blender per l`architettura

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blender per l`architettura
blender per l'architettura
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blender per l'architettura
Titolo originale
Blender 2.49b per l'Architettura
Scritto in lingua originale Italiano da Ilario De Angelis
Copertina del libro: digitart ­design ­ http://www.digitartdesign.com
Ha collaborato alla battitura del testo Pio Breddo
Il controllo ortografico è stato curato dalla Dott.ssa Patriarca Francesca
Ogni cura è stata sottoposta nella raccolta e nella verifica della documentazione contenuta in questo libro. Tuttavia né l'autore, ne l'editore, possono assumersi alcuna responsabilità derivante dall'utilizzo della stessa. Lo stesso dicasi per ogni persona o società coinvolta nella creazione, nella produzione e nella distribuzione di questo libro.
Blender ® è un marchio registrato della Blender Foundation
Wikipedia ® è un marchio registrato della Wikimedia Foundation
Windows ® è un marchio registrato della Microsoft
AutoCad ® è un marchio registrato della Autodesk, Inc.
Qcad ® è un marchio registrato della Ribbonsoft
Altri nomi di prodotti e di aziende citati in queste pagine possono essere marchi dei rispettivi proprietari.
Finito di stampare nel mese di febbraio dell'anno 2010
presso: Vigepa Stampa ed Edizioni
Stampato in Italia – printed in Italy
Distrbuito dal 2011 come Blender 2.49 per l'architettura by Ilario De Angelis is licensed under a Creative Commons Attribuzione ­ Non commerciale ­ Non opere derivate 2.5 Italia License. Based on a work at www.new­book.org. Permissions beyond the scope of this license may be available at www.new­book.org.
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blender per l'architettura
BLENDER
PER
L'ARCHITETTURA
scritto da: Ilario De Angelis
con la collaborazione di Pio Breddo
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blender per l'architettura
Premessa
Blender è un prodotto completo, versatile e professionale, tanto da avvicinare sempre più molti professionisti al suo utilizzo. Questa guida nasce per spiegare a quest'ultimi, in dettaglio, le tecniche di modellazione tridimensionali architettoniche. L'utente, che utilizzerà questa guida, dovrà necessariamente avere una conoscenza di base del programma per comprendere a pieno tutte le applicazioni e le spiegazioni della stessa. Blender ormai ha conquistato il cuore di migliaia di persone che hanno voluto provare una valida alternativa ai più blasonati software di modellazione 3D, scegliendo un prodotto in continuo sviluppo e completamente gratuito. Anche se il passaggio con la 2.5 è vicino, il libro contiene una raccolta di tecniche di modellazione che non risulteranno tanto lontane da quelle della futura Releace di Blender, non discostandosi troppo da quello che sono le tecniche di modellazione attuali e quelle future.
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INDICE
Blender
per
l'ArchItettura
Indice
INTRODUZIONE ALL'OPERA
Struttura del libro..................................................................
Come impiegare il libro.........................................................
Gli esercizi............................................................................
Il supporto CD....................................................................
Immagini a colori del libro.....................................................
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CAP-1
Introduzione a Blender per l'Architettura
­1.1 Introduzione.........................................................................
­1.2 CAD e Blender.....................................................................
­1.3 Unità di misura.....................................................................
­1.4 Import “ dxf, 3ds, obj” (Parametri Standard)........................
­1.5 Export “ dxf, 3ds, obj” (Parametri Standard)........................
­1.6 Append or link......................................................................
­1.7 Script...................................................................................
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CAP-2
Creare le mura di una casa
­ 2.1 ­ Creare le mura per estrusione di vertici.............................. 23
­ 2.2 ­ Lo script OffSet................................................................... 25
­ 2.3 ­ Creare le mura per estrusione di lati................................... 26
­ 2.4 ­ Creare i fori delle finestre.................................................... 28
­ 2.5 ­ Creare il solaio ed il pavimento........................................... 29
­ 2.6 ­ Lo script Solidify Selection.................................................. 30
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CAP-3
Creare le finestre e persiane
­ 3.1 ­Creare una finestra in Hight­Poly......................................... 33
­ 3.2 ­ Creare il vetro...................................................................... 35
­ 3.3 ­ Creare una finestra in Low­Poly.......................................... 36
­ 3.4 ­ Creare una persiana da un profilo....................................... 38
CAP-4
Creare balconi e ringhiere
­ 4.1 ­ Creare il balcone................................................................. 41
­ 4.2 ­ Modellazione del paletto “torciglione”.................................. 43
­ 4.3 ­ Modellazione del paletto “artistico”...................................... 46
­ 4.4 ­ Distribuzione di un oggetto lungo una curva....................... 48
CAP-5
Creare le scale
­ 5.1 ­ Creare una rampa di scale.................................................. 51
­ 5.2 ­ Creare una scala a chiocciola............................................. 53
­ 5.3 ­ Creare il corrimano della scala a chiocciola........................ 54
­ 5.4 ­Creare una rampa di scale automaticamente...................... 56
CAP-6
Creare IL TEtto
­ 6.1 ­ Tegole.................................................................................. 59
­ 6.3 ­ Coppi................................................................................... 61
­ 6.4 ­ Tegole Low Poly................................................................... 62
­ 6.5 ­Creare la gronda.................................................................. 63
­ 6.6 ­ Crea il discendente.............................................................. 64
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INDICE
CAP-7
VEGETAZIONE
­ 7.1 ­ Creare alberi........................................................................ 67
­ 7.2 ­ Alberi con mappe Alpha Channel........................................ 72
­ 7.3 ­ Ivy Generator....................................................................... 77
­ 7.4 ­ Creare un prato realistico.................................................... 79
CAP-8
LUCI E CAMERE
­ 8.1 ­ Illuminare una scena........................................................... 83
­ 8.2 ­ Luci ed ombre in Blender..................................................... 89
­ 8.3 ­ Camere................................................................................ 90
­ 8.4 ­ Profondità di campo............................................................ 90
­ 8.5 ­ Camere e DoF in Blender.................................................... 93
CAP-9
IL RENDERING
­ 9.1 ­ Render in Blender................................................................ 97
­ 9.2 ­Il motore Internal.................................................................. 101
­ 9.3 ­ Ambient Occlusion.............................................................. 102
­ 9.4 ­ Render di un esterno........................................................... 109
­ 9.5 ­ Render in Wireframe........................................................... 113
CAP-10
MATERIALI
­ 10.1 ­ Materiali in Architettura...................................................... 115
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CAPITOLO 1
INTRUDUZIONE
ALL'OPERA
Struttura del libro
Il libro si divide in dieci capitoli, ben articolati e suddivisi ulteriormente in paragrafi. Il cuore dell'opera è stata creata con esercizi pratici e di apprendimento immediato che porteranno il lettore passo passo ad assimilare le tecniche di modellazione architettonica di esterni. Verranno trattati argomenti che riguarderanno la metodologia di modellazione di muri, scale, terrazzi, ringhiere, finestre, persiane, giardini, materiali, in questo caso quelli architettonici, utili per dare realismo al progetto. Un'altra parte essenziale riguarderà la tipologia delle luci impiegate in Blender. Infine l'ultimo capitolo presenterà alcuni tra i motori di rendering più usati, analizzando l'Internal e l'Ambient Occlusion.
Come impiegare il libro
Il libro porterà il lettore, il professionista o il semplice appassionato, attraverso esercizi mirati e completi, a ricreare un progetto architettonico tridimensionale. Attraverso quest'opera si avrà una visione più approfondita di come Blender può operare nel ramo del disegno architettonico e di quanto professionale può diventare il suo utilizzo.
Gli esercizi
Sono il motore dell'opera, essenziali per creare da zero ogni parte fondamentale di una struttura. Negli esercizi troverete per esempio alcune tipologie di abbreviazioni:
1. In grassetto tra le parentesi tonde (es. TN7) sono le scorciatoie da tastiera;
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2. In maiuscolo (es. vista ALTO) per riferirsi su che vista spostarci o la tipologia dell'EDIT MODE; 3. I file o gli script da utilizzare, indicati con un percorso (es. CD/CAP­
3/02­..... );
4. Le immagini che si riferiscono al numero del capitolo, del sottocapitolo e dal numero della foto (es 2.2.1).
5. Il click con il tasto sinistro del mouse (LC) e quello destro (RC)
6. I pulsanti di Blender scritti in corsivo (Mesh → Script → Solidify Selection)
Il supporto CD
All'interno del CD troverete tutto il necessario per seguire appieno l'apprendimento degli esercizi : Gli script, le immagini, i materiali utilizzati negli esempi e i file CAD sono a disposizione del lettore per poter essere analizzati. Il supporto del CD nasce con amore e dedizione a questa opera e pensiamo sappiate apprezzare l'utilità del mezzo, così da farne un corretto uso. Inutile dire che il CD “Blender per l'architettura” è protetto da Copyright ed è quindi vietata la riproduzione, la copia e l'uso commerciale dello stesso.
Ringraziamo tutte le persone che hanno partecipato alla realizzazione di questa opera. Visitando il sito www.ilariodeangelis.eu potrete lasciare commenti riguardanti critiche e consigli sulla nostra opera. Inoltre è possibile entrare a far parte del nostro circuito essendo sempre in continua ricerca di persone che vogliono pubblicare articoli o libri sul mondo dell'Open­Source. Informiamo inoltre per chi avesse trovato l'opera interessante e valida, che è in fase di preparazione: “Blender 2.6 per l'architettura volume secondo” che potrete ordinare sempre su www.ilariodeangelis.eu. Immagini a colori del libro
Per meglio comprendere le procedure del libro potete trovare le immagini a colori in formato *.jpg nelle cartelle “immagini del cap ...” suddivise per capitoli. Per esempio nella cartella “CD/CAP 1/immagini del cap 1” ci sono le immagini a colori catalogate per nome.
Con questo vi auguriamo una buona lettura e un buon Blending a tutti.
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CAPITOLO 1
CAP 1
Introduzione a Blender per l'Architettura
1.1 – Introduzione
Pablo Neruda ha detto che il poeta quello che ha da dire, lo dice in poesia, perché non ha un altro modo di spiegarlo. Io, che faccio l'architetto, la morale non la predico: la disegno e la costruisco.
E' con questa celebre frase dell'architetto Renzo Piano che introduciamo la nostra opera dedicata alle tecniche di modellazione architettoniche e rendering in Blender.
Nel corso degli anni abbiamo assistito all'evoluzione del disegno in tutte le sue forme, sia artistico che tecnico. Da che si disegnavano scene di vita mondana nelle caverne degli uomini primitivi, la storia dell'incoronazione di un re in una piramide, il racconto di una battaglia nei bassorilievi di un tempio greco fino ad arrivare all'uso della prospettiva, il passaggio è stato il frutto di ricerca di artisti, pittori, filosofi ed architetti che con la loro esperienza e con il loro contributo hanno fatto si che tutto il patrimonio culturale artistico ed architettonico non andasse perso ma si perfezionasse nel corso dei secoli.
Come tutti i periodi artistici, quello della nostra era, è caratterizzato dal computer e quindi stiamo attraversando il periodo della Computer­Art detta anche Digital­Art. Con il termine “Computer­Art“ si possono indicare tutte quelle forme d'arte elaborate al computer. La Computer­Art nasce nel 1950 grazie alla sperimentazione di Ben Laposky (USA) e fig. 1.1.1 ­ Computer art
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Manfred Frank(Germania) due matematici programmatori, con delle sensibilità artistiche che si rifacevano al costruttivismo e al razionalismo della Bauhause. La grafica tridimensionale viene interessata da questa corrente artistica. Nei software odierni vengono utilizzate forme geometriche dette primitive per creare oggetti tridimensionali complessi per poi essere scolpite un po' come faceva uno scalpellino con una grossa lastra di marmo.
Al giorno d'oggi le produzioni cinematografiche e televisive usano la Computer­Art nelle pubblicità, nei film, nei video musicali, ecc. I computer vengono utilizzati comunemente anche per creare musica, e l'incontro tra queste forme artistiche ha creato un punto di forza. Uno degli esempi che unisce l'arte digitale con quella musicale è dato dal genio di Wayne Lytle con “Animusic” nel 1995. fig. 1.1.2 ­ Una scena di Animusic
Animusic, sono una serie di filmati realizzati con la computer grafica tridimensionale, dove improbabili macchine, una volta avviate, iniziano a riprodurre suoni musicali. Software sempre più all'avanguardia hanno fatto si che il realismo dei modelli tridimensionali si avvicinassero alla realtà perfezionando le tecniche di modellazione. L'architettura ha fatto passi da gigante grazie a questi strumenti. Forme complesse nelle spazio che fino a qualche anno fa non potevano essere viste o immaginate adesso sono di ordinaria quotidianità nelle progettazioni di architetti ed ingegneri.
Il “Guggenheim di Bilbao” è il progetto che ha portato Frank Gehry alla popolarità grazie alle sue forme nuove e allo splendore dato dal rivestimento in titanio, che è riuscito a conquistare l'apprezzamento di un vasto pubblico ed a costituire fig. 1.1.3 – Una foto del Guggenheim di Bilbao
una principale attrattiva per il turismo internazionale nella provincia basca. La progettazione e la realizzazione di una struttura così complessa è stata resa possibile grazie all'utilizzo dei più moderni software di progettazione e di calcolo (il programma usato è lo stesso che viene adoperato in Francia per la progettazione degli aerei militari). Oltre ad aver radicalmente cambiato il volto di un'anonima città 14
CAPITOLO 1
basca, il Museo Guggenheim è indiscutibilmente una pietra miliare dell'architettura contemporanea e del nuovo modo di concepire il rapporto tra contenitore e contenuto delle istituzioni museali, diventando anch’esso opera d’arte. Come tutti i software di grafica tridimensionale anche Blender è in grado di modellare attraverso svariate tecniche forme complesse nelle spazio. Una svolta che ha portato questo software verso la modellazione architettonica è data dall'introduzione delle unità di riferimento e il facile scambio con i file proprietari del disegno CAD.
1.2 – CAD e Blender
In informatica, l'acronimo inglese CAD viene usato per indicare due concetti correlati ma differenti: “Computer Aided Drafting”, cioè Disegno Tecnico Assistito all'Elaboratore e “Computer Aided Design”, cioè Progettazione Assistita all'Elaboratore. La prima indica il settore dell'informatica che è volto all'utilizzo di tecnologie software e specificamente della computer grafica per supportare l'attività di disegno tecnico (drafting). I sistemi di Computer Aided Drafting hanno come obiettivo la creazione di un modello, tipicamente 2D, del disegno tecnico che descrive il manufatto, non del manufatto stesso. Ad esempio, un sistema Computer Aided Drafting può essere impiegato da un progettista nella creazione di una serie di disegni tecnici (in proiezione ortogonale, in sezione, in assonometria, in esploso) finalizzati alla costruzione di un motore. La seconda indica il settore dell'informatica volto all'utilizzo di tecnologie software e in particolare della computer grafica, per supportare l'attività di progettazione (design) di manufatti sia virtuale che reali. I sistemi di Computer Aided Design hanno come obiettivo la creazione di modelli, soprattutto 3D, del manufatto. Ad esempio, un sistema Computer Aided Design può essere impiegato da un progettista meccanico nella creazione di un modello 3D di un motore. Uno dei software di riferimento per quanto riguarda il mondo CAD prodotto da casa Autodesk è “AutoCAD”, conosciuto in tutto il mondo per la sua fama è quasi diventato uno standard nel settore CAD. AutoCAD non è il solo ad essere un software CAD, la lista è lunga ma per quello che a noi ci concerne ci soffermeremo su un software Computer Aided Drafting di nome QCAD rilasciato sotto licenza GPL per linux. Il programma è disponibile per Windows, GNU/Linux e Macintosh. Viene sviluppato da casa Ribbonsoft da Andrew Mustun. Sul sito della Ribbonsoft viene messo a disposizione il codice 15
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sorgente del programma in una versione non aggiornata e non disponibile per Windows. Il codice viene rilasciato sotto licenza GPL. La licenza in versione binaria aggiornata che fa uso delle librerie Qt versione 4 è possibile acquistarla ad un costo che si aggira intorno le € 24,00. Il formato dei file che utilizza è il DXF (versione 2000) anche se non supporta tutte le estensioni, in particolare non supporta i layout e i file non possono essere esportare in vari formati. È possibile stampare i disegni utilizzando le stampanti di sistema (in particolare sotto GNU/Linux supporta senza problemi il CUPS). È inoltre possibile stampare i disegni su file postscript, opzione che permette di importare le tavole all'interno di programmi di impaginazione. E' assodato che Blender non fa parte di nessuna delle due categorie essendo un programma open source di modellazione,
rigging, animazione, compositing e fig. 1.2.1 – Interfaccia di QCAD
rendering di immagini tridimensionali e dispone inoltre di funzionalità per mappature UV, simulazioni di fluidi, di rivestimenti, di particelle, altre simulazioni non lineari e creazione di giochi in 3D. Ma, da un po' di tempo a questa parte, molti volenterosi hanno e stanno ancora sviluppando script per rendere facile l'accessibilità a tutte quelle persone che sono abituate a disegnare con le tecniche che i più famosi programmi CAD mettono a disposizione, per poi ritrovarle all'interno di Blender.
Con questo introduciamo uno degli script più famosi di Blender “ProCAD”, scritto da un italiano Paolo Provenda (JAPY) programmatore di professione, ha lavorato su piattaforme unix e ha creato giochi per case produttrice importanti. E' scaricabile gratuitamente sul sito www.procad.altervista.org e una volta scaricato, è sufficiente seguire le istruzioni presenti nel file di installazione. Vediamo come si presenta l'interfaccia dello script e le sue principali funzionalità. La toolbar principale dei comandi si presenta molto bene graficamente e subito ci permette di lavorare grazie alle piccole icone che ci fanno intuire l'esecuzione di un comando. Prima di iniziare a scrivere il codice Provenda si informò chiedendo a chi utilizzava abitualmente software CAD, come iniziare a gestire le funzionalità rispetto alla grafica dello script. All'interno del file c'è un manuale di spiegazione scritto molto bene e in 16
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continuo aggiornamento. Ammette tutti i principali comandi del disegno come linee, archi, cerchi, poligoni, ellissi, punti, etc. Ammette anche tutti i principali comandi di Editing come taglia, raccorda, estendi, offset (spessore), perpendicolarità delle linee, etc. Importante l'uso degli snap che nell'ultima versione sono stati potenziati. Già nella versione 2.5 erano state introdotte i sistemi di quotature e le estensioni di come creare una volta a crociera o un muro. Sicuramente una rivoluzione del disegno tecnico in Blender. 1.3 – Unità di misura
La prima volta che si apre Blender, di default si presenta con un sistema di riferimento a griglia, con un cubo al centro, una luce e una camera standard. Ma che sistema di misura utilizza Blender? Le unità di misura in Blender, a differenza di tanti software CAD, non rispettano quelle del sistema metrico nazionale (decimali, esadecimale, architettoniche, ingegneristiche, ect.). A questo proposito possiamo definire un'unità di riferimento per il disegno in Blender con il nome di “blend” per comodità. Ma quanto vale 1 blend? Normalmente se ci riferiamo al sistema metrico decimale possiamo associare 1 blend = 1 m, quindi, 0,1 blend = 1 dm, 0,01 blend = 1 cm, 0,001 blend = 1mm. Questa conversione è importante per avere una scala di riferimento in un progetto. Le cose cambiano quando si importano disegni creati con altri software.
1.4 – Import “ dxf, 3ds, obj” (Parametri Standard)
Quando si ha la necessità di caricare all'interno di Blender file non proprietari si utilizza una procedura detta di importazione. Tale procedura nella maggior parte dei casi, converte tutti gli oggetti sia bidimensionali che tridimensionali creati con altri software, con quelli messi a disposizione da Blender. Ci concentreremo sull'importazione di tre tipologie di estensione che nel disegno architettonico ricorrono spesso e sono: il dxf, il 3ds e l'obj, il primo in ambito bidimensionale e i restanti due in ambito tridimensionale. E' importante capire 17
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che nell'importare disegni o modelli generati con altri software, questi avranno sicuramente delle caratteristiche diverse a differenza di come sarebbe stato se l'avessimo creati da zero con Blender. Perché si utilizza allora l'importazione? Nella maggior parte dei casi per velocizzare il lavoro; in rete ci sono molti siti che mettono a disposizione modelli già pronti in versione 3ds o obj di modelli tridimensionali di qualsiasi genere. Ad esempio macchine, persone, alberi e in alcuni casi anche scene complete. Mentre per il dxf il discorso cambia, questo file viene utilizzato come riferimento per modellare un oggetto tridimensionale avendo una base bidimensionale. Vediamo come importare file dxf e capire le differenze. Nella cartella “CD/CAP 1/dxf” del CD ci sono 2 file dxf “cm.dxf” e “m.dxf.” Questi file sono stati creati con QCAD e sono due quadrati 1x1 e 10x10 rispettivamente uno in centimetri e l'altro in metri. Bene, aprite Blender e cliccate su “File → Import → Autodesk DXF” si caricherà in una delle finestre attive lo script che ci permetterà di convertire i file dxf in oggetti poly, in bezier o in nurbs, a seconda della nostra scelta. Questo script creato da Stani Michiels e Remigiusz Fiedler viene utilizzato per importare ed esportare il formato dxf (Drawing Interchange Format, o Drawing Exchange Format) in Blender. Il dxf è un formato di tipo CAD, sviluppato da Autodesk come soluzione per scambiare dati tra AutoCAD ed altri applicativi che supportano tale estensione. Ci soffermeremo su due aspetti importanti; la scala di riferimento e il metodo di conversione. Cliccando su “DXFfile →” caricate il file “m.dxf” presente nella cartella sopra citata del CD. Il file è stato disegnato in metri con QCAD quindi attivando il tasto “glob.Scale” il valore della x è pari ad 1, mentre se fosse stato disegnato in cm il valore della x era 0,01. A questo punto è importante decidere il metodo di conversione degli oggetti che può essere in poly, cliccando sulla “X”, in bezier cliccando su “2D” oppure in poly e nurbs, cliccando su “3D”. Deselezionate il tasto “newScene”, il valore “layer” portatelo ad 1 ed infine cliccate su “START IMPORT”. Potete notare che i quadrati disegnati con QCAD si trovano sia alle stesse coordinate sia con le stesse dimensioni. Questa procedura standard nella maggior parte dei casi funziona. In casi particolari è importante fig. 1.4.1 – Script Autodesk DXF
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CAPITOLO 1
approfondire l'utilizzo di tutti i comandi dello script sul sito www.wiki.blender.org. Anche per la procedura di importazione di file 3ds o obj non spiegheremo tutti i parametri degli script. Per importare modelli tridimensionali in versione 3ds o obj la procedura è molto semplice. Si clicca su “File → Import → ” e si sceglie il tipo di estensione, i modelli si posizioneranno sull'area di lavoro avendo, nella maggior parte dei casi, le stesse caratteristiche dei file originari. Ricordiamo che Blender non supporta le Ngons, cioè poligoni formati da più di 4 lati e quindi l'importazione di modelli con un numero di facce superiori a 4 verranno convertiti in una mesh triangolare.
1.5 – Export “ dxf, 3ds, obj” (Parametri Standard)
Come per l'importazione anche l'esportazione di un oggetto, in questo caso generato con Blender, si avvale di una procedura che genera un file di scambio con altri software di disegno CAD o modellazione tridimensionale. Vedremo come esportare i formati dxf, 3ds e obj. Anche in questo caso la procedura è molto semplice e in tutti e tre i casi useremo i valori standard di esportazione. Per tutti e tre i file si clicca su “File → Export” e si sceglie il tipo di estensione da convertire. E' importante capire la conversione di oggetti bidimensionali da Blender quali Nurbs e Bezier verso softaware CAD. In questo caso ogni Nurbs o Bezier creata con Blender deve essere convertita in una mesh con il comando da tastiera ALT+C per poi poterla esportare in un file dxf. Provate a creare in una nuova scena vuota in Blender una Curva Nurbs e una Bezier, una volta create convertitele in mesh (ALT+C), esportatele in dxf ed aprite il file con QCAD. Noterete che le curve avranno le stesse caratteristiche di quelle di Blender che vanno in base alla suddivisione dei lati dati dal valore “DefResolU” del pannello Editing (F9) della curva in Blender.
1.6 – Append or link
Questo comando presente in “File → Append or link” permette di caricare file .blend (proprietari di Blender) nella scena di lavoro. I file .blend che vengono caricati avranno le stesse caratteristiche degli stessi creati 19
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precedentemente e quindi i file .blend esterni diventano normali parti della struttura attuale. Possono essere caricati svariati file .blend nella scena e questo metodo ci permette di creare delle librerie personalizzate di oggetti che all'occorrenza possono essere ricaricati all'interno delle scene di lavoro.
1.7 – Script
Il termine script designa una particolare tipologia di programmazione che serve per estendere le funzioni e le potenzialità dell'applicativo stesso. Blender dispone di una caratteristica molto potente, la possibilità di scrivere e caricare script per estendere le sue potenzialità. Questo permette agli utenti di aggiungere funzionalità scrivendo script attraverso “Python” linguaggio di programmazione Open Source interpretato, interattivo e orientato agli oggetti. Gli script Python sono potenti, versatili e facili da capire. È generalmente preferibile usare gli script rilasciati dalla Blender Foundation anziché scriverne uno da zero se non si ha la completa padronanza del linguaggio. Per questo in rete ci sono centinaia di script di ogni genere già compilati e pronti per essere caricati in Blender e utilizzati. E' meglio consultare la lista degli script riconosciuti sul sito wiki.blender.org/index.php/Extensions:Py/Scripts/Catalog. In generale una volta scaricato il file .py (proprietario di Python) si copia nella cartella “scripts\blender” di Blender sia per Windows che per Linux. In alternativa per script complessi è presente una breve guida che spiega la procedura di come installarlo. Nella cartella “CD/scripts” del CD sono presenti svariati script divisi per categorie da poter provare e utilizzare.
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CAPITOLO 2
CAP 2
Creare le mura di una casa
In genere questo è il primo approccio che si ha con il disegno architettonico. Disegnare una piantina è il primo di una serie di esercizi che andremo a trattare nel corso di questo volume. Per questo tipo di modellazione utilizzeremo tre tecniche semplici ed efficaci. La prima vi permetterà di creare la pianta attraverso l'uso delle mesh per estrusione di vertici (vertices) e l'uso dello script offset. La seconda per estrusione di lati (edge), la terza attraverso l'importazione del dxf e l'uso dello script Solidify Selection. Infine capirete come creare i “fori” delle finestre.
2.1 ­ Creare le mura per estrusione di vertici Nella cartella “CD/CAP­2/pdf” aprite il file “pianta.pdf”, come riferimento per disegnare una piantina di una casa con Blender. Posizionatevi in vista ALTO (TN7) e create un piano (Add → Mesh → Plane), entrate in EDIT MODE (TAB) e con la modalità della selezione a vertici (CTRL+TAB+1), selezionate tutta la figura (A), di seguito deselezionate un vertice (SHIFT+LC) e cancellate i restanti tre vertici selezionati (CANC → vertices). Nel pannello Editing (F9) posizionatevi nel sotto­pannello Mesh e premete il tasto Center come in figura 2.1.1 step 4. Questo traslerà il punto all'origine che si trova nelle coordinate 0,0,0. Sempre nel pannello Editing (F9) posizionatevi nel sottopannello Mesh Tools More e spuntate Edge Lenght . Questo comando vi permetterà di visualizzare le quote dei lati di una geometria o di più punti selezionati. Iniziate ad estrudere (E) i vertici rispettando le misure del pdf di riferimento. 21
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fig. 2.1.1
Per fare ciò, utilizzate il tastierino numerico digitando direttamente la quota desiderata rispettivamente sull'asse x o y, facendo attenzione alla direzione negativa o positiva degli assi. Selezionate il vertice (A) ed estrudetelo nella direzione y digitando con il tastierino numerico il valore 4 (E+y+TN4). Ripeterete l'operazione appena descritta per y=1,4 y=2,6 y=1,4 y=7,1 x=2,6 x=1,4 x=2,6 y=­3 x=3,6 x=1,4 x=3,6 y=­1 x=4,3 x=1,4 x=4,3 y=­3,1 y=­1,4 y=­
2,6 y=­1,4 y=­4 x=­2,9, il risultato è in figura 2.1.2. fig. 2.1.2
Ora create il semicerchio, selezionate l'ultimo vertice estruso, che in figura 2.1.3 equivale al punto “H”, ed estrudetelo (E) in direzione di x=­3.6, cioè il raggio della circonferenza. Adesso appoggiate il cursore sul vertice selezionato (SHIFT+S), che in figura 2.1.3 equivale al punto “G”, scegliendo l'opzione Cursor→Selection. Nel sotto­pannello Mesh Tools del pannello Editing (F9) impostate l'angolo di rotazione Degr=180 e il numero dei Steps=32. Questo valore equivale al numero della suddivisione dei lati del semicerchio. Selezionate il punto “H” ed infine cliccate sul pulsante Spin (Rivoluzione). Cancellate il centro del semicerchio (“H”) ed estrudete L in x rispettando le misure del pdf. Ripetete lo stesso procedimento per creare il 22
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secondo semicerchio. Infine selezionate il primo e l'ultimo vertice della pianta e chiudete la figura (F). fig. 2.1.3
Il risultato è in figura 2.1.4. Per un rendering di un esterno non necessariamente si devono creare le pareti con l'offset per dargli lo spessore. E' possibile anche estrudere i lati in direzione z, forare ed estrudere i lati delle finestre, procedimento che verrà spiegato nel paragrafo 2.4.
fig. 2.1.4
2.2 – Lo script OffSet
Nella cartella Script del CD installate in Blender lo script “offset_02a.py” (vedi capitolo 1), splittate l'area di lavoro in due verticalmente ed in quella di destra caricate lo script “Offset v0.3” (Script → Mesh → Offset v0.3). Uscite dall' EDIT MODE (TAB), selezionate la pianta (A) e nel valore “Dist” 23
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
dello script scrivete 0.3, che equivale allo spessore delle pareti, infine rinominate l'oggetto “Offset” creato dallo script come “piantina” sia in ME (Datablock name) che in OB (Object name). Unite le due curve (CTRL+J), entrate in EDIT MODE (TAB), premete F da tastiera e selezionate la funzione “Skin Faces – Edges loop”. Il procedimento è in figura 2.2.1.
fig. 2.2.1
2.3 ­ Creare le mura per estrusione di lati
Un procedimento alternativo valido a quello appena descritto per creare una pianta, è per estrusione dei lati. Tale procedimento è simile al primo ma differisce in quanto si effettuano un numero maggiore di passaggi dato che necessariamente si deve tenere conto dell'attacco dei pilastri, di norma posizionati sui lati esterni in base al perimetro dell'abitato. Come riferimento nella cartella “CD/CAP­3/pdf” del CD aprite il file “pianta.pdf”. Posizionatevi in vista ALTO (TN7), create un piano (plane), entrate in EDIT MODE (TAB), selezionate tutta la figura (A), deselezionate un vertice (SHIFT+LC) e cancellate i restanti vertici selezionati (CANC → vertices). Centrate l'oggetto, in Mesh Tools More e spuntate Edge Lenght, estrudete (E) il vertice appena creato in x=0,3. Selezionate i due vertici (A) ed estrudete (E) come Only 24
CAPITOLO 2
fig. 2.3.1
Edges in y=0,3, come in figura 2.3.1 step 1, continuate ad estrudere i lati in y=3,7 y=1,4 y=2,6 y=1,4 y=6,8 y=0,3 a questo punto cambiate lato in direzione x, come in figura 2.3.1 step 2, ed estrudete in x=2,3 x=1,4 x=2,3 x=0,3 cambiate lato ed estrudete in y=­2,7 y=­0,3 cambiate lato ed estrudete in x=3,6 x=1,4 x=3,3 x=0,3 cambiate lato ed estrudete in y=­0,7 y=­0,3 cambiate lato ed estrudete in x=4,3 x=1,4 x=4 x=0,3 cambiate lato ed estrudete in y=­2,8 y=­1,4 y=­2,6 y=­1,4 y=­3,7 y=­0,3 cambiate lato ed estrudete in x=­2,6 x=­0,3. Adesso attraverso il comando Spin come per il paragrafo precedente, disegnerete il semicerchio. Selezionate il vertice come in figura 2.3.2 (step 1) ed estrudetelo di x=­3.6 che equivale al raggio della circonferenza. Adesso appoggiate il cursore sul vertice selezionato (SHIFT+S), che in figura 2.3.2 (step 2) equivale al punto “G”, scegliendo l'opzione Cursore → Selezione 25
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
fig. 2.3.2
(Cursor → Selection). Nel sotto­pannello Strumenti Mesh (Mesh Tools) del pannello Modifica (Editing F9) impostate l'angolo di rotazione egr=180 e il numero dei Steps=32 (Steps), tale valore è pari al numero della suddivisione dei lati del semicerchio. Selezionate il lato (edge) come in figura 2.3.2 (step 3) infine cliccate su Rivoluzione (Spin). Cancellate il centro del semicerchio (punto G) e continuate ad estrudere riferendovi alle misure del pdf. Ripetete lo stesso procedimento per creare il secondo semicerchio. Infine selezionate il primo e l'ultimo lato (edge) della pianta e premete F da tastiera. 2.4 ­ Creare i fori delle finestre
Ora vediamo come creare l'estrusione delle mura e le aperture delle finestre. Selezionate la piantina ed entrate nella modalità EDIT MODE (TAB), selezionate tutto (A) ed estrudete in asse z di 1,1, ripete l'estrusione in asse z con i valori z=1,4 e z=0,3 come in figura 2.4.1. fig. 2.4.1
Nella vista 3D posizionatevi in prossimità di una delle finestre, attivate gli snap, 26
CAPITOLO 2
selezionate la faccia sia esterna che interna e cancellatele (CANC →face). Con la selezione a lati (edge) selezionate il bordo esterno della finestra ed estrudetela in asse x, agganciandovi con lo snap al punto interno della finestra. Ora non ci resta che rimuovere i punti sovrapposti con W+6 da tastiera. Oppure in alternativa selezionate i vertici sia esterni che interni della finestra e premete F da tastiera. Il risultato è in figura 2.4.2 fig. 2.4.2
Ripetete lo stesso procedimento sia per le finestre che per le porte. 2.5 ­ Creare il solaio ed il pavimento
Per creare il solaio e il pavimento utilizzerete lo script “Edges to Curve” che permetterà di convertire mesh 2D in curve Poly. Selezionate il layer “Plane” creato precedentemente, entrate in modalità EDIT MODE (TAB), selezionate 27
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
tutto (A) e dal menu a tendina cliccate su: Mesh → Script → Edges to Curve, automaticamente lo script genera una copia con il none “Plane.002”. Selezionatelo e nel sottopannello Curve and Surface spegnete il pulsante “3D”, accendete “Back” e “Front” e in “Extrude” inserite il valore 0,15. Fate coincidere il pavimento con la pianta estrusa con gli snap ad oggetto.
fig. 2.5.1
2.6 – Lo script Solidify Selection
Lo script Solidify Selection in Blender serve per dare uno spessore alle mesh estruse. Vediamo un metodo facile e veloce per creare muri con questo script. Cliccate su File → import → Autodesk DXF (.dxf), apparirà una finestra sull'area di lavoro relativa all'impostazione dello script come in figura 2.6.1. Cliccate su CONFIG, che è la parte relativa all'impostazione della gestione delle mesh e delle polyline. A lato spuntate la voce X, deselezionate newScene, portate il layer 3 a layer 1, cliccate su DXFfile, caricate il file pianta_3d_solidify.dxf presente nella cartella “CD/CAP­3/dxf/, premete START IMPORT ed infine premete ESC da tastiera. Entrate in EDIT MODE (TAB), selezionate tutto (A), rimuovete i vertici doppi (W+6). Estrudete come Only Edges i punti della pianta in asse z=1,1 z=1,4 e z=0,3, a questo punto ricalcolate le normali (CTRL+N). In alto cliccate su Mesh → Script → Solidifi fig. 2.6.1
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CAPITOLO 2
Selection, apparirà la finestra dell script Solidify Selection, basterà mettere nel valore Thick 0,3 e premete OK, cioè la misura dello spessore del muro.
fig. 2.6.2
Selezionate tutto (A), rimuovete i vertici doppi (W+6) se ce ne sono. Per creare i fori delle finestre potete proseguite come sopra descritto.
Questo è il procedimento che si usa comunemente con Blender, è semplice e non crea errori. Una volta che si crea la polylinea in Qcad dell'abitato basterà importarla in Blender come dxf Mesh (X nello script), estruderla ed applicare il modificatore Solidify Selection. E' importante prima di applicare il modificatore che si ricalcolino le normali esterne della mesh con CTRL+N, in modo da creare lo spessore giusto in base ai valori positivi e negativi dello script.
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
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CAPITOLO 3
CAP 3
Creare finestre e persiane
3.1 – Creare una finestra in Hight­Poly
Create una nuova scena in Blender, posizionatevi in vista ALTO (TN7), nella cartella “CD/CAP­3//dxf” importate come configurazione 2D il file “profilo.dxf” (File → import → Autodesk DXF). Il profilo si troverà nelle vicinanze del punto 0,0,0, premete il punto sul tastierino numerico (TN.) per portarlo in primo piano. fig.3.1.1
Selezionate una delle due curve, entrate in EDIT MODE (TAB), selezionate tutti i punti (A) e chiudete la figura (C). Ripetere la stessa operazione con la seconda curva. Unite le due Bezier (CTRL+J) e rinominate in Ob la figura chiamandola con il nome “1”. Il procedimento è in figura 3.1.1. Posizionatevi in 31
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
vista assonometrica, selezionate l'oggetto, entrate in EDIT MODE (TAB) e ruotatelo (R) in asse z di 90°(Z+90). Sempre nella vista assonometrica, create una nuova curva Bezier (Add→Curve→Bezier Curve), ruotatela (R) di 90° in asse X (X+90) come in figura 3.1.2, entrate in EDIT MODE (TAB) e dal pannello Modifica (Editing F9), posizionatevi nel sotto pannello Curve tools e convertite la curva in Poly come in figura 3.1.3. Selezionatela (A) e di seguito deselezionate un vertice (SHIFT+LC) e cancellate i restanti vertici selezionati (CANC→vertices). Ora estrudete il vertice di ­1,4 unità in x (X+1.4­), in asse z di 1,1 (Z+1.1), in asse x di 1,4 (X+1.4), selezionate tutti i vertici (A) ed infine chiudete la figura (C). fig.3.1.2
fig.3.1.3
fig.3.1.4
Cambiate la visualizzazione in modalità wireframe (Z). Nel pannello Modifica (Editing F9) posizionatevi nel sotto pannello Curve and surface ed inserite il nome del profilo (in questo caso “1”), nella parte relativa all'estrusione a traiettoria di una curva rispetto ad un profilo BevOb. Entrate nella modalità EDIT MODE (TAB) del profilo e con la funzione selezione bordi (select border) e usate la selezione a painting (B+B). Ripassate tutti vertici del 32
CAPITOLO 3
profilo della parte che conterrà il vetro. A questo punto separatelo (P), come in figura 3.1.5. fig.3.1.5
fig.3.1.6
fig.3.1.7
Rinominate il profilo separato come “2” ed effettuatene una copia dell'oggetto “Curve” su se stesso (SHIFT+D+ESC) in modalità OBJECT MODE (TAB) sostituendo al BevOv al posto di “1” il nome “2”. Posizionatevi in vista FRONTE (TN1) Selezionate la Bezier “Curve.001” entrate in EDIT MODE (TAB) selezionate i due vertici a destra (B) del rettangolo e spostateli rispetto all'asse x di ­0,686 (G+x+0,686). Uscite dalla modalità EDIT MODE (TAB) e copiate la curva appena ridimensionata (SHIFT+D) in x di 0,686 (G+x+0.686), abbiamo creato le ante della finestra. Convertite le tre curve in mesh (ALT+C). Il risultato è in figura 3.2.7.
3.2 ­ Creare il vetro
Per realizzare il vetro posizionatevi in vista FRONTE (TN1), selezionate la 33
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
curva “Curve.001”, centrate l'origine (Centre new) e agganciate il cursore all'origine (SHIFT+S → Cursor → selection). A questo punto create un piano (plane), ruotatelo (R) in x=90 (x+90) e scalatelo nelle proprietà di trasformazione (N) della dimensione del vetro (DimY0.946,DimX0.558) rispetto al profilo dell'anta. Posizionatevi in vista DESTRA (TN3) estrudetelo di 0.03 e spostatelo all'interno della cornice. Posizionatevi in vista FRONTE (TN1) e copiatelo (SHIFT+D+x+0,686) all'interno dell'altra anta. Come avrete notato la finestra è composta da molti vertici, questo tipo di modellazione va a discapito di macchine con prestazioni scarse. Per esempio, lavorando con una macchina Quad Core con 4 Gb di Ram e una scheda video a 256 Mb, si possono gestire migliaia di poligoni. fig.3.2.1
Ora pensate quante finestre ha un edificio e quanti poligoni vengono occupati solo per finestre, persiane, ringhiere, etc. Se si deve gestire una scena come il rendering in figura 3.2.1, allora la qualità del modello, in questo caso della finestra, può essere modellato in Hight Poly. Ma, se si modella un palazzo con centinaia di finestre, si deve ridurre il numero di poligoni modellando in Low Poly stando sempre attenti a non andare a discapito della qualità del modello. 3.3 ­ Creare una finestra in Low­Poly
Create una nuova scena in Blender, nella cartella “CD/CAP­3/dxf” importate come configurazione 2D il file “fin­low.dxf” (File → import → Autodesk DXF), il disegno si troverà nelle vicinanze delle cordinate 0,0,0. Per prima cosa selezionate l'oggetto “pl_profilo” e l'oggetto “pl_profilo.001” ed uniteli (CTRL+J). Fate la stessa cosa unendo rispettivamente l'oggetto “pl_anta1” con “pl_anta1.001” e “pl_anta2” con “pl_anta2.001”. Questa semplice operazione è facilmente gestibile dalla finestra “Otliner” (a destra) 34
CAPITOLO 3
selezionando gli oggetti in modalità multipla con il stato SHIFT. Selezionate il “pl_profilo” e rendete invisibili gli oggetti non selezionati (SHIFT+H), in modo da lavorare meglio sul singolo oggetto. Entrate in EDIT MODE (TAB) e cancellate i vertici come in figura 3.3.1. Una volta cancellati, selezionate tutto (A), chiudete la figura (C) ed uscite dall'EDIT MODE (TAB). In modalità Shading (Z) il profilo sarà di colore rosso. Rendete tutti gli oggetti visibili (ALT+H) e ripetete lo stesso procedimento sia per le ante che per i vetri. Il risultato è in figura 3.3.2. fig.3.3.1
fig.3.3.2
Una volta chiuse tutte le curve, non vi resterà altro che impostare i parametri di estrusione e di cimatura degli oggetti. Selezionate il profilo e nel pannello Modifica (Editing F9), nel sotto­pannello Curve e Superfici (Curve and Surface) spuntate Back e Front, impostate Extrude a 0.02 e Bevel Depth a 0.01. Nel sotto­pannello Legami e Materiali (Link and Material) spuntate Set Solid. Ripetete lo stesso procedimento per le ante con i valori: Extrude=0.03, Bevel Depth=0.01, Width=0.99, mentre per i vetri solamente Extrude=0.01, il risultato è in figura 3.3.3. Mettendo a confronto questo metodo con quello spiegato in precedenza, vediamo come la differenza del numero di poligoni è notevole. La finestra in Low Poly ha un numero di vertici Ve=224, occupa una memoria di Mb=1 e il peso del file .blend è Kb=135 a differenza di quella in Hight Poly che ha un Ve=3228, occupa fig.3.3.3
una memoria di Mb=10 e il peso del file .blend è Kb=668. La modellazione in Low Poly è consigliata sopratutto quando gli oggetti si vedono in lontananza in modo da non percepire le linee guida che lo compongono. Quando si crea 35
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
una scena si deve tener conto di tanti fattori che possono influenzare i tempi di modellazione, i tempi di texturing e sopratutto i tempi di rendering. Un alto numero di vertici comporta dei tempi dei rendering più lunghi rispetto a una modellazione con un basso numero di vertici. Controllare i vertici in una scena è importante per non rischiare di sovraccaricare la memoria occupata dal PC, gestendo così una modellazione fluida sull'area di lavoro. Il rendering in figura 3.3.4 è stato creato con finestre Low Poly. Il palazzo è formato da 54 finestre con un numero di vertici pari a 24.480, se fosse stato modellato con finestre in Hight Poly avrebbe avuto un numero di vertici pari a 226.800, quindi il file sarebbe stato 10 volte più grande.
fig.3.3.4
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CAPITOLO 3
3.4 – Creare una persiana da un profilo
Questo procedimento è simile a quello della modellazione di una finestra precedentemente spiegato. Con l'estrusione a traiettoria è possibile modellare la maggior parte degli elementi architettonici. In questo caso vedremo come modellare una persiana estrudendo a traiettoria il profilo esterno, mentre per ripetere gli scuri della persiana utilizzeremo il modificatore Array. Nella cartella “CD/CAP 3/blend” del CD aprite il file “persiana.blend” (File → Open). Una volta aperto il file vedrete i profili sulla scena, quello centrale e il profilo degli scuri interni che saranno di riferimento per modellare la nostra persiana. Il disegno si troverà nelle vicinanze del punto 0,0,0. Create una nuova curva Bezier (Add → Curve → Bezier → Curve), ruotatela (R) di 90° in asse x (x+90), entrate in EDIT fig. 3.4.1
fig. 3.4.2
MODE (TAB) e dal pannello Modifica (Editing F9), posizionatevi nel sotto pannello Mesh tools e convertite la curva Bezier in una curva Poly. Selezionate tutta la figura (A), deselezionate il vertice che coincide con il punto 0,0,0 dove è posizionato il cursore (SHIFT+LC) e cancellate i restanti vertici selezionati (CANC→vertices). Ora estrudetelo in x=0.7, in z=2.2 , in x=­
0.7 ed infine chiudete la figura (C), spuntate dal pannello Curve and Surface 37
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
“Back” e “Front”. Nel pannello Modifica (Editing F9) posizionatevi nel sotto pannello Curve and surface ed inserite il nome del profilo (in questo caso “1”), nella parte relativa all'estrusione a traiettoria di una curva rispetto ad un profilo “BevOb”. A questo punto possiamo convertire in mesh la cornice (ALT+C). Sia il profilo centrale che quello degli scuri sono già posizionati per essere estrusi e ripetuti. Selezionateli singolarmente, entrate in EDIT MODE (TAB) ed estrudete (E→Region) i vertici di x=0.6459. Ora non vi rimane che effettuare la ripetizione degli scuri con il modificatore array come in figura 3.4.2 step 2 e 3.
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CAPITOLO 4
CAP 4
Creare balconi e ringhiere
4.1 – Creare il balcone
Create una nuova scena in Blender e posizionatevi in vista ALTO (TN7), nella cartella “CD/CAP­4/blend” aprite il file “balconi.blend”. Le curve si troveranno nelle vicinanze del punto 0,0,0. Selezionate la curva “balcone_tondo”, centrate l'origine (Centre new) e nel valore “Dist” dello script scrivete 1,20, deselezionate la casella “Extrude”, infine cliccate il tasto “Offset”. Selezionate la curva appena creata con lo script e rinominatela come “Offset1” sia in ME (Datablock name) che in OB (Object name). Il risultato è in figura 4.1.1.
fig. 4.1.1
Selezionate la curva “balcone_tondo” (quella iniziale) e ancora con l'uso dello script Offset immettete nel valore “Dist” 1,24. Selezionate la curva appena creata con lo script e rinominatela come “Offset2” sia in ME (Datablock name) che in OB (Object name). Selezionate le curve “balcone_tondo” e “Offset2” e
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
fig. 4.1.2
copiatele (SHIFT+D), spostandole in asse y ad una distanza a piacere, ora cancellate la curva “Offset2” creata in precedenza. fig. 4.1.3
Il risultato è in figura 4.1.2. A questo punto posizionandovi in vista ALTO (TN7), unite le curve “balcone_tondo” e “Offset1” (CTRL+J). fig. 4.1.4
Entrate in modalità EDIT MODE (TAB) selezionate i due vertici (step 1 e 2 fig 40
CAPITOLO 4
4.1.3) all'estremità della curva esterna, accendete gli Snap (SHIFT+TAB) e tenendo premuto il tasto CTRL, agganciateli a uno dei due vertici corrispondenti interni, bloccando l'asse y (Y). Create le facce per l'estrusione (F) ed infine ricalcolate le normali (CTRL+N). Il risultato è in figura 4.1.3. Posizionatevi in vista assonometrica ed estrudete (E) in asse Z=0,3 (Z+0.3­) uscite dall'EDIT MODE (TAB) e dal pannello Link and Surface selezionate “Set Solid”. Ripetete la stessa operazione per le curve “balcone_tondo.001” e “Offset2.001” infine estrudete (E) le facce in z=0,04 (z+0.04). Spostatevi in modalità wireframe (Z), con lo snap (SHIFT+TAB) agganciate i due solidi appena creati come in figura 4.1.4, il balcone circolare è terminato. Ripetete tutto il procedimento per creare il balcone lineare partendo dalla curva “balcone_lineare”.
4.2 – Modellazione del paletto “torciglione”
Create una nuova scena in Blender e posizionatevi in vista FRONTE (TN1). Cliccate su View → Background Image, attivate il tasto Use Background Image e dopo aver cliccato sul tasto Load caricate l'immagine presente in “CD/CAP 4/jpg/torciglione.jpg”. L'immagine si posizionerà al centro della scena. Sempre nella finestra Background Image impostate il valore di Size = 0,1 e il valore di Y Offset = 0,1. Create una curva Bezier (Add → Curve → Bezier Curve), ruotatela di 90° in x (R+x+90). Ripassate cercando di creare due estrusioni del profilo come in figura 4.2.1, uscite dall'EDIT MODE (TAB) e convertitela in Mesh (ALT+C). fig. 4.2.1
Rientrate in EDIT MODE (TAB), nel sottopannello Mesh Tools del pannello Editing (F9) impostate il valore di Turns=6 e Steps=4 ora cliccate sul tasto 41
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
Screw per generare l'estrusione della curva per il torciglione. E' importante che il cursore si trovi al centro del paletto, dato che è proprio quest'ultimo che dà la distanza di rivoluzione. Selezionate tutto (A) e rimuovete i vertici doppi (W+6). A questo punto selezionate i vertici come in figura 4.2.2 step 2 e fondeteli al centro (ALT+M → At Center), selezionate i lati (step 4) e scalateli in z=0 (S+z+0) spostateli per comodità in alto e ripetete lo stesso procedimento anche per la parte inferiore del torciglione. Copiate in blocco rimanendo in EDIT MODE (TAB) tutti i vertici (A) nella parte alta del paletto, facendoli coincidere con la figura di riferimento. Selezionate ed estrudete (E) i vertici nella parte centrale come in figura 4.2.2, ora agganciateli con lo snap (CTRL) e rimuovete i vertici doppi (W+6).
fig. 4.2.2
Per creare l'anello dorato che si trova la centro del paletto selezionate le facce centrali (CRTL+TAB+3), estrudetele come “Individual Faces” (E → Individual Faces) fino all'estremità dell'anello, selezionate lato per lato ed agganciateli con lo snap (CTRL) ai successivi, eliminate i vertici doppi (W+6), il procedimento è in figura 4.2.3. fig. 4.2.3
Chiudete tutte le facce aperte (F→Auto), selezionate tutti i lati (CTRL+TAB+2) diagonali sia inferiori che superiori (step 6), spostatevi in vista FRONTE (TN1) e scalateli in z=0,45 (S+z+0,45). Il procedimento è in figura 4.2.4.
42
CAPITOLO 4
fig. 4.2.4
Per finire effettuate la modellazione del decoro al centro del paletto, sempre in vista FRONTE (TN1), create una curva Bezier (Add → Curve → Bezier Curve) ruotatela in asse x di 90° (R+x+90), entrate in EDIT MODE (TAB), convertitela in poly premendo il tasto “Poly” presente nel sottopannello Curve Tools del pannello Editing (F9), selezione tutti i vertici (A), deselezionatene solo uno (SHIFT+LC) e cancellate i restanti selezionati.
fig. 4.2.5
Spostate il vertice rimasto all'inizio della curva del decoro del paletto ed estrudete battendo i punti come in figura 4.2.5. Riconvertite la curva poly in Bezier con il tasto “Bezier” presente nel sottopannello Curve Tools del pannello Editing (F9) e create gli archi spostando i punti interni rispettivamente delle singole curve.
Ora create nuovamente una nuova curva Bezier (Add → Curve → Bezier Curve), entrate in EDIT MODE (TAB), convertitela in poly, selezionate tutti i vertici (A), deselezionatene solo uno (SHIFT+LC) e cancellate i restanti selezionati. Create estrudendo i vertici un rettangolo 0,01x0,002 e chiudente la figura (C). Centrate il cursore cliccando sul tasto “Center New” presente nel sottopannello Curve and Surface del pannello Editing (F9), dopo essere usciti dall'EDIT MODE. Rinominate la curva appena creata con il nome “W” in OB (Object Name). Selezionate la curva creata precedentemente del decoro e nel 43
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
sottopoannello Cuve and Surface del pannello Editing (F9), in Bev Ob inserite il nome “W” cioè la curva rettangolo per creare l'estrusione a traiettoria di un oggetto lungo un percorso. Infine copiate l'oggetto appena creato (SHIFT+D) e specchiatelo in x (CTRL+M+x), spostatelo (G) facendolo coincidere con la figura. Il procedimento è in figura 4.2.6.
fig. 4.2.6
4.3 – Modellazione del paletto “artistico”
Di seguito verrà spiegata brevemente la procedura per contornare un immagine raster con curve poly e bezier. Tale procedimento è spesso utilizzato per creare loghi in 3D, scritte in 3D e tutte quelle forme che hanno curve sinuose ed un'estrusione con profondità unica su tutta la forma. Per chi vuole approfondire questo argomento, consigliamo di leggere il tutorial sulla guida ufficiale di Blender su come si realizza un logo in 3D. fig. 4.3.1
La tecnica è molto semplice. Create una nuova scena in Blender e posizionatevi in vista FRONTE (TN1), cliccate su “View → Background 44
CAPITOLO 4
Image”, attivate il tasto “Use Background Image” e dopo aver cliccato sul tasto “Load” caricate l'immagine presente in “CD/CAP 4/jpg/ringhiera_bezier.jpg”. L'immagine si posizionerà al centro della scena. Create una curva Bezier (Add → Curve → Bezier Curve), ruotatela di 90° in x (R+x+90), entrate in EDIT MODE (TAB), convertitela in poly, selezionate tutti i vertici (A), deselezionatene solo uno (SHIFT+LC) e cancellate (CANC) i restanti selezionati. Create estrudendo per vertici il contorno come in figura 4.3.1, chiudete la curva (C) vicino il punto di partenza. fig. 4.3.2
Senza uscire dall'EDIT MODE create un'altra curva Bezier (Add → Curve → Bezier Curve), convertitela in poly, selezionate tutti i vertici (A), deselezionatene solo uno (SHIFT+LC) e cancellate (CANC) i restanti selezionati. Create estrudendo per vertici, il contorno delle parti interne che di conseguenza una volte chiuse delimiteranno la parte sottratta della figura. Il procedimento è in figura 4.3.2. A questo punto vedremo come è semplice scalare un oggetto non a misura attraverso un riferimento esterno a misura, tale procedimento è detto di “alliniamento e scalatura”. Uscite dall'EDIT MODE (TAB) convertite la curva in Mesh (ALT+C), create un piano (Add → Mesh → Plane), ruotatelo di 90° in x (R+x+90), selezionate tutti i vertici (A), deselezionatene solo uno (SHIFT+LC) e cancellate i restanti selezionati. Estrudete il vertice in z=0,87, uscite dall'EDIT MODE (TAB), centrate sia alla linea che al paletto artistico (Center New). Selezionate la linea e centrate il cursore su di essa (SHIFT+S, Cursor → Selection), selezionate il paletto e centratelo al cursore (SHIFT+S, Selection → Cursor), attivate gli snap (SHIFT+TAB) ora scalate (S) agganciandovi con lo snap (CTRL) a uno dei due estremi della linea. Il procedimento è in figura 4.3.3.
45
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
fig. 4.3.3
4.4 – Distribuzione di oggetti lungo una curva
Una volta modellato il balcone e il paletto, il passo successivo è la modellazione della ringhiera, ma prima bisogna distribuire i paletti lungo la curva in base alla forma del balcone. Per questo utilizzerete il modificatore “Curve” presente nella lista dei modificatori di Blender. Vediamo come utilizzare questo modificatore. Create una nuova scena in Blender e aprite il file presente nella cartella “CD/CAP 4/blend/distribuzione.blend”. Sulla scena ci sono due elementi, un parallelepipedo di nome “palo” e una curva Bezier di nome “k”. Selezionate il palo e caricate il modificatore “Array” presente nel sottopannello Modifiers del pannello Editing (F9), accendete il pulsante “Contstant Offset” del modificatore e impostate la X=0,1. fig. 4.4.1
Ora caricate anche il modificatore “Curve” e in “Ob” immettete il nome della curva Bezier “k”. Impostate il “Count=19” del modificatore “Array” e la X=0,102 del “Contstant Offset”. Il procedimento è in figura 4.4.1. Nella maggior parte dei 46
CAPITOLO 4
casi, dove la curva Bezier si interseca tra archi e linee come in questo caso il paletto potrebbe essere distorto. A questo punto è bene applicare prima il modificatore “Array” e poi quello “Curve”. Questa procedura farà sì che tutti i paletti diventeranno non più un immagine del primo grazie al modificatore “Array” ma bensì tutte mesh singole. Quindi entrando in EDIT MODE (TAB) potrete cancellare il paletto distorto e ridistribuirlo copiandone uno giusto. Il procedimento è in figura 4.4.2.
fig. 4.4.2
Questo che era solo un esercizio pratico, anticipa quello che andrete a fare successivamente con la distribuzione dei pali sui balconi modellati in precedenza.
Create una nuova scena in Blender e aprite il file presente nella cartella “CD/CAP 4/blend/balcone_tondo.blend”. Sulla scena c'è tutto il necessario per creare la distribuzione dei pali, dei bastoni, l'estrusione a traiettoria dei profili del corrimano e della ringhiera.
Selezionate l'oggetto “pali”, caricate il modificatore “Array” , in “Count” mettere il valore 18, il pulsante “Relative Offset” deve essere attivo, in X immettete il valore X=1,1. Caricate il modificatore “Curve” e in “Ob” immettete il nome della curva “curva0”. Selezionate l'oggetto “bastone” caricate il modificatore “Array” , in “Count” mettere il valore 5, il pulsante “Relative Offset” deve essere attivo e in X immettete in il valore X=138. Caricate il modificatore “Curve” e in “Ob” immettete il nome della curva “curva0”. Selezionate la curva “curva3” e in Bev Ob del sottopannello Curve and Surface del pannello Editing (F9), immettete il nome del profilo del corrimano “profilo_corrimano” per creare l'estrusione a traiettoria di un profilo rispetto ad una curva. Ripetete lo stesso procedimento sia per la curva “curva1” che per la curva “curva2” con il profilo “profilo_ringhiera”. Il procedimento è in figura 4.4.3.
Questo metodo è valido nella maggior parte dei casi, per la distribuzione di oggetti lungo una curva, data una misura precisa in base alle distanze degli oggetti stessi. E' possibile distribuire oggetti anche di grandi dimensioni per 47
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
esempio la distribuzione di una fila di alberi lungo un viale, oppure di una illuminazione di pali per esterni. E' importante capire che gli oggetti si distribuiranno in maniera omogenea in base al valore del “DefResolU” nel fig. 4.4.3
sottopannello Curve and Surface del pannello Editing (F9) della curva, più il valore sarà alto più la distribuzione sarà omogenea.
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CAPITOLO 5
CAP 5
Creare le scale
Affronteremo questo argomento prendendo in considerazione diverse metodologie di modellazione. Per creare una scala in genere si utilizza il modificatore Array, che genera dei cloni in ripetizione di un oggetto considerando la distanza in x, y, e z. In Blender il modificatore Array non ha le funzionalità necessarie per generare una serie attraverso la rotazione di un oggetto rispetto ad un asse, la così detta serie polare, ma con l'aiuto dell'elemento Empty ed un piccolo calcolo matematico, si possono generare serie polari e quindi, in questo caso, anche scale a chiocciola. Successivamente, con l'aiuto di un particolare script, vedremo come generare il corrimano delle scale a chiocciola e automaticamente scale a rampe.
5.1 ­ Creare una rampa di scale
Diamo una regola generale, quindi non specifica, per il metodo costruttivo di una scala. La regola architettonica è data dalla formula 2a+p=x dove a= alzata (16<a<18), p= pedata (30<p<35) ed 62<x<65. Per il calcolo dell'altezza si procede in questo modo: H / N = a dove H è il valore dell'interpiano da superare con la scala, N è il numero di gradini, il risultato è a=alzata dove tale valore deve rientrare tra quelli possibili fig. 5.1.1
della prima formula. 49
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
Ricordiamo che il gradino in posa finito è compreso di eventuale soglia quindi il calcolo deve essere considerato con l'aggiunta di quest'ultima. Iniziamo a modellare una rampa di scale con il metodo classico. Create un plane, entrate in EDIT MODE (TAB), deselezionate un vertice (SHIFT+LC) e cancellate i restanti vertici selezionati. Nel sottopannello Mesh del pannello Editing (F9) premete il tasto Center. Estrudete (E) il vertice in x=0,35, y=1,5, x=­0.35, selezionate tutto (A) e premete il tasto F per chiudere il poligono e creare la mesh. Spostatevi in vista ortogonale o prospettica (TN5), estrudere (E) in z=0.15 e nuovamente in z=0.03 per creare la soglia, selezionate la faccia come in figura 5.1.2 ed estrudetela in x= ­0.03. In modalità OBJECT MODE (TAB) nel sotto­pannello Link and Material spuntate Set Solid, applicate il modificatore Array nel sotto­pannello Modifiers. Ora create la serie con 7 Count, che saranno il numero di gradini, deselezionate Relative Offset e spuntate Costant Offset.
fig. 5.1.2
Ora copiate i valori di x, y, e z come in figura 5.1.2, dove x=0.35 sta per la pedata e z=0.18 sta per l'alzata. Con il cursore sul primo vertice di estrusione del primo gradino come in figura 5.1.2 in cordinate 0,0,0, creiate un plane che servirà per il pianerottolo. Entrate in EDIT MODE (TAB), deselezionate un vertice (SHIFT+LC) e cancellate i restanti selezionati. fig. 5.1.3
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CAPITOLO 5
Nel sotto­pannello Mesh del pannello Editing (F9) premete il tasto Center. Estrudete (E) il vertice in x=1.2, y=3.3, x=­1.2, selezionate tutto (A) e premete il tasto (F) per chiudere il poligono e creare la mesh. Con lo Snap (SHIFT+TAB) ad oggetto attivo, spostate (G) il piano appena creato agganciandolo (CTRL) nel punto più alto della scala come in figura 5.1.3 step 2. Suddividetelo al centro (CTRL+R+1+LC+0+LC). Selezionate tutto (A), estrudete (E) in z=0.15 e nuovamente in z=0.03 per creare la soglia, selezionate la faccia come in figura 5.1.3 ed estrudetela in x= ­0.03. A questo punto non vi resterà altro che copiare (SHIFT+D) la scala e specchiarla in x (CTRL+M+x). Spostatela (G) e agganciatela (CTRL) sul lato esterno del pianerottolo, sulla ripetizione della rampa. Se il vostro progetto è composto da molte rampe di scale, al termine della modellazione la cosa migliore è applicare (Apply) i modificatori, selezionando tutti gli oggetti, e unendoli (CTRL+J). 5.2 ­ Creare una scala a chiocciola
Una delle progettazioni più affascinanti delle scale, sono quelle a dette a “chiocciola”. Di svariate misure e ornamenti creano un effetto particolare quando si guardano dall'alto verso il basso. Vediamo un metodo tradizionale per la modellazione di scale a chiocciola. Create un cerchio (Add → Mesh → Circle) con 33 vertici (vertices) e raggio (radius) 5. Ora Create un secondo cerchio sempre con 33 vertici (vertices) ma con raggio (radius) 1. Selezionateli entrambi e uniteli (CTRL+J). Entrate in EDIT MODE (TAB), attivate gli Snap (SHIFT+TAB) ed estrudete i due vertici che compongono un gradino come in fig. 5.2.1
figura 5.2.1 step 1, selezionate tutto (A+W+6) ed eliminate i vertici doppi e sovrapposti (Canc → vertices). Selezionate tutto (A) e deselezionate solo i vertici che compongono il gradino (SHIFT+LC). Spostatevi ora in vista ortogonale o prospettica, selezionate tutti i vertici (A) e figura 5.2.1 step 1, selezionate tutto (A+W+6) ed eliminate i vertici doppi e sovrapposti (Canc → 51
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
vertices). Selezionate tutto (A), deselezionate i vertici che compongono il gradino e premete (F) per creare la mesh, estrudete in z=0,15, z=0.03 e create la soglia con x=­0.03 come in figura 5.2.1 step 2. Uscite dalla modalità EDIT MODE (TAB) e nel sotto­pannello Link and Materials spuntate Set Solid. Nel pannello dei Modifiers applicate (Apply) l'Array. Il numero di gradini in base al numero di suddivisioni del cerchio è 33 Count, deselezionate Relative Offset e spuntate Constant Offset. Create un Empty (Add → Empty) e per comodità in OB nel sotto­pannello Link and Material rinominatelo con il nome “1”. Selezionate il gradino e nel modificatore Array spuntate Object offset e in Ob scrivete il nome dell'empty in questo caso “1”. In Costant Offset sull'asse z diamo il valore dell'alzata z=0.18. I gradini saranno disposti tutti lungo l'asse z. Adesso va effettuato un calcolo per ricavare l'angolo di rotazione dell'Empty rispetto all'asse z per creare la serie polare. Selezionate il gradino, entrate in modalità EDIT MODE (TAB) e nel sottopannello Mesh Tools More del pannello Editing (F9) spuntate Edge Angles che mostrerà la misura dell'angolo ottenuto dall'intersezione di due edge come in figura 5.2.2. Applichiamo la formula: α­
90=T (95.455­90=5.455), dove α (95.455) è l'angolo di intersezione mostrato da Blender, successivamente il valore di T (5.455) va moltiplicato per 2 (10.41). fig. 5.2.2
Attenzione, il calcolo va effettuato solo ed esclusivamente con la selezione dei soli due lati mostrati in figura 5.2.2, quindi anche per situazioni differenti da questo esercizio si devono considerare solo quei edges. Selezionate l'empty Premete N da tastiera ed inserite il valore T (10.41) in RotZ. Una volta inserito il valore in RotZ si formerà la scala a chiocciola. La rotazione dei gradini è in base all'empty se si elimina il vuoto si annullerà anche la rotazione a meno che non si applica (Apply) il modificatore Array.
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CAPITOLO 5
5.3 ­ Creare il corrimano della scala a chiocciola
Con l'aiuto di un particolare script di nome “spirals”, scaricabile gratuitamente dal sito http://alexvaqp.googlepages.com/scripts, si possono creare spirali e tori di qualsiasi forma. Questa guida non spiegherà tutte le funzionalità dello script, ma si limiterà a spiegare solo come modellare il corrimano. Nella cartella CD/script/spiral del CD installate lo script “spirals.py”. Lo script è molto intuitivo, attraverso delle semplici leve si possono creare le forme desiderate. Una volta caricato lo script basterà inserire a TURNS=1, RADIO=4.9 e step in Z=6.3 come in figura 5.3.1 per creare la nurbs del corrimano. Una volta immessi i valori premete Exit e ruotate la nurbs in z di ­95° (R+z+95­). Spostatela in alto di 1 (G+z+1), create un cerchio Nurbs (ADD → Curve → Nurbs Circle), ruotatelo in x di 90° (R+x+90) e per comodità in OB nel sottopannello Link and Material rinominatelo con il nome “1”. Selezionate la spirale e nel sottopannello Curve Curve and Surface sia in BevOb che in TaperOb immettete il nome “1”. fig. 5.3.1
Selezionate il cerchio nurbs e scalatelo di 0.05 (S,0.05). Vi accorgerete che 53
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
all'estremità del corrimano sul punto iniziale c'è un difetto. Questo potrebbe essere generato dallo script che non essendo stato testato e quindi non rilasciato ufficialmente dalla Blender Foundation, ha delle imperfezioni. La cosa è risolvibile trasformando la nurbs in una mesh (ALT+C) e cancellando i vertici iniziali.
5.4 ­ Creare una rampa di scale automaticamente
Utilizzeremo uno script per generare automaticamente rampe di scale con diverse tipologie scritto da un utente di blenderartists.org di nome “gucias”. E' scaricabile gratuitamente da www.gucias.republika.pl/stairscreator142.zip. Lo script è intuitivo e semplice da gestire, grazie alle figure presenti accanto ai valori da apportare. Lo script genera 4 tipologie di scale, la scelta avviene attraverso una levetta in Type of stairs dall'1 al 4. Si parte dalla classica scala in legno che ricorda un po' le baite di montagna, poi quella in muratura senza soglia, si passa a quella in muratura con la soglia e per finire una particolare scala con un supporto in acciaio al centro. Nella sezione Connection type è possibile decidere se l'attacco del gradino iniziale e finale coincide con il pianerottolo. Il pianerottolo è modificabile nella sezione Landing Dimension attraverso l'allargamento della connessione tra una rampa e l'altra e la larghezza di quest'ultimo. In Step Parameters potete apportare le modifiche sulla scala partendo dalla larghezza, dalla pedata, dall'alzata, dall'altezza della soglia ed infine il valore della rientranza della soglia rispetto al gradino. fig. 5.4.1
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CAPITOLO 5
fig. 5.4.2
Lo script per adesso è in continua evoluzione e nelle prossime versioni ammetterà la ripetizione delle rampe. Per ovviare a questa mancanza potete selezionare il pianerottolo e la seconda rampa di scale unirli (CTRL+J). L'oggetto appena creato copiatelo su se stesso (CTRL+D,ESC), specchiatelo in y (CTRL+M,Y) e nuovamente rispecchiarlo in x (CTRL+M,X). Con l'aiuto degli Snap ad oggetto, posizionate il pianerottolo della nuova rampa con l'ultimo gradino della scala, per avere una ripetizione corretta. Unite le rampe che hanno il pianerottolo (CTRL+J) e con il modificatore Array impostato su Relative Offset con valori x=0, y=0 e z=1, avrete la ripetizione delle rampe.
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
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CAPITOLO 6
cAP 6
Creare il tetto
6.1 – Tegole
La copertura, o più comunemente tetto, definisce la parte superiore di una struttura. Lo scopo essenziale delle coperture è impedire l’insorgere di umidità, infiltrazioni e proteggere l'edificio da tutti gli agenti atmosferici. La tegola è un manufatto realizzato in materiali resistente ma allo stesso tempo leggero, come l'ardesia, il legno, il cemento o il metallo. Le tegole sono utilizzate solitamente come rivestimento per le coperture a falda inclinata e costituiscono i cosiddetti "sistemi di copertura discontinui" cioè formati da piccoli elementi, per distinguerli dalle "coperture continue" a grandi lastre. fig. 6.1.1
Esistono diversi tipi di tegole, che variano sia a seconda delle località che dei materiali utilizzati:
•
•
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il coppo, a stampo curvo, è il tipo di tegola più diffuso in Italia
la tegola marsigliese, piana con dei solchi longitudinali
l'embrice, o tegola romana
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
•
•
•
la tegola portoghese la tegola canadese
le lastre di ardesia
Vediamo come modellare una tegola ed un coppo con Blender. Nella cartella “CD/CAP­6/blend/” del CD aprite il file “tegole_start.blend”. Selezionate il profilo della tegola, entrate in EDIT MODE (TAB) e nel pannello Curve and Surface abbassate il numero della risoluzione delle curve (DefResolU) portandolo a 2. Questo per avere un numero minore di poligoni sulla scena, dato che l'oggetto dovrà essere ripetuto per un numero di n volte in base alla superficie di copertura della falda. fig. 6.1.2
Uscite dall'EDIT MODE (TAB) ,convertite la curva in mesh (Alt+M), entrate in EDIT MODE (TAB) ed estrudetela come regione di 0,58 in y (E+y+0,58) come in figura 6.1.2. Uscite dall'EDIT MODE (TAB), nel pannello Mesh centrate il cursore al centro dell'oggetto (Center New). Appoggiate il cursore snap su quello della tegola con l'ozione Cursor→to Selection (SHIFT+S→Cursor to Selection). Create un Empty (Add→Empty) e nel pannello Link and materials in OB rinominatelo come “1”. Ruotatelo di 90° in x (R+x+90). Create un secondo Empty, rinominatelo come “2” e ruotatelo anch'esso di 90° in x (R+x+90) come in figura 6.1.3. fig. 6.1.3
Selezionate la tegola e nel pannello Modifiers caricate il modificatore Array. Spegnete Relative Offset , accendete il pulsante Object Offset e in OB 58
CAPITOLO 6
scrivete “1”, il nome relativo al relativo al primo Empty. Cliccate su Copy sempre dell'Array, così da creare un secondo Array copia, ripetete la procedura descritta per il primo Array ed in OB scrivete “2” che sarà il nome relativo al secondo Empty. Selezionate l'Empty “1” e spostatelo in asse x di 0,42 (G+x+0,42). Selezionate l'Empty “2”, spostatelo in asse y di 0,5 (G+y+0,5) e fig. 6.1.4
fig. 6.1.5
in asse z di 0,16 (G+y+0,16) quel tanto da far sovrapporre le tegole. Selezionate la tegola, entrate in EDIT MODE, selezionate tutti i punti (A), ruotatela 15° in x (R+x+15), una misura ipotetica della pendenza del tetto. Nel menù dei due Array in Counts scrivete 5, altra ipotetica misura che andrà a formare sia la larghezza che la lunghezza del tetto.
6.2 – Coppi
Selezionate il coppo, entrate in EDIT MODE (TAB) abbassate nuovamente il numero della risoluzione della curva (DefResolU) portandolo a 3, uscite dall'EDIT MODE, convertitela in mesh (Alt+M), Estrudetelo di 0,5 in y (E+y+ 0,5). Rimanendo con i vertici selezionati, spostatevi in VISTA FRONTE (TN1) 59
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
e scalateli di 0,8 (S+0,8) verso il centro. Accendete gli Snap (SHIFT+TAB) e tenendo premuto il tasto CTRL spostateli ed allineateli alla base del coppo (G+z+CTRL). Entrate in EDIT MODE, selezionate il coppo (A) create una copia (SHIFT+D) e specchiatela sia asse y (CTRL+M+y) che in asse z (CTRL+M+z). Spostatevi nuovamente in VISTA FRONTE (TN1) e incastrate il
fig. 6.2.1
coppo specchiato in modo che si posizioni perfettamente con il primo. Uscite dall'EDIT MODE e nel pannello Mesh centrate il cursore al centro dell'oggetto (Center New). fig. 6.2.2
Ripete lo stesso procedimento descritto precedentemente per la tegola per creare la ripetizione dei coppi con il modificatore Array.
6.3 – Tegole Low Poly
La tegola è uno degli elementi che sulla scena viene ripetuto diverse volte. Per falde molto complesse e per grandi strutture il numero di tegole gioca molto sul peso del file, essendo tutti gli oggetti ripetuti. 60
CAPITOLO 6
fig. 6.3.1
Quindi, la sommatoria dei poligoni genera una grande quantità di oggetti che se non gestiti bene potrebbero rallentare le prestazioni del computer. Per questo motivo è bene ricorrere al disegno in low poly. Vediamo come modellare un tetto in tegole in low poly. Nella cartella “CD/CAP­6/blend/” del CD aprite il file “tegole_low_start.blend”. Sulla scena è presente una linea spezzata del profilo di una tegola. Entrate in EDIT MODE (TAB), selezionate l'oggetto (A), estrudetelo in y di 0,5 (E+y+0,5), e nuovamente estrudetelo in z di 0,02 (E+z+0,02). Ripete lo stesso procedimento descritto precedentemente per la tegola per creare la ripetizione con il modificatore Array.
6.4 – Creare la gronda
Nella cartella “CD/CAP­6/blend/” del CD aprite il file “gronda.blend”. Sulla scena è presente il modello di un tetto a capanna ed un profilo Bezier di una gronda. Premete il tastierino numerico (TN .) per avvicinarvi al profilo. Create una curva Bézier (Add→Curve→Bèzier Curve), entrate in EDIT MODE (TAB) e dal pannello Modifica (Editing F9) posizionatevi nel sotto pannello Mesh tools e convertendola in Poly. fig. 6.4.1
Deselezionate un punto (SHIFT+LC) e cancellate i restanti vertici selezionati (CANC→vertices). Estrudete (E) il vertice di x=8, y=3, y=3, x=­8, y=­3 ed 61
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
fig. 6.4.2
infine chiudete la curva (C). Nel pannello Modifica (Editing F9), posizionatevi nel sotto pannello Curve and Surface ed inserite il nome del profilo (in questo caso “1”), nel BevOb della curva appena creata. Se la figura dovesse risultare “piena” spuntate dal pannello Curve and Surface “Back” e “Front”. Uscite dall'EDIT MODE (TAB) e convertite la grondaia in Mesh (ALT+C). Entrate in EDIT MODE e con lo snap (SHIFT+TAB) spostatela sulla base del tetto (G+CTRL). Selezionate i vertici che formeranno il colmo del tetto e spostateli di 1,5 in z (G+z+1,5).
6.5 – Creare il discendente
fig. 6.5.1
Create una curva Bézier (Add→Curve→Bèzier Curve) ruotatela in asse x=90 (R+x+90) e z=90 (R+z+90) e convertitela in Poly. 62
CAPITOLO 5
fig. 6.5.2
Entrate EDIT MODE (TAB) deselezionate un punto (SHIFT+LC) e cancellate i restanti vertici selezionati (CANC→vertices). Spostatevi in vista FRONTE (TN1) e create il profilo del discendente. Nel sottopannello Curve Tools riconvertite la curva del discendente in Bézier. Ora utilizzando i punti di controllo associati a ciascun vertice, modellate gli spigoli arrotondandoli.
Selezionate il cerchio Bézier, rinominatelo in OB come “2” ed in BevOb della Bèzier del discendente scrivete “2”.
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
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blender per l'architettura
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
CAP 7
Vegetazione
Una scena architettonica non è completa se in essa non viene inserita una vegetazione, elemento fondamentale per ricreare il realismo in un rendering. In Blender ci sono diverse metodologie per creare una vegetazione realistica. Vedremo come realizzare alberi ed arbusti con lo script Tree Fron Curves presente in Blender, l'utilizzo delle mappe alpha, l'uso del software Ivi Generator ed infine come ricreare un prato realistico.
7.1 – Creare alberi
Uno dei metodi più realistici per creare un albero in Blender è possibile grazie dello script Tree From Curves, presente nel pannello Script, alla voce Wizard. Create una nuova scena vuota in Blender (File → New), splittate l'area di lavoro in due verticalmente e nel Current Window Type selezionate Script. Cliccate su Script → Wizard → Tree From Curves appariranno le impostazioni dello script. Create una curva Bezier (Add → Curve → Bezier Curve) in vista ALTO (TN7). Entrate in EDIT MODE (TAB) della curva. Nel pannello Curve and Surface deselezionate Back e Front e spuntate 3D. Date uno spessore alla curva di 0,1 in Bevel Depth e un numero di suddivisioni pari a 2 in BevResol. Spegnete i punti di controllo della curva nel pannello Curve Tools 1 cliccando su Draw Handles, premete il tasto N e cliccate su Auto per portare i punti della curva orizzontali al piano. Il procedimento è riassunto in figura 7.1.1.
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CAPITOLO 7
fig. 7.1.1
Posizionatevi in vista FRONTE (TN1), selezionate il punto destro e spostatelo (G) in linea verticale con quello sinistro. Ora selezionate il vertice basso e scalatelo con il comando Shrink (ALT+S) di 2,5.
fig. 7.1.2
Selezionate il vertice alto e scalatelo con il comando Smooth Radius (W → Smooth Radius). In vista tridimensionale sempre con il vertice alto selezionato, 67
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
copiatelo su se stesso (SHIFT+D+ESC) ed estrudetelo in due parti verso destra, scalate con l'ultimo vertice estruso di 0,1 (ALT+S+0,1). Ora selezionate gli ultimi vertici estrusi e scalateli con Smooth Radius (W → Smooth Radius).
fig. 7.1.3
Ripetete lo stesso procedimento in modo da avere tre rami alla base e ad ogni ramo altri più piccoli. Prendete spunto dalla figura 7.1.4.
fig. 7.1.4
Uscite dall'EDIT MODE (TAB), create un cubo (Add → Mesh → Cube). Nel pannello Modifiers caricate il modificatore Subsurf con livello di densità della mesh pari a 2 (Levels=2). A questo punto non dovrete far altro che coprire sia le punte dei rami che i rami più piccoli con le sfere che il modificatore Subsurf crea con il cubo. Questo deve essere fatto copiando e scalando il cubo restando all'interno dell'EDIT MODE. Dovete stare attenti a non sovrapporre le mesh, altrimenti lo script non riconosce dove generare i piccoli rametti e quindi 68
CAPITOLO 7
il procedimento, il più delle volte, deve essere ripetuto. Il risultato è in figura 7.1.5.
fig. 7.1.5
Per creare le foglie basterà creare un piano (Add → Mesh → Plane) e mapparlo in UV con una texture in formato png alpha. La texture che utilizzerete si trova nella cartella “CD/CAP­7/texture/” del CD con il nome “leaf.png”. fig. 7.1.6
Nel paragrafo 7.2 di questo capitolo spiegheremo in maniera dettagliata l'utilizzo delle texture alpha. Fatto ciò selezionate la Bezier ed iniziamo ad impostare lo script Tree From Curves. E' da precisare che questa guida non spiegherà in maniera approfondita tutti i parametri dello script. Detto ciò, le fasi 69
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
fondamentali dell'impostazione dello script sono tre e sono: la creazione dei piccoli rami che sorreggeranno le foglie con “Fill Twigs”, la creazione dell foglie con “Generate Leaves” ed infine la mappatura della corteccia con il comando “Generate Uvs”. Accendete il pulsante Fill Twigs ed in OB Bound inserite il nome del cubo che copre i rami con il modificatore subsurf attivo cioè “Cube”. L'impostazione di default è settata molto bene per ogni tipo di situazione. In OB del Generate Leaves mettete il nome del piano mappato con la texture foglia png, cioè “Plane”. In questo pannello dovete giocare sopratutto sul parametro densità (Density). Ora cliccate su Generate Uvs, cliccate su U­
Scale deselezionate V­Aspect e accendete Generate Material. E' importante settare bene la scala delle foglie sia in Scale U che in Scale V. fig. 7.1.7
70
CAPITOLO 7
Un buon valore è compreso tra 1 e 7. A questo punto splittate la finestra in due orizzontalmente e in Current Window Type caricate l'UV Image Editor. In Image → Open caricate la texture corteccia presente nella cartella “CD/CAP­
7/texture/” del CD. Cliccate sul tasto Use Aspect di Generate Uvs per caricare la texture sullo script ed infine cliccate su Generate from selection in basso.
fig. 7.1.8
Il risultato è in figura 7.1.7.
7.2 – Alberi con mappe Alpha Channel
Per ottenere una vegetazione di grande effetto, si utilizza una tecnica detta “della trasparenza di una texture”. Si tratta dell'alpha channel (canale alpha) o anche “maschera”. Questa tecnica si basa sulla possibilità di associare ad ogni elemento grafico (immagine o filmato), una seconda entità in bianco e nero che indichi quali porzioni del primo oggetto siano da considerare trasparenti e quali opache. Più in dettaglio, se un pixel di un fotogramma del canale alpha è nero, il rispettivo pixel sul fotogramma della clip dovrà essere 71
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
considerato trasparente e quindi non visualizzato. Quindi avviene il contrario per i pixel bianchi. È immediato comprendere che tutte le sfumature di grigio sono considerate a seconda dell’intensità e livelli differenti di trasparenza.
La trasparenza vera e propria verrà realizzata da Blender, attraverso il canale Alpha del materiale texture. Solitamente il canale alpha viene realizzato manualmente dall’operatore per ottenere un determinato effetto di trasparenza su un oggetto. Da notare, però, che alcuni tipi di immagini (come le immagini TARGA o PNG) sono strutturalmente dotati del canale alpha e quindi già pronte per la trasparenza. Vediamo quali sono i passaggi chiave per realizzare delle buone texture alpha di alberi. In una nuova scena di Blender create un piano (Add → Mesh → Plane) in vista ALTO (TN7) e ruotatelo in x=90° (R+x+90). Posizionatevi in vista FRONTE (TN1) e spostatelo di 1 unità in z (G+z+1). Ora create un nuovo piano (Add → Mesh → Plane) e scalatelo di 10 (S+10). Per comodità il file si trova nella cartella “CD/CAP­7/blend/” del CD, con il nome “tree_alpha.blend”. Nella cartella “CD/CAP­7/texture/” del CD ci sono delle texture già pronte con alpha channel preimpostato della bitmap “albero­alpha.png” e “albero_alpha_normal.png”. Selezionate il piano e nell'impostazione del materiale copiate i seguenti valori:
fig. 7.2.1
La texture ha già tutte le caratteristiche dell'alpha channel salvate con Gimp, 72
CAPITOLO 7
quindi non sarà necessario spuntare il pulsante “CalcAlpha”. Quando salvate l'immagine raster con Gimp, è importante deselezionare tutte le voci presenti nell'ultima finestra di salvataggio dell'estensione *.png, in modo da preservare sia il canale alpha che impostare la qualità dell'immagine.
Questa operazione è possibile anche con un altro tipo di estensione cioè il *.tiff. Tale formato è considerato poco nella metodologia di trasparenza nell'impostazione di Blender, perché non ha buone caratteristiche come il png.
fig. 7.2.2
Spuntate il tasto “Normal Map” per impostare l'effetto rilievo. Le Normal Map contengono alcune informazioni sulla geometria dell'oggetto, questo permette al motore di rendering di adeguare lo shading (ombreggiature) della superficie con il conseguente effetto rilievo. Queste mappe particolari si ricavano dall'oggetto in versione "alta definizione" e si usano su modelli a "bassa risoluzione", tecnica adottata di recente nelle produzioni di giochi. Si differenziano dalle mappe di rilievo (bump map) perché sono create dall'utente e non ricavate dall'immagine. Hanno la particolarità di aumentare il dettaglio di un oggetto senza far uso di modelli poligonali troppo complessi. In Gimp è presente un plug­in di nome “NormalMap” che automaticamente genera immagini Normal, con la particolarità di scegliere quanto rilievo dare alla stessa. Lo potete trovare in Filtri → Mappe → Normalmap, oppure scaricarlo 73
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
dal sito http://registry.gimp.org/node/69. Una volta mappato il piano con l'UV/Image Editor come Progect from View (Bounds) (U) in vista FRONTE (TN1), il passo successivo sarà quello di andare ad impostare la trasparenza della bitmap con Ztramps con Alpha=0 nel pannello Material. Nel pannello Map to è importante spuntare il pulsante Stencil che eliminerà tutti gli artefatti della texture tra il canale alpha e i pixel, non generando quel fastidioso alone verde intorno all'immagine.
fig. 7.2.3
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CAPITOLO 7
Ora impostiamo la trasparenza delle ombre sul piano a terra, spuntando il tasto “TraShadow” del pannello Shaders del materiale. Questo permetterà di generare sul piano l'ombra dell'albero, altrimenti l'ombra sarà quella del piano dove è stata assegnata la texture. E' importante capire che in una scena, questo pulsante deve essere spuntato su tutti gli oggetti dove l'ombra cadrà in base alla direzione del sole. Ruotate il piano dove avete caricato la texture in direzione della camera, in modo da posizionarla di fronte, come in figura 7.2.4.
fig. 7.2.4
Il rendering finale
fig. 7.2.5
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
7.3 – Ivy Generator
Una risorsa esterna open source per generare alberi, arbusti e piante rampicanti in maniera automatica è Ivy Generator, software scritto da Thomas Luft dell'University of Konstanz. Il programma è semplice ed intuitivo, è scaricabile dal sito http://graphics.uni­konstanz.de/~luft/ivy_generator/ ed è disponibile per windows, mac e linux. Vediamo come importare piante generate con Ivy in Blender. La teoria è semplice, Ivy crea una pianta rampicante attraverso una base solida generata da Blender, che viene importata attraverso l'estensione *.obj. E' importante che non si importi tutto il modello in obj, rischiando di incombere in processi lunghi e insicuri nella riuscita, ma, solo un modello in low poly, dove la pianta dovrà arrampicarsi. Nella cartella “CD/CAP­7/blend/” del CD, aprite il file “palazzo.blend” (figura 7.3.1). Nella stessa cartella è presente un altro file “palazzo_low_ivy.blend” che sarà quello in low poly che verrà importato in Ivy Generator (figura 7.3.2).
fig. 7.3.1
fig. 7.3.2
Quando esportate in obj è importante spuntare il tasto “triangulate” e deselezionare il tasto “edges”. Una volta aperto Ivy Generator bisognerà importare il modello in formato obj, premete quindi il tasto “obj+mlt” e importate il file esportato con Blender. Nella schermata di sinistra si impostano le caratteristiche del rampicante, il pannello growing genera la parte legnosa della pianta, il pannello birth genera le foglie. Premendo il tasto grow si creano gli arbusti e con il tasto birth le foglie. Una volta terminato il modello con il tasto “export+mlt” esportate nel formato obj e importatelo in Blender.
La texturizzazione UV map delle foglie e del tronco è stata generata da Ivi e pronta per il rendering, basterà caricare nel pannello texture le bitmap png con l'alpha channel. Il materiale della pianta rampicante è composto da 4 materiali quindi, nel pannello Link and Material avrete un 76
CAPITOLO 7
fig. 7.3.3
materiale vuoto, un materiale per le “foglie giovani”, uno per le “foglie vecchie” e un altro per il “tronco”. Nella cartella “CD/CAP­7/texture/” del CD ci sono delle texture già pronte con alpha channel preimpostato di foglie e corteccia. Per dare un effetto migliore, è bene caricare su ogni foglia la relativa texture “Normal Map” con un bump (Nor) fig. 7.3.4
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impostato ad un valore pari a 3. Il risultato è quello che vedete in figura 7.3.4.
7.4 – Creare un prato realistico
Negli ultimi anni la Blender Foundetation si è concentrata sul sistema particellare, in particolare sulla creazione di peli e capelli. Tale studio è stato fatto dai creatori di Big Buck Bunny il corto con protagonista il coniglione simpatico. La prerogativa e quella di spingere tale sistema, dato che i paesaggi e i personaggi sono fortemente dotati di particelle “hair”.
Vediamo come con il particellare è possibile creare un prato realistico in Blender. Diamo una regola quasi sempre valida per creare un praticello erboso. Create un piano (Add → Mesh → Plane), scalatelo di 2 (S+2), ripetete la stessa operazione e spostate il secondo in z di 0,05 (G+z+0,05). Selezionate il primo creato e nel pannello Object (F7) cliccate sul tasto Particle buttons. Ora seguite i passaggi della figura 7.4.1.
fig. 7.4.1
Uno dei valori fondamentali è l'Amount. Questo permetterà di aumentare o diminuire la quantità di pelo presente sul piano. E' importante impostare sia l'Amount nel pannello Particle System che quello nel pannello Children. Il sistema particellare è molto complesso nei settaggi, quindi questa guida non 78
CAPITOLO 7
spiegherà in maniera approfondita tutti i comandi di tale sistema ma si limiterà solo a dare un valido risultato per creare erba realistica. Detto ciò passiamo all'impostazione del materiale erba. Un risultato veloce è quello di caricare una texture “erba” sul sistema di particelle hair. Create un nuovo materiale, ora seguite i passaggi della figura 7.4.2.
fig. 7.4.2
Ora, selezionate il secondo piano che avete creato in precedenza e con il sistema UV mapping dategli una texture “terra”. Le texture si trovano nella cartella “CD/CAP­7/texture/” del CD. 79
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fig. 7.4.3
fig. 7.4.4
Il risultato è in figura 7.4.3.
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CAPITOLO 8
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CAP 8
Luci e Camere
8.1 – Illuminare una scena
Il termine illuminare per chi usa abitualmente un applicativo di modellazione tridimensionale, significa il risultato di un ottimo rendering. L'illuminazione è un argomento molto complesso. E' importante capire che ogni scena ha una propria illuminazione e ogni fattore potrebbe influire sul rendering finale. I settaggi delle luci, delle ombre, del raytracing, dell'AO, ecc, sono differenti di scena in scena. La classica configurazione dei tre punti luce è la base dell’illuminazione per la fotografia. Dall’evoluzione di questo sistema sono derivati i metodi di illuminazione per il cinema e per la televisione.
La luce chiave (key­light): è la sorgente principale di illuminazione; la sua caratteristica è quella di illuminare il soggetto o la zona di interesse con una luce “dura”, es. la luce del sole. In una situazione convenzionale, questa luce corrisponde a un faro posizionato entro un’angolazione di 45° a destra o a sinistra della macchina fotografica in senso orizzontale, e non oltre 45° sul piano verticale. Il fotografo interpreta il soggetto in base alle caratteristiche di questo tipo di luce e alla scelta della posizione della luce chiave.
La luce di riempimento (fill­light): è la sorgente di luce secondaria la cui caratteristica è quella di diffondere una luce “morbida”, per riempire le zone d’ombra create dalla luce chiave; inoltre ha la funzione di abbassare il campo di contrasto, per permettere l’esposizione sulla pellicola delle zone d’ombra. La luce di riempimento viene solitamente posizionata dalla parte opposta della luce chiave e sullo stesso piano della macchina fotografica. A seconda del contrasto o della profondità di campo desiderati, la quantità della luce di riempimento sarà uguale a quella della luce chiave (poco contrasto, poca 82
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profondità di campo) o sarà nulla (massimo contrasto, massima profondità di campo). Il rapporto convenzionale tra luce secondaria e luce primaria è di 1:4. La terza sorgente luminosa è il controluce, la cui funzione è quella di separare il soggetto dal fondo, creando così l’illusione della terza dimensione. Solitamente si tratta di un faro posizionato in modo da non abbagliare la fotocamera. L’angolazione è circa 45° in verticale, tranne che per effetti speciali, e lungo l’asse orizzontale della macchina fotografica. Grazie alla sua angolazione, il controluce non influisce più di tanto sull’esposizione: i valori di intensità sono circa quelli della luce chiave. Quando il soggetto è sovra/sotto esposto, solitamente si agisce sul diaframma; in seguito si attenua o si aumenta la luminosità del faro che provoca tale effetto. L'apparenza, però, inganna. Se, per esempio, si ha una luce eccessiva sul fondale rispetto al soggetto, questi apparirà sottoesposto. Bisogna quindi trovare la giusta esposizione per il soggetto e ridurre le zone sovraesposte.
Per grandi aperture di diaframma (f/2) la macchina accetta livelli di luce bassi, ma la profondità di campo è minima; per piccole aperture di diaframma (f/16) la profondità di campo è sensibilmente maggiore, ma ci vuole un'intensità di luce maggiore. Se chiudiamo il diaframma per esempio da f/4 a f/8, bisogna aumentare di quattro volte il livello di luce per mantenere la stessa esposizione. fig. 8.1.1
fig. 8.1.2
Uno studio approfondito per illuminare un edificio deve essere preceduto da considerazioni oggettive quali: •
Proprietà architettoniche dell'opera
•
Caratteristiche dei materiali da costruzione impiegati
•
Stato di illuminazione della zona circostante dove il monumento è ubicato
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Distanze dalle quali il monumento deve risultare visibile
Scelta del tipo e numero di apparecchi illuminanti da installare
•
Determinazione della potenza di lampada per ogni apparecchio
•
Temperatura di colore delle lampade ed efficienza luminosa
•
Studio e scelta della resa cromatica tenendo in considerazione le caratteristiche psicologiche del colore
Questi concetti generali che sembrano essenzialmente teorici, acquistano invece un'importanza fondamentale sul piano pratico della progettazione di impianti di illuminazione di monumenti o di strutture architettoniche.
È fondamentale la giusta scelta delle sorgenti luminose, poiché il colore della luce deve risultare omogeneo con le tonalità di colore prevalenti delle superfici da illuminare; è necessario quindi considerare la temperatura colore di 4000­
6000 K per calcestruzzo marmo e granito, 2000­3000 K invece per mattone rosso e rivestimento in cotto. Di seguito troverete due tabelle: una riguarda i valori massimi di illuminazione (illuminamento) consigliati per vari tipi di materiali costituenti la superficie dell'opera da illuminare e la seconda è la definizione psicologica dell'uso del colore.
•
•
MATERIALI DELLA FACCIATA
ILLUMINAMENTO (lux)
Pietra chiara,marmo bianco
60
Cemento,marmo chiaro
120
Pietra scura,granito grigio
300
Mattone giallo chiaro
100
Mattone rosso
300
Mattone cupo
360
Calcestruzzo architettonico 200
CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DEL COLORE
COLORE
RESA PSICOLOGICA
Rosso
calda luminosa ­ eccitante
Arancio
calda vivace ­ stimolante
Verde
rilassante ­ molto calmante
Blu
riposante ­ calmante
Viola
triste­ aggressivo nervoso
Bianco
liberatoria ­ eccitata
Gli apparecchi di illuminazione comunemente impiegati nell'architettura sono proiettori a fascio largo, medio o stretto, rispettivamente con ampiezza del 84
CAPITOLO 8
fascio luminoso di 60°, 30°, 15°, i primi utilizzati per illuminare superfici distanti 20 metri, i secondi vengono impiegati per distanze comprese tra i 20 e i 40 metri, per distanze superiori si usano proiettori a fascio stretto.
Gli apparecchi non devono essere disposti ortogonalmente alla superficie da illuminare, ma in modo che gli angoli di incidenza sulla facciata siano diversi; questi possono essere collocati: •
su sostegni da installare appositamente •
su tetti o terrazzi di edifici adiacenti alla struttura da illuminare
•
alla base della struttura
facendo particolare attenzione alla collocazione per evitare il pericolo di abbagliamento, l'inquinamento luminoso e il flusso luminoso che potrebbe disturbare altre attività. Fino a qualche anno fa si usavano principalmente proiettori con riflettore cilindro­parabolico per illuminare distanze non elevate e riflettore sfero­parabolici per grandi distanze; le lampade impiegate generalmente, erano al sodio con una emissione monocromatica tendente all'arancio. Da qualche tempo invece c'è un'inversione di tendenza nell'applicazione concettuale di questo tipo di apparecchi e di lampade da quando le aziende produttrici di proiettori intelligenti hanno spostato il campo della ricerca e delle applicazioni tecnologiche dei loro prodotti nel settore dell'architettura, conseguendo ottimi risultati e immettendo sul mercato proiettori capaci di avere funzionalità elevata, buona resa luminosa, eccezionale resa cromatica, una completa gamma dei colori usando il collaudato CMY e la possibilità di avere un microprocessore all'interno del proiettore, che ne imposti automaticamente le fasi di accensione spegnimento e cambio automatico dei colori. Inoltre alcune aziende hanno messo a punto un software dove oltre alla possibilità di calcolare e progettare l'impianto con il proprio computer si può anche gestirlo con controllo a distanza. Comunque il risultato che si ottiene con questi proiettori di ultima generazione per l'architettura è di avere quasi sempre una corretta illuminazione e la scoperta di elementi particolari che, per la loro ubicazione, sarebbero poco conosciuti o del tutto ignorati. Con essi si ha un uso pittorico della luce per creare opere d'arte immateriali prodotte dalla manipolazione dei fasci luminosi che diventano entità malleabili e plasmabili. Nel 1923 Le Corbusier affermava che “l'architettura è il gioco sapiente dei volumi assemblati sotto la luce e le ombre rivelano le forme, piene o scavate, emergenti o in profondità, nel loro globale assemblaggio reciproco”.
Lo shading è il processo di determinazione del colore di un determinato pixel dell'immagine. Esso comprende in genere il processo di illuminazione (lighting), che ricostruisce l'interazione tra gli oggetti e le sorgenti di luce: a 85
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questo scopo sono necessari per un modello di illuminazione le proprietà della luce, le proprietà di riflessione e la normale alla superficie nel punto in cui l'equazione di illuminazione viene calcolata.
Per produrre una rappresentazione visuale dell'immagine efficace, bisogna simulare la fisica della luce. Il modello matematico più astratto del comportamento della luce è l'equazione di rendering, basata sulla legge di conservazione dell'energia. Essa è un'equazione integrale, che calcola la luce in una certa posizione come la luce emessa in quella posizione sommata all'integrale della luce riflessa da tutti gli oggetti della scena che colpisce quel punto. Questa equazione infinita non può essere risolta con algoritmi finiti, quindi necessita di approssimazione.
I modelli di illuminazione più semplici considerano solo la luce che viaggia direttamente da una sorgente luminosa ad un oggetto: questa è chiamata "illuminazione diretta". Il modo in cui la luce viene riflessa dall'oggetto può essere descritto da una funzione matematica, chiamata "funzione di distribuzione della riflessione bidirezionale" (bidirectional reflectance distribution function, BRDF), che tiene conto del materiale illuminato. La maggior parte dei sistemi di rendering semplifica ulteriormente e calcola l'illuminazione diretta come la somma di due componenti: diffusa e speculare. La componente diffusa, o Lambertiana corrisponde alla luce che viene respinta dall'oggetto in tutte le direzioni, mentre quella speculare alla luce, si riflette sulla superficie dell'oggetto come su uno specchio. Il modello di riflessione di Phong aggiunge una terza componente, ambientale, che fornisce una simulazione basilare dell'illuminazione indiretta.
Gli oggetti sono in realtà bombardati da moltissime sorgenti luminose indirette: la luce "rimbalza" da un oggetto all'altro finché non perde energia. L'illuminazione globale indaga su questo comportamento della radiazione luminosa. L'illuminazione diretta comprende una componente diffusa ed una speculare. La riflessione reciproca diffusa riguarda la luce che colpisce un oggetto dopo averne già colpito un altro. Dal momento che questo ha assorbito una data lunghezza d'onda dello spettro della luce che lo ha colpito, la luce che respinge ha un colore diverso da quella da cui è illuminato. La riflessione reciproca speculare si manifesta generalmente con caustiche (ovvero con la concentrazione della radiazione luminosa in un punto da parte di una superficie speculare, come quella ottenibile dalla luce solare con una lente). Dato che gli algoritmi completi di illuminazione globale, come Radiosity e il photon mapping, richiedono grande capacità di calcolo, sono state sviluppate tecniche per approssimare l'illuminazione globale. L'algoritmo di occlusione ambientale, ad esempio, calcola da quanta luce ambientale può 86
CAPITOLO 8
essere raggiunto ogni punto di un modello. I modelli poligonali impiegati in applicazioni in tempo reale non possono avere un alto livello di dettaglio; il sistema più semplice per illuminarli è calcolare un valore di intensità luminosa per ogni poligono, basato sulla sua normale. Questo metodo è chiamato flat shading, dato che rivela la forma "piatta" di ogni poligono. Per evitare questa "sfaccettatura", i valori corrispondenti ai vertici devono essere interpolati. Il Gouraud shading calcola l'intensità luminosa ad ogni vertice del modello basandosi sulla normale corrispondente, quindi esegue una interpolazione lineare su tutta la superficie del poligono. Il difetto più evidente di questa tecnica è che "perde" i riflessi speculari vicini al centro di un poligono. La soluzione data dal Phong shading è l'interpolazione su tutta la superficie del poligono delle normali ai vertici, e successivamente il calcolo dell'illuminazione pixel per pixel.
Queste equazioni si applicano a oggetti che possiedono colorazione propria, ma modellare ogni dettaglio presente sulla superficie di un oggetto sarebbe enormemente dispendioso. Col texture mapping si può descrivere la superficie di un oggetto senza aggiungere complessità alla scena: un'immagine (texture) viene "spalmata" sulla superficie di un oggetto, come un planisfero su una sfera per creare un mappamondo; durante lo shading, il colore del modello viene identificato in quello della texture, nel suo pixel ("texel") corrispondente.
Dato che le texture non possono rispecchiare l'illuminazione della scena, ma solo il colore del modello, per "perturbare" le normali ai poligoni si usa il bump mapping. Questo fa uso di immagini che contengono, anziché un colore, un valore usato per modificare la normale al poligono nel punto corrispondente, e modificare così la forma della superficie. Questa tecnica aggiunge "ruvidità" alle superfici con grande risparmio di poligoni.
Il normal mapping è una tecnica che sostituisce invece di perturbare la normale alla superficie: una normal map è un'immagine a 3 canali in cui ogni pixel rappresenta un vettore 3D, ovvero la normale al punto stesso.
L'obiettivo di ogni algoritmo di shading è determinare il colore risultante di uno specifico punto sulla superficie di un oggetto. Gli shader programmabili offrono grande versatilità in questo, basandosi su linguaggi di programmazione specifici detti "linguaggi di shading". Questi linguaggi vengono sviluppati per applicazioni specifiche nella computer grafica, e includono algebra lineare e caratteristiche mirate alle problematiche di illuminazione. Gli shader possono includere qualsiasi tecnica di illuminazione, texture mapping e manipolazione geometrica. Uno "shader procedurale" determina il colore risultante in maniera completamente algoritmica: possono così risultare convincenti senza bisogno di grandi texture.
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Formano una classe a sé stante i "vertex shader" e i "pixel shader", designati appositamente per funzionare insieme ad algoritmi scanline e per girare su una GPU. Mentre in precedenza ogni hardware grafico implementava una specifica pipeline che costringeva l'utilizzatore ad usare esclusivamente il modello di illuminazione per cui era programmato l'hardware, con questa categoria di shader ogni momento del rendering è sotto il controllo dello sviluppatore.
8.2 – Luci ed ombre in Blender
Come tutti i software di modellazione tridimensionale anche Blender mette a disposizione una certa quantità di luci. Le luci sono cinque e sono: la luce solare (Sun), la luce sferica (Lamp), la semisferica (Hemi), il faretto (Spot) e l'areale rettangolare (Area). La luce Sun detta anche luce solare. È il tipo di luce più semplice di intensità costante che proviene da una data direzione.
La luce Lamp
fa parte di quella tipologia di luci omnidirezionale. Irradia la stessa quantità di luce in tutte le direzioni. L'intensità della luce si attenua secondo un dato rapporto con la distanza dalla lampada. La luce Hemi una luce uniforme emessa da una semisfera che viene utilizzata soprattutto per simulare la luce proveniente da un cielo con lilluminazione uniforme. La luce Spot detta anche Faretto. Consiste in un fascio conico generato dalla sorgente di luce direzionale.
La luce Area Light luce "Areale Rettangolare" che simula una luce da superfici emettenti (per es. una finestra).
Per inserire una luce clicchiamo su Add → Lamp e scegliamo il tipo di luce da aggiungere. I parametri della luce inserita sono raggruppate nel sottopannello "Lamp Buttons" del pannello "Shading" (F5). fig. 8.2.1
Le ombre vengono settate nel pannello “Shadow and Spot”. Il pulsante Ray Shadow consente alla fonte di luce di generare ombre Ray Traced. Il menu a 88
CAPITOLO 8
discesa consente di scegliere l'algoritmo che deve essere utilizzato per generare i campioni che serviranno a calcolare le ombre raytracing. Il Costant QMC viene utilizzato per calcolare i valori d'ombra in modo uniformi e meno distribuiti rispetto all'Adaptive QMC, che è molto più veloce. Il Samples è il valore che si attribuisce alla qualità dell'ombreggiatura. Il numero massimo di Samples è pari a 16. Il Soft Size determina la dimensione dell'area diffusa attorno al bordo dell'ombra. In particolare determina la larghezza della diffusione della soft shadow. Meno è il valore pari ad 1 più le ombre saranno nette.
8.3– Camere
Una delle questioni fondamentali per ottenere un buon rendering è data dalla posizione della telecamera e da una buona inquadratura. Esistono diverse tecniche per ottenere una buona inquadratura che consistono nel suddividerla mentalmente in terzi. Prima con due linee verticali e successivamente con due orizzontali. Avremo così il risultato di nove quadranti dove i punti di d'intersezione delle linee sono quelli che attraggono maggiormente l'occhio. Fig. 8.3.1
fig. 8.3.2
Questa suddivisione viene ripresa dalla "sezione aurea". In ambito geometrico la sezione aurea trova un ruolo importante nella composizione di alcuni frattali, che riescono a simulare forme naturali. Nel rettangolo il rapporto aureo si trova fra il lato fig. 8.3.3
corto e quello lungo con una successione di quadranti simili più piccoli con un fattore di rimpicciolimento rispetto a quello esterno. Lavorando sulle successioni si ricava una sorta di spirale formata da quarti di cerchio. I generi espressivi caratteristici della produzione iconografica, riprendono tale 89
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rapporto. La figura 8.3.2 mostra la suddivisione dell'inquadratura secondo la regola della sezione aurea. Queste che sono regole generali, possono andare bene nella maggioranza dei casi. Una buona inquadratura è formata dall'equilibrio di tutti gli elementi che la compongono. Oltre alla loro disposizione, andrà curata l'illuminazione, la prospettiva, il soggetto, ecc, senza incombere ad evidenti sbilanciamenti. Eccellenti esempi di inquadratura possono essere osservati nelle opere dei grandi pittori del passato come Tintoretto, Tiepolo, Caravaggio, Rembrandt, ecc, spettacolari dimostrazioni di dominio assoluto della composizione, dove l'attenzione dello spettatore è rivolta al soggetto. Per una buona inquadratura è importante capire la direzionalità delle luci. Differenti tipi di luci trasmettono differenti temperature di colore. I nostri occhi effettuano un lavoro di bilanciamento dei colori, dove le videocamere non sono altrettanto abili. Una luce fluorescente, una luce al tramonto o durante il giorno sono tutti tipi di luci differenti. La temperatura del colore viene misurata in gradi sulla scala Kelvin. Basse temperature creano una luce rossiccia, quelle medie una luce biancastra mente quelle alte bluastra. Ecco perché mescolando luci fluorescenti ed incandescenti si possono creare componenti cromatiche discordanti nel proprio video. Per creare combinazioni di colori piacevoli alla vista, bisogna decidere che tipo di bianco si vuole utilizzare. Molte videocamere hanno settaggi preconfigurati per varie tipologie di luci, mentre altre permettono di correggere manualmente il bilanciamento del bianco. In casi particolari, il sistema di regolazione automatica del bilanciamento del bianco, per quanto evoluto, può essere tratto in inganno anche in normali condizioni di illuminazione. Per esempio, se il soggetto ha per sua propria natura una prevalenza di toni rossi, la camera interpreta la scena come illuminata da una sorgente di luce calda, e quindi cerca di compensare spostando il punto neutro verso una tonalità più fredda. Il risultato sarà una immagine con una dominante blu, più chiaramente visibile nelle zone che dovrebbero essere grigie. L'effetto sarà più o meno marcato in funzione del grado di l'illuminazione della scena e che elabora i dati provenienti dal sensore. Tutto questo in un rendering verrà fatto in post produzione con Gimp, dove è necessario capire e correggere gli errori di illuminazione e contrasto generati dal motore di rendering.
Un altro aspetto importante dell'inquadratura è il punto di vista. Le foto di elementi architettonici vanno curate con particolare attenzione. Le linee di fuga verticali ed orizzontali devono essere parallele tra loro rispetto al bordo verticale del fotogramma. Le linee di fuga che sfuggono all’orizzonte o in diagonale devono essere simmetriche e devono evitare di spostare l’equilibrio della foto. Quello che 90
CAPITOLO 8
succede spesso è che le deformazioni indotte dall’obiettivo vedono linee di fuga non rette ma curve, gli edifici sembrano così piegarsi sopra la nostra testa oppure spanciare ai lati del fotogramma. Questo che è un problema di natura fisica chiama in gioco diversi fattori.
fig. 8.3.4
La posizione della camera è soggettiva, è importante capire che un rendering ha tutte le caratteristiche di un'inquadratura standard. I fattori sono gli stessi di quelli che abitualmente si trovano nelle macchine fotografiche. Inquadrare un oggetto o un edificio nella sua completezza, facendo risaltare le forme e le peculiarità, sono alla base una buona inquadratura.
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8.4 – Profondità di campo DoF
fig. 8.4.1
In breve, la profondità di campo nitido o semplicemente profondità di campo (DoF dall'inglese Depth of Field) è la distanza che intercorre tra il davanti e il dietro del soggetto principale che appare nitido. Per ogni impostazione dell'obiettivo, c'è un'unica distanza in cui gli oggetti appaiono perfettamente a fuoco. Il "campo nitido" è quell'intervallo di distanza del soggetto, in cui la sfocatura è impercettibile o comunque tollerabile, così la profondità di campo si dice essere maggiore se l'intervallo è ampio e minore se è ridotto. Ci sono tre fattori che influenzano la profondità di campo: la lunghezza della focale, la distanza dal soggetto e l'apertura del diaframma.
8.5 – Camere e DoF in Blender
In Blender l'oggetto camera si crea cliccando su Add → Camera e posizionandosi direttamente sul cursore. Per rendere attiva una camera è preferibile splittare l'area di lavoro in due verticalmente e premere il tasto numerico 0 (TN0). Blender non ha impostazioni avanzate per quanto riguarda gli oggetti camera. Esamineremo i comandi principali del sottopannello “Camera” del pannello Editing (F9).
•
Lens ­ Rappresenta la lente in mm
•
DoFDist ­ Profondità di campo o distanza dal punto focale. Abbinato all'uso dei nodi può dare ottimi risultati
•
Orthographic ­ Disabilita la modalità ortografica nel rendering. •
Clipping Start/End ­ Fissa i limiti del clipping. •
Shift X/Y ­ Modifica i valori x ed y della viewport della camera. •
Limits ­ Visualizza in finestra 3D tramite una linea, la distanza e la direzione che copre il fuoco della camera
•
Mist ­ Permette la visualizzazione del livello settato della mist (nebbia) che si setta attraverso il pannello World Panel F8. •
Title Safe – Abilita e disabilita la zona safe del titolo camera. •
Passepartout Alpha ­ Permette di oscurare la zona al di fuori 92
CAPITOLO 8
•
dell'inquadratura Size ­ Regola la dimensione della camera
fig. 8.5.1
Create una nuova scena in Blender e aprite il file presente nella cartella “CD/CAP 8/blend/catene_dof.blend”. La profondità di campo in Blender è definita tra due valori il DoFDist presente nel sottopannello Camera del pannello Editing (F9) e l'fStop presente nel pannello Defocus del Node Editor. Il DoFDist rappresenta l'intervallo di distanza che intercorre tra il davanti e il dietro del soggetto principale che appare nitido. E' definito da una croce gialla che si sposta in direzione del Limits della camera una volta attivato. Questi due valori sono direttamente proporzionali tra loro. Il valore dell'fStop definisce quanto deve essere sfocato, e quindi la percentuale di Blur dell'oggetto che si trova prima o dopo della croce del DofFDist. fig. 8.5.2
Maggiore sarà il valore che andrete a immettere nel fStop minore sarà il livello di sfocatura dell'oggetto. Al variare del DoFDist varia il livello di sfocatura 93
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dell'fStop che è inversamente proporzionale. Quindi aumentando il DoFDist dovete diminuire il valore dell'fStop. Nelle figure 8.5.2, 8.5.3 e 8.5.4 sono riportati degli esempi standard di situazioni che si possono creare con la sfocatura della profondità di campo nitido.
fig. 8.5.3
ig. 8.5.4
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Capitolo 9
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
CAP 9
l Rendering
9.1 – Render in Blender
Una delle fasi più belle del lavoro di un 3d Artist è il rendering. Il termine rendering identifica un processo di "resa" al fine di generare un immagine raster, di una scena tridimensionale. È uno dei temi più importanti della grafica tridimensionale computerizzata e nella "pipeline" è l'ultimo stadio che fornisce l'aspetto finale al modello. Dal 1970 in poi è diventato oggetto di studio e ricerca tale che molte aziende hanno investito per lo sviluppo di motori di rendering che sempre più simulano un fotorealismo. In commercio sono disponibili un gran numero di motori di render, alcuni dei quali integrati nei più diffusi pacchetti di modellazione e animazione tridimensionale, altri indipendenti, altri ancora distribuiti come progetti open source. Il processo di renderizzazione potrebbe essere lento e richiedere un gran numero di elaborazioni da parte della CPU. Ottenere un'immagine fotorealistica non è cosa facile, si deve tener conto di tanti fattori, ed i parametri dove bisogna agire per ottenere un buon fotorealismo sono: la luce prima di tutto, l'inquadratura della camera, delle buone texture e un buon motore di rendering. Nel corso degli anni molti volenterosi hanno sviluppato e stanno ancora sviluppando sotto licenze open source e freeware, dei motori di rendering che eguagliano sempre di più quelli più blasonati a pagamento. Giusto per fare dei nomi: Blender Internal, YafRay, Yaf(a)Ray, Luxrender, Indigo, Kerkythea.
Vediamo le differenze dei motori di rendering sopra citati: Come quasi tutti i programmi di modellazione 3d anche Blender ha un motore di rendering interno detto “Blender Internal” che sfrutta un algoritmo scanline 96
Capitolo 9
per la superficie visibile. Funziona riga per riga, piuttosto che poligono per poligono o pixel per pixel. Ogni riga o linea di scansione delle immagini è calcolata utilizzando l'intersezione di scansione con i poligoni. In esso è presente l'Occlusione ambientale (Ambient Occlusion) cioè un sofisticato metodo di illuminazione soft global, falsificando le ombre che si percepiscono negli angoli, nelle intersezioni a maglia, nelle pieghe, nelle fessure, dove la luce è diffusa. L'AO non ha un calcolo fisicamente accurato, ma generalmente rende piacevole il risultato. Il ravvicinamento di due facce genera un rimbalzo della luce con un passaggio della stessa attraverso le cose. Viene spesso utilizzato per render veloci di bassa qualità, ma con uno studio della luce adeguata e con l'ausilio di molte luci per simulare la GI (Global Illumination) può dare degli ottimi risultati.
Render Blender Internal con AO
YafRay è un potente motore di render che sfrutta l'algoritmo ray­tracer. Tale algoritmo si basa sul calcolo del percorso fatto dalla luce, seguendone i raggi attraverso l'interazione con le superfici. Attualmente è rilasciato sotto la licenza LGPL ma il suo sviluppo è fermo da due anni. Una volta installato si trova direttamente nelle funzioni di rendering di Blender. Le caratteristiche principali sono: Full GI (Global Illumination), illuminazione Skydome, Render YafRay
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illuminazione per mezzo di immagini HDRI, caustiche e DOF. Disponibile per Windows, Linux e Mac, per maggiori informazioni potete visitare il sito www.yafray.org. Anche Yaf(a)Ray frutta l'algoritmo ray­tracer e sostituisce completamente il nucleo di YafRay, dato che la vecchia struttura ha raggiunto il suo limite dopo anni di cambiamenti evolutivi. Render Yaf(a)Ray
Tali cambiamenti si sono adeguati agli standard odierni, aumentando notevolmente i tempi e la resa fotorealistica. Il progetto non è ancora stabile, ma in breve tempo gli sviluppatori Mathias ed Alejandro, hanno rilasciato una versione installabile e pronta all'uso. I risultati sono stupefacenti e come tutti i progetti open source sono in continua evoluzione. Disponibile per Windows, Linux e Mac, per maggiori informazioni potete visitare il sito www.yafray.org. Un'altra faccia della medaglia di questo particolare argomento sono i motori unbiased. Render Indigo
Il termine unbiased riferito ad un motore di rendering significa che gli algoritmi di calcolo riproducono in maniera realistica il comportamento della luce secondo modelli fisici estremamente accurati, cercando di non introdurre 98
Capitolo 9
artefatti e tenendo conto di tutti gli elementi della scena in tutte le interazioni luminose che intercorrono tra essi. Fa parte di questa categoria Indigo, sviluppato da Nicholas Chapman sotto licenza freeware. I risultati sono sbalorditivi ma come tutti i motori unbiased la resa fotorealistica va a discapito dei tempi di rendering che a volte sono estenuanti. Per blender è stato sviluppato un exporter “Blendigo” che automizza tutta la fase di mapping e rendering. Disponibile per Windows, Linux e Mac, per maggiori informazioni potete visitare il sito www.indigorenderer.com.
Altro motore unbiased è LuxRender, rilasciato sotto licenza open source. Anche qui i risultati sono meritevoli ma i tempi giocano sempre a sfavore. Per blender esiste un exporter “LuxBlend” che esporta la scena che poi verrà importata sulla piattaforma esterna del renderer. Disponibile per Windows, Linux e Mac, per maggiori informazioni potete visitare il sito www.luxrender.net. Render Lux Render
Sotto licenza freeware, la scelta verte su Kerkythea un potente motore di rendering standalone che usa luci e materiali fisicamente corretti, ottenendo una qualità eccellente delle immagini. Di facile utilizzo, mette a disposizione diversi metodi di renderizzazione come ray­tracing, path­tracing, bidirectional path­tracing e metropolis light­transport. Può essere utilizzato come motore biased o unbiased a seconda delle scelte dell'utente. Importa formati *.3ds, *.obj, e con un plug­in apposito per blender, “Blender2KT”, esporta direttamente la scena in *.xml, formato proprietario del renderer. Le caratteristiche principali sono: Bump Mapping, Normal Mapping, Clip Mapping Bevel Mapping, Edge Outlining, Profondità di campo, Nebbia, Isotropic Volume Scattering, Faked Caustics, Faked Translucency, Dispersionw, Anti­
aliasing, Selection Rendering, Surface and Material Instancing. Disponibile per Windows, Linux e Mac, per maggiori informazioni potete visitare il sito www.kerkythea.net. 99
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
Render Kerkythea
9.2 – Il motore Internal
Tutte le impostazioni per il rendering si trovano nel sottopannello Render del pannello Scene (F10). fig 9.2.1
Vedremo una rapida panoramica delle funzioni più importanti per creare un rendering in Blender. 100
Capitolo 9
OSA – E' il valore da assegnare all'Anti­Alinsing cioè qualità del rendering finale, attraverso 4 possibili valori 5, 8, 11, 16.
•
Shadow ­Abilita le ombre nel rendering
•
SSS – Abilita il subsurface scattering map nel rendering
•
Pano – Abilita il rendering panoramico
•
EnvMap – Abilita la mappa ambiente
•
Ray – Abilita le ombre definite dal Ray shadow
•
Radio ­ Abilita l'illuminazione attraverso la Radiosity
•
MBLUR – Abilita la sfocatura animata (motion Blur)
•
Sky – Abilita il colore di backgroung
•
Premol – Disabilita il colore di Backgruond con il colore nero
•
128 – Risoluzione del Raytracing e il baking
•
Border – Abilita il ritaglio del rendering attivabile da tastiera con SHIFT+B in una finestra attiva
•
Gauss – Sono i filtri di campionamento per l'Anti­Aliasing il migliore è il Mitch
In SizeX e SizeY del pannello Format potete immettere i valori dei pixel dell'immagine di esportazione. Ora che sono state eseguite le impostazioni, potete premere il pulsante RENDER o premere F12 da tastiera. A seconda della complessità della scena, l'avanzamento del rendering potrebbe richiede pochi secondi, diversi minuti o parecchie ore. Per abbassare i tempi di rendering in alcuni casi si utilizzano render farm, oppure macchine con elevate prestazioni. L'immagine non viene automaticamente salvata sul disco ma è possibile farlo premendo il tasto F3 da tastiera su una vista attiva ed usando la dialog di salvataggio. Di seguito solo elencati i formati di esportazione delle immagini degli standard carta.
•
Un A4 a 300 dpi la dimensione del render è 2480x3508 px­24x29.7 cm •
Un A3 a 300 dpi la dimensione del render è 3508x4962 px­29.7x42 cm •
Un A2 a 300 dpi la dimensione del render è 4962x7016 px­42x59.4 cm •
Un A1 a 300 dpi la dimensione del render è 7016x9922 px­59.4x84 cm •
Un A0 a 300 dpi la dimensione del render è 9922x14032px­
84.01x118.8 cm •
9.3 – Ambient Occlusion Come è stato spiegato precedentemente l'AO sfrutta un'illuminazione soft global. Un buon rendering si avvale di una serie di caratteristiche che unite 101
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
l'une con le altre fanno si che si generi una diffusione della luce naturale. In gergo l'ambient occlusion viene chiamato anche "sky light". Una peculiarità di questo metodo è quella di offrire una migliore percezione della forma tridimensionale degli oggetti mostrati. Questo fatto è riportato dai risultati di esperimenti che dimostrano la superiore resa della profondità prodotta da uniforme illuminazione "sky light" diffusa rispetto alla "direct lighting".
La tecnica più adeguata è quella che prevede l'uso del metodo Monte Carlo per tracciare raggi da un punto x e valutare le intersezioni con la geometria della scena (ray casting). Un altro approccio (più adeguato per l'accelerazione hardware) è quello di rasterizzare le geometrie viste da un punto x (a cui viene assegnato il colore nero) in confronto allo sfondo (a cui viene assegnato il colore bianco) e poi prendere in considerazione una media ponderata delle porzioni rasterizzate. Quest'ultimo metodo è un esempio di approccio "inside­
out" (o "gathering"), mentre altri algoritmi (come la depth­map ambient occlusion) utilizzano tecniche di "scattering" o "outside­in".
Nella pratica la cosa migliore è il calcolo sia della quantità di luce sulla scena che la quantità dell'AO. Questa tecnica è il risultato di una ricostruzione di una illuminazione globale (GI), che in diversi motori è già presente attraverso un calcolo algoritmico. Questo algoritmo viene interessato dall'inter­riflessione diffusa, una parte molto importante dell'illuminazione globale. Buona parte (esclusa la radiosità) vengono interessati anche dalla riflessione speculare, il che li rende più precisi nella risoluzione dell'equazione di luce e fornisce un effetto più realistico alla scena. Gli algoritmi utilizzati per calcolare la distribuzione dell'energia luminosa tra superfici di una scena, sono strettamente correlati con le simulazioni di trasferimento di calore, risolte in ingegneria con l'uso del metodo degli elementi finiti. Quindi, un metodo valido è proprio quello della ricostruzione della GI. Ma come ricostruiamo la GI in una scena? L'alternativa è inserire una quantità di luce necessaria a contrastare le zone di ombra diffuse nell'AO, quindi diverse luci (area, spot, lamp, sun) che simulano una “soft global light”.
Vediamo un metodo che nella maggior parte dei casi va bene per renderizzare un esterno. Nella cartella “CD/CAP 8/blend” del CD aprite il file “AO.blend” (File → Open). Il file è stato creato per simulare l'illuminazione di un esterno. In particolare per capire come eliminare gli artefatti che spesso con l'AO si creano nelle zone di ombra, come per esempio sotto un balcone, sotto le pensiline, sotto il tetto, ecc. La scena renderizzata senza AO è quella in fig. 9.3.1. Nella scena è presente solo una luce sun con l'intensità energetica pari ad 1.
102
Capitolo 9
fig. 9.3.1
Per intenderci la scena è simile a quella di default di Blender, ma, al posto della luce lamp c'è una luce sun. Basterà accendere il tasto Ambient Occlusion presente nel sotto World button del pannello Shading (F5) per avere un effetto completamente differente nel rendering. La diffusione della luce è presente anche nelle zone di ombra dove prima la luce non arrivava, le ombre sono più tenue e l'effetto visivo è più gradevole. Questo effetto si ottiene lanciando raggi da ogni punto visibile, e calcolando quanti di questi effettivamente raggiungono il cielo, e quanti, al contrario, sono ostruiti da oggetti. La quantità di luce sul punto è quindi proporzionale al numero di raggi che sono “passati” e hanno raggiunto il cielo. Se un raggio colpisce un'altra faccia (ovvero se è occluso) allora quel raggio è considerato “ombra”, in caso contrario è considerato “luce”. La proporzione tra i raggi “ombra” e “luce” definisce quanto sarà luminoso un determinato pixel. I raggi sono inviati all'emisfero secondo una distribuzione casuale, questo causa differenze sensibili nel pattern di occlusione dei pixel circostanti fino a che il numero di raggi emessi è sufficientemente elevato da fornire buoni dati statistici. Ecco perché l'AO genera immagini con grana, e appaiono un po' sporche se non ci sono abbastanza raggi. Il numero di raggi emessi è controllato dal pulsante numerico Samples. Il valore di default 5 è generalmente adatto a generare anteprime. Il reale numero di raggi emessi è dato da questo valore al quadrato (quindi Samples=5 significa 25 raggi). Ovviamente anche i tempi di rendering aumentano con l'aumentare del numero dei Samples.
Il valore Max dist ci permette di aumentare o diminuire, a seconda dell'esigenza la quantità di diffusione delle ombre su un oggetto. Di default è impostato sul valore dieci, avendo una distribuzione eccessiva per quello che ci riguarda. Un esterno ha ombre ben definite e nella maggior parte dei casi abbastanza nette, quindi tale valore, per rendering di esterni è quasi sempre pari allo zero. La figura 9.3.2 dimostra come abbassando il valore Max dist, portandolo ad 1 la diffusione diminuisce. 103
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
fig. 9.3.2
fig. 9.3.3
Il valore “Use Falloff” considera la gestione del decadimento dell'intensità delle luci utilizzate dal render interno di Blender. Normalmente la luce riduce la sua intensità con la distanza (in realtà la radianza rimane inalterata, ma l'angolo di emissione si riduce e quindi la quantità di luce che arriva è identica). fig. 9.3.4
Blender prima permetteva solo due tipi di attenuazione luminosa, linear e square, ora permette molte combinazioni differenti. In questo caso portato al valore 10 la diffusione delle ombre è pari allo 0, come si vede nella fig. 9.3.4. Eliminando quei difetti fastidiosi che si creano nelle zone di ombra e in particolare quando due oggetti si intersecano. Rimane il problema delle zone ombreggiate che sono molto scure. Un rimedio è quello di staccare la mesh ed aumentare l'emits (Emit) del materiale, come mostrato in fig. 9.3.5. 104
Capitolo 9
fig. 9.3.5
fig. 9.3.6
Il metodo che abbiamo utilizzato è il “Plain” con Energy=1 che nella figura 9.3.6 è lo step 1. E' possibile abbassare o aumentare l'intensità di luce sulla scena (step 2,3 e 4), o cambiare metodo di diffusione globale della luce con quello “Sky Color” che considera sia i valori Hor e Zer o anche quelli delle texture “Hori” (step 5). fig. 9.3.7
L'ombreggiatura gioca un ruolo importante in un rendering, dato che è il primo elemento che ci fa percepire la realtà. In Blender il calcolo delle ombre è dato dalla quantità di luce sulla scena. In alcuni casi la quantità di luce presente in una scena non basta per avere un illuminazione adeguata su tutti gli oggetti e quindi una escamotage è quello di aumentare i punti luce in direzione 105
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
Fig. 9.3.8
fig. 9.3.9
fig. 9.3.10
fig. 9.3.11
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Capitolo 9
Fig. 9.3.12
dell'oggetto in questione. La figura 9.3.7 mostra una scena di un cubo illuminato da una luce sun. Si nota immediatamente la differenza che intercorre tra una senza AO e quella con AO. Andando a posizionare una luce di fronte all'oggetto, l'illuminazione è più reale. Le figure 9.3.9 e 9.3.10 mostrano le impostazioni relative alla luce sun e quelle dell'Abient Occlusion sulla scena.
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
9.4 – Render di un esterno
Di seguito verranno esaminati tre diversi casi di una “illuminazione tipo” di un esterno. Le immagini mostrano le impostazioni delle luci e dell'AO del render clay. I file si trovano nella cartella “CD/CAP 4/blend/”. L'illuminazione a tre luci era quella più utilizzata quando non era stato ancora introdotto in Blender l'AO. Questa tecnica di illuminazione tentava di riprodurre attraverso l'uso di molte luci la diffusione globale. Nella maggior parte dei casi i risultati erano molto scadenti.
Possiamo vedere la differenza che c'è tra un rendering con l'AO e quello con il metodo a tre luci.
fig. 9.4.1
Il render clay con il metodo a 3 luci
fig. 9.4.2
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Capitolo 9
fig. 9.4.3
Il rende clay con l'AO
fig. 9.4.4
fig. 9.4.5
Molto meglio, la diffusione della luce arriva sotto il balcone, sotto il tetto e gli oggetti sono più definiti. E' possibile variare il modo di renderizzare con dell'AO, per esempio con il metodo Raytrace possiamo selezionare Adaptive CMQ, il threshold impostarlo a 0,001, i Saples a 4, Max Dist a 0,7, Strength a 0,8 e l'Energy a 0,8. Se non avete la necessità di ricreare una luce reale questa impostazione fa si che il rendering sia più veloce.
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
Fig. 9.4.5
fig. 9.4.6
Anche in questo caso l'impostazione dell'AO gioca molto sulla resa finale del rendering. Le ombre sono meno diffuse dove l'illuminazione è maggiore. La Lamp di supporto a destra dell'abitato fa si che formi una diffusione dove serve, proprio perché in mancanza di GI le luci di supporto servono solo a dare maggiore illuminazione. E' chiaro che tale luce non deve sostituire quella principale che in questo caso è la luce sun, dove sono impostate le ombre Sosf Size 0,3, i Sample a 4 e il ray shadow su Constant CMQ, ma solo dare un supporto alla diffusione generale rispetto luce primaria. Infatti le impostazioni di questa luce sono quelle di default con color bianco a 110
Capitolo 9
differenza di quelle della sun che normalmente si imposta un colore tendente al giallo/arancio chiaro, proprio perché il sole in natura ha queste tonalità di colore.
fig. 9.4.7
fig. 9.4.8
Ricordiamo che più il valore dei Sample è alto più i tempi di rendering saranno lunghi.
111
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
9.5 – Rendering in Wireframe
La procedura è molto semplice. Una volta che il modello dell'abitato sarà terminato bisognerà copiare su se stesso tutte le mesh con un materiale wire nero. In modo da avere un modello con un colore bianco e un altro con coloro nero wire. Aprite Blender, caricate la scena di default (File → Load Factory Setting), selezionate il cubo e copiatelo su se stesso (SHIFT+D+ESC), ora impostate i materiali. Di seguito le figure mostrano i passaggi e il settaggio dei materiali.
fig. 9.5.1
fig. 9.5.2
fig. 9.5.3
112
Capitolo 9
fig. 9.5.4
fig. 9.5.5
Il file si trova nella cartella “CD/CAP 9/blend” con il nome “btc1_wire.blend”.
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
CAP 10
Materiali
10.1 – Materiali in Architettura
E' l'ultimo anello della catena, l'ultimo stadio di tutto il lavoro che precedentemente abbiamo descritto. Bene, ricapitoliamo!! Abbiamo modellato la struttura, impostato luci, inserito la camera, impostato la risoluzione del rendering, i settaggi dell'AO, le prove con il render clay, ora siamo giunti all'impostazione all'assegnazione dei materiali. Vedremo il settaggio principale dei materiali usati più comunemente nei rendering architettonici. Tutti i file e le texture si trovano nella cartella “CD/CAP 10”.
Ogni materiale ha delle impostazioni proprie quindi è bene andare a capire tutti gli aspetti e le impostazioni presenti nel pannello Material. Le texture sono pacchettizzate e bisognerà spacchettizzarle nella cartella textures in base alla procedura dell'UnPackFile di Blender. Per esempio, una volta aperto un file *.blend, sulla scena è presente il cubo dove è applicato il materiale , basterà premere F12 per visualizzare il rendering a destra.
fig. 10.1.1
114
Capitolo 10
La figura 10.1.2 mostra l'impostazione delle texture.
fig. 10.1.2
La figura 10.1.3 mostra l'impostazione del materiale.
fig. 10.1.3
I materiali possono essere importati attraverso la procedura dell'Append or link (SHIFT F1). Una volta aperti di default sono impostati su Map Input → Orco → Cube ma è logico che per applicare un materiale è preferibile la procedura dell' UV mapping quindi è preferibile impostarlo su Map Input → UV → Flat e applicare la mesh sulla mappa nel pannello UV/Image Editor.
10.2 – Materiali in Anteprima
Nella cartella CD/CAP 10/bmps c'è una interessante spiegazione in formato pdf (english versione) su come renderizzare i materiali in Preview. Il file è stato creato da un utente di blenderartists.org con il nome “tecnique”. Basterà creare il materiale desiderato e renderizzare la scena. Sono presenti sul file alcuni materiali di default tipo oro, alluminio, vetro, ecc. fig. 10.2.1
E' possibile effettuare test di riflessioni, rifrazioni, profondità raytracer, GI, 115
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
caustiche, SSS e bolle, tutto è stato studiato con attenzione per dare all'utente un Scene buon test per creare materiali realistici.
fig. 10.2.2
L'UV mapping è curata nei minimi dettagli così ogni texture si adatterà perfettamente al modello 3d.
10.3 – Materiali pronti
Nella cartella CD/CAP 10/material blend c'è una raccolta di materiali pronti per essere utilizzati.
fig. 10.2.3
116
Capitolo 10
I materiali sono suddivisi per categorie e possono essere caricati sulla scena di lavoro attraverso il comando “Append or link”. Alcuni materiali hanno delle texture pacchettizzate, bisognerà disabilitare la pacchettizzazione e salvarle nella cartella textures presente nel file blend di riferimento.
117
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
CAP 11
Rendering d'interni
11.1 – Illuminare
Illuminare un ambiente interno, o in particolare un compito visivo (cioè una superficie sulla quale viene svolta una percezione visiva), può significare: indirizzare verso la superficie un determinato flusso luminoso, oppure creare una condizione di illuminazione affinché tale attività venga effettuata nel modo più gradevole possibile. L’illuminazione naturale d'interni è interessata da un'efficienza energetica, che naturalmente si associa quasi sempre alla possibilità di visione del panorama circostante. Il sole invia al confine esterno dell’atmosfera terrestre un flusso di radiazione elettromagnetica mediamente raggi pari a 1353 W/m2, di cui il 45% circa è compreso nell’intervallo visibile. Lo spettro di tale radiazione è assimilabile a quello di un corpo nero a 5700 K e presenta quindi il massimo al centro dell’intervallo del visibile. Nell’attraversare l’atmosfera la radiazione solare subisce fenomeni di riflessione, rifrazione, assorbimento e dispersione che ne modificano 118
CAPITOLO 11
significativamente le caratteristiche.
E’ utile considerare la radiazione che incide su una superficie a livello del suolo come somma di tre componenti:
La radiazione diretta, quella che raggiunge la superficie avendo subito solo la rifrazione ed il parziale assorbimento da parte dell’atmosfera; è presente solo quando il cielo è sereno e quando la superficie ricevente “vede” il disco solare. La radiazione diffusa, quella che scaturisce dalla dispersione dei raggi solari; proviene da tutta la volta celeste ed è presente anche quando il cielo è coperto. La radiazione riflessa, quella che incide sulla superficie dopo aver subito una o più riflessioni sul terreno e sulle facciate degli edifici.
Alla luce naturale può essere assegnato un valore di “efficienza”, intesa come rapporto fra valore in lumen e potenza in Watt associata, indicativamente pari a 110­120 lm/W; tale dato è variabile in ragione dello spettro della luce naturale, che a sua volta dipende dalla copertura del cielo e dall’ora del giorno. Da questo risultato scaturisce che l’illuminamento esterno massimo, tipico delle ore centrali di giornate estive serene, in cui il flusso di radiazione solare sull’orizzontale è dell’ordine di 1 kW/m2, può facilmente superare i 100.000 lx.
Mentre per illuminazione artificiale d'interni il calcolo va riferito al valore assoluto dell’illuminamento variabile nel tempo e si ragiona in termini relativi attraverso il concetto di Fattore di Luce Diurna (FLD), definito come: FLD=E/E0, dove E è l’illuminamento in un punto di un piano orizzontale (tipicamente situato a 70 cm dal pavimento) ed E0 è l’illuminamento che si ha nel medesimo istante su un piano orizzontale esterno, escludendo però il contributo della radiazione diretta. I parametri che influenzano la percezione di un ambiente interno sono: •
L'UNIFORMITA' – distribuzione dell'illuminamento in un'area; •
IL CONTRASTO SOGGETTO/SFONDO – esaltazione o riduzione delle ombre; •
LA DIREZIONALITA' – origine e direzione delle ombre. L'uniformità è data da una regola: U= Emin/Em dove U è l'uniformità, Emin sta per l'illuminamento puntuale minimo ed Em sta per l'illuminamento medio.
119
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
Fig. 11.1.1 ­ E = 420 lx U = 0,05 Fig. 11.1.2 ­ E = 420 lx U = 0,55 L'occhio si adatta ad un livello di luminanza medio tra quella del compito visivo e quello delle zone presenti nel campo visivo. Per questo si devono evitare:
•
luminanze troppo elevate che potrebbero provocare abbagliamento; •
contrasti di luminanza troppo elevati che causerebbero affaticamento (variazioni dell’adattamento oculare); •
luminanze troppo basse e contrasti di luminanza troppo bassi (ambiente monotono e non stimolante) Il contrasto gioca molto sull'illuminamento in base all'oggetto, allo sfondo e allo spot, questo è dato dal valore DF cioè il “fattore di accento” o drammatizzazione.
120
CAPITOLO 11
Fig. 11.1.3 Esempi di contrasto della luce
La direzionalità della luce crea effetti visibili su un oggetto attraverso una sfumatura delle ombre in base alla quantità di illuminamento data dalla fonte luminosa. Più forte sarà la quantità di luce dello spot maggiore sarà il livello di contrasto che l'oggetto assorbirà. E' bene in questo caso aumentare i punti luce con una giusta distribuzione di illuminamento tra la luce primaria e quella di supporto.
Fig. 11.1.4 Esempi di direzionalità della luce
121
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
La direzionalità della fonte luminosa in base alla luce diretta cambia a seconda della posizione dello spot.
Fig. 11.1.5
La Tonalità e la resa dei colori espressa in relazione all'indice cromatico, fornisce indicazioni sulla sorgente luminosa definita sia dalla quantità di luce che dalla direzionalità della stessa.
Fig. 11.1.6
122
CAPITOLO 11
Fig. 11.1.6
Alcuni esempi di illuminazione:
La luce arriva direttamente dall'alto sulla zona di lavoro con un efficienza sul piano orizzontale. Il soffitto è scuro e le ombre sono pronunciate con riflessi sulle superfici lucide Fig. 11.1.7
La luce è indirizzata verso il soffitto, le sorgenti diffuse creano un'atmosfera uniforme con un discreto illuminamento delle pareti verticali. Le ombre sono sfumate ed il contrasto si attenua.
Fig. 11.1.8
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BLENDER PER L'ARCHITETTURA
La luce viene emessa sia verso l'alto sia verso il basso. L'illuminamento si dice efficace con un atmosfera gradevole.
Fig. 11.1.9
11.2 – Render d'interni in Blender
Ci concentreremo su un metodo semplice ed efficace d'illuminazione d'interni con Blender. Anche in questo caso L'AO gioca un ruolo fondamentale nella distribuzione della quantità di luce all'interno della stanza. I metodi che verranno analizzati sono quelli in base all'illuminazione “Plane” e “Sky Color”.
Create una nuova scena in Blender e aprite il file presente nella cartella “CD/CAP 11/blend/stanza base.blend”. Cliccate su Add → Lamp → Lamp, la luce omni si posizionerà al centro del cursore presente sulla scena. Impostate l'Energy della luce a 0.3, accendete il Ray Shadow, impostate il Soft Size a 0.3, i Samples a 8 e premete F12 per creare il rendering.
Fig. 11.2.1
Cliccate sul pulsante World Button, accendete l'AO, impostate i Samples a 8, il Max Dist a 0.05, accendete l'Use Falloff, impostate lo 124
CAPITOLO 11
Strength a 10 ed infine l'Energy a 1.2. Premete F12 per creare il rendering.
Fig. 11.2.2
Il metodo di illuminazione “Plain” va in base solo alla diffusione del colore bianco. Il metodo Sky Color va in base ai valori del HoRGB (horizon) e ZeRGB (zenith). Ora, provate a cambiare questi valori impostando l'Ho con un colore Blu e il Ze con un colore Rosso. Nel pannello dell'AO cliccate sul pulsante Sky Color e premete F12 per creare il rendering.
Fig. 11.2.3
Come potete notare, il colore degli oggetti che si trovano a terra sono di colore rosso mentre quelli che stanno al soffitto sono di colore blu. In particolare quelli che seguono l'Ho (horizon) tendono al Blu quelli che seguono il Ze (zenith) tendono al Rosso. Quindi è importante calibrare in maniera adeguata la tonalità di colore che si vuole dare alla scena. Una tonalità fredda avrà colori tendenti al celeste, una calda al rosso. Le sfumature di colore variano a seconda dei colori che si attribuiscono sia all'Ho che allo Ze. Vediamo come impostare in maniera corretta le due tonalità di colore. Un scena con tonalità fredde sarà impostata 125
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
come quella in figura 11.2.4.
Fig. 11.2.4
Mentre una scena con tonalità calde sarà impostata come quella in figura 11.2.5.
Fig. 11.2.5
Il metodo Sky Color si presta bene anche per un'illuminazione con luce solare proveniente da una finestra. Vediamo come impostare una scena con questo metodo. Create una nuova scena in Blender e aprite il file presente nella cartella “CD/CAP 11/blend/stanza sun.blend”. Sulla scena sono presenti due luci, una sun ed una luce plane. La luce sun proviene dall'esterno e ha la funzione di far entrare solo i raggi solari dentro la finestra, per questo deve avere delle ombre nette quando illuminerà un oggetto che si interporrà tra lei e la luce plane. Ecco perché il valore del Soft Shadow è impostato a 0.16. Mentre la luce plane crea l'illuminazione diffusa all'interno della stanza.
I colori devono tendere al giallo/rosso dato che la maggior parte di queste tipologie di illuminazione riprendano i colori della luce solare. Ma non è da escludere una colorazione tendente ai colori freddi dato nel paragrafo precedente abbiamo spiegato come i materiali all'interno di 126
CAPITOLO 11
una stanza fanno si di rifrangere il colore generando altre diffusioni.
Fig. 11.2.6
Nel paragrafo successivo analizzeremo una classica metodologia di illuminazione facendo vedere come è importante settare bene i valori del Max Dist e lo Strenth.
11.3 – Fotorealismo
Analizziamo una scena d'interni. Nella cartella CD/CAP 11/blend è presente il file “composizione1.blend”, fate doppio click per aprirlo.
Fig. 11.3.1
In questo caso abbiamo deciso di renderizzare un ambiente con una diffusione delle ombre molto accentuata, quello che succede in una giornata estiva verso le ore 18/19 del pomeriggio quando il sole entra dentro una stanza diffondendo una luce leggera con tonalità calde.
In questo caso il valore sia del Max Dist che dello Strenth è pari a d 1. Utilizzando l'Adaptive CMQ si risparmiano i tempi di resa accentuando molto il contrasto delle aree. I Samples sono impostati a 16 ma anche a 127
BLENDER PER L'ARCHITETTURA
8 potevano andare bene. Di seguito in figura 11.3.2 il rendering finale.
Fig. 11.3.2
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CAPITOLO 11
Spacchettizzate le texture presenti nel file .blend e premete F12 per effettuare il rendering.
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