ventura destinentur, sed quaedam secus quam dicta sint cadere fallaciis ignara dicentium: ita corrumpi fidem artis, cuius clara documenta et antiqua aetas et nostra tulerit.
I
Il brano di Tacito, proposto agli esami di Stato conclusivi 2005
per il Liceo classico (corso di ordinamento), corrisponde quasi per intero (meno cioè il breve periodo finale) al cap. 22 del
libro sesto degli Annali. Così isolato rappresenta un buon
esempio di «testo» (nel senso strettamente linguistico del termine): è coerente al suo interno e concluso in se stesso. Come
tale si presta bene a una prova nazionale uguale per tutti, nella quale si deve presupporre il possesso di strumenti interpretativi generali, cioè linguistici, e non la particolare conoscenza
di questo o quel momento della civiltà letteraria latina.
Fa eccezione solo la battuta di esordio (Sed mihi haec ac talia
audienti), che rimanda al contesto precedente, del quale non
compare cenno neanche nel titolo (peraltro senza creare troppe difficoltà al traduttore). Forse sarebbe bene che anche i testi ministeriali fornissero qualche indicazione, non ambigua
né fuorviante, sul contesto, magari anche attraverso il titolo.
Quello apposto al brano è molto attraente, perché richiama
un libro famoso qualche decennio fa. Però riduce a un sem-
plice binomio i tre elementi elencati da Tacito, fato, necessità,
caso. È vero che la disgiuntiva, collocata davanti al terzo termine, lo contrappone alla coppia fato e necessità. Ma questi,
che sono certamente concetti omogenei tra loro, non sono
però uguali. Il fato può etimologicamente alludere anche a
una volontà divina (gli dei sono ricordati, per essere negati,
nel secondo periodo e il fato da solo nel seguente), mentre la
necessità (se non fa velo l’interpretazione moderna) può prescinderne, in nome di un meccanicismo assoluto.
I due capitoli precedenti introducono, non tanto al discorso generale, quanto piuttosto ai suoi sviluppi, cioè la possibilità o
meno di deviare il corso degli avvenimenti e la correttezza o
meno delle previsioni. Nel cap. 20 si ricorda una giusta previsione di Tiberio su Servio Galba, allora console, a proposito di
quello che sarebbe stato (nell’anno 69) il suo regno. Nel cap. 21
vengono raccontate le segretissime consultazioni tiberiane nella famosa dimora di Capri e in particolare quelle dell’indovino
Trasillo (che ricompare nell’ultimo periodo del cap. 22, qui
omesso). Costui fu anche costretto a interrogare il proprio oroscopo personale, ricavandone fosche previsioni, dalle quali il
principe gli garantì l’immunità. Dunque le vicende umane non
si svolgono sempre secondo le previsioni e/o la necessità.
Finalità della prova
Prima di passare a un’analisi dettagliata del testo, per ricavarne qualche dato utile alla preparazione dei candidati futuri, sarebbe bene poter precisare che cosa si propone una
verifica come quella possibile attraverso la traduzione di un
passo. Purtroppo mi pare che non esistano né consenso né
indicazioni ufficiali a questo proposito, e la versione dal latino sopravviva piuttosto per forza di inerzia. A me pare che
questa prova comporti almeno due finalità. La prima, e la
più ovvia, è l’accertamento delle basi necessarie per la decodificazione di uno scritto latino di livello letterario. La versione come prova d’esame fu introdotta a suo tempo proprio
in sostituzione di un accertamento grammaticale teorico. Da
allora molte cose sono cambiate: non si richiede più competenza attiva (versione dall’italiano), ma rimane la necessità
della competenza passiva (non più saper scrivere ma saper
leggere) almeno di medio livello. Il brano proposto mi sembra sotto questo aspetto ricco di possibilità. Non è, e non deve essere, un test di accertamento di conoscenze intorno alla
letteratura e alla civiltà latina in genere.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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75
esami conclusivi
Accanto a questa finalità, ridimensionata nel tempo, se ne è venuta chiarendo un’altra, più moderna. Ogni traduzione è un
esercizio di linguistica contrastiva, dove la lingua d’arrivo dimostra di saper rispondere, con modi analoghi o variamente diversi, alle espressioni della lingua di partenza. Perciò nella fattispecie l’italiano non deve essere considerato un puro e semplice
(e maltrattabile) strumento di lavoro, ma un modo di esprimersi consapevole di se stesso. Non dirò che le esigenze delle due finalità si possano facilmente realizzare, ma una buona traduzione è certo anche un potente strumento di interpretazione.
L’analisi
Siccome la gamma delle possibilità offerte di volta in volta
dalla lingua d’arrivo è spesso molto ampia (e la traduzione
in questi casi costituisce un arricchimento della lingua stessa, opportunità didattica non trascurabile), non credo utile
proporre una versione da aggiungere alle esistenti nelle edizioni bilingue e offerte a suo tempo dai giornali, perché non
sembri esemplare, quasi ne varietur. Sarebbe opportuno però
disporre, se non proprio di una teoria della traduzione, almeno di criteri sperimentati per affrontarla, anche se questa
non è la sede per discuterne.
Bisognerà comunque individuare e analizzare strutturalmente le sottounità del passo, praticamente i periodi (opportunamente segnalati nel testo ministeriale dall’iniziale maiuscola). Si vedrà che molti rinnovano variamente il verbo reggente del discorso indiretto (reperies, putant, relinquunt, eximitur), su alcuni dei quali occorrerà qualche chiarimento. Solo il quarto periodo è tutto dipendente da una inespressa, ma
contestuale, reggenza. Qui si vede bene una caratteristica
dell’oratio obliqua latina, che va interamente perduta nella
versione italiana in dipendenza da verbi al presente o al futuro: tutti gli infiniti e i congiuntivi presenti nell’intero testo
sono appunto segnali di obliquità.
La struttura sintattica dei singoli periodi è molto semplice: le
subordinate non scendono oltre il primo grado; questa costatazione sdrammatizza subito. Perciò l’eventuale difficoltà
della traduzione non consiste nei periodi, data la forte analogia con l’italiano. L’unica apparente discordanza sta nella
proposizione quam ubi elegeris del terzo periodo, dove però il
relativo rivela la sua doppia natura di congiunzione (qui
coordinante) e di pronome = et eam... . Come pronome è oggetto di elegeris, come congiunzione connette ordinem a electionem. La connessione può sembrare ardita, ma si spiega intendendo relinquunt come «riconoscono, ammettono», cioè
«lasciano», ma in senso verbale, non fattuale.
Le difficoltà dunque non risiedono nella sintassi del periodo,
ma, se mai, nei sintagmi brevi e nel lessico. Un caso simile a
relinquunt appare con eximitur: la costruzione è quella dei cosiddetti verbi impediendi, che è poi soltanto la costruzione
di sostantive dichiarative. Anche eximitur è verbo di solito
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NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-030 - 76
fattuale, ma qui il contesto suggerisce chiaramente un’interpretazione diversa: si parla infatti di possibilità di predire gli
eventi (quindi destinentur nel senso di «assegnare» non nella
realtà, ma nella profezia) e di incorrere in errori per ignoranza. Per non eximitur sembra allora appropriata la traduzione
«non si nega», che ha la stessa bivalenza del verbo latino,
cioè vale anche «si ammette». Più semplice il caso della relativa del secondo periodo quique... aemulantur, che è semplice
penfrasi per aemulatores, oggetto di reperies come sapientissimos: si tratta di una variatio, forma abbastanza diffusa e non
necessariamente solo tacitiana.
Anche nel secondo periodo appare una variatio: in bonosapud deteriores, ma non è oziosa. I mali colpiscono (moto a
luogo figurato) i buoni, mentre, secondo i pessimisti, la prosperità sta con (stato in luogo), si accompagna ai meno buoni. Il sintagma apud con l’accusativo torna nel periodo seguente con lo stesso senso di stabilità (della legge naturale)
contrapposta ai movimenti delle stelle. È dunque da notare
la potenza espressiva delle semplici preposizioni, spesso da
esplicitare: magnas per opes = «in mezzo a grandi risorse» (distribuzione nello spazio); e vagis stellis «dipendendo dal movimento delle stelle». In questa proposta di traduzione si vede l’astratto italiano al posto del concreto latino (dove concreto vuol dire individuabile e determinato, non caso o condizione generale, che è l’astratto). Qui non si tratta dunque
delle «vaghe stelle» di leopardiana e cara memoria, ma di
movimenti di corpi celesti, che venivano considerati stabili e
osservabili e quindi oggetto di studio e previsione.
Anche nel secondo periodo veterum può esser tradotto «dell’antichità» (si parla dei «maggiori filosofi », dove il concetto
di sapiente è trasferito sull’appellativo filosofi e il superlativo ridotto a generico). Nel quarto periodo adversis = «le avversità». Ma questi usi assoluti preludono all’astratto: così
all’inizio in incerto è già quasi «nell’incertezza». Nel terzo periodo si arriva addirittura a electionem. Al contrario nel quarto periodo gravem fortunam potrebbe essere «il peso della sorte» (ma anche «a sorte avversa»).
Nel passo si colgono altri scivolamenti verso il romanzo. Per
es. quamquam correttivo, ma non congiunzione (ossia senza
verbo), analogo al nostro «quantunque». Nel quarto periodo
l’avversativa multos... plerosque non si accontenta del classico
asindeto, ma sente bisogno della forte congiunzione at.
Quanto al lessico, invece, secta non si è ancora specializzata
in senso negativo, ma è «scuola» (anche se forse in quell’aemulantur si potrebbe cogliere una sfumatura di ironia verso i
«nipotini» dei grandi filosofi classici). La formula iniziale
non tollera una traduzione letterale, ma può conservare
qualche cosa del latino (per es. la forma nominale) e trasferirne l’indicazione di persona in un altro punto della frase,
come «udendo... il mio parere rimane nell’incertezza» e siccome un parere incerto è un dubbio « io rimango nel dubbio». Infine nel terzo periodo forse, invece di fatum congruere
rebus, ci si potrebbe aspettare fato congruere res, ma il rovesciamento non è senza ragione: il punto di vista di tutto il
brano non è tanto il dilemma tra caso e necessità in sé, ma la
varietà delle opinioni in materia e soprattutto il problema
della prevedibilità.
Pier Vincenzo Cova - Università Cattolica, Brescia
esami conclusivi
Matematica
Mario Marchi - Antonio Marro
N
Piano Nazionale
Informatica
Nello svolgimento dei problemi e dei quesiti tanto del corso
PNI quanto del corso di ordinamento cercheremo di non perdere di vista le seguenti idee guida che sono alla base degli
obiettivi che l’articolo si propone. Prima di tutto terremo pre-
sente che i primi destinatari sono certamente i docenti della
Scuola superiore, in particolare del Liceo Scientifico, ma senza dimenticare che i destinatari finali, anche se indiretti, sono gli studenti con i loro bisogni ai fini di un apprendimento migliore della disciplina matematica e dei saperi ad essa
più direttamente connessi. Si intende pertanto fornire ai docenti un modesto contributo, alcune idee e qualche suggerimento semplicemente orientato al miglioramento del loro lavoro didattico.
LA TRACCIA MINISTERIALE
Tema di Matematica
PIANO NAZIONALE INFORMATICA
Il candidato risolva uno dei due problemi e 5 dei 10 quesiti in
cui si articola il questionario.
Problema 1
Nel piano Oxy sono date le curve e r d’equazioni:
: x2 4(x y) e r : 4y x 6.
1. Si provi che e r non hanno punti comuni.
2. Si trovi il punto P 僆 che ha distanza minima da r.
3. Si determini l’area della regione finita di piano racchiusa da e
dalla retta s, simmetrica di r rispetto all’asse x.
4. Si determini il valore di c per il quale la retta y c divide a metà
l’area della regione S del I quadrante compresa tra e l’asse x.
5. Si determini il volume del solido di base S le cui sezioni ottenute con piani ortogonali all’asse x sono quadrati.
Problema 2
Si consideri la funzione f definita sull’intervallo 0; ∞ da:
f(0) 1
1
f(x) x2(3 2log x) 1 se x 0.
2
e sia C la sua curva rappresentativa nel riferimento Oxy, ortogonale e monometrico.
1. Si stabilisca se f è continua e derivabile in 0.
2. Si dimostri che l’equazione f(x) 0 ha, sull’intervallo 0; ∞ ,
un’unica radice reale e se ne calcoli un valore approssimato con
due cifre decimali esatte.
3. Si disegni C e si determini l’equazione della retta r tangente a C
nel punto di ascissa x 1.
4. Sia n un intero naturale non nullo. Si esprima, in funzione di n,
l’area An del dominio piano delimitato dalla curva C, dalla retta
tangente r e dalle due rette: x 1 e x 1.
n
5. Si calcoli il limite per n → ∞ di An e si interpreti il risultato ottenuto.
Questionario
1. Si dimostri che il lato del decagono regolare inscritto in un cerchio è sezione aurea del raggio e si utilizzi il risultato per calcolare sen 18°, sen 36°.
2. Si dia una definizione di retta tangente ad una curva. Successivamente, si dimostri che la curva y x sen x è tangente alla retta
y x quando sen x 1 ed è tangente alla retta y x quando
sen x 1.
3. Si determinino le equazioni di due simmetrie assiali e la cui
composizione ° dia luogo alla traslazione di equazione:
x′ x 5
y′ y 5
Si determinino poi le equazioni della trasformazione che si ottiene
componendo le due simmetrie in ordine inverso ° .
4. Una bevanda viene venduta in lattine, ovvero contenitori a forma di cilindro circolare retto, realizzati con fogli di latta. Se una
lattina ha la capacità di 0,4 litri, quali devono essere le sue dimensioni in centimetri, affinché sia minima la quantità di latta necessaria per realizzarla? (Si trascuri lo spessore della latta).
5. Come si definisce e quale è l’importanza del numero e di Nepero
[nome latinizzato dello scozzese John Napier (1550-1617)]? Si illustri
una procedura che consenta di calcolarlo con la precisione voluta.
6. Le rette r e s d’equazioni rispettive y 1 2x e y 2x 4 si corrispondono in una omotetia di centro l’origine O. Si determini .
7. Come si definisce n! (n fattoriale) e quale ne è il significato nel
calcolo combinatorio? Quale è il suo legame con i coefficienti binomiali? Perché?
8. Si trovi l’equazione della retta tangente alla curva di equazioni parametriche x et 2 e y e –t + 3 nel suo punto di coordinate (3, 4).
9. Quale è la probabilità di ottenere 10 lanciando due dadi? Se i
lanci vengono ripetuti quale è la probabilità di avere due 10 in sei
lanci? E quale è la probabilità di avere almeno due 10 in sei lanci?
10. Il 40% della popolazione di un Paese ha 60 anni o più. Può l’età
media della popolazione di quel Paese essere uguale a 30 anni? Si
illustri il ragionamento seguito per dare la risposta.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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77
esami conclusivi
Punto 1 - Per provare che l ed r non hanno punti in comune
basta verificare che il sistema
x2 4(x y)
4y x 6
non ammette soluzioni reali. Infatti, posto x + 6 al posto di 4y
nella prima equazione, si ottiene l’equazione
Pertanto, laddove il caso lo richieda e sia didatticamente
possibile, dell’esercizio sarà proposta la soluzione in più modi sottolineando per ognuno di essi pregi e difetti, caratteristiche positive e negative, difficoltà, convenienza e opportunità, sempre di ordine didattico, che la scelta potrà comportare.
Si tratta di consigli (utili, si spera), frutto di lunga esperienza didattica e di conoscenza della Scuola e dei suoi problemi,
senza alcuna dotta pretesa di carattere prescrittivo, nella ferma convinzione che, solitamente, in ogni processo di insegnamento/apprendimento, se si tiene in debito conto il fatto
che c’è anche il discente, il cui ruolo non è meno importante
di quello del docente, nulla può darsi per scontato e nessuno
può atteggiarsi a depositario della ricetta infallibile. La scelta finale quindi della via e del metodo più opportuno e funzionale alle proprie necessità didattiche sarà, come appare
giusto, sempre e comunque appannaggio del docente.
Anche il linguaggio usato sarà il più possibile sobrio e lineare puntando alla chiarezza piuttosto che alla presunta eleganza espressiva.
Problema 1
Le curve date l ed r di equazioni
l : x2 4(x y) e r : 4y x 6
sono rispettivamente una parabola ed una retta. La parabola, con asse parallelo all’asse y, volge la concavità verso il
basso, ha vertice V(2,1) e interseca gli assi cartesiani in O(0,0)
e in A(4,0). La retta r incontra invece gli stessi assi nei punti
B(6,0) ed E(0,3/2). (v. Fig. 1)
Fig. 1
x2 3x 6 0
che non ha soluzioni reali perchè il suo discriminante
= 9 – 24 è evidentemente negativo.
Punto 2 - Sia P(t, 1t2 t) il punto generico della parabola
4
l e calcoliamo la sua distanza dalla retta r in funzione del parametro t che indicheremo d(t). Si ha:
t 414t t 6
2
t2 3t 6
d(t) .
1
6
1
1
7
Osserviamo che l’espressione finale della distanza d(t) non
presenta il segno di modulo perchè il trinomio t2 3t + 6 è
positivo per ogni valore di t.
Per il calcolo del minimo di d(t) si può evitare il ricorso allo
studio del segno della derivata osservando che
1
d(t) (t2 3t 6)
17
rappresenta a sua volta, nel piano (t,d), una parabola concava verso l’alto e, pertanto, essa presenta il suo valore minimo
nel vertice e, cioè, per t = 3/2.
Dunque il punto cercato è P(3/2 , 15/16).
Il quesito si poteva risolvere anche mediante considerazioni
geometriche osservando che il punto della parabola l «più
vicino» ad r è il punto P (unico) di l in cui la tangente è parallela ad r. Sulla base di questa osservazione, per individuare P è possibile seguire due vie: la via algebrica, ricercando nel fascio di rette parallele ad r quella che è tangente
alla parabola, e la via, più rapida e diretta, dell’uso del calcolo differenziale determinando il punto di l in cui il valore
della derivata è uguale al coefficiente angolare di r.
Nel primo caso si risolve il sistema
x2 4(x y)
(parabola l)
4y x q
(fascio di rette parallele a r)
e si impone che sia nullo il discriminante dell’equazione risolvente
x2 4x (x q) ⇒ x2 3x q 0
9 4q 0 ⇒ q 9
4
⇒ x2 3x 9 0 ⇒ x 3 ⇒ P 3,15 .
4
2
2 16
78
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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esami conclusivi
Per la seconda via si ha, invece,
l: y 1x2 x ⇒ y′ 1x 1
4
2
1x 1 1 ⇒ x 3
2
4
2
con le stesse conclusioni.
Punto 3 - La retta s simmetrica di r rispetto all’asse x passa
1
per B(6, 0) e ha coefficiente angolare , opposto a quello
4
di r. La sua equazione, ridotta a forma intera sarà
4y = x + 6 .
Le intersezioni C e D di s con l si ottengono risolvendo il sistema
x2 4(x y)
⇒ x2 – 5x – 6 = 0
4y x 6
da cui si ottengono i punti C(1,5/4) e D(6,3).
Per il calcolo dell’area della regione finita compresa tra la parabola l e la retta s si calcola l’integrale definito
x4 x x4 32dx x4 54x 32dx x 12 58x 32x 32443 .
6
6
2
1
2
N
M
xN xM 41
c e RV
1 c.
Applicando il teorema di Archimede calcoliamo l’area s1 e s2
dei settori parabolici rispettivamente di base OA ed MN e
imponiamo che siano il primo doppio del secondo. Si ha:
s1 2 O
A
yV 2 4 8
3
3
3
s2 2M
N
RV
241
(1
c c)
3
3
e, imponendo che risulti s2 = 1 s1, si ottiene l’equazione ri2
solutiva:
8 (1
c c) 4 ⇒ 2(1
)
c 3 1 ⇒ 1
c 1
3
3
3
1
⇒ c 1 .
4
21 ⇒
3
1
3
2
6
1
Per lo stesso calcolo poteva essere utilizzato il teorema di Archimede applicato alla parabola ottenuta facendo la differenza tra le ordinate di l e quelle di s che non è altro che la
funzione integranda dell’integrale calcolato sopra
Punto 5 - Il volume del solido richiesto si può calcolare mediante il seguente ragionamento: il generico piano ortogonale all’asse x, di equazione x = h (0 울 h 울 4), taglia l’asse x nel
punto K(h,0), la parabola l nel punto H(h, 1h2 h) e taglia
4
il solido secondo la sezione quadrata di area
H
2 1h2 h
K
4
y 1x2 5x 3.
4
4
2
2
e l’elemento di volume del solido sarà
Punto 4 - Intersechiamo la parabola l con la retta
y = c (0 울 c 울 1) e calcoliamo l’area, in funzione di c, del
nuovo settore parabolico ottenuto. (Fig. 2).
Fig. 2
2
dV 1h2 h dh.
4
Pertanto il volume cercato si otterrà calcolando l’integrale
definito
V
14 h h dh 116 h 12h h dh 4
4
2
2
4
0
3
2
0
4
2.
1h5 1h4 1h2 3
80
8
3
15
0
Problema 2
La funzione considerata
f(0) 1
Risolvendo il sistema
yc
⇒ x2 4x 4c 0
2
x 4(x y)
si ottiene, indicati con M, N, R i punti come segnato figura,
f(x) 1x2(3 2log x) 1 se x>0
2
[0, ∞[
è una funzione trascendente definita per x 욷 0. Essa è continua per x > 0 perchè è espressa dal prodotto di due funzioni
continue sommato con una costante.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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79
esami conclusivi
- è sempre positiva
- l’asse y è asintoto verticale
Punto 1 - Per stabilire se è continua anche per x = 0 osserviamo che, affinchè una funzione sia continua in un punto x0
del suo insieme di definizione D, occorre e basta che siano
verificate le condizioni:
- la retta y = 3/2 è asintoto orizzontale
- è monotona crescente per x < 0 y1′ 23
x
- è monotona decrescente per x > 0
e la c2) è la ben nota curva logaritmica.
Il grafico sommario delle due curve è riportato nella Fig. 3.
Fig. 3
1) x0 sia punto di accumulazione
per D;
f(x) f(x0).
2) lim
x→x
0
Nel nostro caso, essendo x = 0 l’estremo
sinistro dell’intervallo di definizione D,
si può parlare solo di «continuità a destra» in x = 0.
Le condizioni 1) e 2) sono certamente verificate dal momento che l’intervallo D è
chiuso a sinistra (il che assicura che x = 0
è punto di accumulazione) e
lim 1x2(3 2log x) 1 lim(1 x2 log x) x→0
x→0
2
2
1 lim x log x 1 f(0).
x→0
log x
Si osservi che lim
x2 log x lim
x→0
x→0
12
x
1
2
x
lim lim x 0.
x→0
x→0
2
2
3
x
Anche per la derivabilità di f(x) in x = 0 si tratterà di «derivabilità a destra»: la f è «derivabile a destra» in x = 0 perchè esiste finito il limite destro del rapporto incrementale. Infatti
f(0 h) f(0)
lim lim 1h(3 log h) 0.
x→0
x→0
2
h
Si osservi comunque che la dimostrazione della derivabilità
rende non indispensabile la dimostrazione precedente della
continuità in quanto la derivabilità implica la continuità.
Punto 2 - L’equazione
f(x) = 0
(1)
quando è x 苷 0, è equivalente all’equazione
3 1
2 log x (2)
2 x
che si può risolvere per via grafica cercando le intersezioni
delle due curve
Dal confronto dei due grafici per x > 0 si rileva che effettivamente esse hanno un solo punto di intersezione e che pertanto l’equazione (1) ha un’unica radice reale sull’intervallo
[0; + ∞[ .
L’esistenza e unicità della radice dell’equazione (1) si può
provare anche osservando che la funzione f(x) è tale che:
f(0) 1 e x→∞
lim f(x) ∞
e quindi, per il teorema di esistenza degli zeri, l’equazione in
questione ammette almeno una radice reale nell’intervallo
[0, ∞[1. Resta da dimostrare che la radice è unica.
La derivata della funzione, per ciò che è stato detto circa la
derivabilità in x = 0, sarà
f ′(0) 0
f ′(x) 2x(1 log x) per x>0.
Dunque la derivata si annulla, oltre che per x = 0, anche per
x = e con f (e) = 1/2e2+1.
Studiando il segno della derivata si conclude che la funzione
è crescente per 0 < x < e ed è decrescente per e < x < +∞ e pertanto essa presenta un minimo e un massimo relativo rispettivamente nei punti
B(0, 1) e M(e, 1/2e2+1).
Osservando infine che f(x) è monotona crescente nell’inter-
c1) y1 3 12 e c2) y2 log x.
x
2
Delle due curve in questione, la c1) si rappresenta facilmente
osservando che:
80
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-077 - 80
1. Il teorema degli zeri si estende anche agli intervalli aperti o non limitati quando esiste finito o infinito il limite della funzione nell’estremo in cui l’intervallo è aperto o non
limitato.
vallo (0, e) mentre è monotona decrescente nell’intervallo
(e, +∞) si può concludere, richiamando ancora il teorema degli zeri, che l’equazione (1):
- non ammette radici nell’intervallo (0, e)
- ha una sola radice nell’intervallo (e, +∞).
Il che dimostra l’unicità della radice dell’equazione in tutto
l’intervallo [0, +∞[.
Per il calcolo del suo valore approssimato richiesto osserviamo intanto che, indicato con detto valore, risulta, per quanto osservato sopra, > e.
Il calcolo effettivo, con il grado di precisione voluta, può effettuarsi in diversi modi. Il più semplice e più comune è il
metodo della bisezione degli intervalli partendo da un intervallo iniziale nel quale siamo sicuri che sia contenuta l’unica2 radice cercata. Questo metodo fornisce però valori grossolani della radice perchè esso, in generale, converge lentamente.
Una buona precisione richiede perciò un notevole numero di
iterazioni. Il processo, in compenso, può essere facilmente
automatizzato con uno strumento di calcolo, che però lo studente non può utilizzare in questa sede. Nella tabella che segue (Tab. 1), come si può notare, per il calcolo del valore della radice con l’approssimazione richiesta, a 4,69 , si sono
rese necessarie oltre 12 iterazioni.
iterazioni
Tab. 1
a
1
4,0000
5,0000
4,5000
2,8193 1,7359
2
4,5000
5,0000
4,7500
0,9174 1,7359 0,3119 0,5000
3
4,5000
4,7500
4,6250
0,9174 0,3119
0,3267 0,2500
4
4,6250
4,7500
4,6875
0,3267 0,3119
0,0134 0,1250
5
4,6875
4,7500
4,7188
0,0134 0,3119 0,1477 0,06250
6
4,6875
4,7188
4,7031
0,0134 0,1477 0,0668 0,0313
7
4,6875
4,7031
4,6953
0,0134 0,0668 0,0266 0,0156
8
4,6875
4,6953
4,6914
0,0134 0,0266 0,0065 0,0078
9
4,6875
4,6914
4,6895
0,0134 0,0065
10
4,6895
4,6914
4,6904
0,0035 0,0065 0,0015 0,0020
11
4,6895
4,6904
4,6899
0,0035 0,0015
12
4,6899
4,6904
4,6902
0,0010 0,0015 0,0003 0,0005
13
4,6899
4,6902
4,6901
0,0010
0,0003
0,0003 0,0002
14
4,6901
4,6902
4,6901
0,0003
0,0003
0,0000 0,0001
b
ab
2
f(a)
ab
f 2
f(b)
0,9174 1,0000
0,0035 0,0039
0,0010 0,0010
ziamo il metodo delle tangenti o quello delle corde o entrambi contemporaneamente3. La formula ricorrente del metodo delle tangenti è
(n 1)
e i valori ottenuti sono approssimati, in questo caso, per eccesso. La formula ricorrente del metodo delle corde
n1 f(b) bf(n1)
n f(b) f(n1)
dove 0 4 (n 1) e b 5
che fornisce, invece in questo caso, approssimazioni per difetto.
Nelle seguenti tabelle (Tab. 2 e Tab. 3) sono riportati i valori
ottenuti ponendo successivamente n = 1, 2, 3 e operando con
i due metodi e le corrispondenti maggiorazioni dell’errore.
Tab. 2 (metodo delle tangenti)
n
f (n-1)
f ’(n-1)
n
1
1,7359
6,0944
4,7152
2
0,1290
5,1940
4,6903
3
0,0010
5,1171
4,6901
Tab. 3 (metodo delle corde)
n
f (n-1)
n
i i i
1
2,8193
4,6189
0,0962
2
0,3566
4,6839
0,0065
3
0,0321
4,6896
0,0005
ba
Notevolmente ridotto è il numero delle iterazioni se utiliz-
f(n1)
n n1 con 0 5
f ’(n1)
esami conclusivi
Si noti che con questo metodo, c.d. «combinato» dei metodi
delle tangenti e delle corde, già al terzo passaggio abbiamo il
valore cercato 4,690 ma anche una maggiorazione dell’errore dalla quale si evince che anche la terza cifra decimale è esatta.
Punto 3 - Per tracciare l’andamento del grafico di C ricordiamo che:
- il dominio è [0, +∞[;
- interseca l’asse y in (0;1) e l’asse x nel punto di ascissa
4,69;
- lim f(x) ∞ e non ha asintoti;
x→∞
- ha un minimo relativo in B(0;1);
- ha il massimo assoluto nel punto M(e, 1/2e2+1).
Inoltre, essendo f”(x) = 2logx, si trova facilmente che la
curva C:
- presenta un flesso discendente in F(1; 5/2);
- la tangente nel punto di flesso F ha equazione
1
y = 2x + ,
2
essendo f’(1) = 2.
Alla luce delle precedenti considerazioni l’andamento del
grafico della curva C risulta quello riportato in Fig. 4.
2. Se l’equazione ha più radici occorre trovare, per ognuna di esse, un intervallo in cui
sia contenuta da sola.
3. I due metodi infatti forniscono per una stessa radice valori approssimati sempre di
segno opposto (cioè uno per eccesso e l’altro per difetto o viceversa) cosi che si ottiene contestualmente ad ogni passaggio iterativo una maggiorazione migliore dell’errore commesso.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-077 - 81
81
esami conclusivi
Punto 5 - Il limite richiesto si calcola facilmente osservando
che log n è infinito di ordine inferiore a n3 per n → ∞.
log
n 1.
1
1 lim An lim 1 1 12 n→∞
n→∞
9
3n3
9
2n
n
18n3
Mentre il valore, in funzione di n, di An
esprime l’area tratteggiata nella Fig. 5,
il limite
lim An 1
n→∞
9
Fig. 4
è la misura dell’area tratteggiata in Fig. 4.
Il procedimento adottato si usa chiamare «integrazione impropria» e pertanto
il numero 1/9 ottenuto viene inteso come misura «impropria» dell’area tratteggiata nella Fig. 4.
Questionario
Punto 4 - L’area An del dominio piano delimitato da C e dalle rette r, x = 1/n e x = 1, si esprime, in funzione di n mediante l’integrale (Fig. 5)
An 12x (3 2 log x) 1 2x 12 dx 3x 2x 1 x log x dx.
2
2
1
Quesito 1. Il lato AB (Fig. 6) del decagono regolare inscritto in un cerchio di
centro O è il terzo lato di un triangolo
isoscele il cui angolo al vertice, come
decima parte di 360°, è di 36°. Gli angoli alla base di tale
triangolo isoscele sono quindi di 72°. Si ha, cioè:
AÔB 36°; OÂB OB̂A 72°.
2
1/n
Fig. 6
1
2
2
1/n
Fig. 5
Conducendo la bisettrice BC dell’angolo AB̂O si ottengono altri due triangoli
isosceli, ABC e OCB, rispettivamente
sulle basi AC e OB, essendo
Calcolando preventivamente, per parti, l’integrale
3
2
3
3
x2 log xdx x log x x dx x log x x,
3
3
3
9
si ottiene
1
3
3
3
An x x2 x x log x x
2
2
3
9 1/n
11x3 x2 x x3 log x
2
3
18
1/n
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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B
C
CO
.
Ne segue: AB
Essendo i triangoli AOB e ABC simili, perchè hanno i tre angoli uguali, sussiste la proporzione
1
log n
1
1 .
1 1 12 9
2n
n
18n3
3n3
82
AB̂C CB̂O 1 72° 36° e BĈA BÂC 72°.
2
:A
B
AB
:A
C
,
AO
che, in quanto è A
B
CO
, si può scrivere
O
:C
O
CO
:A
C
.
A
Quest’ultima proporzione dimostra che OC (e quindi AB) è
uguale alla sezione aurea del raggio OA.
A
= r, il valore numerico x della sezione aurea del ragSe O
gio e quindi del lato del decagono regolare si ricava risolvendo l’equazione
r : x = x : (r x)
ovvero
x2 = r(r x)
cioè
x2 + rx – r2 = 0 con 0 < x < r
1 ±
5
r, delle quali è
che ammette le due soluzioni x 2
1
5
accettabile la sola x r, essendo l’altra negativa.
2
Per calcolare sen 18° ricordiamo che, per definizione, si ha
(Fig. 7)
esami conclusivi
Quesito 2. Una definizione classica di tangente è la seguente: si dice tangente nel punto P0 ad una curva c, la posizione
limite, se esiste, della retta congiungente P0 con un altro punto P della curva, allorchè il punto P tende comunque a P0,
muovendosi sempre sulla curva c . Si dimostra che, se c è derivabile, il coefficiente angolare della retta tangente è uguale
al valore della derivata della curva nel punto P0.
La curva data, y = x sen x, è derivabile in tutto il suo dominio ᑬ e, inoltre nei punti in cui si ha sen x = 1 (cioè nei punti x = /2 + 2k (k Z)), la curva c e la retta y = x hanno la
stessa ordinata e la stessa derivata e pertanto sono tangenti.
Infatti:
P
H
H
P
sen 18° .
P
O
r
Consideriamo il segmento OP’ simmetrico di OP rispetto all’asse delle ascisse. L’angolo P′ÔP sarà di 36° e quindi il segmento P’P sarà
y = x sen x ⇒ y(/2 + 2k) = /2 + 2k
y’ = sen x + x cos x ⇒ y’(/2 + 2k) = 1
y = x ⇒ y’ = 1.
Lo stesso discorso vale per i punti in cui
Fig. 7
sen x = 1 ⇒ x = /2 + 2k
nei quali la curva c è tangente alla retta y = x .
Quesito 3. Il prodotto di due simmetrie assiali s e f con assi
tra loro paralleli è una traslazione il cui vettore è perpendicolare alla direzione degli assi di s e f. Poichè il vettore del , gli assi di s e f sala traslazione assegnata è 5, 5
ranno paralleli alla retta y = x e le equazioni delle due trasformazioni saranno del tipo
x′ y n
y′ x n .
uguale al lato del decagono regolare inscritto nella circonferenza di raggio r e, pertanto, si avrà:
1 P
′
P
2
H
P
sen 18° r
r
1 5 1
r
2
2
5
1.
r
4
Essendo richiesto anche il calcolo di sen 36°, calcoliamo preventivamente
en
s28°
1 cos 18° 1
10
2
5 ,
5 1 1
4
4
Siano quindi4
f:
x′ y n1
e
y′ x n1
sen 36° 2 sen 18° cos 18° 5
1 10
10
2
5 .
2
5 2 4
4
4
.
y″ x′ n2
Si ha
f
P(x,y) —→
P′(x′,y′)
s
P′(x′,y′) —→
P″(x″,y″)
°f
P(x,y) s—→
P″(x″,y″).
2
e quindi
s:
x″ y′ n2
cioè s o f:
f
s
(x,y)—→(x′ y n1; y′ x n1)—→
s
—→(x″
x n1 n2; y″ y n1 n2)
ovvero
x″ x n1 n2
y″ y (n1 n2).
4. Sono state usate notazioni diverse per le due simmetrie per facilitarne la composizione.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-077 - 83
83
esami conclusivi
4x3 800
f′(x) >0⇒x>
x2
200
.
3
Dunque la lattina realizzata con la quantità minima di latta
ha il raggio di base e l’altezza rispettivamente uguali a
Questa traslazione coincide con la traslazione assegnata
quando
n1 n2 5 ⇒ n1 n2 5
.
Come si vede il problema ha ∞1 soluzioni, cioè esistono ∞1
coppie di simmetrie s e f il cui prodotto è la traslazione di
vettore 5, 5 .
Ponendo n2 = 0 ⇒ n1 5 e avremo:
x″ y′
s:
e
f:
y″ x′
x′ y 5
.
y′ x 5
Per facilitare la composizione in ordine inverso scriviamo s
e f nel seguente modo più opportuno:
x′ y
s:
e
f:
y′ x
3
Il numero e è irrazionale (trascendente), è compreso tra 2 e 3
e riveste grandissima importanza in matematica.
È la base del sistema dei logaritmi c.d. «naturali». La funzione f(x) = ex gode di una proprietà particolare: è la sola funzione che coincide con la propria derivata5.
La procedura che consente di calcolarlo con la precisione voluta è la stessa procedura che porta alla sua definizione. Infatti per dimostrare l’esistenza del limite (3) si osserva che
.
s
f
f ° s : (x,y)—→(x′
y; y′ x)—→
f
—→ x″ x 5; y″ y 5
x″ x 5
y″ y 5
.
Dunque componendo s e f in ordine inverso si ha la trasla .
zione di vettore opposto 5,5
3
n
n
un 1 1 < 1 1 < 1 1
n1
n
n
y″ x′ 5
20
7,99 cm.
200 3,99 cm e h 5
Quesito 5. Il quesito è mal posto dal momento che la definizione del numero «e» non è unica.
Una delle definizioni più diffuse lo indica come limite di una
successione. Precisamente:
1 n
e lim 1 . (3)
x→∞
n
x″ y′ 5
Si ha:
cioè
x
n1
vn
e si dimostra che le successioni di termine generale un e vn
convergono allo stesso limite. Assegnando opportunamente
il valore di n e sviluppando l’espressione (1 + 1/n)n si ottiene il valore di e con l’approssimazione voluta in quanto l’errore (per lo stesso valore di n) è maggiorato da vn un.
Quesito 6. Nell’omotetia s di centro O in cui si corrispondono (Fig. 8) le rette r ed s, si corrispondono i punti A e A’, B e
B’ , P e P’ ecc. e i segmenti OA e OA’, OB e OB’, ecc.
Fig. 8
Quesito 4. Il volume V = 0,4 litri della lattina, equivale a 400
cm3. Indicato con x il raggio del cerchio di base, ricaviamo
l’altezza h del cilindro in funzione di x :
400 .
x V2 x
x2
La superficie totale sarà la funzione di x
400 x 800 2x2.
f(x) 2xh 2x2 2x x2
x
Annullando la derivata
80
0 4x 0
f′(x) x2
4(x3 200) 0 ⇒ x ⇒
x2
200 3,99 cm
3
20
400
da cui h 7,99 cm.
3
2
3
5
20
0
La verifica che si tratta effettivamente di un minimo si ottiene studiando il segno di f’(x).
84
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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5. Vi sono autori che definiscono il numero «e» partendo proprio da questa proprietà.
esami conclusivi
E, poichè si ha
1
A
O
B
O
4,
′
B
O
′
OA
s è un’omotetia di centro O e rapporto 4 e pertanto le sue
equazioni sono
x′ 4x
y′ 4y.
Quesito 7. Quanto osservato per il quesito 5 vale anche per
questo quesito. La via per definire n! non è unica e le risposte successive dipendono ovviamente dalla definizione adottata (Qualcuna delle risposte potrebbe essere implicita nella
definizione!).
Si pone per definizione:
0! = 1; 1! = 1; 2! = 1 2;
e, in generale, per n > 1
n! = 1 2 3 4... (n 1) n
(il simbolo n! si legge: n fattoriale o fattoriale di n).
Si dimostra che n! è il numero delle permutazioni di n oggetti distinti e allineati su n posti. Se invece gli oggetti non
sono tutti distinti ma risultano k1 uguali fra loro, k2 uguali fra
loro e distinti dai precedenti, .......... , km uguali fra loro e distinti dai precedenti (essendo k1 + k2 + k3 + .... .... km = n ), il numero delle permutazioni distinte degli n oggetti è in questo
caso
n!
P*k , k , ... k .
k1 ! k2 !...km !
1
2
m
Nel caso particolare di m = 2 in cui k1 = k e k2 = n – k risulta,
ovviamente,
P*k,nk n!.
k! (n k)!
Questa espressione, che è un intero assoluto, si dice «coefficiente binomiale di grado n e di classe k» e si indica con il
simbolo
n!
n(n 1) (n 2)...(n k 1) ,
nk k!(n k)!
k!
dove l’ultima espressione si ottiene dividendo numeratore e
denominatore per (n – k)! .
Per k = n si ha una sola permutazione e, ricordando che
0! = 1, l’espressione risulta ancora valida.
Si dimostrano agevolmente le seguenti proprietà:
n , 0kn
nk n k
e, in particolare, n n 0 1.
0
n
0
n1 n1 .
b)
nk k k 1
a)
n oggetti a k a k e che, facendo variare k da 0 a n, si ottengono successivamente i coefficienti dello sviluppo della potenza ennesima del binomio, c.d. di Newton, (a + b)n.
Quest’ultima osservazione rende ragione della denominazione di coefficiente binomiale attribuita al simbolo.
Quesito 8. Eliminando il parametro t tra le due equazioni parametriche assegnate si ottiene l’equazione cartesiana della
curva.
et x 2
et y 3.
Moltiplicando membro a membro abbiamo
(x – 2)(y – 3) = 1 ⇒ y 3 1
x2
y′ 1 ⇒ y′(3) 1.
(x 2)2
L’equazione della tangente nel punto (3 ; 4) è quindi
y – 4 = y’(3) (x – 3) ⇒ y = x 7.
Quesito 9. Lanciando due dadi l’evento E1 che si ottenga una
coppia di somma 10 si può verificare nei tre modi
(6 ; 4) (5 ; 5) (4 ; 6) .
Essendo 36 le coppie di numeri ottenibili con i due dadi, la
probabilità di E1 è
p(E1) 3 1.
36
12
Sia E2 l’evento che in 6 lanci l’evento E1 si verifichi 2 volte. Il
calcolo della probabilità di E2 rientra nel classico «problema
delle prove ripetute».
Per risolvere il quesito occorre distinguere se sia prefissato o
meno l’ordine in cui i due eventi E1 (di probabilità 1/12) dovranno verificarsi.
Se supponiamo prefissato tale ordine (ad esempio vogliamo
che la coppia di somma 10 compaia le prime due volte delle
6 prove), per il teorema della probabilità composta, la nostra
probabilità (che per comodità indichiamo con p*) sarà data
dal prodotto di due fattori uguali a 1/12 e quattro fattori
uguali a 11/12, sarà cioè
p* 1
12
Per esigenza di completezza si ricorda che il numero n
k
rappresenta anche il numero delle combinazioni semplici di
2
1 4.
1
12
Evidentemente lo stesso valore si ottiene prefissando un
qualunque altro ordine di successione dei due eventi E1 .
Ma quanti sono gli ordini che si possono prefissare? Sono
tanti quante sono le combinazioni di classe 2 di 6 oggetti.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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85
esami conclusivi
Pertanto l’evento E2 considerato dal quesito è totale dei 6
2
eventi di probabilità p*, cioè
1
12
p(E2) 6
2
2
m 2 60 3 X 30.
5
5
11 4
.
12
Generalizzando opportunamente questa formula possiamo
facilmente ricavare anche le probabilità che l’evento E1 (coppia di facce a somma 10) si verifichi 0, 1, 3, 4, 5, 6 volte nelle
6 prove. Basterà sostituire nella formula
1
12
p(x) 6
x
2
1
1
12
4
(4)
alla variabile x successivamente i valori 0, 1, 3, 4, 5 o 6.
Questa osservazione ci permetterà di rispondere più rapidamente alla terza parte del quesito.
Sia E3 l’ultimo evento considerato dal quesito cioè che la coppia di somma 10 compaia almeno 2 volte in 6 lanci. La probabilità di questo evento è uguale alla probabilità contraria alla probabilità che E1 si verifichi 0 volte oppure 1 volta. Quindi utilizzando la (4) avremo
112 1112 p(1) 61 112 1112
p(0) p(1) 6 6 1 1
0 1 12 112 11 7 1
(1 6) 1 12 1112 ,
12
12 da cui p(E ) 1 7 1 12 1112 .
p(0) 6
0
2
4
2
2
2
4
2
2
4
4
4
4
3
Ovviamente saremmo pervenuti allo stesso risultato, ma con
qualche conto in più, calcolando la somma delle probabilità
p(x) con x = 2, 3, 4, 5, 6, cioè
6
p(E3) x 6
x
2
1
12
2
11 4
.
12
Quesito 10. La risposta al quesito può essere fornita mediante un ragionamento molto elementare. Supponiamo che
l’intera popolazione consti soltanto di cinque individui. Con
un’età media di 30 anni l’intera popolazione conta complessivamente 150 anni. Se il 40% delle cinque unità ha 60 anni
significa che due individui hanno 60 anni e quindi 120 anni
in due. Per le 3 unità rimanenti (di età inferiore a 60) restano
soltanto 30 anni e pertanto essi non potranno avere che 10
anni ciascuno. Se poi i primi due individui sono «over 60», i
rimanenti 3 avranno necessariamente meno di 10 anni. In
questo secondo caso si ricava però che l’età degli «over 60»
dev’essere inferiore a 75 anni altrimenti gli individui rimanenti avrebbero un’età nulla o negativa.
Si conclude che la risposta al quesito è, in ogni caso affermativa.
86
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-077 - 86
Il discorso non cambia molto, anche se è un po’ meno intuitivo, se si ragiona in termini di medie ponderate. Anche qui
consideriamo prima il caso limite in cui il 40% = 2/5 della
popolazione abbia esattamente un’età media di 60 anni. Indichiamo con X l’età media della restante parte della popolazione e calcoliamo la media aritmetica ponderata delle due
età imponendo che sia uguale a 30:
Risolvendo l’equazione si ha
X 5 30 2 60 10.
3
5
Dunque ritroviamo che l’età media della popolazione di quel
Paese può essere di 30 anni se il restante 60% della popolazione ha un’età media di 10 anni.
Nel caso in cui l’età media degli «over 60» (40% della popolazione) sia maggiore di 60, sia M tale media e sia ancora X
l’età media degli «under 60» (60% della popolazione). Si avrà
analogamente al caso precedente:
m 2M 3X 30
5
5
con M > 60 e 0 < X < 60.
Risolvendo l’equazione avremo:
2M 3X 150
150 2M ,
X
3
e, tenendo conto dei vincoli di M e X ,
60 < M < 75
0 < X < 10.
Si conclude che nelle condizioni poste dal quesito l’età media della popolazione può essere uguale a 30 anni a patto che
l’età media M del 40% della popolazione che ha 60 anni o più
soddisfi alla limitazione
60 M < 75.
Commento alla prova
Il tema è conforme, per quanto concerne la struttura, a quanto stabilito dal MIUR nel 2001 per il Liceo Scientifico. Per ciò
che si riferisce ai contenuti e alla formulazione delle questioni purtroppo vi è stato un notevole passo indietro rispetto
agli anni scorsi.
I problemi - I due problemi lasciano un po’ perplessi. Si tratta infatti di due problemi che insistono essenzialmente su argomenti analoghi. Il primo riguarda in sostanza lo studio di
grafici di funzioni e il calcolo di integrali di aree e volumi; il
secondo problema riguarda ancora lo studio di grafici di
funzioni e il calcolo di integrali e inoltre richiede la risoluzione numerica di una equazione.
Avendo a disposizione due problemi sarebbe stato più opportuno coprire meglio il vasto spettro di argomenti che costituiscono il programma di matematica anziché limitarsi alle domande standard riguardanti l’Analisi matematica.
Una seconda ragione di perplessità proviene dalla natura
delle domande che compaiono in ciascun problema. Tali domande non sembrano seguire un ordine logico ma si ha invece l’impressione che siano elencate in maniera piuttosto
casuale, avendo come unico obiettivo quello di verificare in
modo sporadico abilità algoritmiche che, in assenza di un
collegamento logico tra i quesiti, appaiono necessariamente
fine a se stesse. L’immagine della matematica che risulta da
questi problemi è quindi purtroppo la solita: una disciplina
certamente difficile, più che altro, noiosa e sostanzialmente
inutile.
Con questi precedenti è inutile piangere sulla cattiva figura
che la nostra Scuola fa non solo nelle indagini valutative internazionali, come la famosa Indagine P.I.S.A., ma anche in
quelle nazionali come l’indagine di valutazione di sistema
svolta dall’INVALSI.
Occorre inoltre fare una osservazione di lessico. Nel problema 2 si dice che «la curva C è rappresentativa della funzione
assegnata» e si chiede quindi di «disegnare C». Sarebbe stato
più opportuno, e più preciso, dire che C è il luogo dei punti le
cui coordinate soddisfano l’equazione che rappresenta la funzione
assegnata e, inoltre, dire che ciò che si richiede è tracciare l’andamento della curva C.
Il Questionario - Nel quesito 1 la definizione di «sezione
aurea» è senza dubbio interessante nell’ambito della storia
della matematica e ha un posto importante tra gli strumenti matematici elementari utili per la descrizione di diversi aspetti della realtà. Tale nozione non sembra tuttavia
così centrale da poter ritenere con certezza che sia necessariamente nota ad ogni studente. Per tale ragione nell’enunciare il quesito sarebbe stato certamente più opportuno
ricordare la nozione di sezione aurea. Quanto poi alla dimostrazione richiesta, questa è senza dubbio elementare
ma richiede una certa dose di ingegnosità e inventiva che
non è forse la cosa più probabile da richiedere in sede d’esame. Qualora poi uno studente risulti così colto e così ingegnoso da rispondere alla prima parte del quesito, ci sembra veramente riduttivo e privo di senso impegnarlo in un
calcolo acrobatico, privo di qualunque significato intellettuale, come quello richiesto.
Il quesito 2, come poi i quesiti 5 e 7 , iniziano con la richiesta
di «dare una definizione di ... » . Una domanda di questo tipo è molto pericolosa per almeno due ordini di considerazioni. La prima è di natura disciplinare ed è una conseguenza
della struttura stessa della matematica. Infatti gli oggetti matematici non hanno normalmente un’unica possibile definizione, univocamente individuata, ma ogni loro possibile de-
esami conclusivi
finizione dipende dal contesto in cui l’oggetto stesso si intende collocato. Per rimanere nell’esempio del presente quesito,
diversa è la definizione di tangente che può essere assegnata
nell’ambito della geometria algebrica rispetto a quanto può
essere detto nel contesto della geometria differenziale.
Il secondo ordine di considerazioni è di natura pedagogica e
didattica. Chiedere, nei quesiti, enunciati di definizioni oppure ancora enunciati e dimostrazioni di teoremi porta inevitabilmente gli studenti ad «organizzarsi» mediante serie di
«bigini» tascabili oppure dispositivi elettronici mascherati
nella maniera più ingegnosa.
Alla luce di queste considerazioni è bene aver cura di precisare che ciò che viene richiesto è una delle possibili definizioni e, analogamente, «uno dei possibili significati o legami
o collegamenti» con altri enti matematici eventualmente
coinvolti.
Nei quesiti 3 e 4 per fornire la risposta occorre fare un complesso di calcoli che appaiono inutilmente complicati e per
il loro svolgimento il contributo del ragionamento sembra
secondario.
In definitiva questi quesiti sembrano valutare solamente il
possesso di abilità algoritmiche nonché la conoscenza di
qualche formula precostituita la cui applicazione acritica
permette di ottenere più agevolmente il risultato richiesto.
Per il quesito 4 poi c’è una ulteriore osservazione da fare. Per
un insegnamento efficace della matematica (si dice da più
parti), occorre «partire dal mondo reale». Ma se il «mondo»
di riferimento viene analizzato con superficialità e quindi risulta solo apparentemente «reale», lo studente va in confusione. Poiché gli studenti sanno benissimo che, normalmente, le lattine sono chiuse con sovrapposizioni di lembi di latta (o sulla parte laterale o sul fondo o su entrambe le parti) ci
sembra grottesco suggerire che lo spessore della latta si può
considerare trascurabile e ignorare del tutto la quantità di
latta che entra in gioco nel processo tecnico di chiusura ermetica del contenitore.
Un’osservazione di lessico - Nel quesito 6 la richiesta «si determini» o è approssimativa e imprecisa o corrisponde alla
usuale caratteristica del linguaggio comune di esprimere
proposizioni e richieste basandosi maggiormente sulla ricchezza del contesto e sulla suggestione delle parole usate anziché sulla precisione di termini univocamente individuati.
Nel caso presente, non ha senso chiedere di «determinare l’omotetia s» perché essa è già univocamente individuata (o
«determinata») mediante i dati assegnati dal quesito. Ciò che
invece l’Estensore del quesito voleva probabilmente chiedere è di «determinare l’equazione (o le equazioni !) di s». Se
questo è il caso, era bene dirlo chiaramente.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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87
esami conclusivi
Vy d
c
g2(y)dy
dove la figura del piano xy che genera il solido è delimitata
dalla funzione x = g(y), dall’asse y e dalle due rette parallele
y=cey=d.
Fig. 1
Corso di ordinamento
Problema 1
La parabola assegnata di equazione y = 6 – x2 è simmetrica
rispetto all’asse delle ordinate, volge la concavità verso il
basso, ha vertice V(0;6) e interseca l’asse delle ascisse nei
punti A(6
;0) e B(6
;0).
Punto 1 – Il volume del solido generato dalla regione R (Fig.
1) nella rotazione completa attorno all’asse y si ottiene agevolmente calcolando l’integrale tipico dei solidi di rotazione:
y 1, c = 0 e d = 6 . Il
Nel nostro caso la funzione g(y) 6
volume VR richiesto sarà quindi
VR g (y)dy 6y dy 6
6
2
0
2
0
LA TRACCIA MINISTERIALE
Tema di Matematica
CORSO DI ORDINAMENTO
Il candidato risolva uno dei due problemi e cinque quesiti
scelti nel questionario.
Problema 1
Nel primo quadrante del sistema di riferimento Oxy, ortogonale
e monometrico, si consideri la regione R, finita, delimitata dagli
assi coordinati e dalla parabola d’equazione: y 6 x2.
1. Si calcoli il volume del solido generato dalla rotazione completa
di R attorno all’asse y.
2. Si calcoli il volume del solido generato dalla rotazione completa
di R attorno alla retta y 6.
3. Si determini il valore di k per cui la retta y k dimezza l’area di R.
4. Per 0 t 6 sia A(t) l’area del triangolo delimitato dagli assi
e dalla tangente a nel suo punto di ascissa t. Si determini A(1).
5. Si determini il valore di t per il quale A(t) è minima.
Problema 2
Si consideri la funzione f definita sull’intervallo 0; ∞ da:
f(0) 1
1
f(x) x2(3 2log x) 1 se x 0.
2
e sia C la sua curva rappresentativa nel riferimento Oxy, ortogonale e monometrico.
1. Si stabilisca se f è continua e derivabile in 0.
2. Si dimostri che l’equazione f(x) = 0 ha, sull’intervallo 0; ∞ ,
un’unica radice reale.
3. Si disegni C e si determini l’equazione della retta r tangente a C
nel punto di ascissa x 1.
4. Sia n un intero naturale non nullo. Si esprima, in funzione di n,
88
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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l’area An del dominio piano delimitato dalla curva C, dalla retta
1
tangente r e dalle due rette: x e x 1.
n
5. Si calcoli il limite per n → ∞ di An e si interpreti il risultato ottenuto.
Questionario
1. Si dimostri che il lato del decagono regolare inscritto in un cerchio è sezione aurea del raggio e si utilizzi il risultato per calcolare sen 18°, sen 36°.
2. Una bevanda viene venduta in lattine, ovvero contenitori a forma di cilindro circolare retto, realizzati con fogli di latta. Se una
lattina ha la capacità di 0,4 litri, quali devono essere le sue dimensioni in centimetri, affinché sia minima la quantità di materiale necessario per realizzarla? (Si trascuri lo spessore della latta).
3. Si dimostri che la curva y x sen x è tangente alla retta y x quando sen x 1 ed è tangente alla retta y x quando sen x 1.
4. Si dimostri che tra tutti i rettangoli di dato perimetro, quello di
area massima è un quadrato.
5. Il numero e di Nepero [nome latinizzato dello scozzese John Napier (1550-1617)]: come si definisce? Perché la derivata di ex è ex?
6. Come si definisce n! (n fattoriale) e quale ne è il significato nel
calcolo combinatorio? Quale è il suo legame con i coefficienti binomiali? Perchè?
7. Se f(k) x4 4x3 4x2 3, per quanti numeri reali k è f(k) 2?
Si illustri il ragionamento seguito.
8. I centri delle facce di un cubo sono i vertici di un ottaedro. È un
ottaedro regolare? Quale è il rapporto tra i volumi dei due solidi?
9. Si calcoli, senza l’aiuto della calcolatrice, il valore di: sen2 (35°)sen2 (55°)
ove le misure degli angoli sono in gradi sessagesimali.
10. Si dimostri, calcolandone la derivata, che la funzione
x1
f(x)arctg xarctg è costante, indi si calcoli il valore di tale
x1
costante.
6
esami conclusivi
y2 6
(6 y)dy 6y 18 .
2
0
0
Punto 2 – Il volume del solido generato da R nella rotazione
attorno alla retta y = 6 si può ottenere per differenza tra il volume Vc del cilindro generato dal rettangolo OBCV nella rotazione attorno alla retta y = 6 e il volume VF del solido generato nella stessa rotazione dalla figura F delimitata dalla
parabola l , dalla retta y = 6 e dal segmento BC (Fig. 2). Il volume del cilindro è
V
2 OB
36 6
366.
Vc O
e l’elemento di volume del solido sarà
dV (36 h4) dh.
Integrando nell’intervallo (0 h 6
) si otterrà il volume
richiesto
Fig. 2
V
6
0
6
5 6.
h5
(36 h4)dh 366 5
144
0
Punto 3 – Calcoliamo preventivamente l’area SR della regione R (metà di un settore parabolico) servendoci del teorema
di Archimede.
2
2
B
OV
6
6 46
.
SR O
3
3
Il volume VF si calcola con la formula
Vr b
a
[r f(x)]2 dx
dove y = r è l’asse di rotazione, y = f(x), x = a e x = b sono gli
elementi che con l’asse di rotazione individuano la figura F
che genera il solido. Nel nostro caso, essendo r = 6,
f (x) = 6 – x2 , a = 0 e b = 6 si ha
6 (6 x ) dx x
36
x dx 5 5 6 .
VF 6
2
5
6
4
0
2
2
V
HK
(6 k)6
k
S(k) H
3
3
2
(6
)
k3 26 ⇒ (6
)
k3 36
3
3
3
⇒ (6 k) 54 ⇒ 6 k 32
3
3
⇒ k 6 32
3(2 2
).
2
0
6
La retta y = k (0 k 6) interseca la parabola l nel punto
K(6
;
k k) (Fig. 3) e divide la regione R in due parti delle
quali quella delimitata dai segmenti HK e HV e dalla parabola l è la metà di un altro settore parabolico. Sempre con il
teorema di Archimede calcoliamo l’area S(k) di questa parte
e imponiamo che sia metà dell’area SR della regione R:
0
Infine il volume cercato sarà:
36
144
V VC VF 366 6 6
.
5
5
Ci pare utile sottolineare che allo stesso risultato si perviene
in modo più diretto seguendo un ragionamento analogo a
quello fatto per il calcolo del volume di cui al punto 5. del
problema 1 del tema PNI (Si tratta comunque di una interpretazione diversa di uno stesso calcolo).
Il piano generico ortogonale all’asse x, di equazione x = h
(0 h 6), taglia il solido secondo la sezione (corona circolare) di area
E
2 P
E
2 S(h) D
2 2
{36 [6 (6 h )] } (36 h4)
Punto 4 – Sia t la retta tangente alla parabola l in un suo
) (Fig. 3). Essenpunto generico T (t ; 6 t2) con (0 < t < 6
do y’(x) = 2x la derivata di l, l’equazione della tangente t
sarà
y + t2 – 6 = 2t(x – t).
La tangente t incontra gli assi nei punti
t2 6
S;0 e Q(0;6 t2)
2t
e il triangolo (OSQ) ha l’area
1
1 t2 6
(t2 6)2
S
OQ
(t2 6) A(t) O
2
2 2t
4t
dalla quale si A (1) = 49/4.
1. g(y) è la funzione inversa di y = 6 – x2 limitata all’intervallo (0 , + ∞) perchè la
parabola l non è invertibile in tutto il suo dominio R.
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89
esami conclusivi
Molto più interessante è la dimostrazione per via geometrica. Osserviamo che la proposizione è equivalente alla seguente: tra tutti i triangoli rettangoli di cui sia data la somma dei
cateti, quello di area massima è il triangolo rettangolo isoscele.
Sia ABC un triangolo rettangolo in B (Fig. 4) e sia AB > BC .
Si prolunghi AB con un segmento BD = BC, cosicché risulterà
AD = AB + BC.
Fig. 4
Fig. 3
(t2 6)2
Punto 5 – La funzione è A(t) è continua e deriva4t
bile nell’intervallo (0 < t < 6) e la sua derivata
3(t2 6) (t2 2)
1 4t(t2 6)t (t2 6)2
A′(t) .
t2
4t2
4
A’(t) si annulla per t 2 e nell’intervallo (0 < t < 6
) risulta negativa per 0 < t < 2
e positiva per 2 < t < 6,
l’area A(t) è minima. Tale valore dell’area
quindi in t = 2
82
.
Problema 2
Si veda la soluzione del problema 2 PNI.
Questionario
I quesiti 1; 2; 3 e 6 sono stati già svolti nel tema del corso PNI.
Per le loro soluzioni si rimanda pertanto a tali svolgimenti.
Quesito 4. La via algebrica è la più semplice e immediata. Si
tratta di dimostrare che il prodotto di due numeri, la cui somma
s è costante, è massimo quando i due numeri sono uguali. Se la
somma è s siano x ed s – x i due numeri. Si ha:
p(x) = x(s – x) = sx – x2.
La funzione p(x) rappresenta una parabola che volge la concavità verso il basso e pertanto il suo massimo si trova nel
vertice, cioè per x = s/2.
90
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Si congiunga D con C e per il punto A si mandi la perpendicolare AP alla retta DC. Per il punto P si tracci PH parallelo
a BC e sia P’ il simmetrico di P rispetto alla retta AD. Il triangolo rettangolo isoscele AHP ha la stessa somma dei cateti
del triangolo ABC. È facile verificare che l’area di AHP è
maggiore dell’area di ABC. Infatti le due aree si possono
pensare ottenute togliendo dal quadrangolo ABCP rispettivamente il trapezio HBCP e il triangolo ACP. Ma mentre il
trapezio HBCP è minore del triangolo PP’C (hanno la stessa
altezza HB ma la base PP’ del triangolo è maggiore della
somma delle basi del trapezio), il triangolo ACP è equivalente al triangolo PP’C. Si conclude che AHP ha l’area maggiore rispetto al triangolo ABC. Osserviamo da ultimo che la
stessa dimostrazione rimane valida anche nel caso in cui
l’angolo in B non sia retto e si generalizza la proposizione deducendo che il triangolo isoscele ha area massima rispetto a
tutti i triangoli di cui sia data la somma di due lati e l’angolo compreso.
Quesito 5. È sostanzialmente lo stesso quesito di cui al n. 5
del questionario PNI e, come quello, risulta mal posto. Per la
definizione del numero e si rimanda a quella già riportata
nella soluzione del quesito 5 PNI. Per dimostrare invece che
la derivata di ex è ex basta calcolare il limite del rapporto incrementale.
exh ex
ex(eh 1)
lim lim ex 1 ex
h→0
h→0
h
h
eh 1
essendo lim 1 (limite fondamentale).
h→0
h
Quesito 7. La funzione f(x) = x4 4 x3+4 x2 + 3, ponendo
f(x) = 2, si traduce nell’equazione
x4 4 x3 4 x2 1 = 0
che non è risolubile algebricamente.
esami conclusivi
(1)
Fig. 5
Quesito 10. - La funzione data,
x1
f(x) arctgx arctg ,
x1
è definita in R {1} ]∞;1[ 傼 ]1;∞[, e la sua derivata è
1
x1x1
1
f ′(x) 2 2 x1
(x 1)2
1x
1 x1
Studiando sommariamente la funzione f(x) (dominio, limiti
agli estremi del dominio, derivata, ecc.) si riconosce (Fig. 5)
che essa assume il valore 1 (minimo assoluto) nei punti di
ascissa x = 0 e x = 2. Pertanto f(x) non può intersecare l’asse
delle x e quindi l’equazione (1) non ammette soluzioni reali.
Quesito 8. L’ottaedro indicato nel quesito è regolare per ragioni di simmetria. Esso si compone di due piramidi rette a
base quadrata comune di area di base uguale alla metà dell’area della faccia del cubo (Nella Figura 6 è riportata la sezione del cubo contenente la base delle piramidi).
2
1
2 (x 1)2 (x 1)2
1x
1
2
0.
2 1x
2(1 x2)
Il valore nullo della derivata implica che f(x) è costante.
Per calcolare il valore di tale costante possiamo valutare f(x)
in due punti (uno per ciascuno degli intervalli la cui unione
e
costituisce l’insieme di definizione di f ). Siano x1 3
x2 0 le ascisse di tali punti (la scelta è suggerita per facilitare i calcoli); si ha:
Fig. 6
3
1
) arctg(3
) arctg f(3
3
1
1
3
5
3
4
12
L’altezza delle due piramidi è uguale alla metà del lato del
cubo. Se il lato del cubo è l, la base comune delle piramidi ha
area l2/2 e l’altezza relativa misura l/2. Pertanto il volume di
ciascuna piramide è
1
f(0) arctg (0) arctg(1) .
4
Il grafico della funzione è riportato nella figura 7.
Fig. 7
1 l2 l
1
l3 .
3 2 2
12
Si deduce che il rapporto tra il volume dell’ottaedro e quello
del cubo è 1/6.
Quesito 9. È un quesito molto facile (ai limiti della banalità!)
che si risolve osservando che gli angoli di 35° e 55° sono
complementari.
sen2(35°) + sen2(55°) = sen2(35°) + sen2(90° - 35°) =
= sen2(35°) + cos2(35°) = 1 .
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91
Commento alla prova
Per i problemi si possono ripetere qui tutti i giudizi (critici!)
già espressi a proposito dei due problemi assegnati per il
Corso Sperimentale PNI, con una ulteriore aggravante. Precisamente, se si poteva in un qualche modo capire e giustificare l’insistenza sugli aspetti algoritmici, a danno di quelli
concettuali, nei temi assegnati per il Corso PNI, questo fatto
appare del tutto criticabile nel caso del Corso di Ordinamento. Bisogna invece rilevare che l’insistenza su calcoli ripetitivi e fine a se stessi è forse ancora maggiore nel problema 1
del Corso di Ordinamento di quanto non sia invece nel Corso Sperimentale. Il problema 2 è lo stesso in entrambi i Corsi, salvo una richiesta presente per il Corso PNI che non viene invece fatta per il Corso di Ordinamento.
Anche qui è opportuna una osservazione di lessico. Nel problema 1 si parla di « una regione R, ‘finita’, delimitata da ...»;
poiché una «regione» di un piano (euclideo) non è altro che
un insieme di punti opportunamente caratterizzato, è utile
osservare che per «regione finita», cioè «insieme finito», non
si può che intendere un insieme di punti di cardinalità finita,
cioè costituito da un numero finito di punti.
Il contesto suggerisce che questa non era l’idea che l’Estensore del problema intendeva esprimere.
Per il questionario valgono le stesse osservazioni critiche fatte per la prova del Corso PNI (peraltro molti quesiti sono
comuni e, casualmente, proprio quelli oggetto delle maggiori osservazioni critiche). Sugli altri quesiti non vi è nulla da
dire se non che le questioni proposte rimangono circoscritte
nell’ambito della disciplina. È sempre latitante, salvo in
qualche sporadico caso, la trasversalità e il collegamento con
gli altri saperi e con la realtà quotidiana.
Qualche considerazione conclusiva. Sarebbe necessario che
gli incaricati della formulazione delle prove avessero ben
presenti gli obiettivi della verifica, stabilissero a priori ciò
che intendano verificare e proponessero prove e questioni
funzionali alla verifica di tali obiettivi.
È necessario, opportuno e ragionevole verificare «contenuti
e abilità essenziali», importanti e irrinunciabili nella realizzazione del «profilo» in uscita delineato dalla Riforma. La
formazione matematica ipotizzata per tutti gli studenti della
Scuola superiore, la c. d. «matematica del cittadino» è diffusamente condivisa, nella sostanza, a tutti i livelli. Sarebbe
consigliabile evitare nella verifica curiosità storiche, ancorché importanti e invitanti sul piano squisitamente culturale,
ma poco connesse con i problemi reali della società attuale e
la realtà quotidiana. Tali questioni vanno affrontate in classe
durante l’anno con l’intervento anche dei docenti delle altre
discipline, non certo in sede di esami.
Per ulteriori considerazioni si rimanda ai commenti alla prova del 20042.
Mario Marchi - Università Cattolica – Brescia
Antonio Marro – Dirigente Scolastico
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LA SCUOLA
92
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-077 - 92
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Prefazione (G. Degli Antoni) - Introduzione: Perché scegliere Calvino? - Individuazione degli elementi di struttura in brevi componimenti - Dalla combinazione di più
file alla creazione di nuovi documenti - Individuazione
di per-corsi nel testo attraverso la selezione degli elementi di struttura: la fabula, l’intreccio, il riassunto - Se
una mattina a scuola l’insegnante...
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2. A. Marro, «Liceo Scientifico, Esami conclusivi», Nuova Secondaria, XXII, n. 4, pp. 8596.
esami conclusivi
Economia Aziendale
Istituto Tecnico Commerciale - IGEA
Gianfranco Balestri
LA TRACCIA MINISTERIALE
Tema di Economia aziendale
Indirizzo: Giuridico economico aziendale
Presenti, inoltre, lo stralcio della Nota integrativa in cui si analizzi la composizione delle immobilizzazioni immateriali e se ne descrivano i criteri di valutazione.
La globalizzazione dei mercati e il crescente sviluppo dei paesi
emergenti provocano maggiore competitività tra le imprese. In ta-
Successivamente il candidato sviluppi uno dei seguenti punti.
le contesto assumono un ruolo determinante, per la gestione azien-
1. Presentare le scritture contabili redatte da Alfa spa e dalla loca-
dale, le risorse immateriali rappresentate dalle conoscenze, dalle
le banca relative allo smobilizzo dei crediti nelle due forme tec-
competenze, dal valore aggiunto prodotto da chi lavora all’interno
dell’impresa e dalla fiducia e fedeltà dei clienti. È quindi necessario sviluppare strategie su aspetti come la leadership, la struttura e
il funzionamento organizzativo, il knowledge management.
Il candidato commenti la riflessione esposta e, riferendosi ad Alfa
spa impresa industriale, rediga lo Stato patrimoniale e il Conto
economico dell’esercizio 2004, dai quali si desumano i seguenti
dati:
– ROE 13%;
niche del portafoglio s.b.f. e dell’anticipo su fatture. Evidenziare, infine, i riflessi di entrambe le operazioni sui bilanci delle
due imprese.
2. Elaborare il budget degli investimenti, del personale e quello
economico dell’esercizio 2005 di Alfa spa, che evidenzia un incremento delle vendite del 15% e un aumento dei costi dovuto
all’assunzione di nuovo personale e all’acquisizione di impianti.
3. Riclassificare lo Stato patrimoniale secondo criteri finanziari e il
– capitale proprio 1.115.000 euro;
Conto economico nella configurazione a «valore aggiunto», cal-
– indice di rotazione dell’attivo circolante 4;
colare i margini e gli indici e presentare la relazione sulla situa-
– indice di copertura globale delle immobilizzazioni 1,20;
zione finanziaria, patrimoniale ed economica di Alfa spa.
– immobilizzazioni immateriali 5% del totale delle immobilizzazioni.
T
Tralasciando la parte relativa alla globalizzazione, passiamo
a inquadrare i valori collegati ai dati che il testo fornisce per
la costruzione dello Stato patrimoniale, del Conto economico e della Nota integrativa.
In particolare la traccia fa riferimento a:
1. il ROE, pari al 13%. Questo indice economico si ottiene
rapportando l’utile d’esercizio con il capitale proprio e
rappresenta la capacità degli investimenti di capitale di rischio di originare utili;
2. il capitale proprio pari a € 1.115.000; il termine «capitale
proprio» viene in genere usato nella riclassificazione dello
Stato patrimoniale, secondo il criterio finanziario, nel qual
caso non comprende l’utile da distribuire (che viene inserito tra i debiti a breve);
Dati mancanti opportunamente scelti.
3. l’indice di rotazione dell’attivo circolante. Questo indicatore si ottiene rapportando i ricavi con il totale degli impieghi.
4. l’indice di copertura globale delle immobilizzazioni;
Questo indice si determina rapportando la somma tra
le fonti permanenti (capitale proprio) e quelle consolidate (debiti a medio-lungo termine) con le immobilizzazioni;
5. le immobilizzazioni immateriali che rappresentano il 5%
del totale delle immobilizzazioni.
Per la costruzione dello Stato patrimoniale, conviene partire da uno Stato patrimoniale sintetico, del tipo di quello riclassificato come richiede il testo al punto 3.
Partiamo dai primi dati che il testo fornisce e determiniamo:
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-093 - #
93
– l’utile dell’esercizio: € 1.115.000 13% € 144.950 (per
praticità lo arrotondiamo a € 145.000);
– il patrimonio netto, pari a € 1.115.000 € 145.000 € 1.260.000.
A questo punto il quarto dato fornito dalla traccia ci dice che
l’indice di copertura globale delle immobilizzazioni è 1,20.
Bisogna dunque indicare quelli che potrebbero essere i debiti a m/l termine, necessari per determinare il numeratore
della frazione; supponiamo che questi debiti siano quasi pari al capitale proprio (nelle imprese industriali hanno valori
assai elevati), il rapporto risulta:
€ 1.260.000 € 1.140.000 1,2
immobilizzazioni
da cui immobilizzazioni 2.400.000 € 2.000.000.
1,2
Per determinare l’ammontare del passivo occorre aggiungere i debiti a breve, supponiamo di ammontare più o meno
pari ai debiti a m/l termine per € 1.060.000.
Il totale passivo risulta quindi € 1.260.000 € 1.140.000 € 1.060.000 € 3.460.000.
Definito il totale passivo e sapendo che l’ammontare delle
immobilizzazioni è € 2.000.000 si può determinare per differenza l’attivo circolante in € 1.460.000.
Si ha così la seguente struttura dell’attivo e del passivo (con
dettaglio del patrimonio netto).
S. Epifani - C. Marinucci
In migliaia di euro
E-LEARNING NELLA SCUOLA
Attivo
Ruolo e modelli dell’e-learning
nel sistema della Formazione
Patrimonio netto
Capitale sociale
Riserve
Utile dell’esercizio
Totale
800
315
145
1.260
Immobilizzazioni
2.000
Attivo circolante
1.460 Debiti a m/l termine
Debiti a breve termine
Totale
1.140
1.060
2.200
Totale attivo
3.460 Totale passivo
3.460
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Presentazione (A. Musumeci) - Prefazione (G. Degli Antoni) Introduzione: Gli autori - Verso l’e-learning - Dal campus virtuale alla learning community - Le funzioni di un sistema di elearning per la scuola - Gli strumenti di un sistema di e-learning per la scuola - Progettare la learning community - Conclusioni: E ora comincia il dialogo. On-line... - Glossario.
Passivo
A. Musumeci
A questo punto possiamo sviluppare lo Stato patrimoniale al
31.12.2004, a dati comparati (2004-2003), tenendo conto che :
– le immobilizzazioni immateriali sono il 5% del totale delle
immobilizzazioni;
– nell’attivo circolante si comprendono anche il gruppo dei
ratei e risconti;
– il totale dei gruppi di voci del passivo B, C, D ed E è pari al
totale dei debiti (2.200), di cui quelli a m/l termine corrispondono a quanto previsto nello schema (620 440 80
1.140).
E-GOVERNMENT
NELLA SCUOLA
Come le moderne tecnologie possono
favorire l’apprendimento e l’innovazione
nella scuola italiana
1531 - pp. 192 - € 10,00
E D I T R I C E
LA SCUOLA
94
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-093 - 94
NS05 4C
Il piano di azione e Europe ed e Learning - L’innovazione tecnologica nelle scuole italiane rispetto alla situazione europea
- Il piano di e-government del Ministero dell’Innovazione e
delle Tecnologie - Il piano di e-government del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - L’e-learning per i
docenti e gli studenti - Il Piano Nazionale di Formazione degli Insegnanti sull’ICT - La sperimentazione della lingua inglese e l’utilizzo degli e-book nell’istruzione - L’e-learning del personale amministrativo e dei dirigenti scolastici - Il progetto di
e-learning Scuola in ospedale - L’open source nelle scuole - Alcuni esempi di e-government nella scuola italiana - Glossario.
Per la composizione del conto economico c’è un solo dato a
disposizione: l’indice di rotazione dell’attivo circolante pari
a 4, che ci consente di determinare l’ammontare dei ricavi di
vendita:
Ricavi delle vendite 4 da cui 1.440.000 4 Attivo circolante
5.760.00 Ricavi di vendita.
esami conclusivi
Stato patrimoniale al 31-12-2004
ATTIVO
2004
A) Crediti v/soci
2003
0
B) Immobilizzazioni
I - Immobilizzazioni immateriali
1) costi di impianto e di ampliamento
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità
30.000
Totale
100.000
70.000
PASSIVO
2004
0 A) Patrimonio netto
I - Capitale
III - Riserva di rivalutazione
IV - Riserva legale
40.000 V - Riserva statutaria
IX - Utile dell'esercizio
92.000
Totale
II - Immobilizzazioni materiali
1) fabbricati
2) impianti e macchinario
3) attrezzature industriali
4) altri beni
5) immobilizzazioni in corso e acconti
Totale
III -Immobilizzazioni finanziarie
1) partecipazioni in:
b) imprese collegate
450.000
950.000
150.000
30.000
120.000
480.000
Totale
750.000
130.000
40.000 C) Trattamento di fine rapporto di lavo250.000 ro subordinato
1.700.000
1.650.000 D) Debiti
4) debiti v/banche (di cui 440.000 esigibili oltre l'esercizio successivo)
6) acconti
200.000 7) debiti verso fornitori (di cui 80.000
esigibili oltre l'esercizio successivo)
200.000 10) debiti verso imprese collegate (di cui
zero oltre l’es. successivo)
1.982.000 12) debiti tributari
13) debiti verso Istituti di previdenza
Totale
200.000
Totale Immobilizzazioni
2.000.000
C) Attivo circolante
I - Rimanenze
1) materie prime, sussidiarie e di consumo
2) prodotti in corso di lavorazione
4) prodotti finiti
5) acconti
270.000
30.000
190.000
10.000
265.000
18.000 E) Ratei e risconti
182.000
5.000
Totale
500.000
470.000
II - Crediti
1) verso clienti (di cui 0 esigibili oltre l'esercizio successivo)
3) verso imprese collegate
4 ter) imposte anticipate
5) verso altri
670.000
238.000
8.800
10.200
642.000
228.600
7.800
8.000
Totale
927.000
887.000
III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni
0
0
10.000
2.500
500
9.500
3.700
1.800
Totale
13.000
15.000
Totale attivo circolante
1.440.000
1.372.000
20.000
20.000
IV - Disponibilità liquide
1) depositi bancari e postali
2) assegni
3) denaro in cassa
D) Ratei e risconti
TOTALE ATTIVO
Totale
3.460.000
800.000
150.000
120.000
45.000
145.000
800.000
150.000
113.500
40.000
130.000
1.260.000
1.233.500
8.000
12.000
8.000
12.000
620.000
530.000
1.006.500
5.000
938.900
12.000
400.000
452.400
30.000
97.000
8.500
19.000
93.000
8.200
1.547.000
1.523.500
25.000
25.000
3.460.000
3.374.000
132.000
B) Fondi per rischi e oneri
2) per imposte
200.000
3.374.000 TOTALE PASSIVO
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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2003
95
esami conclusivi
2004
Conto economico
2003
parziali
A) Valore della produzione
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori in corso
totali
5.760.000
20.000
120.000
Totale A
B) Costi della produzione
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo di merci
7) per servizi
8) per godimento di beni di terzi
9) per il personale
a) salari e stipendi
b) oneri sociali
c) trattamento di fine rapporto
10) ammortamenti e svalutazioni
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
c) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
12) accantonamenti per rischi
14) oneri diversi di gestione
4.888.000
26.000
250.000
5.900.000
5.156.000
3.160.000
550.000
50.000
2.614.000
523.000
50.000
955.000
454.000
90.000
(870.000)
440.000
85.000
35.000
210.000
20.000
(5.000)
8.000
18.000
33.000
205.000
18.500
(6.000)
12.000
15.000
Totale B
5.545.000
4.859.500
355.000
296.500
Differenza tra valori e costi della produzione( A-B)
C) Proventi e oneri finanziari
15) Proventi da partecipazioni in imprese collegate
16) altri proventi finanziari
d) proventi diversi dai precedenti
17) interessi e altri oneri finanziari
600
350
400
(98.000)
150
(89.000)
Totale
(97.000)
(88.500)
(20.000)
(8.000)
(8.000)
238.000
200.000
22) imposte dell'esercizio
(93.000)
(70.000)
23) Utile dell'esercizio
145.000
130.000
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie
E) Proventi e oneri straordinari
21) oneri
(20.000)
Totale delle partite straordinarie (20 - 21)
Risultato prima delle imposte (A-B+/-C+/-D+/-E)
Nota integrativa
Il bilancio dell'esercizio chiuso il 31 dicembre dell’esercizio 2005,
di cui la presente nota integrativa costituisce parte integrante ai
sensi dell'art. 2423 c.c., corrisponde alle risultanze delle scritture
contabili regolarmente tenute ed è redatto conformemente agli
artt. 2423 e seguenti, secondo principi di redazione conformi a
quanto stabilito dall'art. 2423-bis c.c., i criteri di valutazione di cui
all'art. 2426 c.c. e infine in conformità dell’art. 2427 c.c. .
I criteri di valutazione sono conformi alle disposizioni dell'art. 2426
e sono non difformi da quelli osservati nella redazione del bilancio
del precedente esercizio.
Non si sono verificati casi eccezionali che abbiano reso necessario
il ricorso a deroghe di cui agli art. 2423 e 2423-bis c.c. .
96
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-093 - 96
Gli ammortamenti delle voci di bilancio dell'esercizio in corso sono perfettamente comparabili con quelli delle voci del bilancio dell'esercizio
precedente. Le voci che sono state raggruppate nell'esposizione dello
stato patrimoniale e del conto economico sono commentate nell'apposita parte della nota integrativa.
Le variazioni intervenute nella consistenza delle voci dell'attivo o
del passivo sono più avanti messe in evidenza. Per i fondi in particolare. sono evidenziati gli utilizzi e gli accantonamenti dell'esercizio.
Nella redazione del bilancio si è tenuto conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciute dopo la chiusura dello stesso.
esami conclusivi
Punti a scelta
Primo punto
A. Anticipo su Ri.Ba. S.B.F. effettuato dall’azienda Alfa
Le registrazioni contabili della Alfa Spa e della Banca si riferiscono alle seguenti operazioni ipotizzate:
• presentate in data 17/10 Ri.Ba. per € 30.000,00 scadenza
30.11; la banca concede anticipo S.B.F. accreditando il c/c
della società correntista per l’intero importo, e addebitando
le relative commissioni per € 40,00;
• i primi di dicembre la banca rileva l’avvenuto incasso, tramite banche corrispondenti, di Ri.Ba. per € 26.000,00, in
quanto una Ri.Ba di € 4.000,00 risulta insoluta; relativamente a quest’ultima la banca addebita anche spese di insoluto
per € 45,00;
• a fine trimestre la banca addebita gli interessi maturati sul
conto anticipo.
Scritture della banca
Data
N. conto
Denominazione dei conti
Descrizione
Dare
17/10
17/10
......
......
RI.BA. INCASSO S.B.F
ANTICIPI SU RI.BA. S.B.F.
presentazione Ri.Ba.
presentazione Ri.Ba.
30.000,00
17/10
17/10
......
......
ANTICIPI SU RI.BA. S.B.F.
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
giroconto
giroconto
30.000,00
17/10
17/10
......
......
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
COMMISSIONI ATTIVE
commissioni Ri.Ba. all’incasso
commissioni Ri.Ba. all’incasso
05/12
05/12
......
......
BANCHE CORRISPONDENTI
RI.BA. INCASSO S.B.F.
incasso Ri.Ba.
incasso Ri.Ba.
05/12
05/12
......
......
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
RI.BA. INCASSO S.B.F.
COMMISSIONI ATTIVE
Ri.Ba. insoluta
Ri.Ba. insoluta
commissioni insoluto
31/12
......
competenze trimestrali c/anticipo
31/12
......
CONTI CORRENTI
DI CORRISPONDENZA
INTER. ATTIVI DA CLIENTELA
Avere
30.000,00
30.000,00
40,00
40,00
26.000,00
26.000,00
4.045,00
4.000,00
45,00
250,30
competenze trimestrali c/anticipo
250,30
Scritture della società ALFA
Data
N. conto
Denominazione dei conti
17/10
17/10
......
......
BANCA X C/ANTICIPI SU RI.BA.
BANCA X C/ RI.BA. ALL’INCASS.
presentazione Ri.Ba.
presentazione Ri.Ba.
30.000,00
17/10
17/10
......
......
BANCA X C/C
BANCA X C/ANTICIPI SU RI.BA.
accredito Ri.Ba. s.b.f.
accredito Ri.Ba. s.b.f.
30.000,00
17/10
17/10
......
......
SPESE BANCARIE
BANCA X C/C
commissioni Ri.Ba. all’incasso
commissioni Ri.Ba. all’incasso
05/12
05/12
......
......
BANCA X C/ RI.BA. ALL’INCASS.
CREDITI V/CLIENTI
incasso Ri.Ba
incasso Ri.Ba
05/12
05/12
......
......
CREDITI INSOLUTI
BANCA X C/C
Ri.Ba. insoluta e commissioni
Ri.Ba. insoluta e commissioni
31/12
31/12
......
......
INTERESSI PASSIVI BANCARI
BANCA X C/C
competenze trimestrali c/anticipo
competenze trimestrali c/anticipo
Punto (1) - Criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non
espressi all'origine in moneta avente corso legale nello Stato.
ATTIVO
B) Immobilizzazioni:
I) Immobilizzazioni immateriali - Sono iscritte al costo di acquisto, sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la
sua residua possibilità di utilizzazione; le quote di ammortamento sono state calcolate considerando un piano di ammortamento
quinquennale, sia per i costi di impianto e di ampliamento (voce
1) sia per quelli di ricerca, sviluppo e pubblicità (voce 2) dello stato patrimoniale.
II) Immobilizzazioni materiali - Le immobilizzazioni materiali sono
i………
Descrizione
Dare
Avere
30.000,00
30.000,00
40,00
40,00
30.000,00
30.000,00
4.045,00
4.045,00
250,30
Per quanto riguarda le poste di bilancio movimentate dall’operazione si ha:
1. per l’azienda bancaria:
– voce 40 dell’Attivo dello Stato patrimoniale - Crediti verso
la clientela;
– voce 20 del Passivo dello Stato patrimoniale - Debiti verso
la clientela;
– voce 10 del Conto economico - Interessi attivi e proventi assimilati;
– voce 40 del Conto economico - Commissioni attive.
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
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250,30
97
esami conclusivi
2. per la società Alfa:
– voce D) Debiti - 4) Debiti verso Banche, nel Passivo dello
Stato patrimoniale; oppure
– voce C) Attivo circolante - IV Depositi bancari e postali,
nell’Attivo dello Stato patrimoniale;
– voce C) Proventi e oneri finanziari - 17 Interessi e altri oneri finanziari, nel Conto economico;
B. Anticipo su fatture effettuato dall’azienda Alfa
Le registrazioni contabili della Alfa Spa e della Banca si riferiscono alle seguenti operazioni ipotizzate:
• presentate in data 03/04 due fatture: una di € 20.000,00,
l’altra di € 32.000,00;
• la banca acquisisce i crediti concedendo un anticipo
dell’80% del loro importo;
• a fine maggio la prima delle due fatture risulta regolarmente riscossa dalla banca tramite corrispondenti; la banca
provvede a effettuare il giroconto della differenza;
• sempre a fine maggio, la seconda fattura risulta insoluta;
spese addebitate € 12,50;
• a fine trimestre la banca addebita gli interessi maturati sul
conto anticipo.
Per quanto riguarda le poste di bilancio movimentate dall’operazione sia ha:
1. per l’azienda bancaria:
2. voce 40 dell’Attivo dello Stato patrimoniale - Crediti
verso la clientela;
3. voce 20 del Passivo dello Stato patrimoniale - Debiti verso la clientela;
4. voce 10 del Conto economico - Interessi attivi e proventi assimilati.
2. per la società Alfa:
5. voce D) Debiti - 4) Debiti verso Banche, nel Passivo dello Stato patrimoniale;
6. voce C) Attivo circolante - IV Depositi bancari e postali,
nell’Attivo dello Stato patrimoniale;
7. voce C) Proventi e oneri finanziari - 17 Interessi e altri
oneri finanziari, nel Conto economico.
Scritture della banca
Data
N. conto
Denominazione dei conti
Descrizione
Dare
03/04
03/04
......
......
ANTICIPI SU FATTURE (80%)
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
anticipo fattura n. ...
anticipo fattura n. ...
41.600,00
31/05
31/05
......
......
BANCHE CORRISPONDENTI
ANTICIPI SU FATTURE
bonifico fattura n. ...
bonifico fattura n. ...
20.000,00
31/05
31/05
......
......
ANTICIPI SU FATTURE
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
accredito residuo 20%
accredito residuo 20%
31/05
31/05
......
......
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
ANTICIPI SU FATTURE
insoluto fattura n. ...
insoluto fattura n. ...
31/05
31/05
......
......
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
COMMISSIONI ATTIVE
spese addebitate
spese addebitate
30/06
30/06
......
......
CONTI CORRENTI DI CORRISP.
INTER. ATTIVI DA CLIENTELA
competenze trimestrali c/anticipo
competenze trimestrali c/anticipo
Avere
41.600,00
20.000,00
4.000,00
4.000,00
25.600,00
25.600,00
12,50
12,50
1.500,00
1.500,00
Scritture della società Alfa
Data
N. conto
03/04
03/04
......
......
BANCA X C/C
BANCA X C/ANTICIPI
anticipo fattura n. ...
anticipo fattura n. ...
41.600,00
31/05
31/05
......
......
BANCA X C/ANTICIPI
CREDITI V/CLIENTI
bonifico fattura n. ...
bonifico fattura n. ...
20.000,00
31/05
31/05
......
......
BANCA X C/C
BANCA X C/ANTICIPI
accredito residuo 20%
accredito residuo 20%
31/05
31/05
......
......
BANCA X C/ANTICIPI
BANCA X C/C
insoluto fattura n. ...
insoluto fattura n. ...
25.600,00
31/05
31/05
31/05
......
......
CREDITI INSOLUTI
BANCA X C/C
CREDITI V/CLIENTI
insoluto fattura n. ...
spese insoluto fattura n. ...
insoluto fattura n. ...
32.012,50
31/05
31/05
......
......
INTER. PASSIVI A BANCHE
BANCA X C/C
addebito interessi trimestrali
addebito interessi trimestrali
98
Denominazione dei conti
NUOVA SECONDARIA - N. 4 2005 - ANNO XXIII
nuovasec\ns04-093 - 98
Descrizione
Dare
Avere
41.600,00
20.000,00
4.000,00
4.000,00
25.600,00
12,50
32.000,00
1.500,00
1.500,00
esami conclusivi
Secondo punto
Il budget degli investimenti identifica tutte le operazioni di
investimento e disinvestimento previste per l’esercizio oggetto di programmazione, ne esplicita le conseguenze economiche, si correla con il budget dei costi generali di produzione per quanto riguarda la stima dei costi relativi ai beni
strumentali aziendali.
Budget degli investimenti
Beni
Valori iniziali
Dismissioni
Acquisizioni
Ammortamenti
Fabbricati
Fondo amm.to Fabbricati
Impianti e macchinario
F.do amm.to Impianti e macchinario
Attrezzature industriali
Fondo amm.to Attrezzature industriali
Altri beni
F.do amm.to altri beni
Immobilizzazioni in corso
650.000
(200.000)
1.700.000
(750.000)
300.000
(150.000)
50.000
(20.000)
120.000
220.000
(195.000)
58.000
(58.000)
15.000
(15.000)
120.000
380.000
Totali
1.273.125
26.000
507.000
Valori Finali
(30.000)
420.000
(185:000)
1.120.000
(66.000)
164.000
(12.000)
40.000
65.000
245.625
1.508.500
80.000
22.000
65.000
Il budget del personale rileva i dati da altri prospetti preventivi, come ad esempio, il budget della mano d’opera per quanto
riguarda il settore tecnico, ecc. Lo schema di budget proposto sintetizza le variazioni del personale nelle tre aree fondamentali in cui si articola la gestione aziendale.
dati consuntivi 2004
Personale
costo annuo
unitario
n. unità
area tecnica
area amministrativa
area commerciale
338
125
73
2.615
2.890
3.478
dati preventivi 2005
costo annuo
totale
costo annuo
unitario
n. unità
883.870
361.250
253.880
335
125
75
costo annuo
totale
2.730
2.950
3.680
1.499.000
Totali
914.550
368.750
276.000
1.559.300
Il budget di Conto economico definisce, sulla base delle ipotesi contenute in tutti i budget settoriali, un risultato fondamentale per la programmazione aziendale: il reddito operativo della gestione caratteristica atteso per il periodo amministrativo seguente, cioè le performance che si intendono ottenere nell’ambito della gestione caratteristica dell’impresa, nonché il risultato netto.
anno 2005
Budget di conto economico
Parziali
Totali
Ricavi di vendita (15% in più rispetto al 2004) 6.624.000
Variazioni delle rimanenze prodotti in corso
di lavorazione, semilavorati e finiti
(26.000)
Incrementi di immobilizzazioni per lavori in
corso
65.000
6.663.000
Valore della produzione
Acquisti
Costi per servizi
Costi per godimento beni di terzi
Altri costi interni
Variazione delle rimanenze di prodotti
Consumi netti
Costi del personale
1.559.300
Margine operativo lordo
674.000
Ammortamenti
293.000
Risultato operativo
381.000
Risultato della gestione finanziaria
Risultato della gestione accessoria
4.429.700
terio finanziario, viene effettuata tenendo conto delle carat-
276.000
–
Reddito ante imposte
Imposte dell’esercizio
276.000
96.000
Reddito netto d'esercizio
180.000
• della esigibilità delle poste del passivo.
Per liquidablità deve intendersi la capacità di un elemento dell’attivo patrimoniale di trasformarsi in moneta e per esigibilità
deve intendersi invece la rapidità con la quale un elemento del
passivo è destinato a originare un pagamento; quest’ultimo è un
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(105.000)
–
Risultato della gestione straordinaria
La riclassififcazione dello Stato patrimoniale, secondo il cri-
• della liquidabilità delle poste dell’attivo;
2.233.300
Risultato economico della gestione ordinaria
3.729.700
630.000
50.000
40.000
(20.000)
Terzo punto
teristiche:
Valore aggiunto
99
esami conclusivi
concetto perfettamente speculare rispetto a quello di liquidabilità.
Sulla base del criterio del grado di liquidità le voci dell’Attivo dello Stato patrimoniale vengono distinte in:
– disponibilità, o attività disponibili, o attivo corrente, ossia
quelle attività relative a elementi del patrimonio già disponibili in forma liquida o destinati a trasformarsi in denaro
entro un breve tempo, di solito considerato pari a 12 mesi;
– immobilizzazioni, o attività immobilizzate, o attivo fisso, ossia quelle relative a elementi del patrimonio destinati a trasformarsi in
denaro in un periodo medio-lungo, che oltrepassa i 12 mesi.
Sulla base della loro esigibilità, le voci del Passivo sono riclassificate in tre categorie:
– passività a breve termine, o debiti a breve termine, o passività
correnti, cioè debiti da saldare entro 12 mesi;
– passività a medio e lungo termine, o debiti a medio-lungo termine, o passività consolidate, destinate a dare origine a pagamenti oltre i 12 mesi;
– capitale proprio, quei capitali di rischio investiti dall’imprenditore senza limiti di tempo.
Possiamo assumere come Stato patrimoniale riclassificato
quello indicato all’inizio della proposta di soluzione, spostando una parte dell’utile d’esercizio, per € 130.000, tra i debiti a breve.
In migliaia di euro
Attivo
Immobilizzazioni
(attivo fisso ATF)
Passivo
2.000 Capitale proprio (CPR)
1.130
Attivo corrente (ATC) 1.460 Passività consolidate (PCD) 1.140
• Disponibilità econom. 520
• Liquidità differite
927 Passività correnti (PCR)
1.190
• Liquidità immediate
13
Totale attivo
3.460 Totale passivo
3.460
Lo schema del Conto economico «a valore della produzione
e valore aggiunto» si basa su una riclassificazione dei componenti di reddito per natura.
Al valore della produzione vanno contrapposti i costi della
produzione generati dal consumo di materiali e servizi acquistati sul mercato e relativi alla gestione caratteristica. In tale
aggregato sono solitamente ricompresi tutti i costi relativi alla
gestione caratteristica di natura ordinaria e diversi da quelli
relativi al lavoro e all’ammortamento dei beni strumentali.
La differenza tra il valore della produzione e i costi della produzione per consumi di materiali e servizi corrisponde al valore aggiunto.
Questa grandezza misura il valore creato attraverso la produzione e disponibile per la remunerazione del personale dipendente (attraverso le retribuzioni, incluse quelle differite,
come il TFR) e dei finanziatori (attraverso gli interessi, nel
100
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caso di quelli a titolo di debito e i profitti nel caso di quelli a
titolo di capitale di rischio), per il pagamento delle imposte,
oltre che per il reintegro del capitale consumato nella produzione (stimato pari alla misura degli ammortamenti).
Dalla differenza tra il valore aggiunto e il costo del lavoro si
ottiene il margine operativo lordo (MOL).
Dalla differenza tra il margine operativo lordo e gli ammortamenti si ottiene il reddito operativo.
Prendendo in considerazione i dati del bilancio si ha:
anno 2004
Conto economico riclassificato
Parziali
Ricavi delle vendite e delle prestazioni
Variazione delle rimanenze di prodotti in
corso di lav., semilavorati e prodotti finiti
Incrementi di immobilizzazioni per lavori
in corso
Valore della produzione
Totali
5.760.000
20.000
120.000
5.900.000
Acquisti per materie prime, sussidiarie e di
consumo
3.160.000
Costi per servizi
550.000
Costi per godimento beni di terzi
50.000
Altri costi interni (voci 12) e 14))
26.000
Variazione delle rimanenze di materie prime
(5.000)
Consumi netti
3.781.000
Valore aggiunto
2.119.000
Costi del personale
1.499.000
Margine operativo lordo
620.000
Ammortamenti e svalutazioni
265.000
Risultato operativo
355.000
Risultato della gestione finanziaria
Risultato della gestione accessoria
(97.000)
Risultato economico della gestione ordinaria
258.000
Risultato della gestione straordinaria
(20.000)
Reddito ante imposte
Imposte dell’esercizio
238.000
93.000
Reddito netto d'esercizio
145.000
Indici (tra i più usati)
Anno 2004
Margine di struttura allargato (CPR+PCN-ATF)
Capitale circolante netto (ATC - PCR)
320.000
400.000
ROI (ROLX100 / TIM)
ROS (ROL x 100 / Vendite)
Indice di rotazione degli impieghi (Vendite/TIM)
Leverage (TIM/CPR)
Indice di elasticità degli impieghi (ATC/TIM)
Indice di rigidità degli impieghi (ATF x 100/TIM)
Durata media dei crediti (LDF x 365/Vendite)
Durata media dei debiti (PCR x 365/Acquisti)
10,26%
6,16%
1,66%
2,74
42,20%
57,80%
90,43
104,29
Dall’analisi degli indici si rileva una situazione aziendale
tendenzialmente in equilibrio nei diversi aspetti economico,
patrimoniale e finanziario (comunque sarebbe necessaria
un’analisi estesa a cinque anni, per essere maggiormente indicativa dell’andamento tendenziale dell’attività d’impresa).
Si può pertanto ritenere che l’impresa abbia anche buone
prospettive di mercato e di investimenti, anche utilizzando
maggiormente il capitale di terzi.
Gianfranco Balestri - Ordinario di Economia Aziendale